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Luglio - Agosto 2013 · 2014. 9. 24. · seduto coi nonni davanti a casa a par-lare, ricordo i...

Date post: 25-Jan-2021
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G&d Gabiano e dintorni Il mensile dal Nost Munfrà Luglio - Agosto 2013 Foto di Enzo Gino
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  • G&d G

    abia

    no e

    din

    torn

    i Il mensile dal Nost Munfrà

    Luglio - Agosto 2013

    Foto di Enzo Gino

  • 2

    Am vis d’na vira

    Anche questa prima parte dell’anno se

    n’è andata, nel pieno dell’estate chi

    può si dedica ad un meritato riposo.

    Lo farò anch’io, anche se salvo qual-

    che evasione di pochi giorni, la mag-

    gior parte delle ferie le passerò… a

    casa mia.

    In verità quando sono a casa mia, fra

    queste colline, con la famiglia, il mio

    Setter irlandese Cris e il mio gatto

    Mignin (nome della più classica tradi-zione Monferrina) sto come un

    “puciu”. Per chi come me, per lavoro si fa ogni giorno Gabiano-Torino e

    ritorno (oltre 140 km), tagliare un po’

    d’erba, pulire la rete della mia piccola

    proprietà dall’assalto dei “brut” o farsi una grigliata sotto il Caco con la fami-

    glia e gli amici nel giardino è un piace-

    re impagabile.

    Come impagabile è la vista delle colli-

    ne dalle finestre di casa mia.

    Sembrerà strano ma è da quando ero

    bimbo (tanto, tanto, tanto, tempo fa)

    che vedo quel paesaggio che non rie-

    sce a stancarmi. Crea sullo sfondo, la

    chiesetta ottagonale di Pozzengo e

    quella di San Bononio di cui odo anche

    il rintocco delle ore del campanile,

    quelle case di fronte, sono a Luvara di

    Mombello. Una volta vedevo tante

    coltivazioni, erba medica, piante di

    frutta: pesche in particolare, Salvia

    Sclarea usata per gli spumanti e qual-

    che bosco, qua e là. Oggi invece è

    tutto un bosco. Ricordo il canto del

    gallo e il chiocciare delle galline della

    corte adiacente casa mia dove viveva-

    no Elda e Restino. Ricordo gli storni

    che davano l’assalto alle piante di fichi

    ed io nascosto nei dintorni con il

    “flobert” che tendevo loro gli agguati, salvo dispiacermi sino a piangere

    quando ne catturavo qualcuno ferito e

    lo vedevo morire fra le mie mani.

    Ricordo le sere d’estate dopo cena

    seduto coi nonni davanti a casa a par-

    lare, ricordo i giochi, le filastrocche:

    Sun la crava dal gambarè sensa corni e sensa pè, con in corni uis uis uis s’è tven-i a nan t-an fris! Ricordo il faro di Crea là in fondo, che

    compariva e scompariva, compariva e

    scompariva… e fra una luce e l’altra

    potevi recitare giusto un’Ave Maria.

    Ricordo quando con nonno all’imbruni-

    re si andava a Po a “tendi ji anguili ”, in lotta con le zanzare che in pochi

    minuti coprivano il dorso delle mani

    come una fitta peluria, tante ce n’era-

    no; poi lanciavi nelle scure acque del

    grande fiume quei lunghi cavi con due

    mattoni alle estremità e con 10, 15,

    20 lenze attaccate.

    E la mattina alle prime luci dell’alba

    dopo una notte insonne per paura che

    partissero senza di me, ritornare a

    raccoglierle; con un gancio artigianale

    ripescarle e mentre le tiravi fuori ve-

    dere che attaccata a qualcuna di quel-

    le lenze si contorcevano lunghe an-

    guille. Ricordo il vino messo al fresco

    calandolo nell’acqua del pozzo, ricordo

    Diana, Ras, Brill, i cani da caccia del

    nonno.

    Ricordo i “friciulin vert” con “l’erba d-San pet” la cicoria “tajaja fin-a fin-a” con l’aj e l’anciua , ricordo la Soma d’aj mangiata con l’avgnenga. Ricordo quando il Silvano portava il

    grano nel fienile e dopo qualche gior-

    no veniva la trebbiatrice a batterlo tra

    polvere e rumore con tanta gente che

    aiutava. Ricordo le persone che non ci

    sono più, i loro racconti, le loro

    espressioni, le persone di cui loro, a

    loro volta parlavano, e che già allora

    non c’erano più.

    In certi momenti, guardando quel

    paesaggio, mi mancano ancora adesso

    che è passata una vita. Tra qualche

    giorno mio zio Renato di 92 anni verrà

    ad abitare con noi, è un “pezzo”, uno

    degli ultimi pezzi di quel mondo, an-

    che se è vissuto altrove per una vita,

    è un mondo che anche lui ha cono-

    sciuto, ha condiviso e, prima ancora di

    me, ha vissuto.

    Spero di poter passare ancora tanti

    anni a ricordare a parlare a rivivere

    quel mondo con lui, in attesa che il

    cerchio magico delle nostre vite si

    sciolga trasformandole in ricordi

    (speriamo) piacevoli, emozionanti per

    coloro che ci hanno conosciuto, così

    come tutto ciò che ho visto, sentito,

    conosciuto, qui, nella mia casa, fra le

    mie colline hanno saputo dare piacere

    ed emozioni a me.

    L’Amarcord estivo di un Monferrino

    di Enzo Gino

  • 3

    Intervista al sindaco

    Continua l’inchiesta sui piccoli

    comuni con l’intervista ai loro

    sindaci. Dopo Gabiano e Oda-

    lengo Piccolo è la volta di Villa-

    miroglio con il suo sindaco

    Paolo Monchietto. Ecco cosa ci

    ha raccontato.

    Non facile fare il sindaco a Villami-

    roglio come in tutti i piccoli Comuni

    del Monferrato. Rispetto alla gran-

    de città il sindaco qui è conosciuto

    da tutte le persone, e deve dimo-

    strare molta sensibilità rispetto ai

    problemi dei compaesani.

    Si deve cercare di risolvere i pro-

    blemi dai più piccoli ai più grandi.

    Fra i maggiori problemi affrontati

    nei primi anni di mandato vi sono

    state le conseguenze delle avversi-

    tà atmosferiche, con problemi di

    frane lungo le strade, 7-8 strade

    comunali erano infatti disastrate.

