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L’UNIONE EUROPEA - diritto.it · integrazione, in quanto essi non si trovano in una reciproca...

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- 1 - Prof. Dott. Enzo Rovere docente di diritto civile già nel legale e contenzioso del credito L’UNIONE EUROPEA FINO ALLA NUOVA COSTITUZIONE Anno 2004
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Prof. Dott. Enzo Rovere docente di diritto civile

già nel legale e contenzioso del credito

L’UNIONE EUROPEA FINO ALLA

NUOVA COSTITUZIONE

Anno 2004

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Dedicato a Luisa e Patrizia

Prefazione

In questo lavoro ho cercato di dare una immagine “fotografica” dell’Unione europea, nel senso che tutto ciò che di essenziale vi è da sapere sull’argomento viene sviluppato in modo semplice, ma chiaro ed il più possibile esaustivo. Lo scopo, insomma, che mi sono prefissato è stato quello di cercare di trasmettere le notizie base e fondamentali per una prima conoscenza di questa realtà. In modo particolare mi rivolgo agli studenti ed a quanti sono attratti ed incuriositi di sapere cosa sia e come funzioni la Comunità europea. La trattazione inizia da lontano, dalla storia dell’Europa unita, con il Trattato di Maastricht e fino ad arrivare ai nostri giorni, con il recente varo della nuova Costituzione. Ho inoltre stilato un breve ritratto dei 25 Stati che compongono la Comunità europea. Ho poi parlato del funzionamento dell’Unione, con le sue istituzioni e con la sua legislazione. Non poteva mancare naturalmente un riferimento all’Euro ed una sua presentazione. Importante è pure rendersi idea di quali siano i diritti dei cittadini europei, così come pure che cosa sia l’accordo di Schengen. Completano il quadro un cenno ad alcuni aspetti di natura fiscale e soprattutto il richiamo e l’elencazione di significative normative della Comunità europea, per ulteriori eventuali riflessioni da parte di chi vi abbia intersee. Chiude il lavoro un indice, per una più agile consultazione. Se sarò riuscito a rendermi utile a qualcuno, allora avrò raggiunto il mio scopo. Enzo Rovere

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LE FONTI DEL DIRITTO COMUNITARIO

Le fonti del diritto comunitario sono costituite:

1) dai trattati istitutivi delle Comunità: CECA, CE ed EURATOM, così come sono stati integrati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e modificati dagli atti successivi. La Corte di Giustizia, nello svolgimento della sua funzione volta ad assicurare il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’attuazione dei trattati, ha individuato un complesso di principi generali non direttamente previsti dall’ordinamento comunitario. Così facendo, essa ha colmato le lacune dei trattati, formando di conseguenza un diritto comunitario non scritto, che va incluso fra le fonti di primo grado dell’ordinamento comunitario (ad esempio, quindi, il principio della certezza del diritto, quello dell’affidamento dei terzi in buona fede, il rispetto dei diritti quesiti ed il principio della non retroattività della legge penale). 2) dagli atti emanati dalle istituzioni comunitarie costituenti il diritto comunitario derivato. La fonte di tale diritto è prevista nell’articolo 189 del Trattato CE, in base al quale “per l’assolvimento dei loro compiti ed alle condizioni contemplate dal presente trattato, il Parlamento Europeo, congiuntamente con il Consiglio e la Commissione, adottano regolamenti e direttive, prendono decisioni e formulano raccomandazioni e pareri”. I più importanti di tali atti, in quanto giuridicamente vincolanti per gli Stati membri, sono: i regolamenti, le direttive e le decisioni (di cui si parlerà più avanti). Nell’ordinamento giuridico comunitario, a questi atti vincolanti se ne affiancano altri, che però non sono vincolanti per i loro destinatari e si tratta delle raccomandazioni e dei pareri.

3) dagli accordi della Comunità con Stati terzi. Nota Il problema del rapporto tra diritto comunitario e diritto interno, manifestatosi in maniera differente in ciascuno degli Stati membri, in considerazione dei loro diversi sistemi costituzionali, ha suscitato discussioni in dottrina ed in giurisprudenza, rendendo necessario chiarire le relazioni intercorrenti tra i due ordinamenti. In primo luogo è stato osservato che il rapporto tra diritto comunitario e diritto degli Stati membri non è riconducibile al consueto rapporto tra diritto internazionale e diritto interno. Ciò non significa affermare che non vi sia un problema di adattamento del diritto comunitario al diritto interno, ma piuttosto significa mettere in luce come questo meccanismo avvenga sulla base di presupposti diversi. Infatti, mentre il rapporto tra l’ordinamento internazionale e l’ordinamento interno si risolve in un rapporto di coordinamento tra due sistemi giuridici reciprocamente autonomi, il rapporto tra l’ordinamento comunitario e gli ordinamenti degli Stati membri è un rapporto di integrazione, in quanto essi non si trovano in una reciproca correlazione paritaria, ma l’ordinamento comunitario tende ad integrarsi nell’ordinamento interno. La materia, in Italia, è stata regolata per la prima volta dalla legge “La Pergola” nr. 86 del 1989 che prevede l’applicazione di nuove norme in ordine alle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari. Infatti, per ovviare alla lentezza nell’attuazione del diritto comunitario

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da parte dello Stato italiano, si è proceduto alla sottrazione della competenza sull’attività comunitaria al Ministero degli affari esteri, attribuendola al Ministero per il coordinamento delle politiche comunitarie. Con tale legge è stata abbandonata la pratica della delega al Governo per l’esecuzione degli obblighi comunitari, stabilendo che tutta la normativa comunitaria da recepire venga esaminata previamente dalle Camere, assolvendo in tal modo al compito di garantire il periodico adeguamento dell’ordinamento nazionale all’ordinamento comunitario ed a quello di garantire lo svolgimento di un dibattito politico effettuato nella sede più idonea, ovvero il Parlamento, sia in ordine alle tematiche comunitarie e sia sulla scelta razionale dei mezzi atti all’adeguamento della legislazione nazionale. La legge “La Pergola” istituisce, pertanto, per il Governo l’obbligo di presentazione al Parlamento, entro il primo marzo di ogni anno, di un disegno di legge, cosiddetto ”legge comunitaria”, che raccolga:

- le disposizioni modificative o abrogative di norme vigenti; - disposizioni occorrenti per dare attuazione,o assicurare l’applicazione, agli atti

comunitari, anche mediante conferimento al Governo di delega legislativa; - autorizzazione al Governo ad attuare in via regolamentare le direttive o le

raccomandazioni CECA. Il Governo ha, anche, il compito di presentare alle Camere una relazione semestrale, circa la partecipazione dell’Italia al processo normativo comunitario, in cui sono esposti i principi e le linee caratterizzanti della politica italiana nei confronti degli atti normativi comunitari. La legge 86/89 prevede, altresì, una corretta ripartizione delle competenze delle Regioni e delle Province autonome, in ordine alle direttive comunitarie, alla legge comunitaria ed alla funzione di indirizzo e coordinamento delle attività amministrative di queste ultime.

L’UNIONE EUROPEA nata ufficialmente con il trattato di Maastricht del 1992

(vedansi oltre i dettagli)

Gli obiettivi dell’Unione Europea sono: - favorire la creazione di un'unione economica e monetaria, fra gli stati

aderenti, con unica moneta stabile, - conduzione di una politica estera comune, - collaborazione in materia di giustizia, - rispetto dei diritti umani, - progresso sociale e solidarietà.

L’Europa non solo economica, ma anche politica, nasce nella cittadina di Maastricht, in Olanda, il febbraio del 1992, con la firma, da parte dei Capi di Stato e di Governo, del trattato sull’Unione europea, che entra in vigore il primo novembre 1993, dopo la ratifica degli Stati membri. Ma il cammino dell’Europa che, dopo l’ingresso di Austria, Finlandia e Svezia nel gennaio 1995, ha annoverato 15 Stati alla fine del secondo millennio, più altri dieci Stati che di recente, e precisamente nel maggio 2004, sono entrati nella Comunità, come meglio si dirà più avanti, parte dal lontano 1950. La data di inizio risale dunque al 9 maggio (data dichiarata festa europea) del 1950. Robert Schuman lancia l’idea della CECA (la Comunità europea del

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carbone e dell’acciaio), riprendendo una idea già lanciata da Jean Monnet di una Europa costruita passo passo, dalle fondamenta. La CECA nasce ufficialmente con la firma del Trattato di Parigi nell’aprile del 1951. Ne fanno parte sei Stati: Germania, Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi. La prima Assemblea parlamentare della CECA si riunisce a Strasburgo nel settembre 1952. Si arriva così al 1955, quando con la conferenza di Messina si aprono i negoziati per istituire due nuove comunità europee. E nel 25 marzo 1957, a Roma in Campidoglio, vengono firmati i Trattati CEE (Comunità economica europea) e CEEA (Comunità europea per l’energia atomica, meglio conosciuto come “Euratom”). Gli Stati firmatari dei due nuovi Trattati sono sempre gli stessi: Italia, Germania, Francia, Olanda, Belgio e Lussemburgo. Il punto più importante del Trattato CEE è l’istituzione graduale del Mercato Comune Europeo e l’istituzione della Politica Agricola Comunitaria. Da quel momento la crescita dell’Europa subisce un arresto di quasi sedici anni. Riprende nel gennaio 1973, quando, con l’ingresso di Danimarca, Irlanda ed Inghilterra, l’Europa dei sei diventa l’Europa dei nove. Nel giugno del 1979, e quindi sei anni dopo, il Parlamento europeo, prima formato da parlamentari delegati degli Stati membri, viene per la prima volta eletto, come previsto dai Trattati di Roma, a suffragio universale diretto. I 410 deputati scelti dagli elettori si riuniscono a Strasburgo nel luglio dello stesso anno. Nel gennaio 1981 entra la Grecia. Seguono, cinque anni dopo, nel gennaio 1986, Spagna e Portogallo. L’Europa, con 518 deputati, è diventata l’Europa dei dodici. Nel 1986, con la sottoscrizione dell’Atto unico europeo, i dodici si impegnano tra l’altro a creare, non oltre il 31 dicembre 1992, un mercato unificato in cui possono liberamente circolare persone, capitali, beni e servizi. E’ il primo passo verso l’Unione europea, che verrà poi ufficializzata nella cittadina olandese di Maastricht. Nel novembre del 1990, dopo le terze elezioni del Parlamento europeo a suffragio universale, avvenute l’anno precedente, si svolge a Roma la prima riunione delle assisi parlamentari tra i rappresentanti del Parlamento europeo e quelli dei dodici Parlamenti nazionali. L’Unione europea che nasce a Maastricht si distingue con tre date fondamentali:

- il dicembre del 1991, quando i Capi di Stato e di Governo ne decidono la creazione durante il Consiglio europeo;

- il febbraio del 1992, quando il Trattato viene firmato; - il primo novembre del 1993, giorno in cui entra in vigore

Questo Trattato conferisce nuovi poteri al Parlamento europeo, che decide su un piano di parità con il Consiglio in alcuni settori base, ed istituisce la figura di un Mediatore europeo (cioè una sorta di difensore civico). L’Europa dei quindici

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vede pure la nascita della moneta unica europea. Recentemente, e più precisamente nel maggio del 2004, sono entrati a far parte della Comunità europea altri dieci Stati (Estonia, Lituania, Lettonia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, Malta, Cipro). E così attualmente L’Europa Unita è formata complessivamente da ben venticinque Stati ed altri già si sono messi in attesa per entrarvi in un futuro non troppo lontano. L’Unione europea ha una propria legislazione comunitaria, applicabile negli Stati membri, un proprio bilancio e proprie istituzioni. In tale contesto, il Parlamento europeo conferisce alle altre istituzioni una legittimità democratica più solida. Partecipa all’attività legislativa e finanziaria, oltre che alle iniziative dell’Unione europea nei settori della politica estera e della sicurezza comune, degli affari interni e della giustizia. Gli Stati membri dovranno adeguare le proprie normative alle decisioni ed alle indicazioni dell’Unione europea, avranno come punto di riferimento una politica monetaria unica, dovranno prevedere una politica di difesa comune, avranno una moneta unica e politiche economiche coordinate, una più effettiva cooperazione in materia doganale, di polizia e giudiziaria e una libera circolazione di persone, capitali e merci. Riepiloghiamo, dunque, per pronto riferimento, le date più significative del percorso di formazione dell’Unione europea, a partire dall’anno 1973: - nel 1973 entrarono nella CEE la Danimarca, l’Irlanda e la Gran Bretagna; - nel 1979 venne istituito il sistema monetario europeo (SME) allo scopo di

restituire stabilità alle monete; - nel 1981 fece il suo ingresso nella CEE anche la Grecia; nel 1985 venne

approvato a Bruxelles “l’atto unico europeo”, in base al quale si decise di rafforzare il mercato comune, consentendo la libera circolazione di beni, servizi, capitali, persone e di snellire le procedure della comunità, conferendole maggiori poteri decisionali;

- il 1986 segnò l'adesione all'Europa unita della Spagna e del Portogallo: - nel 1988 i dodici confermano l’obiettivo della realizzazione graduale

dell’unione economica e monetaria e decidono di esaminare i mezzi per giungere a tale unione.

- Nel 1989 viene presentato il rapporto del Comitato “Delors” (formato dai governatori delle banche centrali della Comunità più tre esperti(, che prevede tre tappe per giungere ad una moneta unica. Gli Stati membri, inoltre, nel Consiglio Europeo di Madrid, si impegnano a proseguire sulla strada dell’unione economica monetaria e la prima fase partirà il primo luglio 1990. Viene anche decisa, nel Consiglio Europeo di Strasburgo, la convocazione di una conferenza intergovernativa che definisca le tappe dell’unione economica e monetaria ed apporti le necessarie modifiche ai trattati istitutivi delle Comunità.

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- Nel 1990 il Presidente francese Mitterand ed il Cancelliere tedesco Kohl invitano il Consiglio Europeo a procedere ad una più stretta coesione tra i dodici anche nel campo della politica estera e di sicurezza comune. Nell’aprile dello stesso anno, il Consiglio europeo di Dublino, raccogliendo l’invito, affida il mandato ai ministri degli affari esteri per elaborare proposte in vista di una conferenza intergovernativa, da affiancare a quella già prevista per l’unione economica e monetaria. In agosto inizia la prima fase dell’unione economica e monetaria. A partire da questa data, vi è piena libertà di movimento per i capitali in ambito comunitario. In dicembre si aprono a Roma le due conferenze intergovernative sull’unione economia e monetaria e sull’unione politica, che dovranno decidere i necessari emendamenti ai trattati comunitari.

- Nel 1991 al Consiglio europeo di Maastricht il testo elaborato dalle due conferenze intergovernative riceve il consenso degli Stati membri ed in dicembre il testo viene ufficialmente adottato.

- nel 1992 venne concluso a Maastricht (in Olanda) il Trattato sull'Unione Europea, attraverso il quale prese corpo l'idea di superare il mercato comune, a favore di una maggiore unificazione degli stati aderenti. La CEE trasformò il suo nome in quello di Unione Europea e si delineò il percorso per giungere alla creazione di una moneta unica europea e di una banca centrale e fu intensificata la cooperazione tra gli stati nella politica estera, nella lotta alla criminalità, nella tutela dell'ambiente, nella difesa della sicurezza del lavoro,

- nel 1995 aderirono all'unione: l'Austria, la Finlandia, la Svezia, portando a 15 il numero dei paesi membri;

- nel 1996 l’Italia, dopo una profonda politica di risanamento economico, rientra nello SME, dalla quale era dovuta uscire ne11992.

- Nel 2004 (primo maggio) entrano nella Comunità Europea altri dieci Stati: Repubblica Ceca. Polonia, Estonia, Lettonia, Cipro, Lituania, Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Malta.

Il Trattato di Maastricht Con la firma del trattato di Maastricht (ufficialmente noto come Trattato sull’Unione Europea) è stata inaugurata la più ambiziosa fase del progetto di integrazione europea, avviando la costruzione di una vera federazione ed avviando un processo con conseguenze importanti, sia per quanto riguarda i rapporti dell’Europa con il resto del mondo, sia per quanto riguarda l’ordine interno europeo (si passa dalla “Comunità europea” alla “Unione europea” e si arriva al concetto di “cittadino europeo”). Il Trattato costituisce un insieme di disposizioni, alcune delle quali sono di portata molto innovativa. Allo stesso Trattato sono aggiunti vari protocolli e dichiarazioni, tra cui spiccano i due protocolli che definiscono lo statuto del sistema europeo delle banche centrali, dell’istituto monetario europeo e della banca centrale europea.

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Il Trattato di Maastricht è certamente il più conosciuto fra i vari trattati europei, poiché con esso inizia un importante percorso che porterà nel 2002 all’entrata in circolazione della moneta unica, che verrà chiamata “Euro”. Il Trattato di Maastricht fu firmato, appunto, il 7 febbraio 1992 a Maastricht, un piccolo paesino dell’Olanda, vicino al confine con la Germania ed il Belgio. I primi tempi di attuazione non furono facili, per la resistenza di alcuni Paesi, forse presi troppo alla sprovvista o forse non ancora preparati al cammino verso l’integrazione europea. Infatti, nel giugno 1992, con referendum la Danimarca disse no alla ratifica del trattato ed in Francia appena il 50,4 % degli elettori si dichiarò favorevole in un apposito referendum. Tali difficoltà vennero poi superate con appropriate soluzioni politiche. E’ indubbio che comunque rimane un trattato molto importante, che rafforza gli obiettivi con i precedenti trattati e che getta le basi per una più forte cooperazione a livello europeo. Dopo il trattato di Maastricht si pensò quasi subito ad un altro, integrativo e più inciso, e si arrivò così al trattato di Amsterdam, che poi si rivelò di levatura modesta, forse perché, sull’esperienza del precedente, realizzato con molta prudenza e sicuramente anche con una certa dose di timore politico. In particolare il Trattato è articolato nelle seguenti sezioni: Disposizioni comuni (titolo I) questa prima sezione definisce le linee guida che ispirano l’azione comunitaria, il cui compito è quello di organizzare in modo coerente e solidale le relazioni tra gli Stati membri ed i loro popoli. Nell’articolo B sono delineati gli obiettivi che si prefigge l’Unione Europea: - promuovere un progresso economico e sociale equilibrato, mediante la

creazione di uno spazio senza frontiere interne. Il rafforzamento della coesione economica e sociale e l’instaurazione di una unione economica e monetaria che comporti, a termine, una moneta unica;

- attuare una politica estera e di sicurezza comune e definire a termine una politica di difesa comune che potrebbe, successivamente, condurre ad una difesa comune;

- rafforzare la tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini degli Stati membri mediante l’istituzione di una cittadinanza dell’Unione;

- sviluppare una stretta coesione nel settore della giustizia e degli affari interni.

Modifiche al Trattato CEE (titolo II) questa sezione rappresenta la parte più innovativa dell’intero Trattato di Maastricht, ad iniziare dal valore simbolico da attribuire alla disposizione che sostituisce l’espressione “Comunità Economica Europea” con “Comunità Europea” in tutto il Trattato di Roma del 1957. La modifica è un segnale chiaro della volontà di non limitare più l’azione della Comunità alle sole relazioni economiche, ma di estenderla anche ad altri campi finora considerati di

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esclusiva competenza degli Stati membri. Principi fondamentali di questa parte del trattato sono: - l’instaurazione di una unione economica e monetaria; - l’istituzione di una cittadinanza europea; - l’affermazione del principio di sussidiarietà, secondo il quale la Comunità,

nelle materie che non sono di sua esclusiva competenza, può intervenire soltanto qualora gli Stati membri non possano agire o quando è preferibile procedere ad un’azione comune;

- l’ampliamento delle politiche poste in essere dalla Comunità ed in particolare l’industria, la sanità pubblica, l’educazione e la cultura;

- la revisione dei poteri attribuiti ad alcuni organi comunitari. Modifiche ai Trattati CECA ed Euratom (titoli III e IV) le disposizioni contenute in questi due titoli riproducono in sostanza quelle del titolo precedente e si limitano ad estendere anche ai trattati CECA ed Euratom le modifiche già previste per il Trattato CEE. Politica estera e sicurezza comune (titolo V) le disposizioni contenute in questo titolo non apporteranno alcuna modifica ai Trattati istitutivi delle Comunità europee. Cooperazione nella giustizia e negli affari interni (titolo VI) l’apertura delle frontiere tra i Paesi comunitari, a partire dal primo gennaio 1993, ha imposto un ridimensionamento delle possibilità di controllo alle frontiere. Quindi si è deciso di delineare alcune strategie comuni tra gli Stati membri, tra cui rientra anche la costituzione di un Ufficio Europeo di Polizia (Europol). Disposizioni finali (titolo VII) si prevede di fare il punto della situazione dopo qualche anno, per apportare eventuali modifiche o suggerimenti. Nota Il Trattato di Maastricht prevede che ogni Stato europeo può domandare di diventare membro dell’Unione. Esso trasmette la sua domanda al Consiglio, che si pronuncia all’unanimità, previa consultazione della Commissione e previo parere conforme del Parlamento Europeo, a maggioranza assoluta dei membri che lo compongono. Le condizioni di ammissione e gli adattamenti dei trattati su cui è fondata l’Unione formano l’oggetto di un accordo tra gli Stati membri e lo Stato richiedente. Tale accordo è sottoposto alla ratifica di tutti gli Stati contraenti conformemente alle loro rispettive norme costituzionali. I nuovi Stati membri divengono parti dei trattati istitutivi, vale a dire l’adesione non può mutare l’essenza delle Comunità, né essere l’occasione per rinegoziare i trattati istitutivi. L’adesione comporta pure l’accettazione del diritto derivato adottato in forza dei trattati stessi. Ancora, l’adesione deve essere progressiva ed è dunque necessario un periodo transitorio, affinché i nuovi Stati si inseriscano gradualmente nella realtà comunitaria. Infine, l’adesione, inoltre, comporta pure adattamenti tecnici dei Trattati, mentre è chiaro che non sono possibili adattamenti di fondo, che tocchino cioè gli obiettivi e le politiche delle Comunità.

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L’ACCORDO DI SCHENGEN La realizzazione di un mercato unico non può limitarsi ad assicurare la libera circolazione delle merci, ma deve garantire anche a tutte le persone fisiche o giuridiche la possibilità di lavorare, stabilirsi ed offrire servizi in uno Stato membro diverso da quello di appartenenza, senza ostacoli burocratici ed a condizioni analoghe a quelle che si applicano ai cittadini nazionali. Non a caso, quindi, il Trattato di Maastricht ha attribuito la cittadinanza dell’Unione a tutti coloro che sono cittadini di uno Stato membro; ciò non implica la scomparsa della cittadinanza attribuita da ciascun Paese, ma va ad aggiungersi a quest’ultima e comporta una serie di diritti per il cittadino dell’Europa Unita. Importante in questa ottica è quindi l’Accordo di Schengen, siglato il 14 giugno 1985 e successivamente integrato dalla Convenzione di applicazione del 19 giugno 1990. Il nome dell’Accordo di Schengen deriva dal nome della cittadina Lussemburghese nella quale è stato firmato. Con tale Accordo, dunque, si prevede di creare, oltretutto, una rete informatica tra gli Stati, per mettere in stretta collaborazione tutte le forze di sicurezza dei vari Paesi e rendere così possibile l’eliminazione dei controlli alle frontiere. Il Trattato di Schengen è un accordo parallelo alla vita dell’Unione europea, non ne è parte integrante e ad esso non aderisce, almeno per il momento, l’Inghilterra, l’Irlanda e la Danimarca. Con Schengen, quindi, si va verso un rafforzamento delle frontiere esterne della Comunità ed una eliminazione di quelle interne. I principi fondamentali sono: - i cittadini degli Stati aderenti possono liberamente attraversare i confini di

uno Stato membro, senza dover sottostare ad alcun controllo (se non giustificato da motivi di ordine pubblico e sicurezza nazionale);

- instaurazione di una collaborazione fra le forze di polizia degli Stati aderenti, che preveda anche la possibilità di inseguire un ricercato entro i confini di un altro Stato;

- stretto coordinamento fra gli Stati per combattere fenomeni mafiosi, spaccio di droga, immigrazione clandestina e traffico d’armi;

- creazione di un sistema di collegamento telematico, per assicurare la rapida diffusione tra le forze di polizia degli Stati aderenti di informazioni riguardanti persone od oggetti sospetti.

