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Lo stato dell'ambiente di Vicenza - anno 2000

Date post: 24-Oct-2015
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Volume divulgativo della Relazione dello Stato dell'Ambiente della provincia di Vicenza redatto da ARPAV per conto dell'Amministrazione provinciale nel 2000
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Lo stato dell’ambiente di Vicenza Analisi dei parametri ambientali nella Provincia di Vicenza (anno 2000)
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Lo stato dell’ambientedi Vicenza

Analisi dei parametri ambientali nella Provincia di Vicenza (anno 2000)

DOCUMENTO INTERO 11-04-2001 16:23 Pagina 1

Lo stato dell’ambientedi Vicenza

Analisi dei parametri ambientali nella Provincia di Vicenza (anno 2000)

Lo stato dell’ambiente di Vicenza, 2000

Progetto: Amministrazione Provinciale

Realizzazione: a cura di ARPAV

Testi: Luca Carra (Zadig), Raffaella Daghini (Zadig), Luca Menini (ARPAV), Carlo Modonesi, Fiammetta Di Palma, Margherita Fronte (Zadig), Silvia Rebeschini (ARPAV)

Grafica: Laboratorio srl, Milano

Disegni: Mitra Dirvshali

Crediti fotografci:

- La fotografia riportata nel capitolo «Acqua, tesoro in peri-colo», è tratta dal volume «Natura nella valle dell’Agno-LePoscole». D. Fabris, WWF Delegazione Veneto, 1998.

- Per il capitolo «Che aria tira in provincia?» la fotografia èstata fornita dall’ARPAV.

- La fotografia contenuta nel capitolo «Limitare i rifiuti, imi-tare la natura» è stata fornita dal dottor Andrea Sottani.

- I disegni riportati nel capitolo «Radon, un nemico non in-vincibile» sono tratti dall’opuscolo “A proposito di... ra-don”, ARPAV, 2000.

DOCUMENTO INTERO 11-04-2001 16:23 Pagina 2

Lo stato dell’ambientedi Vicenza

Analisi dei parametri ambientali nella Provincia di Vicenza (anno 2000)

Lo stato dell’ambiente di Vicenza, 2000

Progetto: Amministrazione Provinciale

Realizzazione: a cura di ARPAV

Testi: Luca Carra (Zadig), Raffaella Daghini (Zadig), Luca Menini (ARPAV), Carlo Modonesi, Fiammetta Di Palma, Margherita Fronte (Zadig), Silvia Rebeschini (ARPAV)

Grafica: Laboratorio srl, Milano

Disegni: Mitra Dirvshali

Crediti fotografci:

- La fotografia riportata nel capitolo «Acqua, tesoro in peri-colo», è tratta dal volume «Natura nella valle dell’Agno-LePoscole». D. Fabris, WWF Delegazione Veneto, 1998.

- Per il capitolo «Che aria tira in provincia?» la fotografia èstata fornita dall’ARPAV.

- La fotografia contenuta nel capitolo «Limitare i rifiuti, imi-tare la natura» è stata fornita dal dottor Andrea Sottani.

- I disegni riportati nel capitolo «Radon, un nemico non in-vincibile» sono tratti dall’opuscolo “A proposito di... ra-don”, ARPAV, 2000.

DOCUMENTO INTERO 11-04-2001 16:23 Pagina 2

SOMMARIO

ACQUA, TESORO IN PERICOLO P. 5

CHE ARIA TIRA IN PROVINCIA? P. 17

UNA FASTIDIOSA COLONNA SONORA P. 26

RADON, UN NEMICO NON INVINCIBILE P. 31

ELETTROSMOG: È VERO ALLARME? P. 34

ENERGIA, RISORSA INSUFFICIENTE P. 39

LIMITARE I RIFIUTI, IMITARE LA NATURA P. 42

I MILLE UTILIZZI DEL SUOLO P. 47

INTRODUZIONE

L'Amministrazione Provinciale ha pensato di fornire ai cittadini una versione divulgativa della relazione

sullo stato dell'ambiente della Provincia di Vicenza elaborata assieme all'ARPAV.

Abbiamo voluto far raccontare i punti di forza e di debolezza del nostro ambiente da un cronista

di eccezione: il grande esploratore vicentino Antonio Pigafetta, che nel XVI secolo accompagno Magellano

nel suo giro intorno al mondo raccontandone le avventure. Ne viene fuori una vivida e puntuale

descrizione dello stato dell’ambiente della provincia, che analizza i diversi aspetti che caratterizzano

il nostro territorio nella sua evoluzione negli ultimi dieci anni: la qualita dell’aria e dell’acqua, l’impatto

di alcuni agenti fisici, come il rumore o l’elettrosmog, la situazione energetica, le condizioni del suolo,

le questioni legate ai rifiuti, i possibili effetti dei vari fattori ambientali sulla salute.

Accanto all’approfondimento e all’analisi dei dati raccolti in questi anni, particolare attenzione è stata

rivolta alle risposte e agli impegni delle istituzioni, oltre che ai comportamenti dei singoli cittadini,

per preservare e mantenere in salute il prezioso patrimonio naturale e ambientale della provincia.

Manuela Dal LagoPresidente della Provincia

DOCUMENTO INTERO 11-04-2001 16:23 Pagina 4

SOMMARIO

ACQUA, TESORO IN PERICOLO P. 5

CHE ARIA TIRA IN PROVINCIA? P. 17

UNA FASTIDIOSA COLONNA SONORA P. 26

RADON, UN NEMICO NON INVINCIBILE P. 31

ELETTROSMOG: È VERO ALLARME? P. 34

ENERGIA, RISORSA INSUFFICIENTE P. 39

LIMITARE I RIFIUTI, IMITARE LA NATURA P. 42

I MILLE UTILIZZI DEL SUOLO P. 47

INTRODUZIONE

L'Amministrazione Provinciale ha pensato di fornire ai cittadini una versione divulgativa della relazione

sullo stato dell'ambiente della Provincia di Vicenza elaborata assieme all'ARPAV.

Abbiamo voluto far raccontare i punti di forza e di debolezza del nostro ambiente da un cronista

di eccezione: il grande esploratore vicentino Antonio Pigafetta, che nel XVI secolo accompagno Magellano

nel suo giro intorno al mondo raccontandone le avventure. Ne viene fuori una vivida e puntuale

descrizione dello stato dell’ambiente della provincia, che analizza i diversi aspetti che caratterizzano

il nostro territorio nella sua evoluzione negli ultimi dieci anni: la qualita dell’aria e dell’acqua, l’impatto

di alcuni agenti fisici, come il rumore o l’elettrosmog, la situazione energetica, le condizioni del suolo,

le questioni legate ai rifiuti, i possibili effetti dei vari fattori ambientali sulla salute.

Accanto all’approfondimento e all’analisi dei dati raccolti in questi anni, particolare attenzione è stata

rivolta alle risposte e agli impegni delle istituzioni, oltre che ai comportamenti dei singoli cittadini,

per preservare e mantenere in salute il prezioso patrimonio naturale e ambientale della provincia.

Manuela Dal LagoPresidente della Provincia

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Acqua, tesoro in pericolo

“Avrei forse potuto viaggiare lungo tutta questa bella provincia di Vicenza navigando le sue acque,

tanti sono i fiumi e i torrenti che ho incontrato.

Gli uomini qui hanno sempre tratto giovamento dalla grande ricchezza che la natura ha messo loro

a disposizione. Nel corso dei secoli la popolazione è aumentata, si è sviluppata l’agricoltura

e poi l’industria, e cosi l’acqua è stata utilizzata in gran quantita , prelevata dai fiumi o direttamente

dal sottosuolo, dalle falde, attraverso gli innumerevoli pozzi che ho incontrato sul mio cammino.

Ora i corsi d’acqua, sia superficiali che sotterranei, sono sempre piu poveri, pagando a caro prezzo

il rapido e massiccio sviluppo delle attivita produttive della zona e l’aumento della popolazione.

Interi ecosistemi, piante e animali che fondano la loro sopravvivenza sulla presenza dell’acqua,

sono minacciati dall’estinzione, perché le sorgenti che li tengono in vita

si impoveriscono sempre piu. Ecco come risparmiare

e tutelare questo bene prezioso”.

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PARADISI IN PERICOLO

L’ammirazione dell’esploratore è giustificata dai partico-lari ambienti naturali che si possono osservare nella zo-na, spesso creati dalle opere idrauliche “storiche” realiz-zate dall’uomo. Il Bosco di Dueville, per esempio, è unvero e proprio neo-ecosistema a foresta, creato cioè neltempo dagli interventi dell’uomo. Quattro risorgive prin-cipali e numerose secondarie danno origine alle acquedel fiume Bacchiglione, e l’abbondante vegetazione hacostituito nel tempo l’habitat ideale per numerose pianteacquatiche (ranuncolo d’acqua, giunchi, lenticchia d’ac-qua) e di sponda (salici, canneti, tife), e per varie speciedi uccelli (airone cenerino, alzavola, mestolone, codone).Ma è fondata anche la sua preoccupazione. Delle 80 pol-le individuate sul territorio provinciale, infatti, una tren-tina non sono più attive, anzi risultano a rischio di estin-zione. La portata complessiva di queste “sorgenti di pia-nura” è stata stimata nel 1999 di poco inferiore ai 2 me-tri cubi al secondo, il che significa che, ogni giorno, ven-gono in superficie naturalmente circa 170 milioni di litridi acqua di falda. Nel periodo tra il 1977 e il 1980 la por-tata era di 7,3 metri cubi al secondo, e addirittura di 13metri cubi al secondo nei primi anni sessanta.

LE CONSEGUENZE DELLO SVILUPPO

Le acque che escono sono più di quelle che entrano: sispiega in modo semplice la riduzione della portata dellerisorgive. Contribuiscono ad alimentare le falde, peresempio, le piogge che si infiltrano nel terreno (fig.1).Anche se non sono diminuite, rispetto agli anni sessan-ta non hanno più la possibilità di infiltrarsi in un sotto-suolo che è stato urbanizzato e quindi reso impermeabi-le nel corso dei decenni. Ma è dovuto all’uomo, con i suoi prelievi, il bilancio ne-gativo per la portata delle falde. Proprio questa voce, in-fatti, si è modificata drasticamente negli ultimi decenni,

NASCITA DELLE SORGENTI

La morfologia del territorio della provincia di Vicenzapresenta la tipica struttura delle zone poste ai piedidelle grandi catene montuose. Milioni di anni fa, almomento della formazione delle Alpi, la pianura eraoccupata da un grande bacino di mare, che nel corsodei secoli si è andato colmando di sedimenti traspor-tati dai fiumi. Allo sbocco delle vallate, gli antichi corsid’acqua depositavano i materiali più pesanti (ciottolie ghiaie). Avvicinandosi al mare, rilasciavano i sedi-menti più fini, sabbie, limi e argille. Questo processo,protratto per milioni di anni, ha portato alla confor-mazione geologica attuale.Ai piedi della zona montuosa, a Nordest della città diVicenza, troviamo infatti l’«alta pianura asciutta», do-ve il terreno è formato da sedimenti di grosse dimen-sioni che lasciano filtrare l’acqua nel sottosuolo. Que-sta è la zona «di ricarica», dove si alimentano le faldesotterranee. Tuttavia, nell’area della «bassa pianura»le acque sotterranee incontrano strati di sedimentipiù fini e impermeabili (limi e argille), e vengono ri-portate in superficie. Qui si formano polle e sorgentiche formano un reticolo di corsi d’acqua naturali e ca-nali artificiali per l’irrigazione.

come si evidenzia nella figura 2. La popolazione è andataaumentando, ma soprattutto è cresciuto il consumo me-dio per abitante, dato il forte sviluppo a cui la risorsa ac-qua ha contribuito in maniera fondamentale. Il livellodella falda freatica si è abbassato in alcune zone in ma-niera significativa, e questo non permette più alle acque

LA RICARICA DELLE FALDE

fiumi 310 milioni di m3/anno

irrigazione 229 milioni di m3/anno

precipitazioni 135 milioni di m3/anno

46%

34%

20%

L’ACQUA IERI E OGGI

1896 OGGI1 centrale 5 centrali + 4 serbatoi

e 600 chilometri di rete acquedottistica

pozzi superficiali pozzi superficiali solo per pescare l’acqua nelle zone delle risorgive + della falda freatica pozzi profondi altrove,

dato l’abbassamento dei livelli della falda

consumo medio circa consumo medio circa 170 litri al giorno 400 litri al giorno per abitante * per abitante*

FIGURA 1

FIGURA 2

FIGURA 1.Ad alimentare le acque sotterranee contribuiscono principal-mente i fiumi, attraverso le perdite lungo il loro corso.

FIGURA 2.Con lo sviluppo economico e sociale dell’area vicentina alle esi-genze della popolazione in aumento si sono affiancati i grossi pre-lievi dell’industria.

*usi civili e industriali

Sorgenti di pianura:

una ricchezza nascosta«Qui l’acqua è così abbondante che non solo nasce dalle montagne per scorrere, lenta o impetuosa, fino al mare, ma addirittura fuoriesce dalla terra, inaspettata, in piena pianura. Perché la provincia è ricca sì di fiumi e torrenti, ma anche di acque sotterranee, che le particolari caratteristiche del sottosuolo lasciano venire alla luce, formando polle e vere e proprie sorgenti, e una fitta rete di corsi d’acqua e canali alimentati, potrei dire, dalla terra stessa».

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PARADISI IN PERICOLO

L’ammirazione dell’esploratore è giustificata dai partico-lari ambienti naturali che si possono osservare nella zo-na, spesso creati dalle opere idrauliche “storiche” realiz-zate dall’uomo. Il Bosco di Dueville, per esempio, è unvero e proprio neo-ecosistema a foresta, creato cioè neltempo dagli interventi dell’uomo. Quattro risorgive prin-cipali e numerose secondarie danno origine alle acquedel fiume Bacchiglione, e l’abbondante vegetazione hacostituito nel tempo l’habitat ideale per numerose pianteacquatiche (ranuncolo d’acqua, giunchi, lenticchia d’ac-qua) e di sponda (salici, canneti, tife), e per varie speciedi uccelli (airone cenerino, alzavola, mestolone, codone).Ma è fondata anche la sua preoccupazione. Delle 80 pol-le individuate sul territorio provinciale, infatti, una tren-tina non sono più attive, anzi risultano a rischio di estin-zione. La portata complessiva di queste “sorgenti di pia-nura” è stata stimata nel 1999 di poco inferiore ai 2 me-tri cubi al secondo, il che significa che, ogni giorno, ven-gono in superficie naturalmente circa 170 milioni di litridi acqua di falda. Nel periodo tra il 1977 e il 1980 la por-tata era di 7,3 metri cubi al secondo, e addirittura di 13metri cubi al secondo nei primi anni sessanta.

LE CONSEGUENZE DELLO SVILUPPO

Le acque che escono sono più di quelle che entrano: sispiega in modo semplice la riduzione della portata dellerisorgive. Contribuiscono ad alimentare le falde, peresempio, le piogge che si infiltrano nel terreno (fig.1).Anche se non sono diminuite, rispetto agli anni sessan-ta non hanno più la possibilità di infiltrarsi in un sotto-suolo che è stato urbanizzato e quindi reso impermeabi-le nel corso dei decenni. Ma è dovuto all’uomo, con i suoi prelievi, il bilancio ne-gativo per la portata delle falde. Proprio questa voce, in-fatti, si è modificata drasticamente negli ultimi decenni,

NASCITA DELLE SORGENTI

La morfologia del territorio della provincia di Vicenzapresenta la tipica struttura delle zone poste ai piedidelle grandi catene montuose. Milioni di anni fa, almomento della formazione delle Alpi, la pianura eraoccupata da un grande bacino di mare, che nel corsodei secoli si è andato colmando di sedimenti traspor-tati dai fiumi. Allo sbocco delle vallate, gli antichi corsid’acqua depositavano i materiali più pesanti (ciottolie ghiaie). Avvicinandosi al mare, rilasciavano i sedi-menti più fini, sabbie, limi e argille. Questo processo,protratto per milioni di anni, ha portato alla confor-mazione geologica attuale.Ai piedi della zona montuosa, a Nordest della città diVicenza, troviamo infatti l’«alta pianura asciutta», do-ve il terreno è formato da sedimenti di grosse dimen-sioni che lasciano filtrare l’acqua nel sottosuolo. Que-sta è la zona «di ricarica», dove si alimentano le faldesotterranee. Tuttavia, nell’area della «bassa pianura»le acque sotterranee incontrano strati di sedimentipiù fini e impermeabili (limi e argille), e vengono ri-portate in superficie. Qui si formano polle e sorgentiche formano un reticolo di corsi d’acqua naturali e ca-nali artificiali per l’irrigazione.

come si evidenzia nella figura 2. La popolazione è andataaumentando, ma soprattutto è cresciuto il consumo me-dio per abitante, dato il forte sviluppo a cui la risorsa ac-qua ha contribuito in maniera fondamentale. Il livellodella falda freatica si è abbassato in alcune zone in ma-niera significativa, e questo non permette più alle acque

LA RICARICA DELLE FALDE

fiumi 310 milioni di m3/anno

irrigazione 229 milioni di m3/anno

precipitazioni 135 milioni di m3/anno

46%

34%

20%

L’ACQUA IERI E OGGI

1896 OGGI1 centrale 5 centrali + 4 serbatoi

e 600 chilometri di rete acquedottistica

pozzi superficiali pozzi superficiali solo per pescare l’acqua nelle zone delle risorgive + della falda freatica pozzi profondi altrove,

dato l’abbassamento dei livelli della falda

consumo medio circa consumo medio circa 170 litri al giorno 400 litri al giorno per abitante * per abitante*

FIGURA 1

FIGURA 2

FIGURA 1.Ad alimentare le acque sotterranee contribuiscono principal-mente i fiumi, attraverso le perdite lungo il loro corso.

FIGURA 2.Con lo sviluppo economico e sociale dell’area vicentina alle esi-genze della popolazione in aumento si sono affiancati i grossi pre-lievi dell’industria.

*usi civili e industriali

Sorgenti di pianura:

una ricchezza nascosta«Qui l’acqua è così abbondante che non solo nasce dalle montagne per scorrere, lenta o impetuosa, fino al mare, ma addirittura fuoriesce dalla terra, inaspettata, in piena pianura. Perché la provincia è ricca sì di fiumi e torrenti, ma anche di acque sotterranee, che le particolari caratteristiche del sottosuolo lasciano venire alla luce, formando polle e vere e proprie sorgenti, e una fitta rete di corsi d’acqua e canali alimentati, potrei dire, dalla terra stessa».

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te utilizzate, vengono restituite al corso d’acqua, alla fo-gnatura o al terreno ad un grado di qualità inferiore. Co-me evidenziato in figura 3, gli scarichi avvengono princi-palmente nei corsi d’acqua e nelle fognature.

LA MAPPA DELLE ACQUE SOTTERRANEE

Sono quattro i principali bacini idrologici individuati nellaprovincia; la qualità delle acque di ciascuno di essi dipen-de anche dalle attività produttive della zona (fig.6). Agri-cole o industriali, comunque, tutte le attività hanno forteimpatto sulle acque sotterranee, perché sono concentra-te in aree ristrette: • Chiampo, Agno, Guà: è il centro principale per l’atti-vità della concia, che si alimenta soprattutto da pozzi pri-vati e dai principali corsi d’acqua. La presenza del poloconciario di Arzignano fa sì che siano presenti in que-st’area elevate concentrazioni di inquinanti nelle acque,nell’aria e sul suolo. • Astico, Bacchiglione: è l’area dove si concentra granparte della popolazione, e dove quindi sono più elevati iconsumi da acquedotto. La sua vocazione prevalente-mente industriale è alimentata principalmente da pozziprivati.• Brenta: è un’area a forte sviluppo agricolo e industriale,grazie alla presenza di una buona rete di corsi d’acqua,e vulnerabile ai nitrati.• Berici e Bassa Pianura: è l’area dove la concentrazionedella popolazione è più bassa. Qui il forte sviluppo dell’a-gricoltura è legato principalmente alla presenza dei corsid’acqua, che nella bassa pianura assumono un tipico an-damento a meandri, cioè con un flusso lento e tortuoso.La figura 7 mostra le sostanze inquinanti che storica-

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CHIAMPO, AGNO, ASTICO, BRENTA BERICIGUÀ BACCHIGLIONE E BASSA PIANURA

uso industriale

popolazione

uso agricolo

GLI UTILIZZI NEI DIVERSI BACINI FIGURA 6 INQUINANTI PIU’ DIFFUSI FIGURA 7

AGRICOLTURA fertilizzanti azoto, inquinamento anidride fosforica, diffusoossido di potassio

pesticidi anticrittogamici, inquinamento insetticidi, diserbanti, diffusofitoregolatori,...

INDUSTRIA solventi trielina, episodi clorurati tricloroetano, localizzati

percloroetilene,…

metalli cromo, rame, episodi zinco ecc. localizzati

ALLEVAMENTO sostanza ammoniaca e nitrati situazione di organica contaminazione

diffusa

FIGURA 6.In base alla distribuzione della popolazione e alla presenza di cor-si d’acqua superficiali, sul territorio si sono sviluppate aree pre-valentemente industriali o agricole.

FIGURA 7.Il massiccio contenuto di inquinanti nelle acque di falda è legatoall’alta concentrazione di attività umane di diverso tipo che pro-ducono sostanze nocive specifiche.

mente si sono rivelate importanti nella zona produttivadella provincia di Vicenza. A seconda dell’attività, la con-centrazione delle diverse famiglie di sostanze può esse-re ben distribuita sul territorio, come nel caso dell’alleva-mento e dell’agricoltura che spandono sui terreni colti-vati tonnellate di fertilizzanti e pesticidi ogni anno. Oppure può essere concentrata in pochi punti bendefiniti, come nel caso dell’industria che, attraversogli scarichi, immette nei corsi d’acqua sostanze con-taminanti.Più a sud della fascia delle risorgive si incontra unazona in cui sedimenti molto fini sono alternati a stra-ti limosi e argillosi, sempre più frequenti e continuiprocedendo da monte verso valle. Per la presenza diquesti strati sovrapposti, è necessario perforare poz-zi a maggiore profondità, in quanto le falde più su-perficiali, dato l’abbassamento del livello dellestesse a causa del forte sfruttamento, risultano spes-so asciutte.Oltre alle risorgive che danno origine al fiume Bacchiglio-ne, la provincia di Vicenza è ricca di aree in cui, per la pre-senza di strati impermeabili poco profondi, le acque dellefalde sotterranee vengono riportate alla luce. Lungo il corso del fiume Brenta, per esempio, la presenzadi acque sorgive ha creato nel tempo ecosistemi partico-lari, come quello della grotta che, nel comune di Valsta-gna, ospita le acque sorgive del fiume Oliero. Uscendo insuperficie, il fiume, affluente del Brenta, ha dato originea un suggestivo lago sotterraneo, che rappresenta unodegli accumuli idrici più importanti d’Europa. All’interno,tra stalattiti e stalagmiti, vivono numerose specie di anfibiche si sono adattate alla vita sotterranea.

8

maniera spesso poco oculata. Sono numerose, infatti, leattività industriali presenti nella provincia di Vicenza cheutilizzano acqua in notevole quantità.L’impatto delle attività umane è consistente, perché ven-gono utilizzati enormi volumi di acque superficiali e sot-terranee: la lavorazione delle pelli, per esempio, richiedevolumi di acqua pari a circa il 400 per cento del peso del

prodotto trattato. Ma èanche qualitativo, poichéle acque, dopo essere sta-

SCARICHI INDUSTRIALI

0

10

20

30

40

50

60

corso fognatura suolo vasche d’acqua a tenuta

che scorrono in profondità di venire facilmente in super-ficie ed alimentare le risorgive.In tutta l’area della pianura vicentina lo sviluppo nell’ul-timo secolo è stato massiccio. Centri abitati, insedia-menti industriali, agricoltura intensiva richiedono acqua.Attraverso pozzi o direttamente dai fiumi (fig.4), l’acquache le risorgive portavano alla luce è stata sfruttata in

corso d’acqua 57%fognatura 40%suolo 2%vasche a tenuta 1%

GLI UTILIZZI INDUSTRIALI

0 5 10 15 20 25

FABBRICAZIONE MACCHINARI

TESSILE E ABBIGLIAMENTO

ALIMENTARE

ESTRATTIVA

CONCIA PELLI

VETRO, CERAMICA, MARMO, CHIMICA, GOMMA, PLASTICA

CARTA, STAMPA, EDITORIA

FIGURA 3 FIGURA 5

TIPOLOGIE DI UTILIZZO E FONTI DI PRELIEVO

5%15%

6%2%

17%23%

22%

FIGURA 4

FIGURA 3.L’abbondanza di acque superficiali fa sì che queste siano la desti-nazione principale degli scarichi delle attività produttive, che dan-no quindi un contributo importante allo stato di salute dei fiumi.

FIGURA 5.Il forte sviluppo dell’area del vicentino è dovuto alla presenza disvariate tipologie industriali, che richiedono quantità differentid’acqua.

FIGURA 4.Le falde sotterranee fornisco-no l’acqua per gli usi civili,mentre dai fiumi, attraverso icanali, arriva l’acqua per l’irri-gazione dei campi. L’industriasi serve sia di acque di faldache superficiali, a secondadella zona e del tipo di produ-zione.

acque superficiali acque sotterraneeda acquedotti da pozzi privati

AGRICOLTURA 96% - 4%

INDUSTRIA 19% 18% 63%

USO CIVILE - la maggior dati non parte disponibili

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te utilizzate, vengono restituite al corso d’acqua, alla fo-gnatura o al terreno ad un grado di qualità inferiore. Co-me evidenziato in figura 3, gli scarichi avvengono princi-palmente nei corsi d’acqua e nelle fognature.

LA MAPPA DELLE ACQUE SOTTERRANEE

Sono quattro i principali bacini idrologici individuati nellaprovincia; la qualità delle acque di ciascuno di essi dipen-de anche dalle attività produttive della zona (fig.6). Agri-cole o industriali, comunque, tutte le attività hanno forteimpatto sulle acque sotterranee, perché sono concentra-te in aree ristrette: • Chiampo, Agno, Guà: è il centro principale per l’atti-vità della concia, che si alimenta soprattutto da pozzi pri-vati e dai principali corsi d’acqua. La presenza del poloconciario di Arzignano fa sì che siano presenti in que-st’area elevate concentrazioni di inquinanti nelle acque,nell’aria e sul suolo. • Astico, Bacchiglione: è l’area dove si concentra granparte della popolazione, e dove quindi sono più elevati iconsumi da acquedotto. La sua vocazione prevalente-mente industriale è alimentata principalmente da pozziprivati.• Brenta: è un’area a forte sviluppo agricolo e industriale,grazie alla presenza di una buona rete di corsi d’acqua,e vulnerabile ai nitrati.• Berici e Bassa Pianura: è l’area dove la concentrazionedella popolazione è più bassa. Qui il forte sviluppo dell’a-gricoltura è legato principalmente alla presenza dei corsid’acqua, che nella bassa pianura assumono un tipico an-damento a meandri, cioè con un flusso lento e tortuoso.La figura 7 mostra le sostanze inquinanti che storica-

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CHIAMPO, AGNO, ASTICO, BRENTA BERICIGUÀ BACCHIGLIONE E BASSA PIANURA

uso industriale

popolazione

uso agricolo

GLI UTILIZZI NEI DIVERSI BACINI FIGURA 6 INQUINANTI PIU’ DIFFUSI FIGURA 7

AGRICOLTURA fertilizzanti azoto, inquinamento anidride fosforica, diffusoossido di potassio

pesticidi anticrittogamici, inquinamento insetticidi, diserbanti, diffusofitoregolatori,...

INDUSTRIA solventi trielina, episodi clorurati tricloroetano, localizzati

percloroetilene,…

metalli cromo, rame, episodi zinco ecc. localizzati

ALLEVAMENTO sostanza ammoniaca e nitrati situazione di organica contaminazione

diffusa

FIGURA 6.In base alla distribuzione della popolazione e alla presenza di cor-si d’acqua superficiali, sul territorio si sono sviluppate aree pre-valentemente industriali o agricole.

FIGURA 7.Il massiccio contenuto di inquinanti nelle acque di falda è legatoall’alta concentrazione di attività umane di diverso tipo che pro-ducono sostanze nocive specifiche.

mente si sono rivelate importanti nella zona produttivadella provincia di Vicenza. A seconda dell’attività, la con-centrazione delle diverse famiglie di sostanze può esse-re ben distribuita sul territorio, come nel caso dell’alleva-mento e dell’agricoltura che spandono sui terreni colti-vati tonnellate di fertilizzanti e pesticidi ogni anno. Oppure può essere concentrata in pochi punti bendefiniti, come nel caso dell’industria che, attraversogli scarichi, immette nei corsi d’acqua sostanze con-taminanti.Più a sud della fascia delle risorgive si incontra unazona in cui sedimenti molto fini sono alternati a stra-ti limosi e argillosi, sempre più frequenti e continuiprocedendo da monte verso valle. Per la presenza diquesti strati sovrapposti, è necessario perforare poz-zi a maggiore profondità, in quanto le falde più su-perficiali, dato l’abbassamento del livello dellestesse a causa del forte sfruttamento, risultano spes-so asciutte.Oltre alle risorgive che danno origine al fiume Bacchiglio-ne, la provincia di Vicenza è ricca di aree in cui, per la pre-senza di strati impermeabili poco profondi, le acque dellefalde sotterranee vengono riportate alla luce. Lungo il corso del fiume Brenta, per esempio, la presenzadi acque sorgive ha creato nel tempo ecosistemi partico-lari, come quello della grotta che, nel comune di Valsta-gna, ospita le acque sorgive del fiume Oliero. Uscendo insuperficie, il fiume, affluente del Brenta, ha dato originea un suggestivo lago sotterraneo, che rappresenta unodegli accumuli idrici più importanti d’Europa. All’interno,tra stalattiti e stalagmiti, vivono numerose specie di anfibiche si sono adattate alla vita sotterranea.

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maniera spesso poco oculata. Sono numerose, infatti, leattività industriali presenti nella provincia di Vicenza cheutilizzano acqua in notevole quantità.L’impatto delle attività umane è consistente, perché ven-gono utilizzati enormi volumi di acque superficiali e sot-terranee: la lavorazione delle pelli, per esempio, richiedevolumi di acqua pari a circa il 400 per cento del peso del

prodotto trattato. Ma èanche qualitativo, poichéle acque, dopo essere sta-

SCARICHI INDUSTRIALI

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corso fognatura suolo vasche d’acqua a tenuta

che scorrono in profondità di venire facilmente in super-ficie ed alimentare le risorgive.In tutta l’area della pianura vicentina lo sviluppo nell’ul-timo secolo è stato massiccio. Centri abitati, insedia-menti industriali, agricoltura intensiva richiedono acqua.Attraverso pozzi o direttamente dai fiumi (fig.4), l’acquache le risorgive portavano alla luce è stata sfruttata in

corso d’acqua 57%fognatura 40%suolo 2%vasche a tenuta 1%

GLI UTILIZZI INDUSTRIALI

0 5 10 15 20 25

FABBRICAZIONE MACCHINARI

TESSILE E ABBIGLIAMENTO

ALIMENTARE

ESTRATTIVA

CONCIA PELLI

VETRO, CERAMICA, MARMO, CHIMICA, GOMMA, PLASTICA

CARTA, STAMPA, EDITORIA

FIGURA 3 FIGURA 5

TIPOLOGIE DI UTILIZZO E FONTI DI PRELIEVO

5%15%

6%2%

17%23%

22%

FIGURA 4

FIGURA 3.L’abbondanza di acque superficiali fa sì che queste siano la desti-nazione principale degli scarichi delle attività produttive, che dan-no quindi un contributo importante allo stato di salute dei fiumi.

FIGURA 5.Il forte sviluppo dell’area del vicentino è dovuto alla presenza disvariate tipologie industriali, che richiedono quantità differentid’acqua.

FIGURA 4.Le falde sotterranee fornisco-no l’acqua per gli usi civili,mentre dai fiumi, attraverso icanali, arriva l’acqua per l’irri-gazione dei campi. L’industriasi serve sia di acque di faldache superficiali, a secondadella zona e del tipo di produ-zione.

acque superficiali acque sotterraneeda acquedotti da pozzi privati

AGRICOLTURA 96% - 4%

INDUSTRIA 19% 18% 63%

USO CIVILE - la maggior dati non parte disponibili

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residuo fisso: cioè il materiale che rimane sulfondo quando si fa evaporare 1 litro d’acqua.Per legge non dovrebbe superare i 1500milligrammi per litro, ma in generale in Italia,trattandosi di acque oligominerali, non sisupera il valore di 200 milligrammi per litro;

calcio: è il minerale più abbondante nel corpoumano, circa 1,2 chilogrammi in un adulto, dicui il 98 per cento nelle ossa. E’ essenziale nellaformazione delle ossa, necessario alle funzionimuscolari, nervose e al sistema cardiovascolare;

magnesio: è utile alle funzioni muscolari, alla prevenzione di arteriosclerosi eipertensione e alle funzioni quotidiane del cervello;

sodio: è il minerale più abbondante nel sangueed è fondamentale per l’idratazione dellecellule e per la stimolazione muscolare.Nell’organismo funziona da regolatore delmetabolismo.

La legge, perciò, pone limiti non solo allapresenza di inquinanti, ma anche a quella deisali minerali. Un’acqua minerale con tropposodio, per esempio, potrebbe essere dannosaper chi soffre di ipertensione. Tra gliinquinanti controllati, perché potenzialmenterischiosi per la salute, non solo nitrati epesticidi, ma anche arsenico, cianuri, piombo,mercurio, solventi aromatici.Oltre alle sostanze inquinanti cheraggiungono l’acqua e che vengono eliminatenegli impianti di trattamento, anche imateriali che entrano in contatto con le acquepotrebbero essere veicolo di diffusione dielementi dannosi per la salute. La questione èparticolarmente importante per quantoriguarda i materiali di cui sono costituite lestrutture e le reti di distribuzione delle acquepotabili. Le tubazioni in piombo, in cromo o innichel di alcune vecchie abitazioni possonorilasciare queste sostanze nelle acque che trasportano, generando effetti nocivi sulla salute dell’uomo.

GLOSSARIO DEGLI INQUINANTI

NITRATI: sali che possono derivare dall’utilizzo dideiezioni zootecniche come fertilizzanti, da ri-fiuti di insediamenti industriali o dalla concima-zione del terreno con fertilizzanti azotati. Ciòspiega dunque la grande diffusione e la presen-za sull’intero territorio indipendentemente dal-l’attività produttiva dell’area. Un elevato conte-nuto di nitrati (superiore a 30 milligrammi per li-tro) può essere pericoloso per i lattanti, perchériduce la capacità dei globuli rossi di trasportareossigeno dai polmoni al resto dell’organismo.Anche per chi soffre di ulcera e di altri disturbigastrici possono essere nocivi.

FOSFATI: sono indice di inquinamento sia indu-striale che domestico che agricolo (sono utilizza-ti come concimi chimici nutrienti per il terreno).

PESTICIDI: sono il residuo di trattamenti superfi-ciali dei terreni per l’eliminazione di erbacce e in-setti. Si tratta di una famiglia molto ricca di com-posti tra cui, per esempio, l’atrazina o il molinate.

SOLVENTI CLORURATI: hanno svariati utilizzi,dall’industria metalmeccanica, chimica, alla pro-duzione di materie plastiche, vernici. Vengonoutilizzati anche come scambiatori di calore nei si-stemi di refrigerazione e come propellenti nellebombolette spray. Appartengono alla famiglia ilcloroformio, la trielina, i CFC, tutte sostanzeestremamente tossiche e persistenti in acqua.

CROMO ESAVALENTE: deriva da produzioni in-dustriali come trattamenti di metalli o di materieplastiche. Data l’estrema solubilità, il cromo nel-la sua forma esavalente viene facilmente tra-sportato dalle acque di falda, conservando inal-terata la sua tossicità.

NITRITI: sono prodotti per trasformazione dei ni-trati nello stomaco e intestino. Legandosi alle am-mine (proteine) originano le nitrosammine, di cuiè ormai accertata l’azione cancerogena.

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Ricca di sali minerali, ioni ed elementiessenziali per il buon funzionamentodell’organismo, l’acqua è necessaria inelevate quantità, circa due litri e mezzo algiorno, per il metabolismo. In parte vieneassorbita attraverso il cibo solido di cui ci sinutre, in parte direttamente come acqua diacquedotto o minerale.La provincia di Vicenza è una zonaparticolarmente importante per laproduzione di acque minerali. Delle 15 acque minerali venete,infatti, ben 11 nascono dasorgenti situate nella provinciadi Vicenza, e si tratta per lamaggior parte di acque ricchedi quei minerali, come ferro,iodio, rame emanganese, presentinell’organismo inquantità inferiori a10 grammi maessenziali alla vita.Spesso contengonobassissime quantità disostanze radioattive, legatealla loro origine in rocceprofonde, grazie alle quali leacque presentano effettileggermente diuretici e utiliper l’eliminazione dell’acidourico e per la cura deiprocessi infiammatori dellevie urinarie. Il bassocontenuto di sodioe la presenza dialcuni elementicome magnesio,calcio e lo ionebicarbonato, favoriscono la cura digastriti ed epatopatiti. Sono inoltre acqueche provengonodalla zonamontana dell’areavicentina, lontanoquindi dalle attività

industriali e agricole inquinantie dai centri abitati.

La qualità delle acqueminerali in bottiglia è

spesso consideratasuperiore a quelladell’acquapotabile erogatadagli acquedotti.Il motivopotrebbe esserericercato nellecaratteristichefisiche «visibili»

dell’acqua che escedai rubinetti: il colore,

l’odore, il sapore l’aspettopiù o meno torbido. A questo

va aggiunto, probabilmente, unfattore psicologico, legato alla

scarsa fiducia da parte dellapopolazione nel servizio idrico pubblico, che siriflette sul giudizio sulla qualità dell’acquapotabile. Eppure l’acqua destinata al consumo

da parte della popolazione è, in generale,più controllata di quella minerale, edeve rispondere ai requisiti di qualitàfissati dal DPR 236/88 e D.Lgs 152/99.

Gli acquedotti che riforniscono lapopolazione, infatti, sono controllati

regolarmente da parte della pubblicaAmministrazione. La legge è molto severa per quanto riguarda i

controlli che devono essere effettuati primache l’acqua arrivi nelle case, anche

nel caso dipassaggio per

impianti ditrattamento necessari

per eliminare inquinanti pericolosi per lasalute. Sono previsti infatti controlli sia

interni (da parte del gestoredell’acquedotto) che esterni (da parte delleautorità sanitarie) per oltre un centinaio disostanze.Tra queste alcune sono legate allecaratteristiche naturali dell’acqua:

ACQUA E SALUTE

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residuo fisso: cioè il materiale che rimane sulfondo quando si fa evaporare 1 litro d’acqua.Per legge non dovrebbe superare i 1500milligrammi per litro, ma in generale in Italia,trattandosi di acque oligominerali, non sisupera il valore di 200 milligrammi per litro;

calcio: è il minerale più abbondante nel corpoumano, circa 1,2 chilogrammi in un adulto, dicui il 98 per cento nelle ossa. E’ essenziale nellaformazione delle ossa, necessario alle funzionimuscolari, nervose e al sistema cardiovascolare;

magnesio: è utile alle funzioni muscolari, alla prevenzione di arteriosclerosi eipertensione e alle funzioni quotidiane del cervello;

sodio: è il minerale più abbondante nel sangueed è fondamentale per l’idratazione dellecellule e per la stimolazione muscolare.Nell’organismo funziona da regolatore delmetabolismo.

La legge, perciò, pone limiti non solo allapresenza di inquinanti, ma anche a quella deisali minerali. Un’acqua minerale con tropposodio, per esempio, potrebbe essere dannosaper chi soffre di ipertensione. Tra gliinquinanti controllati, perché potenzialmenterischiosi per la salute, non solo nitrati epesticidi, ma anche arsenico, cianuri, piombo,mercurio, solventi aromatici.Oltre alle sostanze inquinanti cheraggiungono l’acqua e che vengono eliminatenegli impianti di trattamento, anche imateriali che entrano in contatto con le acquepotrebbero essere veicolo di diffusione dielementi dannosi per la salute. La questione èparticolarmente importante per quantoriguarda i materiali di cui sono costituite lestrutture e le reti di distribuzione delle acquepotabili. Le tubazioni in piombo, in cromo o innichel di alcune vecchie abitazioni possonorilasciare queste sostanze nelle acque che trasportano, generando effetti nocivi sulla salute dell’uomo.

GLOSSARIO DEGLI INQUINANTI

NITRATI: sali che possono derivare dall’utilizzo dideiezioni zootecniche come fertilizzanti, da ri-fiuti di insediamenti industriali o dalla concima-zione del terreno con fertilizzanti azotati. Ciòspiega dunque la grande diffusione e la presen-za sull’intero territorio indipendentemente dal-l’attività produttiva dell’area. Un elevato conte-nuto di nitrati (superiore a 30 milligrammi per li-tro) può essere pericoloso per i lattanti, perchériduce la capacità dei globuli rossi di trasportareossigeno dai polmoni al resto dell’organismo.Anche per chi soffre di ulcera e di altri disturbigastrici possono essere nocivi.

FOSFATI: sono indice di inquinamento sia indu-striale che domestico che agricolo (sono utilizza-ti come concimi chimici nutrienti per il terreno).

PESTICIDI: sono il residuo di trattamenti superfi-ciali dei terreni per l’eliminazione di erbacce e in-setti. Si tratta di una famiglia molto ricca di com-posti tra cui, per esempio, l’atrazina o il molinate.

SOLVENTI CLORURATI: hanno svariati utilizzi,dall’industria metalmeccanica, chimica, alla pro-duzione di materie plastiche, vernici. Vengonoutilizzati anche come scambiatori di calore nei si-stemi di refrigerazione e come propellenti nellebombolette spray. Appartengono alla famiglia ilcloroformio, la trielina, i CFC, tutte sostanzeestremamente tossiche e persistenti in acqua.

CROMO ESAVALENTE: deriva da produzioni in-dustriali come trattamenti di metalli o di materieplastiche. Data l’estrema solubilità, il cromo nel-la sua forma esavalente viene facilmente tra-sportato dalle acque di falda, conservando inal-terata la sua tossicità.

NITRITI: sono prodotti per trasformazione dei ni-trati nello stomaco e intestino. Legandosi alle am-mine (proteine) originano le nitrosammine, di cuiè ormai accertata l’azione cancerogena.

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Ricca di sali minerali, ioni ed elementiessenziali per il buon funzionamentodell’organismo, l’acqua è necessaria inelevate quantità, circa due litri e mezzo algiorno, per il metabolismo. In parte vieneassorbita attraverso il cibo solido di cui ci sinutre, in parte direttamente come acqua diacquedotto o minerale.La provincia di Vicenza è una zonaparticolarmente importante per laproduzione di acque minerali. Delle 15 acque minerali venete,infatti, ben 11 nascono dasorgenti situate nella provinciadi Vicenza, e si tratta per lamaggior parte di acque ricchedi quei minerali, come ferro,iodio, rame emanganese, presentinell’organismo inquantità inferiori a10 grammi maessenziali alla vita.Spesso contengonobassissime quantità disostanze radioattive, legatealla loro origine in rocceprofonde, grazie alle quali leacque presentano effettileggermente diuretici e utiliper l’eliminazione dell’acidourico e per la cura deiprocessi infiammatori dellevie urinarie. Il bassocontenuto di sodioe la presenza dialcuni elementicome magnesio,calcio e lo ionebicarbonato, favoriscono la cura digastriti ed epatopatiti. Sono inoltre acqueche provengonodalla zonamontana dell’areavicentina, lontanoquindi dalle attività

industriali e agricole inquinantie dai centri abitati.

La qualità delle acqueminerali in bottiglia è

spesso consideratasuperiore a quelladell’acquapotabile erogatadagli acquedotti.Il motivopotrebbe esserericercato nellecaratteristichefisiche «visibili»

dell’acqua che escedai rubinetti: il colore,

l’odore, il sapore l’aspettopiù o meno torbido. A questo

va aggiunto, probabilmente, unfattore psicologico, legato alla

scarsa fiducia da parte dellapopolazione nel servizio idrico pubblico, che siriflette sul giudizio sulla qualità dell’acquapotabile. Eppure l’acqua destinata al consumo

da parte della popolazione è, in generale,più controllata di quella minerale, edeve rispondere ai requisiti di qualitàfissati dal DPR 236/88 e D.Lgs 152/99.

Gli acquedotti che riforniscono lapopolazione, infatti, sono controllati

regolarmente da parte della pubblicaAmministrazione. La legge è molto severa per quanto riguarda i

controlli che devono essere effettuati primache l’acqua arrivi nelle case, anche

nel caso dipassaggio per

impianti ditrattamento necessari

per eliminare inquinanti pericolosi per lasalute. Sono previsti infatti controlli sia

interni (da parte del gestoredell’acquedotto) che esterni (da parte delleautorità sanitarie) per oltre un centinaio disostanze.Tra queste alcune sono legate allecaratteristiche naturali dell’acqua:

ACQUA E SALUTE

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TUTTI I FIUMI ZONA PER ZONA

Le precipitazioni determinano le portate dei corsi d’ac-qua: queste sono elevate nei mesi primaverili, tra aprile egiugno, ma raggiungono i massimi livelli tra ottobre e no-vembre, dopo le abbondanti piogge. L’estrema varietà delterritorio, che presenta montagne, colline e pianure, de-termina invece la struttura del fitto reticolo di corsi d’ac-qua, aventi caratteristiche differenti l’uno dall’altro.

Il bacino del Brenta si estende, nella provincia di Vicen-za, su una superficie di 900 chilometri quadrati. Nel corso della storia il fiume Brenta ha subito uno sfrut-

tamento massiccio sia delle sue acque che dei depositi dighiaie lungo il suo corso. Le modifiche subite hanno por-tato a un degrado qualitativo delle sue acque che perònegli ultimi anni si è un po’ attenuato. Oggi lo stato eco-logico del complesso del corso d’acqua, delle sponde edell’alveo è giudicato sostanzialmente «buono», il mi-gliore tra i corsi d’acqua principali della provincia di Vi-cenza (figura 8). La tipica vocazione agricola delle areeche il corso del fiume attraversa ha fatto sì che nelle sue

acque, alimentate anche da acque sotterranee, siano pre-senti sostanze inquinanti in maniera diffusa, sia pur conconcentrazioni non elevate. Da un certo numero di annia questa parte, come si può vedere dalla figura 9, questeconcentrazioni non sono più in crescita.Con una superficie di 1330 chilometri quadrati, in pro-vincia di Vicenza, il bacino del Bacchiglione subiscel’impatto della massiccia presenza di centri abitati. L’altadensità di popolazione e di attività produttive ha prodottolivelli di concentrazione di inquinanti mediamente piut-tosto elevati e, cosa che maggiormente preoccupa, tuttiin aumento negli ultimi anni.

Attorno al bacino Agno-Gorzone e al torrente Chiam-po si concentra invece, in un’area limitata, un elevato nu-mero di attività industriali di forte impatto ambientale, ilcui massiccio effetto è noto da sempre: - utilizzo di elevate quantità di acqua e quindi abbassa-mento dei livelli delle falde circostanti;- scarico di acque inquinate trattate dagli impianti di de-purazione della zona;- produzione di rifiuti solidi dalla lavorazione del pella-

LO STATO QUALITATIVO DEI PRINCIPALI CORSI D’ACQUA FIGURA 8

Brenta Astico Bacchiglione Retrone Poscola Brendola Chiampo(bacino (bacino (bacino Agno (bacino AgnoBacchiglione) Bacchiglione) Gorzone) Gorzone)

CLASSE MACRODESCR. 2 2 2-3 3 3 4 2

CLASSE IBE 2-1 1 3 3-4 4 3 3

STATO 2 2 3 3-4 4 4 3ECOLOGICO buono buono sufficiente scadente scadente scadente sufficiente

L’EVOLUZIONE DEI PIU’ DIFFUSI INQUINANTI NEGLI ULTIMI ANNI FIGURA 9Nitrati Ammoniaca % di saturazione in ossigeno Coliformi fecali

UNITÀ DI MISURA mg/LITRO mg/LITRO % NUM/100 mlBrenta andamento andamento

discontinuo discontinuo

VALORE MEDIO TRA 0 e 10 INTORNO A 0,1 TRA 80 e 100 TRA 500 e 2000Bacchiglione (Astico, andamentoTesina, Leogra, Timonchio) discontinuo

VALORE MEDIO TRA 10 e 20 TRA 0,2 e 0,5 TRA 70 e 90 TRA 1000 e 10000Agno, Fratta, Gorzone andamento andamento andamento

discontinuo discontinuo discontinuo

VALORE MEDIO TRA 20 e 80 TRA 1 e 20 TRA 60 e 80 TRA 8000 e 30000Adige (Chiampo) poche rilevazioni - non tabellabili

➡➡ ➡➡

➡➡

➡ ➡

FIGURA 8.I dati sono riferiti al periodo 1997-98. Lo stato ecologico com-plessivo dei diversi corsi d’acqua è fortemente segnato dallo svi-luppo che le aree circostanti hanno avuto nel tempo.

FIGURA 9.Alcuni indicatori dello stato di salute dei corsi d’acqua e il loro an-damento negli ultimi anni, dati utili per individuare le aree su cuiintervenire con più urgenza.

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La salute precaria di fiumi e torrenti«Non godono in generale di buona salute i tanti fiumi della provincia. Ho visitato i principali bacini idrografici, cioè le aree geografiche delimitateda linee spartiacque che fanno capo a un unico corso d’acqua: il bacino del Brenta, quello del Bacchiglione, quello dell’Adige, a cuiappartiene il torrente Chiampo. Ora sono qui, nell’area chiamata bacino Agno-Gorzone dove, per la presenza di numerosi insediamentiproduttivi, la situazione è più critica.»

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TUTTI I FIUMI ZONA PER ZONA

Le precipitazioni determinano le portate dei corsi d’ac-qua: queste sono elevate nei mesi primaverili, tra aprile egiugno, ma raggiungono i massimi livelli tra ottobre e no-vembre, dopo le abbondanti piogge. L’estrema varietà delterritorio, che presenta montagne, colline e pianure, de-termina invece la struttura del fitto reticolo di corsi d’ac-qua, aventi caratteristiche differenti l’uno dall’altro.

Il bacino del Brenta si estende, nella provincia di Vicen-za, su una superficie di 900 chilometri quadrati. Nel corso della storia il fiume Brenta ha subito uno sfrut-

tamento massiccio sia delle sue acque che dei depositi dighiaie lungo il suo corso. Le modifiche subite hanno por-tato a un degrado qualitativo delle sue acque che perònegli ultimi anni si è un po’ attenuato. Oggi lo stato eco-logico del complesso del corso d’acqua, delle sponde edell’alveo è giudicato sostanzialmente «buono», il mi-gliore tra i corsi d’acqua principali della provincia di Vi-cenza (figura 8). La tipica vocazione agricola delle areeche il corso del fiume attraversa ha fatto sì che nelle sue

acque, alimentate anche da acque sotterranee, siano pre-senti sostanze inquinanti in maniera diffusa, sia pur conconcentrazioni non elevate. Da un certo numero di annia questa parte, come si può vedere dalla figura 9, questeconcentrazioni non sono più in crescita.Con una superficie di 1330 chilometri quadrati, in pro-vincia di Vicenza, il bacino del Bacchiglione subiscel’impatto della massiccia presenza di centri abitati. L’altadensità di popolazione e di attività produttive ha prodottolivelli di concentrazione di inquinanti mediamente piut-tosto elevati e, cosa che maggiormente preoccupa, tuttiin aumento negli ultimi anni.

Attorno al bacino Agno-Gorzone e al torrente Chiam-po si concentra invece, in un’area limitata, un elevato nu-mero di attività industriali di forte impatto ambientale, ilcui massiccio effetto è noto da sempre: - utilizzo di elevate quantità di acqua e quindi abbassa-mento dei livelli delle falde circostanti;- scarico di acque inquinate trattate dagli impianti di de-purazione della zona;- produzione di rifiuti solidi dalla lavorazione del pella-

LO STATO QUALITATIVO DEI PRINCIPALI CORSI D’ACQUA FIGURA 8

Brenta Astico Bacchiglione Retrone Poscola Brendola Chiampo(bacino (bacino (bacino Agno (bacino AgnoBacchiglione) Bacchiglione) Gorzone) Gorzone)

CLASSE MACRODESCR. 2 2 2-3 3 3 4 2

CLASSE IBE 2-1 1 3 3-4 4 3 3

STATO 2 2 3 3-4 4 4 3ECOLOGICO buono buono sufficiente scadente scadente scadente sufficiente

L’EVOLUZIONE DEI PIU’ DIFFUSI INQUINANTI NEGLI ULTIMI ANNI FIGURA 9Nitrati Ammoniaca % di saturazione in ossigeno Coliformi fecali

UNITÀ DI MISURA mg/LITRO mg/LITRO % NUM/100 mlBrenta andamento andamento

discontinuo discontinuo

VALORE MEDIO TRA 0 e 10 INTORNO A 0,1 TRA 80 e 100 TRA 500 e 2000Bacchiglione (Astico, andamentoTesina, Leogra, Timonchio) discontinuo

VALORE MEDIO TRA 10 e 20 TRA 0,2 e 0,5 TRA 70 e 90 TRA 1000 e 10000Agno, Fratta, Gorzone andamento andamento andamento

discontinuo discontinuo discontinuo

VALORE MEDIO TRA 20 e 80 TRA 1 e 20 TRA 60 e 80 TRA 8000 e 30000Adige (Chiampo) poche rilevazioni - non tabellabili

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➡ ➡FIGURA 8.I dati sono riferiti al periodo 1997-98. Lo stato ecologico com-plessivo dei diversi corsi d’acqua è fortemente segnato dallo svi-luppo che le aree circostanti hanno avuto nel tempo.

FIGURA 9.Alcuni indicatori dello stato di salute dei corsi d’acqua e il loro an-damento negli ultimi anni, dati utili per individuare le aree su cuiintervenire con più urgenza.

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La salute precaria di fiumi e torrenti«Non godono in generale di buona salute i tanti fiumi della provincia. Ho visitato i principali bacini idrografici, cioè le aree geografiche delimitateda linee spartiacque che fanno capo a un unico corso d’acqua: il bacino del Brenta, quello del Bacchiglione, quello dell’Adige, a cuiappartiene il torrente Chiampo. Ora sono qui, nell’area chiamata bacino Agno-Gorzone dove, per la presenza di numerosi insediamentiproduttivi, la situazione è più critica.»

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sforo sono presenti nelle feci umane e animali, in alcuniprodotti di uso domestico, come i detersivi contenenti po-lifosfati, ma soprattutto nei concimi utilizzati in agricoltu-ra, che presentano concentrazioni molto elevate.

CORRERE AI RIPARI

Prima di tutto analizzare le acque. Mantenere sotto con-trollo non solo lo stato chimico e fisico dei corsi d’acqua,ma anche quello ecologico che indica non solo la qualitàdi acque e sedimenti, ma anche la natura degli ecosistemipresenti. Lo stato ecologico di un fiume o di un torrente,infatti, viene determinato non solo attraverso alcuni para-metri chimici e microbiologici, ma anche attraverso l’indicebiotico esteso (IBE), quantità che rappresenta la diversitàbiologica delle specie che lo popolano e la presenza di or-ganismi utilizzati come indicatori della qualità delle acque.In base a questo indice i corsi d’acqua sono classificati invarie categorie, da non inquinati a fortemente inquinati.La conoscenza della qualità e della quantità delle risorseidriche disponibili può rappresentare una guida per indi-rizzare le politiche di miglioramento dello stato di salutedelle acque.

Le caratteristiche del territorio determinano la struttura e le pro-prietà dei numerosi corsi d’acqua della provincia.

RETICOLO E BACINI IDROGRAFICI

NELLA PROVINCIA DI VICENZA

LA RISPOSTA DELL’AMMINISTRAZIONEMigliorare la qualità dell’acqua di fiumi e torrenti e tu-telare le acque sotterranee. Sono questi i principaliobiettivi che l’amministrazione provinciale si è propostadi raggiungere per gli anni a venire.

Per pianificarne al meglio l’utilizzo occorre prima di tuttoavere un quadro completo dello stato della risorsa acqua,individuando le aree più ricche e quelle in carenza idrica.Questo permetterà di valutare le quantità di acqua da uti-lizzare nelle diverse aree a seconda delle disponibilità lo-cali, per non arrivare a provocare abbassamenti concen-trati come quelli che, nel caso della zona delle risorgive,hanno portato quasi all’estinzione di preziosi ecosistemi.La qualità delle acque potrà essere migliorata attraversoun corretto ed approfondito monitoraggio degli scarichinei corsi d’acqua superficiali e nel suolo, dello stato di sa-lute delle falde sotterranee e della qualità delle acque for-nite per il consumo umano .Sono già attive in questo senso le reti di monitoraggiodell’Osservatorio Provinciale per la tutela delle falde ac-quifere (istituito nel 1997) e dell’ARPAV (creata nel 1999),che controllano i livelli di falda, la presenza e la concen-trazione di una serie di sostanze chimiche.Ma la Provincia di Vicenza ha rivolto la propria attenzioneanche su altri fronti:• recupero di aree degradate, • contenimento dell’espansione urbana che impermea-bilizza il terreno e non consente l’infiltrazione dell’acquapiovana, • sistemazione di alcuni tratti fluviali e della rete dei ca-nali, • aumento della dispersione di tratti fluviali e bacini dicava per alimentare le falde impoverite,• riduzione dei prelievi privati dalle falde, collegando l’u-tilizzatore con le reti di acquedotto ed eliminando i poz-zi privati che rappresentano possibili punti di contami-nazione diretta della falda.

PROTEGGERSI E PROTEGGERE

Ci si può fidare dell’acqua che esce dai rubinetti? Gliitaliani, in generale, sembrano riporre poca fiducia nel-la qualità dell’acqua che il servizio idrico nazionale por-ta nelle case. I recenti dati sui consumi di acqua mi-nerale indicano infatti un andamento in continua cre-scita.Alcune caratteristiche, come l’imperfetta trasparenza,il colore o l’odore possono talvolta creare preoccupa-zione riguardo alla qualità dell’acqua che esce dal ru-

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me (fanghi con cromo, carniccio);- contaminazione del suolo circostante per lo stoccaggioe il versamento dei prodotti della lavorazione;- emissioni in atmosfera di acido solfidrico (prodotto du-rante alcune fasi della lavorazione delle pelli) e compostiorganici volatili (da solventi, resine, vernici utilizzate aspruzzo).Lo stato qualitativo complessivo dei corsi d’acqua Poscolae Brendola, del bacino Agno-Gorzone (figura 8), è di clas-se 4, «scadente», la peggiore della provincia. Per il torren-te Chiampo, del bacino dell’Adige, il risultato in classe 3,«sufficiente», è basato su un ridotto numero di rilevazio-ni storiche, che risultano insufficienti per evidenziare la di-rezione in cui potrebbe orientarsi la situazione (figura 9).Al contrario, per il bacino Agno-Gorzone, si è evidenziatoun aumento dei nitrati, già in concentrazione media ele-vata, e valori preoccupanti di coliformi fecali. Per il mi-glioramento dello stato di salute di quest’ultimo bacinorisulterà sicuramente importante la realizzazione, già inparte attuata, di un impianto di raccolta dei reflui degliimpianti di depurazione di Trissino, Arzignano, Montec-chio, Montebello e Lonigo.L’impatto delle attività industriali sullo stato di salute dei

fiumi e dei torrenti è evidente se si considerano le concen-trazioni di alcune sostanze nelle acque dei diversi bacini. Icloruri e i solfati presenti in elevate quantità nelle acque so-no indice di un forte inquinamento di origine industriale.

ECOSISTEMI A RISCHIO

Troppi nutrienti nelle acque di un fiume possono soffo-carlo. Il continuo aumento della concentrazione di alcu-ne sostanze, principalmente azoto e fosforo, porta infat-ti a una crescita incontrollata della biomassa che poi, per ilprocesso di decomposizione, richiede enormi quantità diossigeno disciolto. Questo viene sottratto agli organismiche vivono nelle acque del fiume, in un pericoloso pro-cesso che, nei casi più gravi, può portare alla totale man-canza di ossigeno nel corso d’acqua e quindi alla morteper soffocamento degli organismi presenti.Il fenomeno è conosciuto come «eutrofizzazione» e puòavere gravi conseguenze sugli ecosistemi che si appoggia-no al corso d’acqua per la loro sopravvivenza. Azoto e fo-

IL DEPURATORE DI ARZIGNANO

L’area è sempre stata estremamente critica dal puntodi vista delle problematiche ambientali, a causa del-l’elevata concentrazione di attività produttive tipica-mente conciarie nel distretto di Arzigano. Le caratte-ristiche degli scarichi dell’industria conciaria sono, inquesto caso, l’elevata concentrazione degli inqui-nanti, la presenza di sostanze in sospensione, l’insa-lubrità e il grosso volume (circa 35.000 metri cubi algiorno) degli scarichi stessi. Il primo impianto di depurazione nell’area è nato ne-gli anni Settanta e attualmente ha una capacità di ol-tre 1.800.000 abitanti equivalenti, più della metà deltotale provinciale.Ogni anno l’impianto tratta enormi quantità d’acquae produce a sua volta enormi quantità (circa 70milatonnellate) di fanghi di depurazione, che devono es-sere allontanati e smaltiti in apposite discariche. Insieme a quello di Arzignano, la provincia di Vicen-za conta oltre 100 impianti di depurazione. Tra questiMontebello, Montecchio, Lonigo e Trissino. Questitrattamenti nel tempo hanno via via coperto quasitutta la richiesta di depurazione sia civile che indu-striale, per un totale attuale di oltre tre milioni di abi-tanti equivalenti. Questo impegno, insieme alla protezione delle areedi alimentazione delle falde sotterranee, fa parte del-le attività che le amministrazioni, nel tempo, hannoportato avanti per tutelare le risorse idriche.

Il torrente Poscola nella valle dell’Agno.

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sforo sono presenti nelle feci umane e animali, in alcuniprodotti di uso domestico, come i detersivi contenenti po-lifosfati, ma soprattutto nei concimi utilizzati in agricoltu-ra, che presentano concentrazioni molto elevate.

CORRERE AI RIPARI

Prima di tutto analizzare le acque. Mantenere sotto con-trollo non solo lo stato chimico e fisico dei corsi d’acqua,ma anche quello ecologico che indica non solo la qualitàdi acque e sedimenti, ma anche la natura degli ecosistemipresenti. Lo stato ecologico di un fiume o di un torrente,infatti, viene determinato non solo attraverso alcuni para-metri chimici e microbiologici, ma anche attraverso l’indicebiotico esteso (IBE), quantità che rappresenta la diversitàbiologica delle specie che lo popolano e la presenza di or-ganismi utilizzati come indicatori della qualità delle acque.In base a questo indice i corsi d’acqua sono classificati invarie categorie, da non inquinati a fortemente inquinati.La conoscenza della qualità e della quantità delle risorseidriche disponibili può rappresentare una guida per indi-rizzare le politiche di miglioramento dello stato di salutedelle acque.

Le caratteristiche del territorio determinano la struttura e le pro-prietà dei numerosi corsi d’acqua della provincia.

RETICOLO E BACINI IDROGRAFICI

NELLA PROVINCIA DI VICENZA

LA RISPOSTA DELL’AMMINISTRAZIONEMigliorare la qualità dell’acqua di fiumi e torrenti e tu-telare le acque sotterranee. Sono questi i principaliobiettivi che l’amministrazione provinciale si è propostadi raggiungere per gli anni a venire.

Per pianificarne al meglio l’utilizzo occorre prima di tuttoavere un quadro completo dello stato della risorsa acqua,individuando le aree più ricche e quelle in carenza idrica.Questo permetterà di valutare le quantità di acqua da uti-lizzare nelle diverse aree a seconda delle disponibilità lo-cali, per non arrivare a provocare abbassamenti concen-trati come quelli che, nel caso della zona delle risorgive,hanno portato quasi all’estinzione di preziosi ecosistemi.La qualità delle acque potrà essere migliorata attraversoun corretto ed approfondito monitoraggio degli scarichinei corsi d’acqua superficiali e nel suolo, dello stato di sa-lute delle falde sotterranee e della qualità delle acque for-nite per il consumo umano .Sono già attive in questo senso le reti di monitoraggiodell’Osservatorio Provinciale per la tutela delle falde ac-quifere (istituito nel 1997) e dell’ARPAV (creata nel 1999),che controllano i livelli di falda, la presenza e la concen-trazione di una serie di sostanze chimiche.Ma la Provincia di Vicenza ha rivolto la propria attenzioneanche su altri fronti:• recupero di aree degradate, • contenimento dell’espansione urbana che impermea-bilizza il terreno e non consente l’infiltrazione dell’acquapiovana, • sistemazione di alcuni tratti fluviali e della rete dei ca-nali, • aumento della dispersione di tratti fluviali e bacini dicava per alimentare le falde impoverite,• riduzione dei prelievi privati dalle falde, collegando l’u-tilizzatore con le reti di acquedotto ed eliminando i poz-zi privati che rappresentano possibili punti di contami-nazione diretta della falda.

PROTEGGERSI E PROTEGGERE

Ci si può fidare dell’acqua che esce dai rubinetti? Gliitaliani, in generale, sembrano riporre poca fiducia nel-la qualità dell’acqua che il servizio idrico nazionale por-ta nelle case. I recenti dati sui consumi di acqua mi-nerale indicano infatti un andamento in continua cre-scita.Alcune caratteristiche, come l’imperfetta trasparenza,il colore o l’odore possono talvolta creare preoccupa-zione riguardo alla qualità dell’acqua che esce dal ru-

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me (fanghi con cromo, carniccio);- contaminazione del suolo circostante per lo stoccaggioe il versamento dei prodotti della lavorazione;- emissioni in atmosfera di acido solfidrico (prodotto du-rante alcune fasi della lavorazione delle pelli) e compostiorganici volatili (da solventi, resine, vernici utilizzate aspruzzo).Lo stato qualitativo complessivo dei corsi d’acqua Poscolae Brendola, del bacino Agno-Gorzone (figura 8), è di clas-se 4, «scadente», la peggiore della provincia. Per il torren-te Chiampo, del bacino dell’Adige, il risultato in classe 3,«sufficiente», è basato su un ridotto numero di rilevazio-ni storiche, che risultano insufficienti per evidenziare la di-rezione in cui potrebbe orientarsi la situazione (figura 9).Al contrario, per il bacino Agno-Gorzone, si è evidenziatoun aumento dei nitrati, già in concentrazione media ele-vata, e valori preoccupanti di coliformi fecali. Per il mi-glioramento dello stato di salute di quest’ultimo bacinorisulterà sicuramente importante la realizzazione, già inparte attuata, di un impianto di raccolta dei reflui degliimpianti di depurazione di Trissino, Arzignano, Montec-chio, Montebello e Lonigo.L’impatto delle attività industriali sullo stato di salute dei

fiumi e dei torrenti è evidente se si considerano le concen-trazioni di alcune sostanze nelle acque dei diversi bacini. Icloruri e i solfati presenti in elevate quantità nelle acque so-no indice di un forte inquinamento di origine industriale.

ECOSISTEMI A RISCHIO

Troppi nutrienti nelle acque di un fiume possono soffo-carlo. Il continuo aumento della concentrazione di alcu-ne sostanze, principalmente azoto e fosforo, porta infat-ti a una crescita incontrollata della biomassa che poi, per ilprocesso di decomposizione, richiede enormi quantità diossigeno disciolto. Questo viene sottratto agli organismiche vivono nelle acque del fiume, in un pericoloso pro-cesso che, nei casi più gravi, può portare alla totale man-canza di ossigeno nel corso d’acqua e quindi alla morteper soffocamento degli organismi presenti.Il fenomeno è conosciuto come «eutrofizzazione» e puòavere gravi conseguenze sugli ecosistemi che si appoggia-no al corso d’acqua per la loro sopravvivenza. Azoto e fo-

IL DEPURATORE DI ARZIGNANO

L’area è sempre stata estremamente critica dal puntodi vista delle problematiche ambientali, a causa del-l’elevata concentrazione di attività produttive tipica-mente conciarie nel distretto di Arzigano. Le caratte-ristiche degli scarichi dell’industria conciaria sono, inquesto caso, l’elevata concentrazione degli inqui-nanti, la presenza di sostanze in sospensione, l’insa-lubrità e il grosso volume (circa 35.000 metri cubi algiorno) degli scarichi stessi. Il primo impianto di depurazione nell’area è nato ne-gli anni Settanta e attualmente ha una capacità di ol-tre 1.800.000 abitanti equivalenti, più della metà deltotale provinciale.Ogni anno l’impianto tratta enormi quantità d’acquae produce a sua volta enormi quantità (circa 70milatonnellate) di fanghi di depurazione, che devono es-sere allontanati e smaltiti in apposite discariche. Insieme a quello di Arzignano, la provincia di Vicen-za conta oltre 100 impianti di depurazione. Tra questiMontebello, Montecchio, Lonigo e Trissino. Questitrattamenti nel tempo hanno via via coperto quasitutta la richiesta di depurazione sia civile che indu-striale, per un totale attuale di oltre tre milioni di abi-tanti equivalenti. Questo impegno, insieme alla protezione delle areedi alimentazione delle falde sotterranee, fa parte del-le attività che le amministrazioni, nel tempo, hannoportato avanti per tutelare le risorse idriche.

Il torrente Poscola nella valle dell’Agno.

DOCUMENTO INTERO 11-04-2001 16:24 Pagina 14

“Scendendo a valle, tirare una boccata d’aria sana diventa sempre piu difficile. A seconda di dove

ci si trova le cause dell’aria pesante possono essere diverse. In citta l’automobile è la regina

della produzione di gas inquinanti, fuori porta dominano le emissioni insane delle industrie,

come nella zona del polo conciario. La situazione della provincia, insomma, non è diversa

da quella del resto del paese, ma consola il fatto che, almeno in alcuni casi, un certo miglioramento

negli ultimi anni c’è stato. I controlli sulla qualita dell’aria di questa bella provincia non mancano,

e cosi pure le iniziative per migliorarla”.

Che aria tira in provincia?

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• far funzionare lavatrice e la lavastoviglie a pieno ca-rico. Al momento della sostituzione di questi elettro-domestici, sceglierli del tipo più efficiente;• sostituire lo sciacquone del WC con uno che eroghiacqua in quantità variabili a seconda dello scarico daeffettuare o che permetta di interrompere il flusso an-che prima del completo svuotamento della cassetta diraccolta dell’acqua;• applicare un miscelatore alla doccia. Mescolando a-ria e acqua, il miscelatore non diminuisce la potenzadella doccia, ma può far risparmiare fino al 50 per cen-to d’acqua.Ma si può anche contribuire a ridurre l’inquinamentodelle acque, per esempio evitando di esagerare nell’usodei detersivi e di gettare olio fritto e sostanze chimi-che nello scarico. L’olio usato per friggere, infatti, in-quina l’acqua e rovina i depuratori; meglio, perciò, far-lo assorbire dalla carta e gettarlo tra i rifiuti.

I CONSUMI IN CASA

Doccia 20-80 litri

Bagno 100-200 litri

Lavaggio in lavatrice 60-90 litri

Lavaggio lavastoviglie 18-30 litri

Scarico WC 6-10 litri

I LIMITI DI LEGGE

sostanza massimi per legge valori guida (in mg/l) (in mg/l)

nitrati 50 5

nitriti 0,1 0

piombo 0,05 0

idrocarburi policiclici aromatici 0,0002 0

composti organoalogenati 0,03 0,001

FIGURA 10

FIGURA 11

FIGURA 10.Valori massimi e guida di concentrazione di vari inquinanti (dpr236 decreto 1988, direttiva CEE 80/778 del 15 luglio 1980).

FIGURA 11.Quantità d’acqua utilizzate per alcune normali attività dome-stiche. Dati del Worldwatch Institute, 1998.

binetto. Eppure l’acqua potabile che arriva nelle casee che proviene, nella grande maggioranza dei casi, da-gli acquedotti, è sottoposta a regolari controlli da par-te delle aziende sanitarie locali e dei dipartimenti AR-PA, molto più numerosi di quelli condotti sulle acqueminerali destinate alla vendita. Per essere dichiarata potabile e distribuita, l’acqua del-l’acquedotto deve contenere sostanze inquinanti inconcentrazioni che non devono superare la soglia dipericolo fissata dal DPR 236 del 1988, la normativa at-tualmente in vigore. Questo decreto indica, accanto ailimiti massimi ammissibili anche i valori guida, cioè lesoglie di concentrazione considerate ottimali (fig.10).La pubblica Amministrazione effettua i controlli sulleconcentrazioni di tutte quelle sostanze che, se ingerite,comportano rischi per la salute. Sotto la lente d’in-grandimento passano, tra le numerose sostanze, nitrati,arsenico, cianuri, piombo, mercurio, pesticidi, solventiaromatici. Ma anche sali minerali innocui che, in alteconcentrazioni, potrebbero avere effetti sanitari dan-nosi.E il processo che promuove l’acqua di falda a potabi-le non si esaurisce certo con il solo controllo.Prelevata dalla falda, l’acqua viene sottoposta a un pro-cesso di filtraggio per eliminare le sostanze in so-spensione, e analizzata. I valori ottenuti dalle analisivengono confrontati con i limiti fissati dalla legge. Senon risponde ai requisiti, l’acqua viene nuovamente fil-trata e trattata con cloro, per eliminare eventuali bat-teri portatori di malattie. L’acqua potabile è, perciò,continuamente controllata e perfettamente bevibile.Ma se, nonostante questo, si dovesse nutrire qualchedubbio sulla qualità dell’acqua che esce dal proprio ru-binetto, si può richiederne una «radiografia» scrivendoall’azienda sanitaria locale competente. Il servizio ac-quedottistico della città di Vicenza e dei comuni limi-trofi, comunque, fornisce agli utenti, in allegato allabolletta, i risultati delle analisi chimiche dell’acqua e-rogata.La qualità, quindi, è garantita dalla pubblicaAmministrazione, ma sui consumi, o meglio sugli spre-chi, è importante anche il contributo del singolo cit-tadino. In Italia il consumo medio d’acqua potabile perabitante è di circa 189 litri al giorno, contro i 148 del-la Germania e i 105 del Belgio. Ciascuno può contri-buire a un uso intelligente di questa risorsa, soprat-tutto limitando gli sprechi nelle semplici azioni di tut-ti i giorni. Nella figura 11 sono riportati alcuni quan-titativi impiegati negli usi quotidiani in casa. Gli spre-chi possono essere limitati, adottando alcuni sempli-ci accorgimenti:

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“Scendendo a valle, tirare una boccata d’aria sana diventa sempre piu difficile. A seconda di dove

ci si trova le cause dell’aria pesante possono essere diverse. In citta l’automobile è la regina

della produzione di gas inquinanti, fuori porta dominano le emissioni insane delle industrie,

come nella zona del polo conciario. La situazione della provincia, insomma, non è diversa

da quella del resto del paese, ma consola il fatto che, almeno in alcuni casi, un certo miglioramento

negli ultimi anni c’è stato. I controlli sulla qualita dell’aria di questa bella provincia non mancano,

e cosi pure le iniziative per migliorarla”.

Che aria tira in provincia?

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• far funzionare lavatrice e la lavastoviglie a pieno ca-rico. Al momento della sostituzione di questi elettro-domestici, sceglierli del tipo più efficiente;• sostituire lo sciacquone del WC con uno che eroghiacqua in quantità variabili a seconda dello scarico daeffettuare o che permetta di interrompere il flusso an-che prima del completo svuotamento della cassetta diraccolta dell’acqua;• applicare un miscelatore alla doccia. Mescolando a-ria e acqua, il miscelatore non diminuisce la potenzadella doccia, ma può far risparmiare fino al 50 per cen-to d’acqua.Ma si può anche contribuire a ridurre l’inquinamentodelle acque, per esempio evitando di esagerare nell’usodei detersivi e di gettare olio fritto e sostanze chimi-che nello scarico. L’olio usato per friggere, infatti, in-quina l’acqua e rovina i depuratori; meglio, perciò, far-lo assorbire dalla carta e gettarlo tra i rifiuti.

I CONSUMI IN CASA

Doccia 20-80 litri

Bagno 100-200 litri

Lavaggio in lavatrice 60-90 litri

Lavaggio lavastoviglie 18-30 litri

Scarico WC 6-10 litri

I LIMITI DI LEGGE

sostanza massimi per legge valori guida (in mg/l) (in mg/l)

nitrati 50 5

nitriti 0,1 0

piombo 0,05 0

idrocarburi policiclici aromatici 0,0002 0

composti organoalogenati 0,03 0,001

FIGURA 10

FIGURA 11

FIGURA 10.Valori massimi e guida di concentrazione di vari inquinanti (dpr236 decreto 1988, direttiva CEE 80/778 del 15 luglio 1980).

FIGURA 11.Quantità d’acqua utilizzate per alcune normali attività dome-stiche. Dati del Worldwatch Institute, 1998.

binetto. Eppure l’acqua potabile che arriva nelle casee che proviene, nella grande maggioranza dei casi, da-gli acquedotti, è sottoposta a regolari controlli da par-te delle aziende sanitarie locali e dei dipartimenti AR-PA, molto più numerosi di quelli condotti sulle acqueminerali destinate alla vendita. Per essere dichiarata potabile e distribuita, l’acqua del-l’acquedotto deve contenere sostanze inquinanti inconcentrazioni che non devono superare la soglia dipericolo fissata dal DPR 236 del 1988, la normativa at-tualmente in vigore. Questo decreto indica, accanto ailimiti massimi ammissibili anche i valori guida, cioè lesoglie di concentrazione considerate ottimali (fig.10).La pubblica Amministrazione effettua i controlli sulleconcentrazioni di tutte quelle sostanze che, se ingerite,comportano rischi per la salute. Sotto la lente d’in-grandimento passano, tra le numerose sostanze, nitrati,arsenico, cianuri, piombo, mercurio, pesticidi, solventiaromatici. Ma anche sali minerali innocui che, in alteconcentrazioni, potrebbero avere effetti sanitari dan-nosi.E il processo che promuove l’acqua di falda a potabi-le non si esaurisce certo con il solo controllo.Prelevata dalla falda, l’acqua viene sottoposta a un pro-cesso di filtraggio per eliminare le sostanze in so-spensione, e analizzata. I valori ottenuti dalle analisivengono confrontati con i limiti fissati dalla legge. Senon risponde ai requisiti, l’acqua viene nuovamente fil-trata e trattata con cloro, per eliminare eventuali bat-teri portatori di malattie. L’acqua potabile è, perciò,continuamente controllata e perfettamente bevibile.Ma se, nonostante questo, si dovesse nutrire qualchedubbio sulla qualità dell’acqua che esce dal proprio ru-binetto, si può richiederne una «radiografia» scrivendoall’azienda sanitaria locale competente. Il servizio ac-quedottistico della città di Vicenza e dei comuni limi-trofi, comunque, fornisce agli utenti, in allegato allabolletta, i risultati delle analisi chimiche dell’acqua e-rogata.La qualità, quindi, è garantita dalla pubblicaAmministrazione, ma sui consumi, o meglio sugli spre-chi, è importante anche il contributo del singolo cit-tadino. In Italia il consumo medio d’acqua potabile perabitante è di circa 189 litri al giorno, contro i 148 del-la Germania e i 105 del Belgio. Ciascuno può contri-buire a un uso intelligente di questa risorsa, soprat-tutto limitando gli sprechi nelle semplici azioni di tut-ti i giorni. Nella figura 11 sono riportati alcuni quan-titativi impiegati negli usi quotidiani in casa. Gli spre-chi possono essere limitati, adottando alcuni sempli-ci accorgimenti:

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Ma anche l’industria e gli impianti di riscaldamento,specialmente se vecchi e inefficaci, contribuiscono al-l’inquinamento atmosferico, soprattutto attraverso l’e-missione di ossidi di zolfo (fig. 4) e polveri (fig. 5).

CHE ATMOSFERA C’È A VICENZA?

Al capoluogo della provincia va senz’altro il primato deltraffico. La situazione dell’aria nella zona cittadina di Vi-cenza, negli ultimi anni, è stata caratterizzata da alti li-velli di tutte le sostanze inquinanti dovuti appunto all’in-tenso traffico automobilistico. Per questa ragione, dal1996 (con provvedimento DGR. n. 4225), la Regione hadisposto che l’area comunale fosse inserita tra le zone diesposizione al rischio di inquinamento atmosferico.Data la situazione critica dell’atmosfera vicentina, non

PRODUZIONE DI POLVERI

FIGURA 5.I processi industriali sono la prima fonte di produzione di polveri,ma anche il riscaldamento delle abitazioni dà il suo contributo.

industria

automobili

abitazioni65%30%

5%

TUTTI I NEMICI DEI POLMONI

Ecco le caratteristiche dei principali inquinanti.• monossido di carbonio (CO): è un gas incolore einodore, prodotto dall’incompleta combustione delcarbone o di materiale organico (legno, gas naturale,benzina). Le principali fonti di produzione sono le au-tomobili e le industrie.• diossido di carbonio (o anidride carbonica,CO2): viene immessa nell’atmosfera attraverso gliscarichi di prodotti di combustione (industrie, veicoli,riscaldamento domestico, centrali energetiche). E’ ilprincipale responsabile dell’effetto serra.• ossidi di azoto (NOX): si formano per reazione del-l’azoto con l’ossigeno, principalmente nei processi dicombustione dei carburanti nei veicoli a motore. Al-tre fonti sono le combustioni industriali e le centralielettriche. Il monossido di azoto (NO) e il diossido diazoto (NO2) partecipano alla formazione dello smogfotochimico e delle piogge acide.• ossidi di zolfo (SOX): l’anidride solforosa (SO2) el’anidride solforica (SO3) si formano prevalentemen-te per ossidazione di combustibili fossili contenentizolfo (carbone, petrolio, nafta) negli impianti indu-striali e, in minor quantità, per gli scarichi delle auto-mobili. L’anidride solforosa è un gas incolore dall’odore sgra-devole, irritante e solubile in acqua, che viene spes-so impiegato come sbiancante. La presenza di questicomposti nell’aria produce la formazione delle piog-ge acide. • idrocarburi: si tratta di un gruppo di sostanze for-mate da carbonio e idrogeno, presenti in atmosferain forma liquida, solida o gassosa. I più pericolosi so-

no gli idrocarburi aromatici e policiclici aromatici(IPA). Sono prodotti per incompleta combustione deicarburanti nei veicoli a motore, per alcuni processi in-dustriali (per esempio quelli delle raffinerie), o perevaporazione dalle pompe di carburante durante ilrifornimento. Fra i più conosciuti ci sono il benzene eil benzo(a)pirene.• ozono (O3): è un gas instabile e reattivo. Negli stra-ti bassi dell’atmosfera si forma per l’azione della ra-diazione solare sugli ossidi di azoto e sugli idrocarbu-ri. Nella stagione calda, quindi, quando l’irraggia-mento solare è più intenso, l’inquinamento è più ele-vato. è nocivo per i vegetali, perché interferisce con iprocessi fotosintetici. La sua presenza è però utilissi-ma nella fascia più distante dell’atmosfera, dove fil-tra la radiazione ultravioletta.• particolato: le polveri costituiscono la parte nongassosa dell’inquinamento atmosferico. Si tratta diminuscole particelle di grandezza variabile da 0,005a 100 micron (1000 micron = 1 millimetro). Possonoessere classificate, in base alla loro dimensione, ingrossolane (diametro superiore a 10 micron) e fini(diametro inferiore a 10 micron). Le prime sono pro-dotte in seguito a fenomeni naturali, come l’erosionedei suoli o la propagazione dei pollini e delle spore,oppure per processi incontrollati di combustione. Lealtre provengono da veicoli a motore (in particolareda motori diesel), attività industriali e centrali ener-getiche. Al di sotto dei 5 micron si ha il particolato chedetermina i cosiddetti fumi. Il particolato presente inatmosfera viene spesso indicato con la sigla PTS (pol-veri totali sospese).

FIGURA 5

Il traffico è oggi la principale fonte di inquinamento at-mosferico, responsabile, anche nella provincia di Vicen-za, della maggior parte delle emissioni di monossido dicarbonio (fig. 1), di composti organici volatili, pericolosiperché in grado di diffondersi nell’aria a grandi distanze,di ossidi di azoto (fig. 2) e di idrocarburi, cioè dei conta-

minanti più dannosi per la salute. L’automobile è, nel set-tore dei trasporti urbani, la maggiore responsabile delleemissioni di monossido di carbonio, mentre gli autobuscontribuiscono in modo significativo ad aumentare laconcentrazione di ossidi di azoto in aria (fig. 3).

L’ABC DELL’ARIA

L’uomo vive immerso in un fluido impalpabile, co-stituito da molti gas differenti. Questa miscela chi-mica è formata per il 79 per cento da azoto e per il20 per cento da ossigeno. Gli altri componenti sonol’idrogeno, l’anidride carbonica, il metano, l’elio ealtri gas che nell’insieme costituiscono l’1 per centodel guscio d’aria che avvolge la terra. Per effetto delle attività umane che si svolgono inun determinato territorio, la natura chimica dell’a-ria viene alterata. Particolari processi industriali, peresempio, possono aumentare la presenza in atmo-sfera di un gas tossico, con effetti che caratterizza-no negativamente e in modo tipico l’aria di una zo-na specifica. E questi effetti possono manifestarsianche a notevole distanza dalla zona di emissione.L’aria tuttavia non può essere descritta completa-mente come un fluido, perché in sospensione si tro-va anche una certa quantità di particolato. Con que-sto termine viene indicata la componente dell’ariacostituita da polveri inorganiche e organiche di di-versa origine. Si tratta di particelle di suolo sollevatedal vento, metalli, nitrati, solfati, spore, pollini e al-tri costituenti solidi che, per tempi variabili, resisto-no alla caduta verso il basso.

18

FONTI DI MONOSSIDO DI CARBONIO

FIGURA 1.Il monossido di carbonio nella provincia di Vicenza è prodottoprincipalmente dalle emissioni dei veicoli a motore.

trasporti stradali

altro

trattamento smaltimento rifiuti56%27%

17%

FONTI DI OSSIDI DI ZOLFO

FIGURA 4.Fonti delle emissioni di ossidi di zolfo nella provincia di Vicenza.

combustioneindustria

combustioneterziario e agricoltura

trasporti stradali

altro

47%

27%

20%

6%

FONTI DI OSSIDI D’AZOTO

FIGURA 2.Trasporti e industria sono i principali produttori di ossidi di azotonella provincia di Vicenza.

trasporti stradali

combustioneindustria

altre sorgenti mobili

altro

63%15%

13%

9%

CONFRONTO TRA I TRASPORTI

Mezzo di trasporto Monossido di carbonio Ossidi di azotoemesso (mg/m3) emessi (mg/m3)

Automobile 11250 50

Autobus 212,5 206,25

Filobus 7,43 49,1

FIGURA 3.Per ogni chilometro percorso in città da un singolo passeggero,un’automobile rilascia una quantità di monossido di carbonio50 volte più elevata di quella di un autobus e addirittura 1500volte più alta di quella di un filobus. Dati tratti da «Critical Con-dition, Human Health and Environment» di Eric Chivian, 1995,MIT Press.

FIGURA 1

FIGURA 2

FIGURA 3

FIGURA 4

DOCUMENTO INTERO 11-04-2001 16:24 Pagina 18

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Ma anche l’industria e gli impianti di riscaldamento,specialmente se vecchi e inefficaci, contribuiscono al-l’inquinamento atmosferico, soprattutto attraverso l’e-missione di ossidi di zolfo (fig. 4) e polveri (fig. 5).

CHE ATMOSFERA C’È A VICENZA?

Al capoluogo della provincia va senz’altro il primato deltraffico. La situazione dell’aria nella zona cittadina di Vi-cenza, negli ultimi anni, è stata caratterizzata da alti li-velli di tutte le sostanze inquinanti dovuti appunto all’in-tenso traffico automobilistico. Per questa ragione, dal1996 (con provvedimento DGR. n. 4225), la Regione hadisposto che l’area comunale fosse inserita tra le zone diesposizione al rischio di inquinamento atmosferico.Data la situazione critica dell’atmosfera vicentina, non

PRODUZIONE DI POLVERI

FIGURA 5.I processi industriali sono la prima fonte di produzione di polveri,ma anche il riscaldamento delle abitazioni dà il suo contributo.

industria

automobili

abitazioni65%30%

5%

TUTTI I NEMICI DEI POLMONI

Ecco le caratteristiche dei principali inquinanti.• monossido di carbonio (CO): è un gas incolore einodore, prodotto dall’incompleta combustione delcarbone o di materiale organico (legno, gas naturale,benzina). Le principali fonti di produzione sono le au-tomobili e le industrie.• diossido di carbonio (o anidride carbonica,CO2): viene immessa nell’atmosfera attraverso gliscarichi di prodotti di combustione (industrie, veicoli,riscaldamento domestico, centrali energetiche). E’ ilprincipale responsabile dell’effetto serra.• ossidi di azoto (NOX): si formano per reazione del-l’azoto con l’ossigeno, principalmente nei processi dicombustione dei carburanti nei veicoli a motore. Al-tre fonti sono le combustioni industriali e le centralielettriche. Il monossido di azoto (NO) e il diossido diazoto (NO2) partecipano alla formazione dello smogfotochimico e delle piogge acide.• ossidi di zolfo (SOX): l’anidride solforosa (SO2) el’anidride solforica (SO3) si formano prevalentemen-te per ossidazione di combustibili fossili contenentizolfo (carbone, petrolio, nafta) negli impianti indu-striali e, in minor quantità, per gli scarichi delle auto-mobili. L’anidride solforosa è un gas incolore dall’odore sgra-devole, irritante e solubile in acqua, che viene spes-so impiegato come sbiancante. La presenza di questicomposti nell’aria produce la formazione delle piog-ge acide. • idrocarburi: si tratta di un gruppo di sostanze for-mate da carbonio e idrogeno, presenti in atmosferain forma liquida, solida o gassosa. I più pericolosi so-

no gli idrocarburi aromatici e policiclici aromatici(IPA). Sono prodotti per incompleta combustione deicarburanti nei veicoli a motore, per alcuni processi in-dustriali (per esempio quelli delle raffinerie), o perevaporazione dalle pompe di carburante durante ilrifornimento. Fra i più conosciuti ci sono il benzene eil benzo(a)pirene.• ozono (O3): è un gas instabile e reattivo. Negli stra-ti bassi dell’atmosfera si forma per l’azione della ra-diazione solare sugli ossidi di azoto e sugli idrocarbu-ri. Nella stagione calda, quindi, quando l’irraggia-mento solare è più intenso, l’inquinamento è più ele-vato. è nocivo per i vegetali, perché interferisce con iprocessi fotosintetici. La sua presenza è però utilissi-ma nella fascia più distante dell’atmosfera, dove fil-tra la radiazione ultravioletta.• particolato: le polveri costituiscono la parte nongassosa dell’inquinamento atmosferico. Si tratta diminuscole particelle di grandezza variabile da 0,005a 100 micron (1000 micron = 1 millimetro). Possonoessere classificate, in base alla loro dimensione, ingrossolane (diametro superiore a 10 micron) e fini(diametro inferiore a 10 micron). Le prime sono pro-dotte in seguito a fenomeni naturali, come l’erosionedei suoli o la propagazione dei pollini e delle spore,oppure per processi incontrollati di combustione. Lealtre provengono da veicoli a motore (in particolareda motori diesel), attività industriali e centrali ener-getiche. Al di sotto dei 5 micron si ha il particolato chedetermina i cosiddetti fumi. Il particolato presente inatmosfera viene spesso indicato con la sigla PTS (pol-veri totali sospese).

FIGURA 5

Il traffico è oggi la principale fonte di inquinamento at-mosferico, responsabile, anche nella provincia di Vicen-za, della maggior parte delle emissioni di monossido dicarbonio (fig. 1), di composti organici volatili, pericolosiperché in grado di diffondersi nell’aria a grandi distanze,di ossidi di azoto (fig. 2) e di idrocarburi, cioè dei conta-

minanti più dannosi per la salute. L’automobile è, nel set-tore dei trasporti urbani, la maggiore responsabile delleemissioni di monossido di carbonio, mentre gli autobuscontribuiscono in modo significativo ad aumentare laconcentrazione di ossidi di azoto in aria (fig. 3).

L’ABC DELL’ARIA

L’uomo vive immerso in un fluido impalpabile, co-stituito da molti gas differenti. Questa miscela chi-mica è formata per il 79 per cento da azoto e per il20 per cento da ossigeno. Gli altri componenti sonol’idrogeno, l’anidride carbonica, il metano, l’elio ealtri gas che nell’insieme costituiscono l’1 per centodel guscio d’aria che avvolge la terra. Per effetto delle attività umane che si svolgono inun determinato territorio, la natura chimica dell’a-ria viene alterata. Particolari processi industriali, peresempio, possono aumentare la presenza in atmo-sfera di un gas tossico, con effetti che caratterizza-no negativamente e in modo tipico l’aria di una zo-na specifica. E questi effetti possono manifestarsianche a notevole distanza dalla zona di emissione.L’aria tuttavia non può essere descritta completa-mente come un fluido, perché in sospensione si tro-va anche una certa quantità di particolato. Con que-sto termine viene indicata la componente dell’ariacostituita da polveri inorganiche e organiche di di-versa origine. Si tratta di particelle di suolo sollevatedal vento, metalli, nitrati, solfati, spore, pollini e al-tri costituenti solidi che, per tempi variabili, resisto-no alla caduta verso il basso.

18

FONTI DI MONOSSIDO DI CARBONIO

FIGURA 1.Il monossido di carbonio nella provincia di Vicenza è prodottoprincipalmente dalle emissioni dei veicoli a motore.

trasporti stradali

altro

trattamento smaltimento rifiuti56%27%

17%

FONTI DI OSSIDI DI ZOLFO

FIGURA 4.Fonti delle emissioni di ossidi di zolfo nella provincia di Vicenza.

combustioneindustria

combustioneterziario e agricoltura

trasporti stradali

altro

47%

27%

20%

6%

FONTI DI OSSIDI D’AZOTO

FIGURA 2.Trasporti e industria sono i principali produttori di ossidi di azotonella provincia di Vicenza.

trasporti stradali

combustioneindustria

altre sorgenti mobili

altro

63%15%

13%

9%

CONFRONTO TRA I TRASPORTI

Mezzo di trasporto Monossido di carbonio Ossidi di azotoemesso (mg/m3) emessi (mg/m3)

Automobile 11250 50

Autobus 212,5 206,25

Filobus 7,43 49,1

FIGURA 3.Per ogni chilometro percorso in città da un singolo passeggero,un’automobile rilascia una quantità di monossido di carbonio50 volte più elevata di quella di un autobus e addirittura 1500volte più alta di quella di un filobus. Dati tratti da «Critical Con-dition, Human Health and Environment» di Eric Chivian, 1995,MIT Press.

FIGURA 1

FIGURA 2

FIGURA 3

FIGURA 4

DOCUMENTO INTERO 11-04-2001 16:24 Pagina 18

21

LA SITUAZIONE FUORI PORTA: IL POLO CONCIARIO

Dal punto di vista ambientale il polo della lavorazione del-la pelle rappresenta certamente uno dei distretti più criti-ci di tutto il vicentino. La zona industriale si estende nellevalli del Chiampo, dell’Agno e del Guà e rientra in unadelle quattro aree principali individuate dal Piano regio-nale di tutela e risanamento dell’atmosfera della RegioneVeneto (BUR 21/04/2000). I particolari processi di lavora-zione di questo settore prevedono il rilascio di grandiquantità di sostanze ad alto impatto ambientale, soprat-tutto composti organici volatili e idrogeno solforato.Alcune stime della Provincia suggeriscono che attual-mente il consumo annuo di solventi responsabili dell’e-missione di composti organici volatili sia intorno alle 13mila tonnellate. Per valutare l’impatto del rilascio di queste sostanze in at-mosfera, è stato calcolato un fattore di emissione basa-to sul consumo di solventi per metro quadrato di pelletrattata, i cui valori per il periodo 1997-1999 sono ripor-tati nella figura 8.

I dati più recenti sulla qualità dell’aria del distretto con-ciario risalgono a un’indagine del 1999, nata dalla colla-borazione fra l’Università di Padova e la Provincia di Vi-cenza. Durante la ricerca, i livelli maggiori di composti or-ganici volatili sono stati rilevati nei centri di Arzignano,Chiampo e Montorso, mentre negli altri comuni concia-ri sono emerse concentrazioni più contenute, probabil-mente a causa delle caratteristiche fisiche del territorio,che rendono più facile la circolazione dell’aria e la dilui-zione dei contaminanti atmosferici.L’inquinante presente in concentrazioni più preoccupantiè risultato il toluene (un idrocarburo aromatico), utilizza-to dall’industria della pelle come solvente e come rea-gente per la sintesi di altri prodotti. Si è poi registrata un’alta presenza di idrogeno solforato(fig. 9), composto dal forte odore, generato in alcune fa-si iniziali della concia e negli impianti di depurazione deiliquami.

L’area conciaria è sottoposta dal 1992 agli interventi pro-grammati dalla provincia, che hanno comportato il cen-simento di tutte le attività produttive, la definizione di unastrategia per il miglioramento della qualità dell’aria e unaregolamentazione specifica in materia di emissioni. Inoltre è stato programmato uno studio per il migliora-mento, in termini ambientali, delle tecnologie industriali. Grazie alla lungimiranza di queste fasi di programmazio-ne, indirizzo e controllo, negli ultimi anni si è registratauna significativa diminuzione dell’uso di solventi, accom-pagnata da un aumento della produzione realizzata contecnologie e materiali più rispettosi dell’ambiente.

I COMPOSTI ORGANICI IN ARIA

anno consumo COV fattore emissione (in Kg) (in g di COV/m2)

1997 17.128.000 134

1998 15.295.000 115

1999 13.489.000 94

FIGURA 8.Fattori di emissione per le aziende del polo conciario. Il fattore diemissione è indice dell’impatto ambientale di queste sostanze.

L’IDROGENO SOLFORATO IN ARIA

anno valore massimo valore medio

1998 173 9

1999 103 8

FIGURA 9.Concentrazioni di idrogeno solforato (in microgrammi al me-tro cubo) misurate dalla stazione di Montebello negli ultimidue anni.

I CAMPIONATORI PASSIVI

Oltre agli impianti convenzionali di rilevamento dellaqualità dell’aria, oggi sono utilizzati anche dispositivialternativi: i campionatori passivi. La principale diffe-renza fra questi strumenti e i tradizionali sta nella di-versa tecnica con cui viene prelevata l’aria da esami-nare. Il campione atmosferico non viene assorbitoper aspirazione forzata, ma per semplice diffusionepassiva, cioè secondo quel principio per cui i gas ten-dono a spostarsi spontaneamente dalle zone in cui laloro concentrazione è maggiore a quelle in cui è mi-nore.Il vantaggio di queste apparecchiature è legato ai co-sti estremamente contenuti, dovuti proprio all’ele-mentare meccanismo di funzionamento. I campiona-tori passivi vengono impiegati per analizzare su tem-pi lunghi la concentrazione media degli inquinanti suaree estese. La fase di raccolta dei dati è normalmen-te seguita dall’elaborazione di mappe delle concen-trazioni degli inquinanti atmosferici. Il loro utilizzo siè rivelato talmente vantaggioso che attualmente icampionatori passivi sono entrati a pieno titolo tra imetodi ufficiali per il campionamento e il monitorag-gio dell’aria.

FIGURA 8

FIGURA 9

20

molto differente comunque da quella di altre città italia-ne, nel 1994 il Comune ha predisposto una rete di rile-vamento, che ora è gestita dall’ARPAV. Il territorio co-munale viene monitorato da cinque stazioni di rileva-mento poste in vari punti della città, che costitui-scono una rete fissa in grado di rilevare lapresenza nell’aria di alcuni impor-tanti inquinanti: ossidi di azoto,ozono, monossido di carbonio,polveri in sospensione, anidridesolforosa.

Nella figura 6 sono indicati i valorimassimi di concentrazione per ilmonossido di carbonio a Vicenza,misurati come valore medio suun’ora e su otto ore nell’anno 1999. Ivalori limite previsti dalla normativa so-no rispettivamente di 40 milligrammi almetro cubo e di 10 milligrammi al metrocubo. In questo caso si resta sempre en-tro i limiti di legge.Ma i dati registrati negli anni prece-denti mostrano che i valori limiteindicati dalla legge vigente nonsono stati rispettati nella sta-zione di Borgo Scroffa: infat-ti il limite della media su ottoore è stato superato sia nel1997 che nel 1998. Questidati, superiori agli standard di qualità indica-ti, sono però giustificati dalla posizione geo-grafica: posta in un punto ad alta densità ditraffico, questa stazione analizza infatti sol-tanto una frazione particolarmente inquina-ta e poco rappresentativa dell’aria cittadina.Anche nel caso dell’ozono i dati, riportati infigura 7, sono espressi come valori massi-

mi di concentrazione, misurati come media oraria esulle otto ore. La legge prevede al ri-

guardo un livello di protezione del-la salute pari a 110 microgrammi almetro cubo. Come suggeriscono i

dati in tabella, l’ozono rappre-senta un parametro effettiva-

mente preoccupante, datoche i valori di soglia previsti

vengono superati in tutti i casi ein tutta la provincia.

A scadenze più o meno regolarivengono poi realizzate anche

campagne di rilevamento di altre so-stanze potenzialmente tossiche, fra le

quali il benzene e la frazione respirabile delle pol-veri sospese.

L’ARPAV rende accessibili le informazioni suirilevamenti dell’inquinamento atmosferi-co attraverso un rapporto che divulga i da-ti sui livelli di diossido di azoto, monossi-do di carbonio e ozono.Un’altra iniziativa di informazione rivoltaalla cittadinanza prevede la pubblicazio-

ne di un documento annuale sulla con-taminazione da ozono atmosfericonel periodo estivo. Inoltre giornalmente nel sito inter-net del comune di Vicenza(www.comune.vicenza.it) vengo-no resi disponibili i dati rilevati tra-mite un bollettino che si può rice-vere anche in posta elettronica.

CO A VICENZA

Stazione media oraria media su 8 orevalori massimi raggiunti

Via Colombo 10,6 4,4

Borgo Scroffa 19,1 7,6

Parco Querini 6,2 4,9

FIGURA 6.Concentrazioni massime di monossido di carbonio (in milligram-mi al metro cubo) rilevate nelle stazioni della città di Vicenza nel-l’anno 1999.

L’OZONO NELLA PROVINCIA

Stazione anno media media valori massimi raggiunti oraria di 8 ore

BASSANO 1997 213 190

1998 244 214

1999 225 190

PARCO QUERINI 1997 210 188

1998 256 231

1999 231 185

FIGURA 7.Concentrazioni massime di ozono (in microgrammi al metrocubo) rilevate da alcune stazioni della provincia di Vicenza nelperiodo 1997-1999. I valori limite indicati dalla legge sono su-perati in tutte le stazioni.

FIGURA 7FIGURA 6

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LA SITUAZIONE FUORI PORTA: IL POLO CONCIARIO

Dal punto di vista ambientale il polo della lavorazione del-la pelle rappresenta certamente uno dei distretti più criti-ci di tutto il vicentino. La zona industriale si estende nellevalli del Chiampo, dell’Agno e del Guà e rientra in unadelle quattro aree principali individuate dal Piano regio-nale di tutela e risanamento dell’atmosfera della RegioneVeneto (BUR 21/04/2000). I particolari processi di lavora-zione di questo settore prevedono il rilascio di grandiquantità di sostanze ad alto impatto ambientale, soprat-tutto composti organici volatili e idrogeno solforato.Alcune stime della Provincia suggeriscono che attual-mente il consumo annuo di solventi responsabili dell’e-missione di composti organici volatili sia intorno alle 13mila tonnellate. Per valutare l’impatto del rilascio di queste sostanze in at-mosfera, è stato calcolato un fattore di emissione basa-to sul consumo di solventi per metro quadrato di pelletrattata, i cui valori per il periodo 1997-1999 sono ripor-tati nella figura 8.

I dati più recenti sulla qualità dell’aria del distretto con-ciario risalgono a un’indagine del 1999, nata dalla colla-borazione fra l’Università di Padova e la Provincia di Vi-cenza. Durante la ricerca, i livelli maggiori di composti or-ganici volatili sono stati rilevati nei centri di Arzignano,Chiampo e Montorso, mentre negli altri comuni concia-ri sono emerse concentrazioni più contenute, probabil-mente a causa delle caratteristiche fisiche del territorio,che rendono più facile la circolazione dell’aria e la dilui-zione dei contaminanti atmosferici.L’inquinante presente in concentrazioni più preoccupantiè risultato il toluene (un idrocarburo aromatico), utilizza-to dall’industria della pelle come solvente e come rea-gente per la sintesi di altri prodotti. Si è poi registrata un’alta presenza di idrogeno solforato(fig. 9), composto dal forte odore, generato in alcune fa-si iniziali della concia e negli impianti di depurazione deiliquami.

L’area conciaria è sottoposta dal 1992 agli interventi pro-grammati dalla provincia, che hanno comportato il cen-simento di tutte le attività produttive, la definizione di unastrategia per il miglioramento della qualità dell’aria e unaregolamentazione specifica in materia di emissioni. Inoltre è stato programmato uno studio per il migliora-mento, in termini ambientali, delle tecnologie industriali. Grazie alla lungimiranza di queste fasi di programmazio-ne, indirizzo e controllo, negli ultimi anni si è registratauna significativa diminuzione dell’uso di solventi, accom-pagnata da un aumento della produzione realizzata contecnologie e materiali più rispettosi dell’ambiente.

I COMPOSTI ORGANICI IN ARIA

anno consumo COV fattore emissione (in Kg) (in g di COV/m2)

1997 17.128.000 134

1998 15.295.000 115

1999 13.489.000 94

FIGURA 8.Fattori di emissione per le aziende del polo conciario. Il fattore diemissione è indice dell’impatto ambientale di queste sostanze.

L’IDROGENO SOLFORATO IN ARIA

anno valore massimo valore medio

1998 173 9

1999 103 8

FIGURA 9.Concentrazioni di idrogeno solforato (in microgrammi al me-tro cubo) misurate dalla stazione di Montebello negli ultimidue anni.

I CAMPIONATORI PASSIVI

Oltre agli impianti convenzionali di rilevamento dellaqualità dell’aria, oggi sono utilizzati anche dispositivialternativi: i campionatori passivi. La principale diffe-renza fra questi strumenti e i tradizionali sta nella di-versa tecnica con cui viene prelevata l’aria da esami-nare. Il campione atmosferico non viene assorbitoper aspirazione forzata, ma per semplice diffusionepassiva, cioè secondo quel principio per cui i gas ten-dono a spostarsi spontaneamente dalle zone in cui laloro concentrazione è maggiore a quelle in cui è mi-nore.Il vantaggio di queste apparecchiature è legato ai co-sti estremamente contenuti, dovuti proprio all’ele-mentare meccanismo di funzionamento. I campiona-tori passivi vengono impiegati per analizzare su tem-pi lunghi la concentrazione media degli inquinanti suaree estese. La fase di raccolta dei dati è normalmen-te seguita dall’elaborazione di mappe delle concen-trazioni degli inquinanti atmosferici. Il loro utilizzo siè rivelato talmente vantaggioso che attualmente icampionatori passivi sono entrati a pieno titolo tra imetodi ufficiali per il campionamento e il monitorag-gio dell’aria.

FIGURA 8

FIGURA 9

20

molto differente comunque da quella di altre città italia-ne, nel 1994 il Comune ha predisposto una rete di rile-vamento, che ora è gestita dall’ARPAV. Il territorio co-munale viene monitorato da cinque stazioni di rileva-mento poste in vari punti della città, che costitui-scono una rete fissa in grado di rilevare lapresenza nell’aria di alcuni impor-tanti inquinanti: ossidi di azoto,ozono, monossido di carbonio,polveri in sospensione, anidridesolforosa.

Nella figura 6 sono indicati i valorimassimi di concentrazione per ilmonossido di carbonio a Vicenza,misurati come valore medio suun’ora e su otto ore nell’anno 1999. Ivalori limite previsti dalla normativa so-no rispettivamente di 40 milligrammi almetro cubo e di 10 milligrammi al metrocubo. In questo caso si resta sempre en-tro i limiti di legge.Ma i dati registrati negli anni prece-denti mostrano che i valori limiteindicati dalla legge vigente nonsono stati rispettati nella sta-zione di Borgo Scroffa: infat-ti il limite della media su ottoore è stato superato sia nel1997 che nel 1998. Questidati, superiori agli standard di qualità indica-ti, sono però giustificati dalla posizione geo-grafica: posta in un punto ad alta densità ditraffico, questa stazione analizza infatti sol-tanto una frazione particolarmente inquina-ta e poco rappresentativa dell’aria cittadina.Anche nel caso dell’ozono i dati, riportati infigura 7, sono espressi come valori massi-

mi di concentrazione, misurati come media oraria esulle otto ore. La legge prevede al ri-

guardo un livello di protezione del-la salute pari a 110 microgrammi almetro cubo. Come suggeriscono i

dati in tabella, l’ozono rappre-senta un parametro effettiva-

mente preoccupante, datoche i valori di soglia previsti

vengono superati in tutti i casi ein tutta la provincia.

A scadenze più o meno regolarivengono poi realizzate anche

campagne di rilevamento di altre so-stanze potenzialmente tossiche, fra le

quali il benzene e la frazione respirabile delle pol-veri sospese.

L’ARPAV rende accessibili le informazioni suirilevamenti dell’inquinamento atmosferi-co attraverso un rapporto che divulga i da-ti sui livelli di diossido di azoto, monossi-do di carbonio e ozono.Un’altra iniziativa di informazione rivoltaalla cittadinanza prevede la pubblicazio-

ne di un documento annuale sulla con-taminazione da ozono atmosfericonel periodo estivo. Inoltre giornalmente nel sito inter-net del comune di Vicenza(www.comune.vicenza.it) vengo-no resi disponibili i dati rilevati tra-mite un bollettino che si può rice-vere anche in posta elettronica.

CO A VICENZA

Stazione media oraria media su 8 orevalori massimi raggiunti

Via Colombo 10,6 4,4

Borgo Scroffa 19,1 7,6

Parco Querini 6,2 4,9

FIGURA 6.Concentrazioni massime di monossido di carbonio (in milligram-mi al metro cubo) rilevate nelle stazioni della città di Vicenza nel-l’anno 1999.

L’OZONO NELLA PROVINCIA

Stazione anno media media valori massimi raggiunti oraria di 8 ore

BASSANO 1997 213 190

1998 244 214

1999 225 190

PARCO QUERINI 1997 210 188

1998 256 231

1999 231 185

FIGURA 7.Concentrazioni massime di ozono (in microgrammi al metrocubo) rilevate da alcune stazioni della provincia di Vicenza nelperiodo 1997-1999. I valori limite indicati dalla legge sono su-perati in tutte le stazioni.

FIGURA 7FIGURA 6

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cletta si può arrivare facilmente a 40 litri al minuto, equesto aumenta l’assorbimento di particelle dannose• se ci si sposta in bicicletta utilizzare le mascherine diprotezione, che sono utili però solo se i filtri vengono so-stituiti periodicamente. Se il filtro è saturo, l’effetto è op-posto. Purtroppo, le mascherine efficaci sono in generele più scomode da indossare. Quelle semplici e leggeredovrebbero essere impiegate una volta sola.

Anche la casa, però, può essere fonte di inquinamento.E’ bene quindi rispettare alcuni suggerimenti per evitaredi peggiorare la qualità dell’aria domestica: • accendere la ventola filtrante quando si cucina • evitare, nei giorni di forte inquinamento, di usare spraycome gli insetticidi, potenzialmente tossici, che richie-dono un immediato ricambio dell’aria• evitare di fumare.

E anche quando ci si mette al volante si può cercaredi ridurre il più possibile le emissioni di sostanze no-cive in aria, per esempio limitando gli sprechi di car-burante. Viaggiare con i finestrini aperti, per esempio,può aumentare i consumi di una quantità variabile trail 3 e il 5 per cento, mentre i pneumatici sgonfi inci-dono per il 3 per cento, le candele sporche per il 7 percento, il filtro dell’aria esaurito per il 2,5 per cento, ilportapacchi o il portasci per il 5 per cento.

I TANTI IMPEGNI DELLE ISTITUZIONI

Campagne di monitoraggio atmosferico, nuovi metodidi analisi, sviluppo di tecnologie produttive a basso im-patto ambientale, negli ultimi anni hanno prodotto unvisibile miglioramento della qualità dell’aria. Ma altre iniziative, che coinvolgono Comune e Provinciadi Vicenza, Regione Veneto e Governo nazionale, vannonella stessa direzione. Tra queste il protocollo di intesa tra Provincia, Comune eassociazioni di categoria per la riduzione dell’inquina-mento dovuto al traffico. L’iniziativa, nota come «Bolli-no Blu», non solo contribuirà a migliorare le caratteristi-che del parco automobilistico vicentino per quanto ri-guarda gli effetti sull’ambiente, ma anche tenterà di re-sponsabilizzare la popolazione sui rischi della contami-nazione da traffico veicolare.Un’altra recente iniziativa è stata la «Giornata europea:in città senza la mia auto» del 22 settembre, promossadal Ministero dell’Ambiente in accordo con i governi dialtri paesi europei, con l’obiettivo di sensibilizzare ulte-riormente la popolazione delle aree urbane del paese sulproblema dell’inquinamento atmosferico.Altre misure richiedono investimenti relativamente pocoimpegnativi, come la costruzione di piste ciclabili e l’ot-timizzazione del trasporto pubblico, con la conseguentedissuasione dall’uso dell’automobile.

COME DIFENDERSI DALL’ARIA INQUINATA

Nei giorni di grande inquinamento l’ideale sarebbe sfug-gire all’aria pesante delle città rifugiandosi per qualchegiorno in montagna o al mare. Anche se questo non èsempre possibile, alcune semplici norme di prudenza pos-sono aiutare a diminuire l’effetto negativo dei tanti inqui-nanti. Queste riguardano soprattutto chi soffre di disturbirespiratori o cardiaci, che dovrebbero evitare di uscire, maanche le persone sane, e in particolare i bambini:• non far uscire di casa i bambini più piccoli. Se proprio sideve, meglio portarli in braccio o nel marsupio piuttostoche nel passeggino che, essendo all’altezza dei tubi discarico delle auto, espone i piccoli a una miscela di inqui-nanti ancor più concentrata, in particolare durante le at-tese ai semafori• se si gira in macchina è meglio tenere chiusi i finestrini ele bocchette di aerazione, e quindi rinunciare al riscalda-mento• evitare di fare jogging o altri sforzi fisici prolungati al-l’aperto. In condizioni di riposo i polmoni filtrano circa 6litri di aria al minuto, ma quando si corre o si va in bici-

Le centraline di rilevamento registrano le concentrazioni in ariadei principali inquinanti.

22

E’ stato poi rafforzato il monitoraggio dell’attività pro-duttiva delle concerie già avviate e di controllo dei requi-siti ambientali di quelle in fase di avviamento.

Da ottobre 2000 è in corso un’iniziativa di controllo sullaqualità dell’aria, promossa dalla Provincia di Vicenza edall’ARPAV. Il territorio controllato coinvolge 17 comunidella valle del Chiampo e utilizza 50 campionatori passi-vi distribuiti in quattro tipi di zone, classificate sulla basedel livello di inquinamento atmosferico presunto.

I LICHENI AIUTANO SCHIO

Un altro metodo per il controllo della qualità dell’am-biente si basa sulla risposta di alcuni organismi alle varia-zioni chimiche e fisiche esterne. Il metodo si è rivelatoparticolarmente semplice e vantaggioso perché consen-te, con investimenti minimi, di controllare indirettamen-te l’andamento di alcuni inquinanti. Il rilevamento vero eproprio, infatti, viene effettuato esaminando il compor-tamento biologico di alcune specie sensibili alla conta-minazione: per questa proprietà di funzionare come sen-sori naturali, dunque, questi organismi sono detti «bioin-dicatori».Nel caso dell’inquinamento atmosferico, gli organismiche meglio si prestano a questa procedura ecologica so-no i licheni, che possono essere utilizzati sia come bioin-dicatori, sia come bioaccumulatori, poiché spesso con-centrano nelle loro strutture alcuni contaminanti. Essipermettono di raccogliere informazioni sullapresenza di gas tossici (co-me gli ossidi di azo-to e di zolfo) edi metalli pesanti,anche su porzioni diterritorio molto estese.

Tra il 1997 e il 1998 il Comune di Schio ha avviato unainiziativa di monitoraggio dell’aria su tutto il territorio co-munale, utilizzando questa tecnica. Confrontando i datiottenuti con quelli di una campagna analoga realizzatadieci anni prima, si è potuto stabilire che all’interno delcentro urbano la situazione dell’aria è complessivamentemigliorata.

GLI EFFETTI DELLO SMOG ESTIVO

La presenza dell’ozono è fondamentale negli strati più altidell’atmosfera, dove forma uno scudo che protegge la ter-ra dai pericolosi effetti della radiazione ultravioletta del so-le. Ma negli strati bassi può avere effetti dannosi per la sa-lute dell’uomo e dell’ambiente. Non è prodotto direttamente dalle attività umane, ma siforma per azione della luce solare su alcuni inquinanti. Lasua concentrazione può aumentare in presenza di questesostanze e di particolari condizioni climatiche, che ne de-terminano le variazioni stagionali: durante i mesi estivil’alta pressione, le elevate temperature e la scarsa venti-lazione favoriscono l’accumulo degli inquinanti e, grazieal forte irraggiamento, le loro reazioni con la luce solare.Le concentrazioni risultano così più elevate rispetto al li-vello naturale, compreso tra 20 e 80 microgrammi permetro cubo d’aria. Alti livelli di ozono danneggiano la sa-lute di uomini, animali e piante, perché interferiscono conla fotosintesi e la crescita, deteriorano i materiali e ridu-cono la visibilità. I rischi aumentano con la concentrazio-ne e la durata dell’esposizione, ma gli effetti variano dapersona a persona e in particolari situazioni. L’effetto èpiù intenso, per esempio, durante gli sforzi fisici: se laconcentrazione di ozono raggiunge i 200 microgrammiper metro cubo, la capacità respiratoria può diminuire del10 per cento nelle persone più sensibili che praticano at-tività fisica all’aperto.

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cletta si può arrivare facilmente a 40 litri al minuto, equesto aumenta l’assorbimento di particelle dannose• se ci si sposta in bicicletta utilizzare le mascherine diprotezione, che sono utili però solo se i filtri vengono so-stituiti periodicamente. Se il filtro è saturo, l’effetto è op-posto. Purtroppo, le mascherine efficaci sono in generele più scomode da indossare. Quelle semplici e leggeredovrebbero essere impiegate una volta sola.

Anche la casa, però, può essere fonte di inquinamento.E’ bene quindi rispettare alcuni suggerimenti per evitaredi peggiorare la qualità dell’aria domestica: • accendere la ventola filtrante quando si cucina • evitare, nei giorni di forte inquinamento, di usare spraycome gli insetticidi, potenzialmente tossici, che richie-dono un immediato ricambio dell’aria• evitare di fumare.

E anche quando ci si mette al volante si può cercaredi ridurre il più possibile le emissioni di sostanze no-cive in aria, per esempio limitando gli sprechi di car-burante. Viaggiare con i finestrini aperti, per esempio,può aumentare i consumi di una quantità variabile trail 3 e il 5 per cento, mentre i pneumatici sgonfi inci-dono per il 3 per cento, le candele sporche per il 7 percento, il filtro dell’aria esaurito per il 2,5 per cento, ilportapacchi o il portasci per il 5 per cento.

I TANTI IMPEGNI DELLE ISTITUZIONI

Campagne di monitoraggio atmosferico, nuovi metodidi analisi, sviluppo di tecnologie produttive a basso im-patto ambientale, negli ultimi anni hanno prodotto unvisibile miglioramento della qualità dell’aria. Ma altre iniziative, che coinvolgono Comune e Provinciadi Vicenza, Regione Veneto e Governo nazionale, vannonella stessa direzione. Tra queste il protocollo di intesa tra Provincia, Comune eassociazioni di categoria per la riduzione dell’inquina-mento dovuto al traffico. L’iniziativa, nota come «Bolli-no Blu», non solo contribuirà a migliorare le caratteristi-che del parco automobilistico vicentino per quanto ri-guarda gli effetti sull’ambiente, ma anche tenterà di re-sponsabilizzare la popolazione sui rischi della contami-nazione da traffico veicolare.Un’altra recente iniziativa è stata la «Giornata europea:in città senza la mia auto» del 22 settembre, promossadal Ministero dell’Ambiente in accordo con i governi dialtri paesi europei, con l’obiettivo di sensibilizzare ulte-riormente la popolazione delle aree urbane del paese sulproblema dell’inquinamento atmosferico.Altre misure richiedono investimenti relativamente pocoimpegnativi, come la costruzione di piste ciclabili e l’ot-timizzazione del trasporto pubblico, con la conseguentedissuasione dall’uso dell’automobile.

COME DIFENDERSI DALL’ARIA INQUINATA

Nei giorni di grande inquinamento l’ideale sarebbe sfug-gire all’aria pesante delle città rifugiandosi per qualchegiorno in montagna o al mare. Anche se questo non èsempre possibile, alcune semplici norme di prudenza pos-sono aiutare a diminuire l’effetto negativo dei tanti inqui-nanti. Queste riguardano soprattutto chi soffre di disturbirespiratori o cardiaci, che dovrebbero evitare di uscire, maanche le persone sane, e in particolare i bambini:• non far uscire di casa i bambini più piccoli. Se proprio sideve, meglio portarli in braccio o nel marsupio piuttostoche nel passeggino che, essendo all’altezza dei tubi discarico delle auto, espone i piccoli a una miscela di inqui-nanti ancor più concentrata, in particolare durante le at-tese ai semafori• se si gira in macchina è meglio tenere chiusi i finestrini ele bocchette di aerazione, e quindi rinunciare al riscalda-mento• evitare di fare jogging o altri sforzi fisici prolungati al-l’aperto. In condizioni di riposo i polmoni filtrano circa 6litri di aria al minuto, ma quando si corre o si va in bici-

Le centraline di rilevamento registrano le concentrazioni in ariadei principali inquinanti.

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E’ stato poi rafforzato il monitoraggio dell’attività pro-duttiva delle concerie già avviate e di controllo dei requi-siti ambientali di quelle in fase di avviamento.

Da ottobre 2000 è in corso un’iniziativa di controllo sullaqualità dell’aria, promossa dalla Provincia di Vicenza edall’ARPAV. Il territorio controllato coinvolge 17 comunidella valle del Chiampo e utilizza 50 campionatori passi-vi distribuiti in quattro tipi di zone, classificate sulla basedel livello di inquinamento atmosferico presunto.

I LICHENI AIUTANO SCHIO

Un altro metodo per il controllo della qualità dell’am-biente si basa sulla risposta di alcuni organismi alle varia-zioni chimiche e fisiche esterne. Il metodo si è rivelatoparticolarmente semplice e vantaggioso perché consen-te, con investimenti minimi, di controllare indirettamen-te l’andamento di alcuni inquinanti. Il rilevamento vero eproprio, infatti, viene effettuato esaminando il compor-tamento biologico di alcune specie sensibili alla conta-minazione: per questa proprietà di funzionare come sen-sori naturali, dunque, questi organismi sono detti «bioin-dicatori».Nel caso dell’inquinamento atmosferico, gli organismiche meglio si prestano a questa procedura ecologica so-no i licheni, che possono essere utilizzati sia come bioin-dicatori, sia come bioaccumulatori, poiché spesso con-centrano nelle loro strutture alcuni contaminanti. Essipermettono di raccogliere informazioni sullapresenza di gas tossici (co-me gli ossidi di azo-to e di zolfo) edi metalli pesanti,anche su porzioni diterritorio molto estese.

Tra il 1997 e il 1998 il Comune di Schio ha avviato unainiziativa di monitoraggio dell’aria su tutto il territorio co-munale, utilizzando questa tecnica. Confrontando i datiottenuti con quelli di una campagna analoga realizzatadieci anni prima, si è potuto stabilire che all’interno delcentro urbano la situazione dell’aria è complessivamentemigliorata.

GLI EFFETTI DELLO SMOG ESTIVO

La presenza dell’ozono è fondamentale negli strati più altidell’atmosfera, dove forma uno scudo che protegge la ter-ra dai pericolosi effetti della radiazione ultravioletta del so-le. Ma negli strati bassi può avere effetti dannosi per la sa-lute dell’uomo e dell’ambiente. Non è prodotto direttamente dalle attività umane, ma siforma per azione della luce solare su alcuni inquinanti. Lasua concentrazione può aumentare in presenza di questesostanze e di particolari condizioni climatiche, che ne de-terminano le variazioni stagionali: durante i mesi estivil’alta pressione, le elevate temperature e la scarsa venti-lazione favoriscono l’accumulo degli inquinanti e, grazieal forte irraggiamento, le loro reazioni con la luce solare.Le concentrazioni risultano così più elevate rispetto al li-vello naturale, compreso tra 20 e 80 microgrammi permetro cubo d’aria. Alti livelli di ozono danneggiano la sa-lute di uomini, animali e piante, perché interferiscono conla fotosintesi e la crescita, deteriorano i materiali e ridu-cono la visibilità. I rischi aumentano con la concentrazio-ne e la durata dell’esposizione, ma gli effetti variano dapersona a persona e in particolari situazioni. L’effetto èpiù intenso, per esempio, durante gli sforzi fisici: se laconcentrazione di ozono raggiunge i 200 microgrammiper metro cubo, la capacità respiratoria può diminuire del10 per cento nelle persone più sensibili che praticano at-tività fisica all’aperto.

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dell’inquinamento atmosferico urbano sullasalute degli abitanti di varie città italiane edeuropee. E ha concluso che l’ambiente dellecittà è gravemente compromesso dal traffico,che porta con sé un elevato numero di mortievitabili e di malattie cardiovascolari erespiratorie croniche. Particolare attenzione èstata dedicata alle polveri fini (PM10).L’inquinamento dovuto a queste sostanze nondipende, afferma lo studio, dal fatto diutilizzare automobili più o meno «ecologiche»:le polveri si formano solo per il movimento deiveicoli, che mette in circolazione un misto disostanze chimiche, particelle di terreno eresidui. La loro pericolosità è stata dimostrata danumerosi studi condotti negli anni novanta, chehanno stabilito una relazione lineare traaumento della concentrazione atmosferica dellepolveri, ricoveri ospedalieri e mortalità degliammalati. In altre parole, le elevate quantità dipolveri non uccidono direttamente, ma sonoefficaci nel peggiorare le condizioni cliniche dichi già soffre di malattie cardiache erespiratorie.

Ma il loro utilizzo negli studi sull’inquinamentodipende anche dal fatto che le polveri possonoessere utilizzate per misurare i livelli di altresostanze nocive, come gli idrocarburi aromatici,per esempio il benzene, che sono riconosciuticome cancerogeni.Per questo motivo le polveri fini sono statespesso utilizzate per quantificare i danni dainquinamento automobilistico.L’Organizzazione mondiale della sanità halanciato una massiccia campagnad’informazione diretta ai ministri dell’ambientee dei trasporti, per sottolineare la necessità dipianificare in modo diverso la viabilità e la retedei trasporti, puntando su servizi pubblici, isolepedonali e piste ciclabili. Ma il più importanteorganismo internazionale di tutela della salutepubblica si è rivolto anche ai cittadini,ricordando di privilegiare gli spostamenti in bicicletta o a piedi; infatti trenta minuti al giorno di bicicletta o di camminata rapidaportano notevoli benefici: dimezzamento del rischio di sviluppare una malattiacardiocoronarica o il diabete, riduzione del 30per cento delle probabilità di diventare ipertesi.

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ARIA E SALUTE

E’ poco «visibile» ma non per questo pocodannoso. L’inquinamento atmosferico, infatti,non produce solo irritazioni a naso, occhi e gola.Uno studio dell’Istituto nazionale per la ricercasul cancro indica che chi vive in città, dovel’inquinamento è più elevato, ha unaprobabilità di ammalarsi di disturbi respiratorisuperiore del 20-40 per cento rispetto a chi vivein campagna.Gli studi hanno mostrato che durante l’inverno,quando è più alto l’inquinamento provocato daltraffico e dagli impianti di riscaldamento, sonopiù frequenti alterazioni delle funzionipolmonari, aggravamenti di bronchiti croniche,ricoveri per problemi respiratori ecardiovascolari. Il rischio è più elevato per lepersone più deboli: bambini, anziani e chi soffredi disturbi respiratori e cardiovascolari. I limiti diesposizione ad alcuni inquinanti, stabiliti perevitare danni alla salute, sono riportati nellatabella della figura 10.Gli effetti dei vari inquinanti si manifestanoprincipalmente sull’apparato respiratorio, magli studi indicano anche la possibilità di danni,anche gravi, ad altri organi.• Monossido di carbonio: non si vede e non sisente, perché non ha odore, ma èparticolarmente velenoso perché si legaall’emoglobina limitando la quantità diossigeno trasportata dal sangue. A basseconcentrazioni è tossico per l’apparatocardiovascolare e il sistema nervoso centrale. Adalte concentrazioni si ha un vero e proprio

Sostanza Limiti di legge

Benzene 10 microgrammi al metro cubo

Polveri (PM10) 40 microgrammi al metro cubo

Monossido di carbonio 40 milligrammi al metro cubo

Anidride solforosa 250 microgrammi al metro cubo

Ozono (media su 8 ore) 110 microgrammi al metro cubo

FIGURA 10.La normativa stabilisce i valori limite delle concentrazioni inaria di ciascun inquinante.

LIMITI DI LEGGE

avvelenamento che può portare alla morte perconcentrazioni superiori a 10 mila milligrammiper metro cubo.• Ossidi di azoto: provocano disturbiall’apparato respiratorio. Si va dalle sempliciirritazioni delle vie aeree a bronchiti vere eproprie, fino a forme asmatiche ed enfisemapolmonare. Inoltre possono provocare disturbiagli occhi e all’apparato renale. • Ossidi di zolfo: irritazioni delle mucose, inparticolare quelle delle vie respiratoriesuperiori, e degli occhi sono effetti piuttostocomuni. Vari studi hanno dimostrato chel’anidride solforosa aumenta le difficoltàrespiratorie nelle persone sane e aggrava lecondizioni dei bronchi degli asmatici, tanto chenelle zone ad alto inquinamento il tasso dimortalità per bronchiti è più elevato.• Idrocarburi: si legano anche alle polveri che litrasportano nelle parti più profonde delle vierespiratorie. L’effetto cancerogeno di alcuni diloro, per esempio il benzene, è statodimostrato. Il benzopirene, contenuto anchenel fumo delle sigarette, è accusato di essere trai responsabili del maggior numero di tumori alpolmone che si registra nelle grandi città.• Ozono: i rischi riguardano le mucose, gli occhie l’apparato respiratorio. L’esposizione anchebreve alle alte concentrazioni può provocareinfiammazioni a naso e gola e seri danni alle vierespiratorie inferiori, polmoni, alveoli e bronchi.Il rischio è più alto per i bambini e per chi soffredi disturbi respiratori, come gli asmatici.

Un discorso a parte meritano le polveri,responsabili di irritazioni agli occhi, bronchiticroniche e malattie polmonari. Le particelle piùpiccole, quelle con diametro inferiore a 10micron (PM10), riescono a penetrareprofondamente nelle vie respiratorie, senzaessere espulse dalle difese naturali (starnuti,muco, tosse). Queste sono le più pericolose,perché oltre ad avere un effetto tossico proprio,possono costituire un mezzo di trasporto peraltri inquinanti.Un recente studio dell’Organizzazionemondiale della sanità ha analizzato l’impatto

FIGURA 10

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dell’inquinamento atmosferico urbano sullasalute degli abitanti di varie città italiane edeuropee. E ha concluso che l’ambiente dellecittà è gravemente compromesso dal traffico,che porta con sé un elevato numero di mortievitabili e di malattie cardiovascolari erespiratorie croniche. Particolare attenzione èstata dedicata alle polveri fini (PM10).L’inquinamento dovuto a queste sostanze nondipende, afferma lo studio, dal fatto diutilizzare automobili più o meno «ecologiche»:le polveri si formano solo per il movimento deiveicoli, che mette in circolazione un misto disostanze chimiche, particelle di terreno eresidui. La loro pericolosità è stata dimostrata danumerosi studi condotti negli anni novanta, chehanno stabilito una relazione lineare traaumento della concentrazione atmosferica dellepolveri, ricoveri ospedalieri e mortalità degliammalati. In altre parole, le elevate quantità dipolveri non uccidono direttamente, ma sonoefficaci nel peggiorare le condizioni cliniche dichi già soffre di malattie cardiache erespiratorie.

Ma il loro utilizzo negli studi sull’inquinamentodipende anche dal fatto che le polveri possonoessere utilizzate per misurare i livelli di altresostanze nocive, come gli idrocarburi aromatici,per esempio il benzene, che sono riconosciuticome cancerogeni.Per questo motivo le polveri fini sono statespesso utilizzate per quantificare i danni dainquinamento automobilistico.L’Organizzazione mondiale della sanità halanciato una massiccia campagnad’informazione diretta ai ministri dell’ambientee dei trasporti, per sottolineare la necessità dipianificare in modo diverso la viabilità e la retedei trasporti, puntando su servizi pubblici, isolepedonali e piste ciclabili. Ma il più importanteorganismo internazionale di tutela della salutepubblica si è rivolto anche ai cittadini,ricordando di privilegiare gli spostamenti in bicicletta o a piedi; infatti trenta minuti al giorno di bicicletta o di camminata rapidaportano notevoli benefici: dimezzamento del rischio di sviluppare una malattiacardiocoronarica o il diabete, riduzione del 30per cento delle probabilità di diventare ipertesi.

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ARIA E SALUTE

E’ poco «visibile» ma non per questo pocodannoso. L’inquinamento atmosferico, infatti,non produce solo irritazioni a naso, occhi e gola.Uno studio dell’Istituto nazionale per la ricercasul cancro indica che chi vive in città, dovel’inquinamento è più elevato, ha unaprobabilità di ammalarsi di disturbi respiratorisuperiore del 20-40 per cento rispetto a chi vivein campagna.Gli studi hanno mostrato che durante l’inverno,quando è più alto l’inquinamento provocato daltraffico e dagli impianti di riscaldamento, sonopiù frequenti alterazioni delle funzionipolmonari, aggravamenti di bronchiti croniche,ricoveri per problemi respiratori ecardiovascolari. Il rischio è più elevato per lepersone più deboli: bambini, anziani e chi soffredi disturbi respiratori e cardiovascolari. I limiti diesposizione ad alcuni inquinanti, stabiliti perevitare danni alla salute, sono riportati nellatabella della figura 10.Gli effetti dei vari inquinanti si manifestanoprincipalmente sull’apparato respiratorio, magli studi indicano anche la possibilità di danni,anche gravi, ad altri organi.• Monossido di carbonio: non si vede e non sisente, perché non ha odore, ma èparticolarmente velenoso perché si legaall’emoglobina limitando la quantità diossigeno trasportata dal sangue. A basseconcentrazioni è tossico per l’apparatocardiovascolare e il sistema nervoso centrale. Adalte concentrazioni si ha un vero e proprio

Sostanza Limiti di legge

Benzene 10 microgrammi al metro cubo

Polveri (PM10) 40 microgrammi al metro cubo

Monossido di carbonio 40 milligrammi al metro cubo

Anidride solforosa 250 microgrammi al metro cubo

Ozono (media su 8 ore) 110 microgrammi al metro cubo

FIGURA 10.La normativa stabilisce i valori limite delle concentrazioni inaria di ciascun inquinante.

LIMITI DI LEGGE

avvelenamento che può portare alla morte perconcentrazioni superiori a 10 mila milligrammiper metro cubo.• Ossidi di azoto: provocano disturbiall’apparato respiratorio. Si va dalle sempliciirritazioni delle vie aeree a bronchiti vere eproprie, fino a forme asmatiche ed enfisemapolmonare. Inoltre possono provocare disturbiagli occhi e all’apparato renale. • Ossidi di zolfo: irritazioni delle mucose, inparticolare quelle delle vie respiratoriesuperiori, e degli occhi sono effetti piuttostocomuni. Vari studi hanno dimostrato chel’anidride solforosa aumenta le difficoltàrespiratorie nelle persone sane e aggrava lecondizioni dei bronchi degli asmatici, tanto chenelle zone ad alto inquinamento il tasso dimortalità per bronchiti è più elevato.• Idrocarburi: si legano anche alle polveri che litrasportano nelle parti più profonde delle vierespiratorie. L’effetto cancerogeno di alcuni diloro, per esempio il benzene, è statodimostrato. Il benzopirene, contenuto anchenel fumo delle sigarette, è accusato di essere trai responsabili del maggior numero di tumori alpolmone che si registra nelle grandi città.• Ozono: i rischi riguardano le mucose, gli occhie l’apparato respiratorio. L’esposizione anchebreve alle alte concentrazioni può provocareinfiammazioni a naso e gola e seri danni alle vierespiratorie inferiori, polmoni, alveoli e bronchi.Il rischio è più alto per i bambini e per chi soffredi disturbi respiratori, come gli asmatici.

Un discorso a parte meritano le polveri,responsabili di irritazioni agli occhi, bronchiticroniche e malattie polmonari. Le particelle piùpiccole, quelle con diametro inferiore a 10micron (PM10), riescono a penetrareprofondamente nelle vie respiratorie, senzaessere espulse dalle difese naturali (starnuti,muco, tosse). Queste sono le più pericolose,perché oltre ad avere un effetto tossico proprio,possono costituire un mezzo di trasporto peraltri inquinanti.Un recente studio dell’Organizzazionemondiale della sanità ha analizzato l’impatto

FIGURA 10

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Il rumore continuo, diffuso, al quale sono sottoposti gliabitanti di città grandi e piccole, può essere consideratouna forma di inquinamento, al pari di quello di aria e ac-qua. In Italia, infatti, la gran parte dei cittadini vive quotidia-namente immersa in un limbo rumoroso causato daltraffico urbano, i cui livelli superano i valori massimi am-missibili secondo l’Organizzazione mondiale della sanità(65 decibel di giorno e 55 di notte).E i dati raccolti nelle campagne di misurazione condottedal dipartimento ARPAV di Vicenza nei centri più grandidella provincia negli ultimi dieci anni indicano che anchela provincia veneta, a esclusione di alcune località, nonrappresenta un’eccezione.

MISURARE IL RUMORE

Per valutare il fenomeno dell’inquinamento acustico do-vuto al traffico, durante il decennio 1989-1999, nei co-muni di Vicenza, Schio, Bassano del Grappa e dell’Alto-piano di Asiago sono state effettuate misurazioni dei li-velli di rumore nelle aree urbane.Pur se condotte in tempi e zone diverse, tutte le indaginihanno utilizzato gli stessi metodi, analizzando come va-riano i livelli di rumorosità nelle diverse aree in cui vienesuddiviso il territorio e durante l’arco della giornata.Sono stati scelti i punti in cui effettuare le misure, distri-buiti in modo omogeneo sulla rete stradale e considera-ti particolarmente significativi. Il numero di punti di rile-vazione variava a seconda delle dimensioni del territo-rio da analizzare, in modo da dare sempre una descri-zione completa. Per uniformare il metodo di indagine, ne-gli anni tutte le misurazioni di rumore sono state eseguitea bordo strada. Questa situazione, comoda per chi effet-tua i rilievi, non è rappresentativa della reale esposizionedella popolazione. In questo decennio la normativa di set-tore, emanata dopo il 1995, ha imposto di valutare l’e-sposizione della popolazione con misure di rumore effet-tuate in corrispondenza delle facciate degli edifici.La principale quantità utilizzata per esprimere i risultatiottenuti è il livello equivalente (Leq), che rappresenta ilvalore medio dell’energia sonora emessa in un certo in-tervallo di tempo, e descrive perciò il livello medio di ru-more al quale la popolazione è esposta. Altre quantità caratteristiche sono i livelli statistici, cheindividuano i livelli di rumore che vengono superati peruna certa percentuale di tempo. In particolare la quan-tità indicata con L10 rappresenta il livello che viene su-perato per il 10 per cento del tempo di misura, e serve avalutare i picchi di rumorosità. Il valore di L90 (livello su-perato per il 90 per cento del tempo), invece, è unabuona indicazione del rumore di fondo. Queste quan-

tità sono misurate in decibel.Sia il livello equivalente che L10 possono essere messi inrelazione con i flussi orari di traffico, poiché è propriol’automobile la prima responsabile dell’inquinamentoacustico in città, e crescono all’aumentare del numerodelle automobili che passano in un’ora, secondo una re-lazione che, con opportune correzioni, tiene conto siadei veicoli leggeri che del traffico pesante. Questa rela-zione è particolarmente importante per valutare pre-ventivamente l’inquinamento acustico in una zona ditraffico e progettare i rimedi necessari, per esempio pia-nificando in modo diverso la viabilità.

È SCHIO LA PIU’ SILENZIOSA

Le due campagne di misurazione condotte nell’area ur-bana di Vicenza (1989 e1992) hanno messo in eviden-za come addirittura nel 50 per cento delle strade il livel-lo equivalente fosse superiore a 66 decibel. Il rumore per-cepito corrisponde in intensità a quello di un’aspirapol-vere o di una strada trafficata.Anche se il livello equivalente medio è risultato di circa 66decibel, in alcune zone caratterizzate da grandi strade traf-ficate, come il quartiere “Villaggio del Sole” sono stati mi-surati livelli diurni e notturni ben superiori a 70 decibel.I dati significativi per l’area urbana di Vicenza sono rias-sunti nella tabella della figura 1.

Bassano del Grappa non gode di una situazione mol-to più rosea, mostrando un livello equivalente medio di66.5 decibel, ma tra le due campagne di misura del 1989e del 1994, grazie alle modifiche apportate alla viabilitàdel centro urbano, si è ottenuta una generale diminuzio-ne del valore medio del livello equivalente.Non stanno bene neanche i timpani degli abitanti degliotto comuni dell’Altopiano di Asiago, monitoratinell’estate 1995. I valori massimi del livello equivalente siaggirano intorno ai 70 decibel diurni e ai 65 notturni, mi-surati nel centro urbano di Asiago. La zona più silenzio-sa è risultata Cesuna, con valori diurno e notturno ri-

IL RUMORE A VICENZA

FIGURA 1.Valori medi, minimi e massimi registrati a Vicenza (in decibel).Leq rappresenta il livello medio di rumore nelle strade, L10 indicai picchi e L90 il rumore di fondo.

Leq L10 L90

Valore medio 65.5 68.0 53.5

Valore minimo 44.0 44.5 38.5

Valore massimo 79.5 83.5 69.5

FIGURA 1

“Colpisce le orecchie dell’impreparato viaggiatore il frastuono che lo accoglie entrando in Vicenza. Al

confronto Schio, dalla quale provengo, mi sembra ora silenziosa quasi quanto le disabitate distese

dell’Oriente. Qui nel capoluogo l’intenso traffico impone agli abitanti un bagno di rumori che non puo

invidiare nulla a quello delle grandi citta e che durante il giorno non cessa mai. Ma quando cala la

notte anche per le orecchie giunge il sollievo.

Altrove nella provincia le orecchie stanno meglio. Ma anche se si vive qui nel capoluogo esistono

metodi per proteggersi da questo fastidioso sottofondo”.

Una fastidiosacolonna sonora

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Il rumore continuo, diffuso, al quale sono sottoposti gliabitanti di città grandi e piccole, può essere consideratouna forma di inquinamento, al pari di quello di aria e ac-qua. In Italia, infatti, la gran parte dei cittadini vive quotidia-namente immersa in un limbo rumoroso causato daltraffico urbano, i cui livelli superano i valori massimi am-missibili secondo l’Organizzazione mondiale della sanità(65 decibel di giorno e 55 di notte).E i dati raccolti nelle campagne di misurazione condottedal dipartimento ARPAV di Vicenza nei centri più grandidella provincia negli ultimi dieci anni indicano che anchela provincia veneta, a esclusione di alcune località, nonrappresenta un’eccezione.

MISURARE IL RUMORE

Per valutare il fenomeno dell’inquinamento acustico do-vuto al traffico, durante il decennio 1989-1999, nei co-muni di Vicenza, Schio, Bassano del Grappa e dell’Alto-piano di Asiago sono state effettuate misurazioni dei li-velli di rumore nelle aree urbane.Pur se condotte in tempi e zone diverse, tutte le indaginihanno utilizzato gli stessi metodi, analizzando come va-riano i livelli di rumorosità nelle diverse aree in cui vienesuddiviso il territorio e durante l’arco della giornata.Sono stati scelti i punti in cui effettuare le misure, distri-buiti in modo omogeneo sulla rete stradale e considera-ti particolarmente significativi. Il numero di punti di rile-vazione variava a seconda delle dimensioni del territo-rio da analizzare, in modo da dare sempre una descri-zione completa. Per uniformare il metodo di indagine, ne-gli anni tutte le misurazioni di rumore sono state eseguitea bordo strada. Questa situazione, comoda per chi effet-tua i rilievi, non è rappresentativa della reale esposizionedella popolazione. In questo decennio la normativa di set-tore, emanata dopo il 1995, ha imposto di valutare l’e-sposizione della popolazione con misure di rumore effet-tuate in corrispondenza delle facciate degli edifici.La principale quantità utilizzata per esprimere i risultatiottenuti è il livello equivalente (Leq), che rappresenta ilvalore medio dell’energia sonora emessa in un certo in-tervallo di tempo, e descrive perciò il livello medio di ru-more al quale la popolazione è esposta. Altre quantità caratteristiche sono i livelli statistici, cheindividuano i livelli di rumore che vengono superati peruna certa percentuale di tempo. In particolare la quan-tità indicata con L10 rappresenta il livello che viene su-perato per il 10 per cento del tempo di misura, e serve avalutare i picchi di rumorosità. Il valore di L90 (livello su-perato per il 90 per cento del tempo), invece, è unabuona indicazione del rumore di fondo. Queste quan-

tità sono misurate in decibel.Sia il livello equivalente che L10 possono essere messi inrelazione con i flussi orari di traffico, poiché è propriol’automobile la prima responsabile dell’inquinamentoacustico in città, e crescono all’aumentare del numerodelle automobili che passano in un’ora, secondo una re-lazione che, con opportune correzioni, tiene conto siadei veicoli leggeri che del traffico pesante. Questa rela-zione è particolarmente importante per valutare pre-ventivamente l’inquinamento acustico in una zona ditraffico e progettare i rimedi necessari, per esempio pia-nificando in modo diverso la viabilità.

È SCHIO LA PIU’ SILENZIOSA

Le due campagne di misurazione condotte nell’area ur-bana di Vicenza (1989 e1992) hanno messo in eviden-za come addirittura nel 50 per cento delle strade il livel-lo equivalente fosse superiore a 66 decibel. Il rumore per-cepito corrisponde in intensità a quello di un’aspirapol-vere o di una strada trafficata.Anche se il livello equivalente medio è risultato di circa 66decibel, in alcune zone caratterizzate da grandi strade traf-ficate, come il quartiere “Villaggio del Sole” sono stati mi-surati livelli diurni e notturni ben superiori a 70 decibel.I dati significativi per l’area urbana di Vicenza sono rias-sunti nella tabella della figura 1.

Bassano del Grappa non gode di una situazione mol-to più rosea, mostrando un livello equivalente medio di66.5 decibel, ma tra le due campagne di misura del 1989e del 1994, grazie alle modifiche apportate alla viabilitàdel centro urbano, si è ottenuta una generale diminuzio-ne del valore medio del livello equivalente.Non stanno bene neanche i timpani degli abitanti degliotto comuni dell’Altopiano di Asiago, monitoratinell’estate 1995. I valori massimi del livello equivalente siaggirano intorno ai 70 decibel diurni e ai 65 notturni, mi-surati nel centro urbano di Asiago. La zona più silenzio-sa è risultata Cesuna, con valori diurno e notturno ri-

IL RUMORE A VICENZA

FIGURA 1.Valori medi, minimi e massimi registrati a Vicenza (in decibel).Leq rappresenta il livello medio di rumore nelle strade, L10 indicai picchi e L90 il rumore di fondo.

Leq L10 L90

Valore medio 65.5 68.0 53.5

Valore minimo 44.0 44.5 38.5

Valore massimo 79.5 83.5 69.5

FIGURA 1

“Colpisce le orecchie dell’impreparato viaggiatore il frastuono che lo accoglie entrando in Vicenza. Al

confronto Schio, dalla quale provengo, mi sembra ora silenziosa quasi quanto le disabitate distese

dell’Oriente. Qui nel capoluogo l’intenso traffico impone agli abitanti un bagno di rumori che non puo

invidiare nulla a quello delle grandi citta e che durante il giorno non cessa mai. Ma quando cala la

notte anche per le orecchie giunge il sollievo.

Altrove nella provincia le orecchie stanno meglio. Ma anche se si vive qui nel capoluogo esistono

metodi per proteggersi da questo fastidioso sottofondo”.

Una fastidiosacolonna sonora

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traffico, che garantisca la salute dei timpani dei cittadini,grazie per esempio alla ricerca di percorsi compatibili, al-l’installazione di barriere antirumore, all’uso di specialiasfalti fonoassorbenti.

DIFENDERSI DA SOLI

Poche semplici regole possono aiutare a difendersi dal-l’inquinamento acustico:• montare doppi vetri alle finestre o, se possibile, undoppio infisso • se l’appartamento ha pareti tanto sottili da far passa-re anche i bisbigli dei vicini, è possibile installare pan-nelli di speciali materiali fonoisolanti• collocare la stanza da letto il più lontano possibiledalla strada più trafficata

I COMPITI DELLE ISTITUZIONI

Nonostante il buon livello di conoscenza del fenomeno,raggiunto grazie alle campagne di misurazione di questianni, l’ARPAV ha dato il via all’elaborazione di un nuovometodo di indagine per valutare:• la percentuale di popolazione esposta a livelli medi dirumore superiori a 65 decibel, indicatore questo utilizza-to a livello europeo• il numero di misure che, rispetto al totale, hanno datovalori superiori al limite• il numero di richieste di interventi per rumori molesti.

Un primo passo è stato già compiuto per il Comune diVicenza che, in base a dati acustici e demografici raccol-ti precedentemente, ha calcolato la percentuale di po-polazione esposta a livelli di rumore superiori a 65 deci-bel in una parte del territorio comunale. I primi dati sonoesposti nella tabella della figura 4.

La normativa vigente obbliga le Amministrazioni comu-nali a suddividere il territorio in base alle classi definitenella tabella della figura 5, dove sono anche indicati i li-miti diurni e notturni stabiliti. Alla classificazione devono seguire interventi di risana-mento, oggi ancora in uno stadio molto arretrato, cheportino al rispetto dei limiti, attraverso la regolazione del

FIGURA 4.Prima stima della percentuale di popolazione del comune di Vi-cenza esposta a livelli di rumore superiori a 65 decibel.

LA NUOVA INDAGINE

Superficie analizzata 23 %

Popolazione totale del Comune (1991) 109.445

Percentuale di popolazione monitorata 71%

Percentuale di popolazione esposta a Leq > 65 decibel 37%

FIGURA 4

CLASSI ACUSTICHE

FIGURA 5.Limiti stabiliti dalla Legge quadro 447/95 (e successivi decreti) per le varie zone in cui deve essere suddiviso il territorio comunale.

TIPO DI AREA CARATTERISTICHE LIMITE DIURNO LIMITE NOTTURNO

(6.00-22.00) (22.00-6.00)

1. aree particolarmente aree nelle quali la quiete rappresenta un elemento di base per la loro 50 decibel 40 decibelprotette utilizzazione: aree ospedaliere, scolastiche, aree destinate al riposo

e allo svago, aree residenziali rurali, aree di particolare interesse urbanistico, parchi pubblici eccetera.

2 aree destinate a uso aree urbane interessate prevalentemente da traffico veicolare locale, 55 decibel 45 decibelprevalentemente con bassa densità di popolazione, con limitata presenza di attività residenziale commerciali e assenza di attività industriali e artigianali.

3 aree di tipo misto aree urbane interessate da traffico veicolare locale o di attraversamento, 60 decibel 50 decibelcon media densità di popolazione, con presenza di attività commerciali, uffici, con limitata presenza di attività artigianali e con assenza di attività industriali; aree rurali interessate da attività che impiegano macchine operatrici.

4 aree di intensa aree urbane interessate da intenso traffico veicolare, con alta densità 65 decibel 55 decibelattività umana di popolazione, con presenza di attività commerciali e uffici, con presenza

di attività artigianali; le aree in prossimità di strade di grande comunicazione e di linee ferroviarie; le aree portuali, le aree con limitata presenza di piccole industrie.

5 aree prevalentemente aree interessate da insediamenti industriali 70 decibel 60 decibelindustriali e con scarsità di abitazioni.

6 aree esclusivamente aree esclusivamente interessate da attività industriali e prive 70 decibel 70 decibelindustriali di insediamenti abitativi.

FIGURA 5

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LE CIFRE DELLA PROVINCIA

spettivamente di 60.4 e 53,4 decibel. Il valore medio del-la zona è comunque attorno ai 64 decibel.Sembrano vivere in un’oasi di pace, invece, gli abitanti diSchio, dove il rumore nel centro storico non supera mai i70 decibel, secondo i rilevamenti del 1995. Anzi, il valoremedio del livello equivalente si attesta intorno ai 59,7 de-cibel, valore vicino a quello di benessere indicato dagliesperti.Gli altri dati significativi per la città di Schio sono riporta-ti nella tabella della figura 2.Nella tabella della figura 3 è invece esposto un quadroriassuntivo dei valori registrati nelle varie zone della pro-vincia.

VEICOLI A MOTORE SOTTO ACCUSA

Sono i principali responsabili degli alti livelli di rumore neicentri urbani, e non solo per il rombo dei loro motori.

Il rumore prodotto da un veicolo in movimento, infatti,ha molteplici sorgenti: il sistema di propulsione, il rotola-mento dei pneumatici sull’asfalto, le vibrazioni trasmessealla struttura dal sistema propulsivo e il rollio, cioè l’insie-me delle vibrazioni alle quali è sottoposta la struttura acausa del rotolamento dei pneumatici.Il rumore immesso nell’ambiente da ciascuna di questefonti dipende dalla velocità e dal tipo di veicolo. Alle velocità di circolazione urbana è prevalente il rumoregenerato dal motore. Infatti alle basse velocità i livelli dirumore emessi dai veicoli dipendono in larga misura dalsistema propulsivo del veicolo, mentre al crescere dellavelocità il contributo dovuto al rotolamento dei pneu-matici diventa via via più importante. Quindi il rumoreprodotto da un’automobile cresce con l’aumentare dellavelocità e, da un certo punto in poi, il contributo dovutoal rotolamento dei pneumatici prevale su quello prodot-to dal motore.Per camion e autobus, e in generale per i mezzi pesanti, ilrumore prodotto è comunque superiore a quello di au-tomobili e motocicli, principalmente a causa della mag-giore potenza dei motori.Anche per un mezzo pesante, comunque, il rumore do-vuto al rotolamento dei pneumatici cresce con la velo-cità, ma prevale sempre quello provocato dal motore.Ma oltre che con il rombo dei motori e il rotolamento deipneumatici, i veicoli a motore possono contribuire ad au-mentare i livelli di rumore nelle città anche in altri modi,per esempio attraverso gli antifurti a sirena, che emetto-no suoni molto intensi. È stato verificato che nella mag-gior parte dei casi questi allarmi vengono attivati non datentativi di scasso ma da eventi casuali, colpi di vento,contatti elettrici, urti accidentali.E se i veicoli a motore sono i primi colpevoli della forte ru-morosità dei centri urbani, non vanno sottovalutate altrefonti di rumore alle quali ci esponiamo per nostra scelta,come la musica in discoteca, la televisione ad alto volu-me, i rumori domestici.

IL RUMORE A SCHIO

Leq diurno Leq notturno

Valore massimo 67,9 63,2

Valore minimo 51,6 46,1

CHE COS’È IL RUMORE?Generalmente il frastuono che percepiamo è un mi-sto di più suoni semplici, ma ogni rumore può esserecaratterizzato da tre quantità caratteristiche:• Intensità: si misura in decibel, unità che esprime lavariazione della pressione dell’aria dovuta al rumo-re. Il decibel è una unità di misura logaritmica: un au-mento di 3 decibel indica che l’intensità del rumore èraddoppiata• Frequenza: si misura in hertz, unità che indica ilnumero di oscillazioni al secondo di un’onda sonora.L’orecchio umano percepisce frequenze da 20 a 20mila hertz, ma non tutte con la stessa facilità: da mil-le a 6 mila hertz la percezione è ottimale, ma diven-ta critica sotto ai 250 e sopra agli 8 mila. A parità diintensità, perciò, l’orecchio reagisce in modo diversoa suoni di frequenze differenti• Tempo di esposizione: rappresenta il periodo ditempo durante il quale l’orecchio si è sottoposto alrumore. Suoni diffusi e prolungati provocano effettidifferenti da quelli acuti e improvvisi.

FIGURA 2.Valori minimi e massimi diurni e notturni registrati a Schio (indecibel).

FIGURA 3.Confronto tra i valori del livello equivalente medio nelle zoneanalizzate (in decibel).

Zona analizzata Leq medio misurato

Vicenza 66

Vicenza quartiere “Villaggio del Sole” 74,2

Bassano del Grappa 66,5

Altopiano di Asiago 64

Schio 59,7

FIGURA 2

FIGURA 3

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traffico, che garantisca la salute dei timpani dei cittadini,grazie per esempio alla ricerca di percorsi compatibili, al-l’installazione di barriere antirumore, all’uso di specialiasfalti fonoassorbenti.

DIFENDERSI DA SOLI

Poche semplici regole possono aiutare a difendersi dal-l’inquinamento acustico:• montare doppi vetri alle finestre o, se possibile, undoppio infisso • se l’appartamento ha pareti tanto sottili da far passa-re anche i bisbigli dei vicini, è possibile installare pan-nelli di speciali materiali fonoisolanti• collocare la stanza da letto il più lontano possibiledalla strada più trafficata

I COMPITI DELLE ISTITUZIONI

Nonostante il buon livello di conoscenza del fenomeno,raggiunto grazie alle campagne di misurazione di questianni, l’ARPAV ha dato il via all’elaborazione di un nuovometodo di indagine per valutare:• la percentuale di popolazione esposta a livelli medi dirumore superiori a 65 decibel, indicatore questo utilizza-to a livello europeo• il numero di misure che, rispetto al totale, hanno datovalori superiori al limite• il numero di richieste di interventi per rumori molesti.

Un primo passo è stato già compiuto per il Comune diVicenza che, in base a dati acustici e demografici raccol-ti precedentemente, ha calcolato la percentuale di po-polazione esposta a livelli di rumore superiori a 65 deci-bel in una parte del territorio comunale. I primi dati sonoesposti nella tabella della figura 4.

La normativa vigente obbliga le Amministrazioni comu-nali a suddividere il territorio in base alle classi definitenella tabella della figura 5, dove sono anche indicati i li-miti diurni e notturni stabiliti. Alla classificazione devono seguire interventi di risana-mento, oggi ancora in uno stadio molto arretrato, cheportino al rispetto dei limiti, attraverso la regolazione del

FIGURA 4.Prima stima della percentuale di popolazione del comune di Vi-cenza esposta a livelli di rumore superiori a 65 decibel.

LA NUOVA INDAGINE

Superficie analizzata 23 %

Popolazione totale del Comune (1991) 109.445

Percentuale di popolazione monitorata 71%

Percentuale di popolazione esposta a Leq > 65 decibel 37%

FIGURA 4

CLASSI ACUSTICHE

FIGURA 5.Limiti stabiliti dalla Legge quadro 447/95 (e successivi decreti) per le varie zone in cui deve essere suddiviso il territorio comunale.

TIPO DI AREA CARATTERISTICHE LIMITE DIURNO LIMITE NOTTURNO

(6.00-22.00) (22.00-6.00)

1. aree particolarmente aree nelle quali la quiete rappresenta un elemento di base per la loro 50 decibel 40 decibelprotette utilizzazione: aree ospedaliere, scolastiche, aree destinate al riposo

e allo svago, aree residenziali rurali, aree di particolare interesse urbanistico, parchi pubblici eccetera.

2 aree destinate a uso aree urbane interessate prevalentemente da traffico veicolare locale, 55 decibel 45 decibelprevalentemente con bassa densità di popolazione, con limitata presenza di attività residenziale commerciali e assenza di attività industriali e artigianali.

3 aree di tipo misto aree urbane interessate da traffico veicolare locale o di attraversamento, 60 decibel 50 decibelcon media densità di popolazione, con presenza di attività commerciali, uffici, con limitata presenza di attività artigianali e con assenza di attività industriali; aree rurali interessate da attività che impiegano macchine operatrici.

4 aree di intensa aree urbane interessate da intenso traffico veicolare, con alta densità 65 decibel 55 decibelattività umana di popolazione, con presenza di attività commerciali e uffici, con presenza

di attività artigianali; le aree in prossimità di strade di grande comunicazione e di linee ferroviarie; le aree portuali, le aree con limitata presenza di piccole industrie.

5 aree prevalentemente aree interessate da insediamenti industriali 70 decibel 60 decibelindustriali e con scarsità di abitazioni.

6 aree esclusivamente aree esclusivamente interessate da attività industriali e prive 70 decibel 70 decibelindustriali di insediamenti abitativi.

FIGURA 5

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LE CIFRE DELLA PROVINCIA

spettivamente di 60.4 e 53,4 decibel. Il valore medio del-la zona è comunque attorno ai 64 decibel.Sembrano vivere in un’oasi di pace, invece, gli abitanti diSchio, dove il rumore nel centro storico non supera mai i70 decibel, secondo i rilevamenti del 1995. Anzi, il valoremedio del livello equivalente si attesta intorno ai 59,7 de-cibel, valore vicino a quello di benessere indicato dagliesperti.Gli altri dati significativi per la città di Schio sono riporta-ti nella tabella della figura 2.Nella tabella della figura 3 è invece esposto un quadroriassuntivo dei valori registrati nelle varie zone della pro-vincia.

VEICOLI A MOTORE SOTTO ACCUSA

Sono i principali responsabili degli alti livelli di rumore neicentri urbani, e non solo per il rombo dei loro motori.

Il rumore prodotto da un veicolo in movimento, infatti,ha molteplici sorgenti: il sistema di propulsione, il rotola-mento dei pneumatici sull’asfalto, le vibrazioni trasmessealla struttura dal sistema propulsivo e il rollio, cioè l’insie-me delle vibrazioni alle quali è sottoposta la struttura acausa del rotolamento dei pneumatici.Il rumore immesso nell’ambiente da ciascuna di questefonti dipende dalla velocità e dal tipo di veicolo. Alle velocità di circolazione urbana è prevalente il rumoregenerato dal motore. Infatti alle basse velocità i livelli dirumore emessi dai veicoli dipendono in larga misura dalsistema propulsivo del veicolo, mentre al crescere dellavelocità il contributo dovuto al rotolamento dei pneu-matici diventa via via più importante. Quindi il rumoreprodotto da un’automobile cresce con l’aumentare dellavelocità e, da un certo punto in poi, il contributo dovutoal rotolamento dei pneumatici prevale su quello prodot-to dal motore.Per camion e autobus, e in generale per i mezzi pesanti, ilrumore prodotto è comunque superiore a quello di au-tomobili e motocicli, principalmente a causa della mag-giore potenza dei motori.Anche per un mezzo pesante, comunque, il rumore do-vuto al rotolamento dei pneumatici cresce con la velo-cità, ma prevale sempre quello provocato dal motore.Ma oltre che con il rombo dei motori e il rotolamento deipneumatici, i veicoli a motore possono contribuire ad au-mentare i livelli di rumore nelle città anche in altri modi,per esempio attraverso gli antifurti a sirena, che emetto-no suoni molto intensi. È stato verificato che nella mag-gior parte dei casi questi allarmi vengono attivati non datentativi di scasso ma da eventi casuali, colpi di vento,contatti elettrici, urti accidentali.E se i veicoli a motore sono i primi colpevoli della forte ru-morosità dei centri urbani, non vanno sottovalutate altrefonti di rumore alle quali ci esponiamo per nostra scelta,come la musica in discoteca, la televisione ad alto volu-me, i rumori domestici.

IL RUMORE A SCHIO

Leq diurno Leq notturno

Valore massimo 67,9 63,2

Valore minimo 51,6 46,1

CHE COS’È IL RUMORE?Generalmente il frastuono che percepiamo è un mi-sto di più suoni semplici, ma ogni rumore può esserecaratterizzato da tre quantità caratteristiche:• Intensità: si misura in decibel, unità che esprime lavariazione della pressione dell’aria dovuta al rumo-re. Il decibel è una unità di misura logaritmica: un au-mento di 3 decibel indica che l’intensità del rumore èraddoppiata• Frequenza: si misura in hertz, unità che indica ilnumero di oscillazioni al secondo di un’onda sonora.L’orecchio umano percepisce frequenze da 20 a 20mila hertz, ma non tutte con la stessa facilità: da mil-le a 6 mila hertz la percezione è ottimale, ma diven-ta critica sotto ai 250 e sopra agli 8 mila. A parità diintensità, perciò, l’orecchio reagisce in modo diversoa suoni di frequenze differenti• Tempo di esposizione: rappresenta il periodo ditempo durante il quale l’orecchio si è sottoposto alrumore. Suoni diffusi e prolungati provocano effettidifferenti da quelli acuti e improvvisi.

FIGURA 2.Valori minimi e massimi diurni e notturni registrati a Schio (indecibel).

FIGURA 3.Confronto tra i valori del livello equivalente medio nelle zoneanalizzate (in decibel).

Zona analizzata Leq medio misurato

Vicenza 66

Vicenza quartiere “Villaggio del Sole” 74,2

Bassano del Grappa 66,5

Altopiano di Asiago 64

Schio 59,7

FIGURA 2

FIGURA 3

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“Alcune zone montuose di questa provincia hanno stimolato

profondamente le mia curiosita da quando sono venuto a conoscenza

di una loro caratteristica singolare. In nessun altro luogo

della provincia, infatti si registrano cosi alte

concentrazioni di quel gas naturale radioattivo,

il radon, riconosciuto come principale responsabile

dell’esposizione della popolazione alle radiazioni

chiamate ionizzanti.

Incolore e inodore, rappresenta un pericolo invisibile.

Ma c’è modo di tenerlo sotto controllo”

Radon, un nemiconon invincibile

30

TUTTI I DANNI DEL RUMORE

La sensibilità ai suoni è diversa per ogni individuoma, in generale, il valore limite per salvaguardare l’u-dito è attorno agli 80 decibel (corrispondenti al ru-more prodotto da un’automobile che accelera), a 90inizia il fastidio e sopra a 120 (rumore prodotto da unjet supersonico o da un martello pneumatico) c’è ildolore vero e proprio. Quando il frastuono è estremo si hanno danni irre-versibili all’udito, perché le cellule che raccolgono edelaborano i suoni sono danneggiate e possono esse-re distrutte. Queste alterazioni sono tipiche dell’in-vecchiamento uditivo precoce che affligge, per esem-pio, le star del rock. Veri e propri traumi, come la rot-tura del timpano o la lussazione di alcuni dei delicatiossicini dell’orecchio medio, si verificano più che al-tro per suoni improvvisi e molto forti, che aumenta-no l’intensità sonora di 40 decibel in un tempo bre-vissimo, mezzo centesimo di secondo. Ma i danni possono essere a carico anche di altri or-gani, primo fra tutti il cervello. L’esposizione per mol-te ore al giorno a rumori superiori a 65 decibel generastress, insonnia, calo dell’attenzione, difficoltà di co-municazione, aumento dell’ansia e dell’aggressività. I principali effetti sulle diverse funzioni sono:

• cuore e vasi: si riduce il volume del sangue pom-pato dal cuore; ciò determina un difetto nell’irrora-zione di alcuni organi.

• apparato digerente: l’ulcera peggiora, perché ral-lentano le secrezioni e perché aumenta la velocitàcon cui il cibo arriva allo stomaco.

• respirazione: per livelli superiori agli 85 decibel lafrequenza del respiro può diminuire anche di un ter-zo rispetto alla media.

• visione: in presenza di rumori superiori a 75 deci-bel diventa più difficile distinguere la profondità e icontorni. A 110-120 decibel si riduce la capacità di ve-dere il rosso e si deteriora la visione notturna.

la salute, il singolo cittadino può rivolgersi al proprio Co-mune che provvederà a richiedere al dipartimento pro-vinciale ARPAV la verifica del rispetto dei limiti fissati. Airilevamenti possono seguire sanzioni amministrative, maanche penali se si dimostra che il livello di rumore distur-ba la quiete pubblica.

• limitare l’ascolto di musica ad alto volume in cuffia:un’ora al giorno, nel corso degli anni, può provocaredanni anche permanenti all’udito• ascoltare radio e televisione al volume più basso pos-sibile

Inoltre, se durante la visione di un film doppiato ci si ac-corge di perdere più del 40 per cento del contenuto, op-pure non si riesce a seguire se c’è qualcuno che parla nellastessa stanza, è bene fare un controllo audiometrico.Per segnalare situazioni potenzialmente pericolose per

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“Alcune zone montuose di questa provincia hanno stimolato

profondamente le mia curiosita da quando sono venuto a conoscenza

di una loro caratteristica singolare. In nessun altro luogo

della provincia, infatti si registrano cosi alte

concentrazioni di quel gas naturale radioattivo,

il radon, riconosciuto come principale responsabile

dell’esposizione della popolazione alle radiazioni

chiamate ionizzanti.

Incolore e inodore, rappresenta un pericolo invisibile.

Ma c’è modo di tenerlo sotto controllo”

Radon, un nemiconon invincibile

30

TUTTI I DANNI DEL RUMORE

La sensibilità ai suoni è diversa per ogni individuoma, in generale, il valore limite per salvaguardare l’u-dito è attorno agli 80 decibel (corrispondenti al ru-more prodotto da un’automobile che accelera), a 90inizia il fastidio e sopra a 120 (rumore prodotto da unjet supersonico o da un martello pneumatico) c’è ildolore vero e proprio. Quando il frastuono è estremo si hanno danni irre-versibili all’udito, perché le cellule che raccolgono edelaborano i suoni sono danneggiate e possono esse-re distrutte. Queste alterazioni sono tipiche dell’in-vecchiamento uditivo precoce che affligge, per esem-pio, le star del rock. Veri e propri traumi, come la rot-tura del timpano o la lussazione di alcuni dei delicatiossicini dell’orecchio medio, si verificano più che al-tro per suoni improvvisi e molto forti, che aumenta-no l’intensità sonora di 40 decibel in un tempo bre-vissimo, mezzo centesimo di secondo. Ma i danni possono essere a carico anche di altri or-gani, primo fra tutti il cervello. L’esposizione per mol-te ore al giorno a rumori superiori a 65 decibel generastress, insonnia, calo dell’attenzione, difficoltà di co-municazione, aumento dell’ansia e dell’aggressività. I principali effetti sulle diverse funzioni sono:

• cuore e vasi: si riduce il volume del sangue pom-pato dal cuore; ciò determina un difetto nell’irrora-zione di alcuni organi.

• apparato digerente: l’ulcera peggiora, perché ral-lentano le secrezioni e perché aumenta la velocitàcon cui il cibo arriva allo stomaco.

• respirazione: per livelli superiori agli 85 decibel lafrequenza del respiro può diminuire anche di un ter-zo rispetto alla media.

• visione: in presenza di rumori superiori a 75 deci-bel diventa più difficile distinguere la profondità e icontorni. A 110-120 decibel si riduce la capacità di ve-dere il rosso e si deteriora la visione notturna.

la salute, il singolo cittadino può rivolgersi al proprio Co-mune che provvederà a richiedere al dipartimento pro-vinciale ARPAV la verifica del rispetto dei limiti fissati. Airilevamenti possono seguire sanzioni amministrative, maanche penali se si dimostra che il livello di rumore distur-ba la quiete pubblica.

• limitare l’ascolto di musica ad alto volume in cuffia:un’ora al giorno, nel corso degli anni, può provocaredanni anche permanenti all’udito• ascoltare radio e televisione al volume più basso pos-sibile

Inoltre, se durante la visione di un film doppiato ci si ac-corge di perdere più del 40 per cento del contenuto, op-pure non si riesce a seguire se c’è qualcuno che parla nellastessa stanza, è bene fare un controllo audiometrico.Per segnalare situazioni potenzialmente pericolose per

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TECNICA DEL VESPAIO

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gna di misurazione ristretta solo a quell’area, che ha datoinformazioni aggiuntive riguardo all’esposizione nelle casedella zona. Per due settimane, quattro nel caso di Conco, irilevatori posti in 61 abitazioni, al piano a diretto contattocon il suolo, hanno raccolto i dati relativi alla concentra-zione indoor. Conco ha presentato i valori più elevati.

SALUTE A RISCHIO

Gli effetti sanitari sono legati all’azione delle sostanzeche derivano dal decadimento del radon, i cosiddetti fi-gli, che hanno vita breve, impiegano cioè tempi dell’or-dine delle decine di minuti per decadere a loro volta.Queste sostanze, a differenza del gas che le ha genera-te, sono chimicamente attive e si possono legare alleparticelle di pulviscolo presenti in aria.In questo modo, tramite la respirazione, possono esse-re assorbite e depositarsi nei bronchi e nei polmoni dadove, emettendo radiazioni, danneggiano i tessuti.I risultati degli studi compiuti negli ultimi decenni han-no messo in evidenza una relazione tra l’esposizione alradon per inalazione e il rischio di contrarre tumori pol-monari. Addirittura il radon è considerato una delleprincipali cause di cancro al polmone, dopo il fumo di si-garetta che resta il fattore principale con molte lun-ghezze di vantaggio. Gli studi compiuti sui minatorihanno permesso di costruire modelli per calcolare lapercentuale di tumori polmonari che sarebbe dovuta al-l’azione del radon. Questa è stimata tra il 5 e il 20 percento, che corrisponde in Italia ad un numero di mortivariabile tra 1500 e 6000 ogni anno. La maggior partedi queste andrebbe comunque ricercata tra i fumatori,per i quali i due effetti negativi si rafforzano tra loro.

Nel grafico della figura 2 sono messi a confronto le sti-me e i dati di mortalità annui associati al radon e ad al-tri fattori. Si nota che, per quanto gli incidenti automo-bilistici siano ancora di gran lunga la prima causa dimorte in Italia, il radon ha un peso significativo, forseinaspettato per gran parte delle persone, perché menochiaramente identificabile.

COME DIFENDERSI

Ventilare la propria casa con aria proveniente dall’ester-no o sfruttare tecniche per ridurne l’ingresso. Questi so-no i modi per liberarsi, almeno in parte, del fastidiosocoinquilino. La prima soluzione è la più semplice, ma comporta il ri-schio, senza la dovuta attenzione, di aspirare il gas dalsottosuolo, ottenendo il risultato contrario. Le altre comportano modifiche alla struttura dell’abita-zione, ma possono essere facilmente realizzabili in fasedi costruzione dell’edificio.È possibile ridurre l’ingresso di radon dall’esterno, infat-ti, posizionando membrane impermeabili al gas tra pa-vimento e terreno, oppure sigillando crepe e fessure nel-le parti a contatto con il suolo.Altra soluzione è quella, rappresentata nella figura 3, diventilare naturalmente o artificialmente il vespaio postoal di sotto dell’abitazione, per favorire la dispersione delgas in aria. Lo stesso risultato può essere ottenuto realizzando unpozzetto al di sotto dell’abitazione, che permetta di ri-succhiare il radon dal sottosuolo.

IL RADON E GLI ALTRI

0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000 8000

FIGURA 2.Le stime e i dati di mortalità annua in Italia permettono di confron-tare l’effetto del radon con quello di altri fattori (fonte ARPAV).

RADON

BENZENE

INCIDENTI DOMESTICI

INCIDENTI SUL LAVORO

INCIDENTI DA TRAFFICO

FIGURA 3.Ventilare il vespaio al di sotto della casa permette di disperde-re il gas.

Solaio

VespaioAria

ventilatore

FIGURA 2

FIGURA 3

stime

dati

32

Solo da alcune decine di anni si sa che il radon è il mag-gior responsabile della quantità di radiazioni ionizzanti as-sorbita ogni anno dalla popolazione, insieme alle esposi-zioni mediche. Da allora numerose campagne di studio emisurazione hanno fornito importanti informazioni sullecaratteristiche, sul comportamento e sugli effetti sanitaridel radon, ma anche sui luoghi dove la presenza di que-sto gas è più significativa, principalmente negli ambientichiusi come le abitazioni.

LA SITUAZIONE IN PROVINCIA DI VICENZA

Risale al 1989 la prima indagine svolta in Italia per valu-tare il livello di esposizione della popolazione alle sor-genti radioattive naturali in ambienti chiusi. Il livello medio di concentrazione calcolato allora per il Ve-neto è stato di 59 Bequerel per metro cubo (dove il Be-querel misura il numero di disintegrazioni nell’unità ditempo di una sostanza radioattiva), inferiore a quello me-dio nazionale, valutato in 75 Bequerel per metro cubo.Per quanto contenuto, questo dato non esclude che esi-stano zone con valori elevati all’interno delle abitazioni.Per questo la regione Veneto ha avviato nel 1996 un’ul-teriore indagine, suddividendo il proprio territorio in un

IL RADON IN PROVINCIA

FIGURA 1In provincia, la percentuale più alta di case con concentrazioni diradon superiori al livello di riferimento della Comunità Europea(200 Bq/m3 per le nuove abitazioni) è nell’area settentrionale.

Legenda (%)0-11-1010-20>20

I PERICOLI A CASA E SUL LAVORO

Il gas che esce dal terreno è il principale fattore chedetermina la concentrazione di radon nelle abitazio-ni. La concentrazione nel suolo delle sostanze ra-dioattive che danno origine al radon, la permeabilitào la facilità a fratturarsi del terreno, la differenza ditemperatura tra l’interno e l’esterno dell’abitazione,l’intensità del vento, favoriscono l’ingresso di gasnell’abitazione.La concentrazione varia poi durante il giorno e nelcorso dell’anno: é minima nel periodo luglio-settem-bre e massima in febbraio-marzo; raggiunge il mini-mo a mezzogiorno e massimo di notte. Per le abitazioni il limite di concentrazione racco-mandato dalla Comunità Europea per intraprendereazioni di rimedio è di 400 Bequerel per metro cubo, edi 200 per le nuove costruzioni.Anche sul luogo di lavoro si può essere esposti, in al-cune situazioni, a notevoli concentrazioni. Per esem-pio nelle miniere, nelle grotte e nei seminterrati, o neilocali termali dove vengono utilizzati acque e fanghiad alto contenuto di radon.Per i luoghi di lavoro, un recente decreto legislativoindica in 500 Bequerel per metro cubo il limite di con-centrazione oltre il quale devono scattare misure diprotezione.

reticolo, in modo che in ciascuna zona così definita fos-sero misurati i livelli di esposizione in un numero signifi-cativo di abitazioni, per un intero anno. I risultati metto-no in luce la presenza di alcune aree critiche. Il nord della provincia di Vicenza è sicuramente un’areacolpita dal problema del radon indoor, cioè in ambientichiusi. Il motivo va probabilmente ricercato nella confor-mazione del terreno, che in alcune zone presenta unostrato roccioso calcareo, soggetto a erosione e a fratture,condizioni che favoriscono la fuoriuscita del radon dalsottosuolo. Come si può notare osservando la figura 1, che raccogliei risultati dell’indagine regionale, in alcune zone della pro-vincia, e particolarmente in corrispondenza dell’area set-tentrionale, sono stati misurati livelli di concentrazionemedia di radon elevati. La percentuale di abitazioni che su-perano il valore di riferimento di 200 Bequerel per metrocubo, scelto dalla Comunità Europea per la concentrazio-ne nelle case di nuova costruzione, è tra le più alte dell’in-tera regione Veneto.I comuni dell’Altopiano di Asiago, che rientrano in partenell’area più critica, sono stati protagonisti di una campa-

FIGURA 1

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gna di misurazione ristretta solo a quell’area, che ha datoinformazioni aggiuntive riguardo all’esposizione nelle casedella zona. Per due settimane, quattro nel caso di Conco, irilevatori posti in 61 abitazioni, al piano a diretto contattocon il suolo, hanno raccolto i dati relativi alla concentra-zione indoor. Conco ha presentato i valori più elevati.

SALUTE A RISCHIO

Gli effetti sanitari sono legati all’azione delle sostanzeche derivano dal decadimento del radon, i cosiddetti fi-gli, che hanno vita breve, impiegano cioè tempi dell’or-dine delle decine di minuti per decadere a loro volta.Queste sostanze, a differenza del gas che le ha genera-te, sono chimicamente attive e si possono legare alleparticelle di pulviscolo presenti in aria.In questo modo, tramite la respirazione, possono esse-re assorbite e depositarsi nei bronchi e nei polmoni dadove, emettendo radiazioni, danneggiano i tessuti.I risultati degli studi compiuti negli ultimi decenni han-no messo in evidenza una relazione tra l’esposizione alradon per inalazione e il rischio di contrarre tumori pol-monari. Addirittura il radon è considerato una delleprincipali cause di cancro al polmone, dopo il fumo di si-garetta che resta il fattore principale con molte lun-ghezze di vantaggio. Gli studi compiuti sui minatorihanno permesso di costruire modelli per calcolare lapercentuale di tumori polmonari che sarebbe dovuta al-l’azione del radon. Questa è stimata tra il 5 e il 20 percento, che corrisponde in Italia ad un numero di mortivariabile tra 1500 e 6000 ogni anno. La maggior partedi queste andrebbe comunque ricercata tra i fumatori,per i quali i due effetti negativi si rafforzano tra loro.

Nel grafico della figura 2 sono messi a confronto le sti-me e i dati di mortalità annui associati al radon e ad al-tri fattori. Si nota che, per quanto gli incidenti automo-bilistici siano ancora di gran lunga la prima causa dimorte in Italia, il radon ha un peso significativo, forseinaspettato per gran parte delle persone, perché menochiaramente identificabile.

COME DIFENDERSI

Ventilare la propria casa con aria proveniente dall’ester-no o sfruttare tecniche per ridurne l’ingresso. Questi so-no i modi per liberarsi, almeno in parte, del fastidiosocoinquilino. La prima soluzione è la più semplice, ma comporta il ri-schio, senza la dovuta attenzione, di aspirare il gas dalsottosuolo, ottenendo il risultato contrario. Le altre comportano modifiche alla struttura dell’abita-zione, ma possono essere facilmente realizzabili in fasedi costruzione dell’edificio.È possibile ridurre l’ingresso di radon dall’esterno, infat-ti, posizionando membrane impermeabili al gas tra pa-vimento e terreno, oppure sigillando crepe e fessure nel-le parti a contatto con il suolo.Altra soluzione è quella, rappresentata nella figura 3, diventilare naturalmente o artificialmente il vespaio postoal di sotto dell’abitazione, per favorire la dispersione delgas in aria. Lo stesso risultato può essere ottenuto realizzando unpozzetto al di sotto dell’abitazione, che permetta di ri-succhiare il radon dal sottosuolo.

IL RADON E GLI ALTRI

0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000 8000

FIGURA 2.Le stime e i dati di mortalità annua in Italia permettono di confron-tare l’effetto del radon con quello di altri fattori (fonte ARPAV).

RADON

BENZENE

INCIDENTI DOMESTICI

INCIDENTI SUL LAVORO

INCIDENTI DA TRAFFICO

FIGURA 3.Ventilare il vespaio al di sotto della casa permette di disperde-re il gas.

Solaio

VespaioAria

ventilatore

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stime

dati

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Solo da alcune decine di anni si sa che il radon è il mag-gior responsabile della quantità di radiazioni ionizzanti as-sorbita ogni anno dalla popolazione, insieme alle esposi-zioni mediche. Da allora numerose campagne di studio emisurazione hanno fornito importanti informazioni sullecaratteristiche, sul comportamento e sugli effetti sanitaridel radon, ma anche sui luoghi dove la presenza di que-sto gas è più significativa, principalmente negli ambientichiusi come le abitazioni.

LA SITUAZIONE IN PROVINCIA DI VICENZA

Risale al 1989 la prima indagine svolta in Italia per valu-tare il livello di esposizione della popolazione alle sor-genti radioattive naturali in ambienti chiusi. Il livello medio di concentrazione calcolato allora per il Ve-neto è stato di 59 Bequerel per metro cubo (dove il Be-querel misura il numero di disintegrazioni nell’unità ditempo di una sostanza radioattiva), inferiore a quello me-dio nazionale, valutato in 75 Bequerel per metro cubo.Per quanto contenuto, questo dato non esclude che esi-stano zone con valori elevati all’interno delle abitazioni.Per questo la regione Veneto ha avviato nel 1996 un’ul-teriore indagine, suddividendo il proprio territorio in un

IL RADON IN PROVINCIA

FIGURA 1In provincia, la percentuale più alta di case con concentrazioni diradon superiori al livello di riferimento della Comunità Europea(200 Bq/m3 per le nuove abitazioni) è nell’area settentrionale.

Legenda (%)0-11-1010-20>20

I PERICOLI A CASA E SUL LAVORO

Il gas che esce dal terreno è il principale fattore chedetermina la concentrazione di radon nelle abitazio-ni. La concentrazione nel suolo delle sostanze ra-dioattive che danno origine al radon, la permeabilitào la facilità a fratturarsi del terreno, la differenza ditemperatura tra l’interno e l’esterno dell’abitazione,l’intensità del vento, favoriscono l’ingresso di gasnell’abitazione.La concentrazione varia poi durante il giorno e nelcorso dell’anno: é minima nel periodo luglio-settem-bre e massima in febbraio-marzo; raggiunge il mini-mo a mezzogiorno e massimo di notte. Per le abitazioni il limite di concentrazione racco-mandato dalla Comunità Europea per intraprendereazioni di rimedio è di 400 Bequerel per metro cubo, edi 200 per le nuove costruzioni.Anche sul luogo di lavoro si può essere esposti, in al-cune situazioni, a notevoli concentrazioni. Per esem-pio nelle miniere, nelle grotte e nei seminterrati, o neilocali termali dove vengono utilizzati acque e fanghiad alto contenuto di radon.Per i luoghi di lavoro, un recente decreto legislativoindica in 500 Bequerel per metro cubo il limite di con-centrazione oltre il quale devono scattare misure diprotezione.

reticolo, in modo che in ciascuna zona così definita fos-sero misurati i livelli di esposizione in un numero signifi-cativo di abitazioni, per un intero anno. I risultati metto-no in luce la presenza di alcune aree critiche. Il nord della provincia di Vicenza è sicuramente un’areacolpita dal problema del radon indoor, cioè in ambientichiusi. Il motivo va probabilmente ricercato nella confor-mazione del terreno, che in alcune zone presenta unostrato roccioso calcareo, soggetto a erosione e a fratture,condizioni che favoriscono la fuoriuscita del radon dalsottosuolo. Come si può notare osservando la figura 1, che raccogliei risultati dell’indagine regionale, in alcune zone della pro-vincia, e particolarmente in corrispondenza dell’area set-tentrionale, sono stati misurati livelli di concentrazionemedia di radon elevati. La percentuale di abitazioni che su-perano il valore di riferimento di 200 Bequerel per metrocubo, scelto dalla Comunità Europea per la concentrazio-ne nelle case di nuova costruzione, è tra le più alte dell’in-tera regione Veneto.I comuni dell’Altopiano di Asiago, che rientrano in partenell’area più critica, sono stati protagonisti di una campa-

FIGURA 1

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35

CARATTERISTICHE DEI CEM

FIGURA 1.Le quantità che descrivono il campo elettromagnetico e le lorounità di misura.

Frequenza

Intensità del campo elettrico

Intensità del campomagnetico

COSA SONO I CAMPI ELETTROMAGNETICI?Sono regioni dello spazio in cui si manifestano feno-meni elettrici e magnetici. Sono costituiti da linee diforza invisibili che circondano la sorgente (per esem-pio elettrodomestici, cavi di trasporto dell’elettricità,ripetitori televisivi, telefoni cellulari) e possono es-sere scissi in due componenti: quella elettrica e quel-la magnetica. La componente elettrica del campo abassa frequenza è facilmente schermabile, mentre èmolto più difficile schermare la componente magne-tica che è quella accusata di provocare danni alla sa-lute. A differenza del campo magnetico terrestre,quello generato dai cavi per il trasporto dell’energiae dalle antenne varia periodicamente nel tempo.Questa variabilità si misura attraverso una grandez-za chiamata frequenza. Come mostrano gli strumen-ti, l’intensità del campo diminuisce rapidamente al-lontanandosi dalla sorgente che lo ha generato.La tabella della figura 1 descrive le quantità che ca-ratterizzano i campi elettromagnetici e le relativeunità di misura.

Cavi dell’alta tensione, antenne per la telefonia, ripetito-ri radiotelevisivi generano i campi elettromagnetici checostituiscono il cosiddetto elettrosmog. Un fenomenoche crea allarme a causa dei possibili effetti di queste ra-diazioni sulla salute. Ma i campi elettromagnetici emessidai tralicci e dalle antenne per le telecomunicazioni sonodavvero pericolosi?

CHE DIFFERENZA C’È FRA LE EMISSIONI PRODOTTE

DAGLI ELETTRODOTTI E QUELLE PRODOTTE

DA TELEFONI CELLULARI E ANTENNE?

I campi elettromagnetici emessi dai tralicci dove viaggiacorrente alternata sono alla frequenza di 50 hertz .Le radiazioni emesse da antenne e ripetitori invece han-no una frequenza molto maggiore, che per le stazioni ra-diobase si aggira attorno ai 900 megahertz (cioè 900 mi-lioni di oscillazioni al secondo) e ai 1800 megahertz.In generale i campi elettromagnetici che provocano elet-trosmog possono essere classificati in due categorie, inbase alla loro frequenza. Le caratteristiche di queste ra-diazioni e le sorgenti che le generano sono indicate nellatabella della figura 2.

QUALI SONO GLI EFFETTI SULLA SALUTE

DEI CAMPI ELETTROMAGNETICI?

Gli effetti sulla salute dovuti ai campi elettromagneticisono di due tipi:■ acuti: si manifestano quando l’individuo è esposto aicampi elettromagnetici intensi e scompaiono general-mente entro breve tempo dalla fine dell’esposizione.Questi effetti sono stati accertati da molti studi e inclu-dono brividi, alterazioni della percezione visiva, fibrilla-zione muscolare. Le intensità cui siamo normalmenteesposti non sono sufficienti a provocare questi effetti.■ cronici: si possono manifestare anche dopo anni sel’individuo è stato esposto per lunghi periodi ai campielettromagnetici. Questi effetti non sono stati confer-mati dagli studi scientifici. Le malattie studiate sono so-prattutto i tumori.

I CAMPI ELETTROMAGNETICI PROVOCANO IL CANCRO?

Non esiste una spiegazione in grado di chiarire in chemodo un campo elettromagnetico possa produrre neitessuti biologici fenomeni collegati all’insorgere di tu-mori. Tuttavia, anche se questa dimostrazione manca,in passato alcuni studi hanno messo in relazione l’e-sposizione ai campi elettromagnetici con alcune formetumorali, in particolare leucemie e tumori al cervello.Per i campi elettromagnetici a 50 hertz le ricerche con-dotte negli ultimi anni, più accurate dal punto di vistadei metodi impiegati, tendono a escludere che i cam-

si misura in hertz (Hz), una unità di misura cheindica il numero di oscillazioni al secondo.Spesso sono utilizzati i multipli di questaunità: 1 megahertz (Mhz) = un milione dihertz; 1 gigahertz (Ghz) = un miliardo di hertz

si misura in Volt/metro

si misura in ampere/ metro. Gli studi sugli ef-fetti sulla salute dei campi elettromagnetici al-le basse frequenze preferiscono però utilizza-re un’altra unità di misura, il tesla, che esprimel’intensità dell’induzione magnetica, una pro-prietà strettamente collegata all’intensità delcampo magnetico. In queste ricerche si utiliz-zano i sottomultipli del tesla (1 microtesla= unmilionesimo di tesla ; 1 millitesla = un millesi-mo di tesla)

pi magnetici a questa frequenza provochino il cancro.Un’analisi condotta dall’Istituto superiore di sanità for-nisce i numeri del rischio: in Italia, ai campi elettroma-gnetici sono attribuibili meno di tre casi di leucemia in-fantile all’anno. Questo numero va confrontato con icirca 400 casi che si registrano nello stesso periodo, eche sono provocati da altre cause, per esempio l’espo-sizione al benzene. Non sono invece state dimostrate

FIGURA 1

34

“Che brutto, questo elettrodotto! Ferro, cavi, strane funi.

E non è solo una questione estetica. Infatti, molti pensano che le linee

elettriche, cosi come i telefonini e i ripetitori radiotelevisivi, abbiano

degli effetti negativi sulla salute, dall’insonnia ad alcuni tumori.

La faccenda è assai strana, anche perché la scienza non ha per ora

confermato questi sospetti. Ma i dubbi restano.

Per questo in provincia vengono

fatti molti controlli sui campi

elettromagnetici emessi

da questi impianti”

Elettrosmog: èvero allarme?

DOCUMENTO INTERO 11-04-2001 16:25 Pagina 34

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CARATTERISTICHE DEI CEM

FIGURA 1.Le quantità che descrivono il campo elettromagnetico e le lorounità di misura.

Frequenza

Intensità del campo elettrico

Intensità del campomagnetico

COSA SONO I CAMPI ELETTROMAGNETICI?Sono regioni dello spazio in cui si manifestano feno-meni elettrici e magnetici. Sono costituiti da linee diforza invisibili che circondano la sorgente (per esem-pio elettrodomestici, cavi di trasporto dell’elettricità,ripetitori televisivi, telefoni cellulari) e possono es-sere scissi in due componenti: quella elettrica e quel-la magnetica. La componente elettrica del campo abassa frequenza è facilmente schermabile, mentre èmolto più difficile schermare la componente magne-tica che è quella accusata di provocare danni alla sa-lute. A differenza del campo magnetico terrestre,quello generato dai cavi per il trasporto dell’energiae dalle antenne varia periodicamente nel tempo.Questa variabilità si misura attraverso una grandez-za chiamata frequenza. Come mostrano gli strumen-ti, l’intensità del campo diminuisce rapidamente al-lontanandosi dalla sorgente che lo ha generato.La tabella della figura 1 descrive le quantità che ca-ratterizzano i campi elettromagnetici e le relativeunità di misura.

Cavi dell’alta tensione, antenne per la telefonia, ripetito-ri radiotelevisivi generano i campi elettromagnetici checostituiscono il cosiddetto elettrosmog. Un fenomenoche crea allarme a causa dei possibili effetti di queste ra-diazioni sulla salute. Ma i campi elettromagnetici emessidai tralicci e dalle antenne per le telecomunicazioni sonodavvero pericolosi?

CHE DIFFERENZA C’È FRA LE EMISSIONI PRODOTTE

DAGLI ELETTRODOTTI E QUELLE PRODOTTE

DA TELEFONI CELLULARI E ANTENNE?

I campi elettromagnetici emessi dai tralicci dove viaggiacorrente alternata sono alla frequenza di 50 hertz .Le radiazioni emesse da antenne e ripetitori invece han-no una frequenza molto maggiore, che per le stazioni ra-diobase si aggira attorno ai 900 megahertz (cioè 900 mi-lioni di oscillazioni al secondo) e ai 1800 megahertz.In generale i campi elettromagnetici che provocano elet-trosmog possono essere classificati in due categorie, inbase alla loro frequenza. Le caratteristiche di queste ra-diazioni e le sorgenti che le generano sono indicate nellatabella della figura 2.

QUALI SONO GLI EFFETTI SULLA SALUTE

DEI CAMPI ELETTROMAGNETICI?

Gli effetti sulla salute dovuti ai campi elettromagneticisono di due tipi:■ acuti: si manifestano quando l’individuo è esposto aicampi elettromagnetici intensi e scompaiono general-mente entro breve tempo dalla fine dell’esposizione.Questi effetti sono stati accertati da molti studi e inclu-dono brividi, alterazioni della percezione visiva, fibrilla-zione muscolare. Le intensità cui siamo normalmenteesposti non sono sufficienti a provocare questi effetti.■ cronici: si possono manifestare anche dopo anni sel’individuo è stato esposto per lunghi periodi ai campielettromagnetici. Questi effetti non sono stati confer-mati dagli studi scientifici. Le malattie studiate sono so-prattutto i tumori.

I CAMPI ELETTROMAGNETICI PROVOCANO IL CANCRO?

Non esiste una spiegazione in grado di chiarire in chemodo un campo elettromagnetico possa produrre neitessuti biologici fenomeni collegati all’insorgere di tu-mori. Tuttavia, anche se questa dimostrazione manca,in passato alcuni studi hanno messo in relazione l’e-sposizione ai campi elettromagnetici con alcune formetumorali, in particolare leucemie e tumori al cervello.Per i campi elettromagnetici a 50 hertz le ricerche con-dotte negli ultimi anni, più accurate dal punto di vistadei metodi impiegati, tendono a escludere che i cam-

si misura in hertz (Hz), una unità di misura cheindica il numero di oscillazioni al secondo.Spesso sono utilizzati i multipli di questaunità: 1 megahertz (Mhz) = un milione dihertz; 1 gigahertz (Ghz) = un miliardo di hertz

si misura in Volt/metro

si misura in ampere/ metro. Gli studi sugli ef-fetti sulla salute dei campi elettromagnetici al-le basse frequenze preferiscono però utilizza-re un’altra unità di misura, il tesla, che esprimel’intensità dell’induzione magnetica, una pro-prietà strettamente collegata all’intensità delcampo magnetico. In queste ricerche si utiliz-zano i sottomultipli del tesla (1 microtesla= unmilionesimo di tesla ; 1 millitesla = un millesi-mo di tesla)

pi magnetici a questa frequenza provochino il cancro.Un’analisi condotta dall’Istituto superiore di sanità for-nisce i numeri del rischio: in Italia, ai campi elettroma-gnetici sono attribuibili meno di tre casi di leucemia in-fantile all’anno. Questo numero va confrontato con icirca 400 casi che si registrano nello stesso periodo, eche sono provocati da altre cause, per esempio l’espo-sizione al benzene. Non sono invece state dimostrate

FIGURA 1

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“Che brutto, questo elettrodotto! Ferro, cavi, strane funi.

E non è solo una questione estetica. Infatti, molti pensano che le linee

elettriche, cosi come i telefonini e i ripetitori radiotelevisivi, abbiano

degli effetti negativi sulla salute, dall’insonnia ad alcuni tumori.

La faccenda è assai strana, anche perché la scienza non ha per ora

confermato questi sospetti. Ma i dubbi restano.

Per questo in provincia vengono

fatti molti controlli sui campi

elettromagnetici emessi

da questi impianti”

Elettrosmog: èvero allarme?

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La prima riguarda il tipo di radiazioni di cui si sta parlan-do. In generale, le radiazioni elettromagnetiche si divi-dono in non ionizzanti e ionizzanti. Della prima catego-ria fanno parte i campi elettromagnetici emessi da an-tenne, tralicci e telefoni cellulari. Queste emissioni nonhanno un’energia sufficiente per rompere i legami chi-mici del DNA, e proprio per questo motivo gli scienziatiescludono che possano rappresentare la causa primaria

di un tumore. Per molti anni si è pensato, tuttavia, che leradiazioni non ionizzanti potessero favorire un processotumorale già in atto, scatenato da altri agenti cancero-geni. Tuttavia, fino a oggi, non esistono dati scientificicerti in grado di confermare questa ipotesi. Al contrariole radiazioni ionizzanti, per esempio raggi X e raggi gam-ma, possono provocare tumori perché hanno abbastan-za energia da rompere i legami chimici del DNA.La seconda distinzione fondamentale è quella fra le emis-sioni ad alte e a basse frequenze, che interagiscono inmodo diverso con i tessuti biologici e hanno effetti diversi.Per esempio, le radiazioni ad alte frequenze provocanoun riscaldamento dei tessuti che non si riscontra con l’e-sposizione ai campi elettromagnetici emessi dai cavi del-l’alta tensione. E’ quindi sbagliato attribuire i risultati diuno studio che ha esaminato le alte frequenze ai campielettromagnetici emessi dai tralicci. Ed è sbagliato anchefare il contrario.Le radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti genera-no correnti elettriche nell’organismo, ma non è stato di-mostrato nessun legame fra queste correnti e la com-parsa di malattie. Il fenomeno dell’induzione delle cor-renti è lo stesso grazie al quale una lampada al neon siillumina se è posta sotto un traliccio. In questo caso lecorrenti indotte nel gas contenuto nel neon lo fanno il-luminare.

COSA DICE LA LEGGE?

In Veneto i legislatori hanno recepito le preoccupazionidella cittadinanza, allarmata per i possibili effetti sulla sa-lute dei campi elettromagnetici. Proprio la regione Vene-to, infatti, ha varato - in anticipo rispetto al resto d’Italia -leggi che hanno stabilito limiti di esposizione ai campi elet-tromagnetici che tutelano ampiamente i cittadini. Per i campi a bassa frequenza emessi dai cavi dell’alta

INQUINANTI A CONFRONTO

FIGURA 3.Nonostante i dati sugli effetti sanitari dei vari inquinanti lo smentiscano, i campi elettromagnetici emessi dai tralicci sono conside-rati più pericolosi per la salute di radon e benzene. Le cifre relative al radon si basano sulla letteratura scientifica pubblicata, quel-le sul benzene sono del Comitato tossicologico nazionale e quelle relative ai campi elettromagnetici sono dell’Organizzazionemondiale della sanità (Dati relativi all’Italia).

INQUINANTE

Radon

Benzene

Campi elettromagneticia 50 hz

MALATTIA

tumore del polmone

leucemia

leucemia

CASI ATTESI ALL’ANNO

2.200-5.100

16-275

3

RILEVANZA PER LA SALUTE

PUBBLICA

+++

++

+

PERCEZIONE DEL RISCHIO

+

++

+++

Stima dei casi di tumore al polmone all’anno: 32.000Stima dei casi di leucemia all’anno: 5.500

Negli elettrodotti circola corrente alla frequenza di 50 hz; gene-rano perciò campi elettromagnetici a bassa frequenza.

FIGURA 3

36

prio per difendere la popolazione dagli effetti a lungotermine. I cittadini che hanno dubbi, magari perché vi-vono vicino a un’antenna e pensano di essere espostia intensità superiori a quelle previste dalla legge, pos-sono segnalare particolari situazioni ai Comuni cheeventualmente si avvarranno dell’ARPAV.

PERCHÉ C’È TANTA PREOCCUPAZIONE

SUGLI EFFETTI SULLA SALUTE PROVOCATI

DAI CAMPI ELETTROMAGNETICI?

Il programma dell’Organizzazione mondiale della sanitàsui campi elettromagnetici pone una particolare atten-zione alla questione della percezione del rischio da par-te della popolazione, e ammette che l’allarme suscitatodai possibili effetti sulla salute dei campi elettromagne-tici non è confermato dai dati scientifici. La tabella del-la figura 3 mette a confronto le stime degli effetti sani-tari dovuti ad alcuni inquinanti e come questi vengonovalutati dalla popolazione. Si nota che i campi elettromagnetici sono percepiti co-me un pericolo nettamente superiore al radon o al ben-zene, per i quali però le stime dei decessi attesi sonomolto più elevate. In un documento (http://www.who.int/peh-emf/publi-cations/facts_press/ifact/it_184.htm) disponibile online,l’OMS individua alcune cause che possono essere colle-gate a questo allarmismo:■ L’esposizione ai campi elettromagnetici non è unascelta, ma è la conseguenza dell’installazione di im-pianti ai quali il più delle volte la popolazione si oppo-ne. Un rischio imposto sembra sempre molto più gravedi quanto sia in realtà.■ I mezzi di comunicazione hanno affrontato l’argo-mento nel modo sbagliato, creando falsi allarmi e per-dendo di vista l’insieme delle conoscenze scientifiche. ■ L’incertezza dei ricercatori è stata mal interpretatadal pubblico: se venti anni di studi non hanno portatoa risultati certi, significa che l’effetto nocivo per la sa-lute, ammesso che ci sia, è piccolissimo. Quando si di-mostrò il legame fra il fumo e il cancro del polmone,per esempio, i dati erano così chiari che nessuno haavuto dubbi. I dubbi sorgono quando la lente dellascienza non riesce a vedere bene, e questo accade sol-tanto se non c’è nessun effetto, oppure se l’effetto èdi entità minima.■ Tralicci e antenne sono esteticamente sgradevoli.

COME INTERAGISCONO I CAMPI ELETTROMAGNETICI

CON L’ORGANISMO?

Per rispondere a questa domanda bisogna tenere pre-senti alcune distinzioni.

CLASSIFICAZIONE DEI CEM

FIGURA 2. Le varie sorgenti emettono campi elettromagnetici di diverse fre-quenze.

CEM

RF: campi ad altafrequenza

ELF: campi a bassafrequenza

FREQUENZE

300 Hz-300 GHz

0 Hz-300 Hz

SORGENTI

ripetitori radio e Tv,stazioni radio baseper telefonia mobi-le, cellulari, forni amicroonde

elettrodotti ed ap-parecchi elettrodo-mestici in genere

La concentrazione di impianti che generano campi elettroma-gnetici crea preoccupazione per i possibili effetti sulla salute.

FIGURA 2

relazioni fra l’esposizione e altre malattie.Le ricerche sulle radiazioni alle alte frequenze sono in-vece ancora troppo poche e scarsamente confrontabilifra loro per poter dare una risposta definitiva. Nel dub-bio il telefono cellulare dovrebbe essere utilizzato concautela soprattutto da parte delle persone più giovani. Poiché l’intensità delle radiazioni diminuisce molto rapi-damente allontanandosi dalla sorgente che le produce,le antenne radio base non costituiscono un pericolo. Inoltre i limiti stabiliti dalla legge sono stati fissati pro-

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La prima riguarda il tipo di radiazioni di cui si sta parlan-do. In generale, le radiazioni elettromagnetiche si divi-dono in non ionizzanti e ionizzanti. Della prima catego-ria fanno parte i campi elettromagnetici emessi da an-tenne, tralicci e telefoni cellulari. Queste emissioni nonhanno un’energia sufficiente per rompere i legami chi-mici del DNA, e proprio per questo motivo gli scienziatiescludono che possano rappresentare la causa primaria

di un tumore. Per molti anni si è pensato, tuttavia, che leradiazioni non ionizzanti potessero favorire un processotumorale già in atto, scatenato da altri agenti cancero-geni. Tuttavia, fino a oggi, non esistono dati scientificicerti in grado di confermare questa ipotesi. Al contrariole radiazioni ionizzanti, per esempio raggi X e raggi gam-ma, possono provocare tumori perché hanno abbastan-za energia da rompere i legami chimici del DNA.La seconda distinzione fondamentale è quella fra le emis-sioni ad alte e a basse frequenze, che interagiscono inmodo diverso con i tessuti biologici e hanno effetti diversi.Per esempio, le radiazioni ad alte frequenze provocanoun riscaldamento dei tessuti che non si riscontra con l’e-sposizione ai campi elettromagnetici emessi dai cavi del-l’alta tensione. E’ quindi sbagliato attribuire i risultati diuno studio che ha esaminato le alte frequenze ai campielettromagnetici emessi dai tralicci. Ed è sbagliato anchefare il contrario.Le radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti genera-no correnti elettriche nell’organismo, ma non è stato di-mostrato nessun legame fra queste correnti e la com-parsa di malattie. Il fenomeno dell’induzione delle cor-renti è lo stesso grazie al quale una lampada al neon siillumina se è posta sotto un traliccio. In questo caso lecorrenti indotte nel gas contenuto nel neon lo fanno il-luminare.

COSA DICE LA LEGGE?

In Veneto i legislatori hanno recepito le preoccupazionidella cittadinanza, allarmata per i possibili effetti sulla sa-lute dei campi elettromagnetici. Proprio la regione Vene-to, infatti, ha varato - in anticipo rispetto al resto d’Italia -leggi che hanno stabilito limiti di esposizione ai campi elet-tromagnetici che tutelano ampiamente i cittadini. Per i campi a bassa frequenza emessi dai cavi dell’alta

INQUINANTI A CONFRONTO

FIGURA 3.Nonostante i dati sugli effetti sanitari dei vari inquinanti lo smentiscano, i campi elettromagnetici emessi dai tralicci sono conside-rati più pericolosi per la salute di radon e benzene. Le cifre relative al radon si basano sulla letteratura scientifica pubblicata, quel-le sul benzene sono del Comitato tossicologico nazionale e quelle relative ai campi elettromagnetici sono dell’Organizzazionemondiale della sanità (Dati relativi all’Italia).

INQUINANTE

Radon

Benzene

Campi elettromagneticia 50 hz

MALATTIA

tumore del polmone

leucemia

leucemia

CASI ATTESI ALL’ANNO

2.200-5.100

16-275

3

RILEVANZA PER LA SALUTE

PUBBLICA

+++

++

+

PERCEZIONE DEL RISCHIO

+

++

+++

Stima dei casi di tumore al polmone all’anno: 32.000Stima dei casi di leucemia all’anno: 5.500

Negli elettrodotti circola corrente alla frequenza di 50 hz; gene-rano perciò campi elettromagnetici a bassa frequenza.

FIGURA 3

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prio per difendere la popolazione dagli effetti a lungotermine. I cittadini che hanno dubbi, magari perché vi-vono vicino a un’antenna e pensano di essere espostia intensità superiori a quelle previste dalla legge, pos-sono segnalare particolari situazioni ai Comuni cheeventualmente si avvarranno dell’ARPAV.

PERCHÉ C’È TANTA PREOCCUPAZIONE

SUGLI EFFETTI SULLA SALUTE PROVOCATI

DAI CAMPI ELETTROMAGNETICI?

Il programma dell’Organizzazione mondiale della sanitàsui campi elettromagnetici pone una particolare atten-zione alla questione della percezione del rischio da par-te della popolazione, e ammette che l’allarme suscitatodai possibili effetti sulla salute dei campi elettromagne-tici non è confermato dai dati scientifici. La tabella del-la figura 3 mette a confronto le stime degli effetti sani-tari dovuti ad alcuni inquinanti e come questi vengonovalutati dalla popolazione. Si nota che i campi elettromagnetici sono percepiti co-me un pericolo nettamente superiore al radon o al ben-zene, per i quali però le stime dei decessi attesi sonomolto più elevate. In un documento (http://www.who.int/peh-emf/publi-cations/facts_press/ifact/it_184.htm) disponibile online,l’OMS individua alcune cause che possono essere colle-gate a questo allarmismo:■ L’esposizione ai campi elettromagnetici non è unascelta, ma è la conseguenza dell’installazione di im-pianti ai quali il più delle volte la popolazione si oppo-ne. Un rischio imposto sembra sempre molto più gravedi quanto sia in realtà.■ I mezzi di comunicazione hanno affrontato l’argo-mento nel modo sbagliato, creando falsi allarmi e per-dendo di vista l’insieme delle conoscenze scientifiche. ■ L’incertezza dei ricercatori è stata mal interpretatadal pubblico: se venti anni di studi non hanno portatoa risultati certi, significa che l’effetto nocivo per la sa-lute, ammesso che ci sia, è piccolissimo. Quando si di-mostrò il legame fra il fumo e il cancro del polmone,per esempio, i dati erano così chiari che nessuno haavuto dubbi. I dubbi sorgono quando la lente dellascienza non riesce a vedere bene, e questo accade sol-tanto se non c’è nessun effetto, oppure se l’effetto èdi entità minima.■ Tralicci e antenne sono esteticamente sgradevoli.

COME INTERAGISCONO I CAMPI ELETTROMAGNETICI

CON L’ORGANISMO?

Per rispondere a questa domanda bisogna tenere pre-senti alcune distinzioni.

CLASSIFICAZIONE DEI CEM

FIGURA 2. Le varie sorgenti emettono campi elettromagnetici di diverse fre-quenze.

CEM

RF: campi ad altafrequenza

ELF: campi a bassafrequenza

FREQUENZE

300 Hz-300 GHz

0 Hz-300 Hz

SORGENTI

ripetitori radio e Tv,stazioni radio baseper telefonia mobi-le, cellulari, forni amicroonde

elettrodotti ed ap-parecchi elettrodo-mestici in genere

La concentrazione di impianti che generano campi elettroma-gnetici crea preoccupazione per i possibili effetti sulla salute.

FIGURA 2

relazioni fra l’esposizione e altre malattie.Le ricerche sulle radiazioni alle alte frequenze sono in-vece ancora troppo poche e scarsamente confrontabilifra loro per poter dare una risposta definitiva. Nel dub-bio il telefono cellulare dovrebbe essere utilizzato concautela soprattutto da parte delle persone più giovani. Poiché l’intensità delle radiazioni diminuisce molto rapi-damente allontanandosi dalla sorgente che le produce,le antenne radio base non costituiscono un pericolo. Inoltre i limiti stabiliti dalla legge sono stati fissati pro-

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Energia, risorsainsufficiente

“Ho appena concluso il mio viaggio alla ricerca dei luoghi in cui, in questa ricca provincia,

si produce energia. Lungo i tanti fiumi, ho potuto osservare molti luoghi in cui la forza dell’acqua

viene sfruttata fino dai primi anni del secolo scorso per far progredire le attivita industriali

in quei comuni che si trovano a ridosso delle montagne. Ma questa ricchezza non basta a sostenere

le intense attivita produttive di questa zona, che dipende percio dall’energia

che altre province della regione le forniscono”

38

tensione è stata fissata la soglia di intensità di 0,2 mi-crotesla. La legge regionale del 30 giugno 1993(27/93) è infatti entrata in vigore all’inizio del 2000 eha fissato anche nuove distanze di sicurezza dagli elet-trodotti per garantire il rispetto dei limiti di esposizio-ne ai campi di bassa frequenza. Nella figura 4 vengo-no messi a confronto i limiti stabiliti dalla normativa re-gionale e da quella nazionale. Le cifre non devonotrarre in inganno: i limiti fissati dal decreto nazionalestabiliscono l’esposizione massima per evitare il rischiodi effetti acuti, mentre la legge regionale suggeriscevalori di cautela per prevenire anche danni a lungo ter-mine. Inoltre questa legge riguarda i nuovi elettrodot-ti e le nuove aree residenziali vicine a quelli esistenti. Per le radiazioni ad alta frequenza, emesse dalle an-tenne per la telefonia e dai ripetitori radiotelevisivi, so-no stati recepiti i limiti fissati dal decreto ministeriale381/98 del 29 dicembre 1998. Questi limiti prevedonoche, in corrispondenza agli edifici adibiti a permanen-ze superiori alle 4 ore giornaliere, l’intensità del cam-po elettrico non possa superare i 6 volt al metro.Sia questo valore che quello di 0,2 microtesla relativoalle emissioni a bassa frequenza non devono essereconsiderati come soglie di sicurezza, ma come indica-zioni concrete per raggiungere la completa protezio-ne da qualunque effetto sanitario. Nel Veneto, inoltre, è regolamentata l’installazione di im-pianti per teleradiocomunicazione. La legge regionale 29/93 impone, per gli impianti conpotenza superiore a 150 watt, l’autorizzazione preven-tiva del Presidente della Provincia, con il parere tecnico

dell’ARPAV. L’installazione delle stazioni radio base devesottostare agli obblighi previsti dalle norme comunali (li-cenza edilizia, dichiarazione di inizio attività, eccetera).Normalmente i comuni richiedono preventivamente unparere tecnico, di solito all’ARPAV, sul possibile impattoambientale dell’impianto.In provincia di Vicenza i controlli sul rispetto dei limitinon mancano. Nel primo semestre del 2000, l’ARPAVha controllato 27 siti vicini ad elettrodotti in cui si so-spettava che fosse superato il limite di 0,2 microtesla(in sette di questi siti la misura ha constatato che il li-mite veniva effettivamente oltrepassato). Nello stessoperiodo si sono controllate decine di stazioni radio ba-se e di impianti radiotelevisivi.

COME POSSO RIDURRE LA MIA ESPOSIZIONE

AI CAMPI ELETTROMAGNETICI?

La maggior parte dei campi elettromagnetici cui siamoesposti viene emessa da apparecchiature di uso dome-stico (fig. 5). Per ridurre l’esposizione si può intervenire in casa fa-cendo attenzione alla disposizione degli elettrodome-stici. Per esempio, sarebbe meglio non tenere la radio-sveglia sul comodino, a poca distanza dalla testa. Inol-tre, quando gli elettrodomestici sono in funzione biso-gnerebbe, per quanto possibile, starne lontano. Gliesperti consigliano di guardare la televisione ad alme-no un metro di distanza, e di staccare la spina deglielettrodomestici che non sono in funzione.Se il problema deriva dall’impianto elettrico della casa,spesso sono sufficienti alcuni interventi di poco costo,ma effettuati da personale specializzato, per risanarel’edificio.

LE LEGGI IN VIGORE

FIGURA 4. La legge regionale del Veneto stabilisce valori di riferimentoper la tutela dagli effetti a lungo termine. Il decreto naziona-le fissa invece limiti da non superare per evitare effetti acuti.Nel frattempo è stato emanata una legge quadro (n.36, 22 feb-braio 2001) che ridisegna l'intera normativa e che obbliga a unarevisione dei limiti di esposizione ai campi elettromagnetici.

NORMATIVA CAMPO ELETTRICO CAMPO MAGNETICO DISTANZE(KV/m) (µT) DI RISPETTO

Decreto 5 100 132 kV:10 mdel Presidente 220 kV:18 mdel Consiglio 380 kV: 28 mdei Ministri 23/4/92

Legge 0,5 0,2 132 kV:40-70 mRegionale del 220 kV:40-80 mVeneto 27/93 380 kV: 70-150 m

CEM IN CASA

FIGURA 5. Intensità del campo elettromagnetico (in microtesla) per alcunielettrodomestici a diverse distanze. Dati del National Radiologi-cal Protection Board (UK). Le variazioni dipendono dal modelloutilizzato per lo studio.

ELETTRODOMESTICO A 3 CM A 30 CM A 1 M

asciugacapelli 6 - 2.000 <0,01 - 1 <0,01 - 0,3aspirapolvere 200 - 800 2 - 20 0,13 - 210ferro da stiro 8 - 30 0,12 - 0,3 0,01 - 0,025forno elettrico 1 - 150 0,15 - 0,5 0,01 - 0,4frigorifero 0,5 - 1,7 0,01 - 0,25 0,01lavastoviglie 3,5 - 20 0,6 - 0,3 0,07 - 0,3lavatrice 0,8 - 50 0,15 - 3 0,01 - 0,15rasoio elettrico 15 - 1500 0,08 - 7 <0,01 - 0,3televisione 25 - 50 0,04 - 2 <0,01 - 0,15tostapane 7 - 18 0,06 - 0,7 <0,01

FIGURA 4

FIGURA 5

DOCUMENTO INTERO 11-04-2001 16:25 Pagina 38

39

Energia, risorsainsufficiente

“Ho appena concluso il mio viaggio alla ricerca dei luoghi in cui, in questa ricca provincia,

si produce energia. Lungo i tanti fiumi, ho potuto osservare molti luoghi in cui la forza dell’acqua

viene sfruttata fino dai primi anni del secolo scorso per far progredire le attivita industriali

in quei comuni che si trovano a ridosso delle montagne. Ma questa ricchezza non basta a sostenere

le intense attivita produttive di questa zona, che dipende percio dall’energia

che altre province della regione le forniscono”

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tensione è stata fissata la soglia di intensità di 0,2 mi-crotesla. La legge regionale del 30 giugno 1993(27/93) è infatti entrata in vigore all’inizio del 2000 eha fissato anche nuove distanze di sicurezza dagli elet-trodotti per garantire il rispetto dei limiti di esposizio-ne ai campi di bassa frequenza. Nella figura 4 vengo-no messi a confronto i limiti stabiliti dalla normativa re-gionale e da quella nazionale. Le cifre non devonotrarre in inganno: i limiti fissati dal decreto nazionalestabiliscono l’esposizione massima per evitare il rischiodi effetti acuti, mentre la legge regionale suggeriscevalori di cautela per prevenire anche danni a lungo ter-mine. Inoltre questa legge riguarda i nuovi elettrodot-ti e le nuove aree residenziali vicine a quelli esistenti. Per le radiazioni ad alta frequenza, emesse dalle an-tenne per la telefonia e dai ripetitori radiotelevisivi, so-no stati recepiti i limiti fissati dal decreto ministeriale381/98 del 29 dicembre 1998. Questi limiti prevedonoche, in corrispondenza agli edifici adibiti a permanen-ze superiori alle 4 ore giornaliere, l’intensità del cam-po elettrico non possa superare i 6 volt al metro.Sia questo valore che quello di 0,2 microtesla relativoalle emissioni a bassa frequenza non devono essereconsiderati come soglie di sicurezza, ma come indica-zioni concrete per raggiungere la completa protezio-ne da qualunque effetto sanitario. Nel Veneto, inoltre, è regolamentata l’installazione di im-pianti per teleradiocomunicazione. La legge regionale 29/93 impone, per gli impianti conpotenza superiore a 150 watt, l’autorizzazione preven-tiva del Presidente della Provincia, con il parere tecnico

dell’ARPAV. L’installazione delle stazioni radio base devesottostare agli obblighi previsti dalle norme comunali (li-cenza edilizia, dichiarazione di inizio attività, eccetera).Normalmente i comuni richiedono preventivamente unparere tecnico, di solito all’ARPAV, sul possibile impattoambientale dell’impianto.In provincia di Vicenza i controlli sul rispetto dei limitinon mancano. Nel primo semestre del 2000, l’ARPAVha controllato 27 siti vicini ad elettrodotti in cui si so-spettava che fosse superato il limite di 0,2 microtesla(in sette di questi siti la misura ha constatato che il li-mite veniva effettivamente oltrepassato). Nello stessoperiodo si sono controllate decine di stazioni radio ba-se e di impianti radiotelevisivi.

COME POSSO RIDURRE LA MIA ESPOSIZIONE

AI CAMPI ELETTROMAGNETICI?

La maggior parte dei campi elettromagnetici cui siamoesposti viene emessa da apparecchiature di uso dome-stico (fig. 5). Per ridurre l’esposizione si può intervenire in casa fa-cendo attenzione alla disposizione degli elettrodome-stici. Per esempio, sarebbe meglio non tenere la radio-sveglia sul comodino, a poca distanza dalla testa. Inol-tre, quando gli elettrodomestici sono in funzione biso-gnerebbe, per quanto possibile, starne lontano. Gliesperti consigliano di guardare la televisione ad alme-no un metro di distanza, e di staccare la spina deglielettrodomestici che non sono in funzione.Se il problema deriva dall’impianto elettrico della casa,spesso sono sufficienti alcuni interventi di poco costo,ma effettuati da personale specializzato, per risanarel’edificio.

LE LEGGI IN VIGORE

FIGURA 4. La legge regionale del Veneto stabilisce valori di riferimentoper la tutela dagli effetti a lungo termine. Il decreto naziona-le fissa invece limiti da non superare per evitare effetti acuti.Nel frattempo è stato emanata una legge quadro (n.36, 22 feb-braio 2001) che ridisegna l'intera normativa e che obbliga a unarevisione dei limiti di esposizione ai campi elettromagnetici.

NORMATIVA CAMPO ELETTRICO CAMPO MAGNETICO DISTANZE(KV/m) (µT) DI RISPETTO

Decreto 5 100 132 kV:10 mdel Presidente 220 kV:18 mdel Consiglio 380 kV: 28 mdei Ministri 23/4/92

Legge 0,5 0,2 132 kV:40-70 mRegionale del 220 kV:40-80 mVeneto 27/93 380 kV: 70-150 m

CEM IN CASA

FIGURA 5. Intensità del campo elettromagnetico (in microtesla) per alcunielettrodomestici a diverse distanze. Dati del National Radiologi-cal Protection Board (UK). Le variazioni dipendono dal modelloutilizzato per lo studio.

ELETTRODOMESTICO A 3 CM A 30 CM A 1 M

asciugacapelli 6 - 2.000 <0,01 - 1 <0,01 - 0,3aspirapolvere 200 - 800 2 - 20 0,13 - 210ferro da stiro 8 - 30 0,12 - 0,3 0,01 - 0,025forno elettrico 1 - 150 0,15 - 0,5 0,01 - 0,4frigorifero 0,5 - 1,7 0,01 - 0,25 0,01lavastoviglie 3,5 - 20 0,6 - 0,3 0,07 - 0,3lavatrice 0,8 - 50 0,15 - 3 0,01 - 0,15rasoio elettrico 15 - 1500 0,08 - 7 <0,01 - 0,3televisione 25 - 50 0,04 - 2 <0,01 - 0,15tostapane 7 - 18 0,06 - 0,7 <0,01

FIGURA 4

FIGURA 5

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CO2 EMESSA E RICCHEZZA

Se le attività produttive richiedono più di 3 milioni di TEP,la provincia stessa può provvedere a fornirne solo unaparte irrisoria, circa 75 mila TEP (pari al 2,4 per cento),praticamente solo grazie alle centrali idroelettriche.La maggior parte dell’energia richiesta è rappresentatadall’energia elettrica, che viene utilizzata principalmenteper usi industriali (fig.3).

struzioni e nelle ristrutturazioni• promuovere queste installazioni presso la popolazione,fornendo tutte le informazioni necessarie• realizzare impianti idroelettrici, a biomassa e di smal-timento dei rifiuti industriali e urbani con recuperoenergetico• ricercare la collaborazione di chi distribuisce l’energiaper azioni di risparmio energetico.

IL CONTRIBUTO DEL SINGOLO

Il semplice cittadino può dare una mano alle istituzioni,seguendo alcune semplici regole di risparmio energetico: • mantenere la caldaia efficiente • accendere gli impianti di riscaldamento o condiziona-mento solo quando è veramente necessario • non coprire i caloriferi con mobili o tende, affinché il ca-lore possa giungere nella zona di destinazione. Calorifericoperti possono costare fino al 40 per cento di energia inpiù. • non surriscaldare i locali: ogni grado in meno nell’abi-tazione significa il 5 per cento in meno di consumo dienergia • eliminare le infiltrazioni e isolare le pareti con pannelli• non lasciare il televisore in standby: in poche ore puòarrivare a consumare la stessa energia usata nel periodoin cui resta acceso • disinserire sempre la spina quando si finisce di lavorarecon il computer portatile: i trasformatori possono conti-nuare a consumare elettricità anche quando il computerè spento • accendere solo le lampade più distanti dalle finestre ecomunque solo quelle necessarie• spegnere le luci quando si esce da una stanza, anche sesolo per pochi minuti.

FABBISOGNO DEL 1999

FIGURA 2.Le attività produttive della provincia richiedono più di 3 milionidi TEP (tonnellata di petrolio equivalente), in gran parte sotto for-ma di energia elettrica.

FONTE DI ENERGIA FABBISOGNO IN TEP (1999)

Energia elettrica 1.259.078

Metano 924.282

Gasoli 495.812

Benzine 267.943

Oli combustibili 68.643

Gas di petrolio liquefatti (GPL) 64.843

Legna 31.500

USO DELL’ENERGIA ELETTRICA

FIGURA 3.Secondo i dati del 1998, l’energia elettrica è utilizzata principal-mente nelle attività industriali.

DESTINAZIONE PERCENTUALE SUL TOTALE

Usi industriali 67,8 %

Usi domestici 15,7 %

Terziario 15,1 %

Agricoltura 1,4 %

FIGURA 4.Andamento delle emissioni complessive di anidride carbonica edel prodotto interno lordo provinciale. Nel 1998, per la prima vol-ta, le emissioni sono aumentate più velocemente del PIL.

1993

tonn CO2 PIL (M lire)

1994 1995 1996 1997 1998

140

120

100

80

60

40

20

0

■ ■

■■

■ ■

n°in

dice

FIGURA 2

FIGURA 3

FIGURA 4

LE INIZIATIVE DELLE ISTITUZIONI

Affidarsi alle fonti alternative, superando le difficoltà le-gate ai maggiori costi di produzione, sembra essere lastrada imboccata dall’Amministrazione provinciale, cheha dato il via all’istituzione dell’Agenzia Vicentina per l’E-nergia e l’Innovazione Tecnologica, che avrà il compito diprogettare e mettere in atto azioni di risparmio energeti-co e di promuovere e diffondere tecnologie pulite.L’azione dell’Amministrazione locale prevede anche altreiniziative nel campo delle fonti rinnovabili:• installare impianti fotovoltaici o solari in edifici pubblici• prevedere l’obbligo di predisporre strutture adatte allasuccessiva installazione di questi impianti nelle nuove co-

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hanno trainato dieci anni di sviluppo economico dellaprovincia di Vicenza.I consumi della maggior parte di queste fonti sono deci-samente cresciuti nel periodo 1989-1999 (figura 1) e lepoche risorse energetiche locali soddisfano solo in mini-ma parte il fabbisogno. L’incremento dei consumi di energia elettrica è stato piùche doppio rispetto a quello medio nazionale (28,8 percento) nello stesso periodo, e corrisponde a un raddoppiodella richiesta in meno di 15 anni.La crescita maggiore è stata registrata nel settore deiservizi (terziario), anche se la gran parte dell’energia èancora consumata dall’industria. Considerazioni analoghe valgono per il metano.Vanno contro corrente i dati relativi ai consumi di olicombustibili e anche di gasolio per riscaldamento, acausa della concorrenza con il metano. Per la legna si è assunto un consumo annuo costante(81 mila tonnellate) ricavato, con opportune correzio-ni, da dati regionali.

ENORMI RICHIESTE

Non solo si consuma di più ma, ogni anno, la richiestaenergetica cresce sempre più rapidamente. Nell’ultimodecennio, infatti, è aumentata del 44,3 per cento, masolo nell’ultimo anno la crescita è stata addirittura del5,4 per cento.Nella figura 2 sono indicati i fabbisogni energetici del1999. Tutte le unità di misura delle varie quantità ener-getiche (kilowattora, metro cubo, tonnellata) sono stateespresse in un’unica unità, il TEP (tonnellata di petrolioequivalente), attraverso opportuni coefficienti, in mododa poter confrontare tra loro i dati.

Lo sviluppo economico della provincia nell’ultimo de-cennio ha richiesto enormi consumi di energia elettrica,metano, petrolio e combustibili solidi, fonti presenti sulterritorio in quantità insufficiente a soddisfare il fabbiso-gno. In previsione di ulteriori aumenti nelle richieste, l’at-tenzione è puntata sulle fonti alternative.

CONSUMI IN CRESCITA

Energia elettrica, metano, prodotti petroliferi e combu-stibili solidi (carbone e legna). Queste sono le fonti che

I GAS CLIMALTERANTI

Conseguenza diretta dell’utilizzo di combustibili fos-sili come carbone, petrolio e gas per produrre energiaè l’emissione di sostanze, principalmente anidridecarbonica (CO2), che imprigionano la radiazione in-frarossa riflessa dalla superficie terrestre, provocan-do l’aumento della temperatura in atmosfera (effet-to serra). In tal modo queste sostanze possono alte-rare le caratteristiche climatiche di una regione.La provincia di Vicenza non costituisce un’eccezionerispetto al resto del paese: le emissioni sono in conti-nua crescita.Attraverso un modello di elaborazione dei dati chia-mato AIRES, sono stati ricostruiti gli andamenti di al-cuni parametri per caratterizzare il fenomeno, nel pe-riodo 1993-1999.L’aumento delle emissioni, di circa il 20 per cento, è ri-sultato principalmente dovuto ai consumi elettrici, acausa della grande quantità di combustibili fossili ne-cessari alla produzione di elettricità. La crescita piùsensibile si è avuta nel settore industriale.Ma lo studio mostra anche una interessante correla-zione tra la quantità di anidride carbonica emessa ela ricchezza prodotta, rappresentata dal Prodotto in-terno lordo (PIL). Come si vede dalla figura 4, nel pe-riodo analizzato il PIL è aumentato più velocementedelle emissioni ma, nell’ultimo anno considerato(1998), la tendenza si è invertita: al rapido cresceredelle emissioni non corrisponde più un rapido au-mento della ricchezza prodotta.La risposta dell’amministrazione locale dovrebbepassare attraverso l’Agenzia Vicentina per l’Energiae l’Innovazione Tecnologica, che ha tra i suoi compitianche quello di progettare azioni di riduzione delleemissioni di gas climalteranti. Compito arduo in unaprovincia che, almeno nel 1995, presentava un datorelativo all’emissione pro capite di anidride carboni-ca superiore a quello medio nazionale.

DIECI ANNI DI CONSUMI

FIGURA 1.Variazione dei consumi delle principali fonti energetiche nel pe-riodo 1989-1999 nella provincia di Vicenza. La crescita è impor-tante per quasi tutte le fonti.

FONTE CONSUMO CONSUMO VARIAZIONE DI ENERGIA NEL 1989 NEL 1999 (%)

Energia elettrica 3332,5 GWh 5326,5 GWh +59,80

Metano 750.671.026 m3 1.067.302.507 m3 +42,18

Benzine 193.246 t 267.943 t +39,00

Gasoli 328.734 t 495.812 t +51,00

Oli combustibili 122.465 t 68.643 t -44,00

Gas di petrolio liquefatti (GPL) 33.672,6 t 54.036 t +60,00

Lubrificanti 10.425,2 t 8.420 t -19,00

FIGURA 1

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CO2 EMESSA E RICCHEZZA

Se le attività produttive richiedono più di 3 milioni di TEP,la provincia stessa può provvedere a fornirne solo unaparte irrisoria, circa 75 mila TEP (pari al 2,4 per cento),praticamente solo grazie alle centrali idroelettriche.La maggior parte dell’energia richiesta è rappresentatadall’energia elettrica, che viene utilizzata principalmenteper usi industriali (fig.3).

struzioni e nelle ristrutturazioni• promuovere queste installazioni presso la popolazione,fornendo tutte le informazioni necessarie• realizzare impianti idroelettrici, a biomassa e di smal-timento dei rifiuti industriali e urbani con recuperoenergetico• ricercare la collaborazione di chi distribuisce l’energiaper azioni di risparmio energetico.

IL CONTRIBUTO DEL SINGOLO

Il semplice cittadino può dare una mano alle istituzioni,seguendo alcune semplici regole di risparmio energetico: • mantenere la caldaia efficiente • accendere gli impianti di riscaldamento o condiziona-mento solo quando è veramente necessario • non coprire i caloriferi con mobili o tende, affinché il ca-lore possa giungere nella zona di destinazione. Calorifericoperti possono costare fino al 40 per cento di energia inpiù. • non surriscaldare i locali: ogni grado in meno nell’abi-tazione significa il 5 per cento in meno di consumo dienergia • eliminare le infiltrazioni e isolare le pareti con pannelli• non lasciare il televisore in standby: in poche ore puòarrivare a consumare la stessa energia usata nel periodoin cui resta acceso • disinserire sempre la spina quando si finisce di lavorarecon il computer portatile: i trasformatori possono conti-nuare a consumare elettricità anche quando il computerè spento • accendere solo le lampade più distanti dalle finestre ecomunque solo quelle necessarie• spegnere le luci quando si esce da una stanza, anche sesolo per pochi minuti.

FABBISOGNO DEL 1999

FIGURA 2.Le attività produttive della provincia richiedono più di 3 milionidi TEP (tonnellata di petrolio equivalente), in gran parte sotto for-ma di energia elettrica.

FONTE DI ENERGIA FABBISOGNO IN TEP (1999)

Energia elettrica 1.259.078

Metano 924.282

Gasoli 495.812

Benzine 267.943

Oli combustibili 68.643

Gas di petrolio liquefatti (GPL) 64.843

Legna 31.500

USO DELL’ENERGIA ELETTRICA

FIGURA 3.Secondo i dati del 1998, l’energia elettrica è utilizzata principal-mente nelle attività industriali.

DESTINAZIONE PERCENTUALE SUL TOTALE

Usi industriali 67,8 %

Usi domestici 15,7 %

Terziario 15,1 %

Agricoltura 1,4 %

FIGURA 4.Andamento delle emissioni complessive di anidride carbonica edel prodotto interno lordo provinciale. Nel 1998, per la prima vol-ta, le emissioni sono aumentate più velocemente del PIL.

1993

tonn CO2 PIL (M lire)

1994 1995 1996 1997 1998

140

120

100

80

60

40

20

0

■ ■

■■

■ ■

n°in

dice

FIGURA 2

FIGURA 3

FIGURA 4

LE INIZIATIVE DELLE ISTITUZIONI

Affidarsi alle fonti alternative, superando le difficoltà le-gate ai maggiori costi di produzione, sembra essere lastrada imboccata dall’Amministrazione provinciale, cheha dato il via all’istituzione dell’Agenzia Vicentina per l’E-nergia e l’Innovazione Tecnologica, che avrà il compito diprogettare e mettere in atto azioni di risparmio energeti-co e di promuovere e diffondere tecnologie pulite.L’azione dell’Amministrazione locale prevede anche altreiniziative nel campo delle fonti rinnovabili:• installare impianti fotovoltaici o solari in edifici pubblici• prevedere l’obbligo di predisporre strutture adatte allasuccessiva installazione di questi impianti nelle nuove co-

40

hanno trainato dieci anni di sviluppo economico dellaprovincia di Vicenza.I consumi della maggior parte di queste fonti sono deci-samente cresciuti nel periodo 1989-1999 (figura 1) e lepoche risorse energetiche locali soddisfano solo in mini-ma parte il fabbisogno. L’incremento dei consumi di energia elettrica è stato piùche doppio rispetto a quello medio nazionale (28,8 percento) nello stesso periodo, e corrisponde a un raddoppiodella richiesta in meno di 15 anni.La crescita maggiore è stata registrata nel settore deiservizi (terziario), anche se la gran parte dell’energia èancora consumata dall’industria. Considerazioni analoghe valgono per il metano.Vanno contro corrente i dati relativi ai consumi di olicombustibili e anche di gasolio per riscaldamento, acausa della concorrenza con il metano. Per la legna si è assunto un consumo annuo costante(81 mila tonnellate) ricavato, con opportune correzio-ni, da dati regionali.

ENORMI RICHIESTE

Non solo si consuma di più ma, ogni anno, la richiestaenergetica cresce sempre più rapidamente. Nell’ultimodecennio, infatti, è aumentata del 44,3 per cento, masolo nell’ultimo anno la crescita è stata addirittura del5,4 per cento.Nella figura 2 sono indicati i fabbisogni energetici del1999. Tutte le unità di misura delle varie quantità ener-getiche (kilowattora, metro cubo, tonnellata) sono stateespresse in un’unica unità, il TEP (tonnellata di petrolioequivalente), attraverso opportuni coefficienti, in mododa poter confrontare tra loro i dati.

Lo sviluppo economico della provincia nell’ultimo de-cennio ha richiesto enormi consumi di energia elettrica,metano, petrolio e combustibili solidi, fonti presenti sulterritorio in quantità insufficiente a soddisfare il fabbiso-gno. In previsione di ulteriori aumenti nelle richieste, l’at-tenzione è puntata sulle fonti alternative.

CONSUMI IN CRESCITA

Energia elettrica, metano, prodotti petroliferi e combu-stibili solidi (carbone e legna). Queste sono le fonti che

I GAS CLIMALTERANTI

Conseguenza diretta dell’utilizzo di combustibili fos-sili come carbone, petrolio e gas per produrre energiaè l’emissione di sostanze, principalmente anidridecarbonica (CO2), che imprigionano la radiazione in-frarossa riflessa dalla superficie terrestre, provocan-do l’aumento della temperatura in atmosfera (effet-to serra). In tal modo queste sostanze possono alte-rare le caratteristiche climatiche di una regione.La provincia di Vicenza non costituisce un’eccezionerispetto al resto del paese: le emissioni sono in conti-nua crescita.Attraverso un modello di elaborazione dei dati chia-mato AIRES, sono stati ricostruiti gli andamenti di al-cuni parametri per caratterizzare il fenomeno, nel pe-riodo 1993-1999.L’aumento delle emissioni, di circa il 20 per cento, è ri-sultato principalmente dovuto ai consumi elettrici, acausa della grande quantità di combustibili fossili ne-cessari alla produzione di elettricità. La crescita piùsensibile si è avuta nel settore industriale.Ma lo studio mostra anche una interessante correla-zione tra la quantità di anidride carbonica emessa ela ricchezza prodotta, rappresentata dal Prodotto in-terno lordo (PIL). Come si vede dalla figura 4, nel pe-riodo analizzato il PIL è aumentato più velocementedelle emissioni ma, nell’ultimo anno considerato(1998), la tendenza si è invertita: al rapido cresceredelle emissioni non corrisponde più un rapido au-mento della ricchezza prodotta.La risposta dell’amministrazione locale dovrebbepassare attraverso l’Agenzia Vicentina per l’Energiae l’Innovazione Tecnologica, che ha tra i suoi compitianche quello di progettare azioni di riduzione delleemissioni di gas climalteranti. Compito arduo in unaprovincia che, almeno nel 1995, presentava un datorelativo all’emissione pro capite di anidride carboni-ca superiore a quello medio nazionale.

DIECI ANNI DI CONSUMI

FIGURA 1.Variazione dei consumi delle principali fonti energetiche nel pe-riodo 1989-1999 nella provincia di Vicenza. La crescita è impor-tante per quasi tutte le fonti.

FONTE CONSUMO CONSUMO VARIAZIONE DI ENERGIA NEL 1989 NEL 1999 (%)

Energia elettrica 3332,5 GWh 5326,5 GWh +59,80

Metano 750.671.026 m3 1.067.302.507 m3 +42,18

Benzine 193.246 t 267.943 t +39,00

Gasoli 328.734 t 495.812 t +51,00

Oli combustibili 122.465 t 68.643 t -44,00

Gas di petrolio liquefatti (GPL) 33.672,6 t 54.036 t +60,00

Lubrificanti 10.425,2 t 8.420 t -19,00

FIGURA 1

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QUEL CHE INSEGNA LA NATURA

Quello di rifiuto è un concetto tipicamente umano. In na-tura infatti vale il principio che nulla si butta via, ma anzitutto può, e deve, essere riciclato. Gli ecosistemi regolano i flussi di materiali attraverso i co-siddetti cicli biogeochimici, cioè attraverso trasformazio-ni che avvengono nel mondo fisico e biologico, e checonsentono di riutilizzare le sostanze giunte alla fine diun processo come materiali di partenza per avviarne unaltro. Ogni elemento passa continuamente da una tap-pa all’altra del suo ciclo naturale, senza raggiungere maiuna condizione di inutilità, come quella che attribuiamoai rifiuti. A volte, alcuni materiali restano intrappolati nel-l’ambiente anche per anni, secoli o millenni (per esem-pio nei sedimenti marini o nel sottosuolo). Questo nonperché abbiano concluso la loro funzione, ma per il fat-to che i cicli naturali si fondano su orologi che sfuggonoalle scale temporali cui siamo abituati.

LA DIVERSA NATURA DEI RIFIUTI

Parlando di rifiuti occorre subito distinguere tra rifiuti ur-bani (RU) e speciali. Della prima categoria fanno parte,per esempio, i rifiuti domestici, quelli provenienti dallapulizia delle strade, quelli che si trovano sulle rive dei cor-si d’acqua o sulle spiagge, i rifiuti vegetali provenienti daparchi e giardini.Sono rifiuti speciali, invece, quelli che provengono da at-tività agricole, di costruzione, commerciali e di servizio,

sanitarie, di lavorazione artigianale e industriale. Ma an-che gli scarti delle attività di recupero e smaltimento, ifanghi prodotti dai trattamenti delle acque, i macchinarie le apparecchiature, compresi i veicoli a motore e i ri-morchi, in disuso.

UN ESEMPIO DA SEGUIRE

In Italia, ogni anno, si producono in media circa 60 milio-ni di tonnellate di rifiuti urbani (RU). Ogni italiano, cioè,produce circa una tonnellata di rifiuti all’anno.Nella provincia di Vicenza, secondo i dati del 1999, laproduzione pro capite è di circa 400 chilogrammi all’an-no, una buona media se confrontata sia con quella na-zionale sia con quella regionale, pari a circa 470 chilo-grammi (fig. 1).

La relazione tra produzione di rifiuti e popolazione nonè immediata come si potrebbe pensare. Fino al 1997 laproduzione è aumentata più velocemente della popola-zione, a causa del sempre maggiore utilizzo di imballag-gi a perdere e dello sviluppo del settore terziario, cheproduce grandi quantità di rifiuti assimilabili agli urbani.Nel 1998, invece, nonostante il forte incremento dellapopolazione, la produzione è nettamente diminuita enegli ultimi due anni entrambe le grandezze sono au-mentate solo leggermente.Secondo un recente studio sulla produzione di rifiuti ur-bani in provincia di Vicenza, effettuato per ottenere leinformazioni necessarie alla predisposizione del nuovoPiano provinciale per la gestione dei rifiuti urbani, nel-l’anno 1999 la produzione di rifiuti è aumentata, in per-centuale, meno dell’anno precedente. L’aumento com-plessivo nel triennio 1997-1999 (pari all’1,65 per cento)risulta poi decisamente inferiore a quello registrato sulterritorio regionale. E per il futuro, il Piano provinciale prevede un incremen-to medio all’anno dello 0,5 per cento fino al 2010. Que-sto significa che l’impatto sull’ambiente della produzio-

LA NUOVA FILOSOFIA DEI RIFIUTI

I modelli produttivi della civiltà industrializzata han-no fortemente alterato il sistema dei cicli naturali.Hanno creato una frattura fra ciò che è utile e ciò chenon lo è, generando, sia nella teoria sia nella pratica,la categoria «rifiuto». La cultura dell’«usa e getta», sviluppata negli ultimi50 anni, ha enormemente aumentato la produzionedi avanzi, scorie e immondizie, arrivando a stravol-gere completamente il nostro rapporto con i mate-riali e con il territorio.Nasce quindi la necessità di una diversa concezionedegli scarti, che ricalchi, per quanto possibile, il me-todo adottato dai sistemi naturali. È il concetto dellasostenibilità, che pone dei limiti alla produzione di ri-fiuti e al rilascio di questi nell’ambiente. In base aquesto orientamento, la quantità di rifiuti da smaltiredeve essere diminuita sia attraverso una minore pro-duzione a monte, sia migliorando le fasi successiveattraverso il recupero e il riciclaggio.

PRODUZIONE DI RIFIUTI

FIGURA 1.La crescita della quantità di rifiuti prodotti in provincia non èstrettamente dipendente dall’aumento della popolazione, mapiuttosto dalle abitudini di consumo.

1997 1998 1999Produzione totale (tonnellate) 309.687 313.708 314.653

Popolazione (abitanti) 771.146 780.330 780.527

Produzione pro capite (chilogrammi per abitante) 401,6 402,0 403,1

FIGURA 1

42

“Quasi tutto cio che acquistiamo porta con sé involucri di mille forme e dimensioni. Il loro unico

destino è diventare rifiuti. Non si capisce bene il perché di questa usanza. I piú sostengono che

l’involucro sia un corredo importantissimo: facendone a meno, il suo contenuto perderebbe valore. A

Vicenza , come ovunque nel paese, si produce un’enorme quantita di rifiuti. Ma da qualche anno

sono sempre meno quelli che terminano il loro percorso in una discarica. Quasi ovunque, qui in

provincia, ha avuto successo la filosofia che vede nella raccolta differenziata una grande opportunita

di ricavare qualcosa di utile anche dai cosiddetti scarti”

Limitare i rifiuti,imitare la natura

DOCUMENTO INTERO 11-04-2001 16:25 Pagina 42

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QUEL CHE INSEGNA LA NATURA

Quello di rifiuto è un concetto tipicamente umano. In na-tura infatti vale il principio che nulla si butta via, ma anzitutto può, e deve, essere riciclato. Gli ecosistemi regolano i flussi di materiali attraverso i co-siddetti cicli biogeochimici, cioè attraverso trasformazio-ni che avvengono nel mondo fisico e biologico, e checonsentono di riutilizzare le sostanze giunte alla fine diun processo come materiali di partenza per avviarne unaltro. Ogni elemento passa continuamente da una tap-pa all’altra del suo ciclo naturale, senza raggiungere maiuna condizione di inutilità, come quella che attribuiamoai rifiuti. A volte, alcuni materiali restano intrappolati nel-l’ambiente anche per anni, secoli o millenni (per esem-pio nei sedimenti marini o nel sottosuolo). Questo nonperché abbiano concluso la loro funzione, ma per il fat-to che i cicli naturali si fondano su orologi che sfuggonoalle scale temporali cui siamo abituati.

LA DIVERSA NATURA DEI RIFIUTI

Parlando di rifiuti occorre subito distinguere tra rifiuti ur-bani (RU) e speciali. Della prima categoria fanno parte,per esempio, i rifiuti domestici, quelli provenienti dallapulizia delle strade, quelli che si trovano sulle rive dei cor-si d’acqua o sulle spiagge, i rifiuti vegetali provenienti daparchi e giardini.Sono rifiuti speciali, invece, quelli che provengono da at-tività agricole, di costruzione, commerciali e di servizio,

sanitarie, di lavorazione artigianale e industriale. Ma an-che gli scarti delle attività di recupero e smaltimento, ifanghi prodotti dai trattamenti delle acque, i macchinarie le apparecchiature, compresi i veicoli a motore e i ri-morchi, in disuso.

UN ESEMPIO DA SEGUIRE

In Italia, ogni anno, si producono in media circa 60 milio-ni di tonnellate di rifiuti urbani (RU). Ogni italiano, cioè,produce circa una tonnellata di rifiuti all’anno.Nella provincia di Vicenza, secondo i dati del 1999, laproduzione pro capite è di circa 400 chilogrammi all’an-no, una buona media se confrontata sia con quella na-zionale sia con quella regionale, pari a circa 470 chilo-grammi (fig. 1).

La relazione tra produzione di rifiuti e popolazione nonè immediata come si potrebbe pensare. Fino al 1997 laproduzione è aumentata più velocemente della popola-zione, a causa del sempre maggiore utilizzo di imballag-gi a perdere e dello sviluppo del settore terziario, cheproduce grandi quantità di rifiuti assimilabili agli urbani.Nel 1998, invece, nonostante il forte incremento dellapopolazione, la produzione è nettamente diminuita enegli ultimi due anni entrambe le grandezze sono au-mentate solo leggermente.Secondo un recente studio sulla produzione di rifiuti ur-bani in provincia di Vicenza, effettuato per ottenere leinformazioni necessarie alla predisposizione del nuovoPiano provinciale per la gestione dei rifiuti urbani, nel-l’anno 1999 la produzione di rifiuti è aumentata, in per-centuale, meno dell’anno precedente. L’aumento com-plessivo nel triennio 1997-1999 (pari all’1,65 per cento)risulta poi decisamente inferiore a quello registrato sulterritorio regionale. E per il futuro, il Piano provinciale prevede un incremen-to medio all’anno dello 0,5 per cento fino al 2010. Que-sto significa che l’impatto sull’ambiente della produzio-

LA NUOVA FILOSOFIA DEI RIFIUTI

I modelli produttivi della civiltà industrializzata han-no fortemente alterato il sistema dei cicli naturali.Hanno creato una frattura fra ciò che è utile e ciò chenon lo è, generando, sia nella teoria sia nella pratica,la categoria «rifiuto». La cultura dell’«usa e getta», sviluppata negli ultimi50 anni, ha enormemente aumentato la produzionedi avanzi, scorie e immondizie, arrivando a stravol-gere completamente il nostro rapporto con i mate-riali e con il territorio.Nasce quindi la necessità di una diversa concezionedegli scarti, che ricalchi, per quanto possibile, il me-todo adottato dai sistemi naturali. È il concetto dellasostenibilità, che pone dei limiti alla produzione di ri-fiuti e al rilascio di questi nell’ambiente. In base aquesto orientamento, la quantità di rifiuti da smaltiredeve essere diminuita sia attraverso una minore pro-duzione a monte, sia migliorando le fasi successiveattraverso il recupero e il riciclaggio.

PRODUZIONE DI RIFIUTI

FIGURA 1.La crescita della quantità di rifiuti prodotti in provincia non èstrettamente dipendente dall’aumento della popolazione, mapiuttosto dalle abitudini di consumo.

1997 1998 1999Produzione totale (tonnellate) 309.687 313.708 314.653

Popolazione (abitanti) 771.146 780.330 780.527

Produzione pro capite (chilogrammi per abitante) 401,6 402,0 403,1

FIGURA 1

42

“Quasi tutto cio che acquistiamo porta con sé involucri di mille forme e dimensioni. Il loro unico

destino è diventare rifiuti. Non si capisce bene il perché di questa usanza. I piú sostengono che

l’involucro sia un corredo importantissimo: facendone a meno, il suo contenuto perderebbe valore. A

Vicenza , come ovunque nel paese, si produce un’enorme quantita di rifiuti. Ma da qualche anno

sono sempre meno quelli che terminano il loro percorso in una discarica. Quasi ovunque, qui in

provincia, ha avuto successo la filosofia che vede nella raccolta differenziata una grande opportunita

di ricavare qualcosa di utile anche dai cosiddetti scarti”

Limitare i rifiuti,imitare la natura

DOCUMENTO INTERO 11-04-2001 16:25 Pagina 42

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dalla manutenzione del verde pubblico e privato, dal re-cupero dei resti alimentari della popolazione, delle bot-tiglie e dei contenitori per liquidi, della carta e del cartonedi origine domestica e non domestica. In particolare, in tutto il territorio vicentino, sono moltodiffusi i sistemi per la raccolta differenziata di carta, ve-tro, pile e farmaci, per i quali si conta un raccoglitoreogni 300-400 abitanti. Ma anche la raccolta di rifiuti or-ganici e di residui vegetali è cresciuta nell’ultimo perio-do, così come quella degli scarti umidi. Questo dato èparticolarmente importante, poiché questi rifiuti posso-no avere un alto impatto ambientale se smaltiti insiemead altri, generando, per esempio, biogas nelle discariche.I rifiuti raccolti in modo differenziato a livello provincialecostituiscono più del 28 per cento del totale, secondo idati del 1999. Un dato che rispetta, anzi supera, l’obiet-tivo minimo di raccolta differenziata fissato dal DecretoRonchi (D.Lgs. 22/97) del 1997, normativa vigente inmateria di rifiuti, che entro i primi due anni dall’entratain vigore prevedeva la raccolta differenziata del 15 percento dei rifiuti prodotti. Ancora una volta però, andando ad analizzare la situa-zione della raccolta differenziata nelle varie zone dellaprovincia, emergono delle forti differenze (fig.4), sebbe-ne nell’ultimo anno la percentuale di rifiuti raccolta inmodo differenziato sia cresciuta ovunque. Il bacino di Ar-zignano si conferma ancora in prima linea nel raggiungi-mento degli obiettivi previsti dalla legge, superando ad-dirittura l’obiettivo del 35 per cento fissato per il 2003.