    Nella passata legislatura Monchiet-

    to ha fatto l’assessore “ma fare il

    sindaco è tutta un’altra cosa, si

    deve entrare nel vivo dei problemi,

    la gente si aspetta delle risposte e

    l’amministrazione deve dare dei

    risultati.”

    “Tante volte sei costretto a fare i

    lavori ancora prima che siano arri-

    vati i fondi o avere messo a bilan-

    cio le spese, la strada la devi libe-

    rare, devi trovare una soluzione.”

    Nel comune di Villamiroglio infatti il

    grande problema sono le strade,

    “basta pensare che il nostro piccolo

    comune ha quasi trenta chilometri

    di strade comunali da gestire, con

    un cantoniere che dispone di 6 ore

    al giorno.”

    Il comune aveva una

    dipendente che face-

    va i servizi comunali

    a tempo pieno e che

    in questo periodo è in

    mobilità per problemi

    famigliari, un canto-

    niere che gestiva le

    strade e faceva il part-time, 24 ore mensili e poi un geometra

    che gestisce l’ufficio

    tecnico ed è dipen-

    dente del comune.

    Villamiroglio oggi ha circa 340 resi-

    denti ed anche questo comune è

    coinvolto nel processo di aggrega-

    zione delle unioni collinari (prima

    era Comunità Collinare valle Cerri-

    na e adesso Unione Collinare Valle

    Cerrina) con altri 8 Comuni:

    Cerrina capofila, Gabiano, Mombel-

    lo Monferrato, Serralunga di Crea,

    Odalengo Grande, Ponzano Mon-

    ferrato, Cereseto, Moncestino. In

    tutta l’Unione gli abitanti arrivano a

    circa 5400, così si spera di poter

    avere più forza con la Regione,

    magari portando a casa qualche

    contributo. Sono già stati uniti tre

    servizi fondamentali, come d’obbli-

    go, entro quest’anno: protezione

    civile, vigili urbani e catasto, entro

    il 2014 dovranno essere unificati

    anche tutti gli altri servizi.

    L’economia di Villamiroglio è basata

    sull’agricoltura per circa l’80%, an-

    che se in questo settore l’età avan-

    zata porta al pensionamento di

    molti agricoltori che comunque

    continuano a coltivare soprattutto

    ortaggi e qualche vigneto.

    Al Mercato della Piagera c’è poi

    l’opportunità di vendere i prodotti

    agricoli.

    Vi sono ancora 4 o 5 produttori

    agricoli che vendono i loro prodotti

    nei diversi mercati della zona arri-

    vando sino a Crescentino e Chivas-

    so. Grazie a un paio di agricoltori

    che coltivano il fieno d’estate e

    d’inverno curano i boschi riusciamo

    a mantenere in ordine il territorio

    tenendo sotto controllo dalle inva-

    denti le aree abbandonate. La

    maggior parte della popolazione è

    anziana, sopra i 70 anni e quindi

    pensionati.

    Per quanto riguarda Paolo Mon-

    chietto questo è il primo mandato

    da Sindaco, la passata legislatura

    era assessore ma è da 24 anni che

    è in comune.

    In passato il Consiglio si riuniva

    nella sede “alta” dove è stato man-

    tenuto l’archivio storico, mentre da

    alcuni anni gli uffici sono stati tra-

    Paolo Monchietto Sindaco di Villamiroglio

    Il difficile “mestiere” del sindaco: 340 abitanti, per lo più anziani, quasi trenta chilometri di strade Comunali con un cantoniere part-time e… un territorio incontaminato

  • 4

    resistenza partigiana, o altri fatti

    storici. Per la festa patronale di San

    Filippo e Michele a fine settembre

    verrà inaugurato una altro sentiero

    segnalato e classificato. La carto-

    grafia verrà trasmessa al Cammina-

    monferrato che provvederà a inse-

    rirla nei suoi circuiti di informazio-

    ne. Per chi poi volesse fermarsi più

    giorni, attualmente è presente sul

    comune di Villamiroglio un agrituri-

    smo che è l’azienda biologica di

    Cassina Davide nota come Molino

    del Conte. E’ una azienda che pro-

    duce confetture alimentari biologi-

    che che vende in Italia ed anche

    all’estero. In passato c’era anche

    un altro agriturismo noto come -

    L’ultima cascina del borgo – e che

    si trova a case Curto, che ha chiuso

    qualche tempo fa ma che presto

    verrà riaperta perché è stata acqui-

    stata da due giovani famiglie di

    persone provenienti da Torino for-

    mate da 5 e 4 unità. Una di questa

    arriverà a settembre ed ha già

    iscritto i bambini a scuola e l’altra la

    prossima primavera. C’è poi l’azien-

    sferiti nella attuale sede che in

    passato era destinata a scuola ele-

    mentare, risalente agli anni ’70.

    Una scelta dettata dalla necessità di

    favorire l’utenza, infatti la nuova

    sede oltre ad esser più centrale

    rispetto all’abitato è anche adiacen-

    te ad una piazza per parcheggiare,

    anche per coloro che hanno proble-

    mi di mobilità, il comune è stato

    realizzato nel rispetto delle norme

    sulle barriere architettoniche (n.d.r.

    ed è l’unico per quanto abbiamo

    visto sin’ora).

    Domandiamo: ma perché “da fuo-

    ri” la gente dovrebbe venire a Villa-

    moroglio? “Perché è un territorio

    ricco di strade campestri ideali per

    trekking a piedi, in mountain bike o

    a cavallo; stiamo procedendo alla

    segnalazione di questi percorsi.

    Quest’anno è stato il turno di quello

    di Vallegioliti con le indicazioni,

    classificazioni, e corredato di carte

    stradali segnalate e descritte con

    l’indicazione di cappellette, chiese e

    punti che hanno segnato la storia di

    questo territorio con eventi come la

    Cari amici ben ritrovati, è passato

    un po’ di tempo da quando ho

    scritto per questa rubrica, mi scuso

    con tutti quanti per avervi lasciati

    senza nemmeno un avviso, ma un

    susseguirsi di eventi mi ha comple-

    tamente assorbito.

    Eccomi comunque nuovamente tra

    voi, per parlarvi delle tante bontà

    dei nostri territori cercando anche

    di spiegarvi come sono nate tali

    prelibatezze. Questa volta ho scelto

    di parlarvi del più tipico biscotto

    genovese, quello del Lagaccio, co-

    I Biscotti Del Lagaccio o Della Salute

    nosciuto anche nell’ovadese come

    Biscotto della salute.