Più recentemente è stato accolto il principio del mutuo riconoscimento dei diplomi e delle lauree, per cui qualsiasi cittadino europeo può esercitare, nell'ambito di ogni Stato dell'Unione, la professione a cui è stato abilitato nello Stato di origine. Inoltre, i lavoratori subordinati od autonomi hanno la possibilità di esercitare la loro attività in un qualsiasi Stato della Comunità, con divieto di discriminazioni fondate sulla nazionalità e parità di trattamento con i cittadini

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nazionali. Naturalmente valgono per tutti le norme sulla ammissione, soggiorno ed espulsione dal territorio dello Stato, come pure le norme che limitano la libertà di circolazione delle persone per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica. I lavoratori possono quindi rispondere ad offerte di lavoro, spostarsi a tal fine in altri Stati membri, prendere dimora in uno degli Stati membri per svolgere attività di lavoro e rimanere sul territorio di uno Stato membro, dopo avervi occupato un impiego. Le disposizioni in materia di libera circolazione dei lavoratori non si applicano al pubblico impiego. Viene pure prevista la libera circolazione delle prestazioni sociali, che comprende la possibilità per il lavoratore di ottenere il pagamento delle prestazioni sociali cui egli ha diritto in qualunque Stato membro ed il diritto di ottenere il cumulo dei periodi assicurativi maturati nei diversi Stati membri in cui il lavoratore è stato occupato. Il diritto di circolare liberamente all’interno degli Stati comunitari e di soggiornarvi liberamente è stato esteso nel 1990 anche agli studenti ed ai pensionati. Con le direttive 90/365 e 90/366 è stato riconosciuto anche a queste due categorie la possibilità di stabilirsi in uno Stato membro della Comunità, purché possano provare di avere adeguati mezzi di sostentamento e di non gravare, quindi, nel tempo sul sistema assistenziale dello Stato ospitante. Il permesso di soggiorno sarà rinnovato automaticamente alla scadenza. Si intende, infine, per “diritto di stabilimento” la libertà, garantita ai cittadini comunitari, di stabilirsi in uno Stato membro diverso dal proprio, per esercitarvi un’attività non salariata (ad esempio gli imprenditori e le società). Vediamo ora i passi più significativi della:

Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985

relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni tra il governo degli Stati dell’Unione economica Benelux, della repubblica federale di

Germania e della Repubblica francese Articolo 1 Ai sensi della presente Convenzione, si intende per: - Frontiere interne: le frontiere terrestri comuni delle parti contraenti, i loro

aeroporti adibiti al traffico interno ed i porti marittimi per i collegamenti regolari di passeggeri in provenienza o a destinazione esclusiva di altri porti situati nel territorio delle parti contraenti, senza scalo in porti situati al di fuori di tali territori;

- Frontiere esterne: le frontiere terrestri e marittime, nonché gli aeroporti ed i porti marittimi delle parti contraenti, che non siano frontiere interne;

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- Volo interno: qualunque volo in provenienza esclusiva dai territori delle parti contraenti o con destinazione esclusiva verso di essi, senza atterraggio sul territorio di uno Stato terzo;

- Paese terzo: qualunque Stato diverso dalle parti contraenti; - Straniero: chi non è cittadino di uno Stato membro delle Comunità europee.

Invece, lo straniero segnalato ai fini della non ammissione è colui che viene segnalato nel sistema d’informazione Schengen conformemente al disposto dell’articolo 96;

- Valico di frontiera: ogni valico autorizzato dalle autorità competenti per il passaggio delle frontiere esterne;

- Controllori frontiera: il controllo alle frontiere che, indipendentemente da qualunque altra ragione, si fonda sulla semplice intenzione di attraversare la frontiera;

- Vettore: ogni persona fisica o giuridica che trasporta persone a titolo professionale, per via aerea, marittima o terrestre;

- Titolo di soggiorno: l’autorizzazione, qualunque ne sia la natura, rilasciata da una parte contraente, che conferisce il diritto di soggiorno nel suo territorio. Questa definizione non comprende l’ammissione temporanea al soggiorno nel territorio di una parte contraente ai fini dell’esame di una domanda di asilo o di una domanda per ottenere un titolo di soggiorno;

- Domanda di asilo : ogni domanda presentata per iscritto, oralmente od in altra forma da uno straniero alla frontiera esterna o nel territorio di una parte contraente allo scopo di ottenere il riconoscimento della sua qualità di rifugiato conformemente alla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, relativo allo status dei rifugiati, quale emendata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967, e di beneficiare, in tale qualità, di un diritto di soggiorno;

- Richiedente l’asilo : ogni straniero che ha presentato una domanda di asilo ai sensi della presente Convenzione, sulla quale non vi è ancora stata una decisione definitiva;

- Esame di una domanda di asilo: l’insieme delle procedure d’esame, di decisione e delle misure adottate in applicazione di decisioni definitive relative ad una domanda di asilo, esclusa la determinazione della parte contraente competente per l’esame della domanda di asilo, in applicazione delle disposizioni della presente Convenzione.

Passaggio delle frontiere interne : Articolo 2 Le frontiere interne possono essere attraversate in qualunque luogo senza che venga effettuato il controllo delle persone. Tuttavia, per esigenze di ordine pubblico o di sicurezza nazionale, una parte contraente può, previa consultazione delle altre parti contraenti, decidere che, per un periodo limitato, alle frontiere interne siano effettuati controlli di frontiera nazionali adeguati alla situazione. Se per esigenze di ordine pubblico o

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di sicurezza nazionale si impone una azione immediata, la parte contraente interessata adotta le misure necessarie e ne informa il più rapidamente possibile le altre parti contraenti. La soppressione del controllo delle persone alle frontiere interne non pregiudica l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 22, né l’esercizio delle competenze di polizia da parte delle autorità competenti, in applicazione della legislazione di ciascuna parte contraente in tutto il suo territorio, né l’obbligo di essere in possesso, di portare con sé e di esibire titoli e documenti previsti dalla legislazione di detta parte contraente. I controlli delle merci sono effettuati conformemente alle disposizioni pertinenti della presente Convenzione. Passaggio delle frontiere esterne: Articolo 3 Le frontiere esterne possono essere attraversate, in via di principio, soltanto ai valichi di frontiera e durante le ore di apertura stabilite. Il Comitato esecutivo adotta disposizioni più dettagliate e stabilisce le eccezioni e le modalità relative al piccolo traffico di frontiera, nonché le norme applicabili a categorie particolari di traffico marittimo, come la navigazione da diporto o la pesca costiera. Le parti contraenti si impegnano ad istituire sanzioni nel caso di passaggio non autorizzato delle frontiere esterne al di fuori dei valichi di frontiera e delle ore di apertura fissate. Articolo 4 Le parti contraenti garantiscono che, a partire dal 1993, i passeggeri di un volo proveniente da Stati terzi, che si imbarchino su voli interni, saranno preliminarmente sottoposti, all’entrata, ad un controllo delle persone e dei bagagli a mano nell’aeroporto di arrivo del volo esterno. I passeggeri di un volo interno, che si imbarchino su un volo a destinazione di Stati terzi, saranno preliminarmente sottoposti, all’uscita, ad un controllo delle persone e dei bagagli a mano nell’aeroporto di partenza del volo esterno. Le parti contraenti adottano le misure necessarie affinché i controlli possano essere effettuati, conformemente alle disposizioni alle disposizioni del paragr. 1. Le disposizioni dei paragrafi 1 e 2 non si applicano al controllo dei bagagli registrati; detto controllo avviene rispettivamente nell’aeroporto di destinazione finale o nell’aeroporto di partenza iniziale. Fino alla data prevista al paragrafo 1, gli aeroporti sono considerati, in deroga alla definizione delle frontiere interne, frontiere esterne per i voli interni. Articolo 5 Per un soggiorno non superiore a tre mesi, l’ingresso nel territorio delle parti contraenti può essere concesso allo straniero che soddisfi le condizioni seguenti:

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- essere in possesso di un documento o di documenti validi che consentano di attraversare la frontiera, quali determinati dal Comitato esecutivo;

- essere in possesso di un visto valido, se richiesto; - esibire, se necessario, i documenti che giustificano lo scopo e le condizioni

del soggiorno previsto e disporre dei mezzi di sussistenza sufficienti, sia per al durata prevista dal soggiorno, sia per il ritorno nel paese di provenienza o per il transito verso un terzo Stato, nel quale la sua ammissione è garantita, ovvero essere in grado di ottenere legalmente detti mezzi;

- non essere segnalato ai fini della non ammissione; - non essere considerato pericoloso per l’ordine pubblico, la sicurezza

nazionale o le relazioni internazionali di una delle parti contraenti. L’ingresso nel territorio delle parti contraenti deve essere rifiutato allo straniero che non soddisfi tutte queste condizioni, a meno che una parte contraente ritenga necessario derogare a detto principio per motivi umanitari o di interesse nazionale ovvero in virtù di obblighi internazionali. In tale caso, l’ammissione sarà limitata al territorio della parte contraente interessata, che dovrà avvertirne le altre parti contraenti. Tali regole non ostano all’applicazione delle disposizioni particolari relative al diritto di asilo, né a quelle dell’articolo 18. E’ ammesso in transito lo straniero titolare di un’autorizzazione di soggiorno o di un visto di ritorno rilasciato da una delle parti contraenti o, se necessario, di entrambi i documenti, a meno che egli non figuri nell’elenco nazionale delle persone segnalate della parte contraente, alle cui frontiere esterne egli si presenta. …omissis…

======== Vediamo, ora, di tracciare un breve profilo dei venticinque Stati che formano la Comunità Europea: (1) Italia (capitale: Roma) l’Italia è casa nostra e quindi la conosciamo bene, ma proviamo ugualmente a tracciarne un sia pur breve e rapido flash, quel tanto che ci basta per darle spazio e giusta collocazione in questo elenco: Superficie di 301.300 kmq e popolazione di circa 56,8 milioni di abitanti. E’ una repubblica in base al referendum istituzionale del 2 giugno 1946, che pose fine alla monarchia della casa Savoia. La Costituzione repubblicana è stata promulgata il 27 dicembre 1947 ed è entrata ufficialmente in vigore il primo gennaio del 1948 L’Italia si definisce Stato di diritto, in quanto i tre poteri fondamentali: legislativo, esecutivo e giudiziario sono fra loro separati e distinti; infatti il potere legislativo è affidato al Parlamento bicamerale, il potere esecutivo è affidato al Governo ed il potere giudiziario è affidato alla

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Magistratura. Il Presidente della Repubblica, è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale; ha la principale funzione di garante del rispetto della Costituzione italiana. Le foreste, nel nostro Paese, si estendono per circa il 22,5 % della superficie territoriale complessiva. Nonostante l’Italia sia circondata quasi interamente dal mare, la produzione nazionale di pesce non copre il fabbisogno del mercato di consumo e quindi si ricorre all’importazione del prodotto da Paesi stranieri (Olanda, Corea del sud, Francia, Spagna, Giappone, Danimarca, ecc.). L’economia è basata in gran parte sull’industria, sul terziario, sull’ agricoltura e sul turismo. Per quanto riguarda le industrie, rammentiamo in particolare quelle tessili, elettriche, estrattive, metallurgiche, chimiche ed alimentari. Grande importanza, nel nostro Paese, ha l’industria automobilistica, attorno alla quale ruotano miriadi di altre attività collegate. Fra le industrie della trasformazione dei minerali non metalliferi emerge quella del cemento. Da ricordare, inoltre, la ceramica ed il vetro. (2) Belgio (capitale: Bruxelles) Superficie di 30.541 kmq e popolazione di circa 10,2 milioni di abitanti. Monarchia indipendente dal 25 agosto 1830, quando si staccò dal regno dei Paesi Bassi. Le istituzioni sono state radicalmente modificate il 14 luglio 1993 con la trasformazione del regno in uno Stato federale, composto di tre regioni e di tre comunità: francese, fiamminga e germanofona; tutte dotate di ampie competenze e di propri organismi rappresentativi ed esecutivi. Economia basata sulla agricoltura, sull’allevamento e sulle risorse minerarie. Il Belgio figura inoltre tra i grandi produttori mondiali di ghisa e ferroleghe, piombo raffinato, zinco e rame raffinato. (3) Francia (capitale: Parigi) Superficie di 543.998 kmq e popolazione di circa 60,4 milioni di abitanti. La repubblica francese comprende 96 dipartimenti della Francia metropolitana, raggruppati in 22 regioni amministrative, di cui una è la Corsica, autonoma; comprende ancora i dipartimenti d’oltremare: Guayana francese, Guadalupa, Martinica, Riunione; comprende ancora i territori d’oltremare: Nuova Caledonia, Wallis e Futura, Polinesia francese, T.A.A.F.; nonché le collettività territoriali: Mayotte, St. Pierre e Miquelon. L’economia si basa principalmente sull’agricoltura, sulla pesca e sulle risorse minerarie. La francia si pone con l’Italia tra i primi produttori mondiali di vini pregiati. (4) Germania (capitale: Berlino) Superficie di 356.805 kmq e popolazione di 82 milioni circa di abitanti. Uscita sconfitta e divisa dalla seconda guerra mondiale, la Germania ritrova la sua unità grazie alla disintegrazione dei regimi comunisti dell’Europa orientale. Il 3 ottobre 1990 la repubblica democratica tedesca (DDR), nata il 7 ottobre 1949 nella zona di occupazione sovietica, cessa di esistere ed i suoi Laen, nonché Berlino est, entrano a far parte della repubblica federale di Germania, nata il 23 maggio 1949 nelle zone occupate da Stati Uniti, Frangia ed Inghilterra,

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secondo le procedure stabilite dalla legge fondamentale di Bonn e dal trattato di Stato sottoscritto dalle due Germanie il 31 agosto 1990. Economia basata su agricoltura, foreste, allevamento, pesca, industrie e minerali (di particolare importanza sono il carbone ed i suoi derivati nella regione della Ruhr). Da ricordare pure l’estrazione del petrolio ed il gas naturale. (5) Lussemburgo (capitale: Lussemburgo) Superficie di 2.586 kmq e popolazione di circa 420 mila abitanti. Granducato indipendente dal 1890. E’ di fatto una monarchia costituzionale. Si coltivano l’avena, il frumento, l’orzo, la segale e le patate. Discreta importanza hanno le viti ed il vino, le mele, le prugne e le pere. Allevamento di bovini, ovini, suini, cavalli ed animali da cortile. Importanti sono le industrie, fra le quali spiccano quelle siderurgiche e conciarie. (6) Olanda (capitale: Amsterdam) Superficie di 41.160 kmq e popolazione di circa 15,8 milioni di abitanti. Trattasi di monarchia costituzionale. Economia basata molto sull’agricoltura, con il 24 % circa del territorio destinato ad arativo. Estesa pure la superficie destinata al giardinaggio; si coltivano, infatti, giacinti, tulipani, crisantemi, lillà, rose di serra. Il Paese è piano, anzi la sua parte occidentale è situata al di sotto del livello del mare, trattenuto mediante argini e dighe ed anche per questo l’Olanda viene anche chiamata con il nome di Paesi Bassi. In questa zona vi sono i famosi mulini a vento. Importante è la pesca; l’aringa, di cui gli olandesi trovarono per primi il processo di affumicatura, costituisce il prodotto più importante. Si estrae pure il petrolio ed il gas naturale. (7) Danimarca (capitale: Copenaghen) Superficie di 44.473 kmq e popolazione di circa 5,3 milione di abitanti. Trattasi di monarchia costituzionale. Arativo e colture arborescenti, con prati e pascoli permanenti, foreste e boschi. Buona parte dell’arativo è messa a cereali. Allevamento di bovini, suini, cavalli, ovini ed animali da cortile. Ingente esportazione di prosciutto e lardo. Si allevano pure animali da pelliccia. Ottima risorsa per l’economia è pure la pesca. Fiorente è l’industria, soprattutto quella navale, del cemento e tessile. Importanti sono pure le ceramiche danesi. (8) Irlanda (capitale: Dublino) Superficie di 70,283 e popolazione di circa 3,7 milioni di abitanti. Trattasi di repubblica parlamentare, chiamata anche Eire, già dominion britannico e Stato indipendente nell’ambito del Commonwealth (1937-1949). Agricoltura, di cui i principali prodotti sono l’avena, l’orzo, il frumento, le patate, barbabietole da zucchero, pomodori, cavoli, mele e calza. Importanti sono pure l’allevamento di bovini, ovini, caprini, suini, cavalli, asini, muli ed animali da cortile.

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L’economia si basa su agricoltura, allevamento e pesca. Da ricordare pure le risorse minerarie, ed in particolare la lignite, i minerali di ferro, il manganese, il piombo, lo zinco e le piriti. Pregiato è lo smeriglio ed i marmi. Vi sono industrie tessili, del cemento, ghisa ed acciaio. Infine raffinerie di petrolio. (11) Spagna (capitale: Madrid) Superficie di 497.477 kmq e popolazione di 39,4 milioni circa di abitanti. Monarchia costituzionale. Le principali risorse economiche si basano sull’agricoltura, sulla pesca e sull’allevamento. Fiorenti sono pure le risorse minerarie ed in modo particolare l’estrazione del carbone, della lignite, del ferro, della pirite, zolfo, piombo e zinco. Notissimo è il mercurio. Vanno inoltre ricordati la fluorite, il tungsteno, l’antimonio, l’oro, la magnesite ed i sali potassici. Vi sono varie industrie, fra le quali ricordiamo la siderurgica, la metallurgica, quella automobilistica e navale, la tessile,la chimica e quella alimentare Vi sono anche raffinerie di petrolio. (12) Portogallo (capitale: Lisbona) Superficie di 90.835 kmq e popolazione di circa 10,8 milioni di abitanti. E’ una repubblica. In base alla costituzione approvata il 2 aprile 1976, le istituzioni si articolano sul Presidente della repubblica, che è eletto per cinque anni a suffragio universale, e non può restare in carica per più di due mandati consecutivi, e l’assemblea nazionale, cui compete la funzione legislativa e dinanzi alla quale il Governo è responsabile. Fiorente è l’agricoltura, ove la maggiore ricchezza è costituita dalla vite (famoso è il vino porto). L’economia si basa pure sull’allevamento, sulle foreste e sulla pesca, ove il prodotto più abbondante è costituito dalle sardine. Buone pure le risorse minerarie e le industrie, in modo particolare quelle tessili. Caratteristica del Portogallo è l’industria delle piastrelle di maiolica, che servono da rivestimento e decorazione alle case. Da ricordare pure il turismo. (13) Austria (capitale: Vienna) Superficie di 83.853 kmq e popolazione di circa 8,1 milioni di abitanti. E’ una repubblica federale, che ha riconquistato la piena sovranità con il trattato di Stato del 1955 che, sottoscritto dalle quattro potenze alleate, ha di fatto segnato la fine dell’occupazione dopo la seconda guerra mondiale. L’economia si basa su agricoltura, foreste ed allevamento. Ottime le risorse minerarie, fra le quali la più famosa è quella della magnesite. Fra le industrie occupano un posto preminente la siderurgica e la meccanica. L’Austria è inoltre conosciuta anche per la sua famosa produzione di strumenti musicali. (14) Finlandia (capitale: Helsinki) Superficie di 337.032 kmq e popolazione di circa 5,1 milioni di abitanti. E’ una repubblica parlamentare indipendente dal 1917. L’economia si basa molto sull’agricoltura, sulle foreste e sull’allevamento. Da citare l’avena, il frumento, le patate, le barbabietole da zucchero, la colza, i pomodori, le mele ed i cavoli.

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Abbondanti sono, fra le risorse minerarie, le piriti di ferro e cuprifere. Si estraggono, inoltre, oro, argento, cobalto, mercurio, zinco, cromite, nichel e fosfati. Vi sono diverse industrie, fra le quali le più importanti sono quelle siderurgiche e meccaniche e diversi cantieri navali. Ricordiamo pure le industrie del cuoio e del tabacco. Vi sono anche diverse raffinerie. (15) Svezia (capitale: Stoccolma) Superficie di 449.964 kmq e popolazione di circa 8,9 milioni di abitanti. E’ una monarchia costituzionale. L’economia si basa principalmente su agricoltura e pesca. Importanti sono pure le foreste, che occupano da sole il 62 % circa della superficie totale della Svezia. La pesca, inoltre, trae i prodotti più abbondanti dalla costa occidentale. Il sottosuolo svedese è particolarmente ricco di minerali di ferro, ma vi sono anche rame, oro e argento. L’industria metalmeccanica è la branca più importante dell’industria svedese. Prospera l’industria chimica, con produzione di esplosivi ed importante è pure l’industria del legno . Vi sono infatti numerose segherie.

a questi Stati si sono aggiunti i seguenti dieci, dal primo maggio 2004: (16) Repubblica Ceca (capitale: Praga) Con una superficie di 78.886 kmq ed una popolazione di 10,2 milioni di abitanti, è una democrazia parlamentare nata nel 1993 dalla divisione pacifica con la Slovacchia. Entrambi i Paesi formavano la ex Cecoslovacchia. I comunisti filosovietici avevano preso il potere nel Paese nel febbraio del 1948. Un tentativo di riformare il partito in senso democratico fu stroncato nel 1968 dalle truppe del patto di Varsavia. Nel novembre 1989 la cosiddetta rivoluzione di velluto rovesciò l’allora Governo comunista. Ottimo il turismo fra le principali risorse economiche. Buona l’agricoltura e cospicue sono le risorse forestali. Da ricordare pure le risorse minerarie e le industrie, fra le quali la più importante è quella vetraria. Famosi sono i cristalli di Boemia. (17) Polonia (capitale: Varsavia) E’ il più grande tra i nuovi dieci Paesi dell’Unione; ha una superficie di 312.000 kmq e conta una popolazione di circa 38.6 milioni di persone. Tornata indipendente dopo la seconda guerra mondiale, la Polonia è stata governata da un regime comunista per oltre 40 anni. Le lotte di Solidarnosc portarono alle prime elezioni nel giugno del 1989 con la vittoria del sindacato. Le successive modifiche costituzionali hanno abolito il ruolo guida del partito comunista. Agricoltura ed industrie. Famosi i cantieri navali. La Polonia inoltre possiede uno dei più ricchi bacini carboniferi d’Europa.

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(18) Estonia (capitale: Tallinn) E’ considerata la più fiorente delle tre economie baltiche. L’Estonia ha una superficie di 45.220 kmq e conta una popolazione di 1,4 milioni di abitanti. Il Paese baltico, dal 1700 parte dell’impero zarista, ha conosciuto l’indipendenza solo nel ventennio tra le due guerre mondiali. Occupata dai tedeschi nel 1941, l’Estonia fu riconquistata dai russi nel 1944. Solo nel 1991, con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, diventa una repubblica parlamentare indipendente e viene ammessa alle Nazioni Unite. Nel 2002 entra nella Nato. Un rapido sviluppo ed una posizione geografica favorevole attraggono investimenti stranieri e fanno dell’Estonia uno dei mercati europei più in espansione. Settore predominante è per il 66 % il terziario, seguito dall’industria con il 29 % (gomma, legno, metallurgia, tessile, telecomunicazioni, equipaggiamenti per trasporti) e dall’agricoltura con il 6 %. (19) Lettonia (capitale: Riga) Ha una superficie di 64.500 kmq ed una popolazione di 2,4 milioni di abitanti. In origine era abitata da popolazioni ugrofinniche e baltiche. Fu in seguito territorio polacco e dal 1795, dopo la spartizione della Polonia, entrò a far parte dell’impero russo. Indipendente dal 1920, durante la seconda guerra mondiale subisce l’occupazione tedesca e nel 1945 torna a far parte della Russia come repubblica autonoma. Indipendente dal 1991 con le prime elezioni parlamentari nel 1993. Le truppe russe si ritirarono ufficialmente il 31 agosto del 1994. L’economia è basata per il 70 % sui servizi, per il 26 % sull’industria (autobus, automobili, radio, lavatrici, tessile, elettronica e farmaceutica) e per il 5 % dall’agricoltura. (20) Lituania (capitale: Vilnius) Si estende su una superficie di 65.300 kmq ed ha una popolazione di 3,5 milioni di abitanti. A lungo alleata con la Polonia, dalla fine del XVIII secolo venne assoggettata dall’impero russo. Alla fine della prima guerra mondiale dichiara la propria indipendenza e nel 1922 si proclama una repubblica. Nel 1944 l’esercito russo entra in Lituania ed annette il Paese all’Unione Sovietica. La Lituania riconquista l’indipendenza nel 1990. Anche qui l’economia si basa sul terziario, sull’industria e sull’agricoltura. (21) Slovacchia (capitale: Bratislava) Si estende su una superficie di 49.035 kmq ed ha una popolazione di 5,4 milioni di abitanti. Indipendente dal 1993, dopo la separazione consensuale con la Repubblica Ceca. La Slovacchia è stata sotto il regime comunista dal 1948 al 1989. La riforma costituzionale del 1999 ha portato all’elezione diretta del Presidente della Repubblica. Economia basata in gran parte sull’agricoltura.

