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Direzione, Redazione, Amministrazione: Darfo Boario Terme, vicolo Oglio - Direttore responsabile: Tullio Clementi - Autorizz. Tribunale di Brescia n.3/92 del 10.01.92 - Spedizione in abbonamento postale, art. 2 comma 20/d legge 662/96 - Filiale Bs - Ciclostilato in proprio, Darfo Boario Terme. 24º anno - n. 244 - gennaio 2015 “... incisioni eseguite con una punta su una superficie dura, per lo più mettendo allo scoperto un sottostante strato di colore diverso...” una vittoria contro la burocrazia Giancarlo Maculotti, pag. 12 LETTERA AL SINDACO DI DARFO BOARIO TERME per la scuola “Marco Facchinetti” di Guido Cenini Il primo gennaio di sette anni fa ci lasciava prematuramente Marco Facchinetti, dirigente scolastico e amministratore locale e provinciale. Non le sto a ricordare la figura di Marco, amico e compagno fin dalla scuola superiore sino alla pensione (è morto un anno dopo), perché di Marco si continua a parlare ancora oggi per la serietà e la professionalità con cui ha affrontato tutte le situazioni che si è trovato sul percorso di una vita non sempre facile. Come gruppo di insegnanti, di cui Marco faceva parte, il GISAV, ci attivammo dopo la sua scomparsa presso l’allora amministrazione perché gli fosse dedicata la scuola di Gorzone, ancora oggi senza denominazione, scuola in cui Marco ha svolto le sue funzioni di dirigente fino alla fine del suo mandato. Ci dissero di no. Oggi l’amministrazione che lei guida è di tutt’altro segno, e noi siamo ancora qui a richiedere lo stesso doveroso atto di riconoscenza verso Marco per tutto quello che ha realizzato per la sua scuola, per il suo paese, per il bene comune. Costa così poco una delibera comunale, ma serve per ricordare alle generazioni nuove che ci sono state persone che hanno dedicato la propria vita alla Buona Scuola ed alla Buona Politica. la Grande Guerra e i bambini Alessio Domenighini, pag. 9 LA VETRATA INFRANTA DEL KAG DI PISOGNE lo specchio delle nostre paure di Andrea Bonadei (assessore all’Economia locale del Comune di Costa Volpino) LE STRAGI DI PARIGI no alla barbarie! Come Redazione di Graffiti abbiamo deciso di cedere lo spazio dell’editoriale al comunicato diffuso dal Centro Culturale islamico di Costa Volpino An-nur, all’indomani dei tragici fatti che hanno sconvolto Parigi e interrogato tutti noi. C’è bisogno che prese di posizione come queste si levino, numerose e determinate. Il Centro Culturale di Costa Volpino AN-NUR condanna con forza questo ignobile atto terrori- stico compiuto a Parigi in Francia che ritiene essere un’azione criminale contro la civiltà e la libertà d’espressione. Dodici persone hanno perso la vita giorna- listi e due agenti di polizia di cui uno è di fede musulmana. Un atto compiuto a nome dell’islam che è una religione di pace, convi- venza e misericordia, con il pretesto di ven- dicare il profeta Mohamed (pace sia su di lui e su tutti i profeti) che è stato inviato come misericordia per tutta l’umanità. Il terrorismo non ha religione né dio. Espri- miamo le nostri condoglianze e solidarietà ai familiari delle vittime, sentendoci vicini a tut- to il popolo francese. In molti interpretano l’accaduto come un attentato all’Occidente e ai suoi valori,ma non solo, si tratta anche di un attentato contro l’islam e quelli che sono i suoi valori fondati. Per questo siamo molto preoccupati per i numerosi episodi di generalizzazione e di «... erano persone coraggiose, capaci di conti- nuare a fare il loro lavoro nonostante le molte minacce ricevute. Ma al di là delle qualità professionali erano persone adorabili, lonta- nissime da ogni violenza e aggressività. Gra- zie al loro entusiasmo, Charlie Hebdo ha sempre rappresentato la forza e il piacere di un’assoluta libertà di pensiero, che certo po- teva scioccare chi preferisce trincerarsi dietro certezze incrollabili. I terroristi hanno voluto assassinare la loro libertà». ( Daniel Pennac) segue a pag. 10 non sei d’accordo? ti licenzio! Donato Bianchi, pag. 7 segue a pag. 5 Vorrei far sapere agli agenti della Digos che la sera del 12 gennaio ero in Via Neziole 4, in quel capannone che introduce ad una zona produttiva di Pisogne, conosciuto da un enorme numero di Camuni, specialmente gio- vani, come Kag. So che non c’è bisogno di fare coming-out, tanto schedavano tutti. Ci sono andato, invitato da un amico, negli scomodi panni di Consigliere, “per Giunta” Assessore, del Comune di Costa Volpino. O meglio, ero stato chiamato “pro- prio per questo”, ma sono andato spinto so- prattutto da curiosità intellettuale e da spiri- to di cittadinanza. Mi sono trovato seduto in cerchio con una trentina di persone. Non tut- ti giovani, non tutti valligiani, non tutti pro- venienti dalla “defunta” Associazione Kag. Nelle ore precedenti l’appuntamento avevo alcune paure: riuscirò a capire ed accettare le loro ragioni? Riuscirò a farli ragionare, spie- gando il mio punto di vista? Dirò qualcosa di inopportuno? E se fanno un blitz mentre sia- mo dentro?... e via discorrendo. Dopo pochi minuti che la discussione si era avviata, ogni timore era svanito lasciando il posto ad una sincera voglia di dialogare con chiarezza e nel rispetto dei ruoli e delle scelte. Ho capito che ci stavamo confrontan- do su variopinti modi di interpretare la de- mocrazia, la libertà di espressione, l’aggrega- zione giovanile, il senso delle istituzioni. Lo facevamo in un luogo occupato abusivamen- te, stando ai termini giuridici di Leggi e Rego- lamenti, qualcosa che per me ha molto valo- re, che ogni giorno mi impongo di far rispet- tare nella mia comunità locale. Tra noi, decina di eletti in Consigli municipali della Valcamonica, e loro, decine di ragazzi che fanno dell’alternativa il loro stile di vita, non è stato facile trovare un linguaggio comune... e ci il famolo strano di Maroni Bruno Bonafini, pag. 6
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Direzione, Redazione, Amministrazione: Darfo Boario Terme, vicolo Oglio - Direttore responsabile: Tullio Clementi - Autorizz. Tribunale di Brescia n.3/92del 10.01.92 - Spedizione in abbonamento postale, art. 2 comma 20/d legge 662/96 - Filiale Bs - Ciclostilato in proprio, Darfo Boario Terme.

24º anno - n. 244 - gennaio 2015

“... incisioni eseguite con una punta su una superficie dura, per lopiù mettendo allo scoperto un sottostante strato di colore diverso...”

una vittoria contro la burocraziaGiancarlo Maculotti, pag. 12

LETTERA AL SINDACO DI DARFO BOARIO TERME

per la scuola “Marco Facchinetti”di Guido Cenini

Il primo gennaio di sette anni fa ci lasciava prematuramente Marco Facchinetti, dirigente scolasticoe amministratore locale e provinciale. Non le sto a ricordare la figura di Marco, amico e compagnofin dalla scuola superiore sino alla pensione (è morto un anno dopo), perché di Marco si continua aparlare ancora oggi per la serietà e la professionalità con cui ha affrontato tutte le situazioni che si ètrovato sul percorso di una vita non sempre facile. Come gruppo di insegnanti, di cui Marco facevaparte, il GISAV, ci attivammo dopo la sua scomparsa presso l’allora amministrazione perché glifosse dedicata la scuola di Gorzone, ancora oggi senza denominazione, scuola in cui Marco hasvolto le sue funzioni di dirigente fino alla fine del suo mandato. Ci dissero di no.Oggi l’amministrazione che lei guida è di tutt’altro segno, e noi siamo ancora qui a richiedere lostesso doveroso atto di riconoscenza verso Marco per tutto quello che ha realizzato per la suascuola, per il suo paese, per il bene comune.Costa così poco una delibera comunale, ma serve per ricordare alle generazioni nuove che ci sonostate persone che hanno dedicato la propria vita alla Buona Scuola ed alla Buona Politica.

la Grande Guerra e i bambiniAlessio Domenighini, pag. 9

LA VETRATA INFRANTA DEL KAG DI PISOGNE

lo specchio delle nostre pauredi Andrea Bonadei (assessore all’Economia locale del Comune di Costa Volpino)

LE STRAGI DI PARIGIno alla barbarie!Come Redazione di Graffiti abbiamo deciso dicedere lo spazio dell’editoriale al comunicatodiffuso dal Centro Culturale islamico di CostaVolpino An-nur, all’indomani dei tragici fattiche hanno sconvolto Parigi e interrogato tuttinoi. C’è bisogno che prese di posizione comequeste si levino, numerose e determinate.

Il Centro Culturale di Costa Volpino AN-NURcondanna con forza questo ignobile atto terrori-stico compiuto a Parigi in Francia che ritieneessere un’azione criminale contro la civiltà e lalibertà d’espressione. Dodici persone hanno perso la vita giorna-listi e due agenti di polizia di cui uno è difede musulmana. Un atto compiuto a nomedell’islam che è una religione di pace, convi-venza e misericordia, con il pretesto di ven-dicare il profeta Mohamed (pace sia su dilui e su tutti i profeti) che è stato inviatocome misericordia per tutta l’umanità.Il terrorismo non ha religione né dio. Espri-miamo le nostri condoglianze e solidarietà aifamiliari delle vittime, sentendoci vicini a tut-to il popolo francese. In molti interpretanol’accaduto come un attentato all’Occidente eai suoi valori,ma non solo, si tratta anche diun attentato contro l’islam e quelli che sono isuoi valori fondati.Per questo siamo molto preoccupati per inumerosi episodi di generalizzazione e di

«... erano persone coraggiose, capaci di conti-nuare a fare il loro lavoro nonostante le molteminacce ricevute. Ma al di là delle qualitàprofessionali erano persone adorabili, lonta-nissime da ogni violenza e aggressività. Gra-zie al loro entusiasmo, Charlie Hebdo hasempre rappresentato la forza e il piacere diun’assoluta libertà di pensiero, che certo po-teva scioccare chi preferisce trincerarsi dietrocertezze incrollabili. I terroristi hanno volutoassassinare la loro libertà». (Daniel Pennac)

segue a pag. 10

non sei d’accordo? ti licenzio!Donato Bianchi, pag. 7

segue a pag. 5

Vorrei far sapere agli agenti della Digos che lasera del 12 gennaio ero in Via Neziole 4, inquel capannone che introduce ad una zonaproduttiva di Pisogne, conosciuto da unenorme numero di Camuni, specialmente gio-vani, come Kag. So che non c’è bisogno difare coming-out, tanto schedavano tutti. Cisono andato, invitato da un amico,negli scomodi panni di Consigliere, “perGiunta” Assessore, del Comune di CostaVolpino. O meglio, ero stato chiamato “pro-prio per questo”, ma sono andato spinto so-prattutto da curiosità intellettuale e da spiri-to di cittadinanza. Mi sono trovato seduto incerchio con una trentina di persone. Non tut-ti giovani, non tutti valligiani, non tutti pro-venienti dalla “defunta” Associazione Kag.

Nelle ore precedenti l’appuntamento avevoalcune paure: riuscirò a capire ed accettare leloro ragioni? Riuscirò a farli ragionare, spie-gando il mio punto di vista? Dirò qualcosa diinopportuno? E se fanno un blitz mentre sia-mo dentro?... e via discorrendo.Dopo pochi minuti che la discussione si eraavviata, ogni timore era svanito lasciando ilposto ad una sincera voglia di dialogare conchiarezza e nel rispetto dei ruoli e dellescelte. Ho capito che ci stavamo confrontan-do su variopinti modi di interpretare la de-mocrazia, la libertà di espressione, l’aggrega-zione giovanile, il senso delle istituzioni. Lofacevamo in un luogo occupato abusivamen-te, stando ai termini giuridici di Leggi e Rego-lamenti, qualcosa che per me ha molto valo-re, che ogni giorno mi impongo di far rispet-tare nella mia comunità locale.Tra noi, decina di eletti in Consigli municipalidella Valcamonica, e loro, decine di ragazzi chefanno dell’alternativa il loro stile di vita, non èstato facile trovare un linguaggio comune... e ci

il famolo strano di MaroniBruno Bonafini, pag. 6

2 gennaio 2015 - graffiti

AVANTI GRAN PARTITO! (a cura di Michele Cotti Cottini)

il meglio deve ancora venire Sorridete. Ho ricevuto, come tutti gli iscritti Pd, la letterina di inizio anno dal Segretario

premier. Sorprendente l’incipit: «cari compagni» (?!). E ancor di più la chiusura: «un sorriso,Matteo» (?!?!?!). Nel mezzo, una spruzzata di tipica umiltà renziana («Non posso garantirviche per il nostro partito riusciremo a fare meglio del 2014. Tecnicamente è quasi impossibile»)e slogan ormai consolidati («Meno alibi, più diritti. Quando la nuvola dell’ideologia si diraderàtutti si renderanno conto che le nuove regole sono più giuste e più chiare. E offrono sia agliimprenditori che ai lavoratori certezze maggiori»). E poi la condivisione dell’agenda: «A genna-io abbiamo provvedimenti su economia e finanza. A febbraio tocca alla scuola. A marzo il Gre-en Act. Aprile sarà il mese di cultura e Rai. A maggio tutti i riflettori sul cibo, agricoltura,turismo, made in Italy: arriva l’Expo. A giugno i provvedimenti sulle liberalizzazioni e primadell’estate il punto sullo sport anche in vista della candidatura per le Olimpiadi del 2024».

Famiglia o famiglie. Nell’e-mail di Renzi non manca un riferimento ai diritti civili, ca-pitolo da affrontare subito dopo le riforme costituzionali (quindi nel 2016?). La Direzioneregionale del partito a fine dicembre ha approvato all’unanimità un ordine del giorno cheimpegna i parlamentari Pd a legiferare in materia di coppie di fatto e gli amministratori localiPd ad agire da pungolo portando in discussione nel proprio consiglio comunale una mozionesul tema. Una presa di posizione quanto mai opportuna visto anche il seminario promossodalla Regione, con tanto di logo dell’Expo, volto a legittimare associazioni che consideranol’omosessualità una malattia da curare.Tra qualche settimana toccherà alla Direzione provinciale Pd esprimersi sulle unioni civili. Ilclima a Brescia non è particolarmente disteso. Se ne sarà accorto chi tra di voi, nella lettura deiquotidiani locali, è un habitué della rubrica “lettere al direttore”. Integralisti cattolici e sentinel-le conservatrici hanno alzato la voce, con il Giornale di Brescia a fare da cassa di risonanza. Ildirettore Scanzi ha sentito il dovere di rispondere istantaneamente alle aperture dell’ereticoDon Corazzina: «Possiamo scegliere di adeguarci, di prendere atto dei numerosi significati chela parola famiglia ha assunto e assumerà, di quante realtà differenti essa stessa creerà storiciz-zandosi. Ma considero questo una sconfitta, proprio perché la parola si è fatta carne […].Accanto alla misericordia, forse, dobbiamo tornare a guardare alla parola che dice, anziché cer-care in essa le infinite sfumature che accontentano la nostra finitezza».Il Vescovo di Brescia ha dedicato al tema l’omelia del 31 dicembre: «C’è un movimento cultu-rale forte, sostenuto da quasi tutti i mezzi di comunicazione, che spinge per il riconoscimentogiuridico di forme diverse di convivenza, altre rispetto alla famiglia: le coppie di fatto di chidesidera convivere senza matrimonio, le coppie omosessuali. Non si tratta di questione difede; non è definito da nessun Concilio che non si possono legalizzare forme di convivenzadiverse da quella familiare; quindi non ci sono in gioco eresie e scomuniche. Si tratta però di uncambiamento culturale e sociale profondo e sarà bene ci chiediamo se andando per questa stra-da miglioriamo o peggioriamo la società. Già non stiamo proprio scoppiando di salute; vale lapena non fare passi falsi. La domanda è: il benessere della società migliorerà se riconosciamogiuridicamente queste convivenze? O tenderà a peggiorare?».Io sono convinto che migliorerà. E che il Pd debba assumersi la responsabilità di affermarlocon forza, declinando finalmente al plurale il termine famiglia; non solo perché – ce lo dice ilRapporto annuale Istat 2014 – le coppie sposate con figli rappresentano in Italia solo il32,6% dei nuclei familiari, ma anche per le ragioni che, nelle vesti di responsabile provincialedel Dipartimento Diritti civili del Pd, ho provato a riassumere nel pezzo che trovate a pag. 4.Di Graffiti, ovviamente. Perché sul Giornale di Brescia lo spazio era finito.

PLAN DI MONTECAMPIONE. RONDENETO: IL REGOLAMENTO SARÀ FATTO RISPETTARE?

motoslitte: stop agli abusi distruttividi Margherita Moles e Alessio Domenighini

Allontanate le motoslitte da Bazena, grazieall’interesse di associazioni ambientaliste ericreative di Breno, con il motto “Bazena aibrenesi, Bazena senza motoslitte”, le qualihanno convinto il Comune a prendere unanetta posizione a proposito, la questione si èora spostata nella zona Plan di Montecam-pione-Rondeneto nei Comuni di Gianico edArtogne. Infatti lo scorso inverno le due am-ministrazioni hanno stipulato una conven-zione con la società Moto Club Sebino Asso-ciazione Sportiva Dilettantistica, che avevaottenuto l’autorizzazione dalla ComunitàMontana per l’uso delle aree sopra indicate.Naturalmente tali operazioni, fatte “al finedella valorizzazione del territorio montanonel periodo invernale, nonché per la valoriz-zazione dell’attività sportiva di cui trattasi”,sono avvenute all’oscuro dei cittadini che sulterritorio abitano, che non hanno potutoesprimere orientamenti o pareri e non hannopotuto valutare vantaggi e conseguenze ditali scelte. Se non constatare a posteriori di-sagi, pericoli, danni all’ambiente. Ed anchequalche beffa, se, come ci hanno raccontato,delle motoslitte che si sono mosse dall’areadi Montecampione, superata l’area delimita-ta dalla convenzione, attraversata la zonaprotetta appartenente all’Area Vasta dellaValgrigna, varcato il Passo Crocedomini,sono state avvistate in località Bazena!Le motoslitte nell’area alpina costituiscono unproblema. L’uso ludico-sportivo di questi vei-coli è in continuo aumento e fuori controllo.Non esiste una normativa nazionale che ne di-sciplini l’utilizzo e non sono previste dal co-dice della strada l’obbligatorietà della targa edella patente. Se utilizzate in modo eccessivoe da persone che non conoscono problemati-che e rischi della montagna innevata, possonocausare un notevole impatto ambientale, coninquinamento acustico ed atmosferico, distur-bo della fauna, disagio per gli escursionisti escialpinisti, oltre che problemi di sicurezzaper quanto concerne il rischio di incidenti e divalanghe. La solita deregulation all’italiana!Puntualmente anche a Gianico a fine stagione,oltre che mugugni masticati nel privato, sisono levate voci critiche apparse anche sugiornali locali ed espresse pubblicamente. Gliamanti nostrani della montagna, quelli che abi-tualmente fanno gite domenicali, hanno con-statato frequenti sconfinamenti delle motoslit-te scorazzanti in lungo e in largo, a tutta velo-cità, con poco rispetto per gli altri e l’ambien-te, a fronte di controlli insufficienti ed inade-guati E la domanda era: è giusto precludere lenostre montagne agli amanti dell’escursioni-smo per dare via libera a chi non ha rispettoper l’ambiente né per la riproduzione e la so-pravvivenza della fauna?Queste osservazioni sono state raccolte e por-tate all’attenzione della nuova amministrazionecomunale chiamata a decidere se rinnovare laconvenzione per la nuova stagione invernale,

essendosi nel frattempo presentato un altro ge-store, l’Associazione Sportiva Bassinale.Si è prodotto un dibattito nei gruppi di lavo-ro e nelle sedi istituzionali. Sono stati recepi-ti alcuni vincoli da apportare nella regola-mentazione dell’uso delle motoslitte: una piùpuntuale delimitazione dell’area, limiti sulnumero di mezzi circolanti, limiti sull’orario,necessità di dotazione di sistemi di riconosci-mento dei singoli veicoli, dotazione di unamotoslitta per le attività di controllo sul ter-ritorio, recessione della convenzione in casodel reiterarsi di infrazioni, una compensazio-ne economica più dignitosa per il comune che

ha concesso l’uso del suo territorio.Naturalmente tutto questo ha un senso se icontrolli saranno efficaci. Perché, se non siprocede a controllare sistematicamente il ri-spetto del regolamento, il problema resta ir-risolto. Si è concordata una verifica a metàstagione per valutare l’andamento dei con-trolli e delle infrazioni.Per ora aspettiamo la neve e auspichiamo lacrescita di consapevolezza negli amministratorie nei cittadini che il territorio in cui viviamo èun bene comune prezioso che dobbiamo gestirecon cura e godere in molti. Sembra ovvio, maall’atto pratico chi decide pensa ad altro!

graffiti - gennaio 2015 3

AMBIENTE & DINTORNI (a cura di Guido Cenini)

in nome del popolo inquinatoNel mese di dicembre c’è stato l’incontro tra le associazioni ambientaliste e il sindaco di BerzoDemo per discutere per l’ennesima volta della situazione della SELCA di Forno d’Allione, lanostra bomba come la terra dei fuochi in Campania. E c’è stata l’ispezione di Guardia di Fi-nanza, Vigili del Fuoco e Forestali sul sito inquinato. I soldi per il ripristino ambientale non cisono, i colpevoli neanche, ma il rischio per tutta la popolazione a valle di Forno quello perma-ne. Sintetizzo qui l’appello rivolto da più parti al Parlamento perché approvi la legge sul disa-stro ambientale: senza quella si potrà fare ben poco e noi saremo sempre in balia di predatoridel territorio che fanno, disfano e se ne vanno con le mani pulite.«Pertanto si chiede al Senato di approvare subito il disegno di legge sull’introduzione dei delittiambientali nel Codice penale. L’Italia ha bisogno di una vera e propria riforma di civiltà, chesanerebbe una gravissima anomalia: oggi chi ruba una mela al supermercato può essere arrestatoin flagranza perché commette un delitto, quello di furto, mentre chi inquina l’ambiente no, vistoche nella peggiore delle ipotesi si rende responsabile di reati di natura contravvenzionale, risolvi-bili pagando un’ammenda quando non vanno – come capita molto spesso – in prescrizione. Nonesistono nel nostro Codice penale, infatti, né il delitto di inquinamento né tantomeno quello didisastro ambientale. Uno squilibrio di sanzione anacronistico, insostenibile e a danno dell’interoPaese, che garantisce spesso l’impunità totale agli ecocriminali e agli ecomafiosi.Oggi, finalmente, siamo vicini a una svolta. Nel febbraio 2014, infatti, la Camera dei deputatiha approvato a larghissima maggioranza un disegno di legge che inserisce 4 delitti ambientalinel nostro Codice penale: inquinamento ambientale, disastro ambientale, trasporto e abbando-no di materiale radioattivo, impedimento al controllo. Il testo, però, è inspiegabilmente fermoda mesi al Senato, per alcuni limiti tecnici che sarebbero facilmente superabili con poche modi-fiche. Approvarlo prima possibile rappresenterebbe, invece, una pietra miliare nella lotta allacriminalità ambientale, garantendo una tutela penale dell’ambiente degna di questo nome e,soprattutto, assicurando strumenti investigativi fondamentali per le forze dell’ordine e la ma-gistratura. Serve un ultimo sforzo, perché non c’è più tempo da perdere. In nome di quelpopolo inquinato che attende da troppo tempo giustizia, è giunto il momento che ciascuno siassuma le proprie responsabilità davanti al Paese».

2015: auguri alla terraCarissime e carissimi, un nuovo anno sta perfare la sua comparsa nelle nostre vite. PerGraffiti sarà un altro anno carico di aspettati-ve, eventi e tanto impegno se vogliamo – equesta pretesa l’abbiamo sempre – che il no-stro contributo diventi sostanziale ancorchénecessario, per migliorare un mondo che sem-bra andare alla deriva, resistendo alle formepiù svariate di barbarie umana e ambientale.E allora sappiate che il 2015 sarà l’anno inter-nazionale del suolo, sì sì, proprio quel suoloper cui ci battiamo da anni perché rimangatale; sarà l’anno dell’EXPO e tutto sarà con-centrato sui temi del cibo, dell’agricoltura edella terra. La terra, non solo quella con la Tmaiuscola, ma anche la nostra terra camuna,martoriata da frane, alluvioni, dissesti, capta-zioni, sprechi inutili, bombe ecologiche. Laterra che ci dà cibo e vita.La richiesta che ci facciamo e facciamo alle isti-tuzioni per il 2015 riguarda la battaglia per l’in-troduzione dei delitti ambientali nel codice pe-nale, una battaglia che si porta avanti davent’anni per colmare una grave anomalia delnostro sistema giudiziario: l’assenza di stru-menti legislativi e di indagine per perseguire chiavvelena il nostro territorio e la nostra salute.Auguri uomini di questa terra. (Guido Cenini)

Ci siamo più volte occupati della vicenda delKag di Pisogne, seguendo i passi di questo im-portante progetto culturale e sociale che hamesso al centro il mondo giovanile del territo-rio. Al termine della concessione e dei sei mesidi proroga concessi, l’Amministrazione Co-munale di Pisogne guidata da Diego Inverniciha messo alla porta i ragazzi per liberare l’im-mobile, distruggendo di fatto quanto di buonoera stato creato: una faccenda politica, più cheamministrativa. Ma i ragazzi non hanno mol-lato: dopo un cambio di consegne (l’associa-zione ormai ex-Kag si è sciolta) il gruppo hadeciso dal 1 gennaio 2015 di occupare lo spa-zio con il progetto T.A.Z. (Zona Temporane-amente Autonoma), rivendicando il diritto adavere un luogo in cui esprimersi liberamente.Ma dopo più di dieci giorni ricchi di incontri,dibattiti e assemblee che hanno destato l’in-teresse dei media, la mattina del 13 gennaio èarrivato, improvviso e violento, lo sgomberodel capannone che ha visto impegnate nume-rose unità della celere. Vetrate sfondate e 6occupanti portati in caserma per il rileva-mento delle impronte digitali e la denunciaper occupazione: un’azione che non può nonlasciare sbigottiti. La redazione di Graffiti,che in passato ha difeso l’operato del Kag (inuno scambio schietto che non ha certo ri-sparmiato critiche quando ne ha avvertito la

PISOGNE: I MUSCOLI DEL SINDACO-SCERIFFO

lo sgombero del Kag, sconfitta del territoriodi Stefano Malosso

necessità) non può che esprimere solidarietàai ragazzi sgombrati, per le modalità del-l’azione di sgombero.Era infatti necessario un confronto fra le parti,con l’apertura di un tavolo di trattativa oquantomeno di scambio di posizioni: alcuniamministratori dei paesi limitrofi inoltre sierano recentemente resi disponibili a questopassaggio, dimostrando come l’esperienza delKag abbia prodotto dei buoni risultati su tuttoil territorio camuno e quanto meriti di averecontinuità nei prossimi anni. E invece, a vin-cere è stata una logica di repressione e di celo-durismo che francamente, in giorni delicaticome questi mentre guardiamo ai fatti france-si, destano inquietudine nella popolazione.“Nel vuoto giovanile che segna un territorioperiferico come il nostro viene colpita la realtàpiù attiva e generosa nel discutere e capire imali dell’oggi. Ancora una volta la politica delSindaco e di tante amministrazioni locali col-piscono la meglio gioventù. Evidentemente lipreferiscono al bar a consumare” commenta acaldo Alessandro Bono di Radio Onda d’Urto.

E ora, che succede? Ora tocca alla societàtutta far sentire la propria voce, intavolandoun dialogo fra le parti che deve portare al-l’apertura di un nuovo spazio. L’appello vaquindi a tutti quei “Je suis Charlie” che inquesti giorni sulle bacheche di facebook han-no ben predicato a favore della libertà diespressione e contro ogni tipo di bavaglioideologico: questa volta la partita si gioca apochi chilometri da casa, e non postando unlink su una pagina web. E questa partita sigioca mettendoci la faccia, battendosi per af-fermare la libertà di espressione di questi ra-gazzi, in qualunque modo la si pensi: la ma-nifestazione di Pisogne del 17 gennaio è statasolo l’inizio di un lungo percorso per l’affer-mazione della libertà d’espressione di tuttala nostra società, giovanile e non. Un percor-so doveroso, da percorrere insieme.

la “buona cittadinanza”«... va ribadita l’assoluta necessità che i ra-gazzi del nostro territorio possano avereuno spazio di ritrovo, crescita e confrontoalternativo ai centri commerciali. La “buonacittadinanza” di domani non si crea a suondi regolamenti comunali. La “buona cittadi-nanza” di domani si costruisce quando sidecide di investire sui giovani, di confron-tarsi con loro e di metterli nelle condizionidi esprimersi, aggregarsi, crescere».Da una nota stampa della Cgil camuno-sebina

4 gennaio 2015 - graffiti

LA LETTERA PUBBLICATA DA BRESCIAOGGI E IGNORATA DAL GIORNALE DI BRESCIA

l’amore non discrimina, l’amore non si discriminadi Michele Cotti Cottini (responsabile Dipartimento Diritti Civili Pd Brescia)

Davvero le famiglie bresciane sono in pericolo?Davvero c’è la necessità di raccogliere firmecontro l’adesione del Comune di Brescia allarete degli enti locali contro le discriminazioniper orientamento sessuale ed identità di genere?Da quasi un anno rivesto il ruolo di responsabi-le del Dipartimento Diritti Civili del Pd bre-sciano. In questi mesi ho partecipato a diverseiniziative promosse sul nostro territorio dalleassociazioni che si battono contro l’omofobia eper il riconoscimento delle coppie omosessuali.Mai ho avuto la sensazione che dovessi mette-re in allerta i miei familiari e le coppie di amici:mai ho sentito minacciata la mia famiglia, né leloro. Mai ho udito discorsi volti ad impedire amia sorella di essere mamma della sua bellabambina e al suo compagno di esserne il papà.Mai ho avuto paura che l’educazione che rice-verà la mia nipotina sarà un indottrinamentosottomesso alla fantomatica ideologia gender,fissazione che, a quanto pare, turba invece ilsonno di qualcuno in città.In questi mesi ho piuttosto ascoltato coppieomosessuali interrogarsi preoccupate sulproprio futuro, anche in relazione alla possi-bile fine del loro rapporto d’amore, e misono reso conto che scioccamente non mi eromai fermato a pensare ai problemi che pos-sono emergere quando due gay e due lesbichecessano la loro convivenza. Mi sono semprebattuto per il diritto delle coppie omosessua-li a vedere riconosciuto il valore della lorounione, senza capire che nelle loro rivendica-zioni non c’è solo il desiderio di uscire dalbuio, ma anche un’intrinseca voglia di re-sponsabilità: la consapevolezza che sia giu-sto assumere doveri – oltre che diritti – neiconfronti della persona amata.In questi mesi non ho provato paura, semmaiimbarazzo e vergogna per gli estenuanti ritardie rinvii con cui la politica – anche il mio parti-to – ha troppe volte liquidato il tema, magariadducendo che ben altre sono le priorità. Hoprovato imbarazzo e vergogna soprattutto neiconfronti di quegli amici gay di cui conosco ledifficoltà di percorso, sul piano personale, fa-miliare, lavorativo: persone, non macchiette,non stereotipi; persone che meritano una so-cietà accogliente che non li faccia sentire fuoriposto, o, peggio, “deviati” da tollerare o “ma-lati” da recuperare.Ricordo che ad un’iniziativa pubblica ricordoavevo seduta di fronte a me una coppia di le-sbiche con in braccio le loro due bambine: nonho provato paura, forse un po’ di smarrimen-to. E tenerezza. E sorpresa. Nel rilevare come,anche a Brescia, piaccia o no, pur nell’immo-bilismo della legislazione nazionale, la societàsi evolve. Mentre la politica ancora si accapi-glia su come adeguare le nostre leggi agli altriPaesi europei, rispondendo alle sollecitazioni

della Corte Costituzionale in materia di unionidi fatto, nuovi bisogni emergono ed emerge-ranno. Come il bisogno di quelle due bambinedi vivere una vita serena, garantita dall’affettodelle persone che le stanno crescendo.Non vedo come una risposta positiva a talebisogno possa mettere in pericolo mia nipotee tutti gli altri bimbi che stanno crescendo inuna famiglia – per così dire – tradizionale.Tuttavia la questione della genitorialità omo-sessuale necessita senz’altro di una discussio-ne aperta, in cui ciascuno possa apportare ilproprio contributo fatto di convinzioni pro-fonde, valori, dubbi.Ho però l’impressione che da più parti si stia-no prendendo posizioni e si stiano lanciandocampagne completamente “fuori tema”, con lasola conseguenza di creare disorientamento.Ciò di cui si sta discutendo a Brescia non èinfatti la possibile genitorialità omosessuale,nemmeno limitatamente alla facoltà di poteradottare i figli del partner (la cosiddetta ste-pchild adoption, che pure fa parte del “model-lo tedesco” di unioni civili, più volte indicatoda Renzi come la via maestra).A Brescia oggi c’è altro in gioco. Innanzitutto,la conferma di una buona scelta compiuta dallaGiunta Del Bono contro l’omofobia: l’adesionealla rete Ready. Una decisione di valore, in lineacon il Trattato di Amsterdam dell’Unione Euro-pea, che all’art. 13 afferma e sostiene il princi-pio di non discriminazione sulla base del-l’orientamento sessuale.In secondo luogo, la possibilità di mettere in

campo uno strumento amministrativo idoneoa riconoscere le unioni di fatto, omosessualied eterosessuali, nella consapevolezza chel’estensione dei diritti e doveri non rappre-senta affatto una minaccia per chi questi di-ritti e doveri già li ha.Come si vede, nulla a che vedere con le po-lemiche e le preoccupazioni manifestatesinegli ultimi giorni.L’auspicio è che, superati i pregiudizi, ci sipossa ritrovare nel considerare i vincoli affet-tivi come un valore di cui tutta la comunitàbeneficia, a prescindere dal fatto che una cop-pia sia eterosessuale o omosessuale. Ricono-scerne il carattere valoriale contribuirebbe acostruire una cultura inclusiva ed ampliare lepossibili forme della solidarietà tra persone,sulle quali si regge una comunità democratica.

le nostre non sono famiglie di serie CSiamo persone diverse, tutte facenti parte di famiglie arcobaleno, cioè famiglie composte da duegenitori dello stesso sesso e dai nostri figli e figlie. Siamo una realtà, donne e uomini in carne e ossa,non gli eterei obiettivi di una crociata ideologica. Siamo genitori e, dunque, fin dalla loro nascitaforniamo alle nostre figlie e ai nostri figli cure e amore, cerchiamo di aiutarli a crescere in un ambien-te sereno, accompagnandoli nella conquista dell’autonomia e nel riconoscimento dei limiti, educan-doli all’assunzione delle proprie responsabilità, al rispetto delle persone e delle regole. [...] Come glialtri genitori, soffriamo quando i nostri bimbi e bimbe stanno male, gioiamo quando sono felici.Come gli altri... Ma ciò che ci differenzia dalle altre famiglie è la mancanza di tutele. Aspettiamo damolto tempo un riconoscimento che è già realtà consolidata in Germania, Inghilterra, Spagna, Bel-gio... e in tanti altri Paesi e, nel frattempo, spieghiamo ai nostri figli e figlie [...] che il riconoscimen-to arriverà, anche in Italia, ma che dobbiamo aspettare; che, in ogni caso, non devono avere paura[...]. Non abbiamo invece bisogno di spiegare loro, perché già lo sanno molto bene, che le famiglienon si distinguono pre-giudizialmente tra buone e cattive sulla base della loro composizione, mache altri sono i parametri: quelli dei rapporti che esistono al loro interno, fatti di amore, cura erispetto o, al contrario, di sopraffazione, violenza, umiliazione.Coloro che hanno paura delle nostre famiglie, fino addirittura a negarne l’esistenza in quanto ‘fami-glie’, che cosa temono? Abbiano il coraggio di guardare, di conoscere, vadano a parlare con le educa-trici dei nidi che frequentiamo, con le maestre delle scuole dell’infanzia, con le/gli insegnanti [...],con i sacerdoti che li vedono nei loro oratori, con i genitori dei compagni di classe... Si sentirannoraccontare di bambine e bambini ‘normali’, la cui unica diversa fatica è di incontrare, per fortunararamente, qualcuno che cerca di far loro del male etichettandoli come figli di famiglie di serie C.

Enrica e Marilena; Francesca e Manuela; Katiuscia e Elisa; Jenny e Emanuela; Laura e Cristiana;Livia e Tanya; Loredana e Laura; Mara e Marica; Marzia e Loana; Michela e Clara; Simona eGloria; Walter e Alessandro (da un volantino distribuito in una recente manifestazione bresciana)

graffiti - gennaio 2015 5

in Redazione:Bruno Bonafini, Guido Cenini, Michele CottiCottini, Alessio Domenighini, Stefano Malosso,Valerio Moncini, Federica Nember.

hanno collaborato:Donato Bianchi, Andrea Bonadei, Centroculturale An-Nur, Giancarlo Maculotti,Margherita Moles.

direttore responsabile:Tullio Clementi.

dalla prima pagina

lo specchio dele nostre paureè stato fatto notare, dandoci dei “conformisti”.Abbiamo capito che lo scopo della chiamata eradiffondere un’esigenza, farci percepire quantofosse importante, non solo per i presenti, che ilnostro territorio potesse offrire un luogo, fisico,che poi diventa simbolico, per esprimere culturae socialità non omologati, per discutere le dina-miche della politica mettendo in prima linea iprincipi dell’Antifascismo, dell’Antirazzismo,dell’Anticapitalismo. Alla mia domanda se questa battaglia di occu-pazione del Kapannone di Via Neziole 4 aves-se tinte più sociali o piùpolitiche, mi è stato rispo-sto con una sfumatura econ una forzosa presenzadi dibattito politico (e, ag-giungo io, ideologico) a cau-sa della presa di posizionedell’Amministrazione di Pi-sogne, non più disposta ad attendere il loro ri-tiro silenzioso e ordinato. Anche perché, vienedetto, quel posto sarà convertito ed affidatoad un’altra associazione (importante!) come ilgruppo di Protezione Civile; pretestuoso omeno, è facilissimo scivolare sulla contrappo-sizione tra due realtà parimenti utili e davalorizzare; lo sto scrivendo e l’ho detto loro.Ciò che abbiamo provato a spiegare, poi, noiAmministratori (uso un plurale improprio, dalmomento che ciascuno ha declinato il suo inter-vento in modo diverso) io l’ho letto come unsostegno, anzi, un riconoscimento del valore diun’esperienza collettiva ed autogestita, che haaggregato ragazzi, in questi 5 anni, nella costru-zione di percorsi culturali, ludici, musicali,sportivi, di manifestazioni e volantinaggi permobilitare le coscienze, di iniziative di serviziocivico o di raccolta fondi per la solidarietà.Qualcuno ha pure ipotizzato che dei posti al-ternativi si potrebbero trovare. Col tempo, conun progetto e con interlocutori chiari.Ma, al netto di questo, fare proposte o trova-re soluzioni era difficile, forse tardivo. Persino

non richiesto o quantomeno non atteso, ci èstato detto! Del resto, so che qualsiasi cosascriverò, mi esporrò ai quattro venti della con-testazione: prendendo posizione con un so-stegno acritico alla loro battaglia, contro i li-berticidi e i neofascismi, giustificando l’occu-pazione, finirò ad imperitura memoria comemaleducato “collega della porta accanto” chedovrebbe farsi i cazzi suoi, invece di interferi-re con le scelte di un’altra Amministrazione.Di fatto, a parti invertite, mi irriterei anche io.Conosco bene quanto siano delicati i rapporti

di vicinato amministrativo e, amie spese, ho già subito tele-fonate di fuoco e “ammende”per aver detto qualcosa chenon andava detto, non in quelmomento, non in quel modo...Se dovessi tenere la linea piùistituzionale, in difesa della

cornice di regole, adombrando sospetti sul re-ale valore di questa esperienza rappresentatadal Kag ed evidenziando che altre associazionihanno pari dignità e diritti a trovare casa inquel di Pisogne, ecco, sarei il solito “democri-stiano” che giustifica gli atti di bullismo delleforze dell’ordine e che minimizza le derive difronte ai suoi occhi.La posizione più comoda sarebbe “fottermene”di tutto quanto sta accadendo. Ma la giornatadel 13 gennaio avrebbe dovuto iniziare in un al-tro modo: la sera prima abbiamo lasciato il po-sto nella tranquillità e con il concordato intentodi compilare un comunicato, firmato da molteamministrazioni, per ottenere tempo con lamaggioranza pisognese, cercando di stemperarei toni e volendo affermare che sì, un luogo diaggregazione sociale, giovanile, laico, nelle no-stre terre starebbe benissimo. Con qualchegiorno di tessitura di rapporti, credo cheavremmo, forse, portato allo sgombero volon-tario della struttura. Ma chi può saperlo. Forseè solo un’illusione e questo lo penseranno mol-ti di questi ragazzi, che mi hanno fatto capire

che non credono nelle istituzioni e nei loro rap-presentanti, scuotendo il mio sonno notturno.Senza che ci sia stato un incontro di personatra il Sindaco e questi manifestanti, alcune au-torità hanno fatto una scelta, che giudicosbagliata: circondare alle 8 il capannone, sfon-dare una vetrata, entrare e portare fuori i 5 o 6ragazzi che si erano chiusi dentro a vegliaresull’occupazione in corso. E che non hannoopposto resistenza, a quel punto.Si giustificherà per motivi di sicurezza, magaridei giovani stessi, ma io di pericoli non ne hoproprio visti, né nella struttura né nelle intenzio-ni che esprimevano gli occhi di questi ragazzi.Loro, semplicemente, hanno deciso che quellofosse il modo migliore, o l’unico possibile, peraffermare e far risuonare una battaglia culturale,sociale, politica. Per annichilire questa convin-zione, serviva uno spiegamento di forze chenemmeno allo stadio? Beh, se l’intento era unamanifestazione di potenza, a me non fa effetto. Credo, anzi, che quella vetrata infranta, da cuisi potevano vedere le pareti graffitate, i mobilio gli impianti racimolati con molti sforzi, ilbancone bar e alcuni strumenti musicali, pro-prio quella vetrata rappresenti lo specchio dimolte nostre paure. Ingiustificate. Pregiudizi,li chiamerei altrimenti.Uno specchio a due facce: da dentro, la pauradi confrontarsi alla pari con chi la politica larappresenta, di misurarsi con le opinioni dichi “è al potere” dovendo arretrare di qualchepasso, ma forti del valore creato dal propriolavoro instancabile. Da fuori, la paura di noncontrollare, di non omologare, di “darla vinta”a qualche rasta che si appropria di un bene ditutti. La paura di dover scendere a patti conun gruppo liquido, numeroso e difficile datrattare. La cui impostazione ideologica è spi-golosa e, magari, assolutamente mal digerita.Il pericolo, invece, adesso, è che la situazionesfugga di mano. E aumenti la tensione. Ciascu-no ha il suo ruolo e la sua coscienza: io, nelmio piccolo e con tutti i limiti mentali dellemie convinzioni, proseguirò con quel mandatoche ci siamo presi uscendo dall’ultima nottedell’ex Kag: costruire una rete di relazioni e diconfronti tra le Amministrazioni per capire se,dove e quando potrà rinascere un luogo libero,colorato, con ampie vetrate trasparenti, con-cesso in gestione a chi lo troverà un riferimen-to. Non sarà molto, ma è più di quanto mi eroimposto tra le priorità per questo 2015.

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“... ma io di pericolinon ne ho proprio visti,né nella struttura nénelle intenzioni cheesprimevano gli occhidi questi ragazzi ...”

6 gennaio 2015 - graffiti

Certo, Bobo Maroni è stato uomo del ’68,quando “la fantasia al potere” era lo sloganprovocatorio e fascinoso dell’estrema sini-stra in cui il nostro faceva le sue prime espe-rienze politiche. Ma la sua uscita di questigiorni sulle future province sembra, almenodi primo acchito, un parto della bizzarria piùche della fantasia del geniale creativo. Unaspecie di famolo strano, come nel noto filmdi Verdone, di chi ne vuol provare un’altra,dopo tante, per stupire gli altri e sé stesso.Che dire d’altronde della sua proposta di farpiazza pulita degli attuali confini delle ex-pro-vince, ora Enti di vasta area, e di creare su quel-l’azzeramento tre sole grandi aree: la Provinciadi Montagna (tutte le Vallate alpine con capo-luogo Sondrio), la Provincia metropolitana

È LA STRAVAGANZA AL POTERE O CORPORATIVISMO TERRITORIALE?

il famolo strano di Bobo Maronidi Bruno Bonafini

(Milano e hinterland) , la Provincia di pianura(tutta la fascia padana)? Il tutto sulla base del-l’omogeneità orografica e urbanistica, che non èmai anche e semplicemente omogeneità econo-mica, come si vorrebbe far credere. Trascuran-do invece altri elementi innegabili di relazionetra territori, quelli nati e consolidati dalla storiacomune, dai rapporti di scambio economico eculturale, dai servizi e dalle infrastrutture esi-stenti che pesano di fatto molto di più oggi sul-la coesione delle realtà sub-regionali. Si pensiall’ovvio gravitare delle popolazioni valligianeverso i loro centri di pianura piuttosto che ver-so le Valli laterali vicine, pur se montane essestesse. Aggregazioni omogenee per taluni servi-zi sono già peraltro consentite e sollecitate al-l’interno degli attuali ambiti.Per noi, nell’ipotesi Maroni, ci sarebbe l’unio-ne amministrativa con la Valtellina, area as-semblata alle Orobie bergamasche e ad altreancora ed eretta a provincia speciale (ma chevuol dire poi?)! Una delimitazione destinata avalere per tutti servizi, sanità compresa, equindi con la sparizione della Asl camuno se-bina. La presunta omogeneità di queste areeconsentirebbe alla Regione di legiferare meglio,per comparti, dicono in Regione i leghisti chela propongono. Consentirebbe alle zone mar-ginali, come la nostra, di difendere meglio ipropri interessi in una unione tra montanari

che ne farebbe più forti le ragioni e la capacitàdi pressione, dicono quanti anche tra noi inValle, Corrado Tomasi capofila, si mostranoconvinti del valore della proposta leghista.Nella speranza naturalmente, o nell’illusione,ancora una volta, di arrivare finalmente in que-sto modo alla gestione esclusiva dell’acqua edei suoi proventi in campo energetico. Ob-biettivo pur lodevole, che tuttavia non giusti-fica ogni sorta di avventurismo istituzionale opolitico. Già peraltro da taluni, in Valle, inutil-mente sperimentato in passato, con flirt poli-tici e culturali con la Lega e la sua cultura (sipensi al flop del movimento dei Popoli alpini).E rischia, cosa più grave, di rafforzare la con-vinzione diffusa, tipica dei momenti di crisi,che solo nella chiusa difesa del proprio “parti-culare” stiano la soluzione delle proprie esi-genze e la possibilità di sviluppo. Miscono-scendo il possibile valore sinergico di una pro-grammazione e di una gestione comune di ter-ritori a vocazione e risorse diverse.Ci sarà tempo e modo per capire e valutare ul-teriormente la proposta, naturalmente. E permisurarne forse anche il sotteso obiettivo, ef-fetto collaterale non da poco, di scardinare daparte della Lega il quasi totale ruolo ammini-strativo del PD e del centrosinistra nelle at-tuali nuove province, come ha fatto notarePierluigi Mottinelli, neo presidente di quellabresciana. Uno dei più critici sulla proposta diMaroni, insieme peraltro a numerosi altri uo-mini del centrodestra regionale.Resta il fatto che, per ora, ben altri sono iprovvedimenti attesi, finanziari e normativi,per consentire funzionalità e ruolo ai nuovienti nati dalla frettolosa riforma Delrio. Oscu-rati oggi dagli effetti speciali della improbabileriforma del presidente Maroni.

uccidere la montagnadi Giovanni Bussone (ex sindaco di un comune montano)

Premesso che:R una legge risalente agli anni Cinquanta stabilì che i territori al di sopra dei 600 metri eranoriconosciuti montani con qualifica di area depressa;R all’atto della costituzione delle comunità montane il concetto di altitudine venne corretta-mente interpretato come media ponderale del territorio;R gli abitati normalmente sono ubicati nella parte bassa del territorio;R i terreni montani vengono utilizzati più che altro per l’attaccamento dei valligiani ai terreni«dei vecchi» e in base a questo hanno ancora un minimo di manutenzione;R il reddito personale e familiare dei conduttori è di incapienza o molto vicino ad essa per cuinon beneficiano dei noti ottanta euro...Ora, alla luce di tutto questo, detti terreni dovranno pagare l’Imu mentre contemporaneamentel’ente Poste taglierà il servizio postale del cinquanta per cento poiché è ovvio che in monta-gna, a fronte di un vasto territorio, la densità abitativa è inferiore a duecento abitanti per chilo-metro quadrato. Questo va ad aggiungersi all’accorpamento (riduzione) di ospedali, scuole,trasporti pubblici mentre la sua unica ricchezza, l’acqua, viene (giustamente) condivisa con lapianura e i costi di trasporto alla stessa vengono pure (ingiustamente) condivisi. Così si aiutala Montagna e si ostacola il degrado idrogeologico? (da La Stampa del 27.12.2014)

verso la “provincia alpina”?Scrive Eletta Flocchini (pagine bresciane delCorriere della Sera) che «sull’ipotesi dellaProvincia Alpina lombarda si scommette datempo», e che il presidente della regione,Maroni, «pensa a un riordino della Lombar-dia con la creazione di aree omogenee», unadelle quali dovrebbe essere dedicata allamontagna, mettendo insieme Vallecamonica,Valtellina e Orobie, così da suscitare un po’di invidia perfino in una regione autonomacome il Trentino.Il progetto sarebbe sostenuto anche dalconsigliere regionale Corrado Tomasi, cheha già in programma «un convegno al-l’Aprica a fine gennaio, in cui parleremo diquesto argomento e del futuro dell’assettoistituzionale degli enti».Per la Valcamonica sarebbe «una svoltaquasi epocale» (© Eletta Flocchini), sullaquale aggiunge Tomasi: «Ho intenzione difarmi portavoce di quest’istanza e presenta-re in Regione un documento programmati-co». Non senza buone argomentazioni: «LaValle Camonica è troppo penalizzata istitu-zionalmente: abbiamo una Provincia di pia-nura, così come lo è la Regione, dove le poli-tiche montane risultano troppo deboli. Ri-spetto a un’idea di area vasta alpina che riu-nisca i territori montani, Sondrio sarebbe pernoi la realtà istituzionale più adatta: stesseesigenze, stesse necessità».E non manca neppure il richiamo al temadelle risorse idriche, con i cui sovracanoni,continua Tomasi, «avremmo la possibilitàdi gestire fondi ad oggi impensabili».Il dibattito è aperto, anche per Graffiti, quin-di, e sentiamo già fremere la penna del nostrocollaboratore Giancarlo Maculìotti, al quale,tuttavia, ci permettiamo di far notare che ilcollante con cui si sono tenuti e si tengonoinsieme gli Incontri Tra/montani è anche dinatura culturale. E non ci pare poco! (t.c.)

graffiti - gennaio 2015 7

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Il 2015 si apre con una vertenza delicata pres-so la Cementeria Sacci di Tavernola. La que-stione ha inizio il 24 settembre 2014, dove inun incontro aziendale di gruppo presso lasede di Unindustria a Roma, la direzione dellaSacci comunica alle organizzazioni sindacali ealle RSU che entro la metà di Ottobre 2014avrebbe dato inizio, in modo unilaterale e a li-vello sperimentale, all’utilizzo dei combusti-bili alternativi (CDR-CSS) presso il cementifi-cio di Tavernola Bergamasca.A fronte di questa dichiarazione da parte del-l’azienda, le Rsu il 25 settembre diramano uncomunicato, dove ribadiscono alcune proble-matiche relative all’ambiente di lavoro e allamanutenzione degli impian-ti, al fine di informare ecoinvolgere tempestivamen-te i lavoratori dello stabili-mento su di un tema moltodelicato e sentito come èquello dei combustibili al-ternativi, invitando l’azien-da a mettere in sicurezza gliimpianti prima di procedere alla sperimenta-zione e coinvolgere maggiormente i lavorato-ri. Sicurezza dell’ambiente di lavoro, manu-tenzione impianti e utilizzo di combustibilialternativi sono temi connessi tra loro.Il 30 ottobre l’azienda reagisce al comunica-to delle Rsu con una lettera aperta, dovefornisce una serie di dati per dimostrare diaver migliorato nel tempo la situazione am-bientale dello stabilimento, dichiara che leRsu con la loro azione hanno gettato discre-dito sulla società e che il contenuto del co-municato del 25 settembre ha contribuito amettere in discussione l’esistenza stessadello stabilimento di Tavernola.Il 2 dicembre svolgiamo l’assemblea sindacale,dove si ribadisce che non era assolutamenteintenzione delle Rsu alimentare discredito nei

confronti della società. Si pensa al contrarioche il tema della sicurezza sul lavoro e dellasalvaguardia interna ed esterna dell’ambienteattraverso investimenti innovativi ed una pun-tuale manutenzione degli impianti, può esserel’elemento che mette l’azienda nelle condizio-ni di attuare in modo trasparente i suoi pro-getti e comunque anche i combustibili tradi-zionali possono risultare dannosi se non sidota un impianto di tutti i particolari tecnolo-gici che lo rendono sicuro.La posizione di Filca Cisl e Fillea Cgil suicombustibili alternativi, come è noto, non è diavversione concettuale al loro utilizzo, maesso deve essere realizzato salvaguardando

allo stesso modo e nellostesso tempo la salute deilavoratori, dei cittadini e ilrispetto dell’ambiente cir-costante su cui si riversanole emissione gassose e lepolveri sottili. Pertanto, dasempre, le organizzazionisindacali sostengono che i

lavoratori non possono essere controparte deicittadini nell’utilizzo dei combustibili alterna-tivi. Si deve coinvolgere la cittadinanza dimo-strando che l’impiego di detti combustibili av-venga nel rispetto dell’impianto legislativo de-finito (a partire dalla possibilità costante dicontrollo della composizione dei fumi, dallatracciabilità delle sostanze utilizzate, dallamodifica della prevenzione dei rischi, dalla va-riazione della sorveglianza sanitaria dei lavora-tori, ecc) e non alteri l’ecosistema nel quale sicolloca il cementificio. Inoltre si richiama ilgruppo Sacci ad una manutenzione ordinaria estraordinaria efficace su tutto l’impianto diTavernola, proprio per la sua collocazione inun ambito delicato come quello del lago d’Iseoe al rispetto delle norme in materia.Alla fine dell’assemblea si formalizza una ri-chiesta di incontro all’azienda come previstodall’art.2 del Ccnl del Cemento, al fine di rice-vere tutte le informazioni relative a investi-menti e progetti relativi alla loro intenzione disperimentare i combustibili alternativi.L’azienda non risponde alla nostra richiestadi incontro e il 5 Dicembre avvia un procedi-mento disciplinare nei confronti dei quattrodelegati. Il 23 dicembre si svolge la proceduraprevista dall’art.7 della legge 300/70 dove i la-voratori destinatari del provvedimento, assi-stiti dall’organizzazione sindacale, portano laloro difesa, ma l’azienda, non condividendo leargomentazioni esposte il 2 Gennaio 2015,procede al licenziamento di un delegato e al-l’applicazione di provvedimenti disciplinaricon la sospensione di tre giorni dal lavoro aglialtri 3 delegati. Il 9 gennaio 2015 si è svoltal’assemblea con i Lavoratori e la stessa ha ap-

provato il seguente percorso: un primopacchetto di 24 ore di sciopero; blocco del-le prestazioni in flessibilità e in straordinario;

8 ore di Sciopero il giorno 12 Gennaio 2015con blocco del silo multi-service e con presidioe manifestazione davanti ai cancelli della fabbri-ca di Tavernola; attività di sensibilizzazionedelle istituzioni e della popolazione relative allaposizione delle organizzazioni sindacali e alcomportamento della Sacci spa; avvio delleprocedure di impugnazione del licenziamento edel contrasto dei provvedimenti disciplinari; richiesta di convocazione del Coordinamentonazionale delle RSU del gruppo Sacci per dareun segnale univoco all’azienda sulle corrette re-lazioni sindacali da praticare.Filca Cisl Bergamo e Fillea Cgil Valle Camoni-ca Sebino, nel ritenere un atto grave la sceltamessa in atto da Sacci, chiedono il ritiro im-mediato del licenziamento con il reintegro alposto di lavoro del delegato licenziato e il riti-ro dei provvedimenti disciplinari in quanto il-legittimi e antisindacali. Inoltre, dichiarano chemetteranno in atto ogni possibile iniziativa,sia legale che sindacale, per respingere il prin-cipio secondo il quale se le RSU esprimonoun giudizio nell’alveo dell’art. 21 della costi-tuzione italiana e dell’art. 1 della legge 300/70,ma non condiviso dalla direzione aziendale, lestesse possano essere destinatari di provvedi-menti disciplinari fino al licenziamento.

TAVERNOLA: IL DISSENSO COSTA CARO A UN DELEGATO SINDACALE

non sei d’accordo? ti licenziodi Donato Bianchi

“... il tema della sicurezzasul lavoro e della salva-guardia interna ed esternadell’ambiente attraversoinvestimenti innovativi eduna puntuale manuten-zione degli impianti...”

8 gennaio 2015 - graffiti

UN CAMUNO A CAPO DELLA PROVINCIA, MA A PREVALERE SONO GLI INTERESSI PRIVATI

anche un calendario per difendere la piana di Edolodi Alessio Domenighini

La battaglia sociale continua. Sono anni chel’Osservatorio Territoriale di Edolo (OTE) sista battendo contro lo scempio che si intendefare nel suo territorio. Nel dettaglio si trattadella costruzione dell’ennesima centralina idro-elettrica in Valle Camonica da collocare nellaPiana tra Edolo da parte della ditta EDB.Ancora una volta il danno ambientale sarebbeenorme. Si pensi al fatto che l’Amministrazio-ne Comunale aveva previsto nel suo PGT direalizzare proprio nella Piana un Parco Agri-colo. Avrebbe significato una ulteriore tuteladel territorio, oltre che una possibilità occupa-zionale addirittura per giovani ragazzi/e maga-ri laureati all’Università della Montagna.Ebbene, la centralina prevede l’esproprio dicirca l’80% dell’acqua del fiume Ogliolo chepercorre la Piana e che verrà sottratta per

due chilometri e mezzo. In pratica la Piana diEdolo, un luogo dove, tra l’altro, è stata rea-lizzata una pista ciclo-pedonale frequentatadai residenti e l’estate anche da molti turisti,diventerà una specie di fogna a cielo aperto.Addio Parco Agricolo, addio luogo per pas-seggiate per bambini, anziani, turisti. Davve-ro una bella prospettiva.L’OTE ha mobilitato la popolazione, raccoltofirme, costruito collaborazioni con l’attuale ela precedente amministrazione, tutto somma-to contrarie a questo ennesimo scempio, resoquesto problema una della battaglie anche del

Comitato di Valle Camonica contro il prolife-rare incontrollato di captazioni che tendono adistruggere uno dei patrimoni naturali più im-portati della nostra Valle che vorrebbe essereun luogo di un’attrattiva turistica. Ma checosa verrebbero a vedere i turisti in Valle?L’ambiente e la natura oppure un complessodevastante di centraline? Certo, si sa che die-tro queste operazioni c’è un giro spropositatodi soldi. Qualcosa verrebbe dato anche alleAmministrazioni per renderle mansuete e sot-tomesse. E in questo caso girano cifre propriogrosse. La posta in gioco è elevata.Certo sarebbe un respiro per le Amministrazio-ni sempre più in difficoltà, anche se a fronte diquesto introito ognuno di noi paga all’Enel nel-la bolletta della corrente elettrica una tassa perle energie rinnovabili: circa il 20% del totale. Leenergie rinnovabili sono un passo avanti rispet-to all’uso indiscriminato di petrolio, ma se con-statiamo che già le grandi centrali idroelettricheesistenti lavorano al di sotto della metà dellaloro potenzialità in quanto non c’è bisogno ditutta l’energia che potrebbero produrre, non sipuò che constatare che il sistema è costruito susprechi e disfunzioni che producono danni.Eppure pare proprio che chi deve concederel’autorizzazione per questo ulteriore scempiostia per approvarlo definitivamente, visti an-che gli assensi delle “Istituzioni” chiamate adecidere, quali la Soprintendenza ai beni cul-turali, ma soprattutto l’Amministrazione Pro-vinciale. Chiedendo pure all’Amministrazionedi Edolo di ritirare il ricorso al Tribunale Su-periore delle Acque presentato dall’Ammini-strazione precedente. Che poi a capo dellaProvincia ci sia il politico camuno Mottinelli,questo non conta nulla. Ancora una volta chicomanda sono gli interessi privati.Così l’OTE, in collaborazione con il ComitatoCentraline di Valle Camonica e con il contribu-to di altre sedici associazioni di Valle e alcuniprivati, ha deciso di lanciare un ulteriore se-gnale. Ha preparato, fatto stampare e vendutoa un prezzo simbolico un calendario con im-magini di questo fiume chiamando il tutto“Parco dell’Ogliolo - Immagini di un fiumeche vuole vivere”.Sabato 20 dicembre è stato presentato e ven-duto in piazza e in contemporanea diffusosulla Valle a fianco di una conferenza stampa.Sulle pagine, accanto alle immagini fotografichecon scorci e dettagli del fiume, sono riportatipiccoli brani letterari, compresa una citazionedel Cantico delle Creature di Francesco d’As-sisi. Poi viene anche riportata una lettera firma-ta dai bambini e dagli insegnanti delle classiquarte elementare di Edolo che, così concludo-no: «Per favore non costruite la centralina, al-trimenti il nostro torrente diventerà un rigagno-lo, magari anche puzzolente! Inoltre non toglie-teci questo parco, angolo di verde, perchè ri-marremmo molto delusi e amareggiati».Ma che cosa contano i pareri dei bambini eanche dei cittadini? Rispetto ai soldi di qual-cuno, evidentemente, davvero poco.

LA STORIA DEGLI INCONTRI TRAMONTANI - 7ª PUNTATA

Valsesia, gli Appennini e Bagolinodi Giancarlo Maculotti

Argomento di particolare importanza viene affrontato nel 2011 a Varallo: la storia del cibonelle valli.* La storia del cibo, in una società prevalentemente rurale, è di fatto una storia del-l’economia. Il Convegno è organizzato da più associazioni della Val Sesia e sostenuto da moltecomunità dell’intera valle. Gli animatori principali sono Roberto Fantoni e Johnny Ragozziche curano anche la pubblicazione dei pre-atti e degli atti. Per la prima volta viene creato unsito internet appositamente dedicato al convegno. Il venerdì sera, dopo i saluti di rito, le primebrevi relazioni e la visita alle mostre, si inizia con una cena organizzata presso la locale scuolaalberghiera che offre subito una dimostrazione pratica di che cosa sia la cucina tradizionale. Ilsabato a Carcoforo il convegno vero e proprio, abbinato ad una rassegna della produzioneagro-alimenatre della valle e all’esposizione delle pubblicazioni delle valli. La domenica sonopreviste numerose escursioni e visite guidate in diverse località della valle con assaggi vari epuntuali spiegazioni sui beni culturali della Valsesia. Nel tempo libero non manca l’opportuni-tà di visitare anche il Sacro Monte, il più antico d’Italia e forse il più maestoso.

Per la prima volta nel 2012 si lasciano le Alpi per gli Appennini. Si va nella valle del Reno, dagliamici di Porretta Terme che già avevano manifestato il loro interesse scoprendo il sito internet epartecipando all’appuntamento della Valsesia. “Crinali e passi dagli Appennini alle Alpi”. RenzoZagnoni presidente del Gruppo Studi dell’alta Valle del Reno e redattore della rivista Nuèter è ilprincipale animatore dell’incontro tra/montano. Forse prima non si era ancora capito perfetta-mente: le montagne non finiscono nelle Alpi. Le catene montuose attraversano tutta Italia e crea-no valli e ambienti che hanno la medesima storia e simili configurazioni in tutto il paese.Le montagne, bontà loro, non sono solo ostacoli, hanno anche i passi e dai passi, manco a dirlo,si passa e si è passati nei secoli: a piedi, in sella agli animali, con i carri. Le valli comunicano traloro attraverso i gioghi e rompono così il loro isolamento culturale ed economico.

A Bagolino, in Val Sabbia, l’ultima puntata. Ci si occupa di Artisti itineranti di montagna, dalMedioevo all’Età Moderna. Convegno fortemente voluto dallo studio d’arte Zanetti ha trova-to il suo animatore-organizzatore nel presidente del Distretto Culturale Andrea Crescini e ilsuo sostegno nel Comune di Bagolino con l’assessore Giacomolli. Si tratta di storia recentissi-ma non ancora completamente assimilata. Posso dire che il prof. Volta, coordinatore dei lavoridella mattinata, che non conosceva affatto la nostra esperienza pluridecennale, è rimasto posi-tivamente colpito dalle numerose relazioni stabilite negli anni tra le valli e mi ha espresso piùvolte la sua soddisfazione e la sua meraviglia.

* Gli Atti del convegno vengono per la prima volta pubblicati in forma digitale e distribuiti suchiavetta Usb, in versione preliminare, a tutti i relatori alla fine del partecipanti al Convegno.La cucina delle Alpi tra tradizione e rivoluzione. Atti della XXI edizione degli Incontri tra/montani Valsesia, 23-25 settembre 2011, Incontri tra/montani, Gruppo walser Carcoforo, pp.295. Gli Atti, che raccolgono anche le guide alle escursioni e i cataloghi delle mostre, sonoscaricabili dal sito www.cucinadellealpi.it.

«Potrei sopravvivere alla scomparsa di tutte lecattedrali del mondo, non potrei mai sopravviverealla scomparsa del bosco che vedo ogni mattinadalla mia finestra». (Ermanno Olmi)

graffiti - gennaio 2015 9

FUOCO FATUO (a cura di Stefano Malosso)

Artogne: lettere dal fronteNel calendario delle celebrazioni del centenario dell’entrata nella Grande Guerra dell’Italia, si èsvolto lo scorso 9 gennaio a Artogne un incontro inusuale e ricco di emozione, che rompe con larigida celebrazione di ciò che fu e, invece, sa rivestire di nuove sensazioni il dramma del primoconflitto mondiale. La serata Lettere dal Fronte. Letture, musica e immagini per non dimenticare,organizzata in sinergia fra le Commissioni Cultura di Artogne, Gianico e Piancamuno (da segnala-re l’ottima prova di collaborazione, si spera la prima di molte altre, fra i comuni dell’Unione dellaBassa Valle) è stata un intreccio fra più piani: da quello specifico della ricerca storica, a quellodella lettura teatrale, fino alla musica, la fotografia e il cinema: un modo moderno e fruibile pertutti di creare un racconto storico, di viverlo, di sentirlo intimamente.Alle 20.30, in una Sala Polifunzionale stracolma, dopo il saluto introduttivo dell’Ammini-strazione Comunale è toccato a Giancarlo Maculotti aprire le danze, illustrando il lavorosvolto come curatore del volume Io sono di buona salute come spero anche di voi e di tutti.Carteggi della prima Guerra Mondiale 1915-1918 dei Caduti di Valle Camonica e del Sebi-no, una corposa raccolta di lettere scritte dai soldati camuni dal fronte, dalle quali sono statitratti dalla classe Prima del Liceo artistico di Breno i disegni esposti in sala. A seguire, lamusica dei fisarmonicisti allievi del Maestro Oscar Taboni si è intrecciata con le letture dellemissive e delle cartoline militari, eseguite dagli attori Antonello Scarsi, Denis Gurabardhi,Claudio Zeziola, Alessandro Martinelli, Alfredo Martinelli e Fabio Guidotti, creando un al-ternarsi di emozioni e di echi dal passato che hanno investito il pubblico presente in sala, unpubblico variegato fra i più giovani fino agli anziani. A corredo di questa esperienza è statala proiezione di spezzoni cinematografici e documentari sulla Grande Guerra a cura di SilviaGhirardelli, e degli scatti fotografici di Alessio Domenighini che ha percorso i luoghi montaniche sono stati la vera cornice dei combattimenti, creando un collegamento con l’attuale chenon può non colpire: la bellezza di questi luoghi e la storia che trasudano ci parlano ancoraoggi e ci invitano a percorrerli, ad ammirarli, a riflettere su ciò che è stato.

Siamo in presenza di una specie di grande revi-val. La grande guerra, da molti anni quasi di-menticata, sta rifiorendo attraverso una miriadedi iniziative di cui è difficile cogliere gli obietti-vi. Certo, fare memoria è sempre un aspettoculturale importante. Chi non ricorda rischia diripetere gli errori e gli orrori del passato. Sitratta di un aspetto centrale e ineludibile, mache esigerebbe una riflessione centrale: che cosavuol dire fare memoria e soprattutto a chi sideve rivolgere? Mi pare decisiva soprattutto laseconda parte di questo interrogativo: chi devo-no o dovrebbero essere i destinatari di tuttoquesto dispiegarsi dei ricordi, della storia, deitanti e spesso tragici eventi di questa guerra.È mia convinzione sempre più radicata che iprimi destinatari dovrebbero essere quellepersone che fanno parte delle giovani genera-zioni. In effetti pochi di loro partecipano aqueste iniziative, se non convogliati e indiret-tamente costretti dalla scuola. Ma questo valeanche per altre iniziative analoghe: pensiamoal ricordo della Resistenza o della Shoah.In effetti la cultura diffusa, le varie iniziative,la quasi totalità delle pubblicazioni su questiargomenti non si rivolgono alle nuove genera-zioni. Un solo esempio per tutti. Quanti sonoi libri sulla prima guerra mondiale pensati inmodo specifico per bambini, ragazzi e adole-scenti? Quasi nessuno. Si possono contaresulle dita di una mano e molto spesso non ri-guardano la guerra sul fonte italiano. Nessunosulla guerra combattuta nella nostra zona.Insomma, continua ad imperare una specie diluogo comune per il quale della guerra allegiovani generazioni non si parla. Anzi, dele-ghiamo questo compito alla scuola che, ov-viamente, tratta questo argomento come unqualsiasi contenuto scolastico. Come talenon riesce a coinvolgere i ragazzi che lo ve-dono come un “compito da eseguire attraver-so la fatica e lo studio”. Uno dei tanti conte-nuti per rispondere alle interrogazioni. Chepoi tutto questo a moltissimi finisca per noninteressare più di tanto, che non li coinvolgaemotivamente, che non li stimoli ad andareoltre costruendo percorsi personali di cono-scenza e impegno pare del tutto assodato.Ma come è possibile, pensano in molti? In ef-fetti a livello generalizzato si ritiene che soprat-tutto i bambini non bisogna impressionarli, chenon bisogna mostrare loro la tragedia della guer-ra perchè occorre difenderli e tenerli allo scurodelle tragedie umane: ci penseranno quando sa-ranno grandi. In effetti questa mentalità è unaspecie di bufala almeno per due motivi.

DOBBIAMO INTERROGARCI: PER CHI FACCIAMO MEMORIA?

la Grande Guerra spiegata ai bambini: perché no?di Alessio Domenighini

Anzitutto pensiamo alla letteratura mirata perbambini e ragazzi che parla di almeno due al-tre tragedie addirittura peggiori quali la Shoaho la guerra di oggi che dura da settant’anni ecioè il conflitto israelo-palestinese. Decine edecine sono le pubblicazioni mirate proprioalle giovani generazioni. Faccio solo un esem-pio. Per la Shoah ci sono libri addirittura perla scuola dell’infanzia o per la prima elemen-tare: pensiamo, per esempio, ad alcuni libriquali “L’albero di Anne” , “La portinaiaApollonia”, “La bambina del treno”.Il secondo aspetto riguarda proprio la societàadulta, i grandi e la loro strategia per costruirenei bambini una cultura di accettazione e coin-volgimento in prima persona nei confronti dellaguerra. Il tutto realizzato attraverso l’aspettoche maggiormente riesce a coinvolgere ancheemotivamente i bambini e cioè il gioco.

Tre i grandi filoni che mi limito a citare. Il pri-mo riguarda le così dette armi-giocattolo che dasempre regaliamo a molti bambini: piccoli fucilimagari di legno o di plastica, pistole, archi efrecce ecc. Il secondo riguarda quel complessoche va sotto il nome di “soldatini”. Costitui-scono una specie di gioco da tavolo che aiuta apensare a come costruire e gestire la guerra. Ilterzo aspetto é forse il più preoccupante espesso, in questo caso, davvero terribile. È co-stituito dai videogiochi di guerra. Sono qualchecentinaio quelli che ogni bambino può scaricaresul proprio computer. Moltissimi sono addirit-tura gratuiti e spesso individuati attraverso unafrase del tipo mettiti la divisa, uccidi il tuo ne-mico, prepara le tue armi, ecc.Se poi consideriamo il fatto che una recente ri-cerca universitaria ha rilevato che l’accessoiniziale a questo complesso di giochi avvieneattorno ai tre anni e mezzo e che a quell’età lamedia di gioco giornaliero si aggira attorno al-l’ora, pensiamo che cosa succederà negli anniche seguono. In questo campo, quasi sempre,gli adulti o sono incompetenti o si sentonoimpotenti. In effetti ci pensa la società.Mi rendo conto che tutte queste riflessioni ri-guardano solo gli aspetti negativi. Non c’era lospazio per esporre una proposta in positivoche da anni sto costruendo e porto nelle scuo-le che me lo richiedono. Magari potrebbe es-sere oggetto di un futuro pezzo.

«... Ci sono perfino degli aspetti comicinella capacità italiana di far convivere ilcarnevale con la tragedia».

Cesare Garboli, Ricordi tristi e civili

10 gennaio 2015 - graffiti

ABBONAMENTO 2015ordinario: • 15,00 - sostenitore: • 25,00.

Gli abbonati sostenitori riceveranno inomaggio un libro sulla Valcamonica.Versare sul c.c.p. 44667335 (intestato al-

l’Associazione culturale Graffiti),tramite l’allegato bollettino.Tanti piccoli sforzi personali

possono trasformarsi in unagrande risorsa per le pro-spettive di Graffiti!Ricordiamo inoltre che ilbollettino per l’abbona-mento al giornale può esse-

re utilizzato anche perl’iscrizione all’omonima As-

sociazione culturale (30 euro), che daràdiritto non solo a ricevere il giornale stes-so ma anche a farne giungere una copiaper l’intero 2015 ad un’altra persona (chedovrà essere indicata, con l’indirizzo).

MA LA STORIA NON CI HA INSEGNATO PROPRIO NULLA?

l’urlo di guerra dei benpensantidi Tullio Clementi

Prendiamo lo spunto da un’affermazione diAlain De Benoist, intervistato da L’Eco diBergamo di domenica 11 gennaio: «Gli isla-mofobi sono d’accordo con i jiadisti per direche non c’è differenza di natura tra l’islam el’islamismo radicale (l’unica differenza, percosì dire, sarebbe che arrivano a conclusioniopposte). Ma questo non è il mio parere. Ijihadisti sono altrettanto rappresentativi del-l’islam in generale quanto il ku klux klan erarappresentativo della cristianità».Lo stesso quotidiano bergamasco riportava duegiorni prima un commento di Giorgio Gandola(corsivista solitamente apprezzabile) che ripro-poniamo nella sua essenzialità ai lettori diGraffiti: «C’è una tredicesima vittima nella viadove abitava Maigret, dentro questa Parigi irre-ale: la sinistra radical chic, la buona vecchiagauche caviar che anche in Italia ha rappresen-tanze di lignaggio». Una sinistra al caviale (©l’Urlo di Giorgio Gandola) che «dopo aver ne-gato il pericolo del fondamentalismo dall’11Settembre 2001 fino ad oggi in odio agli ameri-cani; dopo aver deciso di guardare altrove men-tre i cristiani vengono trucidati all’uscita dallaMessa della domenica in Africa e in Asia; dopoaver criticato in modo sprezzante ogni scenariodi allarme sul contagio dell’Isis», scoprirebbeoggi di «non essere immune dai pericoli».Perché Charlie Hebdo, continua il “nostro”,«non è solo un giornale di satira, ma è il lorogiornale di satira. Si afferma nel Sessantotto,la società editoriale si chiama Editions Kalash-nikoff (come suona macabro oggi) e ha unaparte importante nella costruzione di una sini-stra libertaria e impertinente che tira per lagiacchetta il moloch rosso di Marchais neglianni dei grandi scioperi». Quindi: «È dura sve-gliarsi una mattina e scoprire che i guerriglieri

incappucciati non operano fini distinzioni».Un ultimo paio di battute («Anche in Italiale convinzioni radical oggi sbandano. Mi-chele Serra nell’“Amaca” su Repubblicaspiega che i terroristi non vinceranno perchéla nostra quotidianità è più forte di loro,tesi che ricorda la passività del gregge in viadi decimazione. E il Manifesto titola “Unarisata li seppellirà” parafrasando il motto diBakunin»), ed ecco il... veleno nella coda:«... se ci limitiamo a ridere, ci seppellirannoloro». E torna inevitabilmente alla memoriala zona grigia (e tuttavia perbenista) d’an-tan: «Sì, però anche questi ebrei...».

Ps: Oltre che dal papa, gli unici tentativi dianalisi sull’humus socio-culturale (antichi enuovi rancori, emarginazione, miseria...) in cuinascono e si sviluppano le azioni terroristicheli abbiamo apprezzati nei commenti di intel-lettuali e filosofi di varia estrazione, mentre daparte dei cani di regime e dei gerarchi (sempreche fra le due figure allegoriche vi sia qualchesignificativa differenza) non si fa altro cheripetere il ritornello sulla blindatura dellefrontiere e sulle... pistole fumanti.

il lavoro con la comunità islamica continuaL’attentato al settimanale satirico Charlie Hebdo, con il suo tragico carico di morti e feriti, havoluto colpire in una delle sue punte più visibili il diritto di critica anche estrema al potere nellesue diverse espressioni, diritto che, con la libertà di pensiero, il principio di uguaglianza e latolleranza, costituisce uno dei pilastri su cui si fonda il pensiero laico moderno.Tale attentato colpisce altresì l’impegno ed il lavoro di quanti hanno creduto e credono possi-bile una convivenza fra diversi fatta di rispetto e di collaborazione reciproci, con la presa didistanza dalle espressioni e dai comportamenti di fanatismi ed estremismi.Esprimiamo con fermezza la più dura condanna nei confronti di questo vile atto terroristico edei suoi intenti conflittuali e destrutturanti.Ribadiamo la nostra volontà di continuare, per quel che ci compete, ad operare per la realizzazionedi una collettività dialogante e democratica basata sulla giustizia, rispettosa degli orientamenti cultu-rali, politici e religiosi di tutti i suoi cittadini, impegnati a difendere la cultura della pace e dellapacifica convivenza. Per queste ragioni riteniamo utile ed opportuno continuare il lavoro con lecomunità islamiche del nostro territorio che, in nome dei messaggi più autentici del loro credo,hanno in questi anni lavorato con noi per la realizzazione di questi scopi.Vanno respinte e sconfitte, ad ogni livello, azioni barbare e sanguinose come questa, in quantonemiche proprio di quelle popolazioni che vorrebbero rappresentare (la Cgil camuno-sebina)

discriminazione nei confronti dei cittadinimusulmani in Francia, in Europa e in Italiasia verbalmente che tramite internet. Noinon dobbiamo abbassare la guardia ma nondobbiamo penalizzare il proficuo dialogo inter-religioso ed interculturale che portiamo avantida anni e non farci condizionare da chi guardasolo i suoi interessi politici e ne sta approfit-tando in questo momento tragico solo per finielettorali. È necessario restare uniti contro lebarbarie e le violenze, non solo per garantire edifendere la libertà di stampa e di opinione, mapiù in generale per proteggere la democrazia, lalibertà e l’uguaglianza.

dalla prima pagina

no alla barbarie!

il Corriere va alla guerra«Siamo alla chiamata alle armi.Una vecchia storia per il giornaledi Via Solferino. Nel 1911 con laLibia, nel 1915 con la Grandeguerra, nel 1935 con l’Etiopia, nel1936 con la Spagna, nel 1940 conil Secondo conflitto mondiale, èsempre il dannunziano maggio ra-dioso. Una bella crociata, come aivecchi tempi, insomma: la croce chediventa spada. Ma possibile cheAfghanistan, Iraq, Libia, Siria, e viaenumerando, non insegnino nulla?».

Angelo d’Orsi, Il Manifesto

«... Cerco di spiegare che la guerra in corso è contro ilterrorismo, non l’Islam, cerco di dire che l’obbiettivodella coalizione internazionale guidata dagli americaninon sono gli afgani, ma Osama Bin Laden e i talebani.Non convinco nessuno. “Io non so chi sia Osama –dice il dottore – non l’ho mai incontrato, ma se Osa-ma è nato a causa delle ingiustizie commesse in Pale-stina e in Iraq, sappiate che le ingiustizie ora com-messe in Afghanistan faranno nascere tanti, tanti altriOsama”. Di questo sono convinto e la prova è dinan-zi ai miei occhi: l’ambulatorio è un centro di recluta-mento per la jihad, il “dottore” è il capo di un gruppodi venti giovani che domani partirà per l’Afghanistan.Ognuno porterà un’arma, del cibo e del danaro».

da un articolo di Tiziano Terzani del 2001

«...Il rispetto dei cattolici per la Bibbia èenorme e si manifesta soprattutto nel tener-sene a rispettosa distanza». (Paul Claudel)

graffiti - gennaio 2015 11

recensionedi Tullio Clementi

Titolo: La Resistenza in Valle CamonicaAutore: Pier Paolo ComensoliEditore: Circolo culturale Ghislandi eFiamme Verdi

Verrebbe quasi da pensare (e da dire) che perPaolo Franco Comensoli, cresciuto a strettocontatto con la canonica di Cividate Camuno,con facile accesso ai diari dello zio don Carlodev’essere stato tutt’altro che difficile il lavo-ro di ricostruzione delle vicende resistenzialicamune. Subito dopo, però, verrebbe anche dapensare a quanti altri giovani hanno buttatoalle ortiche i facili esempi – se non proprio i“diari” – di cui avrebbero potuto disporre fa-cilmente senza neppure dover uscire di casa.Ciò premesso, eccoci a discutere del tema inoggetto, avvalendoci soprattutto della prefazio-

RITRATTO (a cura di Giancarlo Maculotti)

Marino TognaliLo conoscevo da sempre. Io ero un giovane insegnante alle prime armi. Lui era già “il maestroMarino”. Quando ebbi l’avventura di diventare suo direttore mi disse fuori dai denti: «Il miotramonto come maestro è arrivato. Lascerò fra poco».Me la presi un po’ perché a volte, lo dico con affetto, era un po’ spigoloso. Sembrava se neandasse perché non mi accettava come suo dirigente. In realtà resistette ancora qualche anno epoi, dopo una lunga carriera, lasciò la scuola. Diceva che per lui non era accettabile la riforma,il lavoro di gruppo (il famoso team), la specializzazione. Era nato come maestro unico e glialunni li voleva gestire lui. Padre-padrone? No, animatore che non poteva condividere con al-tri, come un bravo direttore d’orchestra, la regia della classe. L’insegnamento era il primo fortelegame con il suo paese. Il museo etnografico infatti nacque a scuola, con i suoi alunni checollaborarono fattivamente alla raccolta dei primi oggetti della morente civiltà contadina cheormai erano destinati alle stufe o ai cassonetti. Uscì dalla scuola non certo per disertare o perfare il pensionato pantofolaio. Ogni tanto infatti lo ritrovavo sulle piste di fondo a sprigionaresugli sci l’energia di cui era ancora fiero portatore. Ma non solo: era libero ormai di dedicarsialle sue passioni, in primo luogo la ricerca storica. Marino partiva inevitabilmente dalla suaterra, Vione, che però non era eletta come principio e fine di tutte le cose. La sua visione èsempre stata quella di una persona di cultura che non cade nel provincialismo e nel campanili-smo. Vione era il suo punto di riferimento ma lo scavo nel sapere era sempre sorretto da buoneestese letture e dalla conoscenza di una vasta letteratura in campo linguistico e in campo stori-co. Le sue spiegazioni di alcuni toponimi e di alcuni termini (esempio: limenocc) ed espressio-ni idiomatiche rimangono negli annali e sono punto di riferimento per chiunque voglia conti-nuare l’inesauribile ricerca nel settore. Non usava il dialetto in poesia – come accade alcunevolte per improvvisati poeti – pensando che fosse una scorciatoia dire in modo colorito scon-tate banalità. Cedeva ogni tanto a qualche nota nostalgica, ma il suo poetare non era e non è –perché fortunatamente rimane per i posteri – pura e semplice esaltazione dei bei tempi andati.Vestiva il dialetto come sua autentica pelle perché era la sua lingua materna ma poi i suoipensieri non erano dialettali. Scavavano nella vita, nell’animo, nella caducità e contraddittorietàdell’essere umano. Nelle debolezze e nelle apparenti vacue muscolosità di noi bipedi.Con lui abbiamo realizzato “Pastori di Valcamonica”, unica opera, assolutamente incomple-ta, sulla principale attività economica dell’alta valle fino a fine ottocento. Con lui ci siamotrovati in numerosi convegni dove lui, scrupoloso com’era, non interveniva mai a braccio maleggeva fogli fitti di parole e frasi faticosamente elaborate e a volte, nelle parti importanti,sottolineate con penna rossa. Con lui molti e molti autori hanno collaborato per opere cheoggi rappresentano i testi base per la storia dell’alta valle.Fu anche amministratore e sindaco, per diversi anni, del suo amato Vione. Appartenne forse allaschiera dei migliori amministratori dei nostri comuni: i maestri. Poi arrivò l’era dei geometri e degliarchitetti... La sua dura fibra attaccata dalla malattia ha ceduto alla fine del 2014. Aveva proget-ti da realizzare che si proiettavano nel futuro per molti e molti lustri. Un bravo maestro peròad un certo punto, volente o nolente, cede il testimone. Se maestro vero fu gli allievi continue-ranno la sua opera. E non v’è dubbio che così sia.

ne di Angelo Moreschi, laddove scrive che «laricerca di Paolo Franco si dipana ordinatamenteaffrontando i temi che inducono ad approfon-dire le vicende della Resistenza camuna. Si par-la della nascita del movimento partigiano inValcamonica, dei primi protagonisti, della suaorganizzazione, delle Fiamme Verdi, delle staf-fette, della propaganda, dei giornali clandestini,dei rapporti con gli alleati, dei rapporti traFiamme Verdi e Garibaldini, dei rapporti con itedeschi, della fase organizzativa finale, della li-berazione, della smobilitazione».Non tralasciando neppure le vicende spinose,«come i rapporti problematici tra le FiammeVerdi ed i Garibaldini, le tregue con i tedeschied alcuni episodi controversi», perché «la Re-sistenza è stata fatta da persone in carne edossa con i loro pregi ed i loro difetti, mal’obiettivo primario fu quello di conquistare lalibertà, dopo anni di dittatura e di realizzareuno stato giusto e democratico».

E quindi i “dettagli” sulla figura del coman-dante Romolo Ragnoli, il cui punto d’appog-gio fu la canonica di Cividate, dove ufficial-mente visse un periodo di convalescenzadopo aver partecipato alla campagna di Rus-sia, durante la quale era stato ferito, e che«agiva in incognito, spostandosi continuamen-te nel territorio camuno per incontrare perso-nalmente i numerosi gruppi di partigiani attivisulle montagne camune» e che «sorretto mo-ralmente e logisticamente da Don Carlo Co-mensoli, riuscì, anche con fortuna, a sfuggirealle imboscate ed ai rastrellamenti».E Romolo Ragnoli ci introduce al secondoaspetto del libro. Perché il pregio del libro èanche (soprattutto, secondo lo stesso autore)un altro, quello di aver messo in mutualisticasimbiosi due narrazioni della Resistenza valli-giana, diverse fra loro (perfino confliggenti, avolte) sul piano letterario non meno che suquello storico.Come? Semplice: l’autore, in rapporti confi-denziali con Ragnoli grazie alla reciproca fre-quentazione della canonica di Cividate Camu-no negli anni successivi alla Liberazione, deci-de di fargli visionare la sua tesi di laurea nel-l’eventualità (che si verificherà solo dopo al-cuni decenni) di una sua pubblicazione ed il“comandante” (laureato in lettere, oltre cheufficiale effettivo dell’Esercito Italiano) ci vadentro di... punta, sottolineando tutte le paro-le, le frasi (in qualche caso perfino interi para-grafi) con cui non concorda ed aggiungendo trale righe del dattiloscritto la sua versione, for-male, ma anche storica.Un solo esempio (in cui oltre alla “forma” sicolgono già anche diversità di “sostanza”): apagina 34 Comensoli scrive che «... i provve-dimenti del governo di Salò non furono sem-pre felici», e Ragnoli cancella le parole “nonfurono sempre felici” proponendo la sostitu-zione con «furono quasi sempre infelici».Il risultato verrà poi “trattato” dai curatoridella pubblicazione (Tullio Clementi e LuigiMastaglia) con un laborioso (e forse unico, aquanto risulta finora) trattamento grafico: lefrasi del testo originale cancellate da Ragnolivengono barrate, così da poterle lasciare co-munque leggibili, mentre quelle aggiunte il lorosostituzione vengono riportate in corsivo.Si potrebbe quindi leggere il libro due volte.Una prima volta leggendo la versione originale(testo normale più testo barrato) di Comensoli,ignorando quindi i brani in corsivo, ed una se-conda volta ignorando il testo barrato: leggen-do in tal modo la stesura voluta da Ragnoli.Ma si perderebbe il meglio. Si perderebbe ilconfronto diretto fra due diverse interpreta-zioni – formali, ma anche sostanziali – dellavicenda resistenziale in Valcamonica.

GRAFFITIvia Silone, 8 (c/o Tullio Clementi)25040 DARFO BOARIO TERME

[email protected]://www.graffitivalcamonica.it

12 gennaio 2015 - graffiti

ROSSO DI SERA (a cura di Giancarlo Maculotti)

una vittoria contro la burocraziaParlerò questa volta di un fatto personale che poi però tanto personale non è. Per le mie ricerchesulle Vicinie ho dovuto spesse volte negli ultimi mesi recarmi all’Archivio di Stato di Brescia. L’im-patto non è stato dei più positivi. Due volte l’ho trovato chiuso senza che ci fosse stato un avvisopubblico messo sul sito internet. Una prima volta per manutenzioni, una seconda volta per aggior-namento del personale. Un laconico biglietto appeso all’ingresso avvisava i ricercatori che la salaconsultazione era chiusa. Chi aveva, partendo da lontano, già fatto il viaggio a Brescia doveva ras-segnarsi. Aveva perso tempo e soldi per nulla. La prima volta ho pazientemente sopportato. Laseconda volta mi sono girate le cosiddette scatole e ho scritto alla direttrice: «Gent.ma dottoressa:le chiedo di spiegarmi perché senza alcun preavviso sul sito l’archivio è stato chiuso per aggiorna-menti che sarebbe utile spostare fuori dell’orario di apertura al pubblico».Già che c’ero rivolsi anche una seconda domanda alla dottoressa Daniela Fugaro: «Perché aveteadottato un regolamento che prevede di consegnare agli studiosi solo due fascicoli al giorno? Né aBergamo, né a Venezia, né a Roma c’è un limite così basso. Chi non trova nulla nelle due busteconsultate in mezzora è bloccato e ha perso per nulla la sua giornata».Attendo attendo ma di risposte non ne arrivano. Si vede che le domande degli utenti per l’Archi-vio (che è servizio pubblico) non contano nulla. Il silenzio o muro di gomma hanno uno scopoben preciso. Far desistere l’interrogante. Non è il mio caso. Scrivo ai giornali locali che pubblica-no entrambi la mia lettera di protesta. Il silenzio non si interrompe, rimane tetragono contro ognilegittima richiesta. Faccio un altro passo: scrivo di nuovo alla direttrice e per conoscenza al mini-stero dei beni culturali e a Paolo Corsini. Il senatore mi dice di essere disponibile a presentareun’interrogazione parlamentare, ma il silenzio dell’Archivio rimane di tomba.All’inizio dicembre però due sorprese, anzi tre. Appaiono sul sito ufficiale dell’Archivio: «Sipossono richiedere un max di quattro pezzi al giorno. I conferimenti avverranno ogni mezz’ora,dalle 8.15 alle 14.15; è inoltre possibile prenotare on line un massimo di due pezzi con un preav-viso di almeno tre giorni». Prima non solo c’era il limite dei due fascicoli al giorno, ma la conse-gna avveniva solo ogni ora, per cui a volte i tempi morti erano notevoli.La terza rivoluzione riguarda il sito: era completamente vuoto fino a poche settimane fa. Nessu-no poteva conoscere l’organico, i nomi degli impiegati (il cartellino di riconoscimento obbligato-rio negli uffici pubblici è ignorato), nessuno poteva accedere alle normali informazioni che uncittadino ha diritto di avere per ragioni nonsolo di trasparenza, ma di pubblica utilità. Ilsito era in costruzione da anni. Ora invece inparte è stato riempito. Mancano le attività ela carta dei servizi, ma siamo fiduciosi che pri-ma o poi arriveranno anche quelle.Scrutando l’organico (ecco perché non voleva-no renderlo pubblico) si scopre che lavorano (sifa per dire) all’archivio 15 persone. Più o menodue per ogni ricercatore presente in sala consul-tazione (non sono mai più di 7-8 al giorno).Pensate ai tagli di insegnanti e alle classi di 28-30 alunni nella scuola dell’obbligo!Morale: ho comunque ottenuto una grandevittoria semplicemente non cedendo al murodi silenzio che hanno voluto oppormi. È veroche la direttrice, con scorrettezza inaudita,non ha mai risposto alle mie mail e alle letteremandate ai giornali, ma ha dovuto alla finecambiare metodo e imparare a rispettate dipiù il cittadino utente di un servizio.Insomma a volte scrivere fa bene. Non solo a sestessi. Ma anche alla società. Dunque per cam-biare la burocrazia soffocante e spesso lazzarona(Renzi su questo ha ragioni da vendere) scriveteai giornali. Serve, e non diventerete complici deidisservizi e dei veri e propri abusi.

ZUCCHERO, PEPE E SALE(a cura del cuoco)

ZUCCHEROBisogna addolcire la polpetta amara cheil sindaco Bernardi di Berzo Demo si ètrovato tra le mani con le polveri dellaSELCA di Forno.

PEPEQuel peperino di Gelmi, sindaco di Ma-lonno, che non riesce a far passare il PGTperché l’opposizione si oppone. Immaginedi scaricabarile bella e buona.

SALEL’amministrazione del cementificio diTavernola licenzia (vedasi art.18) un sin-dacalista perché ha manifestato alcuneperplessità sulla conduzione dell’azien-da. Meglio bruciare le gomme delle autoche avere i sindacati tra i piedi?

VALCAMONICA ON-LINE (a cura di Valerio Moncini)

premio Basilio Moscawww.incontritramontani.it/

“Gli Incontri Tra/Montani nascono nel 1990 da alcune associazioni culturalidella Valcamonica e della Valtrompia: sono una realtà autogestita, spontanea e

libera aperta ad associazioni, centri di studi e gruppi culturali dell’arco alpino.Dalla constatazione di una scarsa comunicazione tra le comunità alpine e di una lettura inadeguatadelle grandi difficoltà nelle quali la Montagna si trovava allora, e si trova tutt’ora (esodo, interventidistruttivi, disoccupazione giovanile...), nacque l’idea di un convegno annuale che cominciasse acreare una rete di relazioni, non istituzionali, fra gruppi operanti nelle Alpi italiane, svizzere (Fon-dazione Progetto Poschiavo), austriache (Längelfeld) e francesi con l’intento di favorire la reciprocaconoscenza, la collaborazione, lo scambio di analisi e di possibili proposte”.In occasione della XXV edizione, Incontri Tra/Montani bandisce un premio alla memoria deltrentino Basilio Mosca, cofondatore della rete, scomparso nel 2013.II premio consiste in un contributo di 1000 • da destinarsi al finanziamento di un eventoculturale (convegno, conferenza, mostra, escursione tematica, festival, laboratorio didattico...)riguardante la cultura e la vita alpina, tematiche dibattute dagli ITM.Le candidature al Premio dovranno pervenire al seguente indirizzo [email protected]. entro e non oltre il 30 marzo 2015 attraverso lacompilazione della scheda scaricabile dal sito www.incontritramontani.it.Nella valutazione saranno ritenuti titoli preferenziali, oltre all’originalità e al valore intrinsecodell’evento, la creazione di una rete culturale fra associazioni, enti e istituti e la formulazionedi un programma che, anche se di contenuti locali, abbia valenza su scala alpina. Saranno valu-tati positivamente i progetti che prevedano l’integrazione di eventi tipologicamente (convegni,conferenze, mostre, escursioni tematiche, concerti, laboratori didattici...) diversificati, ma riu-niti in un unico programma. Sarà inoltre valutata l’eredità dell’evento (pubblicazione di atti,cataloghi di mostre, guide escursionistiche o altra documentazione) e considerata l’eventualeriproposizione nel tempo dell’iniziativa. La graduatoria sarà comunicata ai candidati singolar-mente entro il 20 aprile 2015. Il premio verrà conferito in occasione della XXV edizione degliIncontri Tra/Montani che si svolgerà ad Asiago dal 25 al 27 settembre 2015.

Le vignette di Altan, Staino, Ellekappa,Cinzia Poli, Vauro, Mauro Biani ed altri,sono tratte dai quotidiani: Corriere dellaSera, il Manifesto, Repubblica, Caterpil-lar AM., oltre che da vari siti Internet.


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