    Dovete sapere che i biscotti del

    lagaccio, prodotto tipico dell’omoni-

    mo quartiere genovese, nacque

    sulle rive dell’omonimo lago artifi-

    ciale situato tra i colli di Oregina e

    Granarolo nella seconda metà del

    1600. Ma andiamo con ordine; pri-

    ma di tutto va detto che questa

    diga artificiale venne fatta costruire

    dal celebre ammiraglio genovese

    Andrea Doria con lo scopo primario

    di creare giochi d’acqua nel giardi-

    no della sottostante

    villa di sua proprietà.

    Naturalmente gli abitan-

    ti del luogo nonostante

    traessero anch’essi be-

    neficio dall’opera non la

    videro di buon occhio,

    ecco dunque perché il

    lago assunse ben presto

    il nome di “lagaccio”.

    Sebbene l’opera fu vo-

    luta quasi per capriccio

    a cura di Damiano Gasparetto

    da vitivinicola di Giolito Arnaldo ed

    una produttrice di miele squisito:

    Balzola Annamaria. Per il futuro il

    sindaco ha anche in mente di recu-

    perare ciò che resta del vecchio

    castello dei Miroglio, situato fra

    Varengo e Villamiroglio nella zona

    chiamata Bric Mireu. Nel 1400 sor-geva il castello che fu incendiato.

    Nella passata amministrazione ed

    anche lo scorso anno era stata

    ripulita l’area e da lì si facevano

    passare le passeggiate. Si vuole

    farne un punto storico ben segna-

    lato per consentire alla gente di

    poterlo visitare. Oggi ci sono anco-

    ra i resti delle vecchie mura fra cui

    quella che regge il piazzale princi-

    pale dove una volta pulito si posso-

    no anche tenere manifestazioni.

    Inoltre a Vallegioliti nel piazzale

    davanti alla chiesa dove a maggio

    si tiene la Sagra dei Pois, si inten-

    de creare una zona pic-nic dove la

    gente il sabato o la domenica può

    passare una giornata con i bambi-

    ni. Una zona corredata anche da

    servizi bagno.

    da uno dei

    più poten-

    ti perso-

    n a g g i

    dell’epoca

    e s t e s e

    ben pre-

    sto i suoi

    b e n e f i c i

    anche agli

    a b i t a n t i

    della zona

    e nel 1652 per volere della repub-

    blica nacque una fabbrica di polveri

    da sparo, che necessitavano per

    esser lavorate di grossi quantitativi

    d’acqua.

    Certo vi starete chiedendo : “cosa

    centra tutto questo con i biscotti? “

    dovete sapere che di lì a poco, a

    quello stabilimento se ne affiancò

    un altro, questa volta alimentare

    che produceva gallette per lo più

    ad uso militare. Il biscotto prodotto

    era leggero, friabile e di facile con-

    servazione e ben presto prese il

    Un genovese noto anche da noi

  • 5

    Abbiamo già parlato della Torta di

    Nocciole tipica della nostra terra,

    ora ne riproponiamo un’altra ver-

    sione che ci è stata suggerita dalla

    sig.ra Anna Garimanno della Piage-

    ra di Gabiano che a sua volta la

    avuta da una ultranovantenne di

    nome Alda in quel di Verrua Sa-

    voia. Con l’occasione invitiamo tut-

    te le signore (e i signori) che negli

    anni hanno appreso un modo per-

    sonale di cucinare le ricette Mon-

    ferrine di scriverci. E’ anche questo

    un modo per far conoscere le no-

    stre tradizioni in cucina con le tra-

    sformazioni e i miglioramenti sug-

    geriti dall’esperienza, dai tempi e

    dai gusti d’oggi. Non sarebbe poi

    male in qualcuna delle tante feste

    che si organizzano, specie d’estate,

    prevedere una sorta di festa con la

    preparazione della torta (o altro

    piatto monferrino) davanti a tutti.

    Anna ci racconta che la signora di

    Verrua pur avendo spiegato la ri-

    cetta a tante amiche, afferma che

    nessuna, secondo lei, è riuscita

    preparala come si doveva. Da par-

    te nostra abbiamo assaggiata quel-

    la preparata da Anna e ci è parsa

    veramente buona, tanto da richie-

    derne la ricetta per proporla ai no-

    stri lettori.

    Partiamo dagli ingredienti:

    250 gr. di nocciole tostate e tritate,

    200 gr. di zucchero, 200 gr. di bur-

    ro che da almeno tre ore deve es-

    sere stato tolto dal frigo, 1 uovo

    intero, 1 rosso d’uovo e 350 gr. di

    farina. Quindi la buccia di un limo-

    ne grattugiata, sale quanto basta,

    mezza bustina di lievito, 1 vasetto

    di marmellata rigorosamente di

    fragole.

    Passiamo alla preparazione:

    Amalgamare burro, zucchero, uova

    sale, nocciole e da ultimo la farina

    con il lievito. Dividere poi la pasta

    ottenuta a metà. Una parte stende-

    tela in una teglia del diametro di 30

    cm. Ora coprite questo disco d’im-

    pasto con la marmellata.

    A parte, sopra un foglio di carta da

    forno, stendete l’altra metà dell’im-

    pasto, spianatela come avete fatto

    con la metà precedente, quindi,

    delicatamente giratela sopra la

    marmellata in modo da formare

    una specie di sandwich con la pasta

    ed in mezzo la marmellata.

    Mettete tutto in forno a 160°C per

    15-20 minuti e la delizia è pronta.

    Un torta di nocciole un po’ particolare...

    nome di “biscotto del lagaccio”.

    In origine si trattava semplicemen-

    te di fette di pane biscottate; così

    trattate per la conservazione in

    barca, divenne ben presto un vero

    e proprio biscotto amato e apprez-

    zato in tutta Genova e nelle zone

    limitrofe, dove ancora oggi viene

    prodotto e commercializzato.

    Ad oggi, almeno da queste parti è

    uno dei prodotti migliori per la pri-

    ma colazione, vediamo come pre-

    pararli in casa:

    Ingredienti per 8 persone:

    500 g di farina 00,

    200 g di zucchero,

    140 g di burro a temperatura am-

    biente,

    25 g di lievito di birra,

    15 g di semi di finocchio,

    un pizzico di sale

    Procedimento:

    Con circa 150 g di farina formate

    una fontana sulla spianatoia ed al

    centro versate lo lievito disciolto in

    acqua tiepida, impastate fino ad

    ottenere un composto morbido ed

    omogeneo e lasciate lievitare in

    luogo riparato e coperto con un

    panno umido fino a che non rad-

    doppierà di volume.