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(22) Ungheria (capitale: Budapest) E’ uno dei leader economici dell’Europa centrale. Si estende su una superficie di 93.033 kmq ed è abitata da 10,2 milioni di persone. Nel 1956 una insurrezione popolare è stata repressa dai carri armati sovietici, con instaurazione di un regime comunista fino al maggio del 1988. L’Ungheria nel 1990 è uscita dal patto di Varsavia ed ha indetto le prime elezioni libere ed il Paese è una democrazia parlamentare. L’economia si basa molto su agricoltura ed allevamento. Buone pure le industrie e le risorse minerarie. (23) Slovenia (capitale: Lubiana) Si estende su una superficie di 20.273 kmq ed ha una popolazione di 2 milioni di abitanti. È stata parte della repubblica socialista Jugoslava dopo la seconda guerra mondiale. Si è proclamata indipendente il 25 giugno 1991, ottenendo il riconoscimento della comunità internazionale il 15 gennaio 1992. Oggi è una democrazia parlamentare. Agricoltura ed allevamento. Il sottosuolo ha giacimenti di rame, lignite, piombo, magnesite, petrolio e gas naturale. Vi sono anche diverse industrie, fra le quali quella siderurgica ed alimentare. (24) Malta (capitale: Valletta) L’arcipelago di Malta, con le isole di Malta, Gozo, Comino ed alcuni isolotti minori, è il più piccolo Stato dell’Unione Europea, con 316 kmq e 400 mila abitanti. Dopo 150 anni di protettorato inglese, Malta ha ottenuto l’indipendenza e, nel 1974 è stata proclamata la repubblica. La costituzione dichiara il Paese uno Stato neutrale, che attua una politica di non allineamento e rifiuta di partecipare ad alleanze militari. Trattasi di democrazia parlamentare. Si coltivano frumento, orzo, patate, pomodori, cavoli, cipolle ed uva. Importanti sono pure l’allevamento e la pesca. Vi sono pure alcune industrie, fra le quali quella del tabacco e dei cantieri. Si producono pure birra e materie plastiche. Tipico è l’artigianato dei merletti e buono è il turismo (25) Cipro (capitale: Nicosia) Dopo la bocciatura del referendum, che il 24 aprile 2003 doveva decidere del piano messo a punto dall’ONU sulla riunificazione, l’ingresso del Paese nell’Unione Europea è riservato, per il momento, solo alla parte greco cipriota dell’isola, con 6 mila kmq e 800 mila abitanti. Ex colonia britannica, l’isola è diventata indipendente nel 1959. Un tentativo fallito di golpe, il 15 luglio 1974, sostenuto dai colonnelli greci, ha offerto alla Turchia l’occasione per invadere Cipro per proteggere la comunità turca e da allora l’isola è divisa in due. Il frumento, l’orzo e la vite sono le colture più estese. Diffuse sono pure le coltivazioni di carrube. Risorsa discreta è la pesca. Si estraggono poi anche diversi minerali. Vi sono anche industrie, che si occupano in prevalenza della lavorazione dei prodotti locali. Buone le industrie tessili e del cemento.

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Stati tasso di tasso di variazione Pil% variazione Pil% spesa pubblica spesa pubblica popolazione a disoccupazione inflazione 2003 2004 per sanità per pensioni rischio povertà (dati del 2001) (al 1/1/2004) (dati del 2001) (dati del 2000)*

Polonia 4,4 2,9 2,5 3,7 6,2 13,5 15 Slovacchia 17,1 0,7 3,7 4,5 7,9 7,9 Lituania 12,7 4,7 4,5 5,0 4,8 7,3 17 Lettonia 10,5 1,4 5,5 6,0 6,2 11,4 Estonia 10,1 -0,1 4,9 5,1 6,1 7,6 18 Malta 8,2 -1,1 3,1 3,7 8,8 5,5 Rep. Ceca 7,8 --- 2,8 3,9 7,3 9,4 8 Slovenia 6,5 8,5 3,4 3,7 6,5 14,5 Ungheria 5,8 5,7 3,7 4,1 6,8 9,1 10 Cipro 4,4 4,0 2,0 3,8 --- 1,9 (1999) UE dei 15 8,0 2,0 2,0 2,6 8,0 --- 15 (2001) Fonte: Eurostat ed Ecofin

ORGANI DELL’UNIONE EUROPEA

(vedasi nota più avanti sulla nuova Costituzione Europea)

Consiglio dei Ministri ha sede a Bruxelles e svolge le funzioni legislative e di bilancio insieme all’Europarlamento; quindi è l'organo che ha il potere decisionale; infatti provvede al coordinamento delle politiche economiche generali degli Stati membri e dispone di un potere di decisione. E' composto da un rappresentante di ogni Stato membro a livello ministeriale per ciascuna delle formazioni. Tranne per gli esteri, la presidenza di ogni Consiglio viene fatta, a rotazione ugualitaria, da un gruppo di tre Paesi per diciotto mesi. Il Paese, che per turno presiede il Consiglio dei ministri, rappresenta il Consiglio in tutte le sedi in cui ciò sia necessario; convoca il Consiglio, o di propria iniziativa (in quanto Stato membro) o su formale richiesta da parte di un altro Stato membro o della Commissione; risponde alle interrogazioni del Parlamento europeo per conto del Consiglio; cura le relazioni internazionali della Comunità. Il Consiglio è assistito da un Segretario Generale, posto sotto la direzione di un Segretario Generale, nominato dal Consiglio all’unanimità. Trattandosi di un organo composto di Stati, in cui ciascuno di essi dispone sovranamente del proprio voto, è lecito che il Governo nazionale conferisca un mandato imperativo, senza durata prestabilita, ad un membro che andrà a partecipare alla riunione del Consiglio, vincolandone il voto a precise e rigide istruzioni. Il potere decisionale del Consiglio è subordinato alle condizioni poste dai trattati; ciò significa che il Consiglio può prendere quei provvedimenti

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(regolamenti, direttive e decisioni) che sono, materia per materia, previsti dai trattati istitutivi delle Comunità Europee. Oltre che nell’emanazione di atti normativi, il potere decisionale del Consiglio si manifesta, come abbiamo visto sopra, nella formazione e nell’approvazione del bilancio. Altra importante funzione del Consiglio è quella di concludere, per conto della Comunità, accordi con Stati terzi, dopo la chiusura dei negoziati condotti dalla Commissione. Infine, al Consiglio spetta una competenza generale a promuovere ricorsi davanti alla Corte di Giustizia delle Comunità. Appare quindi evidente, da tutto quanto esposto, che il Consiglio è la forza motrice della Comunità, dal momento che nel suo seno prende avvio la produzione normativa. Commissione Europea la sua sede è ripartita tra Bruxelles e Lussemburgo. Promuove l’interesse generale europeo e prende le iniziative appropriate a tale fine. Verifica il rispetto della Costituzione e l’applicazione del diritto dell’Unione sotto il controllo della Corte di Giustizia. Promuove ogni atto legislativo, salvo quelli per cui la Costituzione dispone altrimenti. Assicura la rappresentanza esterna dell’Unione, tranne su politica estera e difesa comune. Promuove la programmazione annuale e pluriennale. E’ composta da un commissario per ogni Stato membro fino al 2014. In seguito i suoi componenti saranno ridotti ai due terzi degli Stati membri, salvo diversa decisione presa all’unanimità dal Consiglio europeo. Consiglio Europeo è formato dai capi di stato o di governo dei paesi membri e dal presidente della commissione. Ha il compito di delineare gli orientamenti politici generali, cui sono tenuti ad uniformarsi gli altri organi dell'unione europea. Nonostante il Consiglio Europeo non sia l’organo legislativo della Comunità, il Trattato di Maastricht contempla due casi in cui lo stesso esercita i poteri decisionali: nel campo dell’unione economica e monetaria e nel campo della politica estera e di sicurezza comune. Il Consiglio Europeo risulta aver percorso un cammino notevole dalla sua nascita ad oggi. Infatti, da riunione occasionale dei Capi di Stato e di Governo, che dibattevano su argomenti di interesse comunitario, lo stesso è divenuto l’organo della cooperazione politica per eccellenza. Presidente del Consiglio Europeo novità introdotta dalla Costituzione: presiede i lavori del Consiglio europeo; ne assicura preparazione e continuità. Ha la rappresentanza esterna dell’Unione Europea. E’ eletto dal Consiglio europeo per un mandato di due anni e mezzo, rinnovabile una volta. Non può far parte di altre istituzioni europee, né può avere mandati nazionali.

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Parlamento Europeo Il testo della Costituzione europea, approvato il 18 giugno 2004, prevede maggiori poteri per il Parlamento europeo rispetto al passato. Come avviene oggi, esso eserciterà, insieme al Consiglio europeo, la funzione legislativa e quella di bilancio, ma avrà l’ultima parola su tutte le spese dell’Unione. Elegge il presidente della Commissione europea e ratificherà la nomina del ministro degli esteri e dei membri della Commissione. Mantiene il potere esclusivo di censura sulla Commissione. Si riunisce a Strasburgo. Non potrà essere composto da più di 750 membri. Ciascuno Stato, in base alla popolazione, potrà avere un minimo di sei deputati e fino ad un massimo di 96. Viene eletto ogni 5 anni dai cittadini degli Stati membri con il sistema elettorale previsto da ogni Paese. All’inizio della sessione, il Parlamento elegge il Presidente, che dirige i dibattiti e gode di vasti poteri disciplinari, e l’Ufficio di Presidenza, composto, oltre che dal Presidente, anche da diversi vicepresidenti. Va rilevato, tra l’altro, che la maggior parte dei lavori parlamentari viene svolta all’interno delle Commissioni specializzate, suddivise a loro volta in Sottocommissioni. Il Parlamento europeo, su richiesta di un quarto dei suoi membri, può costituire una Commissione temporanea di inchiesta, incaricata di esaminare le denunce di infrazione o di cattiva amministrazione nell’applicazione del diritto comunitario. Corte dei Conti di cui fanno parte 12 membri, nominati dal consiglio e si occupa del controllo del bilancio. Per lo più si tratta di un controllo formale di legittimità, ossia di un controllo diretto a verificare la correttezza e la regolarità della gestione finanziaria. Il controllo della Corte si esplica attraverso una relazione, che racchiude i tipi di controllo effettuati sulla gestione. Tale documento consta di due parti: una relativa all’esecuzione del bilancio generale della Comunità e l’altra relativa ai cinque Fondi Europei di sviluppo. Il controllo può essere esercitato sui documenti, ma la Corte possiede anche un potere di ispezione. La Corte, infine, può, in ogni momento, presentare di propria iniziativa le sue osservazioni su problemi particolari. Comitato delle Regioni è un organo consultivo nei riguardi della Commissione e del Consiglio, il cui compito è di fornire pareri. E' composto da 222 rappresentanti delle regioni europee, nominati dal consiglio dei ministri e di altrettanti supplenti, nominati su proposta dei rispettivi Stati di appartenenza, con mandato rinnovabile della durata di quattro anni dal Consiglio, che delibera all’unanimità. La sede è stata stabilita a Bruxelles. I membri del Comitato non devono essere vincolati da alcun mandato imperativo ed esercitano le loro funzioni in piena indipendenza e nell’interesse generale della Comunità.

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Comitato Economico e Sociale Anche questo organo ha funzione consultiva. Il Comitato è composto di rappresentanti delle varie categorie della vita economica e sociale, in particolare dei produttori, agricoltori, vettori, lavoratori, commercianti ed artigiani, nonché delle libere professioni e degli interessi generali. I membri del Comitato sono 222 e la nomina avviene ad opera del Consiglio, che delibera all’unanimità. Il loro mandato è rinnovabile ed ha la durata di quattro anni. La consultazione del Comitato può essere obbligatoria o facoltativa, a seconda se sia prevista o meno dai trattati e si concreta in pareri che non sono mai vincolanti e sono invece tecnici e più specifici rispetto a quelli del Parlamento Europeo, che hanno carattere essenzialmente politico. Il Ministro degli Esteri guida la politica estera, la sicurezza e la difesa comune. Presiede il Consiglio affari esteri. E’ vicepresidente della Commissione ed all’interno di esso si occupa delle relazioni esterne e del coordinamento dell’azione estera dell’Unione Europea. Viene eletto dal Consiglio europeo di comune accordo con il presidente della Commissione e con ratifica dell’Europarlamento. Il Mediatore europeo E’ il terminale di ogni cittadino europeo che senta lesi i suoi diritti da atti di cattiva amministrazione da parte di istituzioni od organi comunitari. Il Mediatore ha ampi poteri di indagine, sia nei confronti dell’Unione che degli Stati membri. Funge da conciliatore fra cittadini ed amministrazione comunitaria; può formulare raccomandazioni alle istituzioni e può deferire il caso al Parlamento europeo. Corte di Giustizia ha sede a Lussemburgo. Assicura il rispetto dei diritti nell’interpretazione e l’applicazione della Costituzione. Vi rientra anche il Tribunale di grande istanza. E’ formata da un giudice per ogni Stato membro. Decide pure sulla interpretazione dei trattati, nell'interesse degli Stati e si occupa di controversie su imprese e cittadini. La ripartizione delle cause tra sezioni è decisa dal Presidente sulla base di criteri di massima stabiliti dalla Corte, che si riunisce sempre in seduta plenaria, qualora lo richieda uno Stato membro o un’istituzione comunitaria che è parte dell’istanza. Infine è previsto per la Corte un Cancelliere, con importanti funzioni giudiziarie ed amministrative. La procedura davanti alla Corte comprende una fase scritta, con scambio di memorie fra le parti, ed una fase orale, introdotta dalla relazione del giudice relatore. Le udienze della Corte sono di regola pubbliche, diversamente dalle deliberazioni che sono segrete. Le sentenze, firmate dal Presidente e dal Cancelliere, devono essere motivate e lette in pubblica udienza. Sono definitive e soggette a revisione soltanto in casi eccezionali; hanno efficacia vincolante per le parti in causa e forza esecutiva all’interno degli Stati membri.

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In occasione del cinquantenario della Corte di giustizia – 1952 / 2002 – una nota sintetica della Divisione stampa ed informazione della Corte spiega con chiarezza i compiti di tale istituzione, il suo ruolo, il suo modo di funzionare, la sua influenza sulla vita del cittadino europeo. Vediamo il testo integrale di tale documento del 4 dicembre 2002: La missione della Corte di giustizia è definita dall’art. 220 del Trattato CE, il quale prevede che essa assicura il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione del trattato CE. Le competenze della Corte di giustizia comprendono in particolare: - l’interpretazione dell’insieme del diritto comunitario; - la risoluzione dei conflitti tra gli Stati membri e le istituzioni comunitarie; - il controllo della legittimità degli atti di tali istituzioni; - il controllo del rispetto del diritto comunitario da parte degli Stati membri. Nella sua giurisprudenza la Corte ha sviluppato alcuni principi del diritto comunitario, tra i quali figurano: - l’applicazione diretta del diritto comunitario; - il primato delle sue disposizioni; - la responsabilità degli Stati membri per i danni causati ai singoli a causa di

una violazione del diritto comunitario. Da tali principi la Corte di giustizia ha dedotto l’obbligo per i giudici nazionali di dare piena applicazione al diritto comunitario all’interno della loro sfera di competenza e di proteggere i diritti conferiti da quest’ultimo ai singoli, non applicando ogni disposizione del diritto nazionale eventualmente contraria, sia essa anteriore o posteriore alla norma comunitaria. L’ultimo principio costituisce, da una parte, un elemento che rafforza in maniera decisiva la protezione dei diritti attribuiti ai singoli dalle norme comunitarie e, dall’altra, un fattore che può contribuire all’attuazione più diligente delle norme comunitarie da parte degli Stati membri, in quanto i loro inadempimenti sono atti a far sorgere obblighi di risarcimento che, in taluni casi, possono avere gravi ripercussioni sulle loro finanze pubbliche. Inoltre, ogni inadempimento di uno Stato membro al diritto comunitario può essere portato dinanzi alla Corte e, in caso di inottemperanza ad una sentenza che dichiara un tale inadempimento, la Corte stessa può infliggere un’ammenda o una penalità. La giustizia comunitaria lavora altresì in collaborazione con il complesso degli organi giurisdizionali degli Stati membri, che sono i giudici di diritto comune nell’applicazione del diritto comunitario. I giudici nazionali possono proporre questioni pregiudiziali nel corso di processi dinanzi a loro pendenti e che riguardano il diritto comunitario. La Corte è allora sollecitata a fare conoscere la sua interpretazione o a controllare la legittimità di una norma di diritto comunitario.

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L’evoluzione della sua giurisprudenza evidenzia il contributo dato dalla Corte alla creazione di uno spazio giuridico riguardante i cittadini quali destinatari del diritto comunitario. Nel corso dei cinquanta anni trascorsi, la Corte di giustizia ha contribuito in modo decisivo al rafforzamento ed allo sviluppo dei diritti dei cittadini europei. In un insieme di sentenze, la Corte ha introdotto il principio dell’effetto diretto del diritto comunitario negli Stati membri , che permette ai cittadini europei di invocare direttamente norme comunitarie dinanzi agli organi giurisdizionali nazionali. Nel 1964 viene pure sancito il primato del diritto comunitario sulla normativa interna, riconoscendo così che gli Stati membri avevano limitato la loro sovranità aderendo alla Comunità. Ancora, nel 1991 la Corte di giustizia ha sviluppato un’altra azione fondamentale e cioè quella della responsabilità di uno Stato membro nei confronti dei singoli per i danni loro causati da un inadempimento di tale Stato al diritto comunitario. Dal 1991, dunque, i cittadini comunitari possono esercitare un’azione di risarcimento contro lo Stato che viola una norma comunitaria. Inoltre, nel 2000 la Corte di giustizia ha inflitto per la prima volta una penalità ad uno Stato membro per il ritardo nella esecuzione di una sentenza anteriore. Infine, con una sentenza emessa nel 1979 sul principio della libera circolazione delle merci, i consumatori europei possono acquistare nel proprio Paese ogni prodotto alimentare proveniente da un altro Paese della Comunità, a condizione che esso vi sia stato legalmente prodotto e commercializzato e che alla sua importazione nel Paese di consumo non si opponga alcuna ragione imperativa, derivata, ad esempio, dalla protezione della salute o dell’ambiente. Sono state anche emesse sentenze nel settore della libera circolazione delle persone ed in quello della libera prestazione di servizi. Interessanti sono anche stati gli interventi della Corte di Giustizia europea sulla norma del trattato, che prevede il principio di parità delle retribuzioni tra lavoratrici e lavoratori per uno stesso lavoro, decidendone l’effetto diretto. Altri aspetti, infine, e certamente non ultimi, sono senz’altro da ricordare gli interventi della Corte di giustizia sulla salute dei cittadini e nel campo della protezione dell’ambiente. Nota 1952-2002: cinquantenario della Corte di Giustizia delle Comunità Europee. 4 dicembre 2002: Udienza solenne (divisione stampa ed informazione 96/02). La Corte di giustizia delle Comunità europee celebra il suo 50° anniversario, in presenza del Granduca e della Granduchessa di Lussemburgo, dei Presidenti delle giurisdizioni supreme degli Stati membri e degli Stati candidati all’Unione e dei President i delle Istituzioni europee.

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Stabilita nel Granducato di Lussemburgo sin dal 1952, come organo giurisdizionale della prima Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA), la Corte di giustizia è divenuta nel 1958 l’organo giurisdizionale supremo della Comunità europea dell’energia atomica (EURATOM) e della Comunità economica europea riunitesi, a partire dal 1993, in un’unica Comunità europea. I Trattati di queste Comunità (la CECA ha concluso la sua esistenza nel luglio 2002) affidano espressamente alla Corte di giustizia la missione di assicurare il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei Trattati. La Corte assicura quindi l’interpretazione uniforme e l’applicazione concreta del diritto comunitario in un’Europa che, da 50 anni, utilizza, nel suo progetto di unificazione, esclusivamente la forza del diritto. La Corte di giustizia ha la missione di interpretare in un modo uniforme il diritto comunitario: essa è in particolare incaricata di mantenere l’equilibrio fra le competenze dell’Unione e quelle degli Stati membri, di controllare la legalità degli atti delle istituzioni dell’Unione e di curare il rispetto e l’applicazione del diritto comunitario da parte degli Stati membri. Per merito della sua composizione, e cioè un giudice per Stato membro, la Corte di giustizia è l’istituzione in cui si incontrano le tradizioni giuridiche di tutti gli Stati membri dell’Unione e si crea così il diritto comunitario. Esso è distinto dal diritto nazionale e superiore ad esso e direttamente applicabile in maniera uniforme negli Sttai dell’Unione. Nella sua giurisprudenza, che conta, in 50 anni di attività circa 6000 sentenze, la Corte di giustizia ha sviluppato una concezione dell’Unione come una comunità di popoli. Per tale motivo, è stata attenta ai diritti dei cittadini ed alla protezione di quelli fondamentali. La Corte ha approfondito le nozioni delle libertà fondamentali indicate nel Trattato, come la libera circolazione dei cittadini e dei beni, la libertà di stabilimento e di prestazione di servizi. Ha poi introdotto l’idea della cittadinanza europea, ancor prima che fosse scritta nei trattati. Ha inoltre sviluppato il concetto di responsabilità di uno Stato membro per i danni causati ai cittadini dalle violazioni del diritto comunitario da parte dello Stato stesso e che hanno come conseguenza l’obbligo del risarcimento. La Corte non è la sola giurisdizione abilitata ad applicare il diritto comunitario: i giudici nazionali, infatti, sono anch’essi chiamati ad applicarlo e possono rivolgersi alla Corte per porle questioni interpretative. Attraverso la questione pregiudiziale, da 50 anni si è instaurato un dialogo costante ed una fruttuosa cooperazione fra la Corte ed i giudici nazionali. Ogni Tribunale, cosi come ogni avvocato, può porre domande sul diritto comunitario nella sua lingua ufficiale. La Corte provvede poi, tramite suo personale specializzato, ad assicurare la interpretazione nelle altre lingue ufficiali della Comunità europea. Le sentenze della Corte, nel momento della pronuncia, sono disponibili in tutte le lingue comunitarie e vengono poi pubblicate in un apposito sito internet (www.curia.eu.int). Con l’entrata nella Comunità europea di nuovi 10 Stati, in data 1 maggio 2004, i giudici della Corte di Giustizia sono passati da 15 a 25, e di conseguenza è pure aumentato il personale dipendente, soprattutto per il fatto che gli atti e le sentenze devono essere tradotte in tutte le lingue comunitarie, anche se i giudici continuano a deliberare tra di loro in un’unica lingua, che è per tradizione quella francese. L’aumento del numero dei giudici della Corte, che secondo il Trattato di Nizza devono provenire uno da ogni Stato membro, non ha comportato invece l’aumento del numero degli avvocati generali, che sono attualmente otto. La regola, per ora, resta che cinque degli otto avvocati generali (che preparano le considerazioni sottoposte poi al giudizio della Corte) debbano provenire da:

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Italia, Francia, Germania, Spagna ed Inghilterra; mentre i rimanenti tre sono soggetti ad una rotazione tra gli altri Stati. Sono state, invece, introdotte novità per quanto riguarda la divisione dei compiti tra il Tribunale e la Corte, il cui principale scopo rimane pur sempre quello di interpretare il diritto comunitario in maniera uniforme nei diversi Stati membri ed in stretta collaborazione con i giudici nazionali, con i quali appunto costituiscono il potere giurisdizionale dell’Unione europea. Il trattato di Nizza ha appunto stabilito una nuova ripartizione delle competenze. Infatti, dal 2003 il Tribunale è competente in primo grado per tutti i ricorsi diretti, salvo quelli per inadempimento da parte degli Stati membri, che rimangono di competenza della Corte di Giustizia. Il Tribunale potrà ora anche trattare delle questioni pregiudiziali in materie specifiche determinate dallo statuto. La Corte di Giustizia, per via di una decisione del 26 aprile 2004 che ne ha modificato lo statuto, conserva il proprio ruolo costituzionale e rimane l’unico organo competente a controllare l’attività normativa ed a risolvere i conflitti tra le istituzioni.

LA BANCA CENTRALE EUROPEA

Entrata in funzione nel giugno 1998; è un organo indipendente e sopranazionale, che ha il potere di creare moneta e stabilire il tasso al quale essa viene data e presa in prestito nei paesi dell’unione europea, che hanno adottato l’euro. Suo compito è definire e gestire la politica monetaria della comunità, con il fine primario di assicurare la stabilità dei prezzi. Ha sede a Francoforte. La banca centrale europea e le banche centrali nazionali compongono il sistema europeo di banche centrali, i cui compiti sono: - gestire la massa monetaria, - condurre operazioni di cambio, - detenere e gestire le riserve ufficiali degli Stati membri, - provvedere al buon funzionamento dei sistemi di pagamento. Relativamente alla sua struttura interna, va rilevato che la banca è amministrata e gestita dai seguenti organismi: - un Consiglio dei Governatori, che è composto dai ministri designati dagli

Stati membri ed esercita una funzione di indirizzo, deliberativa e di controllo;

- un Consiglio di Amministrazione, cui è demandata la competenza esclusiva nella gestione ordinaria dell’attività finanziaria della banca;

- un Comitato direttivo, cui spetta il compito di gestire tutti gli affari di ordinaria amministrazione della banca;

- un Comitato di verifica, che svolge la funzione di controllo contabile e di esame del bilancio.