Solo la zona dell’altopiano di Asiago resta lontana ancheda quel 15 per cento che costituiva il traguardo per il1999.

POLO CONCIARIO: TROPPI RIFIUTI SPECIALI

L’effetto sull’ambiente della produzione di rifiuti specialiin una data zona è collegato alla presenza delle varie at-tività produttive. Nella figura 5 sono elencate le cinqueattività produttive che, nel 1997, hanno prodotto lamaggiore quantità di rifiuti speciali.Principali produttrici sono le industrie del settore mani-fatturiero, ma nel 1997 si è avuto anche un netto au-mento delle quantità di rifiuti prodotte dai settori del

PRODUTTORI DI RIFIUTI SPECIALI

Attività Rifiuti speciali prodotti nel 1997(in tonnellate)

industrie manifatturiere 927.785

smaltimento rifiuti e acque reflue 278.475

costruzioni 68.838

commercio 52.508

pubblica amministrazione e sanità 44.409

Totale di rifiuti speciali prodotti 1.404.042

FIGURA 5.Le industrie manifatturiere dominano la produzione di rifiuti spe-ciali in provincia di Vicenza. Nella tabella sono riportate solo leprime 5 attività e il totale dei rifiuti prodotti nel 1997.

FIGURA 5

44

ne di rifiuti potrà diminuire, se anche in futuro si man-terranno, anzi si estenderanno le tendenze attuali dellearee più meritevoli a tutto il territorio provinciale.

IL DECRETO RONCHI

Gli obblighi di legge in materia di rifiuti sono conte-nuti nel decreto legislativo 22/97, meglio conosciu-to come Decreto Ronchi. Alla vecchia classificazione dei rifiuti in «urbani»,«speciali» e «tossico-nocivi», si sostituisce quella in ri-fiuti «urbani» e «speciali». Le due categorie com-prendono a loro volta rifiuti «pericolosi» e «non peri-colosi». Le caratteristiche del nuovo decreto sono partico-larmente innovative perché, oltre ad aver dato unanuova definizione di rifiuto, ha anche recepito iprincipi e le linee di intervento fissati dalle diretti-ve della Comunità Europea sui rifiuti (direttiva91/156/CEE), sui rifiuti pericolosi (direttiva91/698/CEE) e sugli imballaggi e i rifiuti di imbal-laggio (direttiva 94/62/CE). Sostituendo la norma-tiva precedente, basata principalmente sulla logicadello smaltimento, il Decreto Ronchi ha dettato lenuove regole concentrandosi maggiormente sulleoperazioni di prevenzione, riduzione e recupero deirifiuti con speciali criteri e tecnologie. Grande at-tenzione è riservata alla raccolta differenziata, conobiettivi di qualità fissati al 15 per cento, 25 percento e 35 per cento entro il secondo, quarto e se-sto anno dall’entrata in vigore del decreto, che ri-sale al 1997.

DIFFERENZIARE PER RICICLARE

La raccolta differenziata rappresenta uno dei punti di for-za del Piano provinciale sui rifiuti. L’obiettivo infatti èquello di ridurre al minimo la quantità di rifiuti da desti-nare allo smaltimento finale. In tutti i bacini della provincia, la raccolta differenziata èbasata sul recupero dei residui vegetali che provengono

“RU” ZONA PER ZONA

zona 1997 1998 1999

Vicenza 1,166 1,198 1,190

Schio-Thiene 1,024 1,050 1,099

Arzignano-Chiampo 0,915 0,822 0,771

Altopiano di Asiago 1,401 1,474 1,488

Bassano del Grappa 1,136 1,102 1,118

FIGURA 3.I dati, calcolati come chilogrammi di rifiuti solidi urbani prodottida ogni abitante in un giorno, indicano nell’Altopiano di Asiagola zona più critica.

RACCOLTA DIFFERENZIATA

FIGURA 4.Le percentuali di rifiuti raccolti in modo differenziato sottolinea-no le forti differenze tra le varie zone della provincia. Tutte peròstanno migliorando.

GLI SCARTI E I RECUPERIAnno

1998 1999

Variazione quantità - 5,9 % - 9,4 %avviata allo smaltimento (rispetto al 1997) (rispetto al 1998)

Percentuale di rifiuti raccolti 20,8 % 28,5 %in modo differenziato

FIGURA 2.Dal 1997 a oggi la raccolta differenziata in provincia di Vicenzaha interessato una frazione sempre maggiore di rifiuti prodotti.

FIGURA 2

FIGURA 3

FIGURA 4

zona 1998 1999

Vicenza 18,3 24,3

Schio-Thiene 22,1 24,6

Arzignano-Chiampo 31,8 60,6

Altopiano di Asiago 3,6 5,5

Bassano del Grappa 22,9 29,7

Nell’ultimo triennio, poi, si è verificata una forte dimi-nuzione della quantità di rifiuti avviati allo smaltimento(fig.2), che nel 1999 è stata addirittura del 9,4 per centorispetto all’anno precedente.Questo rappresenta un successo per la raccolta diffe-renziata.L’andamento della raccolta differenziata in provincia hasempre rispecchiato, negli ultimi anni, quello del Vene-to, ma nel 1999 il dato provinciale ha superato in modopiù marcato quello regionale.All’interno dell’intera provincia, però, si possono rileva-re differenze nella produzione di rifiuti nelle diverse zo-ne geografiche (fig. 3). In particolare, l’elemento interes-sante è rappresentato dal bacino di Arzignano, che pre-senta un quantitativo di rifiuti prodotti molto basso e inulteriore diminuzione. La brutta situazione dell’Altopiano di Asiago potrebbeinvece essere legata alla forte presenza di turisti durantetutto l’anno, che porta a una maggiore produzione di ri-fiuti totale e pro capite.

DOCUMENTO INTERO 11-04-2001 16:25 Pagina 44

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dalla manutenzione del verde pubblico e privato, dal re-cupero dei resti alimentari della popolazione, delle bot-tiglie e dei contenitori per liquidi, della carta e del cartonedi origine domestica e non domestica. In particolare, in tutto il territorio vicentino, sono moltodiffusi i sistemi per la raccolta differenziata di carta, ve-tro, pile e farmaci, per i quali si conta un raccoglitoreogni 300-400 abitanti. Ma anche la raccolta di rifiuti or-ganici e di residui vegetali è cresciuta nell’ultimo perio-do, così come quella degli scarti umidi. Questo dato èparticolarmente importante, poiché questi rifiuti posso-no avere un alto impatto ambientale se smaltiti insiemead altri, generando, per esempio, biogas nelle discariche.I rifiuti raccolti in modo differenziato a livello provincialecostituiscono più del 28 per cento del totale, secondo idati del 1999. Un dato che rispetta, anzi supera, l’obiet-tivo minimo di raccolta differenziata fissato dal DecretoRonchi (D.Lgs. 22/97) del 1997, normativa vigente inmateria di rifiuti, che entro i primi due anni dall’entratain vigore prevedeva la raccolta differenziata del 15 percento dei rifiuti prodotti. Ancora una volta però, andando ad analizzare la situa-zione della raccolta differenziata nelle varie zone dellaprovincia, emergono delle forti differenze (fig.4), sebbe-ne nell’ultimo anno la percentuale di rifiuti raccolta inmodo differenziato sia cresciuta ovunque. Il bacino di Ar-zignano si conferma ancora in prima linea nel raggiungi-mento degli obiettivi previsti dalla legge, superando ad-dirittura l’obiettivo del 35 per cento fissato per il 2003.

Solo la zona dell’altopiano di Asiago resta lontana ancheda quel 15 per cento che costituiva il traguardo per il1999.

POLO CONCIARIO: TROPPI RIFIUTI SPECIALI

L’effetto sull’ambiente della produzione di rifiuti specialiin una data zona è collegato alla presenza delle varie at-tività produttive. Nella figura 5 sono elencate le cinqueattività produttive che, nel 1997, hanno prodotto lamaggiore quantità di rifiuti speciali.Principali produttrici sono le industrie del settore mani-fatturiero, ma nel 1997 si è avuto anche un netto au-mento delle quantità di rifiuti prodotte dai settori del

PRODUTTORI DI RIFIUTI SPECIALI

Attività Rifiuti speciali prodotti nel 1997(in tonnellate)

industrie manifatturiere 927.785

smaltimento rifiuti e acque reflue 278.475

costruzioni 68.838

commercio 52.508

pubblica amministrazione e sanità 44.409

Totale di rifiuti speciali prodotti 1.404.042

FIGURA 5.Le industrie manifatturiere dominano la produzione di rifiuti spe-ciali in provincia di Vicenza. Nella tabella sono riportate solo leprime 5 attività e il totale dei rifiuti prodotti nel 1997.

FIGURA 5

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ne di rifiuti potrà diminuire, se anche in futuro si man-terranno, anzi si estenderanno le tendenze attuali dellearee più meritevoli a tutto il territorio provinciale.

IL DECRETO RONCHI

Gli obblighi di legge in materia di rifiuti sono conte-nuti nel decreto legislativo 22/97, meglio conosciu-to come Decreto Ronchi. Alla vecchia classificazione dei rifiuti in «urbani»,«speciali» e «tossico-nocivi», si sostituisce quella in ri-fiuti «urbani» e «speciali». Le due categorie com-prendono a loro volta rifiuti «pericolosi» e «non peri-colosi». Le caratteristiche del nuovo decreto sono partico-larmente innovative perché, oltre ad aver dato unanuova definizione di rifiuto, ha anche recepito iprincipi e le linee di intervento fissati dalle diretti-ve della Comunità Europea sui rifiuti (direttiva91/156/CEE), sui rifiuti pericolosi (direttiva91/698/CEE) e sugli imballaggi e i rifiuti di imbal-laggio (direttiva 94/62/CE). Sostituendo la norma-tiva precedente, basata principalmente sulla logicadello smaltimento, il Decreto Ronchi ha dettato lenuove regole concentrandosi maggiormente sulleoperazioni di prevenzione, riduzione e recupero deirifiuti con speciali criteri e tecnologie. Grande at-tenzione è riservata alla raccolta differenziata, conobiettivi di qualità fissati al 15 per cento, 25 percento e 35 per cento entro il secondo, quarto e se-sto anno dall’entrata in vigore del decreto, che ri-sale al 1997.

DIFFERENZIARE PER RICICLARE

La raccolta differenziata rappresenta uno dei punti di for-za del Piano provinciale sui rifiuti. L’obiettivo infatti èquello di ridurre al minimo la quantità di rifiuti da desti-nare allo smaltimento finale. In tutti i bacini della provincia, la raccolta differenziata èbasata sul recupero dei residui vegetali che provengono

“RU” ZONA PER ZONA

zona 1997 1998 1999

Vicenza 1,166 1,198 1,190

Schio-Thiene 1,024 1,050 1,099

Arzignano-Chiampo 0,915 0,822 0,771

Altopiano di Asiago 1,401 1,474 1,488

Bassano del Grappa 1,136 1,102 1,118

FIGURA 3.I dati, calcolati come chilogrammi di rifiuti solidi urbani prodottida ogni abitante in un giorno, indicano nell’Altopiano di Asiagola zona più critica.

RACCOLTA DIFFERENZIATA

FIGURA 4.Le percentuali di rifiuti raccolti in modo differenziato sottolinea-no le forti differenze tra le varie zone della provincia. Tutte peròstanno migliorando.

GLI SCARTI E I RECUPERIAnno

1998 1999

Variazione quantità - 5,9 % - 9,4 %avviata allo smaltimento (rispetto al 1997) (rispetto al 1998)

Percentuale di rifiuti raccolti 20,8 % 28,5 %in modo differenziato

FIGURA 2.Dal 1997 a oggi la raccolta differenziata in provincia di Vicenzaha interessato una frazione sempre maggiore di rifiuti prodotti.

FIGURA 2

FIGURA 3

FIGURA 4

zona 1998 1999

Vicenza 18,3 24,3

Schio-Thiene 22,1 24,6

Arzignano-Chiampo 31,8 60,6

Altopiano di Asiago 3,6 5,5

Bassano del Grappa 22,9 29,7

Nell’ultimo triennio, poi, si è verificata una forte dimi-nuzione della quantità di rifiuti avviati allo smaltimento(fig.2), che nel 1999 è stata addirittura del 9,4 per centorispetto all’anno precedente.Questo rappresenta un successo per la raccolta diffe-renziata.L’andamento della raccolta differenziata in provincia hasempre rispecchiato, negli ultimi anni, quello del Vene-to, ma nel 1999 il dato provinciale ha superato in modopiù marcato quello regionale.All’interno dell’intera provincia, però, si possono rileva-re differenze nella produzione di rifiuti nelle diverse zo-ne geografiche (fig. 3). In particolare, l’elemento interes-sante è rappresentato dal bacino di Arzignano, che pre-senta un quantitativo di rifiuti prodotti molto basso e inulteriore diminuzione. La brutta situazione dell’Altopiano di Asiago potrebbeinvece essere legata alla forte presenza di turisti durantetutto l’anno, che porta a una maggiore produzione di ri-fiuti totale e pro capite.

DOCUMENTO INTERO 11-04-2001 16:25 Pagina 44

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“Nel mio viaggio per la provincia ho incontrato montagne e colline

coperte di boschi, e pianure che ospitano tanti centri abitati

da sembrare, di notte, distese ininterrotte di luci. Ovunque fervono

le attivita che sfruttano le ricchezze di questo suolo cosi vario. A sud

della provincia, in una zona ricca di acqua, fiorisce l’agricoltura.

Lungo il corso dei principali fiumi ho visto molte cave in cui si estraggono

sabbia e ghiaia. In collina e in montagna ho potuto passeggiare tra

i tanti boschi che ancora si estendono su buona parte del territorio,

nonostante il gran numero di incendi. E mi ha colpito poi

la grande densitadi centri abitati ai piedi delle montagne.

Nel corso del tempo il fenomeno si è sempre piú esteso,

con gravi conseguenze sulle caratteristiche dei terreni”

La presenza di differenti tipi di suolo ha segnato lo svi-luppo delle varie aree geografiche del territorio vicenti-no. Le diverse attività di sfruttamento dei terreni creanoproblemi legati sia alle caratteristiche naturali del suolo,che sono poi direttamente collegate a quelle di altre ri-sorse come l’acqua e l’aria, sia ai fattori «artificiali», co-me la forte urbanizzazione e la significativa presenza diattività produttive.

MONTAGNE BOSCOSE

I boschi in provincia occupano una superficie di circa 63mila ettari, e si trovano principalmente in aree montanee collinari, come l’Altopiano di Asiago nel quale si trovala concentrazione più alta. La superficie occupata daiboschi è sempre aumentata fino a 15 anni fa, ma nel-l’ultimo decennio il patrimonio forestale è rimasto pra-ticamente costante. È aumentata, però, la frazione di

I mille utilizzi del suolo

46

commercio, della pubblica amministrazione e della sa-nità e dalle attività di smaltimento rifiuti e acque reflue. Tra le industrie manifatturiere quella conciaria è la maggiorresponsabile della produzione di rifiuti speciali, ma dannoun contributo importante anche le attività di produzionee lavorazione dei metalli, dei marmi e degli altri materialidi cava di cui la provincia di Vicenza è molto ricca, e l’indu-stria chimica. Proprio quest’ultima è responsabile poi dellamaggior parte dei rifiuti pericolosi prodotti, che costitui-scono circa il 10 per cento dei rifiuti speciali generati.

affini. Altre 26 raccolgono i materiali inerti e 7 i rifiutispeciali. Soltanto le cinque discariche per lo stoccaggiodefinitivo dei rifiuti urbani, sorte nei comuni di Grumolodelle Abbadesse, Lonigo, Arzignano, Bassano del Grap-pa e Gallio, raccoglievano, a luglio 2000, più di 650 mi-la metri cubi di materiale. Le discariche in esercizio per i rifiuti speciali, sono invecesituate nei comuni di Montorso, Trissino, MontecchioPrecalcino, Sarcedo, Tezze sul Brenta, Thiene e Zerme-ghedo.A Schio funziona anche un impianto”a tecnologia com-plessa”, per l’incenerimento, anche di rifiuti ospedalieri,con recupero del calore e produzione di energia elettrica.Inoltre è in fase di realizzazione un impianto di compo-staggio della frazione organica derivata dalla raccolta dif-ferenziata di rifiuti urbani ad Arzignano, che dovrebbe en-trare in attività all’inizio del 2001.In generale i rifiuti prodotti all’interno della provincia ven-gono completamente smaltiti negli impianti della provin-cia stessa. Comprensibilmente, la popolazione non sempre ha mo-strato consenso sulla presenza delle discariche sul terri-torio provinciale, per la consapevolezza dei rischi con-nessi. Gli impianti di smaltimento dei rifiuti, infatti, han-no forti effetti sull’ambiente circostante, sul territorio esugli organismi viventi. La costruzione di questi impianti richiede perciò la ri-cerca di soluzioni tecniche che garantiscano la tuteladell’ambiente, e nella quasi totalità delle discaricheprovinciali autorizzate si osservano i criteri di sicurezzaper l’ambiente e la salute.Per garantire la sicurezza delle persone che vivono neipressi delle discariche, la Provincia indica i criteri da se-guire nella progettazione, realizzazione e nell’uso dellereti che controllano le acque sotterranee vicine agli im-pianti. Le analisi realizzate attraverso i rilevatori permet-tono di valutare i parametri che indicano la qualità delle

FIGURA 6.Dei 5 comuni dove si ha la maggiore produzione di rifiuti spe-ciali, 2 (Arzignano e Chiampo) si trovano nella zona del poloconciario. Dati del 1997.

COMUNI A CONFRONTO

Comune rifiuti speciali prodotti(in tonnellate)

Arzignano 186.267

Chiampo 159.854

Sandrigo 102.829

Vicenza 98.031

Bassano 88.635

In provincia di Vicenza sono presenti 38 discariche, di cui 5 desti-nate allo stoccaggio dei rifiuti urbani.FIGURA 6

Se nel settore dei rifiuti urbani e della raccolta differen-ziata costituiva un vero esempio in continuo migliora-mento, per quanto riguarda i rifiuti speciali l’area di Ar-zignano non raggiunge gli stessi traguardi. Al contrario,il polo conciario si colloca al primo posto su tutto il terri-torio provinciale per produzione di questi rifiuti. Infatti icomuni di Arzignano e Chiampo producono ciascuno unquantitativo di rifiuti speciali che supera addirittura laproduzione del capoluogo. Nella tabella della figura 6sono riportati i cinque comuni della provincia con la piùalta produzione di rifiuti speciali.Una parte consistente dei residui dell’attività di concia vie-ne comunque riutilizzata nelle diverse attività produttivedella stessa zona geografica.

DISCARICHE INEVITABILI MA PIU’ SICURE

L’obiettivo, indicato dal decreto Ronchi e perseguito dal-l’amministrazione provinciale, è la riduzione del ricorsoallo smaltimento in discarica. La strada intrapresa, inqualche caso con molto successo, è quella del recuperoed eventualmente dell’incenerimento. Ma nonostantequesto la discarica è ancora necessaria. La provincia di Vicenza può contare in tutto su 35 disca-riche. Cinque di queste sono destinate ai rifiuti urbani e

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“Nel mio viaggio per la provincia ho incontrato montagne e colline

coperte di boschi, e pianure che ospitano tanti centri abitati

da sembrare, di notte, distese ininterrotte di luci. Ovunque fervono

le attivita che sfruttano le ricchezze di questo suolo cosi vario. A sud

della provincia, in una zona ricca di acqua, fiorisce l’agricoltura.

Lungo il corso dei principali fiumi ho visto molte cave in cui si estraggono

sabbia e ghiaia. In collina e in montagna ho potuto passeggiare tra

i tanti boschi che ancora si estendono su buona parte del territorio,

nonostante il gran numero di incendi. E mi ha colpito poi

la grande densitadi centri abitati ai piedi delle montagne.

Nel corso del tempo il fenomeno si è sempre piú esteso,

con gravi conseguenze sulle caratteristiche dei terreni”

La presenza di differenti tipi di suolo ha segnato lo svi-luppo delle varie aree geografiche del territorio vicenti-no. Le diverse attività di sfruttamento dei terreni creanoproblemi legati sia alle caratteristiche naturali del suolo,che sono poi direttamente collegate a quelle di altre ri-sorse come l’acqua e l’aria, sia ai fattori «artificiali», co-me la forte urbanizzazione e la significativa presenza diattività produttive.

MONTAGNE BOSCOSE

I boschi in provincia occupano una superficie di circa 63mila ettari, e si trovano principalmente in aree montanee collinari, come l’Altopiano di Asiago nel quale si trovala concentrazione più alta. La superficie occupata daiboschi è sempre aumentata fino a 15 anni fa, ma nel-l’ultimo decennio il patrimonio forestale è rimasto pra-ticamente costante. È aumentata, però, la frazione di

I mille utilizzi del suolo

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commercio, della pubblica amministrazione e della sa-nità e dalle attività di smaltimento rifiuti e acque reflue. Tra le industrie manifatturiere quella conciaria è la maggiorresponsabile della produzione di rifiuti speciali, ma dannoun contributo importante anche le attività di produzionee lavorazione dei metalli, dei marmi e degli altri materialidi cava di cui la provincia di Vicenza è molto ricca, e l’indu-stria chimica. Proprio quest’ultima è responsabile poi dellamaggior parte dei rifiuti pericolosi prodotti, che costitui-scono circa il 10 per cento dei rifiuti speciali generati.

affini. Altre 26 raccolgono i materiali inerti e 7 i rifiutispeciali. Soltanto le cinque discariche per lo stoccaggiodefinitivo dei rifiuti urbani, sorte nei comuni di Grumolodelle Abbadesse, Lonigo, Arzignano, Bassano del Grap-pa e Gallio, raccoglievano, a luglio 2000, più di 650 mi-la metri cubi di materiale. Le discariche in esercizio per i rifiuti speciali, sono invecesituate nei comuni di Montorso, Trissino, MontecchioPrecalcino, Sarcedo, Tezze sul Brenta, Thiene e Zerme-ghedo.A Schio funziona anche un impianto”a tecnologia com-plessa”, per l’incenerimento, anche di rifiuti ospedalieri,con recupero del calore e produzione di energia elettrica.Inoltre è in fase di realizzazione un impianto di compo-staggio della frazione organica derivata dalla raccolta dif-ferenziata di rifiuti urbani ad Arzignano, che dovrebbe en-trare in attività all’inizio del 2001.In generale i rifiuti prodotti all’interno della provincia ven-gono completamente smaltiti negli impianti della provin-cia stessa. Comprensibilmente, la popolazione non sempre ha mo-strato consenso sulla presenza delle discariche sul terri-torio provinciale, per la consapevolezza dei rischi con-nessi. Gli impianti di smaltimento dei rifiuti, infatti, han-no forti effetti sull’ambiente circostante, sul territorio esugli organismi viventi. La costruzione di questi impianti richiede perciò la ri-cerca di soluzioni tecniche che garantiscano la tuteladell’ambiente, e nella quasi totalità delle discaricheprovinciali autorizzate si osservano i criteri di sicurezzaper l’ambiente e la salute.Per garantire la sicurezza delle persone che vivono neipressi delle discariche, la Provincia indica i criteri da se-guire nella progettazione, realizzazione e nell’uso dellereti che controllano le acque sotterranee vicine agli im-pianti. Le analisi realizzate attraverso i rilevatori permet-tono di valutare i parametri che indicano la qualità delle

FIGURA 6.Dei 5 comuni dove si ha la maggiore produzione di rifiuti spe-ciali, 2 (Arzignano e Chiampo) si trovano nella zona del poloconciario. Dati del 1997.

COMUNI A CONFRONTO

Comune rifiuti speciali prodotti(in tonnellate)

Arzignano 186.267

Chiampo 159.854

Sandrigo 102.829

Vicenza 98.031

Bassano 88.635

In provincia di Vicenza sono presenti 38 discariche, di cui 5 desti-nate allo stoccaggio dei rifiuti urbani.FIGURA 6

Se nel settore dei rifiuti urbani e della raccolta differen-ziata costituiva un vero esempio in continuo migliora-mento, per quanto riguarda i rifiuti speciali l’area di Ar-zignano non raggiunge gli stessi traguardi. Al contrario,il polo conciario si colloca al primo posto su tutto il terri-torio provinciale per produzione di questi rifiuti. Infatti icomuni di Arzignano e Chiampo producono ciascuno unquantitativo di rifiuti speciali che supera addirittura laproduzione del capoluogo. Nella tabella della figura 6sono riportati i cinque comuni della provincia con la piùalta produzione di rifiuti speciali.Una parte consistente dei residui dell’attività di concia vie-ne comunque riutilizzata nelle diverse attività produttivedella stessa zona geografica.

DISCARICHE INEVITABILI MA PIU’ SICURE

L’obiettivo, indicato dal decreto Ronchi e perseguito dal-l’amministrazione provinciale, è la riduzione del ricorsoallo smaltimento in discarica. La strada intrapresa, inqualche caso con molto successo, è quella del recuperoed eventualmente dell’incenerimento. Ma nonostantequesto la discarica è ancora necessaria. La provincia di Vicenza può contare in tutto su 35 disca-riche. Cinque di queste sono destinate ai rifiuti urbani e

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Per saperne di più

Maggiori informazioni sullo stato dell’ambiente della provincia di Vicenza possono essere richieste a:

Provincia di VicenzaArea 6 - Ambiente e TerritorioPalazzo FolcoContrà S. MarcoTel. 0444/399223

ARPAVDipartimento provinciale di VicenzaVia Spalato 14/16Tel. 0444/[email protected]

Internet

www.provincia.vicenza.itwww.arpa.veneto.it

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boschi rispetto alla superficie destinata all’agricoltura. E sono aumentati anche gli incendi: negli ultimi 11 anniin provincia di Vicenza c’è stato il maggior numero di in-cendi della regione, con conseguente alterazione dellaqualità dell’ambiente (fig. 1). La grave situazione ha spin-to le amministrazioni ad adottare un Piano regionale an-tincendi boschivi estremamente avanzato ed efficace.

AGRICOLTURA IN CRESCITA

Il terreno utilizzato per uso agricolo è sfruttato principal-mente come prato o pascolo, per produrre le cosiddetteforaggere, ma anche per la coltivazione di cereali e col-ture legnose, cioè viti, ulivi e alberi da frutta (fig. 2).Negli ultimi vent’anni le attività agricole hanno utilizza-to in maniera sempre più massiccia composti fertilizzan-ti e fitofarmaci per aumentare la produzione, migliorarnela qualità e sconfiggere ogni forma di parassiti, rilascian-do sul suolo notevoli concentrazioni di sostanze nocive. La massiccia presenza di prati è in grado di limitare note-volmente tali fenomeni.

CAVE E INDUSTRIE ALTERANO L’AMBIENTE

Soprattutto calcare, poi ghiaia e argilla. Questi sono iprincipali materiali estratti nelle 222 cave della provinciache, per quanto riguarda il calcare, sono localizzate prin-cipalmente sull’Altopiano di Asiago.L’estrazione di materiale da costruzione, che si effettuasoprattutto negli alvei dei fiumi, provoca importanti mu-tamenti nelle caratteristiche del corso del fiume, dellasua velocità e del suo percorso. Questo tipo di attivitàproduce effetti permanenti sulle caratteristiche dei ter-reni e delle acque circostanti e sul paesaggio della zona,causando problemi alle strutture che, nel tempo, l’uo-mo ha costruito lungo gli argini dei corsi d’acqua.Ma anche l’industria, con il suo forte sviluppo dal dopo-guerra ad oggi, crea scompensi nell’equilibrio naturaledel suolo, sottraendo sempre più terreni alle pratiche

agricole e ai boschi. Dal dopoguerra a oggi l’area occupata da abitazioni, atti-vità produttive e servizi è aumentata di circa tre volte e oc-cupa ora il 9,6 per cento del territorio della provincia. Aquesta va aggiunta la superficie occupata dalle aree im-produttive e dalle strade, che contribuiscono a rendere im-permeabili all’infiltrazione delle piogge aree sempre piùvaste del territorio provinciale, favorendo l’impoverimentodelle sorgenti e dei corsi d’acqua sotterranei e riducendole possibilità di controllo degli eventi alluvionali.

IL SUOLO VICENTINO

Il suolo è lo strato di terreno che ricopre le rocce o i se-dimenti e che si è formato in seguito alla loro trasfor-mazione. A seconda del tipo di rocce o sedimenti checostituiscono il sottosuolo, nel corso di milioni di annisi sono create differenti tipi di suoli, che per le loro ca-ratteristiche risultano adatti a utilizzi diversi. I terreni per uso agrario sono classificati in base allacarta dei terreni agrari (1968), che descrive le caratte-ristiche dei vari terreni ed è utile per pianificare le col-tivazioni nelle diverse zone:• I terreni tipici delle zone di montagna e collina sonoderivati o costituti da rocce calcaree, dolomitiche,eruttive (zona dei Monti Lessini), morene (zona di Ar-siero, Cogollo, dei Monti Berici) o alluvioni delle vallie risultano poco fertili• In pianura si trovano invece soprattutto terrenisciolti, in cui i sedimenti trasportati dai corsi d’acquao dai ghiacciai non sono ancora stati trasformati inrocce; sono tutti terreni molto permeabili, formati daciottoli e ghiaie e da strati più fini di sabbie, limi ed ar-gille. Per questo risultano estremamente fertili e pro-duttivi.

FIGURA 1.Dati relativi agli incendi dal 1993 al 1997. Dal 1986 quasi 4 milaettari di bosco in provincia sono stati interessati da incendi.

GLI INCENDI IN PROVINCIA

Anno Superficie percorsa da incendi (in ettari)

1993 627.7

1994 59.3

1995 107.6

1996 112.2

1997 535

FIGURA 2.Secondo i dati del 1998, i terreni destinati a prato e pascolo oc-cupano più della metà del territorio utilizzato per l’agricoltura.

COSA SI COLTIVA

Tipo di coltivazione Percentuale di superficie utilizzata

Colture foraggere (prati, pascoli) 54,5 %

Cereali 25,8 %

Colture legnose (viti, ulivi, alberi da frutta) 8,3 %

Colture industriali (soia, tabacco, bietola) 8,2 %

Colture orticole 2,8 %

FIGURA 1

FIGURA 2

DOCUMENTO INTERO 11-04-2001 16:25 Pagina 48

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Provincia di VicenzaArea 6 - Ambiente e TerritorioPalazzo FolcoContrà S. MarcoTel. 0444/399223

ARPAVDipartimento provinciale di VicenzaVia Spalato 14/16Tel. 0444/[email protected]

Internet

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boschi rispetto alla superficie destinata all’agricoltura. E sono aumentati anche gli incendi: negli ultimi 11 anniin provincia di Vicenza c’è stato il maggior numero di in-cendi della regione, con conseguente alterazione dellaqualità dell’ambiente (fig. 1). La grave situazione ha spin-to le amministrazioni ad adottare un Piano regionale an-tincendi boschivi estremamente avanzato ed efficace.

AGRICOLTURA IN CRESCITA

Il terreno utilizzato per uso agricolo è sfruttato principal-mente come prato o pascolo, per produrre le cosiddetteforaggere, ma anche per la coltivazione di cereali e col-ture legnose, cioè viti, ulivi e alberi da frutta (fig. 2).Negli ultimi vent’anni le attività agricole hanno utilizza-to in maniera sempre più massiccia composti fertilizzan-ti e fitofarmaci per aumentare la produzione, migliorarnela qualità e sconfiggere ogni forma di parassiti, rilascian-do sul suolo notevoli concentrazioni di sostanze nocive. La massiccia presenza di prati è in grado di limitare note-volmente tali fenomeni.

CAVE E INDUSTRIE ALTERANO L’AMBIENTE

Soprattutto calcare, poi ghiaia e argilla. Questi sono iprincipali materiali estratti nelle 222 cave della provinciache, per quanto riguarda il calcare, sono localizzate prin-cipalmente sull’Altopiano di Asiago.L’estrazione di materiale da costruzione, che si effettuasoprattutto negli alvei dei fiumi, provoca importanti mu-tamenti nelle caratteristiche del corso del fiume, dellasua velocità e del suo percorso. Questo tipo di attivitàproduce effetti permanenti sulle caratteristiche dei ter-reni e delle acque circostanti e sul paesaggio della zona,causando problemi alle strutture che, nel tempo, l’uo-mo ha costruito lungo gli argini dei corsi d’acqua.Ma anche l’industria, con il suo forte sviluppo dal dopo-guerra ad oggi, crea scompensi nell’equilibrio naturaledel suolo, sottraendo sempre più terreni alle pratiche

agricole e ai boschi. Dal dopoguerra a oggi l’area occupata da abitazioni, atti-vità produttive e servizi è aumentata di circa tre volte e oc-cupa ora il 9,6 per cento del territorio della provincia. Aquesta va aggiunta la superficie occupata dalle aree im-produttive e dalle strade, che contribuiscono a rendere im-permeabili all’infiltrazione delle piogge aree sempre piùvaste del territorio provinciale, favorendo l’impoverimentodelle sorgenti e dei corsi d’acqua sotterranei e riducendole possibilità di controllo degli eventi alluvionali.

IL SUOLO VICENTINO

Il suolo è lo strato di terreno che ricopre le rocce o i se-dimenti e che si è formato in seguito alla loro trasfor-mazione. A seconda del tipo di rocce o sedimenti checostituiscono il sottosuolo, nel corso di milioni di annisi sono create differenti tipi di suoli, che per le loro ca-ratteristiche risultano adatti a utilizzi diversi. I terreni per uso agrario sono classificati in base allacarta dei terreni agrari (1968), che descrive le caratte-ristiche dei vari terreni ed è utile per pianificare le col-tivazioni nelle diverse zone:• I terreni tipici delle zone di montagna e collina sonoderivati o costituti da rocce calcaree, dolomitiche,eruttive (zona dei Monti Lessini), morene (zona di Ar-siero, Cogollo, dei Monti Berici) o alluvioni delle vallie risultano poco fertili• In pianura si trovano invece soprattutto terrenisciolti, in cui i sedimenti trasportati dai corsi d’acquao dai ghiacciai non sono ancora stati trasformati inrocce; sono tutti terreni molto permeabili, formati daciottoli e ghiaie e da strati più fini di sabbie, limi ed ar-gille. Per questo risultano estremamente fertili e pro-duttivi.

FIGURA 1.Dati relativi agli incendi dal 1993 al 1997. Dal 1986 quasi 4 milaettari di bosco in provincia sono stati interessati da incendi.

GLI INCENDI IN PROVINCIA

Anno Superficie percorsa da incendi (in ettari)

1993 627.7

1994 59.3

1995 107.6

1996 112.2

1997 535

FIGURA 2.Secondo i dati del 1998, i terreni destinati a prato e pascolo oc-cupano più della metà del territorio utilizzato per l’agricoltura.

COSA SI COLTIVA

Tipo di coltivazione Percentuale di superficie utilizzata

Colture foraggere (prati, pascoli) 54,5 %

Cereali 25,8 %

Colture legnose (viti, ulivi, alberi da frutta) 8,3 %

Colture industriali (soia, tabacco, bietola) 8,2 %

Colture orticole 2,8 %

FIGURA 1

FIGURA 2

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Lo stato dell’ambiente della provincia di Vicenza e la suaevoluzione negli ultimi dieci anni raccontati da un croni-sta d’eccezione. Il grande esploratore vicentino AntonioPigafetta, che accompagnò Magellano nel suo giro intor-no al mondo raccontandone le avventure, compie oggi unviaggio all’interno della provincia di Vicenza. E, come al-lora, coglie i tratti ambientali caratteristici dei luoghi cheincontra. Ne nasce una vivida e puntuale descrizione dello stato del-l’ambiente della provincia, che analizza i diversi aspettiambientali che caratterizzano la zona nella loro evoluzio-ne negli ultimi dieci anni: la qualità dell’aria e dell’acqua,l’impatto di alcuni agenti fisici, come il rumore o l’elettro-smog, la situazione energetica, le condizioni del suolo, lequestioni legate ai rifiuti, i possibili effetti dei vari fattoriambientali sulla salute.Accanto all’approfondimento e all’analisi dei dati raccoltiin questi anni, particolare attenzione è rivolta alle rispo-ste e agli impegni delle istituzioni, oltre che ai comporta-menti dei singoli cittadini, per preservare e mantenere insalute il patrimonio ambientale della provincia.

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