    Disporre dunque la restante farina

    a fontana, sbriciolarvi all’interno il

    burro ammorbidito, i semi di finoc-

    chio ed il panetto lievitato. Impa-

    state poi fino ad amalgamare per

    bene il tutto e rimettete a lievitare

    nuovamente fino a che non rad-

    doppierà di volume.

    Lavorate dunque nuovamente la

    pasta, dividetela in 4 parti e forma-

    te con esse 4 cilindri, disponeteli

    ben distanziati su di una placca con

    carta da forno e lasciate nuova-

    mente lievitare; quindi infornate a

    180° a forno preriscaldato per una

    ventina di minuti.

    Lasciate dunque raffreddare com-

    pletamente e suddivideteli in fettine

    spesse all’incirca un dito, rimetteteli

    dunque sulla placca e tostateli in

    forno già caldo a 160° per 10 mi-

    nuti per lato.

    Naturalmente col tempo sono nate

    alcune varianti, nel caso doveste

    trovare ricette che contengono del

    liquore all’anice sappiate che questa

    è la particolarità che contraddistin-

    gue il biscotto della salute di Ovada

    Come al solito vi saluto e vi dò ap-

    puntamento al prossimo mese,

    qualora aveste dubbi su quanto

    scritto o problemi di altro genere in

    cucina non esitate a scrivermi.

  • 6

    Imprese, territorio e... committenti

    Un territorio non è fatto solo di am-

    biente, bellezze naturali, enogastro-

    nomia, storia, cultura, ma anche di

    imprese serie e affidabili, che sanno

    svolgere bene ed in maniera profes-

    sionale il loro lavoro, senza approfit-

    tarne oltre il lecito, magari perché si

    trovano di fronte persone non prati-

    che nelle complesse materie in cui

    invece gli imprenditori operano da

    anni.

    Ed eccoci qui a descrivere di situa-

    zioni negative presenti, in varia mi-

    sura, un po’ in tutto lo Stivale, e tal-

    volta anche da noi e come non biso-

    gna fare. Crediamo che raccontarlo

    può servire ai nostri lettori affinché

    siano informati (se già non lo sono)

    dei problemi e delle difficoltà che si

    possono incontrare se non ci si affi-

    da a professionisti validi e seri.

    Ed anche segnalare quanto il ben

    operare sia condizione essenziale

    per favorire oltre che i residente di

    vecchia data anche l’insediamento di

    coloro che decidono di venire a vive-

    re fra le nostre colline, valorizzando

    inoltre le tante aziende serie che

    operano con coscienza.

    Non vi è infatti niente di più negati-

    vo per l’immagine di un territorio,

    come talvolta capita per alcune pro-

    vince del sud, che la nomea di avere

    attività e servizi scadenti e poco affi-

    dabili (sia pubblici che privati) che

    richiederebbero maggiore attenzione

    da parte di tutti.

    A complicare i rapporti intervengono

    anche leggi poco chiare adatte più

    agli Azzeccagarbugli che ai

    cittadini onesti e istituzioni

    preposte a tutelare gli abusi

    non propriamente efficienti.

    Per meglio evidenziare quali

    difficoltà si possono incon-

    trare partiamo da una

    esempio, che non ha alcun

    riferimento a casi specifici,

    ma rappresenta astratta-

    mente una serie di compor-

    tamenti da evitare.

    Tenteremo di dare qualche

    risposta utile, anche se non

    ortodossa, per prevenire

    imprevisti e situazioni spia-

    cevoli, evidenziando come una col-

    lettività coesa e con forte senso co-

    munitario può essere di grande aiuto

    a tutti.

    Immaginate un padre di famiglia che

    voglia trasferirsi dalla città nelle no-

    stre colline; acquista una vecchia

    casetta, una delle tante in vendita,

    per ristrutturala e per farne la sua

    residenza o avviare una piccola atti-

    vità. Si fa fare un progettino, ottie-

    ne tutte le autorizzazioni e quindi

    sulla base di qualche preventivo dà

    poi l’incarico ad una impresa di ese-

    guire i lavori.

    Al giorno concordato viene impianta-

    to il cantiere e iniziano i lavori.

    Ma passato qualche giorno il nostro

    committente si accorge che qualcosa

    non va: i lavori cominciano a rallen-

    tare, vengono fatti malamente, svo-

    gliatamente, le maestranze lavorano

    un giorno e non si vedono per setti-

    mane. Anche le attrezzature impie-

    gate non sono quelle necessarie,

    invece di usare la betoniera, si im-

    pasta con la pala, invece di ponteggi

    si usano scale; scalpello a mano o

    piccone dove sarebbe richiesto inve-

    ce il percussore o il flessibile assai

    più veloci e precisi, ecc… e l’impre-

    sario non si vede più.

    Ovviamente il committente lo cerca

    subito per informarlo che le cose

    non vanno bene, ma questi non ri-

    sponde al cellulare, non si fa sentire,

    non richiama.

    Il tempo passa, parliamo di mesi, e

    il cantiere langue, il nostro amico

    comincia a stancarsi della situazione,

    vorrebbe mandare via l’impresa ma

    non può, perché, gli vien detto, la

    stessa dovrebbe firmare un foglio

    che autorizzi un'altra impresa a su-

    bentrare nel cantiere, ed ovviamen-

    te non lo fa… a meno che… non si

    paghi il dovuto… più il disagio per

    l’interruzione dei lavori, i sovracosti

    per le minori opere eseguite, ecc.

    ecc.

    Poi ci sono talune voci non compre-

    se nel preventivo che il nostro padre

    di famiglia credeva marginali, ma

    alla fine costano quanto o più delle

    restanti opere, perché sono conteg-

    Aziende, imprenditori, professionisti, artigiani seri e puntuali che sanno svolgere bene ed in maniera professionale il loro lavoro sono una condizione essenziale per valorizzare il territorio

  • 7

    giate a ore, e in cantiere, si sa, non

    c’è mica la bollatrice.

    Così comincia a capire perché l’im-

    presa usava la pala per impastare

    invece della betoniera, e tutto il re-

    sto, e capisce anche perché il pre-

    ventivo presentato era più basso di

    quello di altre ditte. E scopre anche

    che non è sempre facile trovare

    un’altra impresa che accetti di su-

    bentrare in un cantiere iniziato da

    altri.

    In pratica, la cattiva impresa, vuol

    essere pagata non per aver svolto le

    opere ed averle svolte secondo le

    regole dell’arte, ma per… andarsene.

    Non solo il cantiere è stato fermo

    per mesi con tutti i disagi del caso

    per il committente, non solo sono

    stati eseguiti lavori malamente, ma

    se vuole “liberare” la proprietà da

    quell’ingombrante, trasandato quan-

    to inutile (per lui) cantiere, e soprat-

    tutto da quell’impresa, deve pagare

    un multiplo di quello che era il pre-

    ventivo.

    Naturalmente, a mero scopo didatti-

    co, qui abbiamo rappresentato un

    situazione particolarmente sfortuna-

    ta per il nostro padre di famiglia, di

    solito non proprio tutto va così male.

    Ma che fare in questi casi?

    Non è facile perché come abbiamo

    detto seguendo le procedure di leg-

    ge, con tutti i limiti sopra accennati,

    rischiate di spendere altri soldi senza

    alcuna certezza di successo.

    Ciò che invece crediamo si può, e si

    dovrebbe fare, è mettere in comune

    queste esperienze in modo che an-

    che altri non abbiano le stesse disav-

    venture; il tempo poi valorizzerà le

    imprese serie e coscienziose che

    sono la grande maggioranza.

    Inoltre è bene non affidarsi nei pre-

    ventivi solo al prezzo più basso, ma

    piuttosto all’esperienza diretta di

    persone di vostra fiducia che hanno

    già lavorato e si sono trovate bene

    con certe imprese.

    Un tempo nelle comunità in cui tutti

    si conoscevano, la cosiddetta repu-

    tazione era fondamentale per gode-

    re del rispetto della considerazione e

    se necessario, anche dell’aiuto dei

    compaesani. Una stretta di mano fra

    galantuomini contava più di cento

    contratti firmati davanti ad un avvo-

    cato. Oggi, in un mondo in cui le

    verità legali hanno spesso niente a

    che vedere con quelle reali, in cui

    chi ha più denaro, chi può pagare

    avvocati migliori chi può permettersi

    di attendere anni, può farla franca

    anche se ha avuto comportamenti a

    dir poco scorretti.

    L’antidoto agli atavici limiti delle no-

    stre istituzioni può essere il ritorno ai

    valori di un tempo basati sulla cono-

    scenza diretta delle persone, su una

    fitta rete di conoscenze, sulla valo-

    rizzazione dei rapporti interpersonali,

    sulla fiducia nelle persone a noi vici-

    ne e che conosciamo, tutto ciò si

    costruisce parlando, discutendo,

    raccontando le cose belle che ci

    capitano ma anche le disavventure, i

    torti subiti.

    Naturalmente bisogna anche saper

    ascoltare chi ci parla per farne teso-

    ro, magari diventando tramite anche

    con altri amici.

    Così, crediamo, si può contribuire a

    costruire una comunità migliore e

    magari a prevenire qualche proble-

    ma o qualche ingiustizia.

    In passato, prima dell’avvento della

    Tv e dell’informazione di massa, le

    comunità disponevano di una

    “esperienza collettiva” creata pas-

    sando sempre un po’ di tempo insie-

    me a chiacchierare, magari la sera

    prima di coricarsi. Gli uomini privile-

    giavano i bar o le pro-loco e le feste

    patronali come luogo d’incontro, le

    signore invece sapevano trovare

    momenti d’incontro fra loro ritaglian-

    dosi piccole pause fra un lavoro e

    l’altro durante la giornata, magari

    andando a trovare un’amica con

    qualche pretesto. Così si creava una

    sorta di coscienza collettiva che uni-

    va la comunità, pur nelle sue infinite

    diversità.

    Fra i soggetti che possono essere

    oggetto di “fregature” vi sono non

    solo i cittadini ma anche le pubbliche

    amministrazioni che spesso non han-

    no la forza legale di resistere, anche

    difronte a richieste palesemente in-

    giuste. Hanno difficoltà perché sotto-

    messe a una burocrazia debilitante,

    perché finanziariamente disastrate,

    perché gli amministratori ben difficil-

    mente si imbarcano in cause che

    può vederli coinvolti nella responsa-

    bilità e, non va trascurato, pagano

    con soldi che non sono i loro… Per

    non parlare dei casi in cui hanno

    invece un… “interesse comune” con

    le controparti.

    Naturalmente vale per le ammini-

    strazioni quanto già detto per le

    aziende, così come ci sono ottime e

    serie imprese che sono la maggior

    parte, ci sono anche ottime e serie

    amministrazioni che, oltre a tutelar-

    si con contratti ben fatti, sanno far

    valere i propri diritti e gli interessi,

    che sono poi quelli della Comunità

    che rappresentano. In proposito

    ricordiamo che esiste un ente stru-

    mentale della Regione preposto

    proprio a supportare gli Enti locali

    negli appalti, che si chiama SCR

    (Società di Committenza Regionale)

    Piemonte.

    Nella speranza che la collaborazio-

    ne, buon senso e soprattutto buona

    volontà possono essere la chiave

    per risolvere i problemi o meglio

    per prevenirli.

    G&d - Gabiano e dintorni

    Autorizzazione n° 5304 del 3-9-99 del Tribunale di Torino; Direttore Responsabile Enzo GINO - Sede: via S. Carpoforo 97 - Fraz. Canta-venna 15020 Gabiano Stampato presso A4 di Chivasso (TO) - Associazione Piemonte Futuro: P. Iva 02321660066; Distribuzione gratuita; Per informazioni e pub-blicità; cell. 335-7782879; e-mail:

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    G&d è scritto, stampato e diffuso gratuitamente da volontari. Per favore non sprecarlo, quando lo hai letto, se non vuoi conservar-lo, passalo ad un amico o inserisci-lo nella posta di un vicino, aiuterai noi, te e loro a far conoscere il nostro territorio. Se vuoi collabora-re, farci avere articoli, suggerimen-ti o proposte, contatta la redazio-ne. Con l’occasione la Redazione augura ai suoi lettori e amici

    Buone vacanze A risentirci a settembre.

  • 8

    Poesie

    Tanti sono i poeti Piemontesi che scrivono nel lingua

    Piemontese, che non è un dialetto. Meno, anche se an-

    cora numerosi, gli scrittori e poeti in lingua Monferrina.