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In linea di principio, i prestiti, diretti a finanziare i progetti devono riguardare programmi di investimenti da effettuare nei territori europei degli Stati membri. Tuttavia, con deroga deliberata all’unanimità dal Consiglio dei Governatori, la banca può concedere crediti per progetti da attuarsi in tutto od in parte al di fuori dei territori europei degli Stati membri. La banca ha un ruolo decisivo nei finanziamenti destinati a promuovere la coesione economica. Note: La bandiera europea La bandiera europea è stata adottata nel 1986 dal consiglio europeo ed è diventata simbolo dell’unione. Reca un cerchio di dodici stelle d’oro su uno sfondo azzurro; Il numero di stelle non ha niente a che vedere con il numero degli stati membri ed è solo un simbolo. Fu scelto il numero 12, perché in alcune tradizioni esso rappresenta il simbolo della perfezione, della completezza e dell’unità. La bandiera rimarrà quindi la stessa anche dopo le future adesioni di nuovi Stati membri. L’attuale bandiera fu scelta all’unanimità il 25 ottobre 1955 dall’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Ma è comunque dal 1986 che tutte le istituzioni e gli organismi dell’Unione sono rappresentati da un emblema unico e per la prima volta, il 29 maggio 1986, la bandiera europea fu issata a Bruxelles. L’Italia ha stabilito, con la legge n. 22 del 5 febbraio 1998, ed il suo regolamento DPR n. 121 del 7 aprile 2000, che la bandiera italiana e quella europea devono essere esposte insieme all’esterno degli edifici pubblici, i seggi elettorali, le rappresentanze diplomatiche e consolari italiane all’estero. L’inno europeo L’inno europea (inno alla gioia) è l’adattamento dell’ultimo movimento della nona sinfonia di Beethoven, scritta dal compositore nel 1823. Il poema esprime una ideale visione di fratellanza fra gli uomini. Nel 1972 il Consiglio d’Europa adottò l’inno alla gioia come proprio inno. Herbert von Karajan., uno dei più grandi direttori d’orchestra del novecento, fu incaricato di scrivere tre adattamenti strumentali per piano solo, per archi e per orchestra sinfonica. Nel 1985 l’inno alla gioia è diventato ufficialmente l’inno dell’Unione europea. E’ intenzionalmente rimasto privo di testo ed utilizza il linguaggio universale della musica, riuscendo ad esprimere gli ideali di libertà, pace e solidarietà perseguiti dall’Europa. Festa dell’Unione Il 9 maggio è la festa dell’unione europea, perché si ricorda il ministro degli esteri francese Robert Schuman, che propose, appunto il 9 maggio 1950, di mettere in comune delle risorse di carbone e acciaio della Francia e della Germania, in un’organizzazione aperta agli altri paesi europei.

LA LEGISLAZIONE EUROPEA

Le norme europee si dividono in: - Regolamenti: trattasi di provvedimenti che vincolano gli Stati dell'Unione; - Direttive: sono atti vincolanti, ma non automaticamente, perché gli Stati

devono modificare successivamente all'interno le loro leggi; - Decisioni: atti obbligatori per i destinatari da esse designati;

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- Raccomandazioni, cioè dei suggerimenti e quindi privi di carattere vincolante, rivolti agli Stati dell'Unione;

- Pareri: atti che non hanno efficacia vincolante. Vediamo, ora, meglio in dettaglio :

REGOLAMENTI Sono atti a portata generale, obbligatori in tutti i loro elementi e direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri, il che significa: - il regolamento ha portata generale, cioè presenta il carattere

dell’astrattezza: non si rivolge a destinatari determinati né identificabili, ma a categorie considerate astrattamente e nel loro insieme. Destinatari del regolamento sono, quindi, tutti i soggetti giuridici comunitari: Stati membri e persone fisiche e giuridiche degli Stati stessi;

- il regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi: tale caratteristica sta ad indicare che le norme che esso pone in essere sono destinate a disciplinare la materia e vanno osservate come tali dai destinatari. Ciò non significa che i regolamenti siano completi, anzi spesso accade che debbano essere integrati con misure di esecuzione, che possono essere adottate sia dallo stesso organo che ha emanato il regolamento, sia da un altro organo comunitario (la Commissione), sia dalle autorità nazionali.

- La diretta applicabilità negli Stati membri è la caratteristica più originale dei regolamenti comunitari: sta a significare che il regolamento acquista efficacia negli Stati membri senza che sia necessario un atto di ricezione o di adattamento da parte dei singoli ordinamenti statali. Il regolamento ha, quindi, validità automatica negli Stati membri della Comunità e conferisce diritti ed impone obblighi agli Stati membri, ai loro organi ed ai privati, come una legge nazionale. Di conseguenza, esso attribuisce ai singoli dei diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare.

Il principale requisito formale previsto dai trattati per i regolamenti è la motivazione. Tuttavia, come osservato dalla Corte di Giustizia, l’obbligo di motivare dipende dalla natura dell’atto e, trattandosi di un regolamento, ossia di un atto destinato ad avere applicazione generale, la motivazione può limitarsi ad indicare la situazione complessiva, che ha condotto alla sua adozione e gli scopi generali che esso si propone. Oltre alla motivazione, i regolamenti devono far riferimento alle proposte ed ai pareri obbligatoriamente richiesti dal trattato; non è previsto l’obbligo per il Consiglio di motivare una deliberazione contraria ai pareri del Parlamento o del Comitato economico e sociale. I regolamenti sono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee ed entrano in vigore dopo un periodo di “vacatio legis” di 20 giorni, a meno che una data diversa non sia stata indicata nel regolamento stesso. Infine è bene

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ricordare che i regolamenti sono atti a formazione complessa: essi in genere sono emanati dal Consiglio su proposta della Commissione. Dopo la presentazione della proposta si apre una fase consultiva, che si esplica nei pareri del Parlamento e del Comitato economico e sociale, richiesti dal Consiglio. Al termine di questa fase, il regolamento viene adottato dal Consiglio con apposite maggioranze. Nota la Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee è il documento ufficiale, pubblicato quasi tutti i giorni feriali, in tutte le lingue della Comunità, nel quale sono riportati gli atti normativi e le altre informazioni di interesse comunitario, che devono essere rese note. Essa è divisa in tre diverse serie: - quella contrassegnata con la lettera “L” (legislazione), che contiene tutti i

testi normativi adottati dalle istituzioni comunitarie; - quella contrassegnata dalla lettera “C” (comunicazioni), che riporta tutte le

proposte normative della Commissione, nonché i resoconti delle sedute del Parlamento Europeo e della Corte di giustizia;

- quello che riporta la lettera “S” (supplemento), che contiene una raccolta di altri atti, tra cui vanno menzionati i bandi di gara e gli appalti promossi dalle Comunità, nell’ambito della cooperazione con i Paesi in via di sviluppo e con quelli associati attraverso la Convenzione di Lomè.

DIRETTIVE Dall’articolo 189 del Trattato CE si desume che la direttiva dovrebbe limitarsi all’enunciazione di principi e criteri generali, di regole finali destinate ad essere tradotte dal singolo Stato in norme di dettaglio. Vincolano, quindi, lo Stato membro, cui sono rivolte, per quanto riguarda il risultato da raggiungere, senza incidere sulla competenza degli organi nazionali in merito alla forma ed ai mezzi necessari a raggiungere detto risultato. In primo luogo, dunque, le direttive non hanno portata generale, ma hanno come destinatari gli Stati membri. Inoltre, le direttive non sono obbligatorie in tutti i loro elementi, perché impongono un’obbligazione di risultato, lasciando liberi gli Stati di adottare le misure dagli stessi ritenute opportune. Infine, per quanto riguarda l’efficacia, le direttive, in altre parole, e sempre secondo l’articolo 189 del Trattato CE, non hanno efficacia diretta, cioè non producono diritti ed obblighi che i giudici nazionali devono far osservare e quindi le direttive non sono direttamente applicabili, ma hanno un’efficacia mediata attraverso i provvedimenti che gli Stati intenderanno adottare. Vi sono, comunque, alcuni casi in sui è possibile parlare di efficacia immediata delle direttive e sono i seguenti:

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- quando la direttiva imponga al destinatario un comportamento negativo; - quando la stessa si limita a ribadire obblighi già previsti dai trattati; - quando si tratti di una direttiva dettagliata o particolareggiata, ovvero

contenente una disciplina talmente minuziosa da escludere qualsiasi discrezionalità degli Stati per la sua attuazione;

- inoltre, la Corte di Giustizia delle Comunità si è pronunciata, con costante giurisprudenza, in favore dell’efficacia diretta delle direttive nei rapporti tra i cittadini e lo Stato. Ciò ha come conseguenza che, decorso inutilmente il termine fissato per dare attuazione alla direttiva, i singoli possono far valere in giudizio i diritti precisi ed incondizionati che derivano loro dalla direttiva ed i giudici devono accogliere una tale richiesta. Infine, per le autorità nazionali vige il divieto di opporre qualunque disposizione interna non conforme ad una disposizione della direttiva, che imponga obblighi precisi ed incondizionati.

Per quanto riguarda l’elaborazione delle direttive, essa segue lo stesso iter procedurale dei regolamenti. Anche i requisiti formali sono gli stessi, vale a dire la motivazione ed il riferimento alle proposte ed ai pareri obbligatori. Diversa, invece, è la forma di pubblicità, a causa del carattere individuale delle direttive: esse vanno infatti notificate ai destinatari ed acquistano efficacia dalla data della notifica, o da una data successiva, se indicata. Peraltro, è invalsa la prassi di pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità le direttive, oltre naturalmente a notificarle, come previsto dai trattati. Inoltre, le direttive fissano un termine per la loro attuazione. Pertanto, se gli Stati membri, entro detto termine, non adottano le misure interne di esecuzione, commettono una violazione del Trattato, ai sensi dell’articolo 169. Nota Tutti gli Stati, “vecchi” e “nuovi” sono in ritardo con il recepimento delle direttive comunitarie e l’Italia è uno dei Paesi che non brilla in tempestività. L’ultimo rapporto della Commissione europea, a fine maggio 2004, sul grado di recepimento delle direttive assegnava al nostro Paese ben 47 normative comunitarie (vedasi tabella sottostante) ancora da trasferire nell’ordinamento interno. D’altra parte, Francia, Grecia, Germania e Lussemburgo appaiono ancora più ritardatari. La situazione, da questo punto di vista, non è certo migliore in gran parte dei dieci Stati, entrati a far parte della Comunità il primo maggio 2004, ma almeno questi hanno se non altro l’attenuante della transizione. Fra i “quindici” l’Italia registra pure un notevole numero di procedure di infrazione aperte dalla Commissione per l’inappropriata applicazione delle regoli comuni: ben 149. Bisogna, comunque, in tale quadro, tenere conto delle diverse procedure legislative dei singoli Stati, come anche del fatto che nei singoli Paesi vi è una diversa distribuzione dei dicasteri e delle competenze territoriali. Pesano anche certamente in questo contesto le modifiche interne ed è il caso del nostro Paese, dove la riforma del titolo V della Costituzione ha imposto una revisione in senso federalista delle procedure di recepimento. Ma vediamo ora di tradurre questo discorso in due tabelle:

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Il ritardo dei “dieci” – le direttive non recepite dai Paesi dell’Unione europea a fine maggio 2004 Stati Direttive non recepite CIPRO numero 276 ESTONIA “ 127 LETTONIA “ 290 LITUANIA “ 12 MALTA “ 617 POLONIA “ 60 REPUBBLICA CECA “ 360 SLOVACCHIA “ 193 SLOVENIA “ 87 UNGHERIA “ 168 Fonte = Commissione europea

Le direttive non recepite dai Paesi dell’Unione europea a fine maggio 2004 e le procedure di infrazione che, a fine maggio, risultavano aperte

dalla Commissione europea nei confronti dei “quindici”. Stati Direttive non recepite Procedure di infrazione aperte AUSTRIA numero 26 numero 52 BELGIO “ 32 “ 77 DANIMARCA “ 10 “ 24 FINLANDIA “ 20 “ 28 FRANCIA “ 62 “ 105 GERMANIA “ 53 “ 94 GRECIA “ 59 “ 79 IRLANDA “ 19 “ 55 ITALIA “ 47 “ 149 LUSSEMBURGO “ 49 “ 39 OLANDA “ 42 “ 53 PORTOGALLO “ 29 “ 44 INGHILTERRA “ 18 “ 58 SPAGNA “ 12 “ 104 SVEZIA “ 28 “ 28 Fonte = Commissione europea

DECISIONI

Secondo l’articolo 189 CE, la decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari da essa designati. Caratteristica della decisione è quindi la individualità. Pertanto, quando è rivolta a singoli individui, si traduce in un’attività amministrativa piuttosto che normativa. Anche gli Stati membri possono essere destinatari delle decisioni ed allora queste potrebbero avere natura normativa. Le decisioni sono di regola emanate dalla Commissione, mentre il Consiglio emana di solito solo le decisioni indirizzate agli Stati membri. Poiché si tratta, come abbiamo visto, di atti aventi natura individuale, diventa importante la motivazione, che serve anche per evitare spiacevoli abusi

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da parte delle istituzioni. Anche le decisioni, come del resto pure le direttive, vengono notificate ai destinatari ed acquistano efficacia dalla data della notifica o da altra data successiva, espressamente indicata. Nota le decisioni del Consiglio e della Commissione, che comportino un obbligo pecuniario, costituiscono titolo esecutivo negli ordinamenti statali (art. 192 CE). Tutto ciò non vale per le decisioni rivolte agli Stati membri; in caso di mancata esecuzione, la Commissione potrà esperire la procedura di infrazione per violazione del trattato (art. 169 CE). L’unica condizione richiesta affinché la decisione possa essere fatta valere come titolo esecutivo è l’apposizione della formula di esecuzione da parte dell’autorità nazionale designata, che procede ad una verifica dell’autenticità dell’atto.

RACCOMANDAZIONI Sono atti che non hanno efficacia vincolante. Secondo l’articolo 189 del Trattato CE, le raccomandazioni possono essere emanate dal Parlamento Europeo, dal Consiglio e dalla Commissione (quando, quest’ultima, lo ritenga necessario, secondo l’articolo 155), alle condizioni previste appunto dal Trattato stesso. Come finalità, la Raccomandazione ha lo scopo di sollecitare il destinatario a tenere un determinato comportamento giuridico più rispondente agli interessi comuni. La Raccomandazione non è sottoposta ad alcuna forma particolare. Può avere come destinatari gli Stati membri, oppure le altre istituzioni comunitarie ed i soggetti di diritto interno degli Stati membri.

PARERI

Atti privi di efficacia vincolante. I Pareri possono essere emanati, oltre che dal Consiglio e dalla Commissione, anche dalla Corte di Giustizia, dal Comitato economico e sociale e dal Comitato delle Regioni (anche il Parlamento Europeo può essere chiamato ad esprimere pareri obbligatori, nell’ambito della procedura di parere conforme). Il Parere tende ad esprimere il punto di vista di chi lo emette, per quanto riguarda una particolare questione, anche se talvolta certi Pareri hanno come obiettivo quello di ottenere una modifica del comportamento del destinatario. Anche il Parere non è sottoposto ad alcuna forma particolare, ad eccezione di alcuni Pareri per i quali il Trattato CE prevede una motivazione espressa (vedasi articolo 169 del Trattato CE). Anche il Parere può avere come destinatari gli Stati membri, oppure le altre istituzioni comunitarie ed i soggetti di diritto interno degli Stati membri.

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DAL SISTEMA MONETARIO EUROPEO ALL'EURO

Nel 1979 è entrato in vigore il sistema monetario europeo (SME), che riguarda gli Stati dell’Unione Europea. Trattasi di un sistema di cambi particolare: le autorità monetarie europee hanno stabilito dei livelli di cambio tra le loro monete e si sono impegnate a mantenerli il più possibile stabili, attraverso interventi di natura monetaria. Alla base dello SME è stato posto l’ECU (European currency unit), chiamata anche “scudo”: si tratta di una moneta ideale, non circolante, utilizzata come figura di riferimento nei cambi tra le monete europee. L’Italia, che aveva inizialmente aderito allo SME, fu costretta ad uscirne nel settembre del 1993, per le proprie difficoltà economiche e per l’alto livello di inflazione interna, che non consentivano alla nostra moneta di sostenere il regime di cambi semi rigidi. La lira subì in quella fase un forte deprezzamento rispetto a tutte le alt re monete e da quel momento fu avviata una difficile fase di risanamento economico. Solo nel novembre del 1996 la lira è rientrata nello SME a seguito della decisione dei ministri finanziari europei, che hanno in tal modo premiato il nostro paese, per il sostanziale aggiustamento dei conti interni e la riduzione del tasso d'inflazione. Il rientro della lira nello SME è stato anche un passo fondamentale e necessario nella prospettiva di piena adesione dell'Italia all'unione europea ed al progetto di moneta unica: I'euro. Per il trattato di Maastricht del 1992, che ha avviato il processo di unificazione monetaria europea, i paesi aderenti all'unione hanno dovuto provvedere per far convergere le rispettive economie verso parametri comuni, per garantire un sufficiente livello di integrazione e di omogeneità.

LA MONETA UNICA EUROPEA

Il 2 maggio 1998 il consiglio europeo ha ufficialmente varato, a Bruxelles, il progetto euro, che vede inizialmente coinvolti nell'unione monetaria 11 Stati membri dell'unione europea (UE), risultati in regola con i criteri stabiliti dal trattato di Maastricht. Si tratta di Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Olanda, Portogallo e Spagna. I paesi esclusi (Danimarca, Gran Bretagna, Svezia: per loro scelta - e Grecia, inadempiente verso i criteri di ammissione) hanno avuto comunque la possibilità di aderire in un secondo tempo. I criteri stabiliti dal trattato di Maastricht sono: - stabilità dei prezzi. Il tasso di inflazione non deve superare di oltre l’1,5 % la

media dei tre stati membri che hanno riportato i tassi di inflazione più bassi, - i tassi di interesse a lungo termine non devono superare di oltre due punti

percentuale la media dei tre paesi aventi i tassi di interesse meno elevati dell’unione europea,

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- i disavanzi di bilancio nazionali devono essere vicini o inferiori al 3 % del prodotto interno lordo,

- il debito pubblico non può superare il 60 % del prodotto interno lordo, tranne nel caso in cui si mostri una tendenza a diminuire verso tale livello,

- una valuta nazionale non può essere stata svalutata durante il biennio precedente il momento preso in considerazione e deve essere rimasta entro il margine di fluttuazione del 2,25 %.

A partire dal primo gennaio del 1999, l’euro è diventata la moneta legale dell'unione monetaria. Ma solo dal 1° gennaio 2002 l’euro inizia ad avere corso legale e sostituisce le monete nazionali dei paesi aderenti. Tramite il regolamento comunitario n. 2866 del 31/12/98, entrato in vigore il l° gennaio 1999, sono stati definiti i tassi di conversione tra le monete partecipanti e l'euro.I tassi di conversione sono stati determinati in base al cambio tra ciascuna moneta e l'ECU nel periodo immediatamente precedente la decisione, e l'ECU ha cessato di esistere. Il tasso di cambio è il rapporto che consente di trasformare il valore di un euro in un’altra moneta non appartenente all’unione monetaria europea (si pensi, ad esempio, al dollaro statunitense o al dinaro tunisino). Il tasso di conversione si utilizza, invece, per le monete dei paesi aderenti all'euro (le cosi dette divise IN). I tassi di conversione sono i seguenti: 1 euro = 1936,27 lire italiane 1 euro = 40,3399 franchi belgi 1 euro = 1,95583 marchi tedeschi 1 euro = 166,386 pesete spagnole 1 euro = 6,55957 franchi francesi 1 euro = 0,787564 sterline irlandesi 1 euro = 40,3399 franchi lussemburghesi 1 euro = 2,20371 fiorini olandesi 1 euro = 13, 7603 scellini austriaci 1 euro = 200,482 escudi portoghesi 1 euro = 5,94573 marchi finlandesi Il simbolo “euro” è stato creato dalla commissione europea. Per la scelta, il simbolo doveva rispondere ai criteri di facile riconoscibilità ed identificazione con l'Europa; facilmente riproducibile con la calligrafia ed avere un disegno gradevole. Sono stati elaborati 30 bozzetti e, di questi, dieci scelti dalla commissione, sono stati sottoposti al giudizio dell’opinione pubblica attraverso un sondaggio. Al ballottaggio finale sono arrivati due simboli ed alla fine la scelta è caduta sul “logo euro” che abbiamo imparato a conoscere. Il simbolo si ispira alla lettera greca “ipsilon”, che risale all’età classica, volendo rapportarsi anche culturalmente alla culla della civiltà.

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La lettera è anche l’iniziale della parola “Europa”, mentre le due linee parallele rappresentano la stabilità dell’euro. L’abbreviazione ufficiale è “Eur”. Il marchio è stato registrato presso “ISO” (international organasation for standarisation). Gli italiani, quindi, insieme con altri 300 milioni di cittadini europei, abbandonano la propria valuta nazionale ed iniziano ad usare la nuova moneta unica europea: “l’euro” appunto. Questo è un accadimento che non ha precedenti nella storia delle società, per dimensioni ed importanza economica. Le sue conseguenze culturali e politiche saranno di enorme risonanza. Il concetto fondamentale, che ha portato all’adozione di una moneta unica, è semplice: all’interno dell’unione europea c’è un mercato unico, senza limiti doganali, nel quale ognuno può avviare rapporti commerciali con chiunque. Il mercato unico europeo, nato tra i paesi membri dell’unione europea negli anni ’90 e completato nel 1993, si basa su quattro diritti fondamentali: il diritto alla libera circolazione delle persone, dei capitali, delle merci e dei servizi. L’istituzione definitiva di questi diritti doveva prevedere ovviamente anche l’adozione di una moneta unica, poiché l’ultimo grande ostacolo per un mercato unico, a tutti gli effetti, era dato proprio dalle varie valute nazionali. La decisione di adottare la moneta unica si è resa necessaria soprattutto per garantire basi solide all’economia europea. Vediamo quali effetti ne possono conseguire: Effetti positivi: - l’avvicinamento delle economie e l’istituzione di un’equa concorrenza

nell’ambito della comunità europea, - nuove possibilità e maggiore sicurezza per i posti di lavoro, grazie ad una

sana crescita economica, - un incremento dell’effetto competitivo di fronte a potenze economiche, come

Stati Uniti e Giappone, grazie ad un mercato unico più efficiente, - una maggiore stabilità dei prezzi, nel caso di importazioni da altri paesi

europei, - un’offerta più ricca di prodotti a prezzi più vantaggiosi, grazie alla forte

concorrenza tra le imprese, - migliori possibilità di confronto dei prezzi, grazie ad una maggiore

trasparenza, - una maggiore pressione per l’adozione di politiche fiscali armonizzate, - la soppressione di fluttuazioni improvvise dei cambi e quindi dei costi

relativi a transazioni e margini di cambio, - tassi d’interesse inferiori, con conseguente riduzione degli oneri legati ai

mutui, - costi minori in caso di viaggi e/o bonifici in altri paesi europei, vista

l’assenza di transazioni.

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Effetti negativi: - la rinuncia parziale al controllo della propria economia nazionale da parte

dei paesi membri partecipanti, - gli alti costi legati alla conversione, - un cambiamento nel comportamento dei consumatori, che può provocare

rallentamenti nella vendita di certi prodotti o addirittura bloccarla, - il rischio di acquisti più consistenti, a causa del mancato rispetto degli

arrotondamenti, soprattutto in caso di importi bassi, - oppure, una errata percezione di prezzi e salari mensili. Dall’1/1/2002, con l’ingresso della nuova moneta, si possono emettere solo assegni in “euro” compilati sugli appositi blocchetti e quindi non sarà più possibile emettere assegni in lire (ma quelli emessi entro il 31/12/2001 potranno essere versati ed incassati (per il controvalore in “euro”) anche dopo il primo gennaio 2002. Attenzione: è necessario indicare sempre la parte decimale dell’importo, anche se questa è uguale a “00” (zero), e questo sia in cifre che in lettere. La presenza dei decimali, infatti, è il segno distintivo dell’euro e, senza i centesimi, la cifra scritta sull’assegno non sarebbe più l’espressione di una valuta, ma un semplice numero. A livello europeo, più volte nel corso del periodo transitorio è stata avanzata la proposta di dare preminenza agli importi in cifre scritti sugli assegni, per ovviare alle differenze linguistiche dei paesi comunitari, ma a questa volontà, dettata dal buon senso, non ha mai fatto seguito alcuna normativa, direttiva o raccomandazione comunitaria. Dunque, in materia di assegni restano in vigore le leggi esistenti ed in Italia, per ragioni di sicurezza (le cifre sono più facilmente manipolabili) negli assegni fa sempre fede l’importo in lettere. Dunque, massima attenzione nella compilazione degli assegni, accertandosi sempre che i due importi, in cifre ed in lettere, corrispondano. Non è necessario sostituire le carte di credito ed il bancomat. Cosa rappresentano le facce italiane delle monete euro L’Italia ha scelto di dare un volto nazionale a tutte le otto monete e sono le seguenti: - 1 cent. = Castel del Monte - 2 cent. = La Mole Antonelliana - 5 cent. = Il Colosseo - 10 cent. = La Venere di Botticelli - 20 cent. = le Forme nello Spazio di Umberto Boccioni - 50 cent. = la Statua di Marco Aurelio - 1 euro = l’Uomo Vitruviano di Leonardo Da Vinci - 2 euro = Dante Alighieri dipinto da Raffaello

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Le lire hanno cessato di avere valore legale il 1° marzo 2002 ed acquistano valore solo per i collezionisti. Dopo tale data è stata data, comunque, la possibilità di cambiare le banconote e le monete soltanto presso gli sportelli della banca d’Italia. L’arrotondamento: effettuando il cambio da euro a lira oppure da lira ad euro, dopo la virgola si ottengono dei decimali, che devono essere arrotondati ad un massimo di due cifre secondo una regola precisa. Se la terza cifra dopo la virgola è inferiore a 5, la seconda cifra resta immutata; se invece la terza cifra è pari o superiore a 5 la seconda è aumentata di una unità. (esempio: 151,944 diventa 151,94 – 151,945 diventa 151,95). Tutti i contratti ed i prestiti (ad esempio i mutui per la casa) non subiscono alcun cambiamento. Sono stati convertiti automaticamente in euro.

Normativa penale per l’euro

Anche la falsificazione dell’euro è penalmente sanzionata, per effetto delle modifiche introdotte al codice penale dal decreto legge 350/2001. Gli interventi in materia riguardano l’introduzione di norme repressive che non erano presenti prima dell’euro e l’adozione di accorgimenti per prevenire e reprimere illeciti. Vediamo in dettaglio: Articolo 453 codice penale falsificazione di monete, spendita ed introduzione nello Stato, previo concerto, (concerto vuol dire in accordo con altre persone) di monete falsificate. E’ prevista la reclusione da tre a dodici anni e la multa da 516 a 3.098 euro. Le società rischiano da 300 a 800 quote. Si ricorda, e ciò vale anche per gli articoli richiamati del codice penale che seguono, che l’importo di una quota varia da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1.549 euro. Articolo 454 codice penale alterazione di monete. Reclusione da 1 a 5 anni e multa da 103 a 516 euro; punizione per le società fino a 500 euro. Articolo 455 codice penale spendita ed introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate. Come nei due precedenti articoli (453 e 454), ma con la pena ridotta di un terzo. Per le società la pena viene ridotta da un terzo alla metà. Articolo 457 codice penale spendita di monete falsificate, ricevute in buona fede. Reclusione fino a sei mesi e multa fino a 1.032 euro. Per le società la sanzione (cioè, vuol dire, la punizione) arriva fino a 200 quote.

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Articolo 459 codice penale falsificazione di valori di bollo; introduzione nello Stato, acquisto, detenzione o messa in circolazione di valori di bollo falsificati. Come articoli 453, 455 e 457 ridotte di un terzo; idem per le società. Articolo 460 codice penale contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di bollo. Reclusione da 2 a 6 anni e multa da 309 a 1.032 euro); la pena per le società è fino a 500 quote. Articolo 461 codice penale fabbricazione o detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla falsificazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata. Reclusione da 1 a 5 anni e multa da 103 a 516 euro). La sanzione per le società arriva fino a 500 quote. Articolo 464 codice penale uso di valori di bollo contraffatti o alterati. Reclusione fino a tre anni e multa fino a 516 euro. Sanzione per le società fino a 300 quote. Articolo 464, comma 2, codice penale ricezione dei valori in buona fede. Come articolo 457, ma con la pena ridotta di un terzo. Per le società la sanzione arriva fino a 200 quote.

LA CARTA EUROPEA DEI DIRITTI garantiti privacy, sicurezza,

ambiente ed un giudice imparziale A Strasburgo è stata approvata con 410 voti a favore, 93 contrari e 27 astensioni. La carta, anche se non avrà valore vincolante per gli stati, rappresenterà comunque un’ancora per far valere presso le istituzioni e la corte di giustizia dell’unione europea i diritti in essa contenuti. In particolare, il documento garantisce la tutela della privacy e della sicurezza, del diritto all’ambiente; riconosce la libertà d’impresa, ma anche i diritti sociali dei lavoratori, a partire dallo sciopero. Sancisce, inoltre, il diritto alla libertà professionale, ma anche alla vita professionale, che impone la possibilità di conciliare vita lavorativa ed affetti. Ed ancora, riconosce il diritto alla salute, la protezione dei consumatori, il diritto alla difesa, ad un ricorso effettivo e ad un giudice imparziale. La carta è formata da 54 articoli, divisi in sette capitoli intitolati alla dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà, cittadinanza e giustizia, oltre alle disposizioni generali.

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Se è vero che sono riconosciuti, a livello comunitario, diritti già patrimonio dei cittadini europei, tuttavia la carta contiene qualche novità di rilievo. Innanzitutto inserisce, nel catalogo dei diritti fondamentali, quelli sociali, come il diritto di sciopero, di consultazione dei lavoratori, della tutela in caso di licenziamento ingiustificato, conferendo ad essi la stessa dignità dei diritti civili. Quanto a questi, la carta assegna un valore primario a nuovi bisogni, come quello della tutela della privacy, il diritto all’ambiente, il diritto al rispetto della diversità culturale e religiosa, il diritto all’integrità della persona, vietando pratiche eugenetiche e la clonazione riproduttiva. In secondo luogo, poi, alcune formulazioni, al centro di scontri politici che, nella fase di redazione, sono stati piuttosto infuocati, aprono la strada ad interpretazioni nuove dei diritti esistenti. Il testo del documento è preceduto da un preambolo. Vediamolo: Preambolo I popoli europei, nel creare tra loro un’unione sempre più stretta, hanno deciso di condividere un futuro di pace fondato su valori comuni. Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l’unione europea si fonda sui valori indivisibili ed universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà. L’unione si basa sui princìpi di democrazia e dello stato di diritto. Essa pone la persona al centro della sua azione, istituendo la cittadinanza dell’unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. L’unione contribuisce al mantenimento e di questi valori comuni, nel rispetto della diversità delle culture e delle tradizioni dei popoli europei, dell’identità nazionale degli stati membri e dell’ordinamento dei loro pubblici poteri a livello nazionale, regionale e locale; essa cerca di promuovere uno sviluppo equilibrato e sostenibile ed assicura la libera circolazione delle persone, dei beni, dei servizi e dei capitali, nonché la libertà di stabilimento. A tal fine è necessario, rendendoli più visibili in una “carta”, rafforzare la tutela dei diritti fondamentali alla luce dell’evoluzione della società, del progresso sociale e degli sviluppi scientifici e tecnologici. La presente carta riafferma, nel rispetto delle competenze e dei compiti della comunità e dell’unione e del principio di sussidiarietà, i diritti derivanti in particolare dalle tradizioni costituzionali e degli obblighi internazionali comuni agli stati membri, dal trattato sull’unione europea e dai trattati comunitari, dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dalle carte sociali adottate dalla comunità e dal consiglio d'Europa, nonché i diritti riconosciuti dalla giurisprudenza della corte di giustizia delle comunità europee e da quella della corte europea dei diritti dell’uomo. Il godimento di questi diritti fa sorgere responsabilità e doveri nei confronti degli altri, come pure della comunità umana e delle generazioni future. Pertanto, l’unione riconosce i diritti, le libertà ed i princìpi enunciati qui di seguito

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seguono i 54 articoli: Capo I / dignità

Articolo 1 - dignità umana la dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata. Articolo 2 - diritto alla vita 1) ogni individuo ha diritto alla vita. 2) nessuno può essere condannato alla pena di morte, né giustiziato. Articolo 3 diritto all’integrità della persona 1) ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica. 2) nell’ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati: - Il consenso libero ed informato della persona interessata, secondo le modalità

definite dalla legge, - Il divieto delle pratiche eugenetiche, in particolare di quelle aventi come

scopo la selezione delle persone, - Il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti, in quanto tali, una fonte di

lucro, - Il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani. Articolo 4 proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti inumani o degradanti. Articolo 5 proibizione della schiavitù e del lavoro forzato 1) nessuno può essere tenuto in condizioni di schiavitù o di servitù. 2) nessuno può essere costretto a compiere un lavoro forzato od obbligatorio. 3) è proibita la tratta degli esseri umani.

Capo II / libertà

Articolo 6 diritto alla libertà e alla sicurezza ogni individuo ha diritto alla libertà ed alla sicurezza. Articolo 7 rispetto della vita privata e della vita familiare

ogni individuo ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle sue comunicazioni.

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Articolo 8 - dati di carattere personale

1) ogni individuo ha diritto alla protezione dei dati personali e tali dati devono essere trattai secondo il principio di lealtà, per finalità determinate ed in base al consenso della persona interessata o ad un altro fondamento legittimo previsto dalla legge. 2) ogni individuo ha il diritto di accedere ai dati raccolti che lo riguardano e di ottenerne la rettifica, 2) il rispetto di tali regole è soggetto al controllo di una autorità indipendente. Articolo 9 - diritto di sposarsi e di costituire una famiglia

il diritto di sposarsi ed il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali, che ne disciplinano l’esercizio. Articolo 10 libertà di pensiero, di coscienza e di religione

1) ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo, individualmente o collettivamente, in pubblico od in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti, 2) il diritto all’obiezione di coscienza è riconosciuto secondo le leggi nazionali, che ne disciplinano l’esercizio. Articolo 11 - libertà di espressione e d’informazione

1) ogni individuo ha il diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza chi vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera, 2) la libertà dei media ed il loro pluralismo sono rispettati. Articolo 12 libertà di riunione e di associazione 1) ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione pacifica ed alla libertà di associazione a tutti i livelli, segnatamente in campo politico, sindacale e civico, il che implica il diritto di ogni individuo di fondare sindacati insieme con altri e di aderirvi per la difesa dei propri interessi, 2) i partiti politici a livello dell’unione contribuiscono ad esprimere la volontà politica dei cittadini dell’unione. Articolo 13 - libertà delle arti e delle scienze le arti e la ricerca scientifica sono libere. La libertà accademica è rispettata. Articolo 14 - diritto all’istruzione 1) ogni individuo ha diritto all’istruzione ed all’accesso alla formazione professionale e continua,

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2) questo diritto comporta la facoltà di accedere gratuitamente all’istruzione obbligatoria, 3) la libertà di creare istituti di insegnamento nel rispetto dei princìpi democratici, così come il diritto dei genitori di provvedere all’educazione ed all’istruzione dei loro figli, secondo le loro convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche, sono rispettati secondo le leggi nazionali, che ne disciplinano l’esercizio. Articolo 15 libertà professionale e diritto di lavorare 1) ogni individuo ha il diritto di lavorare e di esercitare una professione liberamente scelta o accettata, 2) ogni cittadino dell’unione ha la libertà di cercare un lavoro, di lavorare, di stabilirsi o di prestare servizi in qualunque stato membro, 3) i cittadini dei paesi terzi, che sono autorizzati a lavorare nel territorio degli stati membri, hanno diritto a condizioni di lavoro equivalenti a quelle di cui godono i cittadini dell’unione. Articolo 16 libertà d’impresa è riconosciuta la libertà d’impresa, conformemente al diritto comunitario ed alle legislazioni e prassi nazionali. Articolo 17 diritto di proprietà 1) ogni individuo ha il diritto di godere della proprietà dei beni che ha acquistato legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredità. Nessuno può essere privato della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennità per la perdita della stessa. L’uso dei beni può essere regolato dalla legge, nei limiti imposti dall’interesse generale, 2) la proprietà intellettuale è protetta. Articolo 18 - diritto di asilo il diritto di asilo è garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra del 28/7/1951 e dal protocollo del 31/1/1967, relativi allo status dei rifugiati, ed a norma del trattato che istituisce la comunità europea. Articolo 19 protezione in caso di allontanamento, di espulsione e di estradizione 1) le espulsioni collettive sono vietate, 2) nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura e ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti.

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Capo III / uguaglianza Articolo 20 - uguaglianza davanti alla legge tutte le persone sono uguali davanti alla legge. Articolo 21 - non discriminazione 1) è vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle, o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, 2) nell’ambito d’applicazione del trattato, che istituisce la comunità europea e del trattato sull’unione europea, è vietata qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza, salvo le disposizioni particolari contenute nei trattati. Articolo 22 - diversità culturale, religiosa e linguistica l’unione rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica. Articolo 23 - parità tra uomini e donne la parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione. Il principio della parità non osta al mantenimento o all’adozione di misure, che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato. Articolo 24 - diritti del bambino i bambini hanno diritto alla protezione ed alle cure necessarie per il loro benessere; essi possono esprimere liberamente la propria opinione; questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano, in funzione della loro età e della loro maturità. In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente. Ogni bambino ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse. Articolo 25 - diritti degli anziani l’unione riconosce e rispetta il diritto degli anziani di condurre una vita dignitosa ed indipendente e di partecipare alla vita sociale e culturale. Articolo 26 inserimento dei disabili l’unione riconosce e rispetta il diritto dei disabili di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazio-ne alla vita della comunità.

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Capo IV / solidarietà Articolo 27 diritto dei lavoratori all’informazione ed alla consultazione nell’ambito dell’impresa ai lavoratori o ai loro rappresentanti, devono essere garantite, ai livelli appropriati, l’informazione e la consultazione in tempo utile, nei casi ed alle condizioni previsti dal diritto comunitario e dalle legislazioni e prassi nazionali. Articolo 28 diritto di negoziazione e di azioni collettive i lavoratori ed i datori di lavoro, o le rispettive organizzazioni, hanno, conformemente al diritto comunitario ed alle legislazioni e prassi nazionali, il diritto di negoziare e di concludere contratti collettivi, ai livelli appropriati, e di ricorrere, in caso di conflitti di interesse, ad azioni collettive per la difesa dei loro interessi, compreso lo sciopero. Articolo 29 diritto di accesso ai servizi di collocamento ogni individuo ha il diritto di accedere ad un servizio di collocamento gratuito. Articolo 30 tutela in caso di licenziamento ingiustificato ogni lavoratore ha il diritto alla tutela contro ogni licenziamento ingiustificato, conformemente al diritto comunitario ed alle legislazioni o prassi nazionali. Articolo 31 condizioni di lavoro giuste ed eque - ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose, - ogni lavoratore ha diritto ad una limitazione della durata massima del lavoro ed a periodi di riposo giornalieri e settimanali ed a ferie annuali retribuite. Articolo 32 divieto del lavoro minorile e protezione dei giovani sul luogo di lavoro il lavoro minorile è vietato; l’età minima per l’ammissione al lavoro non può essere inferiore all’età in cui termina la scuola dell’obbligo, fatte salve le norme più favorevoli ai giovani ed eccettuate deroghe limitate. I giovani ammessi al lavoro devono beneficiare di condizioni di lavoro appropriate alla loro età ed essere protetti contro lo sfruttamento economico o contro ogni lavoro che possa minarne la sicurezza, la salute, lo sviluppo fisico, mentale, morale o sociale o che possa mettere a rischio la loro istruzione. Articolo 33 - vita familiare e vita professionale 1) è garantita la protezione della famiglia sul piano giuridico, economico e sociale, 2) al fine di poter conciliare vita familiare e vita professionale, ogni individuo ha il diritto di essere tutelato contro il licenziamento, per un motivo legato alla

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maternità ed il diritto ad un congedo di maternità retribuito e ad un congedo parentale, dopo la nascita o l’adozione di un figlio. Articolo 34 sicurezza sociale ed assistenza sociale 1) l’unione riconosce e rispetta il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale ed ai servizi sociali, che assicurano protezione in casi quali la maternità, la malattia, gli infortuni sul lavoro, la dipendenza o la vecchiaia, oltre che in caso di perdita del posto di lavoro, secondo le modalità stabilite dal diritto comunitario e le legislazioni e prassi nazionali, 2) ogni individuo che risieda o si sposti legalmente all’interno dell’unione ha diritto alle prestazioni di sicurezza sociale ed ai benefici sociali, conformemente al diritto comunitario ed alle legislazioni e prassi nazionali, 3) al fine di lottare contro l’esclusione sociale e la povertà, l’unione riconosce e rispetta il diritto all’assistenza sociale ed all’assistenza abitativa, volte a garantire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongono di risorse sufficienti, secondo le modalità stabilite dal diritto comunitario e le legislazioni e prassi nazionali. Articolo 35 protezione della salute ogni individuo ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche, alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali. Nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’unione, è garantito un livello elevato di protezione della salute umana. Articolo 36 accesso ai servizi d’interesse economico generale al fine di promuovere la coesione sociale e territoriale dell’unione, questa riconosce e rispetta l’accesso ai servizi d’interesse economico generale, quale previsto dalle legislazioni e prassi nazionali, conformemente al trattato che istituisce la comunità europea. Articolo 37 - tutela dell’ambiente un livello elevato di tutela dell’ambiente ed il miglioramento della sua qualità devono essere integrati nelle politiche dell’unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile. Articolo 38 protezione dei consumatori nelle politiche dell’unione è garantito un livello elevato di protezione dei consumatori.

Capo V / cittadinanza

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Articolo 39 - diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo 1) ogni cittadino dell’unione ha il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del parlamento europeo, nello stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto stato. 2) i membri del parlamento europeo sono eletti a suffragio universale diretto, libero e segreto. Articolo 40 - diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali ogni cittadino dell’unione ha il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali, nello stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto stato. Articolo 41 - diritto ad una buona amministrazione 1) ogni individuo ha diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale, equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni e dagli organi dell’unione, 2) tale diritto comprende in particolare: il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio; il diritto di ogni individuo di accedere al fascicolo che lo riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale; l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni; 3) ogni individuo ha diritto al risarcimento, da parte della comunità, dei danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti, nell’esercizio delle loro funzioni, conformemente ai princìpi generali comuni agli ordinamenti degli stati membri, 4) ogni individuo può rivolgersi alle istituzioni dell’unione in una delle lingue del trattato e deve ricevere una risposta nella stessa lingua. Articolo 42 - diritto d’accesso ai documenti qualsiasi cittadino dell’unione o qualsiasi persona fisica o giuridica, che risiede o abbia la sede sociale in uno stato membro, ha il diritto di accedere ai documenti del parlamento europeo, del consiglio e della commissione. Articolo 43 - mediatore qualsiasi cittadino dell’unione o qualsiasi persona fisica o giuridica, che risiede o abbia la sede sociale in uno stato membro, ha il diritto di sottoporre al mediatore dell’unione casi di cattiva amministrazione nell’azione delle istituzioni o degli organi comunitari, salvo la corte di giustizia ed il tribunale di primo grado, nell’esercizio delle loro funzioni giurisdizionali. Articolo 44 - diritto di petizione qualsiasi cittadino dell’unione o qualsiasi persona fisica o giuridica, che ris iede od abbia la sede sociale in uno stato membro, ha il diritto di presentare una petizione al parlamento europeo.

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Articolo 45 - libertà di circolazione e di soggiorno 1) ogni cittadino dell’unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli stati membri, 2) la libertà di circolazione e di soggiorno può essere accordata, conformemente al trattato che istituisce la comunità europea, ai cittadini dei paesi terzi, che risiedono legalmente nel territorio di uno stato membro. Articolo 46 tutela diplomatica e consolare ogni cittadino dell’unione gode, nel territorio di un paese terzo, nel quale lo stato membro di cui ha la cittadinanza non è rappresentato, della tutela delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di detto stato.

Capo VI / giustizia Articolo 47 diritto ad un ricorso effettivo e ad un giudice imparziale ogni individuo, i cui diritti e le cui libertà, garantiti dal diritto dell’unione, siano stati violati, ha diritto ad un ricorso effettivo dinanzi ad un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo. Ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente ed imparziale, precostituito per legge. Ogni individuo ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti, è concesso il patrocinio a spese dello stato, qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia. Articolo 48 - presunzione di innocenza e diritti alla difesa 1) ogni imputato è considerato innocente, fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata, 2) il rispetto dei diritti della difesa è garantito ad ogni imputato. Articolo 49 - princìpi della legalità e della proporzionalità dei reati e delle pene 1) nessuno può essere condannato per un’azione o un’omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o il diritto internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso. Se, successivamente alla commissione del reato, la legge prevede l'applicazione di una pena più lieve, occorre applicare quest'ultima, 2) il presente articolo non osta al giudizio ed alla condanna di una persona colpevole di un’azione o di una omissione che, al momento in cui è stata commessa, costituiva un crimine secondo i princìpi generali riconosciuti da tutte le nazioni,

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3) le pene inflitte non devono essere sproporzionate rispetto al reato. Articolo 50 diritto di non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato nessuno può essere perseguito o condannato per un reato, per il quale è già stato assolto o condannato nell’unione a seguito di condanna penale definitiva conformemente alla legge.

Capo VII - disposizioni generali

Articolo 51 - ambito di applicazione 1) le disposizioni della presente “carta” si applicano alle istituzioni ed agli organi dell’unione, nel rispetto del principio di sussidiarietà agli stati membri, esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’unione. Pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti e ne promuovono l’applicazione secondo le rispettive competenze, 2) la presente “carta” non introduce competenze nuove o compiti nuovi per la comunità e per l’unione, né modifica le competenze ed i compiti definiti dai trattati. Articolo 52 portata dei diritti garantiti 1) eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente “carta” devono essere previste dalla legge e nel rispetto del contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale, riconosciute dall’unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui, 2) i diritti riconosciuti dalla presente “carta”, che trovano fondamento nei trattati comunitari o nel trattato sull’unione europea, si esercitano alle condizioni e nei limiti definiti dai trattati stessi, 3) laddove la presente “carta” contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell’unione conceda una protezione più estesa. Articolo 53 livello di protezione nessuna disposizione della presente “carta” deve essere interpretata come limitativa o lesiva dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali riconosciuti, nel rispettivo ambito di applicazione, dal diritto dell’unione, dal diritto internazionale, dalle convenzioni internazionali, delle quali l’unione, la comunità o tutti gli stati membri sono parti contraenti, in particolare la

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convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e dalle costituzioni degli stati membri. Articolo 54 divieto dell’abuso di diritto nessuna disposizione della presente “carta” deve essere interpretata nel senso di comportare il diritto di esercitare un’attività o compiere un atto che miri alla distruzione dei diritti o delle libertà riconosciuti nella presente “carta” o di imporre a tali diritti e libertà limitazioni più ampie di quelle previste dalla presente “carta”.

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NOTE

Il Codice Europeo di Diritto Contrattuale

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La Società europea acquista la personalità giuridica con l’iscrizione nel registro delle imprese del luogo in cui stabilisce la propria sede. I provvedimenti di iscrizione e cancellazione devono essere pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Comunità europea. La Società europea può essere gestita secondo due modelli, dualistico e monastico, aventi più di un’attività con i sistemi alternativi di amministrazione e controllo introdotti nel nostro ordinamento dalla recente riforma del diritto societario. Il regolamento garantisce la massima flessibilità ai trasferimenti della sede sociale della Società europea da uno Stato membro all’altro, così da garantire il diretto riconoscimento dello statuto della società trasferita nel nuovo Stato.

La tassazione delle società classifica delle aliquote nei 25 Stati dell’Unione europea

Paese Aliquota in %

GERMANIA 38,3 ITALIA 37,5 FRANCIA 35,4 GRECIA 35 MALTA 35 SPAGNA 35 OLANDA 34,5 AUSTRIA 34 BELGIO 34 LUSSEMBURGO 30,4 GRAN BRETAGNA 30 DANIMARCA 30 FINLANDIA 29 REPUBBLICA CECA 28 SVEZIA 28 PORTOGALLO 27,5 ESTONIA 26 SLOVENIA 25 POLONIA 19 SLOVACCHIA 19 UNGHERIA 17,7 CIPRO 15 LETTONIA 15 LITUANIA 15 IRLANDA 12,5 Media nei 15 Stati della “vecchia” UE 31,4 Media nei 10 Stati entrati l’1/5/2004 21,5 Fonte = Commissione dell’Unione europea

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La popolazione dell’Unione Europea (all’inizio del 2004)

Stati dell’Unione Popolazione in milioni Percentuale sul totale della UE Germania 82.000.000 18 % Francia 60.400.000 13 % Inghilterra 58.600.000 12,8 % Italia 57.600.000 12,6 % Spagna 39.400.000 8,6 % Polonia 38.600.000 8,4 % Olanda 15.800.000 3,4 % Portogallo 10.800.000 2,3 % Grecia 10.500.000 2,3 % Repubblica Ceca 10.200.000 2,2 % Belgio 10.200.000 2,2 % Ungheria 10.200.000 1,9 % Svezia 8.900.000 1,9 % Austria 8.100.000 1,7 % Slovacchia 5.400.000 1,1 % Danimarca 5.300.000 1,1 % Finlandia 5.100.000 1,1 % Irlanda 3.700.000 0,8 % Lituania 3.500.000 0,7 % Lettonia 2.400.000 0,5 % Slovenia 2.000.000 0,4 % Estonia 1.400.000 0,3 % Cipro 800.000 0,1 % Lussemburgo 420.000 0,09 % Malta 400.000 0,08 % Fonte: Ansa

ALCUNI ASPETTI

DOGANALI E FISCALI

DOGANE

A decorrere dalla data del primo maggio 2004, le dogane nazionali poste al confine con la Slovenia hanno perso la natura di uffici doganali di passaggio sia in entrata che in uscita, oltre che per il regime del Trattato comunitario comune. Inoltre, sempre dalla data citata, per i nuovi dieci Paesi aderenti sono stati eliminati, come già avviene per i Paesi membri da date antecedenti, i controlli e le formalità per i bagagli a mano e quelli registrati delle persone che effettuano

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voli o traversate marittime tra questi nuovi Paesi e quelli dell’Unione europea. Non sono ora più necessarie le autorizzazioni per gli scambi tra vecchi e nuovi Stati membri, e per gli scambi tra i nuovi Stati membri. Inoltre le procedure doganali avviate prima dell’adesione e non appurate entro tale data devono essere terminate dopo la data di adesione. Non può nascere alcuna obbligazione doganale per merci che hanno ottenuto il carattere comunitario in virtù dell’adesione; tale principio si applica alle merci originarie degli Stati membri attuali o dei nuovi Stati membri, ed alle merci importate da Paesi terzi che sono state immesse in libera pratica negli Stati membri o nei nuovi Stati membri prima dell’adesione. Secondo la Circolare delle Dogane n. 21/D del 7 aprile 2004, infine, le autorizzazioni di perfezionamento, trasformazione sotto controllo doganale, ammissione temporanea, deposito doganale (nei confronti dei Paesi terzi) rilasciate in uno dei nuovi Stati membri prima dell’adesione restano valide per un anno dopo la data di adesione o fino al termine del loro periodo di validità, se precedente a tale termine. Per il regime di transito deve essere applicata la regola secondo cui le procedure iniziate prima della data di adesione devono essere appurate, sia nel caso in cui siano state adottate tra uno Stato membro attuale ed un nuovo Stato membro, sia nel caso in cui siano state adottate tra due nuovi Stati membri.

CESSIONE DI BENI

a partire dal primo maggio 2004, le merci provenienti o dirette verso uno dei nuovi Paesi aderenti non sono più considerate importazioni od esportazioni, bensì acquisti e cessioni intra comunitari. Dette merci, quindi, possono circolare liberamente nel nuovo spazio allargato dell’Unione europea, senza essere soggette ad alcuna formalità doganale e sono disciplinate, per ciò che riguarda l’imposizione sul valore aggiunto, dalle disposizioni del decreto legge n. 331/1993, convertito con modificazioni nella legge n. 427/1993, ivi incluse quelle relative alla presentazione degli elenchi riepilogativi. In seguito al nuovo trattamento dei beni ceduti a Paesi neo aderenti si evidenzia la necessità, ai fini dell’IVA, di integrare le fatture, nel senso che sia il mittente che il destinatario dovranno essere indicati con un apposito numero identificativo UE, mentre dovrà chiaramente essere scritto che si tratta di cessione intracomunitaria non imponibile, ai sensi dell’articolo 41 del decreto legge n. 331/1993.

PRESTAZIONE DI SERVIZI

l’allargamento dell’Unione europea produce effetti anche alle prestazioni di servizi. Con riferimento alle prestazioni di servizio disciplinate dall’art. 40 del decreto legge n. 331/1993, le stesse si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo, come indicato nell’art. 6 del DPR n. 633/1972, o dell’emissione della fattura. Con particolare riferimento alle prestazioni di

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sevizio effettuate nei confronti dei nuovi Paesi membri, sarà però necessario verificare la materiale esecuzione delle stesse, prima o dopo il 1° maggio 2004, per verificare la non imponibilità, essendo irrilevante la data di emissione della fattura o del pagamento del relativo corrispettivo, in quanto non rivestendo la qualifica di operatori intracomunitari sino alla data del 30 aprile 2004, per gli stessi non risulterebbe applicabile il citato articolo 40.

ALCUNE NOTE SULL’IVA

l’allargamento dell’Unione europea comporta la possibilità di identificazione diretta in Italia degli operatori residenti nei nuovi Paesi membri (vedasi l’art. 35-ter del DPR n. 633/1972). Con provvedimento, inoltre, del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 6/9/2002, è stato approvato il modello ANR/1, che i soggetti non residenti nel territorio dello Stato devono utilizzare, qualora intendano porre in essere in Italia operazioni rilevanti ai fini dell’IVA ed assolvere direttamente tutti gli adempimenti connessi alla disciplina prevista per tale tributo (vedasi D.lgs n. 191/2002, in vigore dal 31/8/2002). Regime transitorio ai fini IVA la circolare delle Dogane n. 21/2004 rinvia al regime transitorio previsto dall’art. 60 del D.L. n: 331/1993 per la corretta individuazione del trattamento delle operazioni effettuate a cavallo del 1° maggio 2004 nei confronti dei nuovi Stati membri. Sono pertanto da considerare importazioni, anche se effettuate dopo il 30 aprile 2004 i seguenti casi: - i beni provenienti dagli altri Stati membri, che prima del 1° maggio 2004

sono stati introdotti nello Stato ed assoggettati ad un regime doganale sospensivo e che risultano alla data stessa ancora vincolati a detto regime, sono considerati in importazione all’atto dello svincolo, anche irregolare, se esso comporta l’immissione in consumo nello Stato dei beni stessi;

- conclusione, anche irregolare, del regime del transito comunitario o di altro regime internazionale di transito iniziato in altro Stato membro, prima del 1° maggio 2004 e risultante ancora acceso alla stessa data.

- i beni nazionali esportati prima del 1° maggio 2004 verso un altro Stato membro, se reimpostati o reintrodotti nello Stato a decorrere da tale data.

Ancora, nelle ipotesi di svincolo da un regime doganale sospensivo e di conclusione del regime del transito comunitario o di altro regime internazionale di transito. L’IVA non è dovuta se all’atto dell’importazione i beni vengono vincolati alla spedizione o al trasporto al di fuori del territorio doganale comunitario (vedansi art. 68, comma 1 lett. d) ed art. 69, comma 2 del DPR n. 633/1972, per quanto meglio riguarda la reimportazione e la reintroduzione).

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Importazioni non soggette ad IVA non sono soggette all’imposta le importazioni relative a: - beni diversi dai mezzi di trasporto introdotti nello Stato in regime di

ammissione temporanea prima del 1° maggio 2004, che sono rispediti o trasportati verso lo Stato membro di provenienza;

- mezzi di trasporto introdotti nello Stato in regime di ammissione temporanea anteriormente al 1° maggio 2004, che risultino acquistati od importati nello Stato membro di provenienza, secondo le disposizioni generali di imposizione vigenti in tale Stato e che comunque non abbiano beneficiato di esenzione o rimborso dall’imposta per la loro esportazione dallo Stato medesimo; tale condizione si considera in ogni caso soddisfatta se il mezzo di trasporto è stato oggetto di immatricolazione o di iscrizione in pubblici registri o di formalità equipollenti per la prima volta prima del 1° maggio 1996, o se l’ammontare dell’imposta risulta non superiore a 10,33 euro.

NOTA alcune considerazioni sull’IVA, riferite al 2003 La media europea delle aliquote IVA è ancora lontana da quella soglia minima del 15 % stabilita a livello comunitario; infatti, si passa dall’aliquota del 15 % in vigore nel Lussemburgo ed a Cipro; al 25 % in Ungheria, Danimarca e Svezia; al 20 % in Italia e Slovenia ed ancora al 22 % in Finlandia e Polonia. Le prime direttive che miravano ad uniformare le regole dell’IVA nella Comunità europee risalgono addirittura al lontano 1967. Il punto si fa ancora più complicato per quanto riguarda le varie forme di esenzione e di deroghe applicate dai vari Stati, perché ognuno applica le proprie regole. Ed il discorso non fa distinzione tra vecchi e nuovi membri. Infatti, ad esempio, fra gli Stati ultimi entrati a far parte della Comunità, l’Ungheria già si era adeguata alla normativa comunitaria fin dal 1997; mentre a Cipro l’IVA è al 15 % ed è per questo tra le più vantaggiose dell’Unione europea. Notevoli sono d’altra parte le differenze riscontrate all’interno dei “vecchi” membri della Comunità: in Germania, ad esempio, sui quotidiani si applica il 7 % di IVA, mentre in Francia si scende, per alcuni, addirittura al 2,1 %. Da sottolineare, infine, che quasi ovunque vi sono aliquote agevolate per i prodotti farmaceutici e di prima necessità, ma con notevoli variazioni tra Stato e Stato. Ad esempio, la Germania e la Polonia applicano per tali beni una aliquota IVA del 7 %, mentre in Spagna è del 4 % ed in Francia è del 5,5 %.

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FORMAZIONE PROFESSIONALE ED OCCUPAZIONE

L'Unione Europea rivolge una particolare attenzione ai temi della formazione professionale e dell'occupazione, privilegiando i progetti rivolti ai giovani cittadini. A tale scopo ha preso il via una serie di programmi, tra i quali ricordiamo: “Eures” si tratta di una rete di informazioni sull'occupazione, che svolge a livello europeo un'azione paragonabile a quella di un'azienda di collocamento ed è in grado di fornire informazioni e consigli pratici agli interessati. “Gioventù per l'Europa” questo programma promuove scambi di giovani che vivono nell'unione europea, in modo che i ragazzi di ogni ceto sociali possano conoscere da vicino lo stile di vita degli altri Paesi, creare nuove amicizie e formarsi una coscienza europea. “Leonardo” il programma offre finanziamenti per migliorare la formazione professionale di studenti e lavoratori e promuove attività di tirocinio presso aziende straniere; propone, pertanto, continue opportunità di aggiornamento, con specifica attenzione all'evoluzione tecnologica ed alle strategie competitive. “Socrate” il programma vuole favorire la cooperazione fra gli stati membri nel campo dell'istruzione, attuando scambi di studenti ed insegnanti, diffondendo la conoscenza delle lingue europee, promuovendo scambi di informazioni e di esperienze tra le scuole europee.

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Risoluzione del Consiglio dell’Unione europea del 27/6/2002 sull’apprendimento permanente

pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione il 9/7/2002 L’apprendimento a tutte le età, questo è il senso, come strumento per migliorare le prospettive di inserimento dei cittadini europei nel lavoro. Si vuole assicurare insomma ai cittadini la possibilità di imparare durante tutta la vita, non trascurando peraltro anche le esigenze degli emigranti e delle persone più sfortunate, che non hanno potuto studiare da ragazzi per svariati motivi. Il Consiglio dell’Unione europea, considerando quanto segue:

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1) l’istruzione e la formazione sono un mezzo indispensabile per promuovere la coesione sociale, la cittadinanza attiva, la realizzazione personale e professionale, l’adattabilità e l’occupabilità. L’apprendimento permanente agevola la libera circolazione dei cittadini europei e consente di conseguire gli obiettivi e le aspirazioni dei paesi dell’Unione europea (diventare più prosperi, competitivi, tolleranti e democratici). Dovrebbe consentire a tutti di acquisire le conoscenze necessarie per partecipare come cittadini attivi alla società della conoscenza ed al mercato del lavoro. 2) L’azione prevista nella presente risoluzione rispetta la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare l’articolo 14, in cui si stabilisce che ogni individuo ha diritto all’istruzione ed all’accesso alla formazione professionale e continua. 3) Alla fine dell’anno europeo dell’istruzione e della formazione lungo tutto l’arco della vita nel 1996, il Consiglio ha adottato conclusioni riguardanti una strategia per l’apprendimento durante tutto l’arco della vita, specificando una serie di principi fondamentali alla base di una strategia per l’apprendimento durante tutto l’arco della vita. 4) Il Consiglio europeo straordinario di Lussemburgo del novembre 1997 ha inserito come tema prioritario tra le sue linee direttrici in materia di occupazione l’aumento della occupabilità e della capacità di adeguamento attraverso la formazione e da allora l’apprendimento permanente è diventato un obiettivo orizzontale della strategia europea per l’occupazione. 5) Il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 ha fissato l’obiettivo strategico dell’Unione europea di diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, comprendente elementi chiave come lo sviluppo dell’apprendimento permanente per tutti. 6 ) Il Consiglio europeo di Feira del giugno 2000 ha invitato gli Stati membri, il Consiglio e la Commissione ad individuare strategie coerenti e misure pratiche al fine di favorire l’apprendimento permanente e renderlo accessibile a tutti. Ciò è stato ribadito in occasione del Consiglio europeo di Stoccolma del marzo 2001. Nella stessa occasione il Consiglio europeo di Feira ha ribadito la necessità di promuovere il coinvolgimento delle parti sociali e sfruttare appieno il potenziale dei finanziamenti pubblici e privati. 7) Il Consiglio (istruzione) nella sessione del 29 novembre 2001 si è pronunciato sul pacchetto “occupazione” sottolineando il ruolo dell’apprendimento permanente quale chiara priorità delle politiche nazionali per l’occupazione. 8) Una relazione sull’apprendimento permanente è stata presentata ai ministri dell’istruzione dell’Unione ed ai paesi candidati nella conferenza di Riga del giugno 2001. In occasione di questa riunione, i ministri hanno chiesto una relazione di follow-up sugli “indicatori di qualità dell’apprendimento permanente” che sarà presentata nella riunione dei ministri dell’istruzione di Bratislava nel giugno 2002. 9) L’adozione nel febbraio 2001 della relazione del Consiglio “obiettivi dei sistemi di istruzione e formazione” e, nel febbraio 2002, del programma di

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lavoro per il decennio sul follow-up circa detta relazione costituisce un importante passo nella realizzazione dell’impegno di ammodernare e migliorare la qualità dei sistemi di istruzione e formazione degli Stati membri. 10) Nelle conclusioni approvate dal Consiglio (Istruzione/Gioventù) del 14 febbraio 2002 sono state positivamente recepite le proposte del libro bianco della Commissione “Un nuovo impulso per la gioventù europea” miranti a far sì che si tenga maggiormente conto degli aspetti specifici della gioventù in altre azioni comunitarie quali l’apprendimento permanente. 11) Il Consiglio europeo di Barcellona del marzo 2002, nella convinzione che l’apprendimento permanente costituisca un settore prioritario della strategia di Lisbona, ha chiesto che venga adottata una risoluzione sull’apprendimento permanente prima della riunione del Consiglio europeo di Siviglia, tenendo conto della strategia europea per l’occupazione. Constata che, benché l’Europa sia un punto di riferimento in molti settori ed abbia una comprovata capacità di convertire le idee in prodotti e servizi innovativi, l’accesso all’apprendimento permanente non è ancora una realtà per molti cittadini. Sottolinea che l’apprendimento permanente deve riguardare l’apprendimento da prima della scuola e dopo la pensione e comprendere l’intera gamma di modalità di apprendimento formale, non formale ed informale. L’apprendimento permanente va inoltre inteso come qualsiasi attività di apprendimento intrapresa nelle varie fasi della vita al fine di migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze in una prospettiva personale, civica, sociale e/o occupazionale. In questo contesto i princìpi che presiedono all’apprendimento permanente dovrebbero essere la centralità del discente, sottolineando l’importanza di una autentica parità di opportunità, e la qualità dell’apprendimento. Sottolinea l’importanza del contributo del settore giovanile per la definizione di strategie coerenti e globali per l’apprendimento permanente, evidenziando il valore dell’apprendimento permanente in questo contesto. Accoglie con favore la comunicazione della Commissione del novembre 2001 intitolata “Realizzare uno spazio europeo dell’apprendimento permanente”, basata sul memorandum sull’istruzione e la formazione permanente del novembre 2000 e sulle reazioni suscitate da ampie consultazioni svolte in tutta Europa su questo documento. Accoglie con soddisfazione inoltre il fatto che questa comunicazione ha definito l’apprendimento permanente quale uno dei principi

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guida per l’istruzione e la formazione e riconosce la pertinenza delle componenti delle strategie in materia di apprendimento permanente e le priorità d’azione individuate nella comunicazione. Riafferma quanto segue:

1) che la convergenza della comunicazione della Commissione intitolata “Realizzare uno spazio europeo dell’apprendimento permanente” con il programma di lavoro sul follow-up circa gli obiettivi dei sistemi di istruzione e formazione deve essere promosso allo scopo di attuare una strategia d’insieme coerente per l’istruzione e la formazione;

2) che l’apprendimento permanente dovrebbe essere rafforzato dalle azioni e dalle politiche elaborate nell’ambito della strategia europea per l’occupazione del piano di azione in materia di competenze e di mobilità, dei programmi comunitari “Socrates, Leonardo da Vinci” e Gioventù, dell’iniziativa eLearning e delle azioni in materia di ricerca ed innovazione, tra l’altro.

Riconosce che si dovrebbe dare priorità a: - fornire l’accesso ad opportunità di apprendimento permanente per tutti a

prescindere dall’età, comprese azioni specifiche dirette alle persone più svantaggiate, a coloro che non partecipano ad istruzione e formazione, nonché ai migranti, ai fini di agevolarne l’integrazione sociale;

- fornire opportunità di acquisire e/o aggiornare competenze di base, comprese le nuove competenze di base quali le competenze in tecnologia dell’informazione, ligue straniere, cultura tecnologica, imprenditorialità e competenze sociali;

- formazione, assunzione ed aggiornamento dei docenti e dei formatori per lo sviluppo dell’apprendimento permanente;

- l’effettiva convalida ed il riconoscimento di qualifiche formali nonché l’apprendimento non formale ed informale, attraverso paesi e settori di istruzione con maggiore trasparenza e migliori garanzie di qualità;

- qualità elevata ed ampia accessibilità di informazione specifica per gruppi mirati, orientamento e consulenza per quanto riguarda le opportunità di apprendimento permanente e relativi benefici;

- incoraggiare la rappresentanza di pertinenti settori, incluso il settore giovanile, nelle strutture e nelle reti future o già esistenti in questo settore.

Invita gli Stati membri, nell’ambito delle rispettive responsabilità a:

1) sviluppare ed attuare strategie globali e coerenti che rispecchino i principi e le componenti essenziali identificati nella comunicazione della Commissione e coinvolgere tutti gli attori pertinenti, in particolare le parti sociali, la società civile e le autorità locali e regionali;

2) in correlazione con la strategia europea per l’occupazione, mobilizzare le risorse per tali strategie e promuovere l’apprendimento permanente per tutti: -fissando obiettivi per accrescere gli investimenti in risorse umane,

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compreso l’apprendimento permanente, ottimizzando l’uso delle risorse disponibili, - elaborando iniziative volte a stimolare gli investimenti privati nell’apprendimento, prendendo in considerazione un’utilizzazione più mirata delle risorse finanziarie della Comunità, compresa la Banca europea per gli investimenti;

3) promuovere l’apprendimento sul luogo di lavoro, in cooperazione con istituti di istruzione e formazione e con le parti sociali;

4) migliorare l’istruzione e la formazione di docenti e formatori coinvolti nell’apprendimento permanente, cosicché acquisiscano le necessarie competenze per la società della conoscenza, promuovendo così, fra gli altri obiettivi, l’accesso generale all’apprendimento delle lingue, l’accesso per tutti alle TIC, nonché una maggiore partecipazione a studi di carattere scientifico e tecnico;

5) incoraggiare la cooperazione ed efficaci misure per la convalida dei risultati dell’apprendimento, che è essenziale per creare passerelle fra apprendimento formale, non formale ed informale e che costituisce pertanto un requisito preliminare per la creazione di una zona europea di apprendimento permanente;

6) sviluppare informazioni specifiche per gruppi mirati, orientamento e consulenza compresa la messa a disposizione di strumenti appropriati per rendere disponibile l’informazione su formazione ed istruzione e sulle opportunità di lavoro;

7) sviluppare strategie per individuare ed incrementare la partecipazione di gruppi esclusi dalla società della conoscenza a causa dei loro scarsi livelli di competenze di base;

8) migliorare la partecipazione attiva nell’apprendimento permanente, includendo i giovani.

Invita la Commissione a:

1) promuovere e coordinare, in stretta cooperazione con il Consiglio ed in modo integrato e convergente, le azioni derivanti dalla comunicazione della Commissione intitolata “Realizzare uno spazio europeo dell’apprendimento permanente” attraverso il programma di lavoro sul follow-up circa gli obiettivi dei sistemi di istruzione e di formazione ed altri strumenti comunitari di istruzione e formazione, nonché la strategia europea per l’occupazione;

2) stimolare incentivi della qualità e lo scambio di buone prassi per favorire il conseguimento di risultati effettivi in tutti i settori interessati all’apprendimento formale, non formale ed informale, compresa la creazione di una banca dati europea relativa alle buone pratiche nel settore dell’apprendimento permanente;

3) promuovere, in stretta cooperazione con il Consiglio e con gli Stati membri, una maggiore cooperazione nell’istruzione e nella formazione professionale basate sulla trasparenza e sulla garanzia di qualità, per sviluppare un quadro per il riconoscimento delle qualifiche, partendo dai

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risultati del processo di Bologna e promuovendo azioni simili nel settore della formazione professionale. Tale cooperazione dovrebbe assicurare la partecipazione attiva delle parti sociali degli istituti di istruzione e di formazione professionale e di altre parti interessate pertinenti;

4) promuovere azioni di informazione specifica per i gruppi mirati ed orientamento a favore di una maggiore sensibilizzazione alle opportunità di apprendimento e di lavoro in tutta l’Europa:

5) promuovere la partecipazione dei paesi candidati all’elaborazione di strategie di apprendimento permanente;

6) rafforzare la cooperazione con organizzazioni internazionali pertinenti, per esempio Consiglio d’Europa, OCSE ed Unisco, nella definizione di politiche e di azioni concrete nel campo dell’apprendimento permanente;

7) preparare, in cooperazione con gli Stati membri, una relazione sul seguito alla sua comunicazione ed alla presente risoluzione prima del Consiglio europeo di primavera del 2004.

Invita gli Stati membri e la Commissione a proporre azioni concrete volte ad attuare il contenuto della presente risoluzione, promuovendo la cooperazione fra tutti gli attori fondamentali e nell’ambito del trattato.

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Risoluzione del Parlamento europeo del 5 settembre 2002 A Strasburgo sulle università e l’istruzione superiore

nello spazio europeo della conoscenza. Come rendere la scuola europeo realmente competitiva. Il Parlamento europeo, per tale motivo, raccomanda agli Stati membri di incrementare gli investimenti nelle università, nei centri di ricerca, negli istituti di formazione; di favorire i più svantaggiati aumentando la disponibilità di fondi per borse di studio, sussidi, residenze universitarie, assistenza sanitaria agli studenti. Invita, infine, a promuovere lo studio delle lingue ed a favorire sempre di più la pratica, attraverso i tirocini, durante la formazione universitaria. Il Parlamento europeo, ….visto e considerando….omissis….: 1) dichiara che, per conseguire uno Spazio europeo dell’istruzione superiore, è necessario un maggiore sostegno dell’Unione alle università e sottolinea che il rispetto della sussidiarietà è perfettamente compatibile con tale aiuto; 2) afferma che l’Unione deve investire maggiormente nell’istruzione, dato che la conoscenza è la chiave della competitività e dello sviluppo economico e sociale europeo; 3) invita la Commissione ad accrescere la presenza delle università nei suoi programmi e nelle sue politiche e richiede un maggior coinvolgimento delle stesse nel processo di applicazione dell’acquis comunitario; 4) chiede ai rettori universitari, ai docenti ed ai ricercatori di impegnarsi

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attivamente nell’elaborazione di uno spazio europeo dell’istruzione superiore e di svolgere pienamente il loro ruolo nel rafforzamento delle dimensioni intellettuali, culturali, sociali, scientifiche e tecnologiche della costruzione europea; 5) ritiene che sia necessario accelerare e rafforzare il processo di Bologna, promuovendo la convergenza e la coesione delle università, con il massimo rispetto per la diversità pedagogica dei diversi rami della conoscenza ed il carattere specifico delle università; 6) afferma che i modelli ed i criteri per la convergenza accademica e la valutazione dei progetti e dei curricula nei programmi europei e nazionali devono essere flessibili ed adattabili alla diversità delle aree di conoscenza e ricerca; 7) ritiene che si debba promuovere una cultura della qualità e dello sforzo attraverso una valutazione esterna, trasparente ed accessibile ai cittadini, che consenta loro di prendere le decisioni del caso, e raccomanda alla Commissione che, nella valutazione della qualità dei vari sistemi universitari nazionali, sia tenuta presente, come elemento determinante, la disponibilità di fondi per borse di studio, sussidi ai meno abbienti, residenze universitarie, assistenza sanitaria agli studenti; chiede inoltre che si intensifichino gli interventi dell’Unione per adeguare questa disponibilità, nelle varie realtà nazionali, a criteri europei comuni; 8) chiede agli Stati membri, ed alle università di prendere misure per il superamento degli ostacoli giuridici ed amministrativi che rendono difficile la mobilità e di adottare sistemi rapidi e flessibili di esame e riconoscimento dei diplomi, degli studi e dei titoli, inclusi quelli che non esistono al loro interno; raccomanda parimenti che si renda flessibile lo statuto dei funzionari, dei docenti e dei ricercatori, al fine di favorire l’inserimento di professionisti e di tecnici; 9) invita poi gli Stati membri e le università a riconoscere l’importanza dell’apprendimento delle lingue straniere moderne a livello universitario ed a rendere i corsi di lingue più accessibili agli studenti che seguono corsi non linguistici; ritiene che la conoscenza approfondita di più di una lingua consentirebbe una maggiore mobilità all’interno dell’Unione e porterebbe ad una maggiore integrazione a livello europeo; 10) suggerisce alle università ed alle scuole superiori di agevolare nei loro statuti interni l’accesso di docenti e studenti di altri Stati, tenendo conto anche dell’esperienza che essi hanno maturato presso altre università; 11) afferma che, per favorire l’accesso all’informazione scientifica, tecnica e bibliografica, è necessario creare reti e servizi pubblici comuni su scala europea, che per le loro caratteristiche devono essere gestiti in comune; 12) sostiene le proposte della Commissione volte all’introduzione, in collaborazione con tutte le università degli Stati membri dell’Unione, di studi e titoli comuni o master europei; 13) invita le autorità competenti a favorire la pratica durante la formazione universitaria (per esempio, mediante tirocinii);

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14) afferma che è necessario intensificare e promuovere l’attività sportiva all’interno dell’università, nonché favorire l’apertura e la partecipazione delle squadre universitarie ai campionati su scala regionale, nazionale ed internazionale di studenti; 15) richiama l’attenzione delle autorità responsabili delle politiche in materia di borse di studio sulla necessità di aumentare il numero delle borse di studio e di formazione postlaurea, in particolare per coloro che desiderano studiare all’estero; suggerisce inoltre che almeno le borse di studio del terzo ciclo vengano concesse in funzione del merito, a prescindere dai redditi familiari. 16) chiede alla Commissione ed agli Stati membri di promuovere il finanziamento e le strategie di coordinamento delle università per la formazione del terzo ciclo e di incentivare gli studi di dottorato e postdottorato, che formano la massa critica e sono la base del futuro spazio europeo della ricerca; 17) invita la Commissione e gli Stati membri a prevedere una partnership con le imprese pubbliche e private, o gli enti locali, onde migliorare il funzionamento degli studi di dottorato e di postdottorato; 18) raccomanda lo sviluppo degli istituti di ricerca legati alle università e la creazione di reti transeuropee tra questi centri di ricerca e quelli di formazione in alti studi ed insiste in particolare sulla necessità di una rete di ricerca europea sostenuta da fondi pubblici che serva a limitare i danni che derivano, sia agli Stati dell’Unione che a molti paesi terzi in via di sviluppo, dal costo dei brevetti che gravano su farmaci, prodotti agricoli ed altri prodotti di alta tecnologia; 19) ritiene che le università dovrebbero partecipare maggiormente ai grandi dibattiti e trasformarsi in sedi nelle quali vengano discussi i grandi temi della scienza che interessano il futuro dell’umanità, come lo sviluppo delle biotecnologie; 20) suggerisce agli Stati membri ed alle università di cercare, nei limiti della loro autonomia, di riconoscere la carriera di ricercatore allo stesso titolo di quella di docente. 21) chiede alla Commissione, agli Stati membri ed agli operatori sociali di inserire, nei programmi di formazione lungo tutto l’arco della vita delle università e dei centri di istruzione superiore, l’aggiornamento delle conoscenze ed il trasferimento di tecnologia, nonché di promuovere precisi programmi universitari per l’educazione degli adulti, soprattutto allo scopo di fornire competenze professionali aggiornate alle persone che si trovano prematuramente escluse dal mercato del lavoro a causa di mutamenti tecnologici o di altri motivi congiunturali. 22) ritiene che sia necessario stabilire strategie e misure di incoraggiamento per indurre le università ed i centri di ricerca a preoccuparsi maggiormente dei problemi legati al loro contesto regionale, nazionale ed europeo ed a rafforzare in tal modo il loro ruolo di motore del sistema economico e sociale. 23) ritiene che le università ed i centri di studio superiore privati formino parte

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del sistema europeo dell’istruzione e contribuiscano al suo sviluppo; è tuttavia dell’avviso che tali centri debbano mantenere una gestione trasparente e sottoporsi alle procedure di valutazione della qualità dei contenuti pedagogici e dei risultati. 24) afferma che sarebbe opportuno concepire un modello di studi di livello superiore flessibile, capace di offrire, nell’ambito universitario, una formazione artistica che basa i suoi corsi, essenzialmente, sulla pratica, sull’esercizio della professione e sul merito. 25) invita la Commissione a proporre, nel rispetto dell’autonomia delle università e degli Stati membri, così come della specificità di determinate istituzioni e di determinati studi, l’elaborazione di un libro verde sulla creazione di uno spazio europeo dell’istruzione superiore in cui, dopo una fase di studio e dibattito con la partecipazione di tutti i settori, si cerchi di: - analizzare la situazione delle università europee, le loro funzioni ed il tipo di studi da esse offerti; - studiare i vari statuti e le condizioni di lavoro dei docenti, dei ricercatori, del personale amministrativo e degli studenti; - formare un comitato di esperti che studi e rielabori, secondo criteri di valutazione conformi alle indicazioni contenute nella presente risoluzione, l’incidenza delle università sul sistema delle conoscenze e della ricerca; - individuare i programmi ed i servizi pubblici comuni che le università richiedono come centri d’insegnamento e ricerca e la cui istituzione faciliterebbe l’esercizio delle loro funzioni; - proporre una maggiore partecipazione delle università alla diffusione dell’acquis comunitario, al rinnovamento delle conoscenze ed al loro trasferimento al sistema produttivo. 26) invita la Commissione e gli Stati membri a promuovere la creazione di una sede delle università europee, la cui funzione consisterebbe fondamentalmente nel: - fungere da centro di incontri, di riunioni e di scambio di esperienze in cui venga incoraggiata la creazione di progetti comuni; - fornire e scambiare informazioni su programmi comuni, tipo d’insegnamento, adozione dei sistemi di valutazione della qualità e dei risultati e formazione del terzo ciclo; - favorire la presenza delle università nelle istituzioni e nella politica europea: - informare gli studenti o i cittadini che desiderino svolgere studi nelle università europee sulle possibilità, sulle offerte, sul riconoscimento dei titoli, ecc. - promuovere la convergenza e la competitività delle università nel quadro europeo ed internazionale; - promuovere la valutazione seguendo l’orientamento proposto nella presente risoluzione; propone che in tale centro siano rappresentati, tra gli altri, la Commissione europea, gli Stati membri, il Parlamento europeo, l’Associazione europea delle università (EUA) e le associazioni europee di

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studenti e ricercatori. 27) chiede alla Commissione ed agli Stati membri di appoggiare l’istituzione di un’università europea della cultura, destinata alle discipline artistiche, letterarie, filosofiche ed alle scienze della comunicazione, onde contribuire all’elaborazione di uno spazio europeo di ricerca per dette discipline e rispondere all’esigenza di dialogo interculturale con le altre regioni del mondo. 28) sottolinea che gli Stati membri e le regioni con competenze in materia di istruzione superiore debbono vegliare a che le università pubbliche dispongano dei finanziamenti necessari per garantire la qualità dei loro compiti di insegnamento e di ricerca; ritiene che da parte loro le università, in quanto istituzioni di carattere pubblico, debbano mantenere una gestione trasparente e fornire informazioni sulle loro linee di lavoro e sui risultati: 29) ritiene che le attività accademiche ed i risultati della ricerca nelle università debbano avere maggiore risonanza sui mezzi di comunicazione pubblic i; 30) raccomanda la promozione delle università a distanza ed il ricorso a nuove tecnologie per il conferimento di titoli e per facilitare l’accesso, secondo determinate regole e procedure, alle conoscenze ed al loro rinnovo ai docenti, ai settori più sfavoriti, alle persone con necessità specifiche ed alle donne: 31) incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio ed alla Commissione.

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Direttiva 93/96/CEE del Consiglio del 29 ottobre 1993

relativa al diritto di soggiorno degli studenti Gazzetta Ufficiale n. L:317 del 18/12/1993 PAG. 0059-0060

Gli studenti dell’Unione europea che vogliono recarsi in uno dei paesi membri per corsi di formazione, possono ottenere un permesso di soggiorno della durata dell’intero corso, se dispongono delle risorse economiche sufficienti ad evitare che, durante il soggiorno, lo studente e la sua famiglia diventino un onere per l’assistenza sociale dello Stato membro ospitante. Lo studente deve anche essere iscritto in un istituto riconosciuto e deve disporre di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro che lo ospita. Il Consiglio delle Comunità europee….visto e considerando….omissis…..ha adottato la presente direttiva: Articolo 1 Per precisare le condizioni destinate a facilitare l’esercizio del diritto di soggiorno o per garantire l’accesso alla formazione professionale in maniera non discriminatoria ai cittadini di uno Stato membro ammessi a seguire una formazione professionale in un altro Stato membro, gli Stati membri

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riconoscono il diritto di soggiorno a qualsiasi studente cittadino di uno Stato membro, nonché al coniuge ed ai figli a carico, il quale non disponga di tale diritto in base ad un’altra disposizione di diritto comunitario ed assicuri all’autorità nazionale interessata con una dichiarazione oppure, a sua scelta, con qualsiasi altro mezzo almeno equivalente di disporre di risorse onde evitare che, durante il soggiorno, lo studente e la sua famiglia diventino un onere per l’assistenza sociale dello Stato membro ospitante ed a condizione che sia iscritto in un istituto riconosciuto per seguirvi, a titolo principale, una formazione professionale e che lo studente e la sua famiglia dispongano di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante. Articolo 2 Il diritto di soggiorno è limitato alla durata della formazione seguita. Il diritto di soggiorno è constatato mediante il rilascio di un documento denominato “carta di soggiorno di cittadino di uno Stato membro della CEE” la cui validità può essere limitata alla durata della formazione oppure ad un anno, se la durata della formazione è superiore ad un anno; in tal caso essa è rinnovabile anno per anno. Al familiare che non abbia la cittadinanza di uno Stato membro viene rilasciato un documento di soggiorno avente la stessa validità di quello rilasciato al cittadino da cui dipende. Per il rilascio della carta o del documento di soggiorno, lo Stato membro, può esigere unicamente che il richiedente presenti una carta di identità o un passaporto in corso di validità e fornisca la prova che soddisfa le condizioni previste all’articolo 1. Gli articoli 2, 3 e 9 della direttiva 68/360/CEE sono applicabili, mutatis mutandis, ai beneficiari della presente direttiva. Il coniuge ed i figli a carico di un cittadino di uno Stato membro, il quale beneficia del diritto di soggiorno nel territorio di uno Stato membro, hanno il diritto di accedere a qualsiasi attività salariata o non salariata nell’insieme del territorio di detto Stato membro anche se non hanno la cittadinanza di uno Stato membro. Gli Stati membri possono derogare alle disposizioni della presente direttiva solo per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica; in tal caso sono applicabili gli articoli da 2 a 9 della direttiva 64/221/CEE. Articolo 3 La presente direttiva non costituisce per gli studenti che beneficiano del diritto di soggiorno la base per un diritto al pagamento di borse di mantenimento da parte dello Stato membro ospitante. Articolo 4 Il diritto di soggiorno sussiste finchè i beneficiari del medesimo soddisfano le condizioni di cui all’articolo 1. Articolo 5 Entro tre anni dalla messa in applicazione della presente direttiva, ed in seguito ogni tre anni, la Commissione elabora una relazione sull’applicazione

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della presente direttiva e presenta questa relazione al Parlamento europeo ed al Consiglio. La Commissione presterà particolare attenzione alle difficoltà che potrebbero insorgere negli Stati membri a motivo dell’applicazione dell’articolo 1; essa sottoporrà, se del caso, al Consiglio proposte intese ad ovviare a siffatte difficoltà. Articolo 6 Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 dicembre 1993. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Per quanto concerne il periodo che precede tale data sono mantenuti gli effetti della direttiva 90/366/CEE. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri, Articolo 7 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

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LA CARTA SANITARIA EUROPEA

Dal primo giugno 2004 entra in vigore una carta sanitaria europea con la quale i cittadini degli Stati membri, che si spostano all’interno dell’Europa per svariati motivi, avranno accesso a tutte le cure mediche. Con alcuni provvedimenti la Commissione amministrativa europea ha deciso in via definitiva tutte le modalità di tali carte elettroniche, dotate di striscia magnetica e di microprocessore, che conterranno tutte le informazioni in materia sanitaria relative al titolare, cosi da poter essere curato se ne avesse necessità in un qualsiasi Stato della Comunità. La Commissione ha previsto tre fasi per la sostituzione progressiva dei moduli circolanti. Il primo passo si limita al cambiamento dei cosiddetti moduli E/111 ed E/111B con la tessera europea di assicurazione malattia, che avviene a cura dello Stato competente o comunque di residenza e con un modello unico per tutti.

Decisione n. 191 del 18 giugno 2003 relativa alla sostituzione dei modelli E/111 ed E/111B

con la tessera europea di assicurazione malattia. La Commissione amministrativa…..vista e considerando….omissis…decide: Articolo 1 A partire dal 1° giugno 2004, la tessera europea di assicurazione malattia (qui di seguito denominata “tessera europea”) sostituirà i moduli E/111 ed E/111/B

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contemplati dalla Decisione n. 187 per poter beneficiare dell’assunzione delle spese per cure in occasione di un soggiorno temporaneo in uno Stato membro diverso dallo Stato competente o di residenza. I moduli E/111 ed E/111/B rilasciati prima del 31 maggio 2004 rimangono validi al più tardi fino al 31 dicembre 2004, a meno che non rechino una scadenza anteriore. Articolo 2 La tessera europea contiene la menzione “E/111+” qualora il titolare abbia titolo per beneficiare delle cure necessarie durante il soggiorno temporaneo, o la menzione “E111” qualora il titolare abbia titolo per beneficiare solo delle cure immediatamente necessarie durante il soggiorno temporaneo. Articolo 3 Gli Stati membri definiscono le modalità pratiche e tecniche dell’introduzione della tessera europea a decorrere dal 1° giugno 2004. Queste modalità possono comportare, ad esempio, la sostituzione progressiva delle attuali tessere nazionali di assicurazione malattia con nuove tessere nazionali che incorporino la tessera europea. Articolo 4 Gli Stati membri informano la commissione amministrativa prima del 1° marzo 2004 del loro piano di introduzione della tessera europea. Articolo 5 Nonostante l’articolo 1, gli Stati membri, le cui istituzioni al momento dell’adozione della presente decisione non dispongono di tessera di assicurazione malattia, possono beneficiare di un periodo transitorio non prorogabile oltre il 31 dicembre 2005. Gli Stati membri che desiderano beneficiare di un periodo transitorio ne informano la commissione amministrativa entro il 1° dicembre 2003. La commissione amministrativa redige l’elenco degli Stati membri, le cui istituzioni potranno continuare a rilasciare moduli cartacei E/111 ed E/111/B e fissa il termine di scadenza del periodo transitorio da essi richiesto. Fino alla scadenza del periodo transitorio previsto per lo Stato membro di cui fa parte l’istituzione competente o di residenza, i moduli E/111 ed E/111/B sono riconosciuti ed accettati dalle istituzioni degli altri Stati membri alle medesime condizioni della tessera europea; esse ne informano i prestatori di cure presenti sul proprio territorio. Articolo 6 La decisione n. 187 è abrogata a decorrere dal 1° gennaio 2006. Articolo 7 La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Essa è applicabile a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello della sua pubblicazione.

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Commissione europea Memo/04/75 Bruxelles, 26/3/2004, redif 1/6/2004. Carta di assicurazione sanitaria europea: domande frequenti

Il primo giugno 2004, come si è visto sopra, entra in vigore la carta di assicurazione sanitaria europea. Lo scopo della carta è quello di semplificare le procedure di accesso ai sistemi sanitari degli altri Stati membri. Sulla carta sanitaria, il sito dell’Unione ha pubblicato un utile documento con domande frequenti, che permette di capire meglio di che cosa si tratta. In quali Stati membri sarà introdotta la carta? La carta di assicurazione sanitaria europea sarà introdotta in tutti gli Stati membri. I Paesi che la richiedono – in particolare quelli che non hanno una carta di assicurazione sanitaria nazionale – disporranno di un periodo transitorio fino alla fine del 2005. Per la fine del 2005 la avranno tutti gli Stati membri. Al momento, gli Stati che intendono introdurla dal primo giugno 2004 sono: Belgio, Francia, Lussemburgo, Spagna, Germania, Grecia, Irlanda, Svezia, Danimarca, Finlandia, Norvegia, Estonia e Slovenia, anche se in alcuni di essi il processo sarà graduale, in modo tale che non tutti la avranno effettivamente dal primo giugno 2004. A che serve la carta? Dal primo giugno 2004 la carta rimpiazzerà i moduli cartacei utilizzati per l’accesso al servizio sanitario durante la permanenza temporanea in un altro Stato membro. Attualmente deve essere allegato un nuovo modulo per ciascun viaggio. In alcuni Paesi, prima dell’erogazione del trattamento, è necessario esibire il modulo alle autorità nazionali. Con la carta sanitaria non sarà più necessario compilare i moduli ogni volta che ci si mette in viaggio e le procedure burocratiche saranno notevolmente ridotte e semplificate. Per ottenere le cure mediche basterà esibire la carta. Il suo periodo di validità dipenderà dalle decisioni di ciascun Stato membro. Se ad esempio ad un turista inglese dovesse capitare di fratturarsi una gamba durante la sua vacanza in Francia, potrà essere curato mostrando la carta. Quali cambiamenti comporterà per il sistema di coordinamento della previdenza sociale? Rimarrà il sistema attuale, quello secondo il quale lo Stato membro che ha prestato le cure viene rimborsato dallo Stato al quale appartiene il paziente. Sono stati comunque introdotti alcuni cambiamenti per semplificare il sistema di diritti, garantendo a tutte le persone alcuni diritti di accesso alle cure mediche necessarie. La carta velocizzerà il sistema di rimborso, evitando i problemi causati dai moduli incompleti od illeggibili e riducendo le spese amministrative. Cosa devo fare per avere la carta di assicurazione sanitaria europea? Se lo Stato membro di appartenenza è tra quelli che la introdurranno dal primo giugno 2004, è necessario rivolgersi al proprio sistema sanitario o ad un suo

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ufficio territoriale per sapere quali misure sono state adottate a livello nazionale per la sua distribuzione. Posso usare la carta per recarmi in un altro Stato membro con lo scopo predefinito di ricevere un trattamento sanitario? L’uso della carta si riferisce unicamente alle cure mediche di emergenza, come la frattura di una gamba, la caduta di un dente, un’affezione virale, oppure alle cure per patologie gravi come il diabete. Non coprirà invece coloro che decidono di farsi curare in altri Stati membri per qualche altra patologia. Queste cure saranno garantite soltanto se in base ad un accordo dell’assicurazione sanitaria di un individuo o della amministrazione sanitaria nazionale di riferimento. Chi avrà diritto al possesso della carta? Hanno diritto alla carta di assicurazione sanitaria europea ed a beneficiare di tutte le regole di coordinamento della previdenza sociale tutti coloro che sono assicurati o che sono coperti dal servizio di previdenza sociale di uno Stato membro. La funzione della carta verrà ampliata? Il progetto a lungo termine è quello di realizzare una carta dotata di un chpi elettronico per facilitare notevolmente l’interscambio di informazioni tra gli Stati membri e per ridurre i rischi di errori, frodi od abusi. Non è stato stabilito alcun termine per la realizzazione di questa fase ulteriore, che dipenderà dalla valutazione della fase di avviamento della carta e dallo sviluppo di sistemi tecnologici, che consentano lo scambio di informazioni senza dover cambiare la configurazione generale dei sistemi nazionali. I sistemi previdenziali nazionali riusciranno a garantire le loro carte nazionali? Un certo numero di Stati membri sono già dotati di carte di assicurazione sanitaria nazionali ed intendono incorporarvi gli elementi della carta europea, oppure ne emetteranno delle altre, specifiche per l’Europa. Le carte conterranno informazioni personali sul paziente? Lo scopo della carta è quello di rendere l’accesso più agevole ed i rimborsi più veloci, non quello di veicolare informazioni sulla condizione sanitaria, sulle patologie o sulle cure ricevute. Le informazioni personali del suo possessore – vale a dire il gruppo sanguigno od altri dati medici – saranno inclusi soltanto nel caso in cui la carta sanitaria europea verrà rilasciata come parte della carta nazionale, laddove quest’ultima già contenga quei dati. Non tutti gli Stati membri emettono carte nazionali e pochi di essi includono le informazioni sanitarie personali.

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L’aspetto della carta sarà lo stesso per tutti gli Stati membri? Tutti gli Stati membri useranno un modello comune che avrà un simbolo di riconoscimento europeo. E ciò per garantire l’immediata riconoscibilità della carta da parte di tutti gli operatori del sistema sanitario, a prescindere dal luogo in cui può trovarsi il suo possessore. Le informazioni obbligatorie che riporterà saranno ridotte al minimo ed il suo schema sarà standard: organizzato a blocchi, in modo da facilitarne la lettura, senza dover tenere conto della lingua dell’utente.

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DIRITTO DI VOTO ALLE ELEZIONI EUROPEE

Una delle conquiste sulla strada dell’integrazione europea, sancita con la Direttiva seguente, è stata quella di poter diventare parlamentari europei, a prescindere dallo Stato membro del quale si ha la residenza. La seguente Direttiva stabilisce tutte le modalità per poter esercitare il diritto di voto, per potersi candidare alle elezioni del parlamento europeo, quando si risiede in un Paese diverso da quello in cui si è cittadini. Gli Stati membri hanno poi adottato provvedimenti del caso per applicare la Direttiva al loro interno.

Direttiva 93/109/CE del Consiglio, del 6 dicembre 1993, relativa alle modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del

Parlamento europeo per i cittadini dell’Unione, che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadini

Il Consiglio dell’Unione europea…..visto e considerando….omissis…ha adottato la seguente Direttiva:

Capo I Disposizioni generali

Articolo 1 La presente direttiva stabilisce le modalità secondo cui i cittadini dell’Unione residenti in uno Stato membro, di cui non hanno la cittadinanza, possono esercitarvi il diritto di voto e di eleggibilità al Parlamento europeo. Le disposizioni della presente direttiva fanno salve le disposizioni di ogni Stato membro in materia di diritto di voto e di eleggibilità dei propri cittadini che risiedono fuori del suo territorio elettorale. Articolo 2 Ai fini della presente direttiva si intendono per: - “elezioni al Parlamento europeo”, le elezioni a suffragio universale diretto

dei rappresentanti al Parlamento europeo, conformemente all’Atto del 20 settembre 1976;

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- “territorio elettorale”, il territorio di uno Stato membro in cui, conformemente allo stesso Atto e, in questo quadro, alle leggi elettorali di detto Stato membro, i membri del Parlamento europeo sono eletti dal popolo di detto Stato membro:

- “Stato membro di residenza”, lo Stato membro in cui il cittadino dell’Unione risiede senza averne la cittadinanza;

- “Stato membro d’origine”, lo Stato membro di cui il cittadino dell’Unione ha la cittadinanza;

- “elettore comunitario”, ogni cittadino dell’Unione che abbia il diritto di voto alle elezioni per il Parlamento europeo nello Stato membro di residenza, conformemente alle disposizione della presente direttiva;

- “cittadino eleggibile comunitario”, ogni cittadino dell’Unione che abbia il diritto di eleggibilità al Parlamento europeo nello Stato membro di residenza, conformemente alle disposizioni della presente direttiva;

- “lista elettorale”, il registro ufficiale di tutti gli elettori che hanno il diritto di votare in una determinata circoscrizione od in un determinato ente locale, compilato ed aggiornato dalle competenti autorità secondo le leggi elettorali dello Stato membro di residenza oppure il registro della popolazione, se indica la qualità di elettore;

- “giorno di riferimento”, il giorno od i giorni in cui i cittadini dell’Unione devono soddisfare, a norma della legislazione dello Stato membro di residenza, le condizioni richieste per essere ivi elettori o cittadino eleggibile;

- “dichiarazione formale”, l’atto rilasciato dall’interessato, la cui inesattezza è passibile di sanzioni, conformemente alla legge nazionale applicabile.

Articolo 3 Ogni persona che, nel giorno di riferimento è cittadino dell’Unione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, secondo comma del trattato, e pur non essendo cittadino dello Stato membro di residenza possiede i requisiti a cui la legislazione di detto Stato subordina il diritto di voto e di eleggibilità dei propri cittadini, ha il diritto di voto e di eleggibilità nello Stato membro di residenza, in occasione delle elezioni al Parlamento europeo, se non è decaduta da tali diritti in virtù dell’articolo 6 o 7. Qualora i cittadini dello Stato membro di residenza debbano aver acquisito la cittadinanza da un periodo minimo per essere eleggibili, i cittadini dell’Unione sono considerati in possesso di tale requisito qualora abbiano acquisito la cittadinanza di uno Stato membro da questo stesso periodo. Articolo 4 L’elettore comunitario esercita il diritto di voto nello Stato membro di residenza o nello Stato membro d’origine. Nessuno può votare più di una volta nel corso delle stesse elezioni. Nessuno può presentarsi come candidato in più di uno Stato membro nel corso delle stesse elezioni.

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Articolo 5 Qualora i cittadini dello Stato membro di residenza debbano risiedere da un periodo minimo nel territorio elettorale per essere elettori od eleggibili, gli elettori ed i cittadini comunitari eleggibili sono considerati in possesso di tale requisito qualora abbiano risieduto in altri Stati membri per una durata equivalente. Questa disposizione si applica fatte salve le specifiche condizioni connesse alla durata della residenza in una determinata circoscrizione o collettività locale. Articolo 6 Ogni cittadino dell’Unione, che risiede in uno Stato membro senza averne la cittadinanza e che, per effetto di una decisione individuale in materia civile o penale, è decaduto dal diritto di eleggibilità in forza del diritto dello Stato membro di residenza o di quello dello Stato membro d’origine, è escluso dall’esercizio di questo diritto nello Stato membro di residenza in occasione delle elezioni al Parlamento europeo. La candidatura di ogni cittadino dell’Unione alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro di residenza è dichiarata inammissibile, qualora detto cittadino non possa presentare l’attestato di cui all’articolo 10, paragrafo 2. Articolo 7 Lo Stato membro di residenza può accertarsi che il cittadino dell’Unione, che ha espresso la volontà di esercitarvi il diritto di voto, non sia decaduto, per effetto di una decisione individuale in materia civile o penale, da tale diritto nello Stato membro d’origine. Ai fini dell’attuazione del paragrafo 1 del presente articolo, lo Stato membro di residenza può notificare la dichiarazione di cui all’articolo 9, paragrafo 2 dello Stato membro d’origine. Allo stesso fine, le informazioni disponibili provenienti dallo Stato d’origine sono trasmesse nello forme e nei termini appropriati; queste informazioni possono comportare solo le indicazioni strettamente necessarie all’attuazione del presente articolo ed essere utilizzate unicamente a tale scopo. Se le informazioni trasmesse infirmano il contenuto della dichiarazione, lo Stato membro di residenza prende le misure adeguate per prevenire il voto dell’interessato. Lo Stato membro di origine può inoltre trasmettere allo Stato membro di residenza, nelle dovute forme ed entro termini appropriati, le informazioni necessarie per l’attuazione del presente articolo. Articolo 8 L’elettore comunitario esercita il diritto di voto nello Stato membro di residenza, qualora ne abbia espresso la volontà. Se nello Stato membro di residenza il voto è obbligatorio, tale obbligo si applica agli elettori comunitari che ne hanno espresso la volontà.

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Capo II Esercizio del diritto di voto e di eleggibilità

Articolo 9 Gli Stati membri adottano le misure necessarie per consentire all’elettore comunitario, che ne abbia espresso la volontà, di essere iscritto nelle liste elettorali in tempo utile prima della consultazione elettorale. Per essere iscritto nelle liste elettorali, l’elettore comunitario deve fornire le stesse prove di un elettore nazionale. Egli deve inoltre presentare una dichiarazione formale, indicante: - cittadinanza ed indirizzo nel territorio elettorale nello Stato membro di

residenza; - eventualmente la collettività locale o la circoscrizione dello Stato membro di

origine, nelle cui liste elettorali è stato iscritto da ultimo; - che eserciterà il diritto di voto esclusivamente nello Stato membro di

residenza. Inoltre, lo Stato membro di residenza può esigere che l’elettore comunitario: - precisi nella dichiarazione, di cui al paragrafo 2, che non è decaduto dal

diritto di voto nello Stato membro di origine: - presenti un documento di identità valido; - indichi da che data risiede in questo Stato o in un altro Stato membro. Gli elettori comunitari iscritti nelle liste elettorali vi restano iscritti alle stesse condizioni degli elettori nazionali, finchè non chiedono la cancellazione o finchè non sono cancellati d’ufficio in quanto siano venute meno le condizioni richieste per l’esercizio del diritto di voto. Articolo 10 All’atto del deposito della dichiarazione di candidatura, il cittadino comunitario eleggibile deve fornire le stesse prove richieste al candidato nazionale. Inoltre, deve presentare una dichiarazione formale, indicante: - cittadinanza ed indirizzo nel territorio elettorale dello Stato membro di

residenza; - che non è simultaneamente candidato alle elezioni al Parlamento europeo di

un altro Stato membro; - eventualmente la collettività locale o la circoscrizione dello Stato membro di

origine nelle cui liste elettorali è stato iscritto da ultimo. Il cittadino comunitario eleggibile deve inoltre presentare, all’atto del deposito della propria candidatura, un attestato delle autorità amministrative competenti dello Stato di origine che certifichi che egli non è decaduto dal diritto di eleggibilità in tale Stato o che a dette autorità non risulta che il cittadino sia decaduto da tale diritto. Inoltre, lo Stato membro di residenza può esigere che il cittadino comunitario eleggibile presenti un documento di identità valido; può anche esigere che egli indichi da che data è cittadino di uno Stato membro.

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Articolo 11 Lo Stato membro di residenza informa l’interessato sul seguito riservato alla domanda di iscrizione nelle liste elettorali o sulla decisione relativa all’ammissibilità della candidatura. In caso di rifiuto di iscrizione nelle liste elettorali o di rifiuto della candidatura, l’interessato può presentare i ricorsi che la legislazione dello Stato membro di residenza consente, in casi analoghi, agli elettori ed ai candidati nazionali. Articolo 12 Lo Stato membro di residenza informa, in tempo utile ed in maniera adeguata, gli elettori ed i cittadini comunitari eleggibili sulle condizioni e modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità nel suo territorio. Articolo 13 Gli Stati membri si scambiano le informazioni necessarie per attuare l’articolo 4. A tale scopo lo Stato membro di residenza, in base alla dichiarazione formale, di cui agli articoli 9 e 10, trasmette allo Stato membro di origine, entro un termine appropriato prima di ogni consultazione elettorale, le informazioni relative ai cittadini di quest’ultimo iscritti nelle liste elettorali o che hanno presentato una candidatura. Lo Stato membro di origine adotta, conformemente alla legislazione nazionale, le misure adeguate allo scopo di evitare il doppio voto e la doppia candidatura dei propri cittadini. Omissis…..

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LA SICUREZZA SUL LAVORO Gli obiettivi della risoluzione sotto riportata sono quelli di ridurre gli infortuni e le malattie professionali e quindi la sicurezza sui luoghi di lavoro; considerare nel giusto conto i rischi sociali, tipo stress e malattie sul lavoro; individuare e diffondere abitudini che siano prese come modelli per instaurare condizioni lavorative migliori in tutta l’Unione. La Risoluzione invita, pure, nel suo contenuto a non sottovalutare più i cambiamenti sociali che hanno determinato, da una parte una larga presenza delle donne nel mondo del lavoro, e dall’altra l’invecchiamento della popolazione attiva. L’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul luogo del lavoro è chiamata a svolgere una presenza sempre più importante, e dovrà vigilare, assieme ai responsabili degli ispettorati del lavoro, sull’applicazione del diritto comunitario. Importante in questo scenario diventa anche la cooperazione internazionale, che avrà il delicato compito di individuare ed elaborare strategie mirate in favore di quegli Stati che non rispettano i requisiti minimi di sicurezza sul lavoro e nei quali diventa più che mai prioritaria la lotta allo sfruttamento minorile e ai tristi effetti della dipendenza da alcol e droghe.

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Risoluzione del Consiglio del 3 giugno 2002 – 2002/C 161/01 - su una nuova strategia comunitaria per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro

pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee del 5 luglio 2002 Il Consiglio dell’Unione europea…vista e considerando…adotta la presente risoluzione:

Parte prima (1) Il Consiglio prende atto che a parere della Commissione, per conseguire l’obiettivo di un continuo miglioramento del benessere sul luogo di lavoro, i soggetti interessati devono perseguire svariati obiettivi, tra cui i seguenti: - la riduzione degli infortuni e delle malattie professionali. Questo presuppone

che siano definiti degli obiettivi quantificabili; a questo scopo è necessario che, in via preliminare, si sviluppino i lavori in corso sull’armonizzazione delle statistiche sugli infortuni e le malattie professionali;

- la maggiore prevenzione delle malattie professionali, specialmente delle malattie che continuano a colpire gran parte dei lavoratori europei, ad esempio le malattie provocate dall’impiego di sostanze pericolose quali l’amianto, la perdita dell’udito ed i disturbi musco scheletrici;

- tenere conto dei rischi sociali, ad esempio lo stress e le molestie sul lavoro, nonché quelli associati all’alcolismo, all’assunzione di droghe o di medicinali;

- la necessità di prendere in considerazione i cambiamenti avvenuti nella composizione della popolazione attiva, in conseguenza dell’ingresso massiccio delle donne nel mercato del lavoro, dell’invecchiamento della popolazione attiva, dell’evoluzione demografica, della situazione dei lavoratori disabili, delle diversità etniche e culturali nelle imprese e della loro incidenza ai fini della valutazione e prevenzione dei rischi di infortuni e di malattie. A tal fine le azioni di prevenzione dovranno integrare maggiormente la dimensione dell’età, per quanto riguarda in particolare i giovani ed i lavoratori anziani;

- la necessità di prendere in considerazione le trasformazioni nelle forme di occupazione e nelle modalità di organizzazione del lavoro e dell’orario di lavoro;

- la necessità di prendere in considerazione la dimensione delle imprese, specialmente per quanto attiene al miglioramento dell’accesso delle piccole e medie imprese, delle micro imprese o dei lavoratori autonomi alle azioni di formazione, informazione, sensibilizzazione e prevenzione dei rischi;

- individuare, diffondere e sviluppare buone prassi che creino condizioni di lavoro che favoriscano una maggiore sicurezza e salute dei lavoratori.

(2) D’altro lato il Consiglio prende atto che, per poter instaurare una cultura della prevenzione e modificare i comportamenti, è necessario migliorare la

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conoscenza dei rischi dei soggetti interessati attraverso l’educazione, la sensibilizzazione e l’anticipazione dei nuovi rischi. A tale scopo occorre: - promuovere la culture della prevenzione già dalle prime fasi dell’istruzione e

mantenere una formazione professionale continua, condotta con regolarità ed adattata al lavoro quotidiano;

- sensibilizzare circa il valore della reintegrazione nel lavoro delle persone disabili;

- procedere all’identificazione ed all’analisi dei rischi basata su una raccolta sistematica di informazioni e di pareri scientifici. Inoltre, gli organismi di ricerca dovranno coordinare i loro rispettivi programmi, orientandoli alla soluzione di problemi e preparando il trasferimento dei risultati della ricerca alle imprese;

- migliorare la comprensione dei fattori umani e dei comportamenti per tradurre più efficacemente nelle azioni pratiche la conoscenza dei rischi e della prevenzione;

- sensibilizzare ulteriormente le parti interessate divulgando le informazioni ed analizzando i modelli per quanto riguarda l’importanza di buone condizioni di lavoro ai fini della produttività, della qualità e delle prestazioni;

- promuovere lo scambio di informazioni sulle buone prassi tra gli Stati membri;

- integrare la salute e la sicurezza sul lavoro nella gestione delle imprese e nelle altre attività che comportano un approccio sistematico del benessere sul lavoro.

L’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro deve svolgere un ruolo trainante nelle azioni di raccolta e diffusione delle informazioni sulle buone prassi, di sensibilizzazione ed anticipazione. Al riguardo, il Consiglio prende altresì atto che, nel corso del secondo semestre 2002, la Commissione presenterà una comunicazione relativa alla valutazione dell’Agenzia. (3) Il Consiglio condivide il parere della Commissione secondo cui un’efficace applicazione del diritto comunitario è una condizione necessaria per migliorare la qualità dell’ambiente di lavoro. Ciò richiede, in particolare, un controllo ed una sorveglianza efficaci e di pari livello dell’applicazione della legislazione in tutti gli Stati membri. A tal fine il comitato degli alti responsabili dell’ispettorato del lavoro svolgerà un ruolo determinante per promuovere lo scambio di informazioni e di esperienze ed organizzare una cooperazione ed un’assistenza reciproca. E’ pertanto necessario incoraggiare l’elaborazione di obiettivi comuni in materia di ispezione, principi comuni in materia di ispezione del lavoro e la definizione di metodi di valutazione dei sistemi regionali di ispezione rispetto a tali principi. Sarà inoltre essenziale l’elaborazione di strumenti non vincolanti (manuali tecnici, codici di buone prassi, ecc.) che facilitino l’applicazione delle norme di

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legge nelle imprese. Il Consiglio prende atto che la Commissione: - intende presentare delle proposte legislative necessarie alla codifica delle

direttive comunitarie ed alla razionalizzazione delle relazioni sulla loro attuazione;

- intende elaborare, di concerto con il comitato consultivo e le parti sociali, manuali per l’applicazione delle direttive, tenendo conto della diversità dei settori di attività e delle imprese.

(4) Il Consiglio concorda con la Commissione nel ritenere che il dialogo sociale sia un elemento fondamentale per favorire il progresso, in quanto permette di applicare la legislazione esistente in modo efficace e di affrontare i rischi ed i problemi specifici dei settori d’attività e delle professioni, e sottolinea l’importanza della responsabilità sociale delle imprese. (5) Il Consiglio rileva la necessità di promuovere l’integrazione della salute e della sicurezza sul lavoro nelle altre strategie comunitarie. A tale riguardo occorrerebbe: - rafforzare l’integrazione della salute e della sicurezza sul lavoro nella

strategia europea per l’occupazione, tenendo conto delle conclusioni del Consiglio europeo di Barcellona in materia di semplificazione dei suoi orientamenti, senza ridurne l’efficacia;

- migliorare il collegamento con le norme comunitarie relative alla fabbricazione ed alla commercializzazione delle attrezzature di lavoro e dei prodotti chimici;

- rafforzare, attraverso la collaborazione, i nessi tra la nuova strategia comunitaria in materia di salute e sicurezza e quella in materia di salute pubblica;

- sviluppare una strategia coordinata con altre politiche che perseguono obiettivi di tutela e che si basano su misure preventive, segnatamente le politiche di ricerca, dell’istruzione, dei trasporti, dell’ambiente, della protezione civile e le politiche comuni della pesca e dell’agricoltura;

- garantire che l’esecuzione di un contratto in seguito all’assegnazione di un appalto pubblico avvenga nel pieno rispetto di tutte le norme vigenti in materia di salute e di sicurezza sul lavoro.

(6) Il Consiglio riconosce che l’allargamento è una delle grandi sfide che l’Unione europea deve affrontare e che richiede azioni che garantiscano l’integrazione e la reale applicazione da parte dei paesi candidati dell’acquis comunitario in materia di sicurezza e salute sul lavoro, come pure l’adeguamento delle strutture comunitarie e di consultazione, raccolta, analisi e diffusione delle informazioni, quali il comitato consultivo per la sicurezza, l’igiene e la tutela della salute sul lavoro, l’Agenzia di Bilbao e la Fondazione di Dublino. A tal fine è necessario

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realizzare un trasferimento efficace delle esperienze e delle conoscenze, in particolare attraverso: - il rafforzamento dei programmi di assistenza tecnica grazie a formule di

partenariato e di gemellaggio; - lo sviluppo di meccanismi di scambio di esperienze e di accesso alle

conoscenze ed ai risultati della ricerca comunitaria attraverso la partecipazione dei paesi candidati alle istituzioni ed alle istanze interessate, - il rafforzamento del dialogo sociale a tutti i livelli, in particolare nelle imprese;

- la partecipazione dei paesi candidati ai lavori comunitari di armonizzazione delle statistiche.

(7) Il Consiglio prende atto della necessità di intensificare la cooperazione internazionale e del fatto che la Commissione continuerà a collaborare attivamente con le agenzie delle Nazioni Unite, specialmente con l’Organizzazione internazionale del lavoro, imperniando la propria azione sui seguenti settori: - eliminazione delle forme più abbiette di lavoro minorile nel mondo; - promozione del miglioramento della sicurezza e della salute sul luogo del

lavoro nel mondo; - effetti della dipendenza dall’alcol, dalle droghe o dai medicinali sulla salute

e la sicurezza sul lavoro. Il Consiglio riconosce che la cooperazione con i paesi terzi, in particolare quelli del bacino del Mediterraneo, dell’ASEAN, dell’ALENA e del Mercosur, è fondamentale per garantire il rispetto di norme minime di salute e sicurezza, unitamente alla cooperazione ed agli scambi di esperienze nel quadro del patto transatlantico con gli Stati Uniti.

Parte seconda

(1) Il Consiglio accoglie con favore la comunicazione della Commissione su una nuova strategia comunitaria per la salute e la sicurezza 2002-2006. (2) Ritiene che tale comunicazione costituisca un quadro utile per continuare ad applicare efficacemente l’articolo 137 a livello comunitario. (3) Condivide l’opinione della Commissione, secondo la quale la strategia comunitaria per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro deve avere come obiettivo il continuo miglioramento dello stato di benessere sul lavoro, sia esso fisico, mentale e sociale.

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(4) Sottolinea la necessità: - di tener conto dei cambiamenti che avvengono nel mondo del lavoro e di

migliorare la salute e la sicurezza sul lavoro, costruendo un ambiente di lavoro sano e sicuro, che è uno degli elementi essenziali della qualità del lavoro;

- di consolidare la cultura della prevenzione dei rischi, combinando i vari strumenti politici e realizzando partenariati tra i soggetti coinvolti nel campo della salute e della sicurezza ed altri soggetti che possono influire sulla qualità e le condizioni di lavoro nonché integrando la salute e la sicurezza sul lavoro nelle decisioni strategiche delle imprese;

- di dimostrare che una politica efficace in materia di sicurezza e salute sul lavoro è un fattore di competitività e che, per contro, la mancanza di strategia comporta costi aggiuntivi;

- basare un eventuale strumento comunitario su conoscenze tecniche adeguate sia dei rischi che delle strategie per la loro prevenzione;

- di coinvolgere e far partecipare tutti i soggetti, pubblica amministrazione e parti sociali, allo sviluppo della strategia, affinché tali obiettivi possano essere realizzati.

(5) Invita gli Stati membri: - a definire ed attuare politiche di prevenzione coordinate, coerenti ed

adattate alle realtà nazionali, fissando in questo contesto obiettivi misurabili a livello di riduzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, soprattutto nei settori di attività nei quali i tassi di incidenza sono superiori alla media;

- ad assicurare una migliore applicazione della legislazione in vigore, in particolare mediante un controllo ed una sorveglianza più efficaci dell’applicazione, mettendo a disposizione delle imprese, soprattutto delle piccole e medie imprese, consulenza ed assistenza adeguate, come pure migliorando la formazione circa la prevenzione dei rischi professionali ed adottando misure specifiche per ridurre gli infortuni e le malattie professionali nei settori ad alto rischio;

- a promuovere la creazione di una vera e propria cultura della prevenzione, integrando i principi fondamentali della prevenzione sul lavoro nei programmi educativi e nelle azioni di formazione professionale permanente ed anche attraverso campagne di sensibilizzazione e promozione della sicurezza e della salute sul lavoro.

(6) Invita la Commissione e gli Stati membri a sviluppare i lavori in corso sull’armonizzazione delle statistiche degli infortuni e delle malattie professionali per disporre di dati comparabili che permettano di valutare oggettivamente

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l’impatto e l’efficacia delle misure adottate nel contesto della nuova strategia comunitaria. (7) Invita la Commissione: - ad includere nel quadro di valutazione dell’agenda sociale le azioni da

svolgere per l’attuazione della strategia, accompagnate dal relativo calendario di esecuzione;

- a sottoporgli, nell’esercizio del suo diritto di iniziativa, ogni proposta necessaria per conseguire gli obiettivi fissati nella nuova strategia, in particolare le proposte necessarie per consolidare, semplificare e razionalizzare il quadro giuridico esistente ed il suo adeguamento al progresso tecnico, affinché si possa applicare meglio la normativa in vigore;

- a favorire la cooperazione a livello europeo tra gli Stati membri e le parti sociali, in previsione del futuro allargamento dell’Unione europea, attraverso il riassetto e la razionalizzazione degli organi consultivi esistenti e dell’Agenzia di Bilbao. A tal riguardo, il Consiglio accoglie favorevolmente l’intenzione della Commissione di sottoporgli proposte volte a fondere i due organi consultivi in un unico comitato consultivo per la salute e la sicurezza sul lavoro, a volte inoltre a migliorare il funzionamento ed i compiti dell’Agenzia di Bilbao in seguito alla relazione di valutazione ed al parere del comitato consultivo, tra i quali deve rientrare l’organizzazione dello scambio di buone prassi e di esperienze tra gli Stati membri;

- ad integrare nella relazione di sintesi annuale presentata al Consiglio europeo di primavera i pertinenti elementi dell’attuazione della strategia.

(8) Invita le parti sociali: - ad assumere un ruolo attivo nel trasmettere i principi fondamentali di questa

nuova strategia a livello europeo, nazionale, regionale e delle imprese; - a promuovere e diffondere sul luogo di lavoro l’applicazione corretta dei

principi di prevenzione dei rischi collegati al lavoro, in particolare attraverso il dialogo sociale settoriale a tutti i livelli;

- a fornire i membri delle rispettive organizzazioni l’accesso alla consulenza di persone competenti e ad una formazione appropriata sulla salute e la sicurezza;

- a collaborare con le autorità nazionali nella concezione ed applicazione delle politiche nazionali degli Stati membri relative all’ambito contemplato nell’articolo 137;

- a collaborare, a livello di imprese, nella concezione dell’ambiente di lavoro allo scopo di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori e nell’applicazione degli adeguati dispositivi di protezione dei lavoratori.

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Nota Molti sarebbero ancora gli argomenti da sviluppare e gli interventi della Comunità nei più svariati settori della vita dei cittadini europei, ma in questa sede si è voluto solamente fare una carrellata sugli argomenti ritenuti, fra i tanti, di più immediato interesse e riflessione. Terminiamo, comunque, la nostra trattazione con un’ultima problematica, che certamente non poteva mancare per la sua attualità e per la sua risonanza sociale e precisamente il tema, spesso così delicato ed a volte pure drammatico, del ricongiungimento familiare.

***

IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE

Le nuove regole dell’Unione europea La Direttiva europea, più oltre richiamata, introduce nel diritto comunitario norme comuni in materia di diritto al ricongiungimento familiare, che consentirà di tutelare l’unità familiare ed agevolerà l’integrazione dei cittadini dei paesi terzi negli Stati membri. La direttiva si rivolge a chi abbia già un permesso di soggiorno rilasciato da uno Stato membro, con validità di almeno un anno ed abbia fondati motivi per ottenere il diritto di soggiorno in modo stabile, se i suoi famigliari sono cittadini di paesi terzi. Ricordiamo, per inciso, a questo proposito, che già si parlava per la prima volta di ricongiungimenti familiari nella Convenzione europea sulla salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950. Potrà beneficiare del ricongiungimento familiare: - il coniuge del richiedente; - i figli minorenni della coppia o di uno dei due, compresi i figli adottivi; Per le altre categorie di parenti e familiari stretti, ogni Stato membro avrà la facoltà di decidere in piena autonomia, secondo le proprie regole. La direttiva non si applica invece: - quando l’interessato chiede il riconoscimento dello status di rifugiato e la

sua richiesta non è stata ancora decisa in via definitiva; - se viene autorizzato a soggiornare in uno Stato membro per effetto di una

temporanea protezione - o se ha chiesto l’autorizzazione a soggiornare per questo stesso motivo ed è

in attesa di una decisione sul suo status; - se è autorizