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Luca Nobile L'ORIGINE FONOSIMBOLICA DEL VALORE … · bensì la struttura che li collega in un...

Date post: 15-Feb-2019
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Numero I 2003 Luca Nobile L'ORIGINE FONOSIMBOLICA DEL VALORE LINGUISTICO NEL VOCALISMO DELL'ITALIANO STANDARD Lʹuomo possiede la capacità di costruire linguaggi, con i quali ogni senso può esprimersi, senza sospettare come e che cosa ogni parola significhi ‑ così come si parla senza sapere come i singoli suoni siano prodotti. Il linguaggio comune è una parte dellʹorganismo umano, e non meno complicato di questo. Ludwig Wittgenstein, Tractatus logico‑philosophicus, 4.002
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Numero I 2003

Luca Nobile

L'ORIGINE FONOSIMBOLICA DEL VALORE LINGUISTICO NEL VOCALISMO DELL'ITALIANO STANDARD

Lʹuomopossiedelacapacitàdicostruirelinguaggi,coniqualiognisensopuòesprimersi,senzasospettarecomee che cosa ogni parola significhi ‑ così come si parlasenza sapere come i singoli suoni siano prodotti. Illinguaggiocomuneèunapartedellʹorganismoumano,enonmenocomplicatodiquesto.

LudwigWittgenstein,Tractatuslogico‑philosophicus,4.002

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Con il presente lavoro, noi ci proponiamo di sviluppare un metodo, per lo studio deirapportiassociatividinaturapuramentefonetica,cheSaussurecollocava,assiemeadaltritipidirapporto,allʹoriginedelvaloredelsegno[Saussure1916:152].Sosterremocheessipossonoesseredescritticometotalitàdelimitatedielementi,dinumerofinitoediordinedeterminato,eche,cosìdescritti,esibisconoillororuolonellacostituzionesincronicadelvalore. Esaminato sulle parole di un solo suono dellʹitaliano standard, il sistema delledifferenze tra i significanti foneticimanifesterà un alto grado di isomorfismo rispetto alsistemadelledifferenzetrailorosignificati,e ledistinzioniarticolatorieedacustichecheoppongonotra loro i trattidistintividel fonemaapparirannocomesimbolielementaridialtrettantedistinzioniconcettuali.Ilfonosimbolismoconcernerà,pertanto,nongiàisingolielementiisolati,bensìlastrutturachelicollegainunsistemadiopposizioni.Icriteriditalesimbolizzazione, sostanzialmente logistici (o ʺlocalisticiʺ, secondo i termini diHjelmslev[1935] e Petitot‑Cocorda [1985]), pur essendo trasparenti a sufficienza per esserericonosciuti, non assomiglieranno tuttavia a quelli di un libro di grammatica,rammentando piuttosto le fattezze, moderatamente bizzarre, di unʹopera poetica o di unorganismonaturale.Benordinatiechiariinunabuonamisura,amerannoadornarsianchedioscurità e disordine. Né vi sarà da stupirsi o lamentarsene: si tratta proprio dei criteri,infatti,cheunorganismonaturaleadottaperottenerelapoiesi,insé,dellinguaggionaturale.Se riusciremo ad illustrare in maniera non del tutto arbitraria una simile relazionestrutturale,avremoalloragettatounalucesulrapportochearticolaʺnaturaʺeʺculturaʺ,aldi là della loro separazione metafisica, in una unità determinata ed osservabile. Siaprirebbe, in tal caso, il campo di qualcosa di nuovo, che potrebbe ricevere il nome, asecondadeigusti,diMetafisicaempirica,diFilosofianaturaledellalinguaodiLinguisticamaterialista.

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1. Il principio (e la fine) dell'arbitrarietà del segno.

La più antica tradizione grammaticale dellʹOccidente, risalente al De interpretatione diAristotele (16a),assumeche ilrapporto tra il suonoe il significatodiunsegnosidebbaconsiderarearbitrario.Fruttodiunʹipoteticaconvenzione,stipulatasiviaviatraiparlanti,esso non lascerebbe trapelare alcun tipo di rispondenzanecessaria tra il corpo fonico diuna parola e il suo concetto. Tralasciando per il momento il presupposto implicito, didirettadiscendenzametafisica,secondocuilaconvenzionalitàdelrapportobasterebbeadescluderlo dal novero di quelli naturali, osserviamo che lʹassioma, riecheggiato daAgostinoedaTommaso, daDante [1305: 12] eda JohnLocke [1689: 456], riposa sudueesplicitipresupposti.Ilprimo,ècheilsignificatodebbaintendersicomesostanzapositiva,comeideaoimmaginedellacosarappresentata,chesiproiettanellamentedellʹuomoperil processo naturale dellapercezione, fisiologicamente necessario ed identicoper tutti. Ilsecondo,èche,unavoltacoagulatisiquestioggettidellamente,lesingoleparolefonetichevenganoadapporvisi ʺquasi comeuna scrittaʺ, ciascuna riferendosi, indipendentementedalle altre, al proprio significato. Lʹesistenza di parole differenti, in differenti linguenaturali, per designare unamedesima ʺcosaʺ, costituisce, da questo punto di vista, unaprovasufficientedelfattocheilrapportotrailsuonoeilsignificatodiunsegnosidebbaconsiderarearbitrario.

Il capitolo I della Parte Prima del Cours de linguistique générale si apre con una criticaesplicitadiquestaconcezione[Saussure1916:83].PerSaussure il valoredelsegno, tantonel suo ʺaspetto materialeʺ, quanto nel suo ʺaspetto concettualeʺ, non costituisce unaʺsostanzaʺpositiva,bensìunaʺformaʺnegativa, che sideterminamediante lʹopposizionecon gli altri segni del sistema [Saussure 1916: 137]. Lʹaspetto concettuale del valore,designato col neologismo signifié [DeMauro 1968: 412; cfr. 331 e 408], non è più intesocomelʹideaolʹimmaginedellacosarappresentata,cuispettailnometràditodisignification,né dipende pertanto dalla realtà extralinguistica: esso è solamente la virtù, che il segnopossiede in quanto totalità di significante e significato, di distinguersi adeguatamente daglialtri segni. Lʹaspetto materiale del valore, a sua volta battezzato signifiant, lungidallʹapplicarsi su signifiés già formati, si forma esso stesso in concomitanza con quelli,comelʹondainconcomitanzacolvento,inmodotaledaricalcarne,conleproprie,tuttelesegmentazionidistintive:allastreguadeiritaglipraticatiallʹunisonosulrectoesulversodiun foglio [Saussure 1916: 137], e così che ʺnella lingua un concetto è una qualità dellasostanzafonica,comeunadeterminatasonoritàèunaqualitàdelconcettoʺ[Saussure1916:125]. Tale concezione, decisamente antigrammaticale, in quanto stringe in un vincoloindissolubile ciò che la tradizione considerava arbitrario, è per lui il precipitato dellamodernalinguisticastorica:ʺMaciòchedavveroècaratteristicosonogliinnumerevolicasiincuièlʹalterazionedelsegnochecambialʹideastessaedincuisivededicolpochenoncʹera nessuna differenza, dimomento inmomento, tra la sommadelle idee distinte e la

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somma dei segni distintivi. Due segni, per alterazione fonetica si confondono: lʹidea, inuna misura determinata (determinata dallʹinsieme di altri elementi) si confonderà. Unsegnosidifferenziaattraversolostessoprocessocieco:infallibilmentesicollegaunsensoaquestadifferenzacheèappenanataʺ[cit.inDeMauro1968:410sg.].

Saussureanticipaqui lʹintuizione che saràpoi diWittgenstein: ʺSepensocol linguaggio,davantiallamiamentenonpassano,oltre leespressioni linguistiche,anche i ʹsignificatiʹ;ma lo stesso linguaggio è il veicolo del pensieroʺ [Wittgenstein 1953: 141]. Egli espungeperciò dalla teoria precisamente il ʺsignificatoʺ (fr. signification), inteso come idea oimmaginedellacosarappresentata,inquantoloriconosceestraneoalprocessoimmediatodel linguaggio, e colloca in sua vece lʹunitario concetto di ʺvaloreʺ, del quale signifié esignifiant non rappresentano che i due ʺaspettiʺ, complementari e simmetrici [Saussure1916:138e143;titolideiparagrafi].Ilrapporto,internoalsegno,trasignifiéesignifiant,colmedesimogestoconcuivienesottrattoadognidipendenzaextralinguistica,ètoltoaltresì,eperciòstesso,aqualsivogliaarbitrarietàreciproca,peressereconsegnatointeramentealladeterminazione, quantʹaltre mai necessaria, del sistema di opposizioni funzionali che ilsegno intrattiene con gli altri segni della lingua: ʺUn sistema linguistico è una serie didifferenze di suoni combinate con una serie di differenze di idee;ma questomettere difaccia un certo numero di segni acustici con altrettante sezioni fatte nella massa delpensierogeneraunsistemadivalori;edèquestosistemachecostituisceillegameeffettivotragli elementi fonici epsichici allʹinterno di ciascun segnoʺ [Saussure1916: 146]. Eʹ perquesto che Saussure, pur movendo dal principio di arbitrarietà nella formulazioneoffertane dalla tradizione grammaticale, perviene infine, mediante una sua drasticaradicalizzazione, a rovesciarne il dettato, e a prospettare espressamente, quale propriumdellostudiodilinguisticasincronica,nongiàlʹarbitrarietàdelsegno,malasualimitazione:ʺTuttociòcheharapportoconla linguainquantosistemaesige,èlanostraconvinzione,dʹessereaffrontatodaquestopuntodivista,chenoninteressaquasipernienteilinguisti:lalimitazionedellʹarbitrarietàʺ[Saussure1916:159;cfr.Petitot‑Cocorda1985:21].

Lʹevidenza secondo cui lingue diverse, mediante differenti parole fonetiche,designerebberounaʺmedesimacosaʺ,si rivela,sottoquesta luce,semplicementeprivadipertinenza.Perunverso,infatti,laʺcosaʺdesignatanonèaffattoilvaloresemanticodellaparola,consistendoquestʹultimo,piuttosto,diuncertofasciodiaspettidifferenziali,capacidi distinguerla dalle altre ʺcoseʺ. Per lʹaltro, e di conseguenza, essa non è nemmeno laʺmedesimaʺ,giacchéognisingolalinguanaturale,purriferendosiallemedesimecosedelmondo,vipervienetuttaviadiversamentetrascegliendonegliaspettidifferenziali,chenefannodeiconcettipernoicomunicabili.Noinoncomunichiamoscambiandocileimmaginidellecose:quellocheciscambiamosonosoltantoitrattichebastanoadistinguerleleunedallealtre.E ilmodo incuiessi ledistinguono,diversamenteperogni lingua,è ilmodostessoincuisidistinguono,diversamenteperognilingua,leparolefonetiche.EʹperciòcheBenveniste, tra i primi ad avvedersi dellʹautentica portata del concetto saussuriano diʺvaloreʺ, scrisse già nel lontano 1939: ʺFra significante e significato il legame non èarbitrario:anzi,ènecessario.Nellamiacoscienzadifranceseilconcetto(ʹsignificatoʹ)ʹbueʹè necessariamente identico allʹinsieme fonico (ʹsignificanteʹ) boeuf. E non potrebbe esserediversamente. Lʹuno e lʹaltro sono stati impressi insieme nella mia mente; e insieme si

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evocanoinognicircostanza.Fraiduevièunasimbiosicosìstrettacheilconcettoʹbueʹècomelʹanimadellʹimmagineacusticaboeuf(...).Il significanteèlatraduzionefonicadiunconcetto;ilsignificatoèlacontropartementaledelsignificante.Questaconsustanzialitàdelsignificanteedelsignificatoassicura lʹunitàstrutturaledelsegno linguisticoʺ [Benveniste1966:63sg.].

Laconseguenzapiùeminentedellʹineditorapporto,impostodaSaussurealleduefaccedelsegno,èravvisabilenellacasistica,cheeglicoerentementecompila,deirapportioppositiviresponsabili del valore linguistico. Dopo avere separato i ʺrapporti sintagmaticiʺ daiʺrapportiassociativiʺ,attribuendoaiprimituttoquantodivariabile ilvaloremanifestainognisingoloattodiparole,edaisecondiquantoinvecediinvariabileessoserbatuttaviainqualità di elemento della langue, egli suddivide a loro volta questi ultimimediante duecriterieterogenei.Inprimoluogo,mostracheunaparolapuòassociarsiallealtresiaperlasua radice che per il suo suffisso, e in questi casi lʹassociazione è, ad un tempo, tantofoneticacheconcettuale. Insecondo luogo,egliasserisceche,parimentideterminantiperlʹorigine sincronica del valore, sono i rapporti che affèttano lʹaspetto puramenteconcettuale(sinonimie,antonimie,etc.)oppurelʹaspettopuramentefonetico(paronomasie,omoteleuti,etc.):ʺCosìinenseignement,enseigner,enseignonsecc.vièunelementocomuneatutti i termini, il radicale;ma la parola enseignement può trovarsi implicata in una seriefondata suunaltro elemento comune, il suffisso (cfr.enseignement, armement, changementecc.); lʹassociazione può poggiare altresì sulla sola analogia dei significati (enseignement,instruction, apprentissage, éducation ecc.) o, al contrario, sulla mera comunanza delleimmagini acustiche (per esempio enseignement e justement)ʺ [Saussure 1916: 152].Lʹinclusionediquestʹultimaevenienza,chegliEditorisiaffrettanoaminimizzareinnota,resterebbeinconcepibilenelquadrodellʹarbitrarietàaristotelica,doveʺlameracomunanzadelle immagini acusticheʺ non può svolgerealcunruolonella determinazione del valorelinguistico; viceversa, essa è divenuta ammissibile, ed anzi necessaria, nel quadrodellʹarbitrarietàsaussuriana,doveilsignificante,nullʹaltroessendochelafacciamaterialedel significato, deve serbarne impresse, seppure segretamente, tutte le segmentazionidistintive.

Nel prosieguo della trattazione, Saussure si addentra nel ʺmeccanismo della linguaʺtentando di illustrare come origini, sulla base dei presupposti anzidetti, il valorelinguistico dei segni. Egli chiarisce che, nel parlare, ciascun elemento del sintagma, aprocedere dal fonema, viene opponendosi inconsciamente a tutti quelli che gli sonosostituibilisullʹasseassociativo,eche,daquestaopposizione,essoricavaquanto,delsuovalore,nondipendedalcontestosintagmatico.Tuttaviasiimbattequiinunproblemacheresterà insoluto e chegli impediràdi fornire alla teoriaunpreciso riscontro empirico. Siavvede infatti che, a fronte di valori concettuali relativamente definiti e determinati, ilnumero e lʹordine dei rapporti associativi possibili appare invece indefinito eindeterminato [Saussure 1916: 152 sg.]. Solo nel caso delle declinazionimorfologiche glisembra dipoter dire che il numero sia concluso e che dunque lʹorigine del valorepossaessere determinata con chiarezza dallʹopposizione ad un numero finito di alternativepossibili (è la strada poi battuta da Hjelmslev [1935]). Saussure non può ancoraimmaginarecheventiseiannipiùtardi,conisuoiGrundzügederPhonologie,Trubeckojfarà

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delsistemafonematico,mediantelanozionediʺtrattodistintivoʺ,quellʹambitoconclusoedordinato di elementi differenziali di cui egli avrebbe ora bisogno, trasformando, ad untempo, la peregrina sua intuizione dei rapporti associativi di natura puramente fonetica(corroborata frattantodaiprogressi dellapsicanalisi [Freud1901 e 1905])nel terrenopiùsicuroepiùsolido,cioèmeglioanalizzabile,perlostudiodellʹoriginedelvalore.

Il linguista che forse più di ogni altro ha insistito sulla natura non arbitraria, manecessaria, del rapporto tra significante e significato è stato Roman Jakobson.Nella suaopera testamentale, redatta a quattro mani con Linda R. Waugh, dopo averdettagliatamente descritto La forma fonica della lingua, egli dedica il quarto ed ultimocapitolo ad una ricognizione sistematica della tradizione di studi sul fonosimbolismo,consegnando in certo modo a questo filone di ricerche il testimone della linguisticamoderna[Jakobson‑Waugh1979:191].Soventemovendodallʹanticadistinzione,operataasuo tempo da Humboldt [1836: 60 sg], tra il fenomeno dellʹonomatopea come mimesiacusticadiunsuonoequellodelsimbolismofonicocomemimesisinesteticadi fattinonnecessariamenteacustici,questiautorihannotaloraconseguitorisultatiragguardevoli.Nelquadro della psicologia della Gestalt, Köhler [1947] ha mostrato sperimentalmente che,sottoponendoaisoggettiunacoppiadifigureastratte,dellequalilʹunacurvilineaelʹaltraangolare, e proponendo loro di associarvi due parole senza senso come ʺmalumaʺ eʺtaketeʺ,essitendevanoapreferirelecontinuesonoredi/maluma/,piùaperteegravi,perdesignare i contorni più morbidi della figura curvilinea, associando invece le occlusivesordedi/takete/,piùchiuseeacute,alleapparenzespigoloseeduredellafiguraangolare;questoesperimentodiederisultati concordi inGermania,negliStatiUnitie inTanganica[Jakobson‑Waugh1979eHörmann1976:316].Incampolinguistico,esperimentianaloghifurono condottiper laprima volta daSapir, il quale sottoposeai suoi soggetti le parolesenza senso ʺmalʺ e ʺmilʺ, chiedendo loro di associarle a due tavole di differentidimensioni. Nella grande maggioranza dei casi essi scelsero la vocale più aperta e piùgravedi /mal/perdesignare la tavoladidimensionimaggiori, lavocalepiùchiusaepiùacuta di /mil/ per quella di dimensioni minori. Lʹesperimento fu ripetuto in differenticondizioni ediede risultati talmente regolari che il fonosimbolismodi /i/ comeemblemauniversale della ʺpiccolezzaʺ appare oggi accettato dalla gran parte della letteratura[Jakobson‑Waugh1979:198sgg.eHörmann1976:317].

Undifferentefilonediricerca,decisamentepiùaffineainostriintenti,èquelloinauguratonel secondo dopoguerra da Householder e da Bolinger. Piuttosto che versarsiimmediatamente (ed imprudentemente) nella ricerca di possibili ʺuniversalifonosimboliciʺ, questi autori hanno preferito sondare la consistenza del lessico dellapropria linguamadre, riuscendoa dimostrare comeesso tendaa rapprendersi intornoasonorità simili per esprimere significati simili: ciò sia in concomitanza con le radicietimologiche, sia a dispetto di esse, configurando, a giudizio di Jakobson, una sorta diʺetimologia sincronica sui generisʺ [Jakobson‑Waugh 1979: 213]. Seguendo forse unsuggerimentodiJespersen,ècomeseBolingerfacessevalereiprincipidellʹanalogiaedellaparetimologianellʹanalisi del repertorio sincronico,mostrando come la distribuzione deivalori fonetici tenda a ricalcare, simboleggiandola, quella dei valori semantici. Cosìunʹopposizionecomeʺflapʺ[battereleggermente]controʺflipʺ[dareuncolpetto],mentresi

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inscrive per un verso nella serie a consonantismo iniziale in /fl‑/, che ne condivide ilsemantismo dinamico, esibito da ʺflopʺ [lasciar cadere pesantemente], ʺflakeʺ [fioccare],ʺflutterʺ[agitarsi],ʺflickerʺ[guizzare],ʺflingʺ[gettare],ʺflitʺ[svolazzare],ʺflurryʺ[agitare],ʺflirtʺ [muovere in fretta],per lʹaltro siprosegue nellʹopposizione,dotata anchʹessadiunpropriosemantismo,questavoltadicaratteredimensionale,traglielementivocaliciin/‑æ‑/ e quelli in /‑i‑/, che vede ad esempio ʺslapʺ [schiaffeggiare], ʺclapʺ [battere], ʺrapʺ[picchiare], ʺtapʺ [picchiettare] opporsi a ʺnipʺ [pizzicare], ʺclipʺ [graffiare], ʺtipʺ [colpireleggermente], ʺsipʺ [sorseggiare], ʺpipʺ [pigolare], ʺquipʺ [punzecchiare]. Sembra diassistere, qui, ad una perlustrazione a tappeto di quei rapporti associativi di naturapuramentefoneticacheSaussureavevapostotraledeterminantidelvalore.

Nelriferireconfavorequestiedaltririsultati,Jakobsonsipremuradisegnalarneillimite,offrendoci in talmodo ildestroperunanuova impostazionedelle indagini.Giànel1963egliavevaavvertito:ʺIlsimbolismofonicoè,senzadubbio,unarelazioneoggettivabasatasu di una connessione fenomenica fra modi sensori differenti, in particolare fralʹesperienza visiva e uditiva. Se i risultati delle ricerche fatte inquesto campo sono statitalvoltavaghiediscutibili,ciòdipendeinprimoluogodaunascarsaattenzioneprestataaimetodidʹindaginepsicologicae/olinguistica.Specialmentedalpuntodivistalinguisticoilquadroèstatospessodeformatodallʹassenzadiconsiderazionedellʹaspettofonematicodeisuoni del linguaggioo dallʹoperare, naturalmente senza risultato, conunità fonematichecomplesse invece che con i loro componenti ultimiʺ [Jakobson 1963: 211]. Ora, nel 1979,egli ribadisce e precisa il concetto: ʺla maggior parte delle difficoltà incontrate daglistudiosidiʹfoneticaimpressivaʹeranodovutealfattocheessiricercavanoilvalorepropriodiinterifonemi,enondeilorotrattidistintivi(...).Lamaggiorpartedelleobiezionimossealla ricerca dellʹintimo significato dei suoni del linguaggio derivano dal fatto che questiultiminonvenivanoscompostinei lorocostituentifondamentaliʺ[Jakobson‑Waugh1979:196]. Queste avvertenze rappresentano non solo un prezioso correttivo per gli studi diʺfonetica impressivaʺ ma, anche, esse forniscono la chiave per portare a soluzione ilproblema saussurianodelladeterminazionedel valore. Infatti, lʹindicazione diprocederedaglielementiminimirisolveinunsolcolpotantolaquestionedelnumeroindefinitodeirapportiassociativi,quantoquelladelloroordineindeterminato.

Bisognapremettereche,secisiinterrogasullʹoriginedellʹaspettoconcettualedelvalore,sideve recisamente abbandonare tutto quanto, nel sistema dei rapporti associativi, lopresupponga come già determinato. Lʹintera schiera dei rapporti concettuali, sia che sipresentino allo stato puro (sinonimia, antonimia, iperonimia, iponimia, etc.), siacorroborati da unʹassociazione fonetica (radici, prefissi, suffissi, desinenze, etc.), nonpossonooffrirelumicircailmodoincuiilvaloreconcettualesidetermini,giacchéessilorichiedonoqualepropriacondizionedʹesistenza.Eʹtautologico,adesempio,affermarecheilvalore[dare]diʺdàʺsideterminiconcettualmenteopponendosialvalore[avere]diʺhaʺ,perché tale associazione concettuale ha luogo precisamente in virtù del fatto che i duevalorisianogiàdeterminaticomecontrarisemantici,edunquenonpuòspiegareinalcunmodo che cosa, nel sistema, fa sì che essi lo siano. Per ottenere qualcosa che si possaavvicinareaunaʺspiegazioneʺdelvaloreconcettualediunsegnoènecessarioavvalersidifattori chenon lopresuppongano comegiàdeterminato e, dunque,necessariamente, dei

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rapportiassociatividinatura fonetica,siachesipresentinoallostatopuro(paronomasie,omoteleuti, allitterazioni, assonanze etc.), sia combinati con associazioni concettuali(radici, prefissi, suffissi, desinenze, etc.). In relazione allʹesempio appena considerato, sipotrà dire allora che ʺhaʺ /ʹa/ si associa foneticamente a ʺdàʺ /ʹda/ in virtù della suasomiglianza sensibile e che, dalle caratteristiche peculiari di questa, nel confrontodifferenzialecontuttelealtreassociazionianaloghe(ʺsaʺ,ʺfaʺeʺvaʺ),emergelʹinclinazionediʺdàʺ/ʹda/arivestireilruolodicontrariosemanticodiʺhaʺ/ʹa/,inqualitàdisuocontrariofonetico, giacché rappresenta il solo verbo in occlusiva della serie, di fronte al verbo dimassimaapertura.Analogamente,eperlastessaragione,lerispettiveformeatoneʺaʺ/a/[destinazione]eʺdaʺ/da/[provenienza]tenderannoadopporsi,alorovolta,comecontrarisemantici.Sequestogenerediriscontripervenisseadesibireunbuongradodiregolaritàentro il sistema di una medesima lingua, si potrebbe ben chiamare, allora, unaʺspiegazioneʺ dellʹorigine sincronica del valore concettuale, in quanto certamente non loannoveratraipropripresupposti.

Limitandocosì il campoalle soleassociazionidi carattere fonetico,siavrannosubitodeicriteri univoci per classificarle, così nel numero, come nellʹordine. In primo luogo, ilnumero dei rapporti più immediati verrà ad essere definito da tutte le parole checondividonolestessedimensionidelcorpofonico,giacchélalunghezzadiunaparolaèilprincipale fattore di similarità con le altre. Poiché allʹaumentare dei fonemi cresce ilnumero delle loro permutazioni e, dunque, delle parole che condividono la stessadimensione, lʹindicazione di Jakobson circa gli ʺelementi minimiʺ suona qui, anzitutto,come unmonito a procedere dalle parole più brevi, per le quali il numero dei rapportiassociativi possibili sia minimo, e quindi più facilmente analizzabile. Per esempio, leparoleitalianediunsolosuono,chefrapocoesamineremo,sonosoltanto7,perchéquestoè il numero delle vocali disponibili; ma le parole di due fonemi sono già 77, perché ilnumerodipermutazionipossibilitraunavocaleeunaconsonanteèassaimaggiore;alorovolta, le parole di tre fonemi sono 252, perché ancora superiore è il numero dipermutazionipossibilitratreelementi,ecosìvia.Unaparolamonofonematicasiassocierà,anzitutto,conlealtreparolemonofonematiche,chelesonosostituibiliarticolatoriamenteeprosodicamente nello stesso contesto sintagmatico (e dalle quali deve, perciò, anzituttodistinguersi): dallʹopposizione conesse, riceverà laporzione decisiva delproprio valore;unaparolabifonematicafaràlostesso,perprimacosa,conlealtreparolebifonematiche,ecosìunaparoladitre,quattroocinquefonemi.Nellʹinsieme,naturalmente,tutteleparolesioppongonoatutte,mailmodocorrettodiesaminarle,nelrispettodellarealtàfonetica,èprocedendodallepiùbrevi,edalrapportocheesseintrattengonoconlepiùsimili.

Entro il limite stabilito dalle dimensioni del corpo fonico, la similarità fonetica tra dueparole, e dunque la priorità gerarchica del loro rapporto associativo, sarà sempremisurabile in modo univoco mediante il numero dei tratti distintivi che le separano.Perciò, lʹordine dei rapporti associativi daprendere in considerazione,quantoallʹoriginedelvaloreconcettuale,saràasuavoltadeterminatodaunaseriedicerchiconcentrici,cheseparanoviaviaunaparola(peres.ʺfaʺ/fa/)datuttequellechesenedifferenzianoperunsolo tratto (per es. ʺsaʺ /sa/ [luogo] e ʺvaʺ /va/ [sonorità]), poi da quelle che se nedifferenzianoperduetratti(peres.ʺfuʺ/fu/[luogo,apertura]),quindidaquellechesene

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differenzianopertretratti(peres.ʺdàʺ/da/[luogo,apertura,sonorità]),ecosìvia,primadipassare a considerare i suoi rapporti con parole di altre dimensioni. In questa sede,tuttavia, noi ci occuperemo solo della dimensione minima, costituita dai settemonofonemi, riservando ad un momento successivo la disamina delle dimensioniulteriori. Se abbiamo ardito prospettarne qualche esempio, non ancora corroborato dalquadrocomplessivo,èstatosoloperavvisarecheirilieviseguenti,concernentileparolediun solo suono, non rappresentano evenienze occasionali, ma appaiono confortatidallʹindagine condotta sulla totalità deimonosillabi italiani, ossia sul 40,3% delle formeoccorrenti in un enunciatomedio. Le due determinazioni appena profilate, nel numerocomenellʹordinedeirapportiassociativi,fannosì,dʹaltraparte,che,divoltainvolta,cisiadato considerare non già un campione occasionale di rapporti in atto, bensì la totalitàdelimitatadeirapportipossibili.Inaltritermini,esseciconsentonodicontemplare,grossomodo, quello stesso sistema di alternative sensomotorie che lʹorganismo vivente di unparlante, ogni qualvolta realizzi un atto di parole, deve a sua volta, inconsciamente,considerare.

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2. I monofonemi vocalici dell'italiano standard.

Lʹitalianocioffreunasituazionedipartenzasingolarmentevantaggiosa:latotalitàdeisuoifonemi vocalici, infatti, eccettuato solamente /u/, costituiscono, isolatamente presi,altrettante parole grammaticali. Esse sono: i ʺarticolo determinativo pluraleʺ, eʺcongiunzione copulativa sempliceʺ, è ʺterza persona del verbo essereʺ, a ʺpreposizionelocativasempliceʺ,haʺterzapersonadelverboavereʺ,hoʺprimapersonadelverboavereʺ,o ʺcongiunzione disgiuntiva sempliceʺ. Lʹestremo posteriore /u/, non facendo parolaalcuna,edessendoilsoloanonfarne, indicatipicamente,nellanostralingua,lʹemissioneprelinguistica della voce umana (il verso del selvaggio, del bruto) o umanoide (dellascimmia, del fantasma) e può essere considerato, prima che come forma interiettiva(funzionecomuneaglialtrielementi),comelametaonomatopeacheriproduce,allʹinternodel linguaggio articolato, il suono prelinguistico della voce come tale (funzione di suapertinenzaesclusiva):uh!.Ilsuovalore,dunque,perquantoeccentrico,simostragiàcomela risultante oppositiva degli altri sette: essendo il solo, tra essi, a non significare nulla,significa,appunto,lavoce(uox)chenonsignificanulla.

Lesetteparolerimanenticostituisconolatotalitàdelimitatadeimonofonemigrammaticalidellʹitaliano standard. Esse rappresentano tutti i segni, dotati di un nome grammaticale,chepossanomeritareiltitolodielementari,componendosiciascunadiununicoelemento.Lalorocollocazionenelsistemafoneticoèlasolaapoteresseredescrittainmodounivocomediante una figura piana, ossia mediante le due sole coordinate necessarie arappresentarneitrattidistintivi:ilgradodiapertura(olaformanteacusticaF1)eilluogodi articolazione (o la formante acustica F2). Nonappena ci addentrassimo nellʹesame diparole più lunghe, a cominciare dai bifonemi, constateremmo immediatamentelʹinsufficienzadiunasingolafigurapianaadesaurireilnoverodellevariabiliingioco:daunlato,infatti,ilsistemadelleconsonanticomporterebbe,comeminimo,nonpiùdue,maalmeno tre tratti distintivi (luogo, apertura, sonorità) e, dallʹaltro, a questi andrebberoancora assommati quelli necessari per descrivere la vocale dʹappoggio (per es. ʺteʺ /te/devʹesseredefinitoalmeno[occlusiva;dentale;sorda]+[mediochiusa;anteriore]);persinocosì, tuttavia, non sarebbe ancora adeguatamente rappresentato lʹordine sintagmaticorelativo degli elementi (cioè, adesempio, la differenza tra /ad/ e /da/).Viceversa, qui, lastruttura elementare delle parole, composte ciascuna di unʹunica vocale, ci offre ilragguardevole vantaggio diun quadrodescrittivo semplice edesauriente, integralmenteriassuntodaunafigurabidimensionale.

Oltre ad essere le più brevi, queste sette parole sono anche, nella loro media, la classefonetica più frequente della lingua italiana [dati LIP 1993]. Da sole, esse costituiscono il7,7% di tutto il lessico adoperato in un enunciato medio: ʺiʺ (0,554%), ʺeʺ (2,088%), ʺèʺ(2,253%),ʺaʺ (1,529%),ʺhaʺ(0,552%),ʺhoʺ(0,501%),ʺoʺ(0,267%),possonodunqueabuon

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diritto considerarsi quali prototipi eminenti dellʹordinaria esperienza del parlare. Qualechesialʹargomentodicuisiparla,èsemprepermezzodiessecheseneparla,einessesiripropone,piùcostantementechealtrove, lʹesperienza iteratadiun certovalore fonetico,collegato con il suo aspetto concettuale. La brevità e la frequenza dʹuso sono del restoconnessetralorodaunprincipiodieconomia.Parolechesiadottanocosìfrequentementedarisultareirrinunciabiliinognitipodicontestotenderanno,indiacronia,acondensareilproprio corpo fonico, per meglio prestarsi a situazioni enunciative ʺvelociʺ.Reciprocamente, a parità di prestazione semantica, la lingua tenderà a selezionare, insincronia, come le più maneggevoli, le parole più brevi, riservando le più lunghe aicontesti ʺlentiʺ.Nelnostrocaso, tutte leparolehannosubìto, inrelazioneallebasi latine,un drastico ridimensionamento. Esso appare più spiccato, tuttavia, nei casi in cui,essendosi dilatata la funzione sintattica, sono assurte a ruoli più generici, e quindi aposizionidimaggiore frequenza.Così inAD>aedinET>e,dove lafunzioneèrimastapressoché immutata, il rapporto di riduzione è statominimo, soltanto di 2:1;ma già inAUT > o, dove il valore si è esteso a quello di VEL, in EST > è il quale, da copula, hacominciato a funzionare anche come verbo ausiliare, e in ILLI > i, che da pronomedimostrativoèdiventatoarticolo,ilrapportoèpiùalto,di3:1;infine,inHABET>*AT>hache, comeHABEO> *AO>ho, da semplice verbodi possesso è diventato lʹausiliare pereccellenza, il rapportodiriduzioneèstatomassimo,di4:1.Lastoriadella linguasembradunque confermare una tendenza alla riduzione del corpo fonico con lʹaumentare dellafrequenza dʹuso, concordemente ai dati sincronici offerti dal lessico di frequenza.Considerando questo gruppo di parole, allora, noi consideriamo, nello stesso tempo, ilsistemapiùsempliceemegliodescrivibilechelalinguacioffra,evitandocosìdiimbatterciin problemi di cui ignoreremmo i termini costitutivi, ma anche il sistema piùrappresentativo, quanto alla comune esperienza del parlare, cioè quello a massimafrequenza dʹuso, evitando così di costruire teoremi su fatti che potrebbero rivelarsimarginali.

Sesidispongonoisettemonofonemisullafiguradeltriangolovocalico,checostituisceunasemplificazione per noi sufficiente del trapezio fonetico internazionale, descrivendone alivellosiaarticolatoriocheacusticoitrattifonematicidistintivi,sinotacheladistribuzionerelativadeivalorisemanticiavvieneinconformitàconquelladeiloroaspettifonetici.

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Eʹdecisivoporrelʹaccentosultermineʺrelativaʺ:nonsonoingiocolesignificationsassolutedeglielementi isolati, bensì i lorosignifiés, i loro ʺvaloriconcettualiʺ, le lorodifferenze inrelazione agli elementi circonvicini. Siccome la figura rappresenta il sistema delledifferenzefonetiche,nellamisuraincuiilsistemadelledifferenzesemantichesiadispostoasuavoltasecondolesimmetriedellafigura,saràpossibileasserirecheiduesistemisianotra loro isomorfici, ovvero che la formadelle differenze tra i suoni sia simile alla formadelle differenze tra i concetti, e quindi ne costituisca il simbolo. Ad un primo sguardoingenuo,risultanoprestoevidentiiseguentifatti:1)tuttiiverbisiconcentranointornoalvertice centrale del triangolo, nella regione di massima apertura; 2) i gradi aperti dellevocali medie (/ɛ, ɔ/) si oppongono ai gradi chiusi (/e, o/) come due parti variabili deldiscorso (entrambe verbi ausiliari) a due parti invariabili del discorso (entrambecongiunzionisemplici);3)isignificatidellevocalimediechiuse(copulativa,disgiuntiva)sioppongono tra loro concettualmente come i rispettivi luoghi di articolazione (anteriore,posteriore)sioppongonofoneticamente;4)isignificatidellevocalimedieaperte(IIIessere,I avere) si oppongono tra loro concettualmente come i rispettivi luoghi di articolazione(anteriore, posteriore) si oppongono foneticamente; 5) il significato di ʺhaʺ, che èarticolatoriamente ed acusticamente centrale tra ʺèʺ ed ʺhoʺ, si compone permetà di untrattodellʹuno (III persona), permetà diun trattodellʹaltro (avere) ed è dunque centraleanchemorfologicamente.

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Già a prima vista, il quadro appare dunque altamente isomorfico, poiché a posizionifonetiche opposte corrispondono opposti valori semantici. Sottoporremo adesso questaimpressioneaduna verifica dettagliata, esaminandopartitamente le direttrici oppositivelungo gli assi di simmetria della figura, per misurare fino a che punto le proprietàgeometriche di essa, e cioè del sistema fonematico del vocalismo italiano, possano dirsiriflesse nella struttura dei rapporti semantici. Ci domanderemo in ogni caso se, in chemisura, e in che senso, le opposizioni semantiche possano dirsi isomorfiche a quellefonetiche. Giacché, infatti, lo statuto della semantica in quanto disciplina è ben lontanodallʹoffrirci certezze paragonabili a quelle della fonetica, nostro intento non potrà esseresoloquellodistabilireunisomorfismo,madovremoarrischiarciancheneldefinireilpuntodivistada cui lʹisomorfismoèpossibile.Senzanasconderci cheognidescrizioneèanche,sempre,unacostruzione,tenteremodiistituirelosguardo ingradodidarsensoallecosequaliappaiono.Infatti,chelecosestianocomestanno,èlapuraesempliceevidenza.Maquellochenonèpuroesemplice,èilnostrosguardosuesse.Cheinunasolacosavogliavedernedue:ciòmostrailsuononessereafuoco.Iltriangolovocalicopuòesserepernoicomeiltelemetroadimmaginespezzataperunavecchiamacchinafotografica:traducendola sfocatura dellʹimmagine in due metà che possono coincidere, esso permette dipossedernelamisura,ecosìdimettereafuocolʹimmagine.Ciòchepernoièsfocato,èilvaloredelleparole:leduemetàchepossonocoincidere,significanteesignificato.

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a.Ladirettricepuntualecentrale.

Ilverticecentraledeltriangoloèoccupatodallʹopposizionediʺaʺ[preposizionesemplice;locativa]controʺhaʺ[terzapersona;avere].Lavocalecentraleèlʹunica,traimonofonemi,adare adito a due parole distinte. Esse costituiscono, sullʹasse associativo, una coppia diomofoni perfetti: emesse isolatamente, risultano indistinguibili. Tuttavia, sullʹassesintagmatico,inrelazionecioèaglialtrielementidellafrase,ledueparolepossonoancoradistinguersi,quantoallʹaspettomaterialedelvalore,invirtùdellapossibilità,perʺhaʺ/ʹa/,diriceverelʹaccento,cheviceversasuʺaʺ /a/è inusuale.ʺHaʺ /ʹa/controʺaʺ /a/costituiscedunque la minima opposizione possibile nellʹaspetto materiale del valore, basataesclusivamentesuunadifferenzadʹaccento.Ladirettricelungocuilʹopposizionehaluogononèorizzontale,néverticale,oobliqua:nonconcernecioèunadifferenzadi[luogo]nédi[apertura], né entrambe. Essa, anzi, non riguarda nemmeno lo spazio articolatorio cometale, in quanto è solo rispetto al tempo dellʹenunciato che lʹaccento può svolgere la suafunzionedistintiva.Dunque,inrelazioneallafigura,ladirettriceoppositiva/a/contro/ʹa/non riposa sulmedesimo piano, bensì lʹattraversa a perpendicolo in un punto inesteso,come un asse virtuale che, dal vertice del triangolo, fuoriesca verso lʹocchio di chi loguarda.

Primorapportoisomorfico/a/:/ʹa/=ʺaʺ:ʺhaʺ

In checosaconsiste lʹaspettoconcettualediquestaopposizioneultima,ridottaaiminimitermini, nellʹaspetto materiale del valore? Sotto il profilo morfosintattico, essa non puòessere definita che come la differenza tra una parte [invariabile], ʺaʺ /a/, atona, ed unaparte[variabile]deldiscorsoʺhaʺ/ʹa/,tonica.Infattiledueparolesonotalmentediversetralorocheirispettivinomigrammaticali[preposizionesemplice;locativa]e[verbo;ausiliare;avere; indicativo; presente; singolare; terza persona] non consentono di accluderle entronessuna classe, che non sia il mero far parte del discorso articolato. Sotto il profilosemantico, tuttavia, la differenza tra i due elementi può essere còlta, a dispettodellʹapparente incommensurabilità, ricorrendo al metodo dei ʺcontesti identiciʺ. Un

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contesto identico è unmodello elementare di frase, calato in un modello elementare disituazioneenunciativa, tale che, sostituendovi unelemento senza riguardoal suo valoremorfosintattico, ne resti comunque perspicuo il valore semantico, in rapporto allasituazione considerata. Prendiamo due esempi. Nel primo, un gruppo di ragazzi sidividonoinsquadre,fannolaconta,edicono:ʺMarioaFabioʺ/ʹmarjoafʹfabjo/chesignifica[Mario>>Fabio]oppure[Mario∍Fabio]cioèʺMariova(ascritto)aFabioʺoppureʺMarioècontenutonellʹinsiemediFabioʺ. Se in questa fraseoperiamo la sostituzione, e facciamoche dicano invece ʺMario ha Fabioʺ /ʹmarjoʹafʹfabjo/ quello che accade sotto il profilosemantico è un rovesciamento polare della situazione: ora la frase significa [Mario <<Fabio] oppure [Mario∈ Fabio] cioè ʺFabio va (ascritto) a Marioʺ oppure ʺLʹinsieme diMario contiene Fabioʺ. Nella seconda situazione, due amici commentano una fotografia,che raffigura un uomo vicino a una casa, e dicono: ʺMario a casaʺ /ʹmarjoakʹkasa/, chesignifica[Mario>>casa]oppure[Mario∍casa],cioèʺMariova(ascritto)allacasaʺoppureʺMarioècontenutonellʹinsiemedellacasaʺ.Seanchequioperiamolastessasostituzione,efacciamochedicanoinveceʺMariohacasaʺ/ʹmarjoʹakʹkasa/,dinuovoilvaloredellafrasesiinverte,eprendeasignificarelʹopposto:[Mario<<casa]oppure[Mario∈ casa]cioèʺLacasava(ascritta)aMarioʺoppureʺLʹinsiemediMariocontienelacasaʺ.Così:

Il punto di vista da cui il valore semantico di ʺaʺ si oppone a quello di ʺhaʺ come uncontrariopolare,ecioènellostessomodoincuiilsuoaspettofonetico[atona]siopponeaquellodi[tonica],èdunqueravvisabilenelrapportodʹinclusione.Ilcomuneriferimentoallapotenzaprimadellospazio,quelladicontenere,costituisce,perleduesoleparolechenonsioppongonotraloronellospazio,maneltempo,ilterrenosemanticosulqualemisurarelareciprocadistanza.ʺAʺstadifronteadʺhaʺcomeilcontenutostadifrontealcontenente,come il convesso stadi frontealconcavo,o comeun locativo stadi fronteaun locus. Ineffetti,ilvalorecaratteristicodiʺaʺ[preposizionesemplice]èpropriounvalore[locativo],cheserveadesignarelostatooilmotoaluogo(dicuichiaramenteilʺdativoʺèunaformafigurata),mentreallʹincontroilvalorecaratteristicodiʺhaʺ[terzapersona;avere]èquellodiunsoggettocapacedicontenereinséuncomplementooggetto,cioèdicostituirneillocus(lʹopposto, dunque, della figurazione di un ʺdareʺ: un avere). Lʹelemento [contenuto] o[convesso] ʺaʺ costituisce un vettore, cioè ha potenza di quiete o di moto, mentrelʹelemento [contentente] o [concavo] ʺhaʺ è puramente stativo, avendo convertito lapropriapotenzadimotonellavirtualitàmotoriadiunagire.Siosserviche ilrapportodiinclusione, asse semantico tra i dueelementi, rappresenta, secondoPiaget [1966 e 1973],lʹarchitravediquellaʺlogicasensomotoriaʺcheprecedeeprepara,allafinedelprimoannodivita,lacomparsadellinguaggionelbambino.Sesivolesserappresentarnelʹequivocitàconunsimboloelementareedantico,bisognerebbericorrerealseguente:

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Laminima opposizione possibile nellʹaspettomateriale del valore, /a/ contro /ʹa/,mette capo allamassima opposizione possibile nel suo aspetto concettuale, ʺaʺ contro ʺhaʺ: sotto il profilomorfosintattico, [invariabile] contro [variabile]; sotto il profilo semantico, [contenuto o convesso]contro[contenenteoconcavo].

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b.Ladirettriceorizzontale.

Ciascunodei tre gradi di apertura inferiori a quello di /a/presenta una coppia di valorifoneticioppostilungoladirettriceorizzontale,checioèsidifferenzianotralorosolamenteper il luogo di articolazione, restando invariato invece il grado di apertura: a una serievieppiù[anteriore] /ɛ,e, i/ siopponeunaserie [posteriore] /ɔ,o,u/.La figurapuòesserelettasiacome lasommadiqueste treopposizioniorizzontali (freccebiunivoche)rispettoallʹasse di simmetria centrale, sia come il gradiente continuo (freccia tratteggiata) che daunestremoarticolatorioraggiungelʹestremoopposto.Poichéletrecoppiesimmetrichesidifferenziano per un solo tratto (il [luogo]), mentre il gradiente continuo comportavariazioni simultanee su due tratti (il [luogo] e lʹ[apertura]), procederemo esaminandoprimaleopposizionisimmetricheepoiilgradientecontinuo.

Secondorapportoisomorfico/ɛ / :/ɔ / =ʺèʺ:ʺhoʺ

Sulgradodiapertura[medioaperto],doveladistanzada/a/èminima,edoveèminimaladistanzareciprocaallʹinternodellacoppia,sitrovanoivalorifonetici/ɛ/[anteriore]contro/ɔ/[posteriore],ilcuiaspettosemanticoèrappresentatodaʺèʺ[terzapersona;essere]controʺhoʺ [prima persona; avere]. Come i primi condividono tra loro il tratto fonologico[medioaperta], così i secondi condividono tra loro la maggior parte dei loro trattimorfologici,cioè[partevariabile;verbo;ausiliare;indicativo;presente;singolare];ecomegli uni differiscono tra loro per il tratto [anteriore] contro [posteriore], così gli altri sidifferenzianoperitratti[terzapersona;essere]contro[primapersona;avere].Lʹopposizionedi [essere] contro [avere] costituisce unʹopposizione semantica polare, poiché i due verbiesauriscono il novero dei verbi ausiliari dellʹitaliano, e si fronteggiano perciò come unacoppiadicontrariperfettamentesimmetrica,allastreguadi[anteriore]contro[posteriore].Lʹopposizione dei tratti [terza persona] contro [prima persona], invece, non può dirsipolaresottoilprofilomorfologico,poiché leduepersonenonesauriscono ilnoverodelle

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personeverbali,esifronteggianopiuttostocomedueelementidiunatriade,dicuimanchiancora il terzo elemento, cioè la seconda persona. Tuttavia, se si oltrepassa il terrenomorfologico,peraddentrarsiinquellosemantico,èpossibileguadagnareanchequi,comegiànelcasodi/a/,unpuntodivistadacuilasceltaoperatadallalinguaappaia,adircosì,ragionevolmente oculata. Infatti, la triade delle persone, che la morfologia ci presentacome esattamente equidistanti, nasconde prerogative semantiche non trascurabili (cfr.Benveniste 1966: 269 sgg.): laddove la [prima persona] designa in aeterno un referenteunico ed identico per chiunque la usi (ʺioʺ), la [seconda] e la [terza persona] designanoinvece nel tempo referentimolteplici e variabili (ʺtuʺ e ʺluiʺ) che, almutare del contestodiscorsivo,possonoanchescambiarsidiposto(luiesserchiamatoʺtuʺetuʺluiʺ).Dalpuntodi vista del parlante, la distinzione primitiva e fondamentale è quella tra sé ([primapersona]) e lʹaltro da sé ([terza persona / impersonale]), allʹinterno del quale, e adeterminatecondizioni,vieneadistinguersipoi la [secondapersona],comecoleiche, tratutte quelle distinte da ʺioʺ, è la meno distante. Questʹultima figura insomma,semanticamente, come una sottospecie, o un caso particolare, della terza persona. Traparentesi, ciò corrispondeal fatto che, tra imonosillabi italiani,primae terzapersona siopponganodinormacomeiduefonemidesinenziali/‑o/contro/‑a/(ʺfoʹ,voʹ,so,do,stoʺcontro ʺfa, va, sa, dà, staʺ), mentre la seconda persona appare in genere come unavariazione sul temadella terza: /‑ai/ (ʺfai, vai, sai,dai, staiʺ).Dʹaltronde,nonper caso, laterzapersonamorfologicaoccorreordinariamenteancheperdesignarelasecondapersonasemantica,nelcasononsiabbiafamiliaritàconessa,ecioènelleformuledicortesia.ʺLeièsicuro?Iohodeidubbiʺ.Inquestocaso,ilvaloremorfologicodi[terzapersona]siopponea quello di [prima persona] come una [seconda persona] semantica. Lʹopposizione,dunque, tra ʺèʺ [terza persona] ed ʺhoʺ [prima persona], fintanto che non compaia nelquadrouna[secondapersona]morfologica,devʹessereconcepitacomelʹopposizionediun[impersonale] contro una [prima persona], ravvisando in ʺèʺ quel valore generico, giàdistintodaʺhoʺ,manonancoradaʺhaiʺ,ilqualeconsentedidire,perunverso,ʺEʹsereno(qui)ʺ,riferendosialmondoingenerale,cosìcomeʺEʹsereno(lui)ʺ,riferendosi,nelmondoin generale, a uno; e però anche, per lʹaltro, ʺEʹ sereno (lei)ʺ, riferendosi, nelmondo ingenerale,acoluichesihadifronte.Sottoilprofilosemantico,pertanto,esegnatamentedalpuntodivistadelparlante,nelsuorapportodifferenzialeconilmondo,ancheilsecondotrattodiʺèʺ[terzapersona],puòessereoppostoaquellodiʺhoʺ[primapersona],comeuncontrariopolare,ecioècome[nonio]siopponea[io],analogamenteaquantoavvienetrailtrattofonologico[anteriore]eiltrattofonologico[posteriore].

Nellʹinsieme, la medioaperta anteriore /ɛ/ si oppone alla medioaperta posteriore /ɔ/, che necostituisceilcontrariofonetico,cosìcomelaterzapersonadelverboessereʺèʺsiopponeallaprimapersonadelverboavereʺhoʺ,chenecostituisceilcontrariosemantico.

Primatriangolazione/ɛ / :/ʹa/:/ɔ / =ʺèʺ:ʺhaʺ:ʺhoʺ

La regione dimassimaapertura (/a/, /ɛ/, /ɔ/), si caratterizza,nei confronti delle altre,perospitare la totalità delle forme verbali presenti nel triangolo (ʺhaʺ, ʺèʺ, ʺhoʺ), laddovelʹunico elemento appartenente al sintagmanominale occupa invece uno dei vertici della

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regioneaminimaapertura(ʺiʺ/i/).Delletreformeverbali,ʺhaʺ/a/sitrovafoneticamentealcentro,mentrelealtredue,ʺèʺ/ɛ/edʺhoʺ/ɔ/,sifrontaggiano,comeabbiamovisto,aiduelatideltriangolo.Laformachesitrovaalcentro,ʺhaʺ,ècompiutamentedistinta,sulpianoconcettuale,mediante due soli tratti morfologici, [terza persona] e [avere]. Tutti gli altritratti,[partevariabile;verbo;ausiliare;indicativo;presente;singolare],nonladistinguono,perché essa li condivide integralmente con le due restanti forme. Queste ultime sidistinguono a loro volta dalla prima, e tra di loro,mediante i due trattimorfologici giàvisti,cioèʺèʺ [terzapersona;essere]edʺhoʺ [primapersona;avere].Dunqueʺèʺcondivideconʺhaʺilvaloredi[terzapersona],opponendovisiinveceperilvaloredi[essere];mentreʺhoʺcondivideconʺhaʺ il valoredi [avere],opponendovisi inveceper il valoredi [primapersona].Sicché il valoredella formachesi trovaalcentro, ʺhaʺ [terzapersona;avere], sicompone, permetà, dellametà dei tratti della forma anteriore e, per lʹaltra metà, dellametàdeitrattidellaformaposteriore,significando,comeʺèʺ,una[terzapersona](manondiessere)e,comeʺhoʺ,lʹ[avere](manonallaprimapersona).

Lʹaspettomaterialedelvaloredi/ʹa/èacusticamenteedarticolatoriamentecentraletraquellidi/ʹɛ/edi/ʹɔ/cosìcomeilsuoaspettoconcettualeʺhaʺèsemanticamentecentraletraʺèʺedʺhoʺ.

Terzorapportoisomorfico/e/:/o/=ʺeʺ:ʺoʺ

Sulgradodiapertura [mediochiuso],dove ladistanzada /a/èmedia,edoveèmedia ladistanzareciprocaallʹinternodellacoppia,sitrovanoivalorifonetici/e/[anteriore]contro/o/[posteriore],ilcuiaspettosemanticoèrappresentatodaʺeʺ[congiunzione;copulativa]contro ʺoʺ [congiunzione; disgiuntiva]. Come i primi condividono tra loro il trattofonologico [mediochiusa], così i secondi condividono tra loro la metà dei loro trattimorfologici, cioè [congiunzione]; e come quelli si differenziano tra loro per il tratto[anteriore]contro [posteriore],cosìquestisidifferenzianotra loroperitratti[copulativa]contro [disgiuntiva]. Lʹopposizione [copulativa] contro [disgiuntiva] costituisceunʹopposizionesemanticapolare,allastreguadi [anteriore]contro[posteriore],inquantovisifronteggianoiduecontrarioperatorilogiciAND(unitivo)controOR(separativo).

Lamediochiusaanteriore/e/siopponeallamediochiusaposteriore/o/,chenecostituisceilcontrariofonetico,cosìcomelacongiunzionecopulativaʺeʺsiopponeallacongiunzionedisgiuntivaʺoʺ,chenecostituisceilcontrariosemantico.

Secondatriangolazione/e/:/a/:/o/=ʺeʺ:ʺaʺ:ʺoʺ

Comequellotraʺèʺ,ʺhaʺedʺhoʺ,cosìancheilrapportotraʺeʺ[congiunzionecopulativa],ʺaʺ [preposizione locativa] ed ʺoʺ [congiunzione disgiuntiva] può essere riconosciutoisomorfico alla distribuzione articolatoria dei rispettivi fonemi, cioè /e/ [mediochiusaanteriore], /a/ [centrale aperta] ed /o/ [mediochiusa posteriore]. Infatti, come /a/ [aperta]non appartiene al grado di apertura condiviso da /e/ ed /o/ [mediochiuse], così ʺaʺ[preposizione] non appartiene alla categoria morfologica condivisa da ʺeʺ ed ʺoʺ

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[congiunzioni];e,come/a/[centrale]occupaunaposizioneintermediatra/e/[anteriore]ed/o/[posteriore],cosìʺaʺ[locativa]occupaunaposizioneintermediatraʺeʺ[copulativa]edʺoʺ [disgiuntiva]. La differenza espressa dal grado di apertura è quella tra un valoredirezionale e gerarchico ʺaʺ [preposizione], per il quale è pertinente (finanche nel nomegrammaticale) lʹordine relativo degli elementi che lo precedono e che lo seguono (cioèʺLuisaaSaraʺ≠ʺSaraaLuisaʺ),edunacoppiadivalorinondirezionalienongerarchiciʺeʺedʺoʺ[congiunzioni],periquali lʹordinerelativodeglielementicheliprecedonoecheliseguono nonèpertinente (cioè ʺLuisa eSaraʺ = ʺSara eLuisaʺ e ʺLuisaoSaraʺ = ʺSaraoLuisaʺ). Il valore direzionale e gerarchico di ʺaʺ [preposizione] consiste di un vettore[locativo], tale che lʹelemento precedente è collocato dentro, o mosso verso, lʹelementoseguente; onde ʺLuisa a Saraʺ significa [Luisa >> Sara] cioè ʺLuisa muove verso Saraʺoppure[Luisa∍Sara]cioèʺLuisaappartieneallʹinsiemediSaraʺ.Lamedietàespressadalluogo di articolazione è quella di un valore sintetico ʺaʺ [locativo], che associa in unrapportodicompresenzaidueelementichelocircondano,dissociandoliauntempoinunrapportodireciprocaalternativa,rispettoadueoppostivalorianaliticiʺeʺ[copulativa]edʺoʺ[disgiuntiva]deiqualilʹunoassociainunrapportodicompresenzaidueelementichelo circondano, lʹaltro li dissocia in un rapporto di reciproca alternativa. Sicché ʺLuisa aSaraʺ[>>]partecipatantodelfattocheʺLuisaeSaraʺ[>><<]sonocompresenti,quantodelfattocheʺLuisaoSaraʺ[<<>>]ècontenutadentro,oppuremuoveverso,illuogodellʹaltra.Lastessarelazionedimedietàpuòancheessereespressacosì:ʺeʺdefinisceun insieme, ilquale contiene ʺLuisaʺ e ʺSaraʺ [x∈ Luisa, Sara]; ʺoʺdefiniscedue insiemi,dei qualiunocontieneʺLuisaʺ,lʹaltrocontieneʺSaraʺ[x∈ Luisa;y∈ Sara];ʺaʺdefiniscedueinsiemi,deiqualiunocontieneʺLuisaʺ,lʹaltrocontieneʺSaraʺe,insieme,lʹinsiemechecontieneʺLuisaʺ[x∈ Luisa;y∈ Sara,x].Così:

Dunqueʺaʺribadiscericorsivamente,nelsuovaloresemantico,quello stessorapportodiinclusione che ʺeʺ ed ʺoʺ si limitano ad esibire sintatticamente, in virtù della loroprossimità con gli elementi che li circondano. La congiunzione che prende uno dei due(ʺoʺ)elacongiunzionechecomprendeentrambi(ʺeʺ)reperisconopertantoilloroterminemedio nella preposizione semplice che, prendendo uno dei due come quello checomprendeentrambi(ʺaʺ),congiunge,disgiungendoli,iduemembridelsintagma.

Lʹaspettomaterialedelvaloredi/a/èacusticamenteedarticolatoriamentecentraletraquellidi/e/edi/o/,cosìcomeilsuoaspettoconcettualeʺaʺèsemanticamentecentraletraʺeʺedʺoʺ.

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Quartorapportoisomorfico/i/:/u/=ʺiʺ:ʺuh!ʺ

Sul grado di apertura [chiuso], dove la distanza da /a/ èmassima, e dove èmassima ladistanzareciprocaallʹinternodellacoppia,sitrovanoivalorifonetici/i/[anteriore]contro/u/[posteriore],ilcuiaspettosemanticoècostituitodaʺiʺ[articolo;determinativo;plurale]contro ʺuh!ʺ [onomatopea]. Laddove i primi condividono tra loro il tratto fonologico[chiuso],isecondinoncondividonotraloronessuntrattomorfologico,chenonsiailpuroe semplice far parte del discorso; e dove quelli si oppongono per i tratti fonologici[anteriore]contro [posteriore],questisioppongonoper tutti i loro trattimorfologici,cioè[variabile;articolo;determinativo;plurale]contro [invariabile;onomatopea]. Inunprimomomento, perciò, la situazione apparirebbe insondabile: posto di fronte a un uersusgenericocomeʺuh!ʺ, ʺiʺnonsembrapassibiledi alcunadescrizioneoppositiva,capacediqualificarnelostatutoinrelazioneaglialtrielementi.Tuttavia,proprioquestacondizioneeccezionalepotrebbeessere assunta, comegià fuper /u/, quale punto dʹavvioper la suatrattazione, considerando che il valore morfologico di ʺiʺ, nei confronti del resto deltriangolo, non risultamenoeccezionale, costituendoesso lʹunico esponentedel sintagmanominale. In primo luogo, dunque, /u/ ʺuh!ʺ, è la voce che non significa niente (o chesignifica:lavocechenonsignificaniente).Difronteaquestaindeterminazionealquadrato,ʺiʺpossiede,traisuoitrenomigrammaticali,quellodi[determinativo]:essaècioèunaformacapacediintenderequalchecosadispecificoedeterminato.Dunque/i/ʺiʺsicaratterizzainprimo luogo, dinanzi a /u/ ʺuh!ʺ, come un ché capace di determinazione, di controallʹindeterminazione pura. In secondo luogo, /u/ ʺuh!ʺ costituisce unʹonomatopeaautoreferenziale: come tutte le forme interiettive, secondo la classificazione di Jakobson[1963: 185], la sua funzione nel discorso è quella di riferirsi allʹemittente, ma più inparticolare, come onomatopea, essa si riferisce allʹemittente in quanto è lʹemittente di unavoce. Di fronte a questa autoreferenzialità al quadrato, ʺiʺ possiede il nome di [articolo]:essa è cioè una parte del discorso, derivata da un dimostrativo latino, che svolge unafunzione debolmente indessicale, additando degli oggetti extralinguistici. Dunque, insecondo luogo, ʺiʺ si caratterizza, di fronte ad ʺuh!ʺ, come qualcosa in gradodi indicarealtro da sé, di fronte alla pura autoindicazione. In terzo luogo, infine, col segnalarenientʹaltro che il locutore stesso, ʺuh!ʺ costituisce lʹemblema della sua singolarità e, nelmimarne la voce, anche lʹemblema della singolarità timbrica che la contraddistingue(singolareinfattièiltimbrovocale[F0],universaleiltimbrovocalico[F1,F2]).Difronteaquesta singolarità al quadrato, ʺiʺ possiede il nome di [plurale]: esso designa, cioè, lamolteplicitàdeglienti,nongiàlʹunocheparla,bensìimoltidicuiegliparla.Dunque, interzo luogo, ʺiʺ si caratterizza, di fronte ad ʺuh!ʺ, come qualcosa dimolteplice, di fronteallʹunicità assoluta del locutore. I tre nomi grammaticali di ʺiʺ [articolo; determinativo;plurale] appaiono dunque come altrettanti opposti polari delle funzioni semantiche diʺuh!ʺ: [articolo] (cioè indessicale) contro [onomatopea] (cioè autodessicale),[determinativo]contro[indeterminato]e[plurale]contro[singolare].Aconfortodiquestaipotesi, può essere invocato il ricorso alla parola fonetica più prossima ad ʺuh!ʺ che, adifferenza di esso, sia dotata di tratti morfologici distintivi. Il primo (ed unico)monosillabo grammaticale dellʹitaliano standard cominciante per /u‑/ è ʺunʺ: se sicontempla ʺunʺ [articolo; indeterminativo; singolare] di fronte ad ʺiʺ [articolo;

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determinativo;plurale],sivedechelʹopposizionefoneticapolaretra/u/[posteriore]ed/i/[anteriore]continuaatradursiinunaopposizionesemanticaanaloga,incuisiconservano,finanche nei nomi grammaticali, due delle tre coppie oppositive già viste, cioè[indeterminativo]contro[determinativo],e[singolare]contro[plurale].

Lʹestremo anteriore chiuso /i/ si oppone allʹestremo posteriore chiuso /u/, che ne costituisce ilcontrariofonetico,comelʹarticolodeterminativopluraleʺiʺsiopponeallʹonomatopeaʺuh!ʺ,chenecostituisceilcontrariosemantico;o,inalternativa,allʹarticoloindeterminativosingolareʺunʺchenecostituisceilcontrariomorfologico.

Terzatriangolazione/i/:/a/:/u/=ʺiʺ:ʺa/haʺ:ʺuh!ʺ

Come la distanza reciprocamassima ha provocato lamassima divaricazione tra i valoriallʹinterno della coppia, così ora la massima distanza da /a/ lascia supporre che latriangolazione debba avvenire su un piano di maggiore astrazione. Se infatti latriangolazionedellemedioaperte(conʺhaʺ)sieradataimmediatamente,confrontandotraloro i semplici nomi grammaticali, la triangolazione delle mediochiuse (con ʺaʺ),relativamentepiùdistanti,avevagiàrichiestounlivellodiastrazionepiùalto.Oraaccadeanzitutto che, opponendosi ʺiʺ ed ʺuh!ʺ per tutti i loro tratti morfologici, compreso[variabile]contro[invariabile],ilconfrontoconʺaʺedʺhaʺnonpossapiùconcernere,comein precedenza, una sola delle due forme, e cioè quella più simile, ma debba inveceriguardarle entrambe, come le due facce complementari del medesimo rapportodʹinclusione. E tuttavia questo rapporto, che ancora sembrava perspicuo nel caso di ʺeʺcontroʺoʺ,cessaora,dʹuntratto,diapparirepertinente.Néʺiʺnéʺuh!ʺpaionoaverenullaa che fare con lʹinclusione, tanto sul piano semantico quanto su quello sintattico e, sesostituiti inuncontestoidentico (doveanzichénomifigurinocognomi,perdareaditoadʺiʺ)qualeʺNobileaRossiʺ,entrambisicomportanoresecandoognilegametrailprimoedil secondomembro, cioènon li includono inalcun insieme: ʺNobile iRossiʺ, ʺNobileuh!Rossiʺ.Quello che fanno, invece, è,nel primocaso, additare aNobile ʺi Rossiʺ che sonorepentinamente comparsi alla vista; nel secondo, additargli lo stupore nella voce delparlante alla comparsa del ʺsignor Rossiʺ, oppure la sua mimesi maligna della notoriaincapacitàdiquellodiparlare.Essi,cioè, indicanoaldi làdelsintagma,nellʹuncaso,ciòchestafuoridalparlante,nellʹaltro,ciòchestadentrodilui.Sicchéʺiʺ,neiconfrontidiʺaʺ[>>]edʺhaʺ[<<],cheindicavanounapartedelsintagmamettendolainrelazioneconlʹaltra,si potrebbe rappresentare come una freccia ortogonale, che indica il mondo esternomettendoloinrelazioneconilsintagmastesso[Nobile∧Rossi];percontro,ʺuh!ʺpotrebberappresentarsiconunafrecciaugualmentedispostaediversamenteorientata,cheindichiinveceillocutore[Nobile∨Rossi].Intalmodosievidenziacheʺiʺedʺuh!ʺstannotraloroopposticomeʺaʺedʺhaʺ,machelalorodirettriceoppositivanonèlastessa.Ladifferenzapiù evidente che è frattanto intervenuta risiede nel fatto che [atona] è adesso la parte[variabile]ʺiʺ,mentre[tonica]èdivenutalaparte[invariabile]ʺuh!ʺ:iruoli,sottoilprofilomorfosintattico, sisono invertiti.Viceversa,sotto ilprofilo semantico,qualcosaèrimastoimmutato. E questo qualcosa è che ʺiʺ [indessicale] si oppone ancora ad ʺuh!ʺ[autodessicale],comeil[convesso]siopponeal[concavo].Laddoveprima,tuttavia,questaconvessità e questa concavità erano ancora solo due metafore, atte a designare

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rispettivamente il sensoattivodel locarediʺaʺcontroilsensoricettivodel locarediʺhaʺ,oraessesipresentano invececomefuordimetafora:ʺiʺdesignando lostatuto [convesso]degli oggetti esterni, ʺuh!ʺ lo statuto [concavo] del parlante in quanto emittente di unavoce.Eʹ statoallora con troppa fretta cheabbiamo liquidato come inservibile il rapportodʹinclusione. Certo, esso è oramai talmente rescisso da risultare invisibile. Tuttavia, èancora quello che conta,giacchégli oggetti esterni, designati da ʺiʺ, stannoalla voce dellocutore,designatadaʺuh!ʺ,comeicontenutidelsuodiscorsostannoaldiscorsochelicontiene.Il rapporto dimedietà della coppia ʺaʺ contro ʺhaʺ rispetto alla coppia ʺiʺ contro ʺuhʺ èperciò tuttʹaffatto speciale: esso rappresenta, allʹinterno del linguaggio, il trattamento diinclusionecheillinguaggiostessooperasulmondo.Lavocesingolare(ʺuh!ʺ)includeinsélapluralità degli enti (ʺiʺ) articolandosi conessi e, ilmodo in cui lo fa, è articolandoli, alorovolta, tra loro, comecontenenti e contenuti (ʺaʺ ed ʺhaʺ). Se ʺuh!ʺ è lʹemblemadellavoceumana,eseʺiʺèlʹindicatoredellecose,alloraʺAʺèilsimbolodellaparola,cioèdellavocechesiarticola:chesiarticolaalpropriointerno,cosìcomesiarticolacon lecosedelmondo.

Lʹaspettomaterialedelvaloredi/a/èacusticamenteedarticolatoriamentecentraletraquellidi/i/ed/u/, come il suo aspetto concettuale ʺaʺ contro ʺhaʺ (il rapporto di inclusione) è semioticamentecentraletraʺiʺ(lʹindicazionedellecose)edʺuh!ʺ(lʹemissionedellavoce).

Simmetriasommariadelladirettriceorizzontale[anteriore]:[posteriore]=[positivo]:[negativo]

Sesicontemplanosinotticamentetuttelecoppieesaminatefinora,sipuòsommariamenteaffermare che i loro elementi anteriori si oppongono sempre ai loro elementi posterioricomeilversante[positivo]diunvaloresemanticosiopponealsuoversante[negativo];leparoleʺpositivoʺeʺnegativoʺassumendo,divoltainvolta,connotazionidiverse.Nelcasodi ʺiʺ contro ʺuh!ʺ, positivo e negativo distinguono [indessicale] contro [autodessicale],[determinato] contro [indeterminato] e [plurale] contro [singolare] (il ʺnumero del piùʺcontroilʺnumerodelmenoʺ,secondolatradizioneumanistica).Nelcasodiʺeʺcontroʺoʺ,positivo e negativo distinguono il valore unitivo (ʺ+ʺ) della [copulativa] contro il valoreseparativo (ʺ‑ʺ) della [disgiuntiva]. Nel caso di ʺèʺ contro ʺhoʺ, positivo e negativodistinguonoilvaloreindessicaledi[terzapersona]controilvaloreautodessicaledi[primapersona] e, insieme, il valore convesso e unitivo di [essere] contro il valore concavo eseparativodi[avere].Nelcasodiʺaʺcontroʺhaʺ,infine,positivoenegativodistinguonoilvalore [locativo] o [convesso] della preposizione semplice contro il valore [locus] o[concavo]delverbo.

Gradientesommariodelladirettriceorizzontale[posteriore]>>[anteriore]=[locutore]>>[mondo]

Se, anziché considerare le coppie che si oppongono lungo lʹasse di simmetria, si guardainvece alla progressione dei valori semantici dal luogo di articolazione più posteriore aquello più anteriore, è possibile ravvisare un gradiente sommario che procede dal puroautoriferimentodellocutoreaséstesso(ʺuh!ʺ),medianteunautoriferimentocontemperatodallarelazioneauncomplementooggetto(ʺhoʺ),versoilriferimentoadunaterzapersona

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di cui il locutore predicaancora lʹessere (ʺèʺ), finoal riferimentopuramente estrinsecoaterzi solamente additati (ʺiʺ). In questo quadro, la differenza tra le due congiunzioni,sebbeneeccentrica,potrebbeancora essere letta come quella traun valore relativamentepiùoggettivo(ʺeʺ),deputatoadescrivereunasituazionedata,edunvalorerelativamentepiù soggettivo (ʺoʺ), deputato ad intervenirvi, pittosto, mediante lʹimposizione di unascelta.

Nel complesso, le opposizioni semantiche della direttrice orizzontale, i rapporti di ciascuna con ilconcetto di inclusione, lʹorientamento comune e la progressione dʹinsieme, appaiono come unriflesso concettuale delle posizioni relative, che gli elementi materiali occupano allʹinterno deltriangolovocalico.

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c.Aspettosimpaticoocangiantedelladirettricecentrale.

Lʹopposizione puntuale centrale ʺaʺ contro ʺhaʺ, in virtù della sua perpendicolarità alpiano della figura, si presenta simutaneamente ascrivibile sia alle opposizioni delladirettriceorizzontale,siaalleopposizionidelladirettriceverticale.Inparticolare,ilpianosemanticodellasuaopposizione, [convesso]contro [concavo],si riverberasulladirettriceorizzontalenellacoppiaimmediatamenteadiacente[essere]contro[avere];mentreilpianomorfosintattico della sua opposizione, [invariabile] contro [variabile], si riverbera sulladirettrice verticale nellʹopposizione tra le due coppie mediane [congiunzione] contro[verbo ausiliare]. Nel primo caso, /a/ figura come lʹasse di simmetria della direttriceorizzontale; nel secondo, /a/ figura invece come lʹomologo funzionale dellʹasse disimmetria della direttrice verticale. Nel rapporto con /i/ ed /u/ la doppia similarità sicumula invertendosi. Poiché, d’ora in avanti, il raffronto avviene a meno di un fattoredʹincommensurabilità(paragonabileagliinfinitidecimalichelaradicedi3interponetralamisura dellʹaltezza e quella del lato del triangolo), adotteremo non più il segno diuguaglianza (=), bensì il segnodi similarità (~), intendendo conesso,più esattamente, ildiveniredifferentedellʹidentico.

Similaritàorizzontaledi/a/ʺaʺ:ʺhaʺ~ʺèʺ:ʺhoʺ

Lʹopposizione [convesso] contro [concavo], oppure [locativo] contro [locus], oppure[contenuto] contro [contenente], che caratterizzava la differenza semantica di ʺaʺ controʺhaʺ, e che rispondeva a quella tra /a/ atona ed /ʹa/ tonica, si ripresentamodulata nellacoppia orizzontale di valori immediatamente adiacenti ʺèʺ [terza persona; essere] controʺhoʺ [prima persona; avere]. Ciò riguarda in particolare il valore di [essere] come verboʺpienoʺ, spesso dotato, come ʺaʺ, di funzione [locativa], di fronte al valore di [locus] cheʺhoʺ condivide con ʺhaʺ, in quanto forma del verbo [avere]. La ragione di questasomiglianzaèdaricercarsi inunaanalogia,cheverràesaminatapiùoltre, tra il trattodi[accentuazione]eilluogodiarticolazione[posteriore].

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Similaritàverticaledi/a/ʺaʺ:ʺhaʺ~ʺeʺ:ʺèʺ~ʺoʺ:ʺhoʺ

Lʹopposizione [invariabile] contro [variabile], che caratterizzava la differenzamorfosintattica di ʺaʺ [preposizione semplice] contro ʺhaʺ [verbo ausiliare], e cherispondevaaquellatra/a/atonaed/ʹa/tonica,siriproponemodulatanelleduecoppiedivalori mediani ʺeʺ [congiunzione semplice] contro ʺèʺ [verbo ausiliare] ed ʺoʺ[congiunzionesemplice]controʺhoʺ[verboausiliare].Laragionediquestasomiglianzastanelfattocheanchequesteduecoppie,oltreadopporsicome[chiusa]/e,o/ad[aperta]/ɛ, ɔ/, si oppongono pure come [atona] /e, o/ a [tonica] /ʹɛ, ʹɔ/, giacché i due gradi apertiesigono lʹaccento,mentre le congiunzioni, che occupano i gradi chiusi, di norma non loricevono.Dunque,intuttietreicasi,lavariante[tonica]siopponeaquella[atona]comeunaparte[variabile]deldiscorso,cheèsempreunverboausiliare,siopponeaunaparte[invariabile],chepuòessereunacongiunzioneounapreposizionesemplice.

Doppiasimilaritàinvertitaʺaʺ:ʺhaʺ~ʺiʺ:ʺuh!ʺʺaʺ:ʺhaʺ~ʺuh!ʺ:ʺiʺ

Nei riguardi di ʺiʺ contro ʺuh!ʺ, che ne costituiscono i simmetrici [chiusi] rispetto alladirettrice verticale, la coppia ʺaʺ contro ʺhaʺ esibisce tutto intero, inun solpunto, il suoaspettosimpaticoocangiante.Lʹopposizionechehaluogonellʹaperturacentrale,infatti,siriverberasuquelladelleduechiusureestremetantoperilsuopianosemantico[convesso]contro [concavo], che traspare, come abbiamo già notato, in [indessicale] contro[autodessicale],quantoperilsuopianomorfosintattico[invariabile]contro[variabile],chetornaasuddividereorizzontalmente[articolo]contro[onomatopea],dopoavercostituitoildiscrimine mediano della direttrice verticale. E tuttavia i due diversi livelli del valorehanno cessato di coincidere, e si sono scambiati di posto: adesso ʺiʺ [variabile]occupa ilposto di [convesso], che prima spettava ad ʺaʺ [invariabile], mentre ʺuh!ʺ [invariabile]occupa il posto di [concavo], che prima spettava ad ʺhaʺ [variabile]. Dunque, sul pianosemantico, ʺaʺ [convesso] si oppone ad ʺhaʺ [concavo] come ʺiʺ [convesso] si oppone adʺuh!ʺ[concavo];mentreallʹinverso,sulpianomorfosintattico,ʺaʺ[invariabile]siopponeadʺhaʺ [variabile] come ʺuh!ʺ [invariabile] si oppone ad ʺiʺ [variabile]. Questa doppiasimilaritàinvertitaèlospecchiodelladoppiarelazioneche/a/intrattienecon/i/ed/u/sulterreno fonetico: da un lato, cioè lungo la direttrice orizzontale, essa ne rappresenta iltermine medio, o lʹasse di simmetria, sicché ne condivide e ne condensa le polaritàsemantiche; dallʹaltro, cioè lungo la direttrice verticale, essa ne rappresenta lʹoppostopolare,rispettoallʹassedisimmetriachecorretraigradichiusieigradiapertidellevocalimedie,sicchénecapovolgelepolaritàmorfosintattiche.

Nel complesso, la centralità concettuale di ʺaʺ contro ʺhaʺ, in relazione agli altri rapporticonsiderati,apparecomeunriflessodellaposizionecentraledi/a/allʹinternodeltriangolovocalico.

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d.Ladirettriceverticale.

Lungo la direttrice verticale ha luogo una triplice opposizione tra opposizioni. La coppiadegli elementi centrali e le tre coppieorizzontali si oppongono tra loroper la differenteaperturainquantocoppie, icuielementidigradanoviavia lungounadirettriceobliqua(illatodeltriangolo).Ancheladirettriceverticalepuòesserelettainduemodi.Perunverso,essa presenta un gradiente continuo (frecce nere interne), che dal grado massimo di[aperta]trapassa inquellodi[medioaperta],quindi inquellodi[mediochiusa]einfineinquellodi[chiusa].Perlʹaltro(freccetrattegiateesterne),essapresentaunassedisimmetria,che corre tra i gradi aperti delle vocali medie e i loro gradi chiusi, e che opponespecularmente il grado [aperto] a quello [chiuso] e il grado [medioaperto] a quello[mediochiuso].Tuttaviainquestocasolʹassedisimmetriaapparepiùdeboledelgradientecontinuo, in quanto il vertice del triangolo non è sovrapponibile alla sua base. Perciò,laddove la direttrice orizzontale è stata descritta a procedere dallʹasse di simmetria, ladirettriceverticaleverràoradescrittaaprocederedalgradientecontinuo.

Primadigressioneobliqua[/a/:/ʹa/=ʺaʺ:ʺhaʺ]~[/ɛ / :/ɔ / =ʺèʺ:ʺhoʺ]

Abbiamo già osservato come la coppia dei valori centrali ʺaʺ [preposizione; locativa]contro ʺhaʺ [terza persona; avere], riverberi il lato semantico della propria opposizione,[convesso] contro [concavo], sui valori della coppia immediatamente adiacente lungo ladirettrice verticale, ovvero ʺèʺ [terzapersona;essere] contro ʺhoʺ [primapersona;avere], icui elementi si oppongono appunto come la [convessità] di un oggetto esistente alla[concavità] di uno che lo possiede. Tuttavia i due valori, a un tempo, si sono anchedistanziati tra loro, e dalla coppia centrale. Tale distanza, benmisurabile su ʺhaʺ [terzapersona;avere],risiede,perʺèʺ,neltratto[essere],chegliappartieneesclusivamentee,perʺhoʺ,neltratto [primapersona],anchʹessodisuapertinenzaesclusiva.Deidueprincipalivaloridi[essere],uno,quellodiverbostativo‑locativo,istituiscelasuasomiglianzaconʺaʺ[preposizione; locativa], mentre lʹaltro, quello di copula, ne istitutuisce la differenza.Infatti, laddove ʺaʺ instaurava un rapporto di inclusione necessariamente gerarchizzante(ʺLuisa a Saraʺ ≠ ʺSara a Luisaʺ), in cui un aspetto separativo si combinava,

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subordinandolo,aunaspettounitivo ([Luisa∍Sara]),adessoʺèʺ instauraunrapportodiidentificazione che tendeallʹequivocità (ʺLuisa èSaraʺ = ʺSara èLuisaʺ), il quale assegnaunapreminenzaassolutaallʹaspettounitivo([Luisa=Sara]).Sullatooppostodeltriangolo,ʺhoʺ sortisce lʹeffetto contrario. La comparsa del tratto [primapersona] impedisce che ilrapportodiinclusioneereditatodaʺhaʺpossaconcernereinqualsiasimodolʹelementocheprecede. Infatti lacoincidenzadisoggettoe locutore,caratteristicadella [primapersona],fasìchenessunvocabolo,allʹinfuoridelpleonasticoʺioʺ,possapiùfigurare,inquellasede,qualesoggettodelverbo.Avocandoasélafunzionedi[contenente]cheʺhaʺriservavaalprimo elemento, ʺhoʺ rescinde tutto quanto lo precede da ciò che lo segue. Esso non silimitaafarne,comeʺhaʺ,ilsoggettoelʹoggettodistintidiunmedesimosintagma(ʺLuisahaSaraʺ),bensìdàluogonecessariamenteaduesintagmidiversi,doveilprimoelementononpuòpiùricoprire,ormai,cheunafunzioneincidentale(ʺLuisa,hoSaraʺ).Sicchéilsuoeffettosintatticoapparediametralmenteoppostoaquellounitivodiʺèʺ(ʺLuisaèSaraʺ).Ladifferenza che pertanto si aggiungea quella di [convesso] contro [concavo]nella coppiamedioaperta ʺèʺ contro ʺhoʺ, distanziandola così da ʺaʺ contro ʺhaʺ, èquella tra il valoresintattico [unitivo] caratteristico della [copula] ed il valore sintattico [separativo]caratteristicodella[primapersona].

Primorapportodimedietàobliquo[/a/:/ʹa/]~[/ɛ / :/ɔ/]~[/e/:/o/]=[ʺaʺ:ʺhaʺ]~[ʺèʺ:ʺhoʺ]~[ʺeʺ:ʺoʺ]

Poiché la coppia di valori del grado [aperto] (ʺaʺ contro ʺhaʺ) si assimila alla coppia divalori del grado [medioaperto] (ʺèʺ contro ʺhoʺ) per il comune asse oppositivo interno[convesso]contro[concavo];poichésenediscosta,invece,perlʹaggiungersiinquestʹultimadiunasseoppositivointerno[unitivo]contro[separativo];epoichétaleasserappresenta,asuavolta,ilnucleosemanticodellacoppiadivaloridelgrado[mediochiuso](ʺeʺcontroʺoʺ); ne deriva che il valore semantico della coppia ʺèʺ [convesso; unitivo] contro ʺhoʺ[concavo; separativo] è obliquamente intermedio tra quello della coppia ʺaʺ [convesso]controʺhaʺ[concavo]equellodellacoppiaʺeʺ[unitivo]controʺoʺ[separativo],cosìcomeilvalorefoneticodi[medioaperta]èobliquamenteintermediotra[aperta]e[mediochiusa].

Secondadigressioneobliqua[/ɛ / :/ɔ / =ʺèʺ:ʺhoʺ]~[/e/:/o/=ʺeʺ:ʺoʺ]

Selʹinternaopposizionediʺèʺcontroʺhoʺcome[convesso]contro[concavo]eraciòchenefaceva lʹadiacenza ad ʺaʺ contro ʺhaʺ, il suo fattore di eccedenza, ossia lʹopposizione di[unitivo]contro[separativo],èoraquantoneesibiscelʹadiacenzaadʺeʺcontroʺoʺ.Infatti,così come la [copula] si oppone nel sintagma a [primapersona] unificando gli elementicircostantiinvecedisepararli,allostessomodo,eppureinmododiverso,lacongiunzione[copulativa] si oppone alla [disgiuntiva] unificando gli elementi circostanti invece disepararli. Tuttavia i due valori, ad un tempo, si sono anche distanziati tra loro, e dalvertice del triangolo. Mentre ʺèʺ condivideva con ʺhoʺ la maggior parte dei suoi nomigrammaticali,cioè[verbo;ausiliare;indicativo;presente;singolare],differendonesoltantoperlaminorparte[terzapersona;essere],oraʺeʺcondivideconʺoʺlametàdeisuoinomigrammaticali [congiunzione], differendone per lʹaltra metà [copulativa]. Lʹaccresciuta

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distanza dal vertice proietta inoltre le due congiunzioni oltre lʹasse di simmetria delladirettrice verticale. Insistendo su questʹasse, lʹopposizione fonetica tra la coppia delleopposte[mediochiuse;atone](/e,o/)elacoppiadelleopposte[medioaperte;toniche](/ʹɛ, ʹɔ/) si riflette, con un alto grado di isomorfismo, nellʹopposizione semantica emorfosintatticatralacoppiadelleopposte[congiunzionisemplici;invariabili](ʺe,oʺ)elacoppiadegliopposti [verbiausiliari;variabili](ʺè,hoʺ).Abbiamogiàosservato,trattandolʹanalogocasodelladirettricecentrale,chelʹopposizionedi[atona]contro[tonica]rispondesempreaquelladi [invariabile]contro [variabile].Restadavederecome lacomparsadeltratto[chiusa]contro[aperta]possarenderecontodellʹopposizione[congiunzione]contro[verbo].Eʹancorailconfrontoconʺa/haʺchecivieneinsoccorso.Infatti,lesoledifferenzeche separano quella coppiadalle due prese in esamequi consistononellʹassenzadiogniopposizione di [apertura] e nella presenza della [preposizione] in luogo delle[congiunzioni].Lacomparsadellʹopposizionedi[apertura]devedunquerispondereaunadifferenza tra [verbo]e [congiunzione]chemanca tra [verbo]e [preposizione].Perqualeversola[preposizione]ʺaʺèpiùsimileaunverbo,diquantononlosianole[congiunzioni]ʺe,oʺ?Essaloè,evidentemente, inquantooperaunadislocazionetraglielementichelacircondano, tale da imporre loro una univoca gerarchia funzionale: dislocazione egerarchia che sono estranee, invece, alle due congiunzioni coordinative. La transizionefoneticada [medioaperte]a [mediochiuse]sull’assedisimmetriadelladirettriceverticaleconnota dunque il trapasso dai [verbi] alle [congiunzioni] in quanto riduzione della[complessità topologico‑relazionale] degli elementi, sia in fatto di semantica che dimorfosintassi. A differenza dei [verbi] e della [preposizione], le due [congiunzionicoordinative] mancano di quel riferimento alla spazialità in quanto potenza fisica dicontenere e di collocare, che qualificava la coppia centrale, e di cui ʺèʺ ed ʺhoʺ davanoancoramostradipartecipare.Tale ridotta [complessità topologico‑relazionale] si traduceinunamaggiorefedeltàallalinearitàdelsintagma.Leduecongiunzioninonoperanopiùdislocamenti funzionali negli elementi che le circondano, ma si limitano a connotarneunitivamenteoseparativamente lagiustapposizionesintattica.Inentrambi icasi ilvalore[unitivo]o[separativo]appareattenuatoneiconfrontidiquelloesibitodaiverbi.Laddoveʺèʺsispingevaadoperarelʹidentificazionedeglielementicircostanti,sovrapponendolilʹunlʹaltro in una sorta di reciproca inclusione, ora ʺeʺ li mantiene perfettamente distinti,limitandosiaratificarnelaprossimità,cheliaccludeadunmedesimosintagma.Ilrisultatoèche leduecoseunitedaʺèʺdiventanouna(ʺLuisaèSaraʺ)mentre leduecoseunitedaʺeʺ rimangono due (ʺLuisa e Saraʺ). Sul lato opposto, mentre ʺhoʺ operava lʹinclusionedellʹelemento seguente nel proprio insieme [avere] e, a un tempo, la rescissione delprecedente dal proprio sintagma [prima persona], adesso ʺoʺ non opera più alcunainclusione, ed esercita soltanto una funzione separativa debole, che ha luogo anzi sullabase dellʹunità sintagmatica tra i due elementi, secondo unmovimento ambiguo, che èriflesso dallʹossimoro del suo nome ([congiunzione disgiuntiva]). Di fronte ad ʺeʺ, chechiaramentecongiunge,ʺoʺ,piùoscuramente,disgiungeicongiunti,prendendone,didue,uno: laddove ilnumerodi ʺeʺènecessariamenteunplurale (ʺLuisaeSaramangianoʺ), ilnumerodi ʺoʺpuòessereancheunsingolare (ʺLuisaoSaramangiaʺ).Lʹoscuritàdi ʺoʺsiarrischia, dʹaltra parte, fino al punto di attingere lʹindeterminazione pura. Infatti,cumulandoilvaloredi[alternativainsostituibile],cheillatinoriservavaadAUT(ʺLuisaoSara ?ʺ), con in valore di [alternativa sostituibile], riservato dal latino a VEL (ʺLuisa o

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Saraʺ), ed assumendo inoltre, di questʹultimo, anche il valore di [alternativa nominale](comenellabinomiadiunʹattriceedelsuopersonaggio:ʺLuisaoSaraʺ), la[congiunzionedisgiuntiva] si sospinge fino alla soglia del rapporto di identificazione (ʺLuisa oSaraʺ =ʺLuisa è Saraʺ), che pure per altri versi ne costituisce un opposto. Se pertanto la coppiadelle [mediochiuse] (ʺe, oʺ) condivideva con le [medioaperte] (ʺè, hoʺ) lʹopposizioneinternadeitratti[unitivo]contro[separativo],ciòcheinveceladistanziadaesse,medianteunsimultaneodistanziamentodalrapportodiinclusione,èoralʹopposizionetralachiara[determinazione] di un [plurale], garantita da ʺeʺ, e lʹoscura [indeterminazione] di un[singolare],declinatadaʺoʺ,oracomelasceltainsostituibilediunotraidueelementichelocircondano,oracomelaloroindifferentesostituibilità,orafinanchecomelaloropuraesempliceidentificazione.

Secondorapportodimedietàobliquo[/ɛ / :/ɔ /]~[/e/:/o/]~[/i/:/u/]=[ʺèʺ:ʺhoʺ]~[ʺeʺ:ʺoʺ]~[ʺiʺ:ʺuh!ʺ]

Poichélacoppiadivaloridelgrado[medioaperto](ʺèʺcontroʺhoʺ)siassimilaallacoppiadi valori del grado [mediochiuso] (ʺeʺ contro ʺoʺ) per il comune asse oppositivo interno[unitivo] contro [separativo]; poiché se ne discosta, invece, per lʹaggiungersi inquestʹultima di un asse oppositivo interno [determinato; plurale] contro [indeterminato;singolare];epoichétaleasseoppositivorappresenta,asuavolta,ilnucleosemanticodellacoppiadivaloridelgrado[chiuso](ʺiʺcontroʺuh!ʺ);nederivacheilvaloresemanticodellacoppiaʺeʺ[unitivo;determinato;plurale]controʺoʺ[separativo;indeterminato;singolare]èobliquamenteintermediotraquellodellacoppiaʺèʺ[unitivo]controʺhoʺ[separativo]equellodella coppiaʺiʺ [determinato;plurale] controʺuh!ʺ [indeterminato;singolare],cosìcome il valore fonetico di [mediochiusa] è obliquamente intermedio tra quelli di[medioaperta]e[chiusa].

Terzadigressioneobliqua[/e/:/o/=ʺeʺ:ʺoʺ]~[/i/:/u/=ʺiʺ:ʺuh!ʺ]

Ciòcheʺeʺedʺoʺnonpossiedono incomuneconʺèʺedʺhoʺ,ossia lʹinternaopposizionedei tratti [determinato; plurale] contro [indeterminato; singolare], è quanto ne fa lavicinanza con la coppia ʺiʺ [articolo; determinativo; plurale] contro ʺuh!ʺ [onomatopea],infatti essa si caratterizza precisamente per contrapporre il segno della pluralitàdeterminataa quello della singolarità indeterminata.Tuttavia i due valori si sonoancheulteriormenteseparatitraloro,edalverticedeltriangolo.Mentreʺeʺcondividevaconʺoʺla metà del proprio nome grammaticale [congiunzione] opponendovisi solo per lʹaltrametà [copulativa], ora ʺiʺ non condivide con ʺuh!ʺ nessuna parte del proprio nomegrammaticale, e gli si oppone per tutte. Ad un tempo, la coppia ha smarrito anchequalsiasi pertinenza semantica o sintattica col rapporto di inclusione: tanto ʺiʺ, quantoʺuh!ʺ, non solo non includono lʹelemento che li precede in quello che li segue, manemmeno li accludono a un sintagma che possa reperire in essi la propria congiuntiva.Soloʺiʺdebolmenteconserva,esoltantoneiconfrontidellʹelementochelosegue,unsimilestatuto:alienandolodaquantoloprecede,lʹarticololosaldaasécomeallʹinsiemedituttelecosecheglisonoassimilabili.Inaltreparole,essonefaunnome.Ciòchegliconsenteun

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risultatosimile,preclusoatuttiglialtrielementideltriangolo,èiltrasversaleriferimentoallarealtàextralinguistica.Proprio lʹaver smarrito,neldiscostarsidaʺeʺ,ognicapacitàdicongiungeretra loroglielementicircostanti,edunque lʹesserrimasto,adircosì,conunamano libera, consente adesso ad ʺiʺ di puntare il dito di questa mano al di fuori delsintagma,trasformando ilterminecheloseguenelcontenitorelogicodituttelecoseche,invirtùdellarealtàsensibile,possonodirglisisimili.Dunque,comeavevamogiàosservatoapropositodellatriangolazionecon/a/,ilrapportodʹinclusioneoperaancora,manonpiùallʹinternodel linguaggio,bensìè il rapportodi inclusione che il linguaggio stessooperaneiconfrontidelmondo,questavoltainvestedipoteredenotativo.Sulversanteopposto,ʺuh!ʺnonfanientedisimile,anzi,ilcontrario.Fedeleallevirtùseparativediʺoʺediʺhoʺ,esso, perdendo ogni capacità di includere o di congiungere, non si riserva neanche illegameconlaparolachelosegue.Lasuaseparazione,anzi,sièfattatantospintadanonriferirsinemmenopiùaglielementichelocircondano,bensìsoloaséstessoneiconfrontidiquelli:sicché,ovunquecompaia,ʺ‑uh!‑ʺèsemprecircondatodavirgoleotrattinienonincide nel rapporto sintattico di quanto lo precede con quanto lo segue. Anche per lui,comeperʺiʺ,edanziamaggiorragione,questoisolamentonelsintagmasiconverteinunpuntamentoverso larealtàextralinguistica.Esso èdifferente, tuttavia,daquellodi ʺiʺ: larealtàsensibile,chedaʺiʺvenivasoloindicata,quialcontrarioèdirettamenteimportata,come un innesto, allʹinterno del discorso, in quanto ʺuh!ʺ vi figura appunto come lamimesivocalediséstesso,comeilrumorediunavoceumana,equindicomeunaparteapieno titolodella realtà sensibile, cheproprio inquanto tale è capacedimimesiverso lealtre sue parti ([onomatopea]). Se ʺiʺ, indicando con una mano la realtà del mondo,sembravadeporlanelpanieredellinguaggio(ilnome),chereggevaconlʹaltra,oraʺuh!ʺ,manifestandosiessostessocomepartedellarealtàsensibile,eimpiantandosinelbelmezzodel linguaggioconentrambelemanivuote,compie,aduntempo,lʹoperazioneinversae,collʹaddombrare il corpo fisico di colui che parla, depone il linguaggio nel paniere delmondo,mostrando come esso vi appartenga comeuna cosa tra le altre: comeuna certafamiglia di suoni appartiene alla famiglia di tutti i suoni. Se quindi ʺiʺ ed ʺuh!ʺ siassimilavanoad ʺeʺ ed ʺoʺper condividere con loro i tratti [determinato; plurale] contro[indeterminato; singolare] se ne dissimilano adesso in quanto [indessicale] contro[autodessicale],doveilprimosidifferenziadalsecondocircacomelʹadditarequalchecosasidifferenziadalmostrareildito.

Gradientesommariodelladirettriceverticale[aperta]>>[chiusa]=[complesso]>>[semplice]

Sesiconsideralaprogressionedellecoppiedivalori,chedalgrado[aperto]di/a/giungealgrado[chiuso]di/i/edi/u/,èpossibileravvisarviungradientesommariochetrascorredaunlivellomassimoaunlivellominimodi[complessitàtopologico‑relazionale].Sottoilprofilo semantico, in corrispondenza del vertice [aperto] (ʺaʺ contro ʺhaʺ) ha luogo unduplice invaginamento dello spazio rappresentato, che istituisce il [rapporto diinclusione];incorrispondenzadelgrado[medioaperto](ʺèʺcontroʺhoʺ),taleimplicazionedello spazio si divarica nellʹopposizione di [convesso] contro [concavo] e si stemperanellʹopposizione di [unitivo] contro [separativo]; oltrepassato lʹasse di simmetria, incorrispondenza del grado [mediochiuso] (ʺeʺ contro ʺoʺ) non è più rappresentato un

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invaginamento dello spazio, ma soltanto una sua segmentazione [rapporto dicongiunzione]; infine, in corrispondenza del grado [chiuso] (ʺiʺ contro ʺuh!ʺ), lacomplessitàdellospaziorappresentatoèulteriormenteridottaalledimensionidiunalineadirezionataediunpunto[rapportodiostensione].Sottoilprofilomorfosintattico,dʹaltraparte,laregione[aperta]deltriangolosiopponeinbloccoaquella[chiusa]comelatotalitàdelleformeverbali(ʺha,è,hoʺ)siopponeallʹunicoesponentedelsintagmanominale(ʺiʺ),e cioè, ancora, come la [complessità topologico‑relazionale] di unʹazione si oppone allasemplicitàtopologicadiunacosa.

Nellʹinsieme,leopposizionisemanticheemorfosintattichedelladirettriceverticale,illorodigradareallontanandosi dal rapporto di inclusione, il trapasso misurato dei valori dellʹuna in quellidellʹaltra,appaionocomeunriflessoconcettualedellaposizionerelativachegli elementimaterialioccupanoallʹinternodeltriangolovocalico.

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e.Fisiognomicadituttiivalori.

Ora che il quadro dei rapporti semantici si è fatto relativamentepiù chiaro, edè venutomeglio in luce lʹisomorfismo che li collega al sistema dei rapporti fonetici, è opportunoritornarea contemplare lepiù terragneproprietà fisiologico‑anatomichediquestiultimi,per vedere se esse possano dirci qualcosa di più semplice circa la nostra quotidianaesperienzadelparlare.Seciòchegiàsappiamoèchevʹèunisomorfismotraledirettricisucui hanno luogo le opposizioni fonetiche e semantiche, quello che ancora dobbiamosondareèsevisiaunisomorfismotraledirezioni,ovveroselʹorientamento,oilsenso,chesu ciascuna direttrice assumono le polarità semantiche, si lasci o non si lasci ricondurreallaconcretaesperienzafisiologicachenoipossiamofarne,cosìsottoilprofilosensorio(ouditivo),comesottoilprofilomotorio(oarticolatorio).

Lungoladirettriceorizzontale,esulterrenoarticolatorio,lʹopposizione[anteriore]contro[posteriore]distingue lʹavanzamento relativo della linguaverso lʹesternodella cavitàorale,dallasuarelativaritrazioneversolʹinternodiessa;posizione,questa,cuisiaccompagna,initaliano,unsecondotratto,cioèlʹavanzamentorelativodellelabbraindirezionecontraria.Dunque, sul terreno articolatorio, [anteriore] contro [posteriore] significa, da un lato,[lingua in fuori o in avanti] contro [lingua in dentro o indietro] e, dallʹaltro, [un unicopunto di articolazione] contro [due distinti punti di articolazione]. Sul terreno uditivo,questadifferenzaèresponsabilediquella,quasiesattamenteomologa,tralefrequenzepiùacute della seconda formante [F2], che qualificano, decrescendo, i timbri di /i, e, ɛ/ e lefrequenzepiùgravidellastessa,che,passandoper/a/,qualificano,decrescendoancora,itimbridi/ɔ,o,u/.Laddovelʹavanzamentodellalinguaversolʹesternodellaboccaingeneralefrequenzepiùacute,oalte,questeultime,alorovolta,disperdendosiprecocementeneiliquidi organici, vengono percepite, uditivamente, nella parte più esterna della coclea(Pierantoni1996:231)e,propriocettivamente,nellapartepiùesternaoaltadellʹorganismo,cioèquellacircostantelʹapparatofonatorio.Viceversa,laddovelʹarretramentodellalinguaverso lʹinterno della bocca ingenera le frequenze più gravi o basse, queste ultime, a lorovolta, propagandosi meglio nei liquidi organici, vengono percepite, uditivamente, nellaparte più interna della coclea e, propriocettivamente, nella parte più interna o bassadellʹorganismo, finoal ventre e allʹaddome. In entrambi i casi, dunque, cioè nelmotoriocome nel sensorio, lʹopposizione di [anteriore; acuto] contro [posteriore; grave] significaunʹesperienzafisiologicarivoltaverso lʹ[esterno] e lʹ[alto]delcorpo,controunʹesperienzafisiologicarivoltaversolʹ[interno]eil[basso]diesso.Andràinoltreosservatochelacoppiamotoria [avanti] contro [indietro], così come la coppia sensoria [alto] contro [basso],costituiscono entrambe, nel linguaggio ordinario, due trite metafore, due popolarissimitopoi,odueluoghicomuni,perdesignare,rispettivamente,ilvaloreʺpositivoʺoʺnegativoʺdiunfatto.

Lungoladirettriceverticale,esottoilprofiloarticolatorio,iltratto[aperta]contro[chiusa]definisce lʹapertura relativa della cavità tra la linguaed ilpalato (e tra lamandibola e lamascella) contro la sua relativa chiusura. Sotto il profilo uditivo, questa differenza è

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responsabile di quella, praticamente omologa, tra le frequenze più [acute] e quelle più[gravi]dellaprimaformante(F1),chequalificanodecrescendo/a/,poi/ɛ, ɔ/,quindi/e,o/einfine /i, u/. Laddove lʹaperturadella cavitàorale ingenera le frequenzepiùacute (che siodono verso lʹesterno della coclea e del corpo), queste ultime, a loro volta,per il fatto didisperdersiprecocementeacontattocon lamateriasolidaediserbarsiassaimeglionellamateriagassosa,costituisconounindiziosicuro,perqualsiasianimale,dellaprovenienezadi un suono da un ambiene aperto (comeun campo o una vetta). Viceversa, laddove lachiusura della cavità orale ingenera le frequenze più gravi (che si odono verso lʹinternodellacocleaedelcorpo),questeultime,alorovolta,perilfattodiriflettersiagevolmentesulla materia solida e di esserne in tal modo amplificate, costituiscono, per qualsiasianimale,unindicecertodellaprovenienzadiunsuonodaunambientechiuso(comeunagrotta o una gola). Sicché lʹopposizione uditiva di [acuto] contro [grave], procuratadallʹopposizionearticolatoriadi[aperto]contro[chiuso],èsolitaasuavoltaevocare,nellacomune esperienza, lʹopposizione tra uno spazio [aperto] e uno spazio [chiuso]. Eʹ danotare altresì che la coppia oppositiva di [aperto] contro [chiuso], costituisce una tritametafora, un popolarissimo topos, o un luogo comune, per designare lʹattitudine, più omenospiccata,aintrattenereʺrelazionicomplesseʺcongliʺelementicircostantiʺ.

Ciò basta a porci in grado di profilare una sinossi riassuntiva del sistema considerato,mettendoneinpiùimmediatorisaltoilrapportoconledirezionisensomotorie.Nellafigurache segue, i sette monofonemi dellʹitaliano standard sono rappresentati ciascuno in 5forme:a)lʹortografiacorrente;b)ildisegnodellacavitàorale;c)ivettorimotòririsultantidallʹazionemuscolare[frecceorizzontali];d)unamatricerettangolare(4x7),dovelataccanerarappresentalaposizionedelfonemanelsistemavocalico,secondoledimensionidelluogo [orizzontale] e dellʹapertura [verticale]; e) una proiezione spiroidale del sistemavocalico stesso, ovvero uno schema semplificato della sua spazializzazione nella coclea[tonotopicità], dove le tacche nere rappresentano approssimativamente le formantiacustiche[F1piùinterna,F2edF3piùesterne].Perivalorisemanticiemorfosintattici,cisiamo limitati a rappresentare con il segno ʺ+ʺ la connotazione positiva delle [anteriori],conilsegnoʺ‑ʺlaconnotazionenegativadelle[posteriori]econilsolinvictusʺʺilverticedi complessità topologico‑relazionale della [centrale], sebbene altri simboli avrebberopotutoegualmenteservirealloscopo.

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Nellʹopposizione di ʺiʺ [articolo; determinativo; plurale] contro ʺuh!ʺ [onomatopea], illocutore, con il gesto di avanzare la lingua verso lʹesterno della bocca (per ottenere unasonoritàpiùacuta,chesiodeversolʹesternodellacoclea)controilgestodiritrarlaversoilpropriointerno(perottenereunasonoritàpiùgrave,chesiodeversolʹinternodellacoclea),definisce e qualifica la differenza tra un valore semantico [indessicale], rivolto verso glioggettiesternialui,edunvaloresemantico[autodessicale],rivoltoversoilpropriointerno,da cui scaturisce la sua voce; in particolare, questa voce, cioè il tono glottidale (120‑240Hz),condividecon/u/(240‑750Hz)lefrequenzepiùgravidellospettro.

Nel transito da ʺi, uʺ [indici] ad ʺe, oʺ [congiunzioni], il locutore, col passare da unaposizione [chiusa] della cavità orale (che induce una sonorità più [grave], capace dievocare spazi conclusi), verso una posizione [mediochiusa], leggermente più aperta (cheinduceunasonoritàpiù[acuta],capacedievocarespazipiùestesi)definisceequalificailtransitodaunacoppiadivalorimeramenteostensivi,cheintendonooggettia loromodoconclusi(leʺcoseʺelavoce)versounacoppiadivalorirelazionali,cheintendonoinvecelospaziochesiestendetraglioggettidelmondo,seppureancoravirtualeologico.

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Nellʹopposizionediʺeʺ[congiunzione;copulativa]controʺoʺ[congiunzione;disgiuntiva],illocutore,conilgestodiavanzarelalinguaversolʹesternodellabocca,contro ilgestodiritrarlaversoilpropriointernoe,inoltre,conilgestodimuovereunsolomuscoloinunasoladirezione [lingua inavanti], contro il gesto dimuovereduemuscoli due in direzioni opposte[lingua in dietro e labbra in avanti], definisce e qualifica la differenza tra un valorecongiunzionale positivo e unitivo (avanti; in un punto), contro un valore congiunzionalenegativoeseparativo(indietro;induepunti).

Nel transito da ʺe, oʺ [congiunzioni] ad ʺè, hoʺ [verbi], il locutore, col passare da unaposizione[mediochiusa]dellamandibola (che induceunasonoritàpiù [grave],capacedievocareunaspazialitàridotta)versounaposizione[medioaperta](cheinduceunasonoritàpiù[acuta],capacedievocareunaspazialitàpiùestesa),definisceequalificailtransitodauna coppia di valori congiunzionali, che intendonouno spaziomeramente logico, versouna coppia di valori verbali, che intendono uno spazio propriamente topologico,dislocandoviterzaeprimapersona,convessitàeconcavità.

Nellʹopposizione di ʺèʺ [terza persona; essere] contro ʺhoʺ [prima persona; avere], illocutore,conlʹavanzarelalinguaversolʹesternodellabocca,deformandoinunsolopuntoiltubo fonatorio,perottenereuna sonoritàpiùalta, che siodenellapartepiùesternadellacoclea,qualificadistintivamentelapersonachesitrovaallʹesternodisé,inquantoidenticacomeunasolacosaconilsuopredicatoeinquantorilevatadalcontestocircostantecomeunaconvessità;allʹincontro, con lʹarretrare la linguaverso lʹinternodellabocca,deformando indue punti distinti il tubo fonatorio, per ottenere una sonorità piùbassa, che si percepiscenellaparte più interna della coclea, egli qualificadistintivamente la persona che si trovaallʹinterno di sé, in quanto differente come due cose separate dal proprio complementooggettoeinquantoricavatanelcontestocircostantecomeunaconcavità.

Neltransitodaʺè,hoʺ[verbi]adʺa,haʺ[rapportodʹinclusione],illocutore,colportarelamandibola da una posizione [medioaperta] ad una posizione [aperta] e col cessare didistinguere i due luoghi di articolazione, per deporre la lingua finalmente al [centro],limitandosi così ad esibire come tale la cavità anatomica della bocca, dotata al propriointerno di una convessità muscolare, capace di moto o di quiete (la lingua), definisce equalificailtransitodaunacoppiadivaloridislocatanellospazio(ʺè,hoʺ),adunacoppiadi valori concernente lo spazio in quanto tale, o la sua potenza di includere, entro lapropriaconcavità(ʺhaʺ),unaconvessità(ʺaʺ),capacedimotoodiquiete.

Nellʹopposizione di ʺaʺ [preposizione locativa] contro ʺhaʺ [terza persona; avere], illocutore, con il gesto di deporre la lingua al centro della cavità orale, contro il gesto dideporrelalinguaalcentrodellacavitàorale,maaccompagnatodallamobilitazionedellʹinteracavitàrespiratoriafinoaldiaframma,chesirendeneccessariaperottenerelʹaccento,definisceequalificaladifferenzatraunrapportodiinclusionediaspettoconvesso(oattivo)ʺaʺeunrapporto dʹinclusione di aspetto concavo (o ricettivo) ʺhaʺ. In questo modo, purcondividendo il luogo di articolazione quanto ai movimenti della lingua, i due valoripossonoancoraopporsicomeunesternoorale [atona]adun internopolmonare [tonica],serbandolʹorientamento[convesso]contro[concavo]dellealtrecoppieorizzontali.

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Nellʹinsiemedeltriangolovocalico, lʹesperienzafisiologicadiavanzareversoil fuorieversolʹaltodistinguesempre,periparlantiitaliani,ilversanteʺpositivoʺdiunvaloreconcettualedalsuoversanteʺnegativoʺ,cuicorrisponde,invece,lʹesperienzadiritrarsiversoildentroeverso ilbasso,giusta lametaforicapopolare inproposito (sidice infatti innalzarsi,avanzareper dire il ʺpositivoʺ; abbassarsi, arretrare per dire il ʺnegativoʺ). Inoltre, lʹesperienzafisiologica dimuovereun solomuscolo in una sola direzione (la lingua inavanti) distinguesempre i valoriunitivi (copula e copulativa) dai valoriseparativi (ʺhoʺ e disgiuntiva), cuicorrisponde,invece,lʹesperienzadimuovereduemuscoliinduedirezionicontrarie(lalinguaindietroelelabbrainavanti).Infine,lʹesperienzafisiologicadiapriredistinguesempreunaumento relativo della complessità topologico‑relazionale contro una sua relativa diminuzione,contraddistinta invece dallʹesperienza del chiudere, anche qui, giusta la metaforicapopolare in proposito (si dice infatti aprire e aprirsi per dire la ʺrelazioneʺ; chiudere echiudersi, per negarla). Questa corrispondenza funzionale tra lʹesperienza fisiologica,lʹorientamento spaziale ed il valore semantico, è inconsciamente ma precisamenteespressa, nella nostra lingua, dalla parola ʺsensoʺ, nome, a un tempo, della percezione,delladirezioneedelsignificato.

Ilpuntodivistadacuiilsistemadeirapportifonematiciapparecomeunsimbolocoerentedelsistemadeirapportisemanticièquellodel corponaturalediunuomosituatoquiedora, nelle immediate circostanze di un contesto sensibile. Eʹ infatti in rapportoalqui dellocutorechevalorisemanticicomeʺiʺedʺèʺappaionoeffettivamentepiùavantioinfuori,rispetto ad ʺuh!ʺ ed ad ʺhoʺ i quali, viceversa, risultano più indietro o in dentro. Ed è inrapportoallʹoradel locutoreche i rispettivivalori foneticipossonoopporsi,nellaboccaenellʹorecchio,comealternativesimultaneeallarealizzazionediunmedesimosintagma.Lapiùsempliceevidenzadellavitaditutti,quelladellapresenzaalmondo,cheèanche,perquesto,lamenostudiatatralecose,costituisceilsistemadiriferimentooriginario,rispettoacuiilcorpodellʹuomo,associandosignificanteesignificatoinunatramadirispondenzefonosimboliche,sipone ingradodievocare,mediante lʹesperienzadelprimo, il secondoalla propria coscienza. Tale prospettiva, la prospettiva di un singolo individuo che, inquanto organismo naturale, instaura ai propri occhi il mondo mediante la potenzacollettivadel linguaggio‑edunque,abenvedere,nientedipiù,enientedimeno,chelaprospettiva di un Vivente dotato di Parola, responsabile della Creazione del mondo ‑costituiscedasemprelʹarcano(neanchepoitanto)delproblemametafisicoeteologico.

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3. La fine (e il principio) della metafisica.

La filosofia del Novecento si presenta, a un tempo, e in entrambi i suoi maggioricapiscuola, come una resa dei conti col pensiero ʺmetafisicoʺ dellʹOccidente, ed unadrasticarestituzione,dirimbalzo,delproblemametafisicocometalealcentrodellascenadel pensiero. Tanto Wittgenstein, quanto Heidegger, adoperano il termine ʺmetafisicaʺcomeunaspeciediinsulto,rivoltoallepiùcelebratetraleconquistedellogos:lafilosofia,per il primo, e la scienza, per il secondo. Entrambi vi ravvisano il soggiacere dellʹinteraciviltà cui appartengonoaduna formadi incantamento illusorio, che la ravvolge inunadistanza impercettibile dalla verità delle cose e del mondo. Entrambi, tuttavia, siprofessano inpossessodella chiave,oalmenodiunarnesedascasso,utileadevadere ilpenitenziario, che unʹimprovvida concezione del linguaggio, ed un suo usoconseguentemente improprio,sonovenuti innalzandonei secoli,o forseneimillenni, tralʹuomo,chemangiòdellʹAlberodellaConoscenza,elavita,ilcuiAlberoglifuvietatodalbrando infuocatodellʹArcangelo. La finedelpensiero ʺmetafisicoʺ, cioèdelpensiero che,separandosi dalla vita dei sensi, ha omesso di curarne le sorti, e di fondarne il senso,coincide, per entrambi, con la messa allʹordine del giorno del problema metafisico inquanto tale, e cioè del problemadi come,mediante lʹarticolazione delpensiero, i singoliistituiscanoaipropriocchi ilmondoperabitarlo;e,ciò,attraversounʹindagine inesaustaintornoallanaturadellinguaggioche,nongiàqualecreaturadellacoscienzaumana,bensìpiuttostoqualesuocreatore,haconsentitoeconsenteognoratalepoiesi.

Inaperturadelsuo libroIn camminoverso il linguaggio, compostodicapitoli redatti tra il1950eil1959,MartinHeideggersbalzacosìiprimichiaroscuridelconcettochesiapprestaadillustrare:

a) Erörten il linguaggio non significa tanto riportare esso, bensì riportare noi, al luogo della suaessenza:convenirenellʹEvento[Heidegger1959:28].

b)Direduevoltenientʹaltrochelastessacosa:linguaggioèlinguaggio,comeèpossibilechequestociportiavanti?Manoinonvogliamoandareavanti.Vorremmosolo ci fossedatodigiungere làdovegiàsiamo[1959:28].

c) Il riflettere sul linguaggio esigepertanto chenoi ci inoltriamoentro ilparlaredel linguaggioperprenderdimorapressoillinguaggio:nelsuoparlare,cioè,enonnelnostro[1959:28].

Inprimoluogo(a),chiintendecomprenderelanaturadellinguaggio,postochelinguisticane sarà la comprensione, deve disporsi senza requie a traslocare altrove: vano sarebbeparlare di parole senza, delle parole,mutare il senso; e il luogo verso il quale andare, edondeleparolemuterannosenso,èdettoʺlʹEventoʺ.Dicheʺeventoʺsitratta?Lʹeventodellinguaggio,laparole:lospazioeiltempoincuiunlocutorequalsiasiemetteunenunciato

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qualsiasi. In secondo luogo (b), quindi, non si tratta di procedere verso qualcosa disuperno,masemmaidirecedereversoquantoètantotritodasfuggireallavista:ʺlàdovegià siamoʺ è qui, ora; ma, come Heidegger preciserà in seguito, questo è pure il postodove, pur essendovi già, non siamo mai del tutto. In terzo luogo (c), lʹàndito che siappresta ad accoglierci, pur avendoci già, è chiamato il ʺparlare del linguaggio... il suoparlare, cioè, enon ilnostroʺ. E in che cosa potrebbe consistere, talesuo parlare, se nonfossequelsuocertosuonarecosìecosì,quelsuocertosuggerire,suonando,chequestononèquello,cheilmarestatraildireeilfare,echeesuonailcontrariodio?Proprioinquesto,infatti,consiste.

Nelseguitodelcapitolo,Heideggerpassaalsuoprimoargomento:

d)Rifletteresul linguaggiosignificapervenirealparlaredel linguaggio inmodochequestoparlareavvengacomeciòincuiallʹesseredeimortalièdatoritrovarelapropriadimora[1959:29].

e)Di contro alla posizione che risolve lʹintera significazione della parola nel concetto, si sottolineaprimariamenteilcaratterefigurativoesimbolicodellinguaggio[1959:30].

f) Illinguaggionellasuaessenzanonènéespressionenéattivitàdellʹuomo.Illinguaggioparla.Noiricerchiamo ora il parlare del linguaggio nella poesia. Ciò che si cerca è, pertanto, racchiuso nellapoeticitàdellaparola[1959:33].

Per prima cosa (d) egli asserisce che, questo ʺparlare del linguaggioʺ, di cui vainterrogandosi,ètalechesioffreanoicomelapiùdomesticatralecose,nongiàcomeunacosa estranea, bensì come la nostra casa, tornando nella quale, estranea, ci apparirà,piuttosto, la lunga assenza. Esso è difatti il luogo dove imparammo a parlare, e doveecheggiano,ancora,proverbiecanzoni.Persecondacosa(e),egli,nellʹattodiriconoscereinessenziale la concezione prevalente del linguaggio, le oppone la comune obiezione cheessa troppo spesso ne trascuri il ʺcarattere figurativo e simbolicoʺ: senza ancorasoffermarvisi,giacchéaltraèlʹaltezzadacuiguarda,annoveracosìilnostroargomentotraisuoicontroveleniantimetafisici.Perterzacosa(f),equasidiconseguenza,eglielegge ilterreno prediletto del ʺparlare del linguaggioʺ, che nonè espressioneumana,madi cui,semmai, lʹumano è espressione, nella poesia: in quel dire, cioè, che, col lasciar che sipronuncilalinguastessa,sopraognialtronemostrailʺcaratterefigurativoesimbolicoʺ.

Quelloche,dallapoesia,sievinceèquesto:

g)Ladif‑ferenzaèciòchechiama.Ladif‑ferenzaadunaiDuechiamandolientrolostaccocolqualesiidentifica. Il chiamare che aduna è il risuonare.Questo è altra cosa dal puro provocare e dal purodiffondereunsuono[1959:41].

h)Illinguaggioparlainquantosuonodellaquiete.Laquieteacquieta,portandomondoecosenellaloroessenza. Il fondareecomporremondoe cosanelmododellʹacquietamentoè lʹeventodelladif‑ferenza.Illinguaggio,ilsuonodellaquiete,è,inquantoladif‑ferenzaècomefarsievento.Lʹesseredellinguaggioèlʹeveniredelladif‑ferenza(...).Taleeventosirealizzainquantolʹessenzadellinguaggio,ilsuonodellaquiete,siavvaledelparlaredeimortaliperesseredaimortalipercepitacomeappuntosuonodellaquiete.Soloinquantogliuominirientranoneldominiodelsuonodellaquiete,imortalisonoaloromodocapacidiunparlareattuantesiinsuoni[1959:41].

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i) Non ha alcuna importanza proporre unʹaltra concezione del linguaggio. Quel che solo conta èimparareadimorarenelparlaredellinguaggio[1959:43].

Ciòche,adunandoleasé,chiamaadessere lecosedelmondo(g),è la ʺdif‑ferenzaʺ:nongià la denotazione di una sostanza concettuale assoluta, bensì la connotazione di unaforma concettuale relativa, il saussuriano ʺvaloreʺ negativo e differenziale, capace disegmentare,auntempo, ilcontinuum foneticoequello semantico;essaèdefinita, infatti,come un ʺrisuonareʺ: non come il ʺprovocareʺ o il ʺdiffondereʺ un suono, ma come unrisuonare tra i suoni. Secondo, poi (h), il ʺparlare del linguaggioʺ viene a prender lesembianzediʺsuonodellaquieteʺ:dellaquiete,cioè,cuiladif‑ferenzahapotutoaddurrelecoseeilmondo.Essoèilsuono,dunque,dellʹarticolazionetralecoseeilmondo,delloroacquietamentoentroilreciprocostacco,lareciprocadislocazionecheèstataprocuratadaun risuonare tra suoni, da undifferire acustico; esso è come suona, quindi, il sistemadeiluoghi semantici procurato dal sistema dei luoghi fonetici; come suona, insomma, lalangue: quel ʺparlare del linguaggioʺ, che non è il nostro, e che non è umano, perchéappartiene invecealmondonaturale, ilquale si attuasolamenteavvalendosidellaparoledeimortali. Terzo, quindi (i), essenziale non sarà discutere che cosa sia il parlare, bensìimparare a parlare come la lingua parla; non dire, della lingua, ciò che si pensa, malasciareche la linguadicaquellochepensa:solo esso, infatti,èCiò cheèdegnodiesserepensato.

Nel capitolo terzo del libro, intitolato Da un colloquio nellʹascolto del linguaggio, unInterroganteeunGiapponeseprecisanoulteriormenteiterminidelproblema:

I‑Secosìfosse,giàsaremmoricchidiciòcheèdegnodiesserepensato.G‑Perchédiceʺsaremmoʺ?I ‑ Perché vedo ora ancor più chiaramente il pericolo che la lingua in cui conduciamo il colloquiocontinuiadistruggerelepossibilitàdidireciòdicuiveniamoragionando.G‑Peril fattochelalinguastessapoggiasulladistinzionemetafisicadisensibileenon‑sensibile,inquanto a reggere lʹedificio della lingua stanno, da un lato, suono e scrittura, dallʹaltro significato esenso.I‑Cosìalmenonellaprospettivadellaconcezioneeuropea.Cosìanchedaloro?G‑Certono...[1959:94].

Lʹostacoloaconseguirelaʺricchezzaʺ,chesicelanellʹessenzadellinguaggio,consistenellaseparazione metafisica tra significante e significato, cui lʹuso abituale della lingua cicondanna.Eincheconsisteilsuperamentodellʹostacolo?

I‑Questa[lʹespressioneʺdimoradellʹEssereʺ]nonècheuncennoversolʹessenzadellinguaggio.G‑AmeparecheEllaabbiaoradettounaparoladecisiva.I‑Ilcennosarebbeallorailtrattofondamentaledellaparola.(...)G‑Cenniegestisono,secondolasuaindicazione,diversidasegniecifre,cosetuttechehannolaloropropriasedenellametafisica.I ‑Cenniegestiappartengonopernaturaaunospaziototalmentediverso,semipermettediusarequestoterminecheancheamepareinsidioso[1959:100‑102].

Lʹaldilàdellaseparazionemetafisicavienealloraaprecisarsinellʹintendereleparolecomeʺcenniʺ o ʺgestiʺ: in quanto indicazioni, cioè, ottenutemediante lʹarticolazione dei suoni,relativeaʺunospaziototalmentediversoʺdaquellologico‑grammaticaledeisegniedelle

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cifre,sebbenelaparolasuoniancoraʺinsidiosaʺ.MaalladomesticazionediessaèdedicatoilcapitoloIVdellibro,intitolatoLʹessenzadellinguaggio.

l)Talecontradaèlavicinanzafrapoetareepensare.Vicinanzasignifica:abitareinprossimità.Poetaree pensare sonomodi del dire. La prossimità, che avvicina lʹuno allʹaltro poetare e pensare, noi lochiamiamoilDireoriginario(Sage).Inquestociparestialʹessenzadellinguaggio[1959:157].

m)Se imodideldiredebbonoesserviciniamotivodella loroprossimità, laprossimitàstessadeveaffermarsinelmododelDireoriginario.Prossimità eDireoriginario sarebberoallora la stessa cosa[1959:159].

n)Ciòchecostituiscelʹessenzadellaprossimitànonèladistanza,bensìilmovimentochecongiungele regioni del quadrato del mondo nel loro essere lʹuna di fronte allʹaltra. Tale movimento è laprossimitàcomeprossimitàvicinante[1959:166].

Lo ʺspazioʺ, cui cenno e gesto alludono ed appartengono, si definisce allora comeʺprossimitàʺ: come quella prossimità che è tra poetare e pensare (l)ma, anche, come laʺprossimità stessaʺ che, di conseguenza, deve inerire al Dire originario (m). Essa nonconcerne spazio e tempo come ʺvalori parametriciʺ (o, diremmo noi, assoluti), bensì (n)ʺlʹessere una di fronte allʹaltraʺ [gegen‑einander‑über] delle ʺregioni del mondoʺ (valori,quindi,relativi). In taleprossimitàsi incontrano, come la terrae ilcielo,così il suonoe ilconcetto, facendo della lingua naturale, fuori dʹognimetafora, ʺil fiore della boccaʺ, chesboccia differente nei differenti paesi [1959: 161‑63]. Il linguaggio è qui guardato qualemediummaterialetraglielementidelcosmo:comeessisifronteggianonellaprossimitàcheli oppone, così in esso si fronteggiano significante e significato, secondo una topologiarelativadeiluoghiche,dallʹintornodilocuzionedelparlante,sispecchianellʹinternodellasua cavità orale. ʺLʹessere una di fronte allʹaltraʺ delle vocali [anteriore] e [posteriore] èquantoprecisamenteaccenna a ʺlʹessereuna di fronte allʹaltraʺ delle ʺregioni delmondoʺchiamate[terzapersona]e[primapersona].

o) Che il linguaggioabbiavoce e suono, vibri, ondeggi e tremi, tutto ciògli è altrettanto peculiarequanto lʹavere un senso. Ma il modo in cui cogliamo questa peculiarità resta ancora moltosprovveduto, perché sempre si frappone la spiegazione tecnico‑metafisica che ci distoglie da unariflessioneadeguata[1959:161].

p)IldiredellinguaggioprovienedalsuonodellaParolachechiamaeaduna,che,apertaallʹAperto,fasì che nelle cose si manifesti il mondo. In tal modo il suono della voce non resta più messo inrelazionesoltantoconorganifisici.Essoèsottrattoallaprospettivadellaspiegazionefisiologico‑fisicadellʹelementopuramente fonetico. Ilmomento fonico, terrestre,del linguaggioviene sussuntonellaintonazione, la qualemette in accordo, le une con le altre, le regioni della compagine delmondo,facendogiungereallʹunailsuonodellʹaltra[1959:163‑64].

q)Neldominiodellʹesserlʹunodifronteallʹaltroognicosaèapertaallʹaltra,apertanelsuooccultarsi;cosìlʹunasiprotendeversolʹaltra,siaffidaallʹaltra,eciascunarestaintalmodoséstessa;lʹunacosasovrastalʹaltracomevegliandola,avvolgendoladʹunvelo[1959:166].

Nellaboccadʹunfilosofo,sonoquasilestesseparolecheBenvenistehaspesoinfavoredelrapportonecessariotrasignificanteesignificato:ʺEʹchetuttiivalorisonodiopposizioneesi definiscono solo in base alla loro differenza. Opposti, si mantengono in reciprocorapporto di necessità. Una opposizione è per forza di cose sottesa di necessità, come la

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necessitàdàcorpoallʹopposizione.Selalinguaèbenaltrocheunconglomeratofortuitodinozioni erratiche e di suoni emessi a caso, è proprio in quanto nella sua, come in ognistruttura,èimmanenteunanecessitàʺ[Benveniste1966:67].Egli,dʹaltraparte,sapevabenedi cosa stesseparlando: ʺTrasposto in termini linguistici, è infatti ilproblemametafisicodellʹaccordo tra lo spirito e il mondo, problema che il linguista un giorno sarà forse ingradodiaffrontarefruttuosamente,macheperilmomentofaràmeglioalasciaredaparteʺ[Benveniste 1966: 65]. Il tempo di lasciarlo da parte è cominciato a scadere proprio inquello stesso 1939, allorché Trubeckoij, formalizzando la nozione di ʺtratto distintivoʺ,poneva le condizioni tecniche, subito riconosciute da Jakobson, per affrontarloʺfruttuosamenteʺ.Sulversantesemantico,giàquattroanniprima,LouisHjelmslevavevaindividuatonella ʺipotesi localistaʺ,ecioènellʹideache il valoredovesseoriginaredaunsistema di luoghi relativo al parlante, la sola teoria semantica degna, a suo giudizio, diconsiderazione scientifica. Lʹassommarsi di queste due condizioni, e dunque lʹemergeredella ʺprossimitàʺ, quale comune fondamento del fonetico e del semantico, è quanto dàadito,oggi,aunateoriafonosimbolicadellʹoriginedelvalore.

EssaèdefinibilecomeunaMetafisicaempirica,inquantopuòaddentrarsiaperlustrare idettagli inesauribilidiquellaʺradura luminosaʺ [Heidegger1959:107],odiquel ʺmondocometotalitàdelimitataʺ[Wittgenstein1921:108],cheè,auntempo,lapercezionemisticadellʹEssere,elʹorizzontesensibilediunparlante,nellʹattodiesseresegmentatomedianteilprocesso naturale della significazione. Essa è definibile, inoltre, come una Filosofianaturaledellalingua,inquanto,colfarsiunaragionedellecosequaliappaiono,ambiscearischiarareilnesso,giàcaroaPiageteaFreud,trafisiologiaepsicologia,concordementealdato neurologico che vuole la topologia degli apparati periferici (articolazione eaudizione), proiettata isomorficamente alla superficie del sistema nervoso centrale[Maturana1970:67].Infine,enondaultimo,lateoriafonosimbolicadellʹoriginedelvalorepuò porsi a fondamento di una Linguistica materialista, che intenda ricondurre lafenomenologiadellospiritoallaformamaterialedellavitadegliuomini.Neltempoincuiil linguaggio rivela sé comearchitrave delle forzeproduttive capitalistico‑spettacolari, lapossibilità di un discorso di liberazione che non ricada strettamente, a sua volta, nelperimetro dello spettacolo integrato, è tolta: è tolta ogni residua possibilità di dire,medianteillinguaggio,lʹautentico.Ma,nellostessotempo,eperlastessaragione,èdata,per la prima volta, la possibilità che il linguaggio stesso si dica, in quanto fondamentocomunedelComune;eche,conquestodirsi,possa‑nonchérappresentareoimmaginare‑fattualmenteistituireunaltromondopossibile.Ilmondo,piùprecisamente,delpossibile,che il desiderio naturale degli uomini ha voluto consegnare lungo i secoli, per noi, allastrutturadellalinguanaturale.

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Eseladimoraacuifacciamoritorno,aldilàdellʹessere,non fosse né un luogo iperuranio né una Voce, masemplicementeletriteparolecheabbiamo?

GiorgioAgamben,Illinguaggioelamorte,Ex.6

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Pubblicatonelgennaio2003http://w3.uniroma1.it/[email protected]


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