Dott. Gian Luigi Destefanis
L'ordine politico e sociale nel sistema
filosofico di Auguste Comte
Firenze 10 aprile 2000
INTRODUZIONEAspetti generali dell'opera di Auguste Comte
Proudhon si lu, et Comte si peu lu,cela fait une injustice dont je n'ai pu me consoler
Alain, Histoire de mes pensées, 1936
Per chi affronta l'imponente opera filosofico-politica di Auguste Comte: i dodici
volumi delle opere complete, più gli otto della Correspondance générale et
confessions, per citare solo le più importanti, non è sempre agevole penetrare a fondo
nell'economia della stessa, in quanto non ci si trova di fronte ad una serie di lavori,
ognuno dei quali affronta delle questioni distinte e complementari e che messi
assieme formano un percorso sistematico.
Le idee, le teorie, le argomentazioni nascono, si sviluppano progressivamente,
vengono riprese di opera in opera, a partire dagli Opuscules giovanili, attraverso il
Cours de philosophie positive, fino al Système de politique positive, ma di volta in
volta l'ordine, lo spirito e l'intensità con cui vengono espresse non sono sempre gli
stessi, e la sua dottrina, a seconda del diverso quadro che egli prefigura, pur
basandosi sugli stessi concetti, assume una forma differente: epistemologica,
filosofica, religiosa.
È anche interessante notare che egli non si pone mai delle domande, non ricerca delle
verità; convinto fin dagli anni giovanili di essere in possesso delle verità essenziali,
fondamentali, egli ha come unica preoccupazione quella di risolvere attraverso queste
ultime i bisogni intellettuali ed i problemi politici e morali della sua epoca.
Le opere di Comte inoltre si caratterizzano per lo stile particolare con cui sono state
scritte e che è stato oggetto di discussioni e critiche.
La critica più severa viene da un positivista dissidente Hyppolite Taine (1828-1893)
che così definisce la prosa di Comte: «Fra i cattivi scrittori è probabilmente uno dei
peggiori»1.
Dello stesso avviso è il sociologo italiano Franco Ferrarotti, che oltre a riportare il
giudizio precedente, condividendolo, scrive: «Comte scrive male, scrive da
allucinato, pesantemente, ribadendo, con la terribile monotonia del mulo accecato alla
macina, la sua idea fissa»2.
Meno severo e più equilibrato è il giudizio di Domenico Fisichella che definisce la
prosa di Comte: «solenne, pesante, sistematica, sostenuta, curiale»3, ossia non facile,
non brillante ed immediata, ma neppure sciatta, pedante e noiosa come vorrebbero i
denigratori.
Più favorevole ancora è il giudizio di Antimo Negri, uno dei maggiori conoscitori
italiani dell'opera di Comte, il quale ritiene che quello del padre del positivismo sia
uno stile: «preciso ed inimitabile» da affrontare «con una lettura sgombra da
pregiudizi». Per Negri: «Comte ha avvertito pienamente, e risolto a suo modo, da
grande scrittore, [...] il problema del rapporto fra pensiero e linguaggio»4.
Positivo al massimo, infine, il giudizio del filosofo e letterato francese Alain, che in
Francia in questo secolo è stato uno dei pochi sostenitori e difensori del pensiero di
Comte e che viene considerato uno dei più amati prosatori francesi. Egli indicava
proprio Comte come suo scrittore preferito e maestro di prosa. Riferendosi in
particolare al Système de politique positive diceva: «Lo leggo qua e là. È ingenuo e
magnifico» ed in generale riteneva che Comte andasse letto: «en bon écolier»5.
Dovendo esprimere un giudizio personale, dopo l'assidua frequentazione dell'opera
comtiana, fatta in prevalenza sull'edizione in lingua originale, direi di aver trovato
una prosa quasi sempre agevole, chiara, scorrevole, rigorosa, anche se,
effettivamente, a volte ripetitiva, ma mai pedante, oscura, noiosa o allucinata.
Un altro aspetto dell'opera comtiana che, infine, merita di essere ricordato è quello
che per lungo tempo ha costituito uno degli argomenti più controversi e dibattuti, ma
che oggi sembra aver perso gran parte della sua importanza, ovverosia: quale è il vero
1 nella recensione del Cours de philosophie positive apparsa sul Journal de Débats del 6 lug. 18642 F. Ferrarotti, La sociologia, Garzanti, Milano, 1974, pp. 10-113 D. Fisichella, Il potere nella società industriale - Saint-Simon e Comte (1965), Laterza, Bari, 1995, p. 1234 Introduzione a Opuscoli di filosofia sociale, Sansoni, Firenze, 1969, pp. X-XI.5 ALAIN, Histoire des mes pensées, Galimard, Parigi, 1936, passim.
positivismo comtiano, quello "scientifico" del Cours de philosophie positive, secondo
quanto sostenuto da Littré, da J.S. Mill e da altri, oppure quello "politico-religioso"
del Système de politique positive come affermano i positivisti "ortodossi"?
Diverse generazioni di studiosi, a partire dalla metà del XIX secolo hanno a lungo
discusso e dibattuto per arrivare a definire se le opere di Comte successive al suo
incontro con Clotilde de Vaux, l'aneé sans pareille, conclusosi tragicamente con la
prematura scomparsa di quest'ultima nel 1846, erano da considerarsi come: «il puro e
semplice parto di una mente esaltata o invece lo sviluppo coerente di alcuni motivi
già rintracciabili nelle prime opere comtiane?»6.
Oggi questa opposizione tra positivismo scientifico o «intellettuale», come lo
definiva lo stesso Comte, e positivismo «ortodosso» può considerarsi superata; quasi
nessuno mette più in dubbio quanto sempre sostenuto da Comte, cioè che le opere
della maturità altro non fossero che «un pensiero della giovinezza realizzato nell'età
matura» come egli aveva scritto, citando Alfred de Vigny7, nella epigrafe posta in
apertura della Prefazione del Système de politique positive.
Preso atto della particolarità ed anche della complessità di questi aspetti generali,
dovendo affrontare ed analizzare un argomento specifico come quello che costituisce
l'oggetto di questo elaborato,
elementi essenziali per comprendere quale sia la visione che Comte ha del problema
possono essere rintracciati sparsi e diffusi, allo stato di indicazione o di vero e proprio
progetto in tutte le sue opere.
È pertanto necessario mettere in luce gli aspetti più significativi ed interessanti al fine
di comprendere quali sono le idee principali che costituiscono le fondamenta
dell'edificio8 che Comte ha cercato di creare per arrivare ad una riorganizzazione della
società e per porre fine a quella che egli chiama la «rivoluzione occidentale».
A tale scopo, tenuto conto del ruolo rilevante che gli aspetti biografici relativi alla sua
formazione culturale, alle frequentazioni femminili, alle difficoltà economiche ed alle
6 L. Geymonat:«Il sorgere del positivismo in Francia: A. Comte» in Storia del pensiero filosofico e scientifico, Garzanti, Milano, 1971, IV, p.434
7 la citazione completa tratta da Cinq-Mars (1826) è «qu'est-ce qu'une grande vie sinon una pensée de la jeunesse exécutée par l'âge mûr».
8 l'immagine della propria opera come di una costruzione, di un edificio, è frequente in Comte. vds. P. Arnaud, Politique d'Auguste Comte, Armand Colin, Parigi, 1965, p.8.
tribolazioni sanitarie hanno avuto sul suo percorso filosofico, condizionandone, certe
volte in maniera determinante, il suo sviluppo, si è ritenuto opportuno articolare
l'esposizione in due parti: una relativa all'uomo, l'altra inerente al filosofo.
Nella prima parte verranno esaminate, in forma sintetica, gli aspetti biografici ritenuti
più significativi: la frequenza dell'École polythecnique, l'incontro con Saint-Simon, la
triste esperienza matrimoniale, il ricovero nella casa di cura per malattie mentali ed il
tentativo di suicidio, e poi l'incontro "fatale" con Clotilde, le ripercussioni che tale
incontro ha avuto sulle sue concezioni politico-filosofiche, fino ad arrivare alla
istituzione della religione dell'Umanità ed infine gli anni conclusivi della sua vita.
Nella seconda parte invece verranno evidenziate le idee madri, (idées mères come le
chiama Comte9), e che in questa sede abbiamo scelto di chiamare «idee direttrici», del
sistema politico-filosofico elaborato negli anni: la teoria sul progresso culturale, la
classificazione delle scienze, la nascita della sociologia, l'idea di repubblica, il
sistema industriale e la pace, la religione positiva e la separazione fra il potere
temporale ed il potere spirituale.
9 A. Comte, Discorso sullo spirito positivo, in Opuscoli di filosofia positiva, cit., p. 405
PARTE PRIMA
LA VITA E LE OPERE
I
Infanzia e adolescenza a Montpellier.
Car c'est un roman que le fond de ma vie,et un fort romanqui paraîtrait bien extraordinaire si jamais je le publiais....
Lettre à Valat, 16 Novembre 1825
Comte nacque il 19 gennaio 1798 (30 nevoso dell'anno VI della Repubblica) a
Montpellier nel dipartimento dell'Herault, da Louis-Auguste e da Rosalie Boyer, e
venne battezzato con i nomi di Isidore-Auguste-Marie-François-Xavier. I suoi
genitori appartenevano alla piccola borghesia, il padre era un modesto funzionario
delle imposte, con nostalgie monarchiche, che detestava la Rivoluzione e unitamente
alla moglie era un fervente cattolico, nonostante le persecuzioni religiose in atto.
Tuttavia, essendo soprattutto un uomo rispettoso dell'ordine costituito, svolgeva il suo
ruolo di servitore dello stato, portando il suo fardello.
Comte, da bambino, venne inizialmente educato privatamente da un istitutore e all'età
di otto anni venne ammesso come interno al licée imperial di Montpellier. L'istituto,
creato due anni prima da una riforma napoleonica, era organizzato militarmente, gli
allievi erano inquadrati in compagnie ed i più meritevoli ricevevano i gradi di
caporale e sergente maggiore ed avevano anche incarichi d'inquadramento. I
frequentatori provenivano generalmente da famiglie di militari e di funzionari statali.
Il giovane Isidore10 si distinse sia per essere uno studente recalcitrante e ribelle,
insofferente alla disciplina, sia per l'ingegno vivacissimo e per le capacità di
apprendere la matematica e le materie affini, mostrando di possedere anche buone
10 Comte iniziò ad usare il nome Auguste solo a partire dal 1817 quando entrò nell'entourage di Saint-Simon. vds. H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte, Vrin, Parigi, 1997, p. 79
capacità oratorie, confermate da un Premio per l'eloquenza. Fra i suoi insegnanti vi
era anche il professor Daniel Encontre, pastore protestante dalla cultura enciclopedica
ed esimio matematico, al quale nel 1856 egli dedicherà la sua ultima opera la
Synthése subjective. Questi fu il primo a comprendere le notevoli capacità del
giovane studente, lo indirizzò allo studio approfondito della matematica, ed una volta,
dovendosi assentare per alcuni giorni, gli affidò il compito di sostituirlo e di tenere
alcune lezioni.
Negli anni di permanenza nell'istituto la fede in Dio, inculcatagli dai genitori, si
trasformò in fede nella libertà. Egli divenne fervente repubblicano, odiava
l'imperatore e professava idee giacobine sognando il ritorno ai gloriosi giorni della
Rivoluzione.
Durante l'occupazione della Spagna da parte delle truppe napoleoniche, osò, in classe,
formulare l'augurio che gli spagnoli riuscissero a cacciare i francesi dal loro territorio.
Questo episodio, è rievocato dallo stesso Comte nel 13a conversazione del
Catéchisme positiviste, (1852) per ricordare che fin da giovane egli fu contrario ad
ogni forma di oppressione militare e di colonialismo.
II
L'École polythecnique.
...le positivisme[...]fut la Révolution plus l'École polytechnique. Sans oublier que cette École
est elle-même fille de la Révolution française.Alice Gérard, Le positivisme dans le siècle, 1988
Nel 1814 Comte partecipò al concorso di ammissione all'École polytechnique
risultando primo nella graduatoria del centro-sud della Francia e quarto in quella
nazionale, scavalcato da tre candidati di Parigi, valutati da un'altra commissione.
Questo piazzamento non lo soddisfò affatto; convinto di poter tranquillamente
primeggiare, egli fece un esposto alla scuola, chiedendo una valutazione supplettiva
fra lui ed i tre che gli erano stati anteposti. La domanda, che metteva in discussione le
capacità di giudizio delle commissioni, non venne neppure presa in considerazione
dalla direzione, ma non fu certo un buon biglietto da visita.
La prestigiosa scuola era stata creata dalla Convenzione come centro di studi
scientifici, ed annoverava fra gli insegnanti autorevoli scienziati11; dopo l'avvento al
potere di Napoleone era stata trasformata da in una specie di scuola militare diretta da
uno "staff" di ufficiali. L'obiettivo di questa trasformazione, che però non ne
modificava l'ottimo livello didattico, era quello di dotare la Grande Armée di ufficiali
con una elevata preparazione scientifica, oltre a preparare ingegneri da impiegare per
esigenze di pubblica utilità. Questo cambiamento non era stato molto apprezzato né
dagli studenti, né dagli insegnanti, in quanto stravolgeva le finalità per le quali
l'istituto era sorto ed anche per questo motivo la figura dell'Imperatore non era molto
popolare all'interno dell'istituto stesso.
Però nel marzo del 1814, quando, dopo la sconfitta di Napoleone a Lipsia, Parigi
venne minacciata dalle truppe nemiche, i giovani polytechniciens misero a frutto il
loro addestramento militare, combattendo eroicamente contro gli invasori fino alla
capitolazione della città, quando vennero messi in fuga dagli ulani prussiani,
lasciando sul terreno diciannove feriti e tre prigionieri.
Quando nel novembre di quello stesso anno Comte arrivò a Parigi, per frequentare
l'istituto, in pieno clima di Restaurazione, trovò un ambiente in cui il ritorno della
monarchia era mal accettato e considerato un male peggiore rispetto all'Impero.
Anche durante la permanenza all'École, egli si distinse subito non solo per le sue
vivide capacità intellettuali, ma anche per il carattere battagliero ed insofferente alla
disciplina.
Egli perdette presto, per indisciplina, i gradi da caporale ottenuti con gli ottimi voti
d'ingresso, tuttavia seguiva con entusiasmo le lezioni, e soprattutto si andava sempre
più rendendo conto che quello era il tipo di vita che voleva, per la quale si sentiva
portato. La sua massima aspirazione, una volta finiti corsi, era di restare nell'istituto
come insegnante.
11 fra i quali troviamo i matematici Dominique-François Arago (1786-1853) e Louis Poisot (1777-1859), il geometra Nicolas Hachette (1769-1834) i fisici Simeon-Denis Poisson (1781-1840) e André_Marie Ampère (1775-1836), i chimici Joseph-Louis Gay-Lussac (1778-1850) e Louis-Jacques Thénard (1777-1857).
Le capacità dialettiche che mise in mostra nei dibatti e nelle discussioni scientifiche
con i docenti, gli fruttarono da parte dei compagni, con straordinaria premonizione,
l'appellativo: "il filosofo".
Dopo la grande delusione della Restaurazione, il ritorno di Napoleone venne accolto
con entusiasmo dai giovani polytechniciens, e Comte, anche in questo caso, si
distinse come uno dei più turbolenti animatori di manifestazioni a favore
dell'Imperatore, dimenticando le sue passate convinzioni.
Poco dopo la sconfitta definitiva dell'Imperatore, le lezioni ripresero regolarmente,
anche se il fervido sostegno espresso dagli allievi a Napoleone preoccupava non poco
i vertici dell'istituto, che ritenevano necessario un giro di vite. L'occasione venne
fornita proprio dallo stesso Comte, già allievo anziano, e molto stimato ed ascoltato
fra i colleghi. Uno dei ripetitori, un certo Lefebre ( o Lefevre), non riscuoteva, per i
suoi atteggiamenti autoritari e per il suo comportamento poco educato, le simpatie
degli allievi, i quali decisero che era venuto il momento di metterlo di fronte alle
proprie responsabilità, e chi meglio di Comte sarebbe stato in grado di metterlo in
difficoltà. Durante un'interrogazione quest'ultimo assunse, nei confronti
dell'istruttore, un atteggiamento provocatoriamente meno rispettoso del solito, al
punto da costringere quest'ultimo a redarguirlo: «Ragazzo ti stai comportando
davvero male» disse, e Comte, che non aspettava altro, rispose:«non faccio che
seguire il suo esempio»12. L'inevitabile punizione suscitò una specie di rivolta
all'interno della scuola e per mettere a tacere le manifestazioni di solidarietà dei
colleghi che arrivarono fin quasi ad una specie di ammutinamento, la direzione della
scuola decise di proporre al Ministero della Guerra l'espulsione di quindici allievi fra
i più turbolenti, fra i quali lo stesso Comte. Il Ministro colse l'occasione per mettere
in atto un progetto di riorganizzazione che consentisse di riprendere in mano la
situazione e decise l'immediata chiusura dell'istituto, cosa che avvenne alcuni giorni
dopo, il 14 aprile 1816. La chiusura durò solo pochi mesi, quel tanto che bastava per
calmare le acque e per eliminare le teste più calde.
Nell'autunno successivo vennero riaperte le iscrizioni e per gli allievi allontanati ad
12 H. Gouhier, op. cit., p. 64
aprile sarebbe stato possibile sostenere un nuovo esame d'ammissione, ma Comte non
volle sottoporsi alla prova, un pò perché temeva che la riorganizzazione avesse
comportato un insopportabile clima di restaurazione, un pò per timore di subire
l'affronto dell'esclusione per i precedenti disciplinari. Quest'ultima preoccupazione si
sarebbe dimostrata infondata in quanto quasi tutti i colleghi della lista degli espulsi
che fecero domanda di riammissione vennero accolti.
III
Il ritorno a Montpellier.
A l'egard de la correspondance que le sieur Comte peutentretenir avec les bureaux établis dans l'autres villes,
j'ai demandé à M. le Directeur des Postes d'être instruit de ses relations et de leur activité.
M. le maréchal de camp A. de Floriac, préfet de l'Herault, 13 mai 1817
Rientrato a Montpellier fondò un'associazione nazionale di ex-allievi dell'École
polytechnique, ufficialmente una associazione di mutuo soccorso, senza finalità
politiche, ma la polizia non era dello stesso avviso e tenne Comte sotto sorveglianza,
non vedendo di buon occhio questa iniziativa, che ebbe comunque breve vita,
nonostante gli entusiasmi iniziali di molti ex-allievi. La sezione di Montpellier di cui
Comte era segretario fu l'ultima a chiudere ed egli fu l'ultimo ad arrendersi al
disinteresse dei colleghi.
In quel periodo egli si dedicò anche a studi di tipo storico ed a meditazioni di
carattere politico; leggeva Montesquieu e Condorcet, si interrogava sui cambiamenti
provocati dalla Rivoluzione francese, preoccupandosi non solo per le sorti della
Francia, ma per quelle dell'Europa intera.
Queste sue preoccupazioni le espresse in uno scritto intitolato «Mes Réflexions
-Humanité, Verité, Justice, Liberté, Patrie - Rapprochements entre le régime de 1793
et celui de 1816, adressés au peuple français par Comte élève de l'ex-École
polythechnique» (juin 1816)13.
13 Écrits de jeunesse, Archives Positivistes, Mouton, Paris, Le Haye, 1970, p. 417 ss. Questo scritto non venne mai
A soli 18 anni, con enfasi giovanile e con altera sicurezza, egli si rivolgeva al popolo
francese - lo scritto si apriva con l'invocazione «Francesi!» - quasi fosse già
consapevole del destino di guida intellettuale e morale che la vita gli avrebbe
riservato.
Questa specie di manifesto era tuttavia ispirato da una idea degna di attenzione: i
popoli giudicavano molto meglio il passato che il presente ed era questa disparità di
giudizio che aiutava a spiegare perché i più feroci regimi avevano la capacità di
durare a lungo. Come si poteva spiegare altrimenti che i francesi avessero potuto
sopportare la dittatura di Marat e di Robespierre e che avessero aspettato il 9
Termidoro per vederne tutti gli orrori; ed ancora, come era stato possibile che
Bonaparte avesse potuto imporre così a lungo il suo despotismo senza essere stato
detestato dalla maggior parte dei cittadini, se non dopo essere stato sconfitto a
Waterloo e definitivamente deposto. Nessun governo è in grado di sopravvivere senza
una certa complicità del popolo, complicità passiva che altro non è che colpevole
cecità. Per il giovane Comte la missione degli uomini illuminati era quella di mettere
in grado i loro contemporanei di vedere il presente con gli occhi di domani, di
dissipare il miraggio del presente.
Egli, già consapevole delle proprie capacità intellettuali, riteneva di far parte di
questa categoria e non si fa scrupolo di porre ai suoi contemporanei una domanda
assai inquietante: oggi voi vi sentite felici al riparo di una Carta costituzionale
concessa (octroyée) dalla generosità di un monarca, ma chi vi dice che domani non vi
direte: come eravamo disgraziati!
Queste riflessioni lo portano a dire:
questa poca chiaroveggenza, questa poca attitudine a giudicare rettamente quello che
passa sotto i loro occhi è stata e sarà forse ancora a lungo per questi popoli lo fonte di
molti dei mali; l'esperienza dei giudizi sbagliati che sono stati dati dovrebbero metterli
in guardia nei confronti della giustezza di quelli che danno. Nonostante ciò gli errori si
ripetono sovente. Quale rimedio per tutto ciò?14
La risposta a questo interrogativo la troverà ben vent'anni dopo, nella 46a
pubblicato da Comte e restò inedito fino al 1882 anno in cui venne pubblicato in un quaderno de La critique philosophique, 11° anno, n. 19
14 ibidem
lez. del Cours de philosophie positive, dove scrive che il rimedio consiste nel
concentrare le questioni sociali nell'ambito di «governo intellettuale» composto
da un ristretto numero di intelligenze d'élite, al fine di evitare che tutti gli
individui, per quanto inferiore possa essere la loro intelligenza, e malgrado
l'assenza spesso totale di preparazione, ne traccino giornalmente, senza nessuna
guida, le questioni politiche fondamentali.15
La vita di provincia lo annoiava, seguiva qualche corso universitario di medicina e di
botanica, ma il suo desiderio era di ritornare a Parigi. Fece domanda per il
lasciapassare che gli venne concesso, ma la prefettura ritenne opportuno informare la
polizia di Parigi del suo arrivo, come persona sospetta di sentimenti anti realisti.
IV
Il ritorno a Parigi e l'incontro con Saint-Simon.
Il ne s'agit plus de disserter à perte de vuepour savoir quel est le meilleur des gouvernements;
il n'y a rien de bon, il n'y a rien de mauvais, absolument parlant; tout est relatif, voilà la seule chose absolue
A.Comte, Veme art. de L'Industrie, 1817
Giunto a Parigi sopravviveva dando lezioni di matematica e, grazie all'interessamento
del generale Campredon, già membro del Consiglio di Perfezionamento dell'École
polytechnique, che era a conoscenza delle sue qualità intellettuali e delle sue
conoscenze scientifiche, entrò in contatto con un generale incaricato dal governo
statunitense di esaminare la possibilità di creare negli U.S.A. un'analoga scuola,
trovandone anche gli insegnanti. L'incontro fu positivo e se il Congresso avesse
approvato l'iniziativa del governo, entro pochi mesi egli avrebbe potuto andare ad
insegnare geometria descrittiva nel nuovo istituto. Questa prospettiva di emigrare per
sempre nella terra della libertà esaltava il suo ardore repubblicano.
Ma il progetto restò un «miraggio»; il Congresso aveva approvato l'idea,
dilazionandone però indefinitamente la concreta realizzazione.
15 Corso di filosofia positiva, Utet, Torino, 1967, vol. I, p. 72-73
La delusione per la fine di questo sogno non durerà a lungo, pochi mesi dopo egli
venne presentato a Saint-Simon che lo assunse come segretario alla redazione de
L'Industrie, in sostituzione di Augustin Thierry.
Dal quel momento la sua vita ebbe una svolta determinante, il futuro non gli riservava
più una cattedra, ma bensì un'attività di pubblicista che gli consentiva di difendere
con la penna le sue idee liberali. Inoltre non aveva più preoccupazioni economiche, in
quanto il nuovo lavoro gli garantiva una discreta tranquillità.
Il giovane Comte venne folgorato dal fascino intellettuale del personaggio Saint-
Simon, una figura carismatica che lo incantava e lo entusiasmava, e ne venne subito
conquistato.
Egli stesso così descriveva questo coinvolgimento spirituale al fedele amico Valat:
È un uomo di più di cinquant'anni, ma, in verità, posso affermare di non aver mai
conosciuto dei giovani così generosi e così pieni di ardore; è una persona originale da
tutti i punti di vista, [...] attraverso i nostri rapporti di lavoro e di amicizia [...] ho
appreso un'enorme quantità di cose che avrei cercato invano sui libri, e la mia mente ha
fatto più strada in questi sei mesi di collaborazione con lui di quella che avrebbe fatto in
tre anni, se fossi stato solo16.
E ancora pochi mesi dopo, sempre scrivendo a Valat, ne decantava le doti di
«chevalier sans peur et sans reproche» - come ironicamente ha sottolineato Gouhier17 -
con parole piene di ammirazione:
È l'uomo migliore che abbia mai conosciuto, la sua condotta, i suoi scritti ed i suoi
sentimenti, sono, fra tutti, quelli che più condivido e considero più saldi. La sua
condotta fin dall'inizio della Rivoluzione, e durante questi trent'anni di prove così
difficili, è stata pura, decisamente pura, secondo un unanime giudizio. Costante nella
difesa della causa liberale che ha abbracciato con ardore, egli non ha mai servito alcun
partito; completamente estraneo da tutti i crimini rivoluzionari (cosa assai rara fra tutti i
grandi liberali di oggi), non ha mai blandito Bonaparte, e durante l'attuale regno non ha
mai sollecitato i favori della corte, che la sua nascita gli avrebbe facilmente fatto
ottenere.18
16 Lettera a Valat, 17 aprile 1818, Correspondence générale et confessions, t. I, (1814-1840), Mouton, Paris-Le Haye, 1973.
17 H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte, cit., p.8418 Lettera a Valat, 15 maggio 1818, Correspondence générale et confessions, cit.
Le idee di Saint-Simon in quegli anni erano caratterizzate dalla convinzione che la
rivoluzione intellettuale avviata dagli Enciclopedisti, era solo in parte arrivata a
quella che doveva essere la necessaria rivoluzione politico-filosofica.
L'obiettivo fino ad allora conseguito consisteva nella completa demolizione
dell'edificio realizzato dal clero e dalla Chiesa e nella caduta dell'idea di Dio. Questo
crollo aveva coinvolto anche le istituzioni politiche e sociali delle quali esso era
all'origine, così come le teorie che erano alla base della morale e della spiegazione dei
fenomeni naturali.
Il nuovo compito da affrontare era rappresentato dall'esigenza dell'umanità di
dirigersi verso forme sociali non più giudate ed organizzate dalle vecchie istituzioni,
bensì dalla scienza e dall'industria, ovvero dalla necessità di costruire un sistema di
idee positive in grado di rimpiazzare il sistema di idee teologiche.
Impresa immane, sempre secondo Saint-Simon, che avrebbe dovuto creare una
filosofia senza Dio, una vera scienza naturale, una nuova morale "terrestre" e una
politica liberale.
Questo fardello ricadeva sulle spalle dei filosofi, degli scrittori e degli intellettuali in
genere con il concorso degli industriali.
L'obiettivo avrebbe potuto essere conseguito solo se tutti gli sforzi fossero stati
coordinati e fossero confluiti, come avvenuto nel secolo precedente, in una nuova
opera enciclopedica: L'Encyclopédie des idées positives, naturalmente sotto la
illuminata guida dello stesso Saint-Simon.
Questo fervore innovativo non poteva non coinvolgere il giovane Comte che assorbì
con entusiasmo queste idee e le riversò nei suoi primi lavori. Eccone un esempio
tratto da uno dei suoi primi contributi apparsi nei quaderni de L'Industrie:
Anche gli uomini con le più diverse opinioni sullo stadio attuale delle società in Europa
sono tutti concordi nel riconoscere che questo stadio è straordinario, che non potrà
durare e che è necessario porvi termine. Non c'è bisogno di essere particolarmente colti
per percepire che questo stadio deriva da quel sistema che ha condizionato le idee
morali e politiche per ventidue secoli, che oggi è stato distrutto senza essere stato
rimpiazzato da un altro. Dove ci porta tutto questo? Perché è necessario porvi fine?
Basta un pò di buon senso per rispondere che, fintanto che il disordine della società è
dovuto alla caduta del vecchio sistema delle idee morali e filosofiche, questo disordine
avrà fine solo se verrà adottato un nuovo sistema, poiché è ormai chiaro che questo
stadio della società ne esige assolutamente uno.19
Il seme era stato gettato, il terreno era fertile e ben presto se ne sarebbero visti i
frutti. Frutti apprezzati non solo dal maestro, come lo stesso Comte comunicava
con orgoglio all'amico Valat: «il lavoro che "le père Simon" mi ha affidato 20, ha
rivelato a me stesso una capacità politica che non mi sarei mai immaginato di
possedere, ed è sempre utile conoscere esattamente di cosa si è capaci», ma anche
da «diversi pubblicisti che ho avuto occasione di conoscere, grazie a lui». Queste
persone competenti, diceva ancora, «esprimono sovente apprezzamenti
lusinghieri sulla mia elevata predisposizione per le scienze filosofiche e sociali e
mi dicono che il mio talento sarebbe perduto altrove»21.
Questo prevalente interesse per gli studi di carattere politico e sociale non lo distolse
tuttavia dagli studi scientifici: «I miei lavori sono e saranno di due ordini, scientifici e
politici»22, scriveva più di un anno dopo sempre a Valat. Per mantenersi in esercizio
continuava a studiare e ad insegnare matematica: «Mi occupo inoltre con molto
ardore, se non sotto il rapporto della redazione, almeno sotto quello dello spirito, di
lavori matematici»23.
Egli aveva già percepito l'importanza dell'istruzione scientifica, necessaria per
affrontare quelle «speculazioni sociali»24 che consentiranno di riorganizzare
scientificamente la società, differenziandosi in questo da Saint-Simon, che non era in
possesso di tale preparazione.