    Poi ci sono i più rari ancora, quelli che scrivono in en-

    trambe gli idiomi. E’ il caso di Guido Cazzani da Castel

    San Pietro in quel di Camino; Torinese di origine ma

    Monferrino d’adozione, visto che nella sua casa ristruttu-

    rata nelle nostre ridenti colline da anni trascorre buona

    parte del suo tempo. Classe 1926, per una vita dipen-

    dente alla “feroce” da sempre, sia pure a fasi alterne, scrive poesie. Un hobby che lo ha portato a vincere più

    volte il premio del Circolo Rovasenda di Casale, ed a

    pubblicare le sue opere. Pubblicazione da cui abbiamo

    tratto quelle che leggerete su queste pagine. Tanto ci

    sono piaciute queste poesie che anche sui prossimi nu-

    meri di G&d ne scriveremo altre.

    “Ija Stegli”

    L’é nivu, anduma bèn, s’al piov stanöcc

    vöi manca andà a drömi, vöi nen sarà in öcc:

    n’umbrèla vécc an man, cun dui stival an ti pé,

    andanda per lümaghi, fas al gir ad Casté San Pé.

    Vöi andà livlungh si piardi, vöi girà travers si pra,

    cun la ciarr dl’acetilene vöi rujà foss e carsà;

    vöi arduimi strach ch’me n’asu sü e ssü per i senté,

    v-gghi nun, sènti non, e arman-i sul cun i me pensé.

    Sun pü nen mi, sun n’at, sö nen an ua chl’é Turin,

    al fus-t ch’am bat dadré a l’a scravà i me sagrin.

    Sun in uatu an mes d’in camp, sun ch’me, na lervra a giass,

    in vol da strurn ‘nt’al cèl: sent nanca pü i me pass.

    Lu sö ca sun rangià ach’me in pulot,

    ad fanga ampatulà, mars ch’me in aniot,

    ma mi stagh bèn achsì, l’è din ca sun puilit,

    sun vöi ch’me in quà, n’hö bsogn, a l’è al me drit.

    Al mund a l’è arvirasi, l’è girasi dal cü an sü,

    al cèl l’é al post dl’a tèra, per v-gglu ade uard ssü:

    l’é vei, l’é pin da stegli che lüsu ch’me i giai-t,

    ijen lurr ijen al lumaghi ch’iö scrubì cun al me rasp-t!

    M’an cin, ma snucc per uardà cui bei curnin

    e ch’me n’tin specc ijö vist l’och ijö pü crös da din!

    Slungh ina man, l’artür, pöss nen, ij lass astà

    chi vagu al so destin, chi fasu la so strà.

    S’fa dì, al vachi ij brogiu, ijan fam e ai türa al pecc,

    adès vach a ca, sun strach, vöi quatami an t’al me lecc.

    Uard al sach-t ch’lé vöi, arman much; ma no va ben,

    antant lu sava ssà: “Ija Stegli as cöiu nen!”

    Le Stelle

    E’ nuvoloso, andiamo bene, se piove stanotte

    non voglio andare a dormire, non voglio chiudere un occhio:

    un ombrello vecchio in mano, con due stivali nei piedi,

    andando per lumache faccio il giro di Castel San Pietro.

    Voglio andare lungo le scarpate, voglio attraversare i prati,

    con la luce dell’acetilene, voglio rovistare fossi e carrarecce;

    voglio ridurmi stanco come un asino su e giù per i sentieri,

    vedere nessuno, sentire nulla, restare solo con i miei pensieri.

    Non sono più io, sono un altro, non so dov’è Torino,

    la roncola che mi batte dietro ha sfrondato le mie pene.

    Sono una zolla in mezzo ad un campo, son come la lepre al covo,

    un volo di storni nel cielo: sento neanche più i miei passi.

    Lo so che sono conciato come un barbone,

    di fango inzaccherato, fradicio come un anatroccolo,

    ma io sto bene così, è dentro che sono pulito,

    sono vuoto come un astuccio, ne ho bisogno, è il mio diritto.

    Il mondo si è rigirato, si è rivoltato all’incontrario,

    il cielo è al posto della terra, per vederlo adesso guardo giù:

    è vero, è pieno di stelle che brillano come lustrini,

    sono loro sono le lumache che ho scoperto con il mio raschietto!.

    Mi chino, mi inginocchio per guardare quei bei cornetti

    e come in uno specchio ho visto quello che ho più profondo in me!.

    Allungo la mano, la ritiro, non posso, le lascio stare

    affinché vadano al loro destino, che facciano la loro strada.

    Si fa giorno, le mucche muggiscono, hanno fame ed il petto turgido,

    adesso vado a casa, sono stanco, voglio sdraiarmi nel mio letto.

    Guardo il sacchetto che è rimasto vuoto, resto deluso: ma no, va bene,

    intanto lo sapevo già: “le Stelle non si raccolgono!”

    Guido Cazzani con la moglie

    Peu dòp

    Ina roba sula ciam

    a chi ch’ijarman,

    sa sun stacc bun a famnu,

    scrivì:

    “a l’hava d’ijamis”

    Dopo

    Una sola cosa chiedo

    a chi resta,

    se son stato capace di farmene,

    scrivete:

    “aveva degli amici”.

  • 9

    Ina sèria con ijamis

    I me amis ijen tancc, i me amis ijen tücc

    Ij’é nün ca ijeu an ghignun, ann’eu d’amis in mücc;

    ma “ijamis mé” ij’en poich, ijen cui chij’en nen falì:

    cun lur a stagh bèn ansèma, i me amis ij’en qui.

    Ij’é nün ca l’é al pü furb o chl’è al pü sgnurr,

    ina roba ijuma ad bèl, cul poch ad bun imurr

    per piassi ch’me ca suma, uardansi bèn an t’ieucc,

    sensa cüntà la tara, sensa sèrca i pieucc.

    Setà tur d’ina taula cun in bun bicer d’adnan,

    ijuma safà ad l’abundansa, l’è sé ina grissia ad pan

    per stà ina sèria ansèma discurind an armunia,

    perché la vita l’é ssa qui: stà ansèma an cumpania

    Una sera con gli mici

    I miei amici sono tanti, i miei amici sono tutti,

    non ce n’è nessuno che abbia in uggia, ne ho di amici un mucchio;

    ma “gli amici miei” sono pochi, sono quelli che non sono fasulli:

    con loro sto bene insieme, i miei amici sono qui.

    Non c’è nessuno che è il più furbo o che è il più ricco,

    una cos abbiamo di bello, quel poco di buon senso

    per prenderci così come siamo, guardandoci negli occhi

    senza calcolare la tara, senza cercare i pidocchi.

    Seduti intorno ad un tavolo con un buon bicchiere davanti,

    non ci interessa l’abbondanza, è sufficiente un pezzo di pane

    per trascorrere una sera insieme chiacchierando in armonia,

    perché la vita è questa: stare insieme in compagnia.

    Avèj dal fèn

    Suquì m’an fa visà ad cula vota,

    sulà m’an fa visà ad cula vira

    chi j’eru andà a fà cula gira,

    chi j’eru andà fa cula ribòta.

    Sèmp pü suens ad rabata sn sì pensé,

    vissi d’ij vècc, arcord chi ven-u e van;

    sicume j’è sèmp pü pòch da ‘dvan,

    al cünta ch’ai sija quaicòs da drè.

    Ssa tant l’è avèj dal fèn an s’la casin-a:

    cul’erba tëndra cüi ja an gioventù

    anche da sëcca l’è bèl parala ssù,

    rümiandla pian pianin, asciand Catlin-a.

    Antand ad loch ch’iö avì an n’ho ssa sé,

    e da l’avnì a ciam né sper pü nen:

    cun la scorta lugaja dal mè fèn

    l’inver ch’al riva an fa nen frëcc i pé.

    Avere del fieno (in cascina)

    Questo mi fa ricordare quella volta

    quello mi fa ricordare quell’altra volta

    che eravamo andati a fare quel giro,

    che eravamo andati fare bisboccia.

    Sempre più spesso si casca in questi pensieri,

    vizio dei vecchi, ricordi che vengono e vanno;

    siccome c’è sempre più poco davanti,

    Conta che ci sia qualcosa dietro.

    Già tanto è aver del fieno sulla cascina:

    quell’erba tenera raccolta in gioventù

    anche da secca è bella mandarla giù,

    ruminandola pian pianino, aspettando Caterina (vecchiaia morte).

    Intanto di quello che ho avuto ne ho già abbastanza

    e dall’avvenire chiedo né spero più niente:

    con la scorta accumulata del mio fieno

    l’inverno che arriva non mi fa freddo ai piedi (non spaventa).

    Adam

    Qua ch’la vrà vista Adam, ch’lava d’la cugnissiun,

    per daje dament a la dona: murdinda an cul rusiun

    ija giuntaij la casin-a an an ùa ch’lera semp d’amsun

    arduinzi mendich-t a fà pu ammà al garsun.

    Pensà ch’la tacà poch, l’ha fach pen-a in bucun,

    ma antant l’è stacc a sé chi j’armanijsa an tal gardiun.

    Pö dop a s’è pentisi, a l’ha ciamà perdun,

    L’ha fin-a pruvà piansi bütansi in ginuiun;

    ije staij nen da faji, a l’ava nen rasun!

    Alura al Gabriel, mandà dal So Padrun,

    ciapaldlu pa i’jur-ggi al l’ha sbatulu in ti fundun

    an uà ch’là amprendi a starsuà e a fasi amni la sbanfun.

    Adès per culpa ad cul me grand,

    ch’le stacc al prüm cuiun,

    mi m’an tuca travaià, pös ne andà an pensiun!

    Adamo

    Che cosa avrà visto Adamo, che aveva del buonsenso,

    per dar retta alla moglie: mordendo in quel torsolo

    ci ha rimesso la cascina dov’era sempre tempo di raccolta,

    riducendosi poverino a fare solo più il garzone.

    Pensare che ha addentato poco, ha fatto appena un boccone,

    ma è stato a sufficienza perché gli restasse sul gargarozzo.

    Appena dopo si è pentito ha chiesto perdono,

    ha persino provato a piangere mettendosi in ginocchio:

    non c’è stato niente da fare, non aveva ragione.

    Allora Gabriele, mandato dal Suo Padrone,

    prendendolo per le orecchie lo ha buttato in fondo alla valle

    dove ha imparato a sudare e a farsi venire il fiatone.

    Adesso, per colpa di questo mio avo,

    che è stato il primo babbeo,

    io debbo lavorare, non posso andare in pensione!.

  • 10

    Da qualche anno a partire dall’Inghil-

    terra si è diffusa la moda dei Crop Circles. Ossia dei cerchi nei campi di grano. Anche nel nostro Monferrato,

    a Robella d’Asti per la precisione, un

    bel mattino di Luglio sono stati sco-

    perti dei cerchi nel grano.

    Articoli di giornali, discussioni e visi-

    tatori dai dintorni, ma sono stati gli

    Ufo o no? Abbiamo fatto una piccola

    ricerca su internet ed abbiamo sco-

    perto cose interessanti.

    A parte i l sol i to Wikipedia

    (l’enciclopedia di internet) che ne fa

    la storia, anche sul sito del CICAP,

    una associazione specializzata nella

    ricerca dei trucchi sui fenomeni para-

    normali abbiamo trovato cose inte-

    ressanti. Ne riportiamo alcune.

    Nel 2005 alcuni aderenti al CICAP

    hanno realizzato per dimostrazione

    cerchi nel grano, come hanno fatto?

    Ecco un estratto del resoconto.

    Hanno affittato il campo da un con-

    tadino di Bra con un piccolo rimborso

    per il danno al raccolto che avrebbe-

    ro causato, hanno avvisato i carabi-

    niere che la notte del 28 giugno sa-

    rebbe stati nel campo, ed anche l’ae-

    roclub di fare un sorvolo il giorno

    seguente. Materiale usato: corde e

    assi. Sopraluogo il giorno precedente

    per riconoscere nella notte il campo

    e il luogo esatto dove realizzare l’o-

    pera, rilevazione col GPS del luogo

    esatto. Il progetto studiato prevede-

    va un cerchio di 30 metri di diame-

    tro, con le misure del campo disponi-

    bili non si poteva fare di più. La not-

    te, volendo imitare in tutto e per tut-

    to i burloni (circle-maker) che ovvia-mente operano di nascosto,

    hanno usato vestiti scuri

    niente luci o quasi.

    Un po’ di attenzio-

    ne nel camminare

    fra le spighe maga-

    ri seguendo le trac-

    ce lasciate dal trat-

    tore; appena avvia-

    ta l’opera il proble-

    ma non si pone

    più, basta avere

    l ’accortezza di

    camminare sul gra-

    Gli Ufo in Monferrato

    no “schiacciato” . Tutto qui! Sotto

    potete vedere le foto dell’opera-

    zione.

    Un po’ di storia

    I cerchi nel grano (in inglese crop circles), o agroglifi, sono aree di campi di cereali, o di coltivazioni

    simili, in cui le piante appaiono

    appiattite in modo uniforme, for-

    mando così varie figure geometri-

    che (talvolta indicate come

    "pittogrammi") ben visibili dall'al-

    to. A seguito del numero crescen-

    te di apparizioni di queste figure

    (soprattutto in Inghilterra) a parti-

    re dalla fine degli anni settanta del

    XX secolo, il fenomeno dei cerchi

    è diventato oggetto d'indagine per

    determinare la genesi di queste

    figure.

    Si sa con certezza che molti cer-

    chi, compresi quelli di complessità

    maggiore, sono realizzati dall'uo-

    mo, come ad esempio quelli rea-

    lizzati da Doug Bower, Dave Chor-

    ley e John Lundberg. Bower e

    Chorley, che diedero l'avvio alla

    moda del disegno dei cerchi nel

    grano in Inghilterra negli anni ot-

    tanta, furono poi insigniti del Pre-

    mio Ig Nobel nel 1992 per l'idea-

    zione della loro burla.

    Non esiste alcuna prova che metta

    in dubbio l'origine umana di tutti i

    cerchi nel grano, anche se varie

    ipotesi, totalmente prive di riscon-

    tri ed evidenze scientifiche, sono

    state avanzate per cercare di spie-

    gare in modo alternativo la crea-

    zione di tali figure: dalla spiega-

    zione paranormale a quella ufolo-

    gica. Sotto: Il progetto

    L’opera finita

    In tempo di crisi anche i turisti extraterrestri sono i benvenuti. L’identikit li descrive come ingegneri che vivono in grandi città marziane... (un contadino extraterrestre non avrebbe mai calpestato così un campo di grano...)

  • 11

    I circle maker all’opera

    Gli strani effetti della polvere alla luce di flash

    I disegni a Robella (foto di Melania Buriola)

    Sopra : i disegni a Robella A sinistra : uno dei tanti bei dise-gni nel grano. 56.450 mq compo-sto da 409 cerchi.

    Un risultato positivo l’iniziativa l’ha avuta, ha dimostrato che tan-ta gente è ancora attirata dall’ar-te, infatti i crop-circle sono una vera e propria forma d’arte. E chissà che il prossimo anno non ne organizziamo uno noi di G&d...

  • 12

    Biodiversità Monferrina ovvero gli altri Monferrini... non umani

    A destra Libellule: un “galuciu” (in basso) con le ali strisciate di bruno

    e una “sgnur-tta”. Scientificamente il primo è Sympetrum pedemonta-

    num. Note a tutti soprattutto per-

    ché divoratrice di zanzare.

    Un tempo diffusissima nelle risaie e

    nelle nostre colline oggi quasi

    scomparsa a causa dei diversi si-

    stemi di sommersione (alternate)

    delle risaie che non ne favoriscono

    la riproduzione. Vani i tentativi di

    diffonderle ricreando laghetti e

    “bule” d’acqua artificiali. Ne esisto-

    no numerose varietà diffuse nei

    diversi ambienti acquatici. Per la

    cronaca il nome Libellula deriva dal

    latino "libra", ovvero bilancia, così

    detta perché nel volo

    tiene le ali orizzontali.

    Sopra: il Canapino: è diffuso

    nell'Europa occidentale e in Africa

    nord occidentale dal Marocco alla

    Tunisia. In Italia è presente nel

    periodo estivo ed è nidificante in

    tutta la penisola e

    in Sicilia. Sverna

    in Africa tra la

    Guinea e la Nige-

    ria. Predilige i ver-

    santi collinari ben

    esposti al sole, caldi e secchi,

    con vegetazione bassa e ce-

    spugliosa. Ama anche la vege-

    tazione termoxerofila lungo i

    corsi d'acqua, intervallata a

    salici e ontani. Il Canapino pe-

    sa mediamente 10 - 12 gram-

    mi, è lungo 13 cm e nell'aspet-

    to ricorda molto un Luì. Supe-

    riormente è di colore olivastro

    mentre inferiormente è giallo.

    Il sopracciglio è giallo. Rispetto al

    Luì presenta una fronte alta che

    con il becco forma un angolo mol-

    I catechisti di Gabiano e papa Francesco

    Interessante iniziativa dei catechisti

    della parrocchia di Gabiano, che

    durerà sino a domenica 8 settem-

    bre prossimo.

    E’ stata allestita una bancarella

    all’interno della Chiesa con un cen-

    tinaio fra libri e DVD prodotti dalla

    nota casa editrice - Città nuova -

    specializzata in testi sacri.

    Fra di essi un opuscolo preparato

    proprio dai catechisti sulla vita di

    Papa Francesco dalle sue origini

    sino alla salita del soglio Pontificio,

    il titolo è emblematico: “Papa Fran-

    cesco un uomo guidato dallo Spirito

    Santo” in cui è anche riportata una

    utile bibliografia per chi volesse

    approfondire la cono-

    scenza del Papa che

    in pochi giorni di Pon-

    tificato ha già conqui-

    stato il cuore e l’affet-

    to del mondo intero,

    anche di chi non si

    riconosce nella religio-

    ne cattolica.

    Analoghi opuscoli so-

    no stati preparati in

    passato su Madre Te-

    resa di Calcutta e su

    Giovanni Paolo II. Fra

    i titoli molti dedicati ai ragazzi ed ai

    bambini. L’iniziativa verrà ripetuta

    anche nel periodo natalizio ed il

    fondi raccolti andranno a sostenere

    le spese per la manutenzione della

    chiesa e dell’oratorio.

    La

    ba

    nca

    rella

    alle

    stita

    ne

    lla c

    hie

    sa

    di G

    ab

    ian

    o

    to più stret-

    to.

    Caratteristico

    è il canto che viene emesso dall'al-

    to di un cespuglio o di un arbusto,

    e che presenta alcune imitazioni di

    alti uccelli in particolare di Rondine

    e Passero. Giunge sulle colline del

    Basso Monferrato in Aprile - Giugno

    e riparte alla fine dell'estate tra

    Agosto e Settembre.

    Qui è nidificante e la consistenza

    numerica della popolazione è sog-

    getta a fluttuazioni piuttosto alte da

    un anno all'altro per i continui mu-

    tamenti a cui è soggetto il suo ha-

    bitat naturale.


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