Sono di quegli anni i suoi primi scritti di filosofia sociale. Il primo, Séparation
générale entre les opinions et les désirs (luglio 1819), venne scritto per il Censeur ma
non fu pubblicato25. In esso, in pochissime pagine, veniva accennata l'esistenza nella
19 Il brano è riportato da H. Gouhier, op. cit., p.8720 si riferisce ai citati quaderni de L'Industrie21 Lettera a Valat del 17 aprile 1818, Correspondence générale et confessions, cit.22 Lettera a Valat del 28 settembre 1819, Correspondence générale et confessions, cit.23 Lettera a Valat del 6 settembre 1820, Correspondence générale et confessions, cit.24 Système de politique positive, au siège de la Société positiviste, Parigi, 19295, t. III, Préface, p. XVI25 Distinzione generale tra le opinioni e i desideri in Opuscoli di filosofia sociale, Sansoni, Firenze, 1969, pp. 9-12
società umana di due poteri: il potere spirituale e il potere temporale. Poteri che con
l'evoluzione della società umana dovranno arrivare ad una totale separazione.
Meno di un anno dopo scrisse Sommaire appréciation de l'ensemble du passé
moderne (aprile 1820) apparso su l'Organisateur26 nel quale si affermava che
l'Occidente era attraversato da due movimenti contrastanti: uno di distruzione
dell'antico edificio cattolico feudale l'altro di costruzione di una nuova civiltà
positivista ed industriale.
Ed è proprio a partire da questo periodo che si cominciano a percepire i primi
tentativi di Comte di distaccarsi gradualmente dalle idee del maestro, per cercare di
concretizzare una linea di pensiero autonoma.
Henry Gouhier sostiene che:
a partire da questa epoca, Auguste Comte non è più l'allievo di Saint-Simon. Egli scrive
su Le Censeur européen, che possiamo chiamare l'organo dei giovani intellettuali
liberali e, soprattutto, comincia a scrivere e a pubblicare gli opuscoli che un giorno egli
riterrà degni di essere inseriti nelle sue opere complete.27
La rottura della collaborazione fra i due avverrà nel 1824, proprio a causa di uno di
questi opuscoli il Prospectus (poi Plan) des travaux scientifiques nécessaires pour
réorganiser la société (1822). L'opera con l'indicazione «par Auguste Comte, ancien
élève de l'Ecole polythechnique» avrebbe dovuto essere inserita nella raccolta di
opere che Saint-Simon pubblicava da alcuni anni sotto il titolo Du systéme industriel;
ne vennero stampati cento esemplari, con una copertina sulla quale compariva la
scritta «Suite des travaux ayant pour objet de fonder le systéme industriel - Du
contract social, par Henri Saint-Simon, avril 1822». Le rimostranze di Comte, che
non gradiva questa confusione sulla paternità dell'opera fecero sì che questa non
venisse messa in commercio.
Due anni più tardi venne raggiunto un compromesso28; l'opera, che nel frattempo
26 Esame sintetico del passato moderno nel suo insieme, in Opuscoli di filosofia sociale, Sansoni, Firenze, 1969, pp. 13-64
27 H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte - Esquisse, in AA.VV., Auguste Comte - Qui êtes vous?, La Manufacture, Lyon, 1988, p. 61
28 gli aspetti dettagliati di questo braccio di ferro sono descritti da Comte in una lunga lettera a Valat del 21 maggio 1824, Correspondence générale et confessions, cit.
Comte aveva rivisto, venne ristampata sotto due forme: cento esemplari con il titolo
"Système de politique positive par Auguste Comte, ancien élève de l'Ecole
polytechnique, élève de Saint-Simon, tome premier, première partie". Mille esemplari
invece vennero messi in commercio con una sovraccoperta supplementare con un
diverso titolo: "Le catéchisme des industriels par Saint-Simon, troisième année, avril
1822".29
Nonostante questa soluzione compromissoria, Comte decise che era il momento di
rompere questo legame che ormai cominciava a condizionarlo. Solo mostrando i
denti era riuscito ad evitare che Saint-Simon gli mettesse definitivamente «le peid sur
la gorge»30, e l'insistenza per il riconoscimento della paternità esclusiva del suo
lavoro, quando in precedenza non aveva mai avuto remore a che suoi scritti
comparissero a nome del maestro, era dovuta alla consapevolezza che: «l'opera era
troppo importante» e che tutti i suoi «lavori successivi dovevano essere strettamente
legati a quest'ultima» e sarebbe stato molto difficile firmarli se avesse «lasciato
passare il primo sotto il nome di un altro»31.
Dietro la rottura tuttavia non vi fu solo la controversa attribuzione dell'opera, ma
anche la convinzione, da parte di Comte, che l'idea di Saint-Simon di una semplice
alleanza politica fra scienziati e industriali non avrebbe portato ad una rapida
realizzazione dell'auspicato nuovo sistema e che invece era necessario predisporre un
importante lavoro teorico preliminare che provvedesse ad un rinnovamento
intellettuale che precedesse la riforma delle istituzioni. Egli riteneva ormai il vecchio
maestro: «incapace di dare alla conoscenza politica e sociale un impianto teorico
coerente e sistematico»32.
Da questo punto in poi Comte proseguirà da solo il suo percorso politico-filosofico,
ma quale resta il suo debito nei confronti del pensiero di Saint-Simon? Si tratta di una
domanda che ha rappresentato uno dei temi più dibattuti dagli studiosi del
positivismo.
29 su l'intera vicenda e sulla genesi del testo dell'opuscolo vds. H. Gouhier, «L'opuscule fondamental» in "Les Etudes philosophiques, luglio 1974, inserito anche in La philosophie d'Auguste Comte - esquisses, Vrin, Parigi, 1987
30 Lettera a Valat del 24 maggio 1824, Correspondence générale et confessions, cit.31 ibidem32 A. Zanfarino, Auguste Comte, in Il pensiero politico contemporaneo, Morano, Napoli, 1994, p.201
In molti casi come osserva Gouhier: «È molto difficile dire cosa appartiene a Comte
e cosa appartiene a Saint-Simon»33, tuttavia una risposta che può considerarsi
articolata, completa e soddisfacente viene data da Domenico Fisichella il quale non
condivide né l'ipotesi sostenuta da alcuni fra cui il Littré, secondo cui sarebbe stato
Comte ad influenzare Saint-Simon e non viceversa, così come ritiene non
convincente l'ipotesi che non vede nell'opera di Comte alcuna originalità e la
considera solo come una derivazione o una nuova enunciazione delle teorie saint-
simoniane.
Degna di considerazione invece sarebbe una terza ipotesi, sostenuta da una parte non
trascurabile della critica, che:
senza negare il peso dell'influenza saint-simoniana, non risolve tutto il pensiero di
Comte in una ripetizione dei temi dell'antico maestro, ma gli riconosce un ampio settore
di originalità sia nell'impostazione che nello svolgimento dei problemi.34
Il sodalizio con Saint-Simon era durato circa sette anni e gli aveva dato anche una
certa notorietà nell'ambiente giornalistico liberale e nel mondo scientifico, ma dopo
la rottura con il maestro, egli rimase solo, si trovò presto isolato, ai margini della vita
intellettuale, solo tenuemente collegato con il mondo parigino delle lettere e delle
scienze. Aveva si messo in atto un ambizioso progetto di Sistema filosofico, però si
trovava senza un lavoro, senza un incarico accademico, senza un salario.
V
Il matrimonio con Caroline
La malheureuse que j'épousai le 19 février 1825 à la 4e Mairie de Paris naquit en julliet 1802 a
Châtillon-sur-Seine d'un comédien et d'une coméddienne de province, qui ne furent jamais mariés et se séparèrent bientôt.
L'addition secrète au Testament d'Auguste Comte, 1896
33 H. Gouhier, La jeunesse d'Auguste Comte et la formation du positivisme, Vrin, Parigi, 1944, t. III, p. 39834 D. Fisichella, op. cit., p. 119
Nel febbraio dell'anno successivo, 1825, sposò civilmente Caroline Massin, una
giovane dai trascorsi non molto limpidi, della quale anni addietro era anche lui stato
cliente, poi redentasi grazie ad un autorevole intervento, certamente non
disinteressato, che aveva fatto sì che la sua precedente professione venisse cancellata
dal casellario della polizia, con tanto di concessione di un certificato di buona
condotta e rettitudine morale. L'autorevole personaggio le aveva anche aperto una
libreria sotto i portici del Palais-Royal, ed è là che Comte la rincontrò e ne rimase
affascinato. Si trattava di una donna dotata di una intelligenza non comune, che
ascoltava avidamente i discorsi del giovane pubblicista, ne apprezzava la passionale
eloquenza e ne condivideva i percorsi intellettuali ed inoltre disponeva di una
notevole esperienza amorosa che lui non disdegnava, anche perché adesso gli veniva
offerta gratis.
Alcuni mesi dopo la rottura con Saint-Simon, i due decisero di andare a convivere
anche per risparmiare pagando un solo affitto. Lei decise di vendere la libreria per
dedicarsi a lui, avendo ormai capito di avere buone speranze per diventare la signora
Comte. I primi tentativi di affrontare l'argomento trovarono in lui una certa ritrosia,
ma, dopo alcuni mesi di assedio, la decisione definitiva venne presa.
Trascorsi pochi mesi quella che per Comte era stata una relazione serena e riposante
divenne un rapporto burrascoso e snervante. Preoccupazioni di carattere economico,
impegni di lavoro ed infine la condotta della moglie, che egli sospettava di aver
mantenuto passati legami affettivi, sconvolsero i suoi equilibri psichici.
In quel periodo Comte aveva appena pubblicato su Le Producteur (n.8 del novembre
1825) il saggio Considérations philosophiques sur les sciences et les savants35, nel
quale sosteneva la necessità di costruire su basi nuove, ossia scientifiche e non
teologiche, un nuovo potere spirituale analogo al papato cattolico. Pur non osando, in
questa fase, parlare di fondazione di una nuova religione, egli cominciava ad
esprimere, sia pure in forma ancora generica, quelle preoccupazioni di carattere
spirituale che saranno alla base del suo sistema politico religioso. Pochi mesi dopo,
sempre su Le Producteur (n.20 del marzo 1826) venne pubblicato un altro saggio
35 Considerazioni filosofiche sulle scienze e gli uomini di scienza, in Opuscoli di filosofia sociale, Sansoni, Firenze, 1969, pp. 181-232
Considérations sur le povuoir spirituel 36, nel quale riprendeva e approfondiva quello
che diventerà uno dei temi dominanti di tutta la sua opera: la necessità di una rigorosa
separazione del potere temporale (quello che opera attraverso la costrizione), dal
potere spirituale (che invece procede utilizzando la persuasione). Questa sua costante
preoccupazione tendeva a sancire un sistema che potesse evitare quella deriva
totalitaria alla quale poteva portare la completa confusione delle cose spirituali con
quelle temporali.
Nello stesso periodo stava lavorando al progetto di un corso pubblico di filosofia
positiva, a pagamento. L'iniziativa, secondo le sue aspettative, avrebbe dovuto, fargli
reperire quelle risorse economiche che, come professore di matematica, non riusciva
più a trovare.
Scrive H. Gouhier:
fino a quel giorno il professore aveva guadagnato il pane per il filosofo; il professore e il
filosofo avevano avuto due vite separate, ricongiungendosi le due vocazioni potevano
trovare quel valore economico che l'insegnamento della matematica aveva perduto. Egli
stava scoprendo la professione degna della sua missione: sarà professore di filosofia
positiva.37
Il problema adesso consisteva nel trovare dei sottoscrittori; il programma che si era
prefissato era ambizioso: settantadue lezioni da tenersi fra il 1° marzo 1826 e il 1°
marzo 1827, nel corso delle quali prevedeva di fare una specie di bilancio del sapere
positivo. L'insieme delle scienze, per la prima volta, sarebbe stato esposto in un unico
quadro nel quale sarebbero state presentate le varie connessioni: dalla matematica
fino alla politica. Per ognuna di esse sarebbero state evidenziate caratteristiche e
differenze; lo spirito positivo avrebbe potuto così essere colto «nell'unità del suo
principio e nella diversità dei suoi metodi».38 Tuttavia, il tempo che si era lasciato a
disposizione per preparare le prime lezioni era molto ristretto, poche settimane.
Inoltre aveva invitato a presenziare a queste conferenze molti autorevoli uomini di
36 Considerazioni sul potere spirituale, in op. cit., pp. 233-28537 H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte, cit., p.144-14538 ibidem
scienza e di cultura. In quei giorni si sottopose ad un estenuante sforzo intellettuale:
«un lavoro continuo di quasi ventiquattro ore al giorno - scriveva pochi giorni prima
dell'inizio del corso all'Accademico Blainville - in cui il cervello non ha mai smesso
di essere al più alto grado di eccitazione normale, salvo qualche intervallo di sonno
estremamente corto»39.
L'inizio del corso venne posticipato di qualche settimana, nella speranza di trovare
qualche sottoscrittore in più, ma i risultati furono modesti ed il 4 aprile egli tenne la
prima conferenza nel suo appartamento al n.13 di rue du Fabourg-Montmartre.
L'uditorio, anche se ristretto, era composto da autorevoli studiosi e filosofi fra i quali
meritano di essere citati: l'illustre naturalista Alexandre de Humboldt, gli Accademici
delle scienze Blainville e Poinsot, quest'ultimo insegnante di Comte ai tempi
dell'École polytechnique, l'economista Dunoyer, Hyppolite Carnot, figlio del grande
Lazare, «l'organisateur de la victoire» , e fratello del rinomato scienziato Sadi;
presenziavano anche diversi ex-allievi dell'École. L'abate De Lamennais si era
scusato di non poter intervenire a causa di particolari problemi personali.
Comte prese la parola emozionatissimo, ma, superato il primo momento, portò avanti
la lezione con grande sicurezza, indicando gli obiettivi del corso e definendo lo
spirito del positivismo. Nelle due lezioni successive vennero affrontati: la gerarchia
delle scienze, il significato filosofico del suo piano di esposizione ed un primo
approccio con la matematica.
VI
La crisi cerebrale
Vous savez la cause, vous sentez l'effet. Point d'inquétude jusq'à mercredì 3 heures. Silence!
Lettre à Adolphe d'Eichtahal, 15 Avril 1826
39 Lettera a Blainville del 27 febbraio 1926, Correspondence générale et confessions, cit.
Il giorno 12 aprile doveva tenersi la quarta lezione, i frequentatori si presentarono
regolarmente alla solita ora, ma l'appartamento era deserto, le imposte erano chiuse e
venne loro detto che Comte era malato.
Infatti egli era stato colto da una grave crisi cerebrale ed alcuni giorni dopo venne
ricoverato, con il discreto intervento di un gendarme, nella clinica per malattie
mentali del famoso dott. Esquirol, che lo sottopose a trattamenti di docce fredde e
salassi; l'agitazione del paziente era tale che nessuna cura sembrava aver effetto.
Anni dopo ricordando l'episodio Comte lo attribuirà a due cause: l'eccessivo logorio
dovuto alla preparazione del Corso e la cattiva condotta di sua moglie, accusata di
tradirlo. Dopo un'esperienza di dieci mesi egli aveva constatato, come scriveva in una
disperata lettera all'amico Valat, che il suo matrimonio era stato un grave errore, che
gli aveva riservato una vita senza gioie ed una unione senza comunione e che non
avrebbe augurato una simile esperienza neppure al suo peggior nemico40. Ma il
risentimento era causato anche da motivi che non potevano essere confessati
all'amico e che egli confiderà solo nell'Addizione segreta al suo testamento, resa
pubblica solo dopo la sua morte: «durante i primi anni della nostra unione, questa
donna, abituata ad una disinvoltura facilmente ottenuta, si mostrava senza scrupoli,
disposta a riprendere il suo vecchio mestiere, ogni volta che ci trovavamo in difficoltà
finanziarie». Egli dimenticava di aggiungere, poco generosamente, che tale
disinvoltura era dettata anche da necessità, in quanto le difficoltà economiche non
erano una cosa passeggera, ma uno stato cronico.
Il ricovero si protrasse per diversi mesi e il 2 dicembre 1826 quando la moglie e la
madre, che aveva lasciato Montpellier per seguire da vicino la malattia del figlio,
decisero di portarlo a casa, nonostante il parere contrario del dott. Esquirol, egli
venne dimesso dalla casa di cura, col l'annotazione sul foglio di uscita: N.G. (non
guéri=non guarito).
Quello stesso giorno, appena dimesso, venne condotto, senza alcun preavviso, in una
chiesa per contrarre matrimonio religioso; il tutto voluto non da Caroline, ma dalla
madre Rosalie, per la quale il solo matrimonio valido era quello davanti a Dio. La
40 Lettera a Valat del 16 novembre 1826, Correspondence générale et confessions,
cerimonia assunse tuttavia una forma lugubre e grottesca; alla vista del prete Comte,
in forte stato di eccitazione, cominciò a esprimere sentimenti anti-teologici, mentre
Caroline, si prestò a questo rito, del quale le sfuggiva il significato, senza la minima
fede, solo per ingraziarsi la suocera. Il rito comunque venne portato a termine, l'atto
di matrimonio venne redatto e lo sposo lo firmò con il nome Bruto Bonaparte Comte.
Dopo il ritorno a casa egli cominciò a dare segni di miglioramento, ma ogni tanto le
crisi tornavano ad esplodere, anche se con minor violenza e meno frequentemente, e
dopo alcune settimane di affettuose cure, visti i segni di miglioramento, la madre
decise di tornare a Montpellier.
Nei mesi successivi Comte cadde in preda ad una crisi di malinconia e di sconforto,
le sue giornate trascorrevano in uno «stato quasi vegetativo», la fine della crisi lo
portava a constatare di trovarsi in una situazione di inerzia intellettuale; si rendeva
conto di non essere più quello di prima e temeva di non poterlo più essere. Nei primi
giorni di aprile, ad un anno di distanza dall'inizio della crisi, mentre passeggiava sul
Pont des Arts decise di mettere fine ad ogni sofferenza buttandosi nella Senna. Il
tempestivo e fortunato intervento di una guardia reale, che si trovava per caso sulla
riva del fiume, impedì che la tragedia si compisse.
Mentre negli anni successivi Comte parlerà spesso, senza nessuna reticenza, del suo
ricovero nella clinica del dott. Esquirol, eviterà invece accuratamente di far cenno a
questo episodio, di cui si vergognava come di una imperdonabile debolezza. L'unica
eccezione fu per Clotilde de Vaux, che fece partecipe di quel suo triste segreto.
Alcune settimane dopo questo incidente tenuto il più possibile nascosto ad amici e
conoscenti, i suoi familiari pensarono di allontanarlo per un certo periodo da Parigi.
Così dopo circa dieci anni, fece ritorno a Montpellier, dove trascorse alcuni mesi di
riposo che giovarono molto al suo ristabilimento.
In autunno rientrò a Parigi e gradualmente riprese i suoi lavori ed i suoi studi ed
anche le collaborazioni, saltuarie, con alcuni giornali.
Nell'agosto del 1828, quasi a voler sottolineare la sua guarigione, pubblicava sul
Journal de Paris il saggio Examen du Traité de Broussais sur l'Irritation et la Folie 41
41 Esame del trattato di Broussais sull'Irritazione, in Opuscoli di filosofia sociale, op. cit, pp. 287-302
nel quale illustrava l'importanza del lavoro svolto dal noto fisiopatologo42 per
«mettere in piena evidenza la vuotaggine e la nullità della psicologia». Argomento
questo della psicologia sul quale egli ritornerà nel Cours de philsophie positive nel
quale non riconoscerà a quest'ultima lo statuto di scienza43.
VII
Gli anni del Cours de philosophie positive
Science, d'où prévoyance; prévoyance d'où actionCourse de philosophie positive, 2e leçon
Nel gennaio dell'anno successivo, Comte riprese, finalmente, le lezioni del suo Cours
de philosophie positive. L'uditorio anche questa volta era di livello elevato, e alcune
defezioni importanti come quella di de Humboldt o di Carnot, erano compensate da
nuove autorevoli presenze: Fourier, lo stesso Broussais, Navier, altro autorevole
membro dell'Accademia delle Scienze, ed ancora, fra gli altri, quel dott. Esquirol del
quale era stato paziente, più interessato, forse, a vedere se egli era veramente guarito,
che non a conoscere i segreti del positivismo.
Questa volta il corso si sviluppò senza incidenti fino alla naturale interruzione per le
vacanze estive. La soddisfazione per il risultato gratificante e per i lusinghieri
commenti ottenuti era tuttavia rattristata dal persistere delle difficoltà economiche;
con il cessare degli introiti già modesti del corso Comte si vide costretto ancora una
volta a ricorrere alla generosità paterna, ma ormai anche questa risorsa stava
esaurendosi, la richiesta venne soddisfatta solo in parte, infatti anche a Montpellier le
cose andavano peggiorando in quanto il padre stava perdendo la vista e rischiava di
essere messo a riposo.
Queste meschine preoccupazioni trovarono un conforto morale nella crescente
42 François Joseph Victor Broussais (1772-1838), medico francese, noto per essere fautore dell'uso delle sanguisughe in medicina. Secondo la sua teoria la natura non avrebbe nessun potere riparatore e il digiuno e l'applicazione delle sanguisughe curerebbero tutte le malattie.
43 sulla reale funzione della psicologia nel pensiero positivo di Comte e di altri positivisti vds. G. De Boni, La rivoluzione conservatrice, D'Anna, Messina-Firenze, 1996, p.38 ss.
popolarità che il Corso aveva riscosso. Le lezioni future non sarebbero più state
tenute presso la sua abitazione, bensì in una sala aperta al pubblico dell'Athénée-
Royal. Il 9 dicembre 1829 si tenne la lezione d'apertura, il cui testo venne pubblicato
alcuni giorni dopo dalla Revue Encyclopédique con una dedica dell'autore che offriva
l'intera opera a Fourier ed a Blainville. Le lezioni successive vennero diffuse in
fascicoli e ormai «il positivismo aveva cessato di essere una filosofia da cenacolo»44.
Nel luglio dell'anno successivo il primo tomo del Cours de philosophie positive con
le prime diciotto lezioni relative a les préliminaires généraux et la philosophie
mathématique venne pubblicato a Parigi, proprio durante i giorni della rivoluzione
che doveva portare sul trono Luigi Filippo d'Orleans come re dei Francesi.
Comte inizialmente aderì con entusiasmo alle manifestazioni popolari convinto che il
risultato naturale della rivolta dovesse essere la Repubblica, ma quando il 31 luglio il
duca d'Orleans venne posto sul trono da Lafayette, egli si fece da parte. Non
condivideva l'idea di far cadere un re, per metterne un'altro sul trono. Egli pensava
che la monarchia, anche se costituzionale, come quella inglese, non poteva essere
considerata una cosa positiva, si trattava di una istituzione vuota di ogni sostanza
spirituale, i re se ne dovevano andare così come il Dio di cui erano stati l'immagine.
L'avvento della Repubblica avrebbe dovuto essere l'obiettivo del pensiero positivista;
la monarchia ormai era agonizzante a causa del progressivo indebolimento delle
verità teologiche e la Repubblica, figlia della scienza e della politica positiva, avrebbe
potuto trionfare allorché le certezze positive fossero divenute la fede di quei proletari
che ora acclamavano la nuova monarchia. Pertanto era necessario non tanto
combattere le vecchie opinioni e credenze, quanto metter gli uomini di fronte alle
vere leggi del mondo, insegnando loro la geometria, la meccanica o la fisica. Se non
era ancora possibile organizzare una educazione completa e metodica del popolo,
sarebbe stato sufficiente che gli artigiani e gli operai prendessero confidenza con le
scienze per perdere ogni interesse per la teologia e la metafisica. Il momento che
«essi prendano l'abitudine di vedere negli scienziati i loro padri spirituali» era giunto.
Queste convinzioni erano alla base della proposta fatta da Comte alla Association
44 H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte, cit., p.165
Polytechnique di aprire un corso pubblico gratuito di "astronomia popolare", che
sarebbe stato inaugurato poco dopo in una sala della "mairie des Petits-Pères"; le
lezioni sarebbero state tenute dallo stesso Comte. Un'importante iniziativa destinata
ad avvicinare il proletariato al positivismo e che si protrarrà per diciotto anni. Se fino
ad allora la platea dei suoi corsi era stata in prevalenza composta da scienziati, da
quel momento in poi egli si occuperà con grande impegno dell'insegnamento
popolare. Per oltre vent'anni infatti, egli dedicò il pomeriggio della domenica, a
rendere tanti lavoratori partecipi, a volte anche per quattro o cinque ore di seguito, dei
misteri della scienza e del positivismo.
Nel 1844 l'esperienza educativa venne concretizzata con la pubblicazione del Traité
philosophique d'astronomie populaire, che raccoglieva i principali argomenti che
negli anni erano stati trattati nell'ambito del corso. Come preambolo all'opera venne
posto il Discours sur l'esprit positif45, che diverrà una delle sue opere più note e
diffuse.
Per affermare la sua avversione al nuovo regime Comte chiamato, nei mesi seguenti,
a far parte dalla guardia nazionale, si rifiutò di indossarne l'uniforme. Per questo
atteggiamento venne processato, e chiamato a discolparsi egli dichiarò:
la legge prevede che compito della guardia nazionale sia quello di difendere il governo
che la Francia ha deciso di darsi. Se si fosse trattato solo di mantenere l'ordine non avrei
rifiutato di sottostare a quanto previsto dalla legge; ma mi rifiuto di prendere parte a
delle lotte puramente politiche. Io non attaccherò mai il governo con le armi. Ma
essendo repubblicano nel cuore e nello spirito, io non posso giurare di difendere,
mettendo in pericolo la mia vita e quella di altri, un governo che combatterei se fossi un
uomo d'azione.46
La corte gli inflisse tre giorni di carcere per il rifiuto, riservandosi di far presente
quanto da lui affermato alla corte reale. Quando entrò in prigione Comte era convinto
che la sua pena sarebbe stata aumentata per le sue dichiarazioni antiorleaniste e si era
preparato, con la determinazione del perseguitato politico, ad una lunga detenzione.
45 Discorso sullo spirito positivo, in Opuscoli di filosofia sociale, Sansoni, Firenze, 1969, pp.303-408 46 H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte, cit. p. 168
Quando dopo tre giorni venne liberato la cosa rappresentò per lui una delusione, lo
avevano privato della possibilità di atteggiarsi a martire della tirannia del monarca.
Nei mesi successivi riprese le lezioni del Corso, ma soprattutto cominciò a cercare di
ottenere quei riconoscimenti accademici che era convinto di meritare, iniziando una
battaglia che si protrarrà senza risultati per molti anni. L'unico modesto risultato
conseguito, grazie a quell'Accademico Navier che nel 1829 aveva presenziato alla
ripresa delle sue lezioni, fu quello di ottenere, a partire dal 1832, un posto di
ripetitore di analisi e di meccanica all'École polytechnique, e alcuni anni dopo anche
quello di esaminatore esterno della stessa scuola. Questi incarichi uniti a una saltuaria
attività di lezioni private, gli consentivano di vivere con meno angustie, anche se
complessivamente il livello di vita era molto modesto. Il tutto però aveva comportato
una serie di delusioni che rischiarono di portarlo nuovamente sull'orlo di una crisi.
Ogni sua domanda veniva ignorata o respinta, ogni cattedra che si liberava, e che egli
riteneva di meritare, veniva assegnata ad altri, quelli che egli riteneva meriti
accademici, non erano considerati tali dai vertici delle istituzioni scientifiche ed
accademiche.
Inoltre le traversie coniugali continuavano a tormentarlo. Le separazioni erano
frequenti mentre egli continuava a dedicare tutta la sua attenzione alla redazione degli
ulteriori volumi del Cours.
Il metodo di lavoro di Comte era molto impegnativo, la redazione dell'opera lo
coinvolgeva pressoché interamente e lo estraniava dal mondo esterno:
ogni suo libro viene inizialmente costruito per intero nella sua mente: un'ardente
riflessione fissa le idee, mette in ordine i ragionamenti, e li registra alinea per alinea.
Una sola redazione, nessuna bozza, poche correzioni, una sola prova. Le trecento pagine
sull'astronomia vennero scritte in cinque settimane. Questa alternanza di concentrazione
e di rilassatezza che segna il ritmo del suo sforzo ha due conseguenze: da una parte egli
mantiene la sua mente in uno stato di tensione elevata, ossia di estrema irritabilità;
dall'altra, le sue meditazioni esigono dal suo pensiero un tale ripiegamento sul suo
mondo interiore che esso rischia di non uscirne più.47
47 H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte - Esquisse, cit., p. 68-69
Questo fu uno dei motivi per cui a partire da 1838, «per igiene cerebrale» egli decise
di «astenersi da qualsiasi tipo di lettura che non sia quella delle opere dei grandi poeti
occidentali» come egli stesso spiegò, anni dopo, in una lettera a un discepolo
italiano48.
VIII
La diffusione graduale del positivismo.
Depuis une dizaine d'années, le positivismea pénétré avec succès les Occidentaux du Nord
[...], mais je n'avais encore aucune connaisancede son heureuse entrée en Italie
Lettre à Benedetto Profumo, 26 Décembre 1849
Con la fine dell'impegno estenuante della redazione del Cours de philosophie
positive, opera inizialmente prevista in tre volumi, che in corso d'opera erano
diventati sei, e con la definitiva separazione dalla moglie, avvenuta nello stesso
periodo, la vita di Comte ebbe una svolta importante. Una nuova epoca si schiudeva
davanti a lui. Era giunto il momento di rimettere mano a quel sistema di politica
positiva annunciato vent'anni prima con "l'opuscule fondamental"49.
Inoltre la diffusione, sia pure in ristretti ambiti, del suo importante lavoro sulla
filosofia positiva aveva raccolto attorno a lui un piccolo gruppo di discepoli. I sei
volumi del Cours non avevano ottenuto nessuna recensione sulla stampa francese e
tale silenzio durò per anni, fintantoché non intervenne quello che sarebbe stato il suo
più noto ed anche più critico discepolo: Emile Littré.
Littré stesso così racconta:
È stato nel 1840 che ho conosciuto Comte. Un comune amico mi prestò il suo sistema di
48 Lettera a Benedetto Profumo , 26 dicembre 1849, Correspondance inédite d’Auguste Comte. Troisième série, au siège de la Société positiviste, Paris. 1904, p.184
49 Si tratta del Plan des travaux ..., vds. nota 20; l'aggettivo fondamental viene usato da Comte non nel significato di essenziale, ma in quello etimologico, per indicare che questa opera sta alla base di tutto il suo sistema politico filosofico.
filosofia positiva; Comte, avendo saputo che stavo leggendo il suo libro, me ne inviò un
esemplare. Fu così che cominciò il nostro rapporto. Comte non si era sbagliato nel farmi
quell'avance. Il suo libro mi aveva soggiogato.50
Il libro in argomento era il IV volume del Cours, quello che esponeva i fondamenti
della sociologia. Littré scriveva dopo più di vent'anni e utilizzò il termine sistema
anziché corso, attenendosi alla volontà di Comte51. Dopo la pubblicazione degli ultimi
due volumi dell'opera egli divenne discepolo militante. Nel 1844 con la
pubblicazione di sei articoli sulla filosofia positiva, sul quotidiano Le National, egli
iniziò anche l'opera di divulgazione del pensiero comtiano.
Littré, celebre erudito, traduttore di Ippocrate, era ben conosciuto nell'ambiente
intellettuale parigino, e questa sua netta presa di posizione a favore del positivismo
ebbe un notevole ruolo nella sua diffusione, cosa che lo stesso Comte non trascurò
mai di sottolineare52.
Se la filosofia positiva dovette aspettare diversi anni prima di avere una certa
diffusione negli ambienti culturali parigini, non fu così per il termine "positivismo".
Questa parola infatti, usata con significati diversi da quello attribuitogli da chi l'aveva
coniata e con intenti denigratori o comunque negativi, si diffuse con una certa
rapidità.
Nel 1837, dopo che erano stati pubblicati solo i primi due tomi del Cours, dove per la
prima volta si faceva uso del termine, venne pubblicato un romanzo di Honoré de
Balzac, Illusions perdues, un'opera di notevole successo ed ancora oggi considerata
una delle sue più importanti. In quest'opera il termine compare, in corsivo, per la
prima volta al di fuori del contesto filosofico, per indicare un prevalente orientamento
a favore del rigore della scienza rispetto alle più ampie possibilità di espressione
offerte dalla sensibilità estetica. Il protagonista Lucien de Rubempré, a proposito
della propria opera letteraria, dice infatti:
50 E. Littré, Auguste Comte et la philosophie positive, Hachette, Parigi, 1863, Préface, p. I51 vds. Discorso preliminare sull'insieme del positivismo, in Opuscoli di filosofia sociale, cit., p.411, nota 1, dove
viene indicato perché si deve usare anche per quest'opera il termine Sistema e non Corso; vds. anche Système de politique positive, cit., Préface, t. I, p.1
52 per avere una visione più completa dei rapporti, non solo intellettuali, fra i due personaggi vds. G. De Boni, op. cit., p.11 ss. ed anche G. De Boni, Politica positivista e governo repubblicano, in AA. VV. Il popolo e le élites, Mimesis, Milano, 1997, p. 49 ss.
Il sonetto signore è una delle composizioni poetiche più difficili. Questa breve poesia è
stata in genere abbandonata. Nessuno in Francia ha potuto rivaleggiare con Petrarca la
cui lingua, infinitamente più agile della nostra, ammette giochi di pensiero respinti dal
nostro positivismo (perdonatemi la parola). 53
L'uso che qui ne viene fatto ha però un significato peggiorativo - il giovane poeta
infatti si scusa per l'uso del termine - e rappresenta una specie di pregiudizio
intellettuale generale abbastanza diffuso all'epoca.
Nonostante nei primi anni, come già visto, il pensiero comtiano fosse pressoché
ignorato in Francia, cominciò invece ad ottenere una certa attenzione ed a diffondersi
anche oltre Manica. Nel 1838 sulle pagine della Edinburgh Review comparve un
saggio di Sir David Brewster, eminente fisico, che illustrava i princìpi della filosofia
positiva esposti da Comte nei primi volumi del Cours. Il filosofo britannico John
Stuart Mill divenne subito un ammiratore di questa filosofia e del suo ideatore e
parlando dell'opera di Comte nel suo Sistem of logic (1843) la definì «tra i doni più
preziosi di cui la filosofia è debitrice a questo eminente pensatore»54.
I due iniziarono una fitta corrispondenza che durò per anni. 55 Mill divenne uno stretto
confidente del filosofo, che oltre a metterlo al corrente dei suoi lavori scientifici, lo
informava anche dei suoi problemi personali, delle tribolazioni coniugali, delle
difficoltà economiche e delle delusioni nelle sue aspirazioni accademiche.
Quando dopo i suoi ripetuti attacchi rivolti, anche sulla stampa, ai vertici delle
istituzioni scientifiche, a Comte non venne confemato prima l'incarico di ripetitore
all'École polytechnique e alcuni anni dopo anche quello di esaminatore esterno, fu
proprio Mill che, per primo, promosse una sottoscrizione fra gli estimatori britannici,
affinché egli venisse provvisto di un sussidio in denaro, che gli consentisse di
proseguire i suoi studi senza troppe preoccupazioni economiche.
53 H. de Balzac, Illusioni perdute, tr. it. di Argia Micchettoni, Garzanti, Milano, 1966, vol. I, p.24154 J. S. Mill, Trattato di logica deduttiva e induttiva, (trad. Mario Trinchero), UTET, Torino, 1988, vol. II, p. 82755 contenuta in Lettres inédites de John Stuart Mill à Auguste Comte publiées avec les résponses de Comte , a cura di
L. Levy-Bruhl, Alcan, Parigi, 1899. Disponibile anche in lingua inglese in The correspondance of John Stuart Mill and Auguste Comte, tradotta dal francese e curata da Oscar A. Haac; introduzione di Angele Kremer-Marietti, New Brunswick, (U.S.A.).
IX
L'anno senza pari.
Il est encore meilleur d'aimer que d'être aimé Système de politique positive, I, 221
Nell'ottobre del 1844 la vita di Comte ebbe una svolta imprevista e sconvolgente,
dovuta ad un incontro fortuito con una giovane donna. Costei era la sorella di un
matematico, già allievo dell'École polytechnique, Maximilen Marie, che aveva
conservato nei confronti del suo ripetitore di matematica di allora, sentimenti di
rispetto e di stima.
Nel 1842 costui aveva scritto un'opera scientifica, nella cui prefazione vi era un
violento attacco contro gli Accademici delle scienze, e prima di pubblicarla l'aveva
sottoposta, per un giudizio, al suo vecchio stimato insegnante, che, notoriamente, era
in continuo alterco con quell'istituzione che amava chiamare «pedantocratica».
Comte, pur condividendo le critiche e provando simpatia per quel giovane
coraggioso, gli consigliò prudenza e gli suggerì di pubblicare il lavoro senza quella
prefazione, che avrebbe potuto procurargli dei futuri dispiaceri. Una saggezza che
egli stesso si guardava bene dall'osservare.
Da quel momento egli divenne intimo del giovane e della sua famiglia, cominciò a
frequentarne il salotto e fu in occasione di una di quelle visite che, per la prima volta,
incontrò Clotilde Marie coniugata de Vaux.
Era costei una piacente signora vicina alla trentina, essendo nata nel 1815, sposata da
circa dieci con un certo Amédée de Vaux, giovane di buona famiglia, ma di scarse
fortune, al quale con il matrimonio ella aveva portato in dote l'incarico paterno di
esattore governativo nella regione dell'Oise. Il padre di lei, di modesta origine,
semplice soldato al tempo della rivoluzione, aveva fatto carriera ed era stato
congedato con il grado di capitano, ottenendo il mandato di esattore come
riconoscimento del servizio prestato, ma, per riuscire a maritare la figlia con il
rampollo di una famiglia rispettabile, aveva rinunciato alla rendita a favore del
genero.
Quattro anni dopo il matrimonio, il marito da sempre dedito al gioco, ebbe
l'imprudenza di giocarsi anche i soldi della cassa dell'esattoria ed avendo perso tutto,
dopo aver dato fuoco alla documentazione contabile, fuggì all'estero, abbandonando
la moglie a se stessa.
Così a soli venticinque anni Clotilde si trovò senza marito e senza mezzi di
sostentamento, costretta a rientrare in famiglia. La legislazione dell'epoca non
prevedeva il divorzio, nemmeno per casi così drammatici e la sola possibilità di
rifarsi una vita sarebbe stata quella di legarsi ad un altro uomo fuori del matrimonio,
cosa che le sue convinzioni morali e la sua educazione non le consentivano; ricercare
la felicità al prezzo del pubblico scandalo era inconcepibile. La sua unica speranza
era riposta in una modifica della legge a favore di casi particolari come il suo e tale
speranza di cambiamento non veniva attesa passivamente. Divenne pertanto una
specie di militante della causa, pubblicando sul noto quotidiano Le National, una
novella in due puntate, assai ben scritta, la cui eroina, Lucie, viveva un dramma
analogo al suo. Impossibilitata di unirsi legalmente all'uomo che amava costei finiva
per morire di malinconia, dopo aver pronunciato la romantica frase: «È indegno dei
grandi cuori il diffondere la sofferenza che provano».56
Clotilde, trovandosi di fronte al maturo filosofo, ormai quaranta-settenne, di cui
aveva tanto sentito parlare dal fratello, rimase sorpresa dalla sua semplicità, dal fatto
che non la mettesse in soggezione, ma anche dal suo aspetto poco piacente, aggravato
in quei giorni da una fastidiosa malattia cutanea.
Dopo che egli se ne fu andato, rivolgendosi alla cognata, disse con tono di scherno:
«Come è brutto! Come è brutto! Ha anche un occhio che gli lacrima!».
Comte invece restò affascinato dalla giovane signora, e nell'inverno successivo pensò
spesso a lei, ma non ebbe più occasione di rincontrarla. In primavera, ormai convito
di essersi innamorato, decise di fare il primo passo e le mandò una copia in francese
di Tom Jones accompagnata da un biglietto. Lei rispose ringraziando e, forse più per
cortesia che per altro, auspicando di: «poter ancora qualche volta accogliere nel mio
cuore e nella mia mente i vostri insegnamenti nobili e belli». Non solo, ma alcuni
56 il racconto venne inserito da Comte nel I tomo del Système de politique positive, nel Complement de la dédicace.
giorni più tardi accompagnò il fratello, che si recava in visita al maestro nella sua
abitazione, essendo ben lungi da lei l'idea di prendere delle precauzioni nei confronti
del maturo amico del fratello dal quale la separavano ben quindici anni di età.
Il giorno dopo il filosofo, interpretando invece questi fatti come un incoraggiamento,
le scrisse un biglietto, chiedendo di poter andare a farle visita a casa sua. L'incontro
avverrà quel fatidico 15 maggio 1845, data d'inizio dell'anno senza pari e che resterà
nella storia del positivismo. Anni dopo infatti, lo stesso Comte affermerà, in un
discorso tenuto sulla tomba dell'amata, in occasione della commemorazione del terzo
anniversario della morte:
Il positivismo religioso comincia proprio a partire da quella nostra prima preziosa
conversazione di venerdì 15 maggio 1845, quando il mio cuore, inopinatamente,
proclamò, davanti alla tua famiglia meravigliata, la frase caratteristica non si può
sempre pensare, ma si può sempre amare, che completata diverrà un motto caratteristico
della nostra composizione...57.
Comte si riferiva al Discours preliminaire sur l'ensemble du positivisme, pubblicato
da pochi mesi e che si apriva con la dedica: «Si cessa di pensare ed anche di agire;
non si cessa di amare»58.
Il giorno dopo questo primo incontro Comte ricevette un biglietto di Clotilde: «Voi
possedete un cuore fatto per comprendere quello di una donna....», la cosa lo esaltò, si
sentiva di nuovo felice ed innamorato e decise di rendere partecipe di questo suo
sentimento la giovane donna.
Egli tuttavia non aveva dimenticato la sua missione di filosofo e nel rendere partecipe
del suo amore la giovane donna le confessa che l'amore aveva anche un valore
«sistematico» in quanto egli stava proprio allora cominciando ad elaborare il suo
nuovo trattato sulla «politica positiva». Paragonando questo momento con quello in
cui aveva iniziato, anni addietro, l'elaborazione del Cours de philosophie positive la
situazione era completamente ribaltata. Allora egli era affetto da una crisi nervosa
57 Testament, Parigi, 1896, p. 14758 in Opuscoli di filosofia sociale, cit., p. 410
dovuta all'indegno comportamento di una donna e questo aveva provocato anche
delle manchevolezze intellettuali che si erano ripercosse sul suo lavoro. Ben diversa
era l'attuale situazione in cui la crisi nervosa della quale egli era preda, essendo
causata dal nobile sentimento dell'amore, non avrebbe potuto che elevare la sua
mente alla più alta perfezione e l'avrebbe portata alla creazione di un ordine umano
basato sui grandi pensieri provenienti dal cuore. Da questo momento: «anche se le
convenienze non rendono possibile una esplicita dedica pubblica, il Système de
politique positive ha per madrina colei che ha riacceso la fiamma dell'amore nel cuore
del filosofo»59.
Clotilde tuttavia era restia ad oltrepassare i limiti dell'amicizia ed era preoccupata per
le conseguenze di una eventuale relazione:
Signore io ho già troppo sofferto, devo essere sincera, e se non ho subito risposto alla
vostra lettera di sabato, è perché mi ha causato dei sentimenti dolorosi che non avrei
saputo celarvi [...]. Ormai da un anno io mi chiedo ogni sera se domani avrò la forza di
continuare a vivere [...] Non è con tali pensieri che si possono fare dei colpi di testa [...]
Risparmiatemi delle emozioni come io desidero evitarle a voi: anch'io le provo con lo
stesso vostro ardore [...]60
Comte si rese conto che Clotilde era più infelice di quanto lui pensasse, e il suo
rifiuto anche se lo addolorava doveva essere rispettato, la volontà di Clotilde era
sacra. Tuttavia la passione anche fisica lo divorava ed egli la combatteva con grande
volontà, ma con il passare del tempo la passione non si placava e lui tornò alla carica
spingendosi fino alla richiesta della «gage irrévocable»61, ma la giovane donna,
superata l'iniziale tentazione di cedere, rispose di non essere disponibile che a ciò che
non oltrepassasse i limiti dell'affetto.
Da quel momento l'amore fisico si trasformò in adorazione spirituale, la femmina che
tanto l'aveva tentato si tramutò in angelo. Di lì a poco comparvero in lei anche i primi
sintomi della grave malattia che in pochi mesi l'avrebbe portata alla morte e questo
59 H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte, cit., p. 21760 Lettera di Clotilde a Comte del 21 maggio 184561 Lettera di Comte a Clotilde dell'8 settembre 1845
dramma venne vissuto da Comte con profonda partecipazione emotiva e nella fitta
corrispondenza che caratterizzò quel periodo egli spesso firmava le sue lettere come
«vostro devoto sposo», un matrimonio spirituale al quale il filosofo restò vincolato
per il resto della sua vita.
Questo legame così intenso e profondo ebbe una notevole influenza sullo sviluppo
del positivismo.
Secondo Gouhier «anche senza Clotilde il positivismo sarebbe finito in religione, ma
senza Clotilde avrebbe potuto essere tutt'altra cosa: Comte si proponeva di predicare
l'amore per l'Umanità, ma non sapeva che cosa fosse l'amore»62.
Per il fedele discepolo Pierre Lafitte, che aveva goduto delle confidenze del filosofo,
questo legame rappresentò per Comte: «l'amorevole impulso affettivo senza il quale
la sua opera, senza dubbio meravigliosamente preparata, non avrebbe potuto essere
realizzata, né così rapidamente, né così pienamente»63.
Quando dopo il 1884, ben 27 anni dopo la morte di Comte, per sua espressa volontà
gli esecutori testamentari provvidero a pubblicare la voluminosa corrispondenza fra i
due64, la figura di Clotilde divenne sempre più popolare fra i positivisti, anche fuori
dalla Francia, soprattutto nei paesi latino-americani, ed ispirò molti artisti e scrittori
positivisti francesi e stranieri. Nel 1890 il francese Henri Aimel pubblicò sulla
Nouvelle Revue, un saggio nel quale paragonava la devozione dei positivisti per la
figura di Clotilde a quella dei cattolici nei confronti della Madonna, mentre l'intensa
passione di Comte gli ricordava quella di amori famosi come quello di Abelardo per
Eloisa, quello di Petrarca per Laura o quello di Dante per Beatrice. Lo stesso Comte,
appassionato lettore delle opere dell'Alighieri, confessava, del resto, di ispirarsi a
quest'ultima passione ed infatti teneva nella propria abitazione una litografia di
Beatrice65, inoltre, a partire dal 1 gennaio 1848, per il resto della vita, ogni sera lesse
62 H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte - Esquisse, cit., p.7463 citato in B. Carneiro, Introduzione a Correspondance générale et confessions, vol. III, (apr.1845-apr.1846),
Archives Positivistes, Mouton, Paris-La Haye, 197764 composta di 86 lettere di Clotilde dal 1 maggio 1845 all'8 marzo 1846 e di 96 lettere di Comte dal 30 aprile 1845 al
20 marzo 1846, pubblicate in Testament d'Auguste Comte avec les documents qui s'y rapportent, pièces justificatives, prières quotidiannes, confessions annelles, correspondance avec Mme de Vaux , Paris, rue Monsier-le-Prince n.10, 1884 e ripubblicate nel vol. III della Correspondance générale et confessions, cit.
65 Tale litografia si trova ancor'oggi nel salone dell'abitazione museo del filosofo in Rue Monsieur-le-Prince n.10. Sul retro della stessa compare, scritta di pugno da Comte, la frase in italiano Beati gli occhi che la vider viva e la data 23 Descartes 66 (30 ottobre 1855).
un canto della Divina Commedia in ricordo dell'amata.
Verso la fine del XIX secolo un fervente positivista brasiliano Raymundo Teixeria
Mendes, noto anche per aver disegnato la bandiera brasiliana, venne a Parigi e, dopo
aver approfondito e studiato nei minimi dettagli questa passione amorosa, aprì una
sottoscrizione internazionale con lo scopo di acquistare la casa di Rue Payenne dove
era morta Clotilde per farne una "cappella dell'Umanità"66. Rientrato in Brasile
pubblicò nel 1914 a Rio de Janeiro Clotilde de Vaux et Auguste Comte un opera in tre
volumi considerata la più completa sull'argomento.
X
La religione dell'Umanità
D'abord spontanée, puis inspirée, et ensuite revelée, la religion devient enfin demontrée
Système de politique positive, II, 7
Il decesso dell'amata era avvenuto il 5 aprile 1846, Domenica delle Palme e il
Venerdì-Santo successivo Comte iniziò a praticare le preghiere quotidiane del suo
culto interiore. Egli era ancora profondamente scosso dal lutto e non trovava la
necessaria concentrazione per scrivere. Ci vollero circa sei mesi per superare la crisi,
per riacquistare il sonno e la tranquillità necessari per riprendere regolarmente la sua
attività di studio.
Nel gennaio 1847, avendo deciso di rinnovare gli argomenti oggetto dei suoi corsi di
educazione popolare, inaugurò un nuovo "corso di filosofia sulla storia generale
dell'Umanità". I proletari che partecipavano numerosi alle sue lezioni furono i primi
ad udirlo parlare di "religione", riferendosi alla sua teoria filosofica. Come ormai
consuetudine, i testi di quelle lezioni vennero raccolti l'anno successivo in una nuova
opera il Discours sur l'ensemble du positivisme67. L'elaborazione definitiva di questo
importante manifesto verrà riproposta come argomento d'apertura nel I tomo del
66 La cappella esiste ancora oggi e può essere visitata su appuntamento. La prima cappella del genere tuttavia era stata realizzata in Brasile già alcuni anni prima (gennaio 1897).
67 Discorso sull'insieme del positivismo, in Opuscoli di filosofia sociale, cit., pp. 409-787
Système de politique positive che verrà dato alle stampe tre anni dopo (1851).
Questo Discours vide la luce proprio nei momenti più agitati della vita politica
francese, e Comte ne fece pervenire copia con dedica ai più noti capi socialisti:
Barbés, Louis Blanc, Proudhon ed altri ancora. L'opera avrà anche una discreta
diffusione fra molti giovani repubblicani, alcuni dei quali saranno chiamati in
avvenire a ricoprire anche importanti cariche istituzionali.
Il 24 febbraio 1848 Luigi Filippo aveva abdicato ed era stata proclamata la
Repubblica. Comte da sempre fervente repubblicano accolse l'evento con entusiasmo,
e subito si pose il problema del ruolo che il positivismo avrebbe giocato in quei
momenti così importanti per la vita del paese. Era necessaria una presenza politica e
pertanto egli concepì l'idea di fondare un'associazione, subito pubblicizzata come
Ordre et Progrès: association libre pour l'instruction positive du peuple dans tout
l'Occident européen. La fondazione definitiva avverrà alcuni giorni dopo, l'8 marzo,
con una denominazione più semplice Societé positiviste68 che avrà come motto Ordre
et Progrès.
La funzione di tale associazione doveva essere, secondo Comte, quella di diffondere
la dottrina positivista e di studiarne le possibilità di applicazione in campo politico e
sociale, anche se solamente con funzione di indirizzo, consultiva. Infatti già in
apertura alla Parte prima del Discours sur l'ensemble du positivisme egli aveva
definito chiaramente i diversi ruoli della filosofia e della politica. La filosofia aveva il
compito «di sistemare, per quanto è possibile, tutta l'esistenza umana, individuale e
soprattutto collettiva, contemplata contemporaneamente nei tre ordini di fenomeni
che la caratterizzano, pensieri, sentimenti ed azioni», mentre «dominio essenziale
della politica» rimane l'intervento che tende a modificare «l'evoluzione spontanea»
dell'umanità al fine di ridurne «le deviazioni parziali, i funesti ritardi e le gravi
incoerenze», anche se «la sua vera concezione non può mai derivare se non dalla
filosofia, che ne perfeziona senza sosta la determinazione generale». La filosofia,
quindi, deve «coordinare tra loro le parti dell'esistenza umana, per ricondurne la
nozione teorica ad una completa unità». Il tentativo di influire in maniera diversa
68 Sulla nascita e sui primi anni di vita di questa organizzazione vds.: M. Larizza, Bandiera verde contro bandiera rossa - Auguste Comte e gli inizi della "societé positiviste" (1848 - 1852), Il Mulino, Bologna, 1999
sulla vita attiva porterebbe la filosofia ad usurpare «erroneamente la missione
necessaria della politica, solo arbitro legittimo di ogni evoluzione pratica»69.
In questa luce l'attività dell'associazione si limitava ad affrontare alcuni problemi di
interesse generale attraverso la redazione di rapporti a cura alcuni dei membri più
rappresentativi.
Il primo rapporto su «la question du travail» venne affidato a una commissione di tre
operai presieduta da Fabien Magnin70, un falegname, fedele discepolo del filosofo,
fervente positivista, mentre un secondo rapporto su «la nature et le plan du
governement rèvolutionnaire de la République française» venne redatto da un'altra
commissione presieduta da Littré e comprendente lo stesso Magnin ed il giovane
Pierre Lafitte.
Quando a giugno la rivolta diventò sempre più cruenta, Comte si chiuse in casa:
parteggiava per i "proletari" insorti, riferendosi ai quali diceva «noi», ma che riteneva
«ancora sedotti dalle utopie dei rossi queste "scimmie della grande rivoluzione", che
sacrificano la vera libertà ad una uguaglianza anarchica»71.
Mentre, partecipava in spirito, agli eventi rivoluzionari, Comte continuava nella sua
sistematica elaborazione filosofica della nuova religione dedicata all'Umanità. La sua
concezione di Umanità coincideva con la storia della società umana, delle diverse
civiltà susseguitesi nel tempo.
Egli con la sociologia aveva concepito la scienza di ciò che doveva rimpiazzare Dio,
ma per poterlo rimpiazzare non bastava conoscere ciò che era destinato a sostituirlo,
era anche necessario riempire il grande vuoto che tale evento avrebbe lasciato nelle
anime e nei cuori.
Nacque così l'immagine del Grande-Essere un'entità al di sopra della quale non vi era
più nulla e che poteva essere definita come «l'insieme degli uomini veramente
69 Discorso sull'insieme del positivismo, cit., p. 417-418. Su questo apetto vds. anche G. De Boni, Politica positivista e governo repubblicano, cit., p.58 ss.
70 Magnin F. (1810-1884) dalle iniziali tendenze comuniste, dopo aver frequentato i corsi di educazione popolare di Comte, ne diviene il primo e più importante discepolo proletario. Fu un attivo propagandista nell'ambiente operaio; fondò il Circolo dei proletari positivisti. Nel 1848 Comte gli affidò la presidenza della Societé positiviste e lo incluse nella lista dei suoi tredici esecutori testamentari. Anche dopo la morte di Comte continuò, sempre da posizioni positiviste, una intensa attività a favore del proletariato. Dopo la tragedia del 1871 partecipò assieme ad altri proletari positivisti alle attività tendenti a far rinascere il movimento operaio intervenendo nei principali congressi per sostenere le posizioni positiviste contro il collettivismo.
71 H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte, cit., p. 254
assimilabili», che derivava dal forte legame fra le generazioni passate e quelle attuali,
unico elemento in grado di garantire all'Umanità di continuare ad esistere al di là
della morte degli uomini.
«Insieme» non inteso però come la semplice ed incoerente fusione di diversi
individui, bensì l'unione complessiva di tutti coloro che per i loro meriti, siano degni
di non morire, di non essere dimenticati.
Da tale entità suprema devono essere esclusi coloro che, come i vari Nerone,
Robespierre, Bonaparte, hanno rotto l'armonia della convivenza umana, i parassiti
«che non trasmettono ai successori nulla di equivalente a ciò che hanno ricevuto dai
predecessori».
Morire non è andare altrove, in Paradiso o all'Inferno: è sopravvivere nella memoria o
nelle opere dei viventi, anonime forse, ma necessarie. La scelte che ogni individuo
deve fare è quella di vivere per gli altri (vivre pour autrui sarà uno dei concetti
ricorrenti nella nuova filosofia positivista) e di sopravvivere negli altri, oppure
perdere l'esistenza soggettiva nell'esistenza oggettiva. Colui che ha dato tutto
resusciterà: sarà morto e presente, mentre chi non avrà rispettato la comunità umana
verrà dimenticato: sarà morto e assente.
Il valore di una vita non può essere apprezzato se non dopo che si è spenta e
l'Umanità è composta molto più di morti che di vivi e la sua religione altro non è che
un culto dei morti.
La forma esteriore di questo culto nei confronti di coloro che hanno meritato per le
loro opere di essere commemorati doveva concretizzarsi nel Calendario Positivista
che Comte realizzò proprio a questo scopo.
In esso ogni anno era diviso in tredici mesi di quattro settimane, e ad ogni mese
veniva dato il nome di un grande uomo che aveva caratterizzato una fase o un aspetto
dell'evoluzione umana. Troviamo così: Mosè in rappresentanza della "Teocrazia
iniziale", Omero per la "Poesia Antica", Aristotele per la "Filosofia Antica",
Archimede per la "Scienza Antica", Cesare per la "Civiltà Militare", San Paolo per il
"Cattolicesimo", Carlo Magno per la "Civiltà Feudale", Dante per "l'Epopea
Moderna", Guttenberg per "l'Industria Moderna", Shakespeare per il "Dramma
moderno", Cartesio (Descartes) per la "Filosofia Moderna", Federico per la "Politica
Moderna" ed infine Bichat per la "Scienza Moderna".
Ogni giorno della settimana aveva a sua volta lo scopo di glorificare un grande
«servitore» dell'Umanità. Questi nuovi santi erano raggruppati in gruppi settimanali
legati fra loro e collegati con il personaggio commemorato nel mese.
Nel mese dedicato a Descartes ed alla Filosofia moderna, ad esempio, la prima
settimana troviamo come santo domenicale S. Tommaso d'Aquino con altri sei
filosofi assimilabili alla sua epoca (S. Alberto Magno, S. Bonaventura, ecc.), la
seconda domenica Lord Francis Bacon, la terza Leibnitz e la quarta Hume e
all'interno delle rispettive settimane troviamo ogni giorno un filosofo che in qualche
modo è collegato a quello ricordato la domenica.
Il 365° giorno dell'anno, corrispondente al 31 dicembre del vecchio calendario, è
consacrato alla "Festa universale dei Morti", mentre il giorno in più degli anni
bisestili è dedicato alla "Festa generale delle Sante femmine".
Anche per gli anni vi è una nuova numerazione a partire dal 1789, anno in cui, con la
presa della Bastiglia, finisce la cronologia cristiana ed inizia quella che Comte
chiama l'era di transizione, mentre l'inizio dell'era definitiva viene previsto a partire
dal 1855, anno in cui avrebbe dovuto finire secondo le aspettative del filosofo la
«rivoluzione occidentale», cioè lo sviluppo positivista della civiltà occidentale.
Comte era fermamente convinto della rapida diffusione delle sue idee, al punto da
scrivere ad un amico «Sono persuaso che prima dell'anno 1860, io predicherò il
positivismo a Notre-Dame, come la sola religione reale e completa»72.
Come ogni religione anche la religione dell'Umanità doveva avere una sua liturgia
con dei sacramenti per santificare la vita e renderla umana. Ne erano previsti nove,
dei quali otto da amministrarsi nel corso della vita e che andavano dalla
presentazione del nuovo nato al sacerdote dell'Umanità, un battesimo senza crisma,
alla trasformazione, una specie di estrema unzione, passando per l'iniziazione,
l'ammissione, la destinazione, il matrimonio, il pensionamento, mentre il nono
l'incorporazione, interessava i morti ed era una specie di beatificazione, che si
72 Lettera a M. de Tholouze, del 23 Archimede 63 (22 aprile 1851), Correspondance inédite d’Auguste Comte. Troisième série, au siège de la Société positiviste, Paris. 1904, p.101.
sarebbe verificata a sette anni dalla morte, se il soggetto, dopo una specie di pubblico
processo, veniva considerato degno per le sue opere di essere incorporato nel Grande-
Essere73.
In questa minuziosa costruzione teologica infine non potevano mancare gli angeli e
Comte ne impone tre, strettamente legati alla sua vita: Clotilde, sua madre Rosalie ed
infine Sophie Bliaux la sua governante che da molti anni ormai viveva con lui
assieme al marito e ai due figli. Egli aveva nei confronti di queste persone umili un
atteggiamento di amicizia e di confidenza e quando egli si trovò in difficoltà
economiche costoro gli offrirono i loro risparmi. Davanti a questa generosità di una
proletaria egli:
scopre l'umiltà: si giudica moralmente inferiore a questa donna che non sa leggere,
sottostà al suo esempio, si emenda osservando il suo modo di vivere. L'associa alla sua
immortalità: sarà la sua figlia adottiva ed il suo terzo angelo custode».74
Agli inizi del 1849 la chiesa universale dell'Umanità era ormai istituita e da quel
momento in poi l'esistenza del filosofo divenne una forma di sacerdozio permanente.
Le sue lezioni domenicali si trasformarono in prediche, cominciò ad unire in
matrimonio i suoi discepoli e quotidianamente dedicava parte del suo tempo a
meditazioni e preghiere in ricordo della «santa sposa».
XI
Gli ultimi anni di vita
Donner vaut mieux que recevoir Système de politique positive, I, 222
Questo genere di ubriacatura religiosa, che secondo N. Abbagnano dimostrava da
73 per una descrizione più approfondita dei sacramenti positivisti vds. Lettera a Benedetto Profumo, 4 marzo 1851, Correspondance inédite d’Auguste Comte. Troisième série, cit., p. 196 ss.
74 H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte, cit., p. 243
parte di Comte «una sconcertante assenza [...] del senso del ridicolo»75, portò negli
anni successivi al progressivo distacco di alcuni suoi discepoli, quali Littré o
estimatori, quali J. Stuart Mill.
Per quanto riguarda Littré la rottura viene ancora oggi da alcuni studiosi attribuita
principalmente al giudizio positivo dato dal filosofo nel 1851 alla presa del potere da
parte di Luigi Napoleone. Secondo altri, fra i quali H. Gouhier, il peso del disaccordo
politico sulla rottura fu invece minimo e il giudizio positivo di Comte, da alcuni
studiosi anche frainteso76, in realtà era stato dettato solo dal desiderio di veder finire la
contingente situazione di anarchia e dalla speranza di una utopica conversione del
nuovo Presidente al positivismo77.
Lo "scisma" invece fu proprio causato dalla nuova filosofia religiosa e si basava su
questioni che avevano un'origine dottrinale.
Il motivo scatenante di tale rottura sarebbe da ricercarsi nell'adozione da parte di
Comte, nell'ultima fase della sua vita del «metodo soggettivo». Con il Cours de
philosophie positive egli aveva sostenuto che la storia della scienza aveva dimostrato
come l'uomo avesse gradualmente cessato di considerarsi al centro del mondo,
collocandosi in una posizione tale da consentire una visione «oggettiva» del mondo.
Con la religione dell'Umanità invece, secondo Littré, egli aveva creato un nuovo
antropocentrismo, una nuova versione positivista della Chiesa cattolica, con tutto il
suo apparato liturgico.
La rottura venne in qualche modo ufficializzata nel corso dell'estate del 1852,
allorché Comte, resosi conto che le loro strade si stavano separando, stabilì che Littré
non dovesse più essere l'incaricato di raccogliere il "sussidio positivista"78. Tale
75 N. Abbagnano, Storia della filosofia, Utet, Torino, 1966, vol. III, p.28976 ad es. Benedetto Croce nella sua Storia d'Europa nel secolo XIX definisce Comte come un filosofo saint-simoniano
che «giustificava il colpo di stato» mentre meditava sulla sua politica positiva, e lo oppone a Mazzini perseguitato dalla «polizia bonapartistica». (Laterza, Bari, 1953, p.140)
77 La speranza era dovuta al fatto che il Bonaparte era stato allievo ed era ancora amico del senatore Vieillard, che Comte considerava positivista o almeno simpatizzante. vds. H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte - Esquisse, cit., p.79. Di fatto il sostegno di Comte a Luigi Napoleone ed al colpo di stato del 2 dicembre 1851 fu di breve durata. Si trattava del resto di un uomo che come lui aveva nutrito simpatie saint-simoniane, che aveva scritto un libro dal titolo significativo De extinction du pauperisme, che aveva ripristinato il suffragio universale e che si proclamava pacifista. Come non vedere in lui quel «dittatore repubblicano» idoneo a porre in atto il «potere degli industriali moderni», nell'ambito di un regime transitorio che avrebbe portato verso la «società positivista internazionale». Però una volta al potere l'uomo, con le sue pressoché immediate e gravi decisioni liberticide sulla libertà di stampa, di riunione e di associazione, e con il suo riavvicinamento ai cattolici ed al papato, deluse profondamente il filosofo, che da quel momento si schierò con l'opposizione al regime.
78 nel 1851 Comte aveva perso anche l'incarico di esaminatore esterno dell'École polythecnique e ormai la sua
decisione era stata accompagnata da sincere espressioni di profonda gratitudine ed
indimenticabile riconoscenza nei confronti del discepolo. Littré da parte sua continuò
anche dopo la separazione a versare la sua quota di sussidio fino alla morte del
filosofo.
Nel 1851, finalmente, vide la luce il primo volume di quel Système de politique
positive annunciato quasi trent'anni prima. Il titolo di allora però era stato ampliato,
con l'aggiunta della precisazione Traité de sociologie istituant la Religion de
l'Humanité. Nei tre anni successivi, fino al 1854, con un ritmo impressionante,
vennero pubblicati gli ulteriori tre volumi; l'opera che complessivamente era
composta da oltre duemila e cinquecento pagine poteva essere assimilata a:
una sorta di Corano che fissa i dogmi e ne indica le conseguenze, un vero codice di
morale, di diritto canonico, di politica, d'amministrazione, di pedagogia e persino di
estetica.79.
In quello stesso periodo l'impegno del filosofo era rivolto alla diffusione del nuovo
verbo religioso ed allo scopo compose un Catéchisme positiviste pubblicato nel 1852.
Ancora un Catéchisme, come trent'anni prima, allorché la sua prima importante opera
il Plan des travaux scientifiques nécessaires pour réorganiser la societé era apparso
in una raccolta intitolata, appunto Catéchisme des industriels80. Una coincidenza forse
voluta, per dire che la religione dell'Umanità intendeva rappresentare una risposta
lontana, ma non tardiva, ai problemi sollevati dalla Rivoluzione, vista anch'essa come
appello ad una nuova religione, quella della Ragione; anche se è opportuno precisare
che nessun paragone può essere fatto fra le improvvisazioni dello spirito
rivoluzionario e la costruzione sistematica, o come dice H. Gouhier «l'architettura
filosofica» della religione dell'Umanità.
Gli ultimi anni della sua vita trascorsero come se egli abitasse in una «tomba
anticipata», con ritmi ripetitivi e liturgici, con regole di vita monastiche. Diverse ore
della giornata erano dedicate alla preghiera, alla meditazione, alla lettura delle lettera
sopravvivenza era assicurata solo dalla generosità dei discepoli.79 H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte, cit., p. 24980 vds. sopra p. 27.
dell'amata Clotilde o delle opere di Dante e Petrarca (che legge in italiano) 81 o
dell'Imitation de Jesus-Christ; usciva di casa solo una volta alla settimana il
mercoledì per «le pèlerinage au Père-Lachaise», dove si trovava la tomba di Clotilde.
Tutti i pomeriggi riceveva in casa i suoi discepoli più fedeli, tranne il mercoledì,
giorno dedicato alle riunioni della Société positiviste; a volte era chiamato a svolgere
funzioni sacerdotali, a sposare secondo il rito della Chiesa positivista alcuni discepoli,
a scrivere numerose lettere di indirizzo, che egli assimilava a quelle di San Paolo. La
sua giornata si concludeva con un pasto frugale composto da un tozzo di pane secco e
da un bicchiere d'acqua, un gesto di solidarietà nei confronti dei molti che soffrivano
di fame.
Gli eventi politici di quegli anni, con i rigurgiti di violenza rivoluzionaria, avevano
colpito particolarmente Comte, al punto da fargli dire che: «oggi [...] possono esistere
solo due parti politiche ben distinte: il partito dell'ordine e quello del disordine; i
conservatori e i rivoluzionari». Tale considerazione lo indusse a lanciare un Appel
aux Conservateurs, pubblicato nel 1855, con il quale egli cercava di dare vita a quel
partito dell'ordine nel quale i cattolici ed i positivisti avrebbero dovuto unirsi contro
le forze perturbatrici di provenienza sia comunista che liberale, in una «grande lega
religiosa di anime elette, contro l'irruzione anarchica del delirio occidentale».
L'anno successivo egli cercò, senza successo, anche dei contatti con i vertici dei
Gesuiti a Roma, per arrivare alla realizzazione di questa specie di nuova Santa
Alleanza82.
Sempre nel 1856, a novembre, vide la luce quella che resterà la sua ultima opera, il
primo tomo della Syntèse subjective, intitolato Système de logique positive. L'opera
nel disegno di Comte doveva rappresentare il punto di arrivo definitivo
dell'evoluzione del positivismo, e avrebbe dovuto comporsi complessivamente di
quattro tomi: due volumi relativi ad un Système de morale positive ed infine un
volume dedicato a un Système d'industrie positive, da pubblicarsi negli anni
successivi.
81 «Je me félicite que ma prédilection abituelle pour la langue de Dante et de Manzoni m'ait permis de goûter pleinement la bonne lettre que j'ai reçue hier de vous», Lettera a Benedetto Profumo, 26 dicembre 1849, Correspondance inédite d’Auguste Comte. Troisième série, cit., p. 183
82 vds. Revue Occidentale, 1886, t. II, p.57 ss.
Essa inoltre si presentava come un'opera di lettura estremamente difficile, sia in parte
per il soggetto trattato, sia soprattutto a causa della nuova tecnica di redazione che
Comte aveva deciso di adottare per le suo opere da quel momento in poi. Ciascun
volume doveva essere composto da sette capitoli, più un'introduzione e una
conclusione; ogni capitolo doveva a sua volta articolarsi in tre parti ognuna di sette
sezioni; ogni sezione doveva comprendere sette alinea, ognuno di cinque o sette frasi;
le lettere iniziali di ogni frase di un alinea e quelle di ogni alinea di una sezione,
dovevano formare una parola di significato compiuto in francese, in inglese, in
tedesco, in spagnolo o in latino; le lettere iniziali delle sezioni, infine, dovevano
susseguirsi in ordine alfabetico. Una vera fatica di Sisifo!
Questo progetto mastodontico era destinato, tuttavia, a rimanere incompiuto.
Nella primavera seguente infatti la salute del filosofo cominciò a peggiorare
progressivamente; mercoledì 17 giugno, per la prima volta dopo undici anni, egli non
si recò a fare la consueta visita alla tomba di Clotilde.
Dopo lunghe sofferenze, il 5 settembre Comte entrava a far parte della «Umanità dei
Morti». Il giorno 8 il suo corpo venne inumato nello stesso cimitero dove si trovava
la tomba di Clotilde, in un luogo appositamente scelto dal filosofo. Il corteo funebre
era composto quasi esclusivamente dai suoi discepoli, nessuna bandiera, nessun
rappresentante delle istituzioni. Unico personaggio presente, non legato in qualche
modo al filosofo: Pierre-Joseph Proudhon.
La pubblicazione del suo testamento dette luogo negli anni successivi ad una
spiacevole battaglia legale fra la vedova, assistita in veste di avvocato da Littré, e i
tredici esecutori testamentari, che alla fine ebbero la meglio. Si trattò di un processo
spiacevole e per certi versi scandalistico, a causa del quale sia la memoria del filosofo
che l'immagine della vedova ne ebbero ugualmente a soffrire.
PARTE SECONDA
LE IDEE DIRETTRICI DEL SISTEMA POLITICO-
FILOSOFICO
I
La teoria del progresso culturale o legge dei tre stadi
Ceci est une doctrine à prêcher et à répandre partout,
comme l'a été, dans son temps, l'évangile,..Lettre a Valat, 1er Mai 1824
Il punto di partenza di tutta la filosofia politica di Auguste Comte va ricercato nella
sua teoria dell'evoluzione della civiltà o "legge dei tre stadi e delle tre epoche",
esposta per la prima volta nel Plan des travaux scientifiques nécessaires pour
réorganiser la societé, che egli stesso più tardi definirà «l'opuscule fondamental»,
opera che aveva «caratterizzato irrevocabilmente» il suo debutto filosofico ed in cui
veniva fatta la «scoperta fondamentale delle leggi sociologiche»83. A questa scoperta
egli attribuì, fin dall'inizio, una notevole importanza per lo sviluppo della sua opera
futura, al punto da considerarla come una specie di proprio Discours sur la Méthode84.
In quest'opera il giovane filosofo, ancora sotto l'influsso del suo maestro Saint-Simon,
cerca di individuare quale sia il «carattere fondamentale assegnato all'epoca attuale
dal cammino generale della civiltà», esistendo di fatto una situazione in cui un
«sistema sociale» si stà estinguendo e uno nuovo, giunto alla sua «completa maturità»
sta per costituirsi.
In questa fase inoltre la presenza di due «movimenti» contrastanti, uno di
«disorganizzazione» e l'altro di «riorganizzazione», fa si che la società umana venga
83 Système de politique positive, cit., t. I, Préface, p.184 vds. lettera a G. d'Eichthal del 6 giugno 1824, Correspondence générale et confessions, t. I, (1814-1840), cit.
sottoposta ad una inevitabile situazione di anarchia che ne provoca «la grande crisi»
cui sono soggette le «nazioni più civili»85
Comte ritiene, in sostanza che la storia dell'umanità sia segnata da periodi definiti
alternativamente «organici» o «critici». Durante i primi vi è la prevalenza della
stabilità politica e dell'armonia fra le parti del corpo sociale, che riescono così a
mantenersi in un soddisfacente stato di equilibrio. Nei periodi «critici», al contrario,
le vecchie certezze sono messe in discussione, le tradizioni consolidate vengono
sconvolte e la stabilità sociale viene minacciata.
Per Comte inoltre esiste una «legge necessaria» che guida il progresso della civiltà,
secondo la quale:
... ogni branca delle nostre conoscenze è necessariamente soggetta, nel suo sviluppo, a
passare successivamente per tre stati teorici diversi: lo stadio teologico o fittizio; lo
stadio metafisico o astratto; infine, lo stadio scientifico o positivo.86
Da cui ne deriva che «l'esperienza del passato» ci porta, indubitabilmente, a stabilire
che la civiltà progredisce seguendo un «cammino naturale ed irrevocabile derivato
dalle leggi dell'organismo umano che diviene, a sua volta, la legge suprema di tutti i
fenomeni politici».87
Tale «legge» oltre a passare attraverso tre gradi, viene articolata in due diverse
dimensioni, una relativa allo stato dell'intelligenza, ed una storica, guidate entrambe
dallo stesso concetto.
Infatti, secondo Comte, la progressiva emancipazione dell'intelligenza umana, incide
in maniera determinante sullo sviluppo dell'organizzazione sociale, influenzandone le
strutture politiche ed economiche, l'ordine sociale e le condizioni materiali di vita.
Per quanto riguarda la prima dimensione, quella intellettiva, ogni stadio (état) può
essere definito riferendosi ad un modo di pensare, di interpretare la realtà.
Il primo stadio (teologico) ha come referente il soprannaturale o trascendente, il
85 Piano dei lavori scientifici necessari per riorganizzare la società, in Opuscoli di filosofia sociale, Sansoni, Firenze, 1969, p. 65
86 op.cit., p. 10387 op. cit. p. 84
secondo, (metafisico), si distingue per la sostituzione del soprannaturale con
l'astratto, e l'ultimo infine ha come referente l'esame concreto, scientifico, ossia
positivo, nel quale ogni tipo di tabù e di pregiudizio viene eliminato.
La dimensione storica si articola a sua volta in epoche (époques) e la loro
caratteristica dominante è da ricercarsi nello sviluppo cronologico.
Fra le due dimensioni tuttavia esiste una differenza rilevante, in quanto i tre stadi
della dimensione intellettiva possono coesistere allo stesso tempo in intelligenze
differenti oppure possono susseguirsi nello stesso individuo in epoche diverse, infatti:
«...ogni uomo, contemplando la propria storia, può constatare facilmente di essere
stato, rispetto alle nozioni più importanti, teologico nella sua infanzia, metafisico
nella sua giovinezza e fisico nella sua virilità.»88
Per distinguere le due dimensioni, essendo entrambe definite con gli stessi termini
qualificativi principali, la denominazione viene completata con un secondo termine,
diverso a seconda che ci si trovi di fronte alla visione analitica o a quella storica.
Il primo stadio, come si è già visto, viene chiamato «teologico» o «fittizio», mentre la
sua proiezione nella prima epoca storica viene qualificata come «teologica e
militare». Allo stadio «metafisico» o «astratto» corrisponde l'epoca «metafisica e
legista», mentre lo stadio «scientifico» o «positivo» determinerà l'epoca «scientifica
e industriale».
La visione storica quindi richiama anche l'insieme dei dati della vita sociale ed
economica che caratterizzano le varie epoche e che il relativo stadio dell'intelletto ha
contribuito a determinare.
Questa «fondamentale» intuizione, «guidata da Condorcet» e ricavata da
considerazioni storiche, oltre che dall'osservazione dello sviluppo «dell'organismo
umano», genera in Comte la convinzione che nella storia dell'uomo il progresso sia
inevitabile e che debba portare al definitivo prevalere delle scienze attraverso il
decisivo affermarsi della filosofia positiva.
88 Considerazioni filosofiche sulle scienze e gli uomini di scienza, in op. cit., p. 182, lo stesso concetto, con parole diverse, viene ripetuto nella 1a lezione del Corso di filosofia positiva, vds. trad. di A. Negri, in Positivismo europeo, Le Monnier, Firenze, p.53
1. Lo stadio teologico e il sistema militare e feudale
Questo stadio teologico ha avuto nel tempo, secondo Comte, una importante funzione
di integrazione sociale della realtà, conseguita utilizzando dei princípi e dei valori, al
di fuori e al di sopra della vita umana, delle forze trascendenti e spirituali che
venivano trasferiti alla realtà.
Tale idea in sé di una integrazione sociale resta ancora valida, ma non può essere più
realizzata con gli strumenti e i materiali della fase teologica, che sono anacronistici,
limitati, non più praticabili ed imposti forzatamente.
L'integrazione deve invece avvenire utilizzando tutte le risorse sociali disponibili
nella moderna società al fine di pervenire ad un ordine che non sia solo una norma
imposta dall'alto, ma che al contrario rappresenti una possibilità di progressivo
miglioramento della condizione umana e sociale.
Secondo il filosofo, quindi, il modello teocratico non deve essere rigettato nella sua
interezza, ma, al contrario, utilizzato apportandovi le necessarie modifiche, per
adattarlo alle nuove e diverse esigenze della vita sociale.
Questo primo stadio viene analizzato e descritto nel dettaglio da Comte che lo
articola in tre sottofasi: Feticismo, Politeismo, Monoteismo.
Nel Feticismo, troviamo la divinizzazione immediata di «ogni fenomeno suscettibile
di attirare con qualche energia la debole attenzione dell'unità nascente»,89 l'attribuzione
a tutti i corpi esterni di «una vita essenzialmente analoga alla nostra, ma quasi più
energica per la loro azione normalmente più potente». Il grado più elevato di tale fase,
che poco si discosta dallo stato mentale degli animali superiori, viene rappresentato
dalla «adorazione degli astri»90, l'astrolatria, mentre la superstizione rappresenta la
sola forma di ricerca della verità.
La fase successiva è rappresentata dal Politeismo e questo passaggio costituisce: «il
primo risultato del nascente sviluppo dello spirito di osservazione e di induzione,
sviluppato [...] inizialmente negli uomini superiori e, sul loro esempio, nella
moltitudine...»91, si tratta per Comte di una fase «essenziale» che produce «la libera
89 Corso di filosofia positiva, Utet, Torino, 1967, vol. I, p. 46190 Discorso sullo spirito positivo, cit., p.30791 Corso di filosofia positiva, cit., vol.I, p. 491
supremazia speculativa dell'immaginazione» rispetto a «l'istinto e il sentimento».92.
L'ultima fase di questo primo stadio è rappresentata dal Monoteismo, in cui si verifica
una graduale riduzione e concentrazione dell'azione soprannaturale con la quale si
arriva a «disciplinare e moralizzare l'innumerevole moltitudine degli dèi,
subordinandola direttamente, in modo regolare e permanente, alla suprema
preponderanza di una volontà unica».93
In quest'ultima «fase teologica» inizia «l'inevitabile declino della filosofia iniziale»
che, pur continuando a mantenere, più in apparenza che nella realtà, una buona
«influenza sociale», è soggetta ad «un rapido declino intellettuale» derivante dalla
riduzione del «dominio dell'immaginazione», cui corrisponde un graduale sviluppo
del «sentimento universale, fino ad allora quasi insignificante, dell'assoggettamento
necessario di tutti i fenomeni naturali a leggi invariabili».94
Comte vede nell'avvento del monoteismo l'inizio del declino della teologia, sempre
più incompatibile con una visione scientifica della realtà.
Il problema dell'opposizione fra scienza e teologia, che inizialmente non si era posto
in quanto esse si proponevano di approfondire aspetti diversi, inizia in questa fase,
allorché la scienza, soprattutto con le teorie astronomiche, comincia ad estendere i
suoi interessi allo studio diretto della natura.
Per Comte:
I motivi logici per i quali la scienza rinuncia radicalmente ai problemi misteriosi dei
quali si occupa essenzialmente la teologia, sono essi stessi di natura tale da screditare
presto o tardi, in tutti gli spiriti illuminati, speculazioni che vengono messe da parte
perché necessariamente inaccessibili alla ragione umana.95
L'apporto innegabile dato dal politeismo e dal feticismo allo «sviluppo spontaneo»
dello spirito d'osservazione, non poteva comunque evitare il graduale distacco della
scienza dalla teologia, non appena «il sentimento graduale dell'invariabilità delle
92 Discorso sullo spirito positivo, cit., p. 30793 Corso di filosofia positiva, cit., vol.I, p. 58894 Discorso sullo spirito positivo, cit., p. 30895 op. cit., p. 336
relazioni fisiche» avesse potuto acquisire «una certa consistenza sistematica».
Detta opposizione ha pertanto rappresentato «la principale fonte segreta delle diverse
trasformazioni che hanno successivamente dissolto la filosofia teologica, riducendola
sempre più».96
Passando ad esaminare la dimensione storica troviamo che l'epoca corrispondente
allo stadio teologico è, come si è visto, quella dominata dal «sistema teologico e
militare», nel quale troviamo una combinazione del potere spirituale o papale e
teologico e del potere temporale o feudale e militare.
Comte aveva affrontato già questo aspetto nel precedente opuscolo Sommaire
appréciation de l'ensemble du passé moderne (1820) nel quale aveva delineato
l'origine di questo sistema, indicando la nascita del potere spirituale: «all'inizio della
supremazia del cristianesimo in Europa, cioè verso il tredicesimo o quattordicesimo
secolo», mentre per il potere temporale ne collocava l'origine in corrispondenza dei
«primi grandi tentativi dei popoli del nord di stabilirsi nel sud d'Europa, e dei primi
smembramenti dell'impero romano, cioè all'incirca nella stessa epoca»97. Sistema
politico che si sarebbe quindi formato mentre da un lato il feudalesimo poneva le sue
basi per consolidarsi come potere nazionale ed il Papato si avviava ad estendere il
suo potere in Europa.
Questi concetti vengono ripresi e sviluppati nel Plan des travaux scientifiques
nécessaires pour réorganiser la societé, dove la nascita e lo sviluppo di questo
sistema vengono attribuiti ad «una conseguenza evidente dello stato imperfetto della
civiltà dell'epoca».
La guerra in questa fase assume un ruolo preminente, proprio perché l'industria è
«nell'infanzia» e l'uomo, con la guerra, dà sfogo agli «stimoli più energici» che
agiscono su di lui ed «al bisogno di esercitare le sue facoltà e quello di vivere».98
Quest'analisi del sistema del sistema teologico e militare verrà ripreso, in forma
ancora più estesa, nelle ultime lezioni del Cours de philosophie positive99, dove
96 op. cit., p. 33897 Esame sintetico del passato moderno nel suo insieme, cit., p.1398 Piano dei lavori scientifici necessari per riorganizzare la società, cit. p.114-11599 Corso di filosofia positiva, cit., dalla 53a alla 58a lezione. Per la stesura di questa parte ci si è avvalsi anche
dell'opera di G.Caforio, Sociologia e Forze Armate, Pacini Fazzi, Lucca, 1987, p.15 ss.
l'aspetto militare della vita associata viene descritto con dovizia di particolari.
L'uomo, fin dalle origini, ha organizzato la propria vita in funzione della lotta per la
sopravvivenza prima, e della guerra poi.
I suoi primi utensili sono state le armi, la prima figura autoritaria che prevale sul
gruppo è quella del «capo militare», cioè di colui che si distingue sugli altri per
coraggio e per valore, ma anche per cautela e per scaltrezza. Anche il crearsi di
aggregazioni sociali sempre più numerose (clan, tribù) avviene per necessità di difesa
o di offesa; a questo si aggiunge l'assoggettamento dei nemici sconfitti e trasformati
in schiavi. Secondo Comte, questo istituto tipicamente umano della schiavitù,
rappresenta una forma di «incivilimento» che distingue l'uomo dagli animali, per i
quali la lotta è solo un atto distruttivo.
Lo schiavo, infatti è un vinto al quale è stata risparmiata la vita, e pertanto la sua
sopravvivenza è progresso civile in quanto evita una inutile distruzione della specie;
inoltre gli schiavi con il loro lavoro consentono alla collettività di mantenere in armi i
guerrieri e questo porta ad un progressivo perfezionamento dell'organizzazione
militare.
Con il passare del tempo, per assicurare la forza interiore necessaria ai combattenti
per affrontare i crescenti pericoli dell'attività bellica, al capo militare vengono
attribuite anche funzioni spirituali; nasce così la figura del condottiero-pontefice.
La morale stessa altro non è che «etica militare», per la quale la degnità o meno di
un'azione è subordinata alle finalità della guerra.
Nella società primitiva politeista, il potere è prerogativa della casta dei guerrieri.
Alcune eccezioni possono verificarsi laddove la situazione geopolitica del territorio
consente, grazie a particolari condizioni naturali o ad insediamenti umani
particolarmente diradati, di avere confini più sicuri. In questi casi assistiamo allo
svilupparsi di forme prevalentemente teocratiche. Si tratta tuttavia, secondo il
filosofo, di istituzioni destinate comunque, prima o poi, ad estinguersi in quanto non
rispondenti alle leggi dell'evoluzione umana che può attuarsi solo mediante la guerra.
Con il passaggio, nel Medioevo, all'età monoteistica, si assiste ad una
frammentazione territoriale dell'organizzazione politico-militare, prevalentemente a
carattere difensivo, nella quale i signori locali (i feudatari), dotati di poteri non solo
militari, acquisiscono un controllo pressoché autonomo sui territori loro affidati.
In questa nuova fase politico-economica, assistiamo a dei mutamenti sociali di
rilevante interesse; si hanno le prime forme di separazione del potere spirituale,
affidato al clero, da quello temporale, ancora prevalentemente in mano alla classe
guerriera, ed ancora orientato, in larga misura, verso le questioni militari, che tuttavia
acquisiscono sempre più forme difensive.
La frammentazione territoriale porta ad una decomposizione del potere centralizzato
che gradualmente viene suddiviso fra numerose autorità locali. Inoltre il fenomeno
della schiavitù, che aveva caratterizzato la fase precedente, si trasforma in servaggio,
o servitù della gleba. Trasformazione che, pur conservando pesanti vincoli per chi vi
è soggetto, ha delle conseguenze rilevanti sulle istituzioni militari.
L'attività bellica non ha più la preminenza nella vita sociale, i capi militari perdono
progressivamente la loro importanza ed i loro poteri, prima quello spirituale poi
quello temporale, fino a trasformarsi in "mercenari" da impiegare alla bisogna. Gli
eserciti si contraggono sempre più fino a diventare degli strumenti élitari mentre,
gradualmente, vengono ad esaurirsi il ruolo della guerra e delle istituzioni militari nel
processo storico di evoluzione della società.
2. Lo stadio metafisico e il sistema legista e rivoluzionario
Il termine metafisico viene utilizzato, in questo contesto, con il significato che
all'epoca era più comune, cioè quello che indicava una teoria critica delle idee della
conoscenza, teoria che, però, secondo Comte, abusando dei principi astratti, non era
in grado di svolgere una funzione concreta, «organica» di ricostruzione di ciò che era
stato abbattuto.
Il passaggio allo stadio metafisico, quindi non può essere che una situazione di
transizione, una «semplice modificazione di quello teologico», o meglio una
«degenerazione»100 dello stesso.
In esso si verifica la sostituzione degli «agenti soprannaturali» con delle «forze
100 A.Zanfarino, op.cit., p.205
astratte, vere entità (astrazioni personificate)»,101 quali la Natura in Spinoza, il Dio
geometra in Cartesio, il Dio calcolatore in Leibniz, la Materia in Diderot.
La metafisica quindi cerca, come la teologia, di comprendere ed illustrare «la natura
intima degli esseri, l'origine e la destinazione di tutte le cose», ma utilizza «entità»
anziché «agenti soprannaturali», le sue spiegazioni sono più razionali, si è liberata
dell'antropomorfismo degli inizi, il suo spirito progredisce, (come era progredito lo
spirito teologico passando dal feticismo primitivo al monoteismo cristiano), ma il
modo di ragionare (le méthode de philosopher) resta sostanzialmente lo stesso, così
come lo scopo da raggiungere ossia ricercare una causalità prima ed assoluta del
mondo.
Lo spirito metafisico, ha sì portato alla dissoluzione del sistema teologico, ma dopo
aver assolto a questa «funzione indispensabile, ma passeggera», a causa
dell'eccessivo utilizzo di una azione critica puramente negativa e disgregatrice, senza
capacità di edificazione, ed avendo privilegiato quella che J. Muglioni definisce la
«philosophie du non»102, ha «sfortunatamente» ostacolato «l'instaurazione finale di
una vera filosofia».103
La relativa dimensione storica, che Comte chiama anche «legista» o «rivoluzionaria»,
si è insediata passando attraverso un lungo periodo transitorio in cui il regime
«teologico-militare» ha continuato a sopravvivere, pur disgregandosi gradualmente,
mentre il nuovo regime incominciava a presentare i sintomi della sua venuta, cosa
che, praticamente, si è verificata solo nel XVIII secolo, nei fatti accelerata anche
dall'esplosione rivoluzionaria.
Ma, secondo il filosofo, tutte le concezioni sviluppatesi con la Rivoluzione francese
sono impregnate dello «spirito critico», dello «spirito rivoluzionario» ed hanno creato
situazioni nelle quali si è cercato di contrapporre alla realtà esistente delle teorie
metafisiche. Questo ha portato ad un allontanamento dai problemi reali, ad una
azione efficace solo nel criticare, nel contestare, nel distruggere, ed il tutto ha finito
per ostacolare la riorganizzazione della società.
101 Discorso sullo spirito positivo, cit., p. 312102 J. Muglioni, Auguste Comte-Un philosophe pour notre temps, Kimé, Paris, 1995, p. 11103 Discorso sullo spirito positivo, cit., p. 312 ss.
Anche le realizzazioni più salienti, le «pretese» conquiste sociali dell'età
rivoluzionaria non vengono considerate, da Comte, soddisfacenti, meritevoli di
apprezzamento.
Innanzitutto egli è molto critico nei confronti della teoria dei diritti umani, dei quali
scrive:
...la metafisica ha introdotto dei pretesi diritti umani che implicavano una funzione
negativa. Quando si è cercato di dar loro una destinazione veramente organica, hanno
presto manifestato la loro natura antisociale, tendendo sempre a consacrare
l'individulità.104
Non siamo di fronte quindi a delle vere garanzie, a qualcosa che rafforza la società,
bensì a dei mezzi per esaltare l'egoismo individuale, a degli stumenti per sancire il
valore «antisociale» dell'uomo.
Questi «pretesi diritti umani» costituiscono un pericoloso processo di astrazione, che
trasforma il diritto in qualcosa di metafisico, che conseguentemente distacca l'uomo
dalla realtà che lo circonda, troncando i legami con le condizioni di vita, con gli
obblighi e i doveri nei confronti della società.
L'uomo diventa esso stesso una astrazione metafisica e viene quindi emarginato,
isolato, separato dalla realtà.
Per Comte bisogna sostituire i diritti umani con la determinazione del ruolo sociale
degli individui. Nello stato positivo «l'idea di diritto» deve «irrevocabilmente»
scomparire. Restano solo i doveri, «nei confronti di tutti» e le «giuste garanzie
individuali derivano soltanto da questa universale reciprocità di obblighi, che
costituisce l'equivalente morale dei diritti precedenti, senza presentare i gravi pericoli
politici di questi».105
Per Comte quindi «nessuno possiede altro diritto se non quello di fare sempre il suo
dovere»106.
I diritti non fanno altro che rinchiudere l'uomo nel suo egoismo, nel suo
104 Discorso sull'insieme del positivismo, cit., p.751105 ibidem106 op. cit., p. 752
particolarismo, e rappresentano lo scompaginamento della vita sociale, producono
una socializzazione incoerente ed incompleta dela società stessa, rappresentano
qualcosa di «falso e immorale [...] che suppone sempre la individualità assoluta».107
Per Comte invece gli uomini «debbono essere concepiti non come tanti esseri
separati, ma come i diversi organi di un solo Grande Essere»,108 fanno parte di corpo
collettivo.
Anche l'idea di tolleranza, pur comprensibile in certi casi, diventa una «affermazione
rudimentale» che non può trovare una applicazione sistematica, «la tolleranza
sistematica non può esistere»109 nella nuova società positivista, che si deve basare, e
deve essere guidata da principi più forti ed unificanti come la concordia ed il senso
del dovere.
Per garantire l'ordine sociale non è possibile lasciare la libertà senza controllo ad
alcuno, pena il dover rimettere in discussione ogni giorno le basi stesse della società.
Un altra concezione metafisica fortemente criticata da Comte è l'idea di proprietà, alla
quale lo spirito metafisico ha attribuito «una individualità assoluta, come diritto di
usare ed abusare», un diritto le cui garanzie sono state sancite come esclusione, come
separazione facendone una «teoria antisociale [...]priva di giustizia quanto di realtà»,110
essa invece deve svolgere una «indispensabile funzione sociale», e rappresentare uno
strumento economico-giuridico di integrazione, che in caso di necessità deve essere
subordinato ai «bisogni sociali», con la possibilità da parte della comunità di
impossessarsene.
Un altro abuso di spirito critico e metafisico Comte lo rileva nella politica moderna,
dove esiste il culto metafisico delle entità istituzionali, dove la discussione verte quasi
esclusivamente su questioni di carattere istituzionale o costituzionale, dove si parla
solamente di regole astratte, senza mai pervenire ad un discorso sociale approfondito,
analizzato nei suoi aspetti specifici, che si riferisca ad esperienze sociali concrete e
possa trovare applicazione nella vita sociale moderna. La necessità è quella di
dimensionare il dibattito istituzionale sulle reali esigenze della società, di trovare un
107 op. cit., p. 753108 ibidem109 Corso di filosofia positiva, cit., vol. I, p. 74110 Discorso sull'insieme del positivismo, cit. p. 555
legame fra dibattito politico e società civile.
Inoltre la politica moderna, così caratterizzata dallo spirito critico e metafisico, che
produce il disordine sociale, la disgregazione, uno stato di sostanziale insocievolezza,
ha trovato una compensazione nella politica di potenza, ridando allo Stato un ruolo
egemone, alimentandone lo spirito di conquista e di usurpazione ed esasperando il
nazionalismo. Non essendo ancora pervenuti alla necessaria integrazione della
società, non avendo creato una vera solidarietà sociale si è cercato di fronteggiare tale
carenza con l'istituzione di una solidarietà nazionalistica falsa e mistificatrice, che ha
raggiunto il solo scopo di mettere le nazioni l'una contro l'altra.
Quanto finora visto ci porta ad affermare che stadio metafisico e la corrispondente
epoca storica non sono evidentemente molto apprezzati dal filosofo. Egli infatti li
pone sotto il segno di Rousseau, personaggio nei confronti del quale non nutre una
grande opinione, del quale non apprezza molto le opere, in particolare il «Contratto
sociale». È interessante notare come la figura di questo illustre personaggio non
venga neppure menzionata nel «Calendario positivista», nel quale peraltro trovano
spazio figure meno importanti del filosofo ginevrino.
Anche nel termine «legista», che egli attribuisce all'epoca metafisica, sono insiti
significati negativi. Nella sua opera, in generale, si ercepisce una scarsa
considerazione per gli uomini di legge, i giuristi e le categorie giuridiche.
3. Lo stadio scientifico e il sistema industriale e positivo.
Lo stadio finale, quello scientifico o positivo, rappresenta il passo conclusivo che
dovrà porre fine alla «crisi occidentale», al quale l'umanità perverrà quando lo spirito
diventerà «adulto», ossia positivo.
In questa fase l'intelletto umano, constatata l'impossibilità di pervenire a spiegazioni
assolute, non cercherà più di conoscere le «cause» intime dei fenomeni, né «l'origine
e la destinazione dell'universo».111
L'affermazione dello spirito positivo dovrà portare alla capacità di «vedere per
prevedere», di «studiare ciò che è per concluderne ciò che sarà, secondo il dogma
111 Corso di filosofia positiva, 1a lez., in Positivismo europeo, cit, p.53
generale dell'invariabilità delle leggi naturali»112, respingendo sia le entità fantastiche,
sia quelle puramente concettuali, per costruire un sapere basato esclusivamente
sull'esperienza.
I caratteri costitutivi di questo sapere sono formulati dal filosofo avvalendosi anche
dell'insegnamento di Hume, secondo cui ogni conoscenza, per risultare vera, deve
fondarsi interamente sull'esperienza.
Ogni disciplina, per potere avere carattere scientifico dovrà quindi rinunciare ad
indagare sulle «cause», limitandosi a ricercare le «leggi» che conducono dai rapporti
particolari a quelli generali. Ogni riferimento all'assoluto, infine, dovrà essere
bandito, in quanto l'assoluto «trascende per definizione dal mondo dell'esperienza».113
Una scienza basata sull'esperienza non può che essere scienza del «relativo»114.
Comte va oltre la polemica di Hume contro il «principio di causalità» per arrivare a
combattere con energia ogni «principio metafisico». Egli infatti non si è solo dato il
compito di studiare l'evoluzione della umanità, ma anche quello, ben più arduo, di
provocare il definitivo passaggio di ogni disciplina dallo stadio metafisico a quello
scientifico e di portare a termine l'opera iniziata da Bacone, Cartesio e Galileo,
costruendo un «sistema» di idee generali che diventi prevalente e ponga fine alla
«crisi rivoluzionaria».
L'esempio più significativo di questa concezione è rappresentato, per Comte dalla
legge di Newton sull'attrazione. In essa infatti tutti i fenomeni gravitazionali vengono
spiegati senza dire nulla sull'origine o la causa (il «perché»), ma accontentandosi del
«come», ossia di evidenziare in via sperimentale le relazioni costanti che esistono,
per i corpi, tra le loro masse e le loro distanze. Egli in sostanza fa proprio il precetto
di Newton «io non forgio delle ipotesi», affermando la necessità di basarsi solo su
fatti ricavati attraverso l'osservazione, evitando qualsiasi ricorso ad inutili principi
teologici o metafisici.
Con l'affermazione di tali principi Comte non intende tuttavia negare radicalmente lo
112 Discorso sullo spirito positivo, cit., p. 320. Comte nell'esprimere questi concetti rimanda anche alla lettura del System of Logic di J.S. Mill, suo «eminente amico», che egli considera ormai «pienamente associato», all'affermazione del positivismo.
113 L. Geymonat, op. cit., p.439114 Discorso sullo spirito positivo, cit., p. 317. Merita ricordare che già nel 1817 Comte aveva scritto la massima
rimasta famosa: «Tutto è relativo, ecco la sola cosa assoluta».
«spirito religioso», così come vuol mantenere vivo il concetto di «amore» nel quale
riconosce anche una valenza religiosa.
Quindi rifiuto dello «spirito teologico» e dello «spirito metafisico», ma opportunità di
recuperare la vocazione sociale della religione cattolica per adattarla alle esigenze di
una nuova società più moderna ed evoluta.
Passando ad esaminare la dimensione storica ed il relativo «sistema industriale o
positivo», per Comte esso comincia a dare i primi segni mentre era ancora in atto il
precedente sistema «organico», quello militare e feudale, anzi proprio quando questo
«raggiungeva il suo sviluppo integrale». E successivamente mentre si sviluppavano «i
germi della sua distruzione», che, come si è visto, avverrà a causa del sistema
«critico» definito legista e rivoluzionario, venivano a crearsi «gli elementi del sistema
che oggi deve sostituirlo».
Il primo segnale di tale sviluppo, per quanto riguarda il potere temporale, è
rappresentato da «l'affrancamento dei comuni», esperienza che, per il filosofo ha
costituito il primo vero esempio di «un'esistenza sociale indipendente dal potere
militare», che ha consentito a queste nuove realtà politiche di diventare protagoniste
della vita sociale.
Un altro sintomo di tale trasformazione va visto nelle insurrezioni e rivolte che nel
XIV secolo sconvolsero molte regioni europee e che «manifestarono, con grande
energia, [...] la potenza nascente delle classi lavoratrici, contro i poteri che, ovunque,
erano loro particolarmente ostili».115
Questi due rilevanti aspetti dello sviluppo storico di quell'epoca hanno dato l'avvio al
processo di graduale trasformazione dell'organizzazione sociale da una economia di
tipo militare verso quella di tipo prevalentemente industriale, il cui completamento
porterà alla realizzazione della auspicata società positivista.
Per quanto riguarda invece il potere spirituale nello stesso periodo assistiamo
all'introduzione in Europa delle «scienze positive» da parte degli Arabi, che ha
prodotto il graduale passaggio di tale potere dalle mani dei teologi a quelle degli
scienziati. Per Comte nel caso del potere spirituale la grande rivoluzione è già
115 Corso di filosofia positiva, cit., vol.II, p. 187
avvenuta, la scienza ha ormai svolto la sua funzione «critica» contribuendo
all'abbattimento del vecchio sistema.116
Quello che manca ancora è il nuovo assetto politico e sociale, la «capacità
industriale» non ha ancora assunto il potere. Nel momento in cui le società si
convinceranno con l'esperienza che «il solo mezzo per acquisire la ricchezza consiste
nell'attività pacifica», ossia nell'attività industriale, la guida del potere temporale
dovrà passare alla capacità industriale, mentre la forza militare, diventerà prima
subalterna e, nel lungo periodo, perderà di ogni utilità.
Comte vede nell'avvento del «sistema industriale» la possibilità di organizzare
scientificamente il lavoro, portando la produzione a rendimenti sempre più elevati, e
quindi di accrescere la ricchezza. Tutto questo consentirà di arrivare ad aumentare le
risorse disponibili per migliorare la vita e l'organizzazione della società.
Egli è molto critico nei confronti degli economisti del suo tempo che, ancora pervasi
da spirito metafisico, studiano i fenomeni economici astraendoli dalla realtà sociale, e
danno eccessiva importanza ai meccanismi di scambio o di competizione nello
sviluppo della ricchezza.
Lo sviluppo della produzione industriale è destinato a causare la concentrazione dei
lavoratori nelle fabbriche e nelle periferie delle città, oltre a provocare una crescente
opposizione fra operai e datori di lavoro.
Tale fenomeno sociale, pur rappresentando uno degli aspetti più significativi della
vita politica e sociale di quel periodo, non assume nella visione «positivista»
quell'importanza che invece gli attribuirà Marx più tardi.
Il problema della conflittualità del lavoro viene sì percepito, ma viene scartata l'idea
del ricorso alla violenza in quanto in questo nuovo sistema il popolo non sarà più
«irreggimentato», come nell'epoca militare, ma «unito» con i suoi capi, così come da
parte di quest'ultimi non vi sarà più «comando», ma solo «direzione».117
Comte sostiene che gli antagonismi esistenti fra lavoratori e imprenditori, nella
società positivista verranno moderati e regolati dal potere spirituale.
Questo ordine però non deve più essere inteso come qualcosa di trascendente come
116 Esame sintetico del passato moderno nel suo insieme, cit., p.14-15117 op.cit. p. 55
era concepito nell'epoca teologica, bensì un ordine terreno che però si basa
esclusivamente su meriti morali, da contrapporre all'ordine temporale che invece si
basa sul potere e sulla ricchezza. Tale potere dovrà essere esercitato da uomini scelti
per i loro meriti morali che rappresenteranno la nuova classe sacerdotale.
Questa idea di sacerdozio è un altro recupero che Comte fa dalla teologia. Egli ritiene
infatti che tale idea possa essere usata anche nella moderna società positivista, in
quanto una «vocazione» di tipo sacerdotale è necessaria anche in coloro ai quali tale
società affida le maggiori responsabilità, siano esse sociali, politiche ed anche
produttive.
II
L'età della scienza - La scienza come cultura
Tous les bons eprits répètentdepuis Bacon qu'il n'y a connaissances réelles que celles qui reposent sur des faits observés
Cours de philsophie positive, 1er leçon
Come si è già visto in precedenza, Comte ritiene che, sebbene molte scienze abbiano
ormai raggiunto lo stadio positivo, la cultura intellettuale nel suo complesso e,
conseguentemente, l'organizzazione sociale che ne deriva, non sono ancora pervenute
a quest'ultimo stadio e questo fatto produce una situazione di «anarchia intellettuale»
che rende possibile la situazione di crisi politica e morale della società del suo tempo.
Egli inoltre osserva che mentre esistono e sono consolidate la fisica celeste, la fisica
terrestre (meccanica e chimica) e la fisica organica (vegetale e animale), manca del
tutto una «fisica sociale» che consenta di studiare, con rigore scientifico, i fenomeni
sociali e di pervenire così ad un ordine sociale determinato, dipendente da un
«sistema di idee generali», ossia dalla filosofia positiva.
Tale «sistematizzazione» (systématisation) presuppone però che venga chiaramente
definito il compito particolare di ciascuna scienza e l'ordine complessivo di tutte le
scienze. Il risultato può essere conseguito, partendo da un'idea di esigenza
organizzatrice del sapere derivata da Saint-Simon, attraverso una «classificazione
enciclopedica» delle scienze, che fornisca un quadro generale di tutte le conoscenze
scientifiche.
Tale «classificazione», proprio in quanto realizzata con caratteristiche
«enciclopediche» deve consentire di inglobare sistematicamente tutto il sapere
possibile e garantirne la completezza. Essa viene determinata anche basandosi sullo
sviluppo storico del sapere, derivando le scienze fondamentali le une dalle altre, e
realizzando una gerarchia che di fatto viene a riprodurre l'ordine di successione con
cui le scienze sono entrate nella fase positiva.
Questo non vuol dire che il sapere non avrà più uno sviluppo progressivo, al contrario
ciascuna scienza potrà progredire indefinitamente. Quello che viene stabilito è
solamente «l'ordine del sapere», vengono fissate una volta per tutte le relazioni fra le
scienze fondamentali, senza il pericolo di esclusioni, e con la certezza che tale
relazioni in futuro non verranno rivoluzionate da nuove branche della conoscenza.
L'enciclopedia delle scienze che deriva da tale processo risulta alla fine formata da sei
scienze fondamentali: matematica, astronomia, fisica, chimica, biologia e fisica
sociale o sociologia. (Con il Système de politique positive Comte ne aggiungerà una
settima: la morale).
Alla compiutezza nell'ordine dello sviluppo della società, che si ottiene con la «legge
dei tre stadi», corrisponde una necessità analoga nell'ordine delle strutture da
conseguirsi con la classificazione delle scienze.
Si tratta in sostanza di verificare la suddetta legge; infatti quando anche la fisica
sociale sarà diventata positiva, solo allora sarà possibile qualificare come «positivo»
lo spirito nel suo insieme.
Avendo il controllo, il governo della totalità delle conoscenze possibili la positività
diventerà lo spirito stesso, e l'età della scienza sarà definitivamente insediata.
Secondo Comte l'avvento di una età della scienza definisce le basi di una nuova
cultura; infatti l'attività scientifica deve essere qualcosa di più della ricerca della
verità, essa deve anche definire le condizioni della vita dello spirito nella totalità delle
sue dimensioni: intellettuali, etiche ed estetiche, ossia ciò che comunemente viene
definito come «cultura».
Questa idea di fare della scienza una cultura è un progetto molto più ambizioso di
quello di diffondere e sviluppare, più semplicemente, le conoscenze scientifiche ed
essa potrà essere conseguita con l'avvento dello spirito positivo.
Nel Système de politique positive la rigenerazione della Cultura, come quella della
Famiglia e quella della Patria, sarà uno degli obiettivi che verranno conseguiti con
l'avvento dell'età positiva, mentre dovrà essere abbandonata «la vecchia educazione
europea ancora essenzialmente teologica, metafisica e letteraria».118
Fare della scienza una cultura, ossia una categoria della spiritualità, significa
realizzare un'opposizione con la religione, equivale a creare qualcosa che sostituisca
la religione (e la metafisica) e renda peritura ogni idea del mondo che si rifaccia alla
rivelazione, al soprannaturale, all'astratto.
Questa distruzione delle credenze teologiche e delle astrazioni metafisiche da parte
dell'età delle scienze, non può essere fine a se stessa, in quanto per Comte «si
distrugge solo ciò che si rimpiazza».119
L'età positiva dunque prendendo il posto dell'età teologica deve assumerne anche le
funzioni e prendersi carico degli interessi più tradizionali dello spirito religioso. Si
tratta di assumere funzioni di carattere sociale, ma anche di assecondare la
realizzazione di bisogni spirituali ed affettivi dell'uomo.
La nuova cultura scientifica deve, quindi, alimentare spiritualmente una nuova
religione. Tale obiettivo può essere conseguito solo se la concezione scientifica del
mondo non resterà ridotta alla sua dimensione profana, ma assumerà in sé anche la
religiosità profonda dell'uomo. Da qui la necessità di instaurare la religione positiva
dell'umanità.
Per Comte inoltre la cultura scientifica deve avere anche un ruolo che sia utile, deve
diventare una cultura dell'utilità, nel senso che deve rimpiazzare una interpretazione
sterile del mondo (quella teologica e/o metafisica) con una concezione che consenta
di agire attivamente, che favorisca l'azione. Tale contrapposizione viene felicemente
118 Cours de philosophie positive, Schleicher, Paris, 1907, t. I, p.22119 Catéchisme positiviste, Prefazione
sintetizzata dal filosofo nella diade «utile/ozioso».120
«Utile», ma non «utilitario», come Comte stigmatizza con vigore, deprecando la:
«esorbitante preponderanza attualmente accordata agli interessi materiali» che
«troppo spesso porta [...] a compromettere gravemente l'interesse scientifico, e tende a
restringere le speculazioni positive alle sole ricerche che abbiano un'utilità
immediata».121
La scienza non deve limitarsi ai fatti, essa deve anche emanare delle leggi. Tali leggi
devono sì avere una funzione esplicativa (la legge di gravità spiega perché la terra
gira intorno al sole), ma devono anche avere una funzione di previsione. «Scienza
come previsione, previsione da cui azione».122
Nel Discours sur l'esprit positif, Comte insiste su questa capacità predittiva, su
«questa previsione che costituisce, sotto tutti i punti di vista, il principale carattere
dello spirito positivo».123
Conseguentemente la scienza permette di agire sul mondo ed è anche l'unico tipo di
conoscenza in grado di farlo efficacemente, contrariamente al teologismo, che aspira
ugualmente a questa azione, ma il risultato che ne deriva è del tutto chimerico, basato
su magia, incanto, immaginazione.
Per «agire» su basi scientifiche, per applicare la scienza, la strada da percorrere è
quella della tecnica (che Comte chiama «arti»). L'idea di un efficace rapporto fra
scienza e tecnica non è nuovo, prima di Comte già Cartesio sperava di poter pervenire
a:
delle conoscenze che siano assai utili alla vita, (in modo) che in sostituzione di questa
filosofia speculativa che si insegna nelle scuole, si (possa) trovare una pratica, con la
quale, conoscendo la forza e le azioni del fuoco, dell'acqua, dell'aria, degli astri, dei cieli
e di tutti gli altri corpi che ci circondano, così distintamente come conosciamo i diversi
mestieri dei nostri artigiani, noi le potremo utilizzare allo stesso modo in tutti usi che gli
sono propri, rendendoci così come padroni e possessori della natura.124
120 Discorso sullo spirito positivo, cit., p. 343121 op. cit., p. 330-331122 Cours de philosophie positive, cit., t. I, p. 35123 Discorso sullo spirito positivo, cit., p. 319124 R.Descartes, Discours de la méthode, ed. Classiques Français, Paris, 1995, VIe partie, p.79
Questa analogia di pensiero ci conferma che il positivismo di Comte si iscrive in
quella tradizione razionalista che parte proprio da Cartesio per arrivare fino a
L'Encyclopédie di Diderot e D'Alambert, aprendovi nuove prospettive ed offrendovi
nuovi sviluppi, in quanto ormai la tecnica non è più materializzata esclusivamente dai
«mestieri dei nostri artigiani», come ai tempi di Cartesio, ma si concretizza
soprattutto nell'industria. Per Comte quindi, l'età scientifica è anche
conseguentemente l'età industriale, un tema che egli ha assorbito da Saint-Simon.
III
La nascita della sociologia - La politica diventa scienza
L'Amour pour principe,et l'Ordre pour base;le Progrès pour but.
Discours sur l'ensemble du positivisme, 1848
Come si è visto l'obiettivo di Comte è quello di arrivare alla realizzazione della sesta
scienza fondamentale, la fisica sociale, che, dopo la stesura della 47a lezione del
Cours de philosophie positive, prenderà il nome di «sociologia». Un neologismo
ibrido, derivato metà dal latino e metà dal greco, creato dallo stesso filosofo, che per
giusitificarne la creazione scrive:
Credo di dover azzardare fin da ora questo nuovo termine, esattamente equivalente alla
mia espressione [...] di fisica sociale, per poter designare con unico nome quella parte
complementare della filosofia naturale che si riferisce allo studio positivo dell'insieme
delle leggi fondamentali proprie dei fenomeni sociali125
Egli mira a realizzare una scienza che utilizzando la legge enciclopedica, ossia
l'intero sistema delle scienze, operi un'analisi approfondita del comportamento
umano, dei gruppi sociali, dei bisogni dell'uomo. Una scienza che presupponga tutte
125 Corso di filosofia positiva, cit., vol. I, p. 179, nota a. Sembra che questa esigenza di dare un nome diverso alla nuova scienza fosse stata in realtà dettata dal fatto che uno studioso belga di statistica sociale, Adolphe Quenet, aveva nel frattempo fatto proprio, con significati diversi, il termine «fisica sociale».
le altre scienze, delle quali non è altro che una specie di sintesi, che però le sovrasti
tutte, in quanto esse, le altre scienze, fondate solo sull'osservazione e la
sperimentazione, sono assolutizzate e non danno garanzie di ordinare tutto, in quanto
scienze quantitative e non scienze morali, scienze di cultura o scienze sociali.
Questa nuova disciplina deve assumere nel sistema del sapere una funzione
totalizzante, che deve inglobare tutti i saperi, che deve cercare di esercitare una
sovranità su tutte le altre scienze, che deve far prevalere lo spirito d'insieme, senza
impantanarsi nel particolare, senza disperdersi nell'irrisorio, senza alimentare lo
spirito di dettaglio.
Una scienza della società, quindi, in grado di spiegare l'evoluzione del genere umano
ed anche di predirne il corso futuro, su basi scientifiche e non attraverso la magia, la
teologia, lo spiritualismo puro, come avveniva in passato.
Questa esigenza di conoscenza deve però viaggiare di pari passo con la necessità di
formulare le condizioni idonee a garantire la stabilità sociale in ogni dato momento
storico.
Da qui la necessità di mettere insieme «ordine» e «progresso», di combinare
cambiamento e stabilità, di studiare approfonditamente le due branche della nuova
scienza, che naturalmente chiama «statica sociale» e «dinamica sociale».
La società umana deve essere studiata nella stessa maniera in cui si studiano le
scienze della natura, essendo anch'essa soggetta a delle leggi di base come tutti gli
altri elementi in natura, alle quali però vanno aggiunte ulteriori complessità.
La scienza naturale, dice Comte, è riuscita a stabilire la legittimità dei fenomeni
naturali ed ha scoperto che questi fenomeni, dalla caduta dei corpi al movimento dei
pianeti seguono un sviluppo sequenziale ordinato. Essa è riuscita, nel mondo della
natura, a ridurre progressivamente lo spazio a disposizione del casuale, del fortuito,
dell'accidentale.
Il nuovo obiettivo è quello di predisporre un analogo sforzo per un nuovo campo
d'azione: la società umana.
Un altro aspetto rilevante per Comte, cui si è fatto già cenno in precedenza, è che
questo studio della società umana deve avere come modello le scienze naturali non
solo nei metodi empirici e nei sostegni epistemologici, ma anche negli effetti, che
pertanto devono risultare «utili» per gli uomini.
Lungi dall'essere di esclusivo interesse teorico la scienza sociale, come le altre
scienze naturali, deve, sostanzialmente, apportare dei benefici concreti all'umanità e
giocare un ruolo rilevante nel miglioramento delle condizioni di vita dell'uomo.
Per trasformare a proprio vantaggio l'ambiente che lo circonda l'uomo deve essere in
grado di conoscere le leggi che lo governano, solo così sarà in grado di prevederle e
di modificarle a proprio vantaggio.
In tal modo, una volta stabilite le leggi di sviluppo dell'evoluzione umana ed
identificate e definite le basi per l'ordine sociale e la concordia civile, l'azione sociale
favorevole all'uomo potrà divenire possibile.
Credere, come è accaduto finora, che gli eventi sociali siano sottoposti al «disturbo
dell'intervento accidentale di un legislatore umano o divino», oppure che non seguano
leggi e siano arbitrari e fortuiti, non consente di prendere provvedimenti idonei a
migliorarne la sorte.
In una tale situazione gli uomini non possono che scontrarsi, gli uni contro gli altri,
nell'intento di perseguire i propri interessi individuali. Una specie di società di tipo
hobbesiano nella quale solo il potere da una parte e la sottomissione al potere
dall'altra consentono una parvenza di ordine, considerato appropriato e plausibile.
Ben diversamente andranno le cose, secondo il filosofo, allorché la sociologia sarà in
grado di insegnare agli uomini come riconoscere le leggi immutabili del «progresso»
e dell'«ordine» nelle faccende umane. Egli sostiene che non vi è nessuna possibilità di
ordine e di progresso, se non sottomettendo i fenomeni sociali, così come gli altri
fenomeni, alle leggi naturali che definiranno i limiti ed il carattere dell'azione sociale.
«Ordine» e «progresso» costituiscono, quindi, i due pilastri sui quali Comte intende
impostare tutto il suo sistema politico. A partire dal 1848 i due termini saranno scelti
anche come motto della nuova Société positiviste.
Tendere all'equilibrata combinazione di questi due elementi, ossia cercare un ordine
progressista, ma anche un progresso che sia una formazione continua dell'ordine, da
ottenersi cioè dall'ordine e non solamente nell'ordine, deve essere l'obiettivo della
politica positivista.
Nessun ordine reale può più stabilirsi, né soprattutto durare, se non è pienamente
compatibile con il progresso; nessun grande progresso potrebbe effettivamente
realizzarsi, se non tendesse in definitiva all'evidente consolidamento dell'ordine. [...]
Così, la politica positiva sarà soprattutto caratterizzata, nella pratica, dalla sua capacità
così spontanea a soddisfare questa semplice indicazione, che l'ordine e il progresso vi
appariranno direttamente i due aspetti necessariamente inseparabili di uno stesso
principio.126
Una società nella quale questi due concetti siano messi in contrapposizione, dove
esista un irriducibile antagonismo tra un partito che si rifà alla tradizione od alla
anacronistica restaurazione, ed un partito del movimento, rivoluzionario che vuol
pervenire con ogni metodo alla trasformazione sociale, corre gravi rischi, non è una
società che può svilupparsi e progredire pacificamente. «Caotica è la società in cui
modi di pensare contraddittori e idee ispirate a filosofie incompatibili si
giustappongono».127
L'ordine senza progresso rappresenta un rischio d'immobilismo in cui prevale lo
spirito retrogrado e reazionario che vuole conservare le situazioni esistenti, così come
il progresso senza l'ordine può portare all'imprudenza e all'avventurismo, al prevalere
dello spirito anarchico o rivoluzionario, alla sperimentazione fine a se stessa e
avventurosa, lasciando tutto alla fine in uno stato caotico e problematico, in una
situazione di generale insoddisfazione.
Nello stadio teologico l'«ordine» feudale-militare ha impedito, per lungo tempo il
«progresso», ossia lo sviluppo dell'uomo, che solo alla fine è stato possibile, grazie
soprattutto alla Riforma protestante e alla Rivoluzione francese.
Questi due fondamentali eventi sono però espressioni dello spirito metafisico, spirito
nel quale prevale la componente anarchica che crede di poter realizzare il
«progresso» senza l'«ordine».
126 op. cit., vol. I, p. 48127 R. Aron, Les Etapes de la pensée sociologique, (1967), (tr. it. Le tappe del pensiero sociogico, di A. Devizzi),
Mondadori, Milano, 1989, p.105
Due opposte situazioni, quella teologica e quella metafisica, entrambe negative, come
abbiamo visto, due tesi contrapposte, ugualmente false dal punto di vista teorico, che
però in pratica assumono un diverso valore per Comte. Non è difficile infatti capire
che egli attribuisce all'«ordine» conservatore delle virtù che egli è ben lungi dal
riconoscere al «progresso» rivoluzionario. Nei confronti dei rappresentanti del
pensiero anarchico e rivoluzionario e di Rousseau in particolare, egli ha spesso parole
molto dure.128 Egli dimostra, senza ombra di dubbio, di preferire l'età teologica all'età
metafisica, il cui carattere critico e distruttivo è stato un male storicamente
necessario, ma sempre un male. L'età teologica al contrario, per quanto superata, ha
rappresentato un modello nel complesso non disprezzabile, modello al quale la
nascente organizzazione positivista può ispirarsi per realizzare il suo sistema politico.
Nel Catéchisme positiviste sostiene che bisogna «obbligare l'avvenire a regolare tutto
ciò che aveva regolato il passato, ma con altro spirito e in modo più perfezionato»129
La concreta realizzazione di tale sistema potrà verificarsi solo attraverso
l'applicazione delle leggi fondamentali derivate dalla sociologia e dalle sue due
branche fondamentali: la «statica sociale» e la «dinamica sociale».
La «statica sociale» ha il compito di esaminare, con grande rigore metodologico, e di
descrivere, con la massima precisione possibile, i legami che nelle società uniscono
in ogni singola epoca storica, le idee, i costumi e le istituzioni civili dei popoli; queste
azioni e reazioni dei diversi elementi del corpo sociale vanno analizzate svincolate
dal movimento evolutivo al quale tutto il sistema è soggetto. Essa deve
sostanzialmente enumerare gli elementi della società, indicarne la loro importanza e
la loro funzione generale ed astratta, tenendo comunque presente che ogni relazione
definita, concreta fra questi elementi è comunque subordinata alla legge
dell'evoluzione sociale e quindi allo studio della «dinamica sociale».
Una speciale attenzione viene dedicata da Comte in questa fase di studio a tre aspetti
particolari: l'istinto altruistico, che egli pone alla base dell'etica; l'istinto della
famiglia che invece è la base delle istituzioni sociali; e infine la coscienza del dovere,
che, come si è già visto, egli antepone al diritto.
128 Corso di filosofia positiva, cit., vol.II, p. 143129 cit. in A. Zanfarino, op. cit., p. 203
Questi tre elementi messi insieme consentono a Comte di delineare una visione
dell'etica con forti connotati sociali, un'etica che deve essere diffusa e praticata nella
società positivista, che deve essere sviluppata fra i giovani mediante l'educazione
positivista, creando in essi un forte senso di «solidarietà», un sentimento che «collega
ognuno di noi all'esistenza dell'umanità considerata nell'insieme dei tempi e dei
luoghi».
La «dinamica sociale», a sua volta, ha come scopo quello di studiare il movimento
continuo delle società, di determinare la successione delle fasi della vita sociale che
definisce, successione che preannunzia la legge dell'evoluzione dell'umanità; essa ha
come obiettivo quello di dimostrare la connessione, nelle sue linee generali, di questa
legge evolutiva con la «legge dei tre stadi».
Scorrendo gli ultimi volumi del Cours de philosophie positive, vi troviamo una
grande quantità di analisi storico-sociali con le quali il filosofo cerca di comprovare
la validità di questa sua legge. In realtà egli non pensa veramente di poter fondare
tale validità sulle sole constatazioni empiriche, il suo scopo è quello di provarne la
logicità, di evidenziarne il carattere «inevitabile e indispensabile» insito nella natura
stessa dell'uomo. Le suddette analisi pertanto vogliono essere non tanto delle prove
dirette, quanto delle conferme di questa sua teoria, e proprio tale larga disponibilità di
conferme, tale fecondità sarebbe, per Comte, la prova dell'esistenza di un ordine, di
una «legge», appunto, che regola l'apparente caos dello sviluppo dell'umanità sia
nelle sue conoscenze, sia nelle sue istituzioni, sia nelle sue consuetudini.
Dopo la morte di Clotilde de Vaux, il binomio «Ordine e Progresso» si arricchisce di
un altro elemento: l'Amore, che diviene il «principio» guida di tutta la filosofia
comtiana, mentre l'«Ordine» continua ad essere il «mezzo» per pervenire allo scopo
finale il «Progresso».
Questo è per Comte: «il carattere fondamentale che il positivismo inaugura,
organizzando tutta la nostra esistenza, individuale e sociale, con una salda unione tra
il sentimento, la ragione e l'attività».130
Amore inteso come espressione morale della nostra natura, unica che «tende a far
130 Discorso sull'insieme del positivismo, cit. p. 713
immediatamente prevalere la socialità sull'individualità»,131 amore e non vaga, astratta
fraternità, evocata dallo spirito metafisico derivante dalla Rivoluzione francese,
amore come sentimento che tende ad accentuare il significato sempre più preminente
dell'eticità nella vita pubblica. Questa crescente importanza dell'etica nel sistema
politico positivo, viene confermata dalla elevazione di quest'ultima, negli ultimi anni
della vita di Comte, a settima scienza fondamentale.
Sociologia, quindi anche come fusione fra scienza ed etica, che si ponga come scopo
anche quello di analizzare i sentimenti umani, di educare le passioni sociali e di
ridisegnare la funzione etica e politica delle classi sociali.
Fin dalla prima giovinezza Comte aveva dimostrato di provare grande rispetto per i
proletari e di nutrire una sincera preoccupazione per le loro condizioni di vita. Già nel
1819, a soli ventun anni, scriveva all'amico Valat:
...questa classe di uomini laboriosi, franchi, degni di stima, che tutti e due amiamo, è
oppressa, indegnamente depredata dai suoi superiori. Che il frutto del suo lavoro le
spetti tutto intero; che essa cessi di alimentare il lusso infame e la bassa oziosità dei suoi
padroni. Che l'ordine sociale, fino ad ora organizzato a vantaggio di gente inutile, sia
interamente organizzato a vantaggio di gente utile; ecco, amico mio, un dovere per noi
che usciamo dalla classe degli oppressi e che possiamo contribuire un pò, con i nostri
lumi e con le nostre facoltà, ad effettuare questo grande cambiamento. [...] Siamo in
rapporto con gli uomini per lavorare al miglioramento della loro sorte.132
Migliorare le sorti dei proletari, rimettere in equilibrio questa situazione di grave
ingiustizia, una presa di coscienza delle esigenze del proletariato che anticipa di
trent'anni il Manifesto del partito comunista di Karl Marx e Friedrich Engels, e
che costituisce un obiettivo che potrà essere raggiunto grazie alla sociologia ed
all'affermazione dello spirito positivo.
Più avanti si vedrà come Comte pur condividendo le preoccupazioni del comunismo
nei confronti delle condizioni di vita del proletariato, ne combatta i metodi che esso
intende utilizzare per risolvere tali problemi, ed indichi, anziché nella lotta di classe,
131 op.cit. p. 609132 lettera a Valat del 24 settembre 1819, Correspondence générale et confessions, cit.
nell'affermazione dello spirito positivo la strada da percorrere. Tale soluzione infatti
permette di esaltare la dignità del proletariato in quanto prevede, il suo inserimento
fra le componenti del potere spirituale.
Un altro aspetto della vita sociale che per Comte richiede una rivalutazione è quello
relativo alla condizione femminile. La «destinazione sociale delle donne» nel regime
positivo viene affrontata con determinazione in tutte le sue ultime opere.
Nel Discours préliminaire sur l'ensemble du positivisme egli afferma:
Questo sesso è certamente superiore al nostro, per ciò che riguarda l'attributo più
fondamentale della specie umana, la tendenza a far prevalere la socialità sulla
individualità. Per questo titolo morale indipendente da ogni fine materiale, il sesso
femminile merita sempre la nostra tenera venerazione, come il tipo più puro e più
diretto dell'Umanità, che nessun emblema rappresenterà degnamente in forma
maschile133
Egli però non vede nell'emancipazione della donna il perseguimento di una
«uguaglianza dei sessi», considerata come una giustificazione teorica della
scostumatezza,134 bensì la valorizzazione di quelle qualità che il positivismo intende
promuovere e che, da sempre, fanno parte dello spirito femminile, quali l'altruismo, la
devozione, l'attaccamento alla famiglia, l'amore inteso come espressione di
sentimenti e non come pratica sessuale, il rispetto caritatevole verso i più deboli,
l'interesse nei confronti dell'educazione.
Le donne dispongono di una maggiore sensibilità che consente loro di meglio
percepire l'importanza dei diversi problemi sociali, hanno una moralità più accentuata
rispetto agli uomini e sono in grado di cogliere con maggiore prontezza i disagi e le
manchevolezze della società.
Le donne come elemento portante del sistema che consente l'auspicata «salda unione
tra il sentimento, la ragione e l'attività», destinate ad esercitare, nell'ambito delle
mura domestiche, una funzione sociale simile al «sacerdozio».
133 Discorso sull'insieme del positivismo, cit., p. 607134 J. Grange, op. cit. p.217
La vita familiare del resto rappresenta, nell'ambito della società positivista, il nucleo
centrale della vita sociale. «La sola vera felicità è quella che deriva soprattutto dalla
vita domestica».
Il ruolo della donna nella famiglia è determinante: per smussare i difetti degli uomini
(egoismo, orgoglio, ecc.); per seguire l'educazione dei figli; per organizzare quella
particolare forma di culto previsto dalla nuova religione dell'Umanità, il «culto
domestico». Esse ricoprono un ruolo specifico nella vita quotidiana che è quello di
mediatrici del Grande-Essere, un ruolo di sacerdotesse (prêtesses) dell'Umanità.
Questa funzione le pone al centro della vita familiare, dove svolgono un ruolo
«complementare» e non uguale a quello degli uomini. Esse sono inferiori all'uomo
nel campo temporale dominato dall'attività, ma superiori ad esso nel campo spirituale
dominato dall'affettività, dal sentimento, pertanto, con l'avvento del «regime
normale» positivista e la subordinazione della politica alla morale l'elemento affettivo
insito nella donna sarà l'ispiratore del potere spirituale e il regolatore del potere
temporale.
Le donne inoltre essendo naturalmente disposte all'altruismo ed alla generosità,
soprattutto nella loro veste di madri, devono rappresentare una difesa contro le
tendenze bellicose presenti nella società contemporanea, ed interponendosi fra gli
eserciti ed anche fra le classi devono rendere impossibili le guerre, le sommosse e le
rivoluzioni, una specie di «baluardo spontaneo dell'Ordine».135
Ruolo rilevante, quindi, che però resta confinato fra le pareti domestiche ed anche la
partecipazione al potere spirituale è delimitata all'interno della famiglia, ambito in cui
il grande sacerdote si riserva comunque d'intervenire alla luce del principio
positivista della soppressione della vita privata.
Questa assenza di partecipazione al potere temporale e quindi alle scelte politiche,
generalmente diffuso e che terminerà solo con l'ammissione delle donne al suffragio
universale, viene compensata con un forte riconoscimento del ruolo della donna nella
famiglia, che nel tempo, sia l'evoluzione dei costumi sia lo stesso diritto hanno
gradualmente confermato.
135 P. Arnaud, op. cit., p. 37
Per svolgere tali compiti e fare fronte a tali responsabilità le donne non devono essere
costrette ad andare a lavorare fuori di casa, la società deve prevedere al loro
sostentamento, «l'uomo deve nutrire la donna»136 e devono avere accesso ad una
educazione completa; cosa tutt'altro che scontata in un'epoca in cui l'educazione
borghese ed il codice civile relegavano le donne in una posizione di permanente
inferiorità rispetto agli uomini137.
IV
Dalla repubblica positiva alla repubblica universale
Le gouvernement y serait d'abord spirituel bien plus que temporel
Système de poltique positive, T. Ier, chap. IIeme, 1851
Comte si è sempre professato fervente repubblicano, e secondo lui la repubblica
rappresenta l'unica forma istituzionale possibile per arrivare al «regime normale»,
ossia alla società positivista che porrà fine alla «crisi occidentale».
Repubblica quindi, ma non repubblica parlamentare, in quanto Comte non considera
necessario passare attraverso il suffragio universale e la rappresentanza politica; anzi
egli ritiene illusoria e mistificatrice l'idea di uguaglianza, che considera inefficace ai
fini di una reale equità sociale. Egli arriva ad auspicare che la parola égalité venga
eliminata dal motto nazionale ritenendo le altre due: liberté e fraternité sufficienti
allo scopo.138 Questo non significa che egli, rifiutando questi strumenti "democratici",
sia favorevole al potere di un solo individuo o che auspichi il governo di una
minoranza, di una casta, ed il suo atteggiamento nei confronti del «diritto» di voto è
coerente con l'idea, già evidenziata precedentemente, di non ammettere diritti, ma
solo doveri.
Il suo percorso filosofico esce dagli schemi consueti e cerca di arrivare alla
definizione di una forma nuova di potere con la quale affrontare i problemi più
136 Discorso sull'insieme del positivismo, cit. p. 764137 Negli anni '70 del XX secolo, in piena «rivoluzione femminista», il punto di vista di Auguste Comte sul ruolo della
donna nella società venne aspramente criticato e definito, forse un pò troppo sbrigativamente, «aberrante». vds. Sarah Kofman, Aberrations, le devenir femme in Auguste Comte, Flammarion, Parigi, 1978
138 Discorso sull'insieme del positivismo, cit. p.768
importanti quali l'integrazione sociale del proletariato nel sistema industriale e la pace
internazionale, rifiutandosi di utilizzare lo strumento parlamentare.
1. Il rifiuto del parlamentarismo
Le motivazioni che secondo Comte giustificano tale rifiuto sono di tre ordini.
Innanzi tutto egli, osservando la pratica politica quotidiana, è arrivato a ritenere il
parlamentarismo un regime di intrigo e corruzione. Le aule parlamentari sono il
campo d'azione di letterati, giuristi e professionisti della politica, che non hanno alcun
legame con il popolo, che ignorano le difficoltà sociali, che hanno scarse conoscenze
politiche e che sono estranei al problema dell'industria. Il loro unico scopo è quello di
ricostruire una casta di notabili e le loro decisioni prese a nome di tutti sono spesso
guidate esclusivamente dalla loro ambizione personale.
In secondo luogo egli sente la necessità di differenziare la sua visione politica da
quella liberale del suo tempo, che invece è favorevole al sistema parlamentare.
Secondo il filosofo la visione liberale in realtà tende a realizzare un governo di
notabili ed a nascondere la corruzione parlamentare dietro la maschera del
costituzionalismo.
La libertà eccessiva, l'esternazione dell'egoismo individuale, la combinazione degli
individualismi non hanno mai portato ad un sistema che garantisca una politica giusta
ed una vita sociale equa.
Questi borghesi139, sostenitori delle Restaurazioni, propugnatori delle Carte
costituzionali, impastati di rispettabilità e di moderazione, si differenziano molto
dalla visione della vita di Comte, caratterizzata dall'impegno totale, dalla passione in
filosofia ed in politica e dal rifiuto dell'opportunismo e della conciliazione.
Egli è anche fortemente critico nei confronti della filosofia borghese dell'arricchitevi
con il lavoro ed il risparmio ed arriva a dire:
il cieco comportamento delle classi medie ha involontariamente associato i proletari a
questa politica corruttrice, facendo loro ritenere positiva l'universale imitazione delle
abitudini di risparmio che convengono solo ad esse.140
139 Comte usa raramente il termine borghesia, preferisce di solito «classe intermedia».140 Discorso sull'insieme del positivismo, cit. p. 592 (la traduzione riportata è però personale in quanto quella di A.
Negri risulta non esattamente rispondente al testo originale)
Il sistema per migliorare le condizioni di vita della classe più numerosa e più povera
non è quello di invitarla ad arricchirsi; il progresso non consiste nel miglioramento
delle condizioni materiali - eccezion fatta per coloro che non possono godere di
condizioni di vita considerate decenti - bensì nella cura delle condizioni morali che
devono ispirarsi alla virtù romana ed alla carità cristiana.
Questa presa di distanza dal liberalismo è ritenuta necessaria in quanto, malgrado le
differenze fondamentali, tra positivismo e liberalismo vi sono anche delle contiguità
che possono indurre in errore. Infatti entrambi hanno in comune l'idea di governo
come espressione della società, pur differenziandosi nelle modalità da scegliere per
arrivare a tale espressione, che per i liberali va ricercata, appunto, nella
rappresentanza e nel suffragio censitario, mentre il positivismo si affida ad una più
generica forma di opinione pubblica. Altri aspetti comuni sono il ruolo rilevante
affidato alla storia, l'importanza attribuita alla necessità di uno sviluppo crescente
dell'educazione, la convinzione dell'esigenza di arrivare alla creazione di un potere
spirituale laico.
L'ultimo motivo che induce Comte a rifiutare il parlamentarismo è quello più
importante in quanto è relativo a delle ragioni filosofiche fondamentali.
La solidarietà non può essere il frutto di un mero conto utilitaristico, l'interesse per la
cosa pubblica non può essere ottenuto, conseguentemente, sommando delle decisioni
individuali. Le persone normali sono prese dai sentimenti, dagli affetti, dagli interessi
individuali ed i loro giudizi non sempre possono essere lucidi e distaccati. Solo alcuni
individui dotati di rare qualità ed in possesso di un elevato livello d'istruzione e di
altissimo senso morale sono i soli in grado di capire istantaneamente qual'è l'interesse
collettivo e di lavorare per realizzarlo.
Per Comte «il principale carattere del regime finale dell'Umanità» consiste proprio
nella forza morale che viene espressa da «l'opinione pubblica». Essa è preziosa in
quanto rappresenta l'unico «giudice naturale» dell'ordine morale ed il «principale
regolatore» dell'ordine politico.
Protagonisti principali di questa opinione pubblica sono essenzialmente quei proletari
e quelle donne che egli esclude dal potere temporale, affidando loro, però, un
mandato più elevato, quello della forza morale il cui uso deve ispirarsi ad «una
comunione sistematica dei principi universali».
Questa «opinione pubblica» verrà via via formandosi nelle riunioni pubbliche, nei
clubs, ed anche tramite «l'alto insegnamento» dei filosofi-sacerdoti, ma mai
attraverso la stampa periodica, nei confronti della quale Comte manifesta in ogni
occasione una sfiducia ostile.141
2. La dittatura repubblicana
La soluzione politica necessaria per arrivare alla «transizione finale» prospettata da
Comte è una specie di «dittatura repubblicana».
La fase «critica» che ha portato alla Rivoluzione francese, ha anche consentito lo
sviluppo graduale della civilizzazione industriale, la quale però si è insediata
«empiricamente», rimpiazzando quella militare ed imponendosi socialmente ed
economicamente senza però acquisire il potere politico.
Questo cambiamento ha comportato la graduale espulsione dal tessuto sociale degli
sfaccendati (già Saint-Simon invitava a «cacciare i calabroni e chiamare le api» 142)
mentre è diventato sempre più importante il ruolo dei lavoratori (manuali ed
intellettuali). Il lavoro quindi come motore della nuova società che risulterà così
formata da un solo popolo di lavoratori. Questo non vuol dire però una società senza
classi e senza capi, in quanto ogni corpo ha una testa, il governo di tutti su tutto è
impossibile.
La soluzione più razionale, quindi è quella di affidare l'amministrazione ed il governo
delle cose temporali, ai capi principali delle imprese industriali.143
Con questo termine generico Comte si riferisce in particolare ai banchieri, che
secondo lui, sono «i veri generali dell'industria moderna» e pertanto è a loro che deve
essere affidata «la supremazia temporale dell'Occidente».144
Questa scelta lascia intendere che egli aveva già colto l'importante ruolo che il credito
141 vds. Discorso sull'insieme del positivismo, cit. p.609 ss142 cit. in J. Grange, op. cit., p.69143 Discorso sull'insieme del positivismo, cit. p.598144 lettera a M. Deullin del 6 gennaio 1852, in Corresponance générale et confessions, cit. t.VI
era chiamato a svolgere nella vita delle società industriali, e con essa intende
realizzare una sorta di «plutocrazia», termine che però egli non utilizza mai,
temperata dalla presenza del potere spirituale. Per questa nuova forma istituzionale
egli conia il termine «sociocrazia», per sottolineare che il solo potere legittimo
appartiene, indivisibilmente, alla società nel suo insieme e che nessuna classe,
nessuna categoria può pretendere di arrogarsi separatamente una parte di sovranità.
Questi capi temporali, ai quali Comte attribuisce il nome di «dittatori sociocratici» ed
i cui compiti effettivi verranno illustrati più avanti, pur disponendo delle necessarie
capacità tecniche, mancano della «visione elevata, del sentimento», sono affetti
ancora da pericolose forme di egoismo e «desiderio di ricchezze», pertanto non sono
affidabili come funzionari al pubblico servizio. Essi non sono l'emanazione dell'intero
corpo sociale, ma costituiscono una categoria che naturalmente tenderebbe a
rimpiazzare la vecchia aristocrazia.
Questo comporta, in attesa di una maturazione politica e di una «educazione sociale»,
che agli industriali vengano affidate mansioni subordinate, mentre il potere
«centrale» dovrà essere affidato nelle mani di alcuni «degni proletari» che,
unitamente ai filosofi, svolgeranno il ruolo di «dittatori repubblicani».
Due diversi tipi di dittatura quindi, una attinente all'ordine temporale, quella
sociocratica, e una relativa all'ordine spirituale, quella repubblicana.145 Un tentativo di
conciliare Dittatura e Libertà nel quale Comte vede la sola garanzia per l'affermarsi
dell'Ordine e del Progresso.
3. L'Europa delle regioni - La repubblica universale.
Il disegno politico di Comte non si limita al panorama francese, ma si estende, con un
ampliamento graduale, verso una visione più vasta della società che porta a
modificare la concezione stessa di Stato.
Egli vede nello Stato moderno una organizzazione giuridico-amministrativa e militare
efficace, una tappa necessaria attraverso la quale tutti i popoli devono passare, ma che
non rappresenta lo sbocco finale, una «figura politica essenziale, ma transitoria».146
145 op. cit., p. 599146 J. Grange, op. cit., p. 70
In esso vi è qualcosa di destinato ad un progressivo indebolimento in favore di una
nuova entità politica «l'Europa delle regioni». Questa, a sua volta, non costituisce che
una tappa verso la società delle nazioni, la «repubblica universale».147
Questa eliminazione degli stati nazionali non va vista come qualcosa di
rivoluzionario, cosa che del resto non rientra nelle concezioni di Comte, ma come una
evoluzione naturale, conseguente allo sviluppo positivo delle diverse comunità
sociali, e che fa tesoro delle acquisizioni istituzionali precedenti e dell'esperienza
politica accumulata da esse, il tutto allo scopo di arrivare ad un obiettivo più elevato,
più ambizioso e con l'intento di dare una dimensione più concreta alla politica. La
Patria non sarà più nazionale, ma regionale; l'insieme delle regioni, intese in senso
temporale, sarà unita da un unico spirito, il potere spirituale. Nascerà una nuova
forma istituzionale «la sociocrazia finale»148 nella quale il concetto di «solidarietà»
sarà ancora più esteso, e l'idea di «cittadinanza» avrà una dimensione meno formale,
meno astratta, e legata soprattutto all'aspetto «morale».
La Francia e l'Italia dovranno essere le prime a prendere la strada verso l'Europa, in
quanto considerate in possesso delle caratteristiche necessarie per promuovere la
«transizione finale tra Patria e Umanità».149 La città di Parigi sarà destinata a diventare
la «metropoli» spirituale e culturale dell'Europa e del mondo, mentre la lingua
italiana potrebbe, «in virtù della sua preminenza poetica e musicale»,150 essere scelta
come lingua comune europea.
V
Il sistema industriale come via verso la pace
Le mouvement industriel tel que l'interprète Comte n'est pas definì d'abord par le developpement des forces productives
ou l'emploi des machines mais par la substitution du travail (ou action sur la nature) à la guerre comme activité prédominante[...]
R.Aron, La société industrielle et la guerre, 1959
147 Système de politique positive, cit., t. IV, p. 355148 op. cit., t. III, p. 363149 Appel aux conservateurs, cit. p. 25150 Système de politique positive, cit., t. IV, p. 482
1. La transizione dal sistema militare al sistema industriale
Auguste Comte, come molti altri pensatori nella prima metà del XIX secolo, ritiene il
lavoro e lo sviluppo industriale come i tratti salienti della modernità e del progresso,
più importanti ancora dell'idea di Stato, delle teorie del contratto sociale o
dell'individualismo delle tesi liberali. Il lavoro è ormai l'attività più rilevante, quella
che interessa la maggior parte degli uomini e soprattutto consente di conquistare la
ricchezza, il prestigio e, di conseguenza, il potere.
La vera classe dirigente è ormai composta in prevalenza da banchieri, industriali,
ingegneri, scienziati, mentre l'aristocrazia ha via via perso il suo ruolo di predominio.
Lo sviluppo industriale però non è, secondo Comte, solo il risultato dell'incremento
delle forze produttive o dell'impiego delle macchine, ma è innanzi tutto dovuto al
ruolo assunto dal lavoro che ha sostituito la guerra come attività predominante 151 ed il
progressivo cambiamento della vita politica è passato attraverso «un secolare
processo di trasformazione dell'organismo collettivo da una economia di tipo militare
ad una economia di tipo prevalentemente industriale».152
Il movimento industriale si è sviluppato soprattutto grazie ad una «spinta coesiva
dello spirito militare»153 che per prima ha posto le condizioni per la divisione del
lavoro, e costituisce la «principale base necessaria del grande movimento di
ricomposizione elementare che ha sin qui caratterizzato la società moderna».154
La graduale trasformazione dei costumi militari e la loro progressiva decadenza, ha
portato a concentrare in una «minoranza specializzata» lo «spirito militare» ed a
liberare le classi laboriose destinandole verso le attività industriali.
Decadenza provocata, secondo Comte dallo stesso progresso scientifico, infatti:
...quali che siano [...] gli incontestabili ed eminenti servizi che, in epoca moderna, la
filosofia naturale ha reso all'arte della guerra, lo spirito scientifico [...] è naturalmente
incompatibile con lo spirito militare.155
151 R. Aron, La société industrielle et la guerre, Plon, Parigi, 1959, p.12152 D. Fisichella, op. cit., p.128153 ibidem154 Cours de philosophie positive, cit., t. VI, p. 19155 op. cit., IV t., p. 382-3
Incompatibilità dovuta anche all'incapacità dei «guerrieri più autentici» di cogliere
l'importanza di un graduale adattamento dell'arte militare alle prescrizioni della
scienza.
Di pari passo con la decadenza dello «spirito militare» si assiste ad un potenziamento
della produzione e ad una «tendenza progressiva ad economizzare gli sforzi umani,
sempre più rimpiazzati con forze esterne»,156 ossia ad una crescente adozione delle
macchine ed al conseguente miglioramento delle condizioni materiali dell'attività
produttiva.
Tale crescente meccanizzazione costituisce «l'aspetto più filosofico dell'industria,
concettualmente destinata, sotto l'ispirazione della scienza, a sviluppare l'azione
razionale dell'umanità sul mondo esterno»157 e rappresenta l'origine dello straordinario
sviluppo dell'industria nell'epoca moderna.
Sviluppo che consente di produrre di più con meno sforzo, che comporta
l'internazionalizzazione degli scambi, che produce l'elevata specializzazione derivata
dal progresso tecnico e che è destinata a svolgere un ruolo fondamentale nell'opera di
ricostruzione e di riorganizzazione della società civile.
2. Il pacifismo come aspetto fondamentale della società industriale
La contrapposizione fra civiltà militare e civiltà del lavoro, fra lo spirito di conquista
e lo spirito industriale è, per Comte, un retaggio della storia. Inizialmente il lavoro era
subordinato alla guerra, lo schiavo o il servo erano sottomessi al guerriero. Poi nel
tempo la guerra è stata gradualmente sottomessa al lavoro ed all'industria;
quest'ultima, sviluppatasi all'inizio spontaneamente grazie soprattutto a delle
occasionali coincidenze ed a delle fortunate combinazioni fra diversi vecchi poteri,
nel tempo è stata valorizzata in quanto «mezzo indispensabile della supremazia
militare»158 ed infine è stata innalzata a «scopo permanente della politica europea che
pertanto ha messo la guerra al suo diretto servizio».159
La fase della industria al servizio della guerra e la fase della guerra al servizio
156 Cours de philosophie positive, cit., t. V, p.248157 op.cit., t. VI, p. 175158 R. Aron, La société industrielle et la guerre, cit. p.11159 Cours de philosophie positive, cit., t. VI, p.80
dell'industria sono, secondo Comte, fasi «transitorie» che porteranno nel «regime
finale» alla fase definitiva, cioè quella della pace al servizio dell'industria. Il fatto di
considerare la fase della guerra al servizio dell'industria come transitoria e non, come
sostiene la teoria marxista dell'imperialismo, una fase costante ed inevitabile, almeno
fintanto che il capitalismo non verrà abbattuto per realizzare la società comunista
deve attribuirsi, secondo Aron160, alla visione che lo stesso Comte ha dell'industria e
dello spirito industriale. Egli infatti non attribuisce al termine industria il senso
generalmente utilizzato di attività lavorativa alternativa all'agricoltura o al
commercio. L'industria è qualcosa di più esteso che ingloba, oltre ai mezzi di
produzione, alle fabbriche ed alle officine, anche l'agricoltura il commercio, il
credito. La cosa che la definisce è soprattutto il «lavoro regolare e libero».161
La solidarietà industriale è «necessariamente fondata sull'emancipazione universale»162
e produce la possibilità da parte di ognuno di dedicarsi ad una attività lavorativa,
secondo le sue attitudini e le sue inclinazioni, e comporta la soppressione del regime
delle classi e la scomparsa della trasmissione ereditaria delle professioni.
L'«aberrazione» della guerra, secondo una visione che Aron definisce di «ottimismo
intemerato»163, non è più compatibile con «l'istinto caratteristico della socievolezza
moderna» e Comte si rifiuta di considerare che, una volta pervenuti alla «vera
riorganizzazione intellettuale», sia ancora possibile scatenare nuove «guerre generali
interamente incompatibili con le più tenaci disposizioni di tutte le popolazioni
civilizzate».164
Questo suo rifiuto di considerare impossibile per il futuro il ripetersi di questo
fenomeno che aveva caratterizzato le epoche precedenti, va visto alla luce di due idee
che caratterizzano, in qualche modo, la sua visione della storia: la già citata
convinzione della radicale opposizione tra spirito militare e spirito industriale e la
persuasione che i fenomeni contrari allo spirito generale dell'epoca positiva siano
destinati scomparire. Egli infatti non ammette, non considera logico il caso di una
160 R. Aron, La société industrielle et la guerre, cit. p.11161 op. cit., p.12162 Cours de philosophie positive, cit., t. VI, p. 71163 R. Aron, La société industrielle et la guerre, cit. p.14164 Cours de philosophie positive, cit., t. VI, p.238
società che possa pensare follemente di autodistruggersi, non accetta l'ipotesi di far
ricorso ad un fenomeno dalle conseguenze estreme come la guerra, quando ciò ha
perso ogni utilità. L'ipotesi che la pace diventerà permanente, secondo lui, non ha
alternative, e la nuova scienza politica dovrà avere come scopo la ricerca della pace.
Lo spirito positivo o scientifico e la violenza non possono convivere, si escludono a
vicenda, così come il sistema industriale non si concilia con le guerre, con i conflitti
e, pur avendo come scopo quello di estendersi a tutto il pianeta, dovrà utilizzare per
imporsi dei mezzi diversi da quelli utilizzati dal colonialismo o dall'imperialismo.
3. Il ruolo civilizzatore dei valori militari
Nonostante l'opposizione fra spirito militare e spirito industriale e l'incompatibilità fra
guerra e industria, Comte ritiene necessario non disperdere quei valori rappresentati
dalle «antiche virtù militari», che devono entrare a fare parte della nuova solidarietà.
Il cameratismo, il coraggio, lo spirito di sacrificio, il senso del dovere, la disciplina, la
dedizione ad una causa comune sono gli aspetti positivi dello spirito militare e questi
vanno utilizzati, valorizzati ed integrati nel sistema pacifico,165 anche per contrastare la
tendenza all'individualismo ed all'egoismo delle classi intermedie, dei capi
d'industria, dei commercianti.
Questa nuova solidarietà non dovrà più derivare dalla necessità di difendersi, di
proteggersi dall'aggressione di altri popoli, dalla «pressione dall'esterno», e neppure
dall'identificarsi in una razza, in una nazione, in una religione, ma piuttosto
dall'adesione all'idea positiva di un mondo comune, la Terra, e dal sentimento di
appartenenza ad un «popolo unico», L'Umanità, ed alla sua storia.
VI
L'industria ed il problema de «l'incorporazione sociale» del proletariato
...c'est l'apparition inevitable et sans doute prochainedes masses prolétaires sur la scène politque, où elles
n'ont encore été que des instruments, et où leur introduction personelle changera nécessariament toute la physonomie des luttes actuales.
Lettre à John Stuart Mill, 17 janvier 1842
165 Système de politique positive, cit., t. III, p.57 ss.
L'affermarsi progressivo del sistema industriale ha comportato, come conseguenza, lo
svilupparsi di un nuovo, rilevante fenomeno sociale, quello delle masse proletarie,
dovuto all'afflusso verso i centri urbani degli uomini che, a causa dell'aumento
continuo della popolazione, non trovavano più lavoro nelle campagne, ed alla loro
concentrazione nelle fabbriche e nei sobborghi. Questo ha provocato la nascita di un
«antagonismo», di una opposizione aperta o latente fra la classe lavoratrice e la classe
imprenditoriale, destinato a rappresentare, in avvenire, uno dei punti cruciali della
vita politica e sociale.
Secondo Comte, invece, questo aspetto è destinato ad assumere un ruolo secondario
in quanto esso è dovuto esclusivamente all'attuale cattiva organizzazione della società
industriale, alla «mancanza di un impulso che sia abbastanza generale da coordinare
il tutto senza turbare nulla, [...]. La vera soluzione sarà possibile solo quando sarà
istituita la coesione civica»166 ed il proletariato avrà trovato il suo ruolo sociale e
politico.
1. Il nuovo ruolo del proletariato
Comte ritiene che lo sviluppo industriale crescente e l'ingresso sulla scena politica
delle masse proletarie, devono portare ad una riflessione sulle nuove forme del potere
e della proprietà. Il problema posto dalla politica positiva non è quello di mettere in
discussione i titolari del potere, ma di ridiscutere «ciò che concerne il suo fine ed il
suo esercizio». Questo processo di «rigenerazone sociale» è fortemente temuto sia
dalle «classi intermedie», sia dalle «classi superiori» che si accorderanno per cercare
di «prolungare, nei limiti del possibile, sotto nuove forme, anche repubblicane», il
regime retrogrado tuttora in atto. Un sistema «vergognoso» che comporta da una
parte la «rispettosa soggezione delle masse», mentre dall'altra parte non viene
prescritto nei confronti dei capi «nessun dovere rigoroso».167
Solo con l'avvento del positivismo avremo quell'«impulso rigeneratore» che darà ai
proletari la possibilità di assumere un ruolo primario, quello di «elementi ausiliari
decisivi dei nuovi filosofi». Per Comte infatti ogni proletario costituisce «un filosofo
166 op. cit., t. III, p.364167 Discorso sull'insieme del positivismo, cit., p. 530 ss.
spontaneo», mentre ogni filosofo «rappresenta, sotto aspetti diversi, un proletario
sistematico».168
Tale spontaneità filosofica dei proletari la troviamo sia nel loro naturale
atteggiamento di amore e di rispetto verso la Famiglia e la Patria, due pilastri del
sistema positivo, ma anche nella «omogeneità naturale della loro esistenza sociale»,
che va oltre le diversità nazionali e li spinge verso l'idea di Umanità. Quello che per il
marxismo è l'internazionalismo proletario, per Comte rappresenta una naturale
predisposizione verso l'universalismo spirituale della religione dell'Umanità, unita ad
una corrispondente attitudine a regolare di conseguenza la moralità sia pubblica, sia
privata. Nei proletari è possibile trovare quella necessaria connessione fra «disciplina
e consacrazione», difficilmente reperibile in altre classi sociali, che lega la felicità al
progresso sociale.
Egli li ritiene anche in grado, più dei loro capi, tanto spirituali che temporali, di
sviluppare quella forma di cultura, che definisce «simpatica», che consente loro, con
l'indispensabile contributo della presenza femminile, di riconoscere «i vantaggi della
sottomissione e di una degna irresponsabilità, sole garanzie del pieno sviluppo
domestico»,169 e quindi di accettare, rispettare ed anche assecondare le leggi naturali
della concentrazione del comando e della ricchezza, in nome della loro efficacia
sociale.
Sarà compito dei «veri filosofi» convincere questi «degni proletari» di quanto sia
importante rinunciare all'uso della violenza nel cercare di ottenere miglioramenti di
carattere materiale, in quanto la violenza è solo lo strumento di «ambizioni viziose».
Ogni tentativo di ricorso alla forza va contro la concezione pacifica del regime
positivista.
Questo non significa che si debba rinunciare alla civile protesta o allo sciopero,
purché non degenerino in una prova di forza,170 ma solo la «moderazione popolare»,
una volta raggiunto lo «stato normale», consentirà di elaborare più facilmente quel
«progresso mentale e morale» che non potrebbe essere raggiunto senza «la calma
168 op. cit., p. 532169 Appel aux conservateurs, cit. in P. Arnaud, op. cit., p.214170 Catéchisme positiviste, decima conversazione.
politica».
Un tale obiettivo non sarà raggiungibile senza la fattiva collaborazione (concours) dei
«comunisti proletari».
2. Positivismo e comunismo
Affinché il proletariato possa assumere il ruolo rilevante che gli viene destinato nel
regime positivo è necessario correggere le sue opinioni, turbate da «l'anarchia dei
ricchi» e orientate verso soluzioni sommarie e senza futuro, che Comte chiama
«utopia regolamentare del comunismo».
Egli riconosce a questa utopia, da non confondere con altre «numerose aberrazioni»
che fanno «esplodere la nostra anarchia spirituale, chiamando alle più difficili
speculazioni spiriti incapaci e mal preparati», un ruolo di guardiano dello spirito
rivoluzionario, «prodotto accessorio di una situazione eccezionale»,171 ed afferma:
Per rendere giustizia al comunismo, si debbono soprattutto apprezzare i nobili
sentimenti che lo caratterizzano e non le vane teorie che servono loro da organi
provvisori, in un ambiente in cui non possono ancora formularsi altrimenti.172
Questi aspetti apprezzabili tuttavia vengono offuscati dalla visione prettamente
materiale del problema, dal considerare la solidarietà sociale unicamente nel campo
temporale ed economico, quello cioè della suddivisione dei beni materiali e della
proprietà.
Invece la vera solidarietà sociale è quella in grado di rimpiazzare la carità cristiana o
l'egoismo individualista moderno, indicando per ognuno un «dovere» nei confronti
del corpo sociale solidale, e trasformando ogni cittadino in una sorta di «funzionario
pubblico».
Il problema da risolvere non è solo quello della ingiusta ripartizione della ricchezza,
pertanto oltre ad una nuova legislazione sulla proprietà è necessario predisporre
anche una legislazione che si preoccupi del diritto alla cultura, all'espressione, alla
171 Discorso sull'insieme del positivismo, cit., p. 553172 ibidem
partecipazione.
Comte pur non condividendo la collettivizzazione dei beni, ritiene necessario che a
tutti venga garantita una proprietà materiale minima, in modo che nessun proletario
sia più costretto a vivere nella precarietà o nell'estrema povertà. Tutti devono avere
un tetto, disporre di una casa di proprietà, possedere gli oggetti di uso quotidiano e
godere di un reddito minimo.
Nel Système de politique positive egli sviluppa una teoria della proprietà molto
complessa e coerente con la sua teoria politica. L'Umanità nel corso della sua storia
ha compiuto un processo di autotrasformazione legato a vari strumenti quali: il
linguaggio, la cultura, l'industria e la proprietà individuale. Sopprimere la proprietà
sarebbe come infrangere una delle basi del funzionamento della società.
L'appartenenza ad una società particolare è anche incorporarsi nel suo spazio con la
proprietà di un luogo, di un'abitazione in una città, così come ci si assimila con l'uso
della lingua, con l'acquisizione della cultura.
I due ostacoli più pericolosi da evitare, secondo Comte, sono il collettivismo e
l'egoismo individuale, il centralismo e la dispersione, mentre si deve tendere alla
«separazione» ed al «concorso», intendendo per separazione ciò che concerne il
possesso dei beni materiali e per concorso tutto ciò che riguarda la cultura, le idee, le
credenze, le convinzioni.
La società è un sistema complesso con delle componenti assolutamente necessarie
quali: l'industria, la Famiglia, la Religione, la Patria, che non possono essere
soppresse.
I comunisti invece hanno la tendenza a comprimere ogni individualità, sono portati a
proporre un centralismo politico pericoloso, violento utopico. Il loro errore più
grande è quello di proporre di rendere comuni i beni materiali, senza prevedere
nessuna condivisione o solidarietà spirituale.
Tuttavia la difesa dell'idea di proprietà, da parte di Comte, non è comunque assoluta,
infatti egli è critico nei confronti dell'ideologia del piccolo proprietario, de «l'anarchia
rurale», e condanna la miriade di piccoli proprietari distinti, autarchici ed egoisti che
trasformano la società in un eterogeneo mosaico senza senso. Nessun ordine può
emergere da una serie di decisioni individuali o dalla conservazione di unità chiuse.
Solo l'organizzazione generale di una politica industriale in grado di includere il
mondo rurale consentirà di sopprimere ogni concezione troppo anarchica o
conservatrice della vita regionale.173
Comte è inoltre convinto che non appena i proletari si renderanno conto che il nuovo
regime positivo offre «una migliore espressione delle loro legittime aspirazioni» non
esiteranno a preferirlo, ad usufruire delle «nozioni chiare e reali suscettibili di una
efficacia pacifica» che vengono loro offerte, rifiutando di continuare a credere in
«vaghe e confuse chimere, delle quali l'istinto proletario avvertirà immediatamente la
tendenza anarchica».
Ma fintanto che non vi saranno le condizioni idonee affinché ciò avvenga, essi
«debbono aderire al comunismo, come al solo organo che possa, oggi, porre e
mantenere in piedi, con irresistibile energia, il problema più fondamentale».
Infatti tale problema, fintanto che esiste l'attuale «confusione rivoluzionaria tra i due
poteri, spirituale e temporale», non ammette altra soluzione se non quella prospettata
dal comunismo. La sola strada per preservare la società occidentale dal pericolo
comunista e dalle sue confuse utopie è quella indicata da positivismo; infatti solo «il
partito costruttore può, oggi, soddisfare i poveri, rassicurando i ricchi».174
In sintesi Comte contrappone alla teoria marxista della lotta di classe una teoria del
consenso. In entrambi i casi si tratta di riorganizzare, di ricostruire la società su nuove
basi, ma mentre i marxisti intendono fare "tabula rasa" del passato e mettere fine alla
«preistoria», il positivismo promuove la storia del passato umano, alleggerendola
solamente di ogni concezione assoluta. Comte rimprovera ai comunisti la «completa
irrazionalità» di voler instaurare una società assolutamente razionale, mentre l'unico
obiettivo ragionevole e soddisfacente è quello di arrivare a realizzare una società in
cui tutto ciò che è ragionevole sia soddisfatto.
Le stesse idee di solidarietà e di fraternità assumono una connotazione negativa se
vengono spinte all'eccesso, a discapito dell'individualismo. Per Comte nulla può
essere imposto dall'esterno (du dehors), tanto meno la fraternità o l'ubbidienza, ma
173 Système de politique positive, cit., t. IV, p. 476174 Discorso sull'insieme del positivismo, cit., p. 553 ss.
tendenze naturali della sfera dei sentimenti, come «l'altruismo», vanno invece
incoraggiate e sviluppate attraverso l'educazione.
La parola «altruismo» viene coniata proprio da Comte, in opposizione «simmetrica e
complementare»,175 all'egoismo, con l'intento di evidenziare i tre «istinti simpatici»,
come li definisce egli stesso: attaccamento, venerazione e bontà, che devono essere
saggiamente incrementati attraverso l'educazione.
3. L'apertura ai conservatori
Il tentativo di coinvolgimento diretto del proletariato e dei suoi capi (Barbès, Blanc,
ecc.), da parte di Comte, nel progetto di realizzazione del «partito costruttore» non
riscuote un grande successo. I proletari che aderiscono alla Société positiviste, sono in
realtà molto pochi; essi restano infatuati dai «rossi» e questo porta il filosofo a
considerarli non più «dei possibili ausiliari, bensì dei nemici da combattere»176, ed il
solo baluardo rimasto per portare avanti questa battaglia egli lo vede nel partito
conservatore e ciò lo spinge a cercare paradossalmente «nella massa dei conservatori
o retrogradi il vero centro del positivismo».177
La nuova iniziativa viene attuata prima mediante alcune interessanti lettere inviate ad
alcuni importanti uomini politici, o sovrani,178 e successivamente attraverso un opera
apposita, l'Appel aux conservateurs, pubblicata nel 1855.
Nella prima lettera, indirizzata al Sen. Veiellard, Comte cerca di porre le basi teoriche
di questo suo nuovo orientamento e sostiene:
nello scomporre i diversi partiti attuali, per assorbirli nel vero partito costruttore, il
positivismo deve ugualmente riunire tutti i degni conservatori che non sono
essenzialmente retrogradi e tutti i rivoluzionari onesti che non sono radicalmente
anarchici, [...] pertanto una vera riorganizzazione esige che si abbandonino tutte le
vecchie dottrine, che per impotenza o per pericolosità hanno generato l'anarchia attuale.
175 L.L. Grateloup, La doctrine d'Auguste Comte: le positivisme, in AA. VV., Auguste Comte Qui êtes-vous?, cit., p115176 P. Arnaud, op. cit., p.282177 cit. in P. Arnaud, op. cit., p.283178 il 14 gennaio 1852 scrive al Sen. Vieillard, vds. Système de politique positive, t. II, Appendice de la prèface, nel
dicembre dello stesso anno scrive allo Zar Nicola I ed a Rachid-Pacha, Gran Vizir dell'Impero ottomano vds. op. cit., t. III, Appendice de la prèface.
I «rivoluzionari onesti» sono i proletari convertiti al positivismo e Comte cita
l'esempio di un gruppo di comunisti lionesi passati al positivismo, i quali avevano
proclamato solennemente che «la rigenerazione morale del popolo deve precedere la
sua emancipazione materiale». Questo sta a dimostrare, secondo lui, l'idoneità del
positivismo a disciplinare radicalmente i più ardenti rivoluzionari, facendo loro
accettare l'ordine in nome del progresso. La nuova missione sociale del positivismo
deve essere adesso quella di indirizzare tutte le attenzioni verso i «degni
conservatori», facendo loro accettare il progresso in nome dell'ordine.
In realtà Comte, nel 1852, si rende conto che, dopo gli eventi del 1848 e del 1851,
deve ridimensionare i suoi progetti politici; la possibilità di poter, entro pochi anni,
predicare in Notre-Dame o insegnare al Panthéon si sta dimostrando più difficile del
previsto. Né gli insorti del 1848, né il nuovo Imperatore hanno dimostrato interesse
per le sue dottrine, Littré e i suoi discepoli repubblicani lo hanno abbandonato; ormai
è chiaro che, alla prova dei fatti, il positivismo non si imporrà spontaneamente.
Egli decide allora, con un atto provocatorio, che nasconde anche un certo sconforto,
di rivolgersi al sovrano che più di ogni altro in Europa incarna l'idea dell'assolutismo:
lo zar Nicola I di Russia, il gendarme d'Europa, il membro più intransigente della
Santa Alleanza.
Presentandosi come «filosofo repubblicano», egli si rivolge al suo regale
interlocutore, con tono perentorio e su di un piano di parità, per illustrargli, con una
lettera particolarmente chiara nei suoi contenuti, tutte le tesi politiche concrete del
positivismo (dalla costruzione dell'Europa, alla transizione verso il sistema
industriale, ecc.), per spiegare come, avendo scoperto «le leggi fondamentali
dell'evoluzione umana», egli avrebbe, in sostanza, costruito una «teoria storica» in
grado di mettere fine alla crisi che attanaglia la società occidentale ed, infine, per
invitarlo a mettere in atto, per editto, i principi della politica positiva. La lettera si
chiude con l'affermazione che:
il capo naturale dei conservatori europei deve subito apprezzare una dottrina che
consolida e sviluppa la politica conservatrice elevandola dal puro empirismo attuale allo
stato sistematico necessario alla sua destinazione principale.
Questa lettera ha chiaramente una funzione simbolica, Comte non vuole certo farsi
mentore, lui pacifista, dell'assolutismo, dell'autocrazia militarista, ma solo attirare
l'attenzione delle forze politiche conservatrici, al potere nel suo paese, sul suo
progetto politico.
Egli è consapevole della sua impossibilità di imporre la dottrina positivista ad un
mondo che la rifiuta e, non essendo né un militare, né un tribuno, si rivolge a chi ha i
mezzi e la forza per farlo. La scelta di cercare di imporre la libertà con la forza, con la
violenza, è giustificata dalla nobiltà dell'intento e dalla convinzione che, una volta
pervenuti al «regime normale», quelli che hanno usato la violenza verranno disarmati,
neutralizzati e resi innocui dalle nuove regole politiche e sociali.
La convinzione della necessità di divulgare e diffondere le sue idee oltre che tra i
proletari, tra i giovani e tra le donne, anche fra i governanti lo porta negli anni
seguenti alla redazione di un opera specifica, il già citato Appel aux conservateurs
(1855). Le motivazioni dell'opera vengono chiaramente espresse nella prefazione
dove si dice che essa «si rivolge essenzialmente agli uomini di Stato occidentali, per
iniziarli alla sola sintesi che possa guidarli» svolgendo nei loro confronti un ruolo
simile a quello che il Catéchisme positiviste (1852) aveva avuto «nei confronti delle
donne e dei proletari, con le differenze naturalmente proprie ad ogni caso». In
entrambi i casi lo scopo è quello di far «penetrare la dottrina universale negli animi
che non possono convenientemente studiarne l'esposizione sistematica». Ma mentre
nella prima, che si rivolgeva ai governati, era sufficiente spiegare «lo stato normale»
verso cui deve tendere la «rivoluzione occidentale», nella seconda, destinata ai
governanti invece è necessario «caratterizzare la transizione finale, valutandone
l'avvenire generale come lo esige la sistemazione speciale della politica propria del
XIX secolo».179
L'opera, rivolgendosi ai governanti del momento, di fatto si rivolge a Napoleone III, e
Comte «si attende l'azione dell'uomo di Stato capace di operare storicamente
179 Appel aux conservateurs, chez l'Auteur, 10, rue Monsieur-le-Prince, Paris, 1855, p. V
ubbidendo alle indicazioni teoriche della politica positiva».180
La situazione di crisi sorta con la Rivoluzione non si è ancora decisa e continua «ad
oscillare tra la retrogradazione e l'anarchia, lasciando sempre temere tempeste senza
soluzione.» Tuttavia la necessità, fortemente sentita di conciliare l'ordine ed il
progresso ha fatto «gradualmente sorgere, sotto il nome di conservatori, un partito
numeroso e potente che si sforza sinceramente, di mettere da parte,
contemporaneamente, i rivoluzionari ed i retrogadi»181.
Il «vero conservatorismo» rappresenterebbe, insieme alla «preminenza sistematica
del sentimento»,182 la giusta sintesi per superare i due estremismi che impediscono di
arrivare alla soluzione finale.
L'«appello» non ebbe i risultati sperati da Comte, ma al contrario venne utilizzato, in
malafede, dai suoi critici, per etichettarlo, come conservatore (nel senso negativo che
la parte politica avversa attribuisce a questo termine), se non addirittura come
reazionario183. In realtà egli utilizza il termine conservatore in senso etimologico, ossia
per essere «conservatori» bisogna almeno voler conservare qualche cosa che meriti di
esserlo, e proprio per distinguerli dalla destra reazionaria, nei confronti di
quest'ultima usa il termine «pretesi conservatori». Egli infatti scrive: «I nostri pretesi
conservatori, per evitare veramente le aberrazioni comuniste si limitano ad ignorare o
ad eludere le questioni corrispondenti, che pertanto diventano sempre più
insostenibili», un punto di vista che denota una concezione politica tutt'altro che
reazionaria.
VII
La religione positiva e la separazione fra potere temporale e potere spirituale
Le domaine pratique de la religion consiste à perfectionner l'ordre humain, d'abord physique,
puis intellectuel enfin et surtout moralCatéchisme positiviste, 9eme entretien, 1852
180 A. Negri, op. cit., p. 129181 Appel aux conservateurs, cit. p. VII182 op. cit., p.22183 Il grande filosofo liberale G. De Ruggiero arriva a definire «mostruosa» questa operazione. Vds. Storia del
liberalismo europeo (1925), Laterza, Bari, 1995, p.214
Nel momento in cui si trova impegnato nello sforzo defatigante di illustrare il proprio
pensiero e di elaborare una dottrina idonea a risolvere i gravi problemi che affliggono
la società occidentale, Comte si trova sottoposta al trauma della Rivelazione. Quella
Rivelazione che rifiuta in campo religioso, gli deriva all'improvviso dalla sua vita
intima. Questa sua esperienza può essere paragonata a quella del credente colto dalla
grazia.
Un'illuminazione dovuta all'amore, un amore umano che però, grazie alla purezza
della relazione, può essere paragonato all'amore celeste.
Ed è proprio attraverso questa esperienza che va dalla ragione «dimostrata» alla
passione «rivelata», che Comte si sente finalmente in grado di prescrivere alla società
positiva il passaggio dalla religione «rivelata» alla religione «dimostrata»184.
1. La religione dimostrata
Come già indicato nel capitolo X della Parte prima, la nascita della religione positiva,
delineata con il Discours sur l'ensemble du positivisme nel 1848, viene ufficializzata
da Comte nel 1851 con la pubblicazione del I tomo del Système de politique positive,
che porta, significativamente il sottotitolo Traité de sociologie instituant la religion
de l'Humanitè.
Questa trasformazione della filosofia positiva in religione secolarizzata, che ha
provocato tante polemiche e tante critiche, che ha causato la dolorosa rottura con
Littré e con i suoi amici, non rappresenta in realtà, come si vorrebbe far apparire, uno
sconvolgimento imperdonabile del pensiero filosofico esposto nelle opere antecedenti
il 1848.
L'interesse per l'idea religiosa, pur nel rifiuto del principio di un Dio trascendente, è
presente fin dagli inizi nell'opera di Comte e ad una attenta lettura non dovrebbe
risultare difficile derivarne che la sua: «filosofia, dopo aver assorbito la scienza,
sarebbe stata, con cognizione di causa, impegnata ad oscurarsi davanti alla
religione».185
184 Système de politique positive, cit., t. II, p.7185 P. Arnaud, op. cit., p.29
Tale idea di religione del resto non presenta aspetti tali da renderla incompatibile con
la filosofia e neppure con la scienza. Comte infatti è deciso nel negare alla nuova
religione positiva ogni forma di misticismo. Nel Catéchisme positiviste, rivolgendosi
alla sua interlocutrice dice: «Il nostro amore non diverrà mai mistico».
Siamo di fronte ad una religione che presenta quindi le stesse caratteristiche
«positive» che erano già presenti nella filosofia e scienza.
Per quanto riguarda l'aspetto dogmatico, già nelle Considérations sur le pouvoir
spirituel del 1826 aveva affrontato il problema affermando che: «Il dogmatismo è lo
stato normale dell'intelligenza umana»186 e ribadendo la necessità di mettere a
disposizione delle intelligenze meno acute, che sono le più numerose, un sistema di
idee dimostrabili, che però possano essere accolte con fiducia da coloro che non sono
in grado di comprenderne la dimostrazione. Ossia dogmi e fede, due elementi
essenziali del sistema religioso.
Vi è poi l'idea, già espressa nel Cours e ripresa nel Système, di identificare nel potere
spirituale l'élite delle categorie intellettuali, primi fra tutti i filosofi. Costoro vengono
destinati a «dispensare» l'educazione universale, ma anche a svolgere un ruolo di
arbitraggio nei conflitti di classe ed in quelli internazionali, tutte attribuzioni che
presentano un carattere strettamente laico.
Pierre Arnaud osserva187 che le obiezioni relative al fatto che svolgano le loro
mansioni radunando il popolo nei templi, conferendo sacramenti o celebrando
commemorazioni non deve meravigliare o scandalizzare più di tanto. Al tempo degli
Illuministi, del resto, si parlava senza problemi di templi della filosofia; per quanto
riguarda poi sacramenti e commemorazioni, in un'epoca in cui la diffusione delle
sette massoniche e delle società segrete era molto grande, e nelle piazze delle
principali città venivano eretti Altari della Patria e monumenti ai Caduti, tali pratiche
avevano assunto ormai un significato che andava oltre quello puramente religioso.
Tale religione, tuttavia, pur essendo esclusivamente terrestre, non è una religione
civile e deve essere concepita al contrario come un sistema indipendente dal potere
temporale.
186 Considerazioni sul potere spirituale, cit., p.268187 P. Arnaud, op. cit., p.29-30
Anche questo aspetto del pensiero comtiano risale agli anni della giovinezza e viene
espresso per la prima volta nelle già citate Considérations sur le pouvoir spirituel,
dove egli individua quattro ragioni essenziali a sostegno di tale necessità.188
Una società per poter vivere deve poter disporre di un insieme di rappresentazioni
comuni, di opinioni condivisibili che costituiscano un punto di riferimento per la
formazione dei suoi membri.
Essa deve, inoltre, possedere ed affermare dei valori come regole di vita, esprimere
una morale pubblica laica o religiosa.
La vita di tale società, poi, per essere realmente umana, non può essere ispirata solo
da valori temporali o materiali. La spinta utilitaristica derivante dalle scienze deve
essere regolata opponendovi degli ideali collettivi di carattere morale.
Il potere temporale moderno, infine, abbandonato ormai l'uso della forza per imporsi
sugli individui, utilizza «la corruzione eretta a mezzo permanente di governo». Il
rischio è quello di una degenerazione verso un «dispotismo amministrativo» che
abbia come «mezzo generale d'azione la corruzione sistematica», intesa come
attenzione prevalente all'interesse personale da parte di chi è preposto ad incarichi
pubblici.
Per contrastare questa deriva negativa insita nel potere temporale è necessario
opporre delle istanze morali che solo un potere spirituale secolare può diffondere
attraverso una visione religiosa ed una educazione morale e civica degli individui.
Comte è fortemente critico nei confronti della filosofia politica dell'epoca che
definisce «dottrina critica»,189 e che è protesa a distruggere ogni potere spirituale, così
come esprime un giudizio negativo nei confronti del protestantesimo che al contrario
tende a confondere il potere temporale ed il potere spirituale.
Tutti questi aspetti non fanno che confermare l'idea che la religione dell'Umanità,
rappresenta il naturale traguardo della filosofia positiva, e solo «la negligenza e la
malafede»190 possono rifiutare questa conclusione.
Negli ultimi anni della sua vita Comte invita i suoi discepoli ad allontanarsi dalla
188 Considerazioni sul potere spirituale, cit., p.244 ss.189 op. cit., p. 237190 P. Arnaud, op. cit., p. 31
filosofia positiva, così come era stata espressa nel Cours. Poco prima della sua morte,
scrivendo ad uno di essi, egli conferma il suo giudizio negativo sull'opera, il cui
contenuto considera pieno di «aridità morale» e dotato di «inferiorità mentale» nei
confronti dell'attuale punto di vista filosofico, e sostiene:
qualsiasi cosa io abbia dovuto affermare, ed anche scrivere, io non avrei dovuto
pubblicare il Corso di filosofia positiva se non alla fine della mia carriera, a titolo di
puro documento storico. [...] La preparazione per realizzarlo mi è stata realmente
indispensabile, ma io dovevo evitare di renderlo pubblico, così la marcia del positivismo
sarebbe certamente stata più sicura e più rapida, se io mi fossi direttamente manifestato
con la Politica positiva [...]191
Prosegue inoltre affermando che tale giudizio così critico sulla sua opera non è
esagerato e che l'imbarazzo, che il «preteso positivismo intellettuale» (l'allusione è a
Littré e a J. S. Mill che accettavano la filosofia positiva e rigettavano la politica
positiva espressa nel Système) suscita fra i positivisti ortodossi, è causato proprio dal
fatto che quei «meschini adepti» si rifanno solo a quell'opera e pertanto egli, ormai da
alcuni anni va sconsigliando ai suoi discepoli tale lettura.
Egli in sostanza vede nella religione secolarizzata lo strumento per arrivare ad
imporre la morale come applicazione della scienza politica alla realtà sociale.
2. La distinzione fra potere temporale e potere spirituale.
Per poter raggiungere il suddetto obiettivo di moralizzare la realtà sociale la strada da
percorrere, per Comte, è quella tracciata, a suo tempo, dal cristianesimo medievale,
strada che per oltre un millennio ha consentito alla Chiesa di salvaguardare il proprio
destino, e che consiste nella separazione fra potere spirituale e potere temporale,
affidando il primo, come già ripetutamente indicato in precedenza, ad uno speciale
sacerdozio positivista, ed il secondo ai principali capi delle imprese industriali.
P. Arnaud sostiene che:
191 Lettera al dott. Audiffrent del 12 febbraio 1857, Correspondance générale et confessions, cit., t. VIII
la distinzione fra potere temporale e potere spirituale e l'affermazione dalla necessità e
dell'urgenza di costituire per la civiltà industriale un nuovo potere spirituale sono, senza
dubbio, la concezione più forte ed originale dell'opera di Auguste Comte192.
Questa intuizione di prendere dall'età teologica l'idea di potere spirituale, di
secolarizzarla, di modernizzarla per trasportarla all'età positiva, viene felicemente
definita come «colpo di stato filosofico»,193 in quanto destinata a sconvolgere le
convinzioni politiche dell'epoca, caratterizzate dai contrasti e dalle lotte fra
reazionari, legati ancora ad una concezione della società di tipo teologico medievale,
e rivoluzionari, imbevuti di spirito critico e ispirati da una dea Ragione, in realtà
simbolo dell'arbitrio individualista.
Il «potere temporale», per Comte, deve essere esercitato unitariamente, sia a livello
centrale, sia a livello locale, da una dittatura collegiale affidata a tre «patrizi», 194 scelti
con votazione pubblica palese, ognuno dei quali rappresenta una delle tre parti
dell'industria: agricola, manifatturiera e commerciale, ed esercita un potere «insieme
direttivo e repressivo». Anche se con l'avvento del «regime normale» il potere
diventerà sempre più spirituale e sempre meno temporale, quest'ultimo non potrà mai
essere dispensato dal comandare. E la dittatura pur diventando vieppiù «progressiva»
e seguendo un cammino più libero e più nobile deve attribuirsi «sotto la sua sola
responsabilità la pienezza del potere temporale senza alterarla attraverso delle
formalità puerili e corrotte».
Queste «formalità» sono le assemblee politiche elettive, che, come si è già visto, egli
rifiuta categoricamente. Unica eccezione ammessa, un'assemblea «dispensata da ogni
incombenza legislativa», destinata a riunirsi per tre mesi, con frequenza triennale e
con l'incombenza, il primo mese, di approvare, sempre a voto palese, il bilancio per i
tre anni successivi, e gli altri due mesi di controllare i conti precedenti.
Tale assemblea dovrà essere composta da tre rappresentanti per ogni dipartimento,
uno per ogni branca industriale, da scegliersi, sempre a voto palese, non solo fra i
«patrizi» ma anche fra i «degni» proletari.
192 P. Arnaud, op. cit., p. 307193 ibidem194 termine utilizzato spesso da Comte per indicare banchieri, imprenditori e capi d'industria.
Questa insistenza sul voto palese, viene giustificata da Comte con la necessità di
attribuire «una chiara responsabilità all'operazione rivoluzionaria» con la quale i
sottoposti scelgono chi li governa. Man mano che tale abitudine diverrà di uso
spontaneo, nasceranno gradualmente dei capi veramente investiti della fiducia
politica, che potranno svolgere con serenità la loro «dittatura», mentre i soggetti
sottoposti comprenderanno la necessità di affidarsi a persone competenti ed il
bisogno di concentrare il comando.
I tre dittatori, a loro volta non dovranno avere nessun altro legame se non quello
relativo alla loro destinazione sociale. Un eventuale antagonismo tra loro, prevenuto
mediante la diversità delle attribuzioni, potrebbe nascere solo da una personalità
corrotta, che ben presto verrebbe esposta alla censura del pubblico e del sacerdote.195
Nel Système de politique positive Comte si dilunga in una dettagliata e maniacale
descrizione della gerarchia temporale, delle funzioni dei banchieri e dei capi
d'industria, spingendosi fino a precisare l'estensione territorale dei dipartimenti, il
numero degli abitanti delle città, la composizione sociale delle stesse, ecc..
Un'eccessiva ansia di chiarire, di specificare ed anche di delimitare, che appesantisce
e rende sostanzialmente impraticabile il suo disegno politico.
Il «potere spirituale», invece, deve avere «come fine specifico il governo
dell'opinione, cioè la fondazione e la conservazione dei princípi che devono
presiedere ai diversi rapporti sociali»196. Ad esso deve essere attribuita la «direzione
suprema» dell'educazione intesa come «sistema completo di idee e di abitudini» che
siano idonee a favorire l'inserimento degli individui in quel «ordine sociale» nel quale
sono destinati a vivere e ad operare, ed anche a prepararli a svolgere le funzioni
particolari alle quali tale ordine li destina.
Un altro compito altrettanto importante della funzione sociale è quello di mantenere
vivi sia negli individui, sia nelle masse, con una azione di costante rappresentazione
di tipo rievocativo, tali princípi, anche al fine di richiamarne l'osservanza in coloro
che se ne sono allontanati.
195 Gli aspetti rilevanti relativi al potere temporale sono esposti da Comte nel Système de politique positive, cit. t. IV, cap. IV e V, dai quali sono tratte anche le diverse citazioni.
196 Considerazioni sul potere spirituale, cit., p. 225
Ad esercitare tale potere come già si è visto, deve essere chiamata quella élite
intellettuale, quella «corporazione speculativa», che avendo come propria specifica
attitudine quella di guardare al «punto di vista generale» è destinata a «ricordarlo
continuamente agli individui ed ai popoli» ed, inoltre, grazie alla natura del suo
carattere ed alla «indipendenza della sua posizione sociale», è in grado di identificarsi
con l'interesse comune del quale «può essere considerata l'organo peculiare»197.
La funzione «regolatrice e direttiva» affidata al potere spirituale deve avere
nell'ordine politico e sociale della società industriale, la stessa rilevanza, sia pure con
diverse modalità di attuazione, di quella esercitata nel sistema militare198.
Questo problema della distinzione dei poteri, impostato nel 1826 con l'opera citata,
viene ripetutamente ripreso da Comte nei lavori successivi nei quali il fondamento di
tale differenziazione viene indicato nella separazione fra la teoria e la pratica. Nel
Discours sur l'ensemble du positivisme egli insiste proprio sulla necessità di separare
«lo spirito scientifico della nuova filosofia e il carattere industriale della nuova
attività» ossia sull'indispensabile divisione fra teoria e pratica, che viene ormai
accettata «in tutto l'Occidente nei confronti delle questioni meno importanti»199 e che
quindi non può essere respinta per la scienza sociale, dove la separazione fra
educazione ed azione, fra morale e politica risulta ancora più determinante.
Lo sviluppo armonico dell'ordine politico e sociale può verificarsi solo se l'influenza
consultiva del potere teorico o spirituale e quella imperativa del potere pratico o
temporale, che agiscono stimolati l'uno dal cuore e dallo spirito e l'altro dalla forza e
dal carattere, sono affidate ad organi essenziali differenziati.
CONCLUSIONI
L'esame fin qui condotto sulla vita, sulle opere e sul pensiero di Auguste Comte al
fine di determinare le caratteristiche salienti del suo sistema filosofico-politico ed allo
scopo di cogliere, in particolare, la sua concezione di «ordine politico e sociale», ha
197 op. cit., p.265198 op. cit., p. 275199 Discorso sull'insieme del positivismo, cit., p. 494
portato a constatare l'esistenza di un progetto politico robusto, complesso e articolato,
che si distingue per la sua atipicità, per il suo rifiuto degli schemi istituzionali
consueti, per la sua fiducia nelle virtù morali e nelle qualità positive della natura
umana, ma che presenta anche incongruenze e manchevolezze abbastanza evidenti e
alcuni eccessi talvolta inquietanti.
La parte più espressamente biografica ha evidenziato oltre le innegabili qualità
intellettuali e le profonde conoscenze scientifiche, una particolare fragilità umana,
dovuta a esperienze negative in campo sentimentale, a continue difficoltà
economiche, a frustrazioni professionali ed a crisi di carattere nervoso. Questa
fragilità ha fatto sì che una passione sentimentale per una donna semplice, giovane,
colta, intelligente e sfortunata si sia trasformata in una sorta di rivelazione di tipo
religioso, che ha definitivamente condizionato lo sviluppo del suo sistema politico, in
parte già avviato verso una deriva religiosa, sia pure con una connotazione secolare.
La seconda parte relativa alla complessa evoluzione del suo progetto di
organizzazione politica e sociale ha messo in luce gli aspetti più significativi, le idee
più originali che sono alla base del sistema politico filosofico comtiano.
Partendo da quella che considera la sua scoperta fondamentale: la legge
sull'evoluzione umana o legge dei tre stadi, Comte ritiene che la crisi che affligge la
società occidentale sia dovuta alla contraddizione tra un ordine sociale teologico e
militare che si va estinguendo ed un ordine scientifico e industriale che si va
affermando. Questa situazione transitoria, che egli identifica con lo stadio metafisico
e legista, si concluderà solo con la vittoria "inevitabile" delle teorie positive e con
l'affermazione del sistema industriale.
Un altro elemento fondamentale considerato indispensabile per il raggiungimento di
un «regime normale» per la società occidentale è rappresentato dalla necessità di
perseguire una combinazione equilibrata fra due fattori considerati importantissimi da
Comte, due pilastri della sua costruzione politica: Ordine e Progresso.
Una combinazione determinante per arrivare alla creazione di un ordine progressista,
ma anche ad un progresso che sia formazione continua dell'ordine, evitando che essi
si contrappongano e producano situazioni caotiche, anarchiche o rivoluzionarie.
Il raggiungimento di una corretta combinazione di questi due fattori porterà, secondo
Comte, ad un potere politico basato sul consenso e ad una vita sociale orientata verso
la produzione, ossia condurrà verso una società industriale efficiente e compiuta.
Tale obiettivo però richiede il rifiuto delle soluzioni prospettate dai proletari
comunisti, che prevedono di sconvolgere i rapporti economici e comporta invece la
necessità di prendere atto della situazione economica esistente, basata su una struttura
industriale consolidata, tenendo conto delle differenze economiche e delle diverse
competenze, per costruire su tali basi un sistema politico e sociale ordinato e
progressivo.
Consapevole del problema rappresentato dalla difficile e precaria situazione i cui si
trovano i proletari, egli cerca di spiegare loro che solo il positivismo è in grado di
risolvere i loro problemi. La strada da seguire è quella di affidare il potere politico
nelle mani di coloro che controllano l'economia e l'industria e che sono competenti
nella gestione dei capitali e delle risorse, riservando ai proletari, alle donne, ai filosofi
il controllo dell'operato del potere politico per accertare che il suo obiettivo sia
sempre e solo il perseguimento del bene comune.
Un ritorno, quindi, all'antica separazione del potere temporale dal potere spirituale
che l'avvento dell'epoca metafisica aveva cancellato.
Comte è convinto che spirituale e temporale siano destinati a rimanere
indefinitamente separati. L'opposizione-complementarietà che costituisce la loro
indipendenza è, secondo lui, la sola garanzia di libertà pubblica e l'equilibrio
dinamico e fragile fra questi due aspetti della vita dell'uomo sta alla base dell'ordine
politico e sociale del regime positivo.
Egli ritiene che il pericolo più grande che minaccia la società moderna sia una
regressione verso la confusione fra spirituale e temporale, fra teoria e pratica.
L'istituzione più idonea a garantire il giusto equilibrio fra ordine e progresso ed una
chiara separazione fra potere temporale e potere spirituale è la «repubblica positiva»,
nella quale sarà possibile la più ampia giustizia sociale, grazie alla religione
dell'Umanità, che si presenta con dei precetti morali secolari, laici, terrestri e che ha
come fine quello di rendere più agevoli e coesi i rapporti sociali, imponendo nel
contempo ad ogni categoria sociale i doveri verso le altre.
Questa diffusa forma istituzionale, assume nel sistema politico positivo una
particolare configurazione che la differenzia da ogni precedente esperienza di
governo. Comte ipotizza una forma di governo nuova, che rifiuta il parlamentarismo
ed il suffragio universale, che viene chiamata «sociocrazia» nella quale il potere
legittimo appartiene indivisibilmente alla società nel suo complesso e che viene
amministrato separatamente nelle sue due componenti, con forma dittatoriale, da
soggetti scelti dalla società nel suo insieme, con votazione palese, in base alle loro
capacità imprenditoriali e gestionali per il potere temporale e per le loro qualità
morali e spirituali per il potere spirituale.
L'operato di questi dittatori temporali e spirituali viene giudicato dall'opinione
pubblica, che nel sistema positivo rappresenta il solo elemento regolatore dell'ordine
politico ed l'unico giudice naturale dell'ordine morale.
A questo punto non resta che presentare le incongruenze, le manchevolezze e gli
eccessi di cui si è accennato all'inizio del capitolo.
Le incongruenze più evidenti, a parere di chi scrive, sono relative ai concetti di
religione positiva e di Umanità. L'idea di creare una religione senza Dio, che è in
ogni caso un'idea teologica e non certo scientifica, è in contrasto con i princípi che
stanno alla base del sistema positivo che dovrebbe rimpiazzare ed escludere quello
teologico. Così come il concetto di Umanità che rappresenterebbe qualcosa che va
oltre la somma delle sue due emanazioni concrete ovvero la totalità dei morti e la
totalità dei viventi e che ingloba un numero incommensurabile in una durata
illimitata, non può che derivare da un'idea metafisica e quindi anch'essa in contrasto
con i princípi del sistema positivo.
Comte inoltre afferma che l'evoluzione dell'intelletto umano è alla base della storia
dell'Umanità, il tutto senza però prendere in considerazione il caso o gli eventi fortuiti
e confidando solo in «leggi invariabili» che governerebbero i fenomeni sociali;
inoltre è convinto che la conoscenza totale dei dati relativi ad una situazione acquisita
ad un certo momento ci consentirebbe di prevedere, in maniera pressoché certa il suo
sviluppo futuro. Si tratta di convinzioni che, a mio parere, contengono una eccessiva
dose di «determinismo».
Un altro aspetto che lascia perplessi e solleva anche delle inquietudini è quello
relativo alla funzione dell'opinione pubblica, all'idea di un intervento collettivo che
regoli l'ordine politico e giudichi l'ordine morale. Una specie di «grande fratello» che
richiama l'idea di un totalitarismo morale, di un puritanesimo laico. Anche se le
intenzioni di Comte non sono certo totalitarie, egli infatti confida negli esiti positivi
di una corretta educazione morale ed in una pacificazione universale completa che
dovrebbero trasformare l'umanità in una specie di paradiso terrestre, l'idea tuttavia
lascia alquanto interdetti.
Ultimo punto che crea perplessità e dubbi è quello relativo alla volontà esasperata di
prescrivere ogni cosa, di definire ogni particolare, di non lasciare nulla al caso, di
ritenere possibile incasellare ogni uomo in una specie di squadrario universale, un
organigramma dell'umanità dove ad ognuno viene assegnato un incarico ben definito
e preciso e dove nulla può sfuggire all'ordine prestabilito.
NOTE BIBLIOGRAFICHE
I
Opere di Auguste Comte
Il più recente e documentato repertorio delle opere di Comte, in lingua originale, è
quello redatto da Henri Gouhier alcuni anni prima della morte, avvenuta nel 1994, e
apparso nel volume La philosophie de Auguste Comte-Esquisses, collana «Reprises»,
Vrin, Paris, 1987, riproposto, con l'autorizzazione dell'autore, anche in AA.VV.,
Auguste Comte-«Qui êtes-vous?», La Manufacture, Lyon, 1988.
Per la redazione delle presenti note ci si è riferiti a quest'ultima edizione, cercando
nei limiti del possibile, di completarla per quanto attiene le edizioni apparse dopo il
1987.
1. Opuscoles de philosophie sociale, testi vari scritti negli anni giovanili:
a. Séparation générale entre les opinions et les désirs (luglio 1819, redatto per Le
Censeur européen, ma non pubblicato);
b. Sommaire appréciation de l'ensemble du passé moderne (aprile 1820, pubblicato
anonimo su L'Organisateur);
c. Plan de travaux scientifiques nécessaires pour réorganiser la société redatto nel
maggio 1822 per il Systéme industriel, viene pubblicato con alcuni ritocchi nel
1824, sotto il titolo Système de politique positive ne Le Catéchisme des industriels
di Saint-Simon, terzo quaderno200;
d. Considérations philosophiques sur les sciences et les savants (novembre 1825,
apparso su Le Producteur);
e. Considérations sur le pouvoir spirituel (marzo1826, apparso su Le Producteur);
f. De l'irritation et de la folie - Examen du Traité de Broussais sur l'irritation
(agosto 1828, pubblicato su Le Journal de Paris).
Tutti questi opuscoli sono stati inseriti dall'autore nell'Appendice al IV volume del
Système de Politique positive (1854), successivamente pubblicati a parte come
Opuscules de philosophie sociale 1819-1826, Leroux, Paris, 1883 e ripubblicati in:
Auguste Comte, Écrits de Jeunesse (1816- 1828), II parte, (Scritti riproposti da A.
Comte nell'Appendice Generale del Système de Politique Positive) Archives
Positivistes, Mouton, Paris, Le Haye, 1970
La Sommaire appréciation de l'ensemble du passé moderne è stata ripubblicata con
presentazione e note a cura di di Angèle Kremer-Marietti, Aubler, Paris, 1971
Il Plan de travaux scientifiques nécessaires pour réorganiser la société è stato
ripubblicato, con presentazione e note a cura di Angèle Kremer-Marietti, Aubler,
Paris, 1970 e recentemente anche in: Auguste Comte, Philosophie des sciences, (a
cura di Juliette Grange), Gallimard, Paris, 1996, pp.227-347
200 vds. sopra, Parte I, cap.IV, p.26 ss.
I due suddetti opuscoli, unitamente a Considérations philosophiques sur les sciences
et les savants e Considérations sur le pouvoir spirituel sono stati ripubblicati in:
Auguste Comte, Du pouvoir spirituel, (introduzione a cura di Pierre Arnaud), Livre
de poche, (collezione «Pluriel»), Paris, 1978
Tutti i sei opuscoli sono stati tradotti in italiano e compaiono in:
Auguste Comte, Opuscoli di filosofia sociale e discorsi sul positivismo, (a cura di
Antimo Negri), Sansoni, Firenze, 1969
Le Considérations philosophiques sur les sciences et les savants (titolo in it.
«Riflessioni filosofiche sulle scienze e sugli scienziati») è stato pubblicato a cura di
M. Quaranta dalle edizioni Oberon, Milano, 1959
Estratti invece sono contenuti in:
Rossi P., Positivismo e società industriale, (antologia), Torino, Loescher, 1973
Il Plan de travaux scientifiques nécessaires pour réorganiser la société (titolo in it.
«Piano dei lavori scientifici necessari per riorganizzare la società») è riportato anche
in Appendice a:
Enrico Vidal, Saint-Simon e la scienza politica, Giuffré, Milano, 1959
Altri scritti minori mai pubblicati da Comte, che coprono il periodo che precede gli
Opuscoli di filosofia sociale, e che dopo la sua morte sono stati nel tempo pubblicati
sulla Revue occidentale a cura degli esecutori testamentari e successivamente raccolti
da R. Teixeira Mendes in Auguste Comte. Evolution originale, (vol.I 1798-1820), au
Siège de l'église positiviste du Brésil, Rio de Janeiro, 1913, sono stati ripubblicati in:
Auguste Comte, Écrits de Jeunesse (1816- 1828), cit., (parte III, Saggi e frammenti
rimasti inediti fino alla morte dell'autore), p. 413 ss.. Fra questi merita in particolare
di essere ricordato Mes réflexions. Humanité, vérité, justice, liberté, patrie.
Rapprochements entre le régime de 1793 et celui de 1816, adressés au peuple
français (giugno 1816) primo scritto a carattere politico di Comte (pp.417-431)
inedito fino al 1882.
2. Cours de philosophie positive, (6 voll.),
-1a ed. Bachelier, Paris, 1830-1842.
-2a ed. Ballière et Fils, Paris, 1864 (a cura di E. Littré)201.
-3a ed. Ballière et Fils, Paris, 1869 (a cura di E. Littré).
-4a ed. Ballière et Fils, Paris, 1877 (a cura di E. Littré).
-5a ed. (identica alla prima), Paris, 1892-1894 (la ristampa anastatica di questa
edizione è stata utilizzata per le Œuvres di Auguste Comte, Éditions Anthropos,
Paris, 1968, (primi sei volumi).
-6a ed. identica alla prima, Paris, 1908-1934.
-7a ed. in 2 vol. , Hermann - Editeurs des Sciences et des Arts, Paris, 1975.
Ultima edizione francese quella pubblicata in occasione del bicentenario della nascita
(1998) che ricalca la 7a edizione (in 2 voll.) del 1975 :
-I vol. (lez. I-XLV: presentazione e note a cura di Michel Serres, François Dagognet,
Allan Sinaceur);
-II vol. (lez. XLVI-LX: presentazione e note a cura Michel Serres, François
Dagognet, Allan Sinaceur e J.P. Enthven).
Estratti in:
-La philosophie positive par Auguste Comte (sintesi a cura di J. Rigolage), 2 vol.,
Paris, 1881
-Auguste Comte, Leçons sur la sociologie (lezioni da XLVII a LI), (introduzione e
note a cura di Juliette Grange), Flammarion, Paris, 1995
-Auguste Comte, Philosophie des sciences (lezioni I e II), (presentazione, e note a
cura di Juliette Grange) Gallimard, Paris, 1996, pp. 41-122
L'opera è parzialmente disponibile anche in italiano:
Auguste Comte, Corso di filosofia positiva, 2 vol.,(corrispondenti agli ultimi tre
volumi: lez.XLVI-LX) (a cura di F. Ferrarotti), 1967, Utet, Torino.
Estratti si trovano in:
201 Presso la Maison d'Auguste Comte si trova una copia della 1a ed. del I vol del Cours con annotazioni a mano dell'autore relative ad una 2a edizione da stamparsi nel 1852 che non venne realizzata.
Auguste Comte, Corso di filosofia positiva, (I, II, LX lez.), a cura di L. Geymonat e
M. Quaranta, Padova, 1967.
Auguste Comte Corso di filosofia positiva, (pagine scelte) a cura di Almerino
Lunardon, La Scuola, Brescia, 1974
Auguste Comte, Corso di filosofia positiva, (I lez.) a cura di A. Negri in Positivismo
europeo, Le Monnier, Firenze, 1981
3. Traité élémentaire de Géométrie analytique , Carilian-Goeury et V.Dalmont,
Paris,1843
Ultima edizione francese nel 1894, L. Bahl, Paris
4. Discours sur l'esprit positif, Paris, 1844, (costituisce il preambolo dell'opera
seguente); è inclusa nel vol.XI delle Œuvres di Auguste Comte, Éditions Anthropos,
Paris, 1968.
Ultima edizione francese (con cronologia, introduzione e note a cura di Anne Petit),
Vrin, Paris, 1995.
L'opera è contenuta anche in:
Auguste Comte, Philosophie des sciences, (presentazione, e note a cura di Juliette
Grange) Gallimard, Paris, 1996, pp. 123-226.
Edizioni in lingua italiana:
Auguste Comte, Discorso sullo spirito positivo, (a cura di Emanuele Riverso),
Editoriale del Mezzogiorno, Torino, Roma, Napoli, 1964
Auguste Comte, Opuscoli di filosofia sociale e discorsi sul positivismo, (a cura di
Antimo Negri), Sansoni, Firenze, 1969, pp.303-408
Auguste Comte, Discorso sullo spirito positivo, (a cura di Antimo Negri) Laterza,
Bari, 1985
Auguste Comte, Discorso sullo spirito positivo, (a cura di Luigi Pinto), Il Tripode,
Napoli, 1991
5. Traité philosophique d'astronomie populaire, Paris, 1844.
Ultima edizione francese: inclusa nel Corpus des œuvres de philosophie en langue
française, Fayard, Paris, 1984.
6. Discours préliminaire sur l'ensemble du positivisme, Paris, 1848 pubblicato
separatamente verrà posto come prefazione al successivo Système de politique
positive.
Ultima edizione francese (presentazione di Anne Petit), Flammarion, Paris, 1998
Edizione italiana in:
Auguste Comte, Opuscoli di filosofia sociale e discorsi sul positivismo, (a cura di
Antimo Negri), Sansoni, Firenze, 1969, pp.409-787
Auguste Comte, Discorso sull'insieme del positivismo, (a cura di A.M. Nieddu), Il
Tripode, Napoli, 1991
7. Système de politique positive ou Traité de sociologie instituant la religion de
l'Humanité (4 voll.),
1a ed. 1851-1854, Librairie scientifique et industrielle L. Mathias, Paris
2a ed. 1879-1883, Dunod, Paris, riproduzione della 1a ed. arricchita di una tabella
analitica a cura di H. Olier.
3a ed. 1890-1895, Paris,
4a ed. 1912, Georges Crès, Paris,
5a ed. 1929, au siège de la Société positiviste, Paris.
Ultima ed. francese (reprint della 2a ed.), voll. VII, VIII, IX e X delle Œuvres di
Auguste Comte, Éditions Anthropos, Paris, 1968.
estratti in:
-Politique d'Auguste Comte (testi scelti a cura di Pierre Arnaud), Armand Collin,
Paris, 1965
-La politique d'Auguste Comte, (testi scelti a cura di Jiuliette Grange), Payot, Paris,
1996
8. Catéchisme positiviste ou Sommaire Exposition de la religion universelle, en
onze entretiens systématiques entre une femme et un prêtre de l'Humanité, chez
l'auteur, Paris, s.d., (in realtà 1852)
Ripubblicato nel 1965, Garnier-Flammarion, Paris.
Ultima edizione francese nel vol.XI delle Œuvres di Auguste Comte, Éditions
Anthropos, Paris, 1968.
Edizione italiana:
Auguste Comte, Catechismo positivista, ossia esposizione sommaria della religione
universale in 13 conversazioni, (trad. di Walter Congreve), Biancheri, Sanremo, 1882
9. Appel aux conservateurs , chez l'auteur, Paris, 1855
Contenuta anche nel vol. XI delle Œuvres di Auguste Comte, Éditions Anthropos,
Paris, 1968.
Ultima edizione francese in: Auguste Comte, Du pouvoir spirituel, (introduzione a
cura di Pierre Arnaud), Livre de poche, (collezione «Pluriel»), Paris, 1978
10. Synthèse subjective ou Systéme universel des conceptions propres à l'état
normal de l'humanité, chez l'auteur, Paris 1856
Ultima edizione francese vol. XII delle Œuvres di Auguste Comte, Éditions
Anthropos, Paris, 1968.
11. Testament d'Auguste Comte avec les documents qui s'y rapportent, pièces
justificatives, prières quotidiannes, confessions annelles, correspondance avec
Mme de Vaux, Paris, rue Monsier-le-Prince n.10, 1884
Seconda e ultima edizione, contenente l'Addition secrète, Fonds Typographique de
l'execution testamentaire d'Auguste Comte, Paris, 1896
12. Correspondance générale et confessions, (1814-1857), in 8 vol., Archives
Positivistes, Mouton, Paris-La Haye, 1973-1990
Tutta la corrispondenza di Comte disponibile, di un certo interesse, è stata pubblicata
in ordine cronologico:
-vol. I, (1814-1840), vol. II, (apr.1841-apr.1845), vol. III, (apr. 1845-apr.1846), vol.
IV, (1846-1848), testi definiti e presentati da Paulo E. de Berrêdo Carneiro e Pierre
Arnaud;
-vol. V, (1849-1850), vol. VI, (1851-1852) testi definiti e presentati da Paulo E. de
Berrêdo Carneiro e Paul Arbousse-Bastide;
-vol.VII, (1853-1854), vol. VIII (1855-1857) testi definiti da Paulo E. de Berrêdo
Carneiro e presentati da Angèle Kremer-Marietti
Per quanto riguarda le traduzioni delle diverse opere apparse nelle altre principali
lingue (inglese, tedesco e spagnolo) si rimanda alla interessante bibliografia
contenuta nel volume di Antimo Negri: Introduzione a Comte, Laterza, Roma-Bari,
1983.202
II
Opere su Auguste Comte e sul Positivismo
Nel già citato volume di AA.VV., Auguste Comte-«Qui êtes-vous», (pp. 361-395)
viene proposta una voluminosa bibliografia redatta a cura della associazione Les
Amis de la Maison d'Auguste Comte articolata in quattro parti:
-opere francesi pubblicate prima del 1945 (pp. 361-378);
-opere francesi pubblicate dopo il 1945 (pp.378-382);
-opere straniere pubblicate prima del 1945 (pp. 382-390)
-opere straniere pubblicate dopo il 1945 (pp.390-395)
202 Il volume è stato ripubblicato nel 1997 senza alcun aggiornamento bibliografico
Il lavoro pur essendo abbastanza accurato e sufficientemente completo appare tuttavia
datato e presenta alcune vistose lacune, soprattutto per quanto riguarda il contributo
italiano. Nessun lavoro italiano viene citato fra le opere straniere anteriori al 1945, e
solo otto lavori vengono citati nel periodo successivo. Per ovviare parzialmente a tali
carenze si può ricorrere alla bibliografia della già citata opera di Antimo Negri,
Introduzione a Comte, che, se pur non recentissima, offre il dovuto spazio al
contributo italiano, oltre a comprendere diverse opere non riportate nella prima.
Con queste note si è cercato di aggiornare, sia pure in misura incompleta, i due
suddetti lavori, riportando di seguito, opere posteriori o non riportate, e riedizioni
delle quali si è venuti a conoscenza.
AA.VV., Auguste Comte e il problema storico-politico nel pensiero contemporaneo
(da Burke a Lévi-Strauss), D'Anna, Messina, 1975
AA.VV., Auguste Comte-Qui êtes-vous, (a cura di Gérard Marie de Ficquelmont,
Presidente dell'associazione «Les Amis de la Maison d'Auguste Comte») La
Manufacture, Lyon, 1988
AA.VV., Auguste Comte (1798-1998), numero speciale della «Revue Internationale
de Philosophie», 1/1998, n.203
Alengry Franck, Essai historique e critique sur la sociologie chez Auguste Comte,
Slatkine, Genève, 1991
Barbè C., Progresso e sviluppo - La formazione della teoria dello sviluppo e lo
sviluppo come ideologia (Auguste Comte - Herbert Spenser), Giappichelli, Torino,
1974.
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de France, Paris, 19946, pp.751-778.
Caforio Giuseppe, "Auguste Comte" in Sociologia e Forze Armate, Pacini Fazzi,
Lucca, 1987
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inséparables ? in Revue Philosophique de la France et de l'etranger, n.4, (1985)
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-La rivoluzione conservatrice-Émile Littré e il positivismo, G. D'Anna, Messina-
Firenze, 1996
-Politica positivista e governo repubblicano: da Comte a Littré, in AA.VV., Il popolo
e le élites, (a cura di Vittore Collina), Mimesis, Milano, 1997
-Alla ricerca dello stato sociale: politica ed economia nel pensiero francese della
prima metà dell'ottocento, CEDAM, Padova, 1999
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Joseph de Maistre et Auguste Comte, in Revue Philosophique de la France et de
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Petit)
-La philosophie d'Auguste Comte - Esquisses, collana «Reprises», Vrin, Paris, 1987
-La vie d'Auguste Comte - Esquisse in Auguste Comte-Qui êtes-vous, La
Manufacture, Lyon, 1988, pp.53-82
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-La philosophie d'Auguste Comte. Science, politique, religion, PUF, Paris, 1996
-Du corps politique a l'organism social in Revue Internationale de Philosophie,
1/1998, n.203, pp.95-110
Grateloup Leon-Louis, La doctrine d'Aguste Comte: le positivisme, in Auguste
Comte-Qui êtes-vous, La Manufacture, Lyon, 1988, pp. 83-120
Haac Oscar A., Auguste Comte et l'Orient, in Revue Internationale de Philosophie,
1/1998, n.203, pp.111-126
Harp Gillis J., Positivistic republic: Auguste Comte and the reconstruction of
American Liberalism.- 1865-1920, Pennsylvania State University Press, Philadelphia,
1995
Hesse David M., George Eliot and Auguste Comte: the influence of comtean
philosophy on the novels of George Eliot, Lang, Peter Publishing, Paperback, 1996
Jones H. S., Comte, Early polical writings, Cambridge University Press, Cambridge,
1998
Kahn Pierre, Le positivisme, Quintette, Paris, 1996
Kremer-Marietti Angèle:
-Le positivisme,(1982), Presses Universitaires de France, Paris, 19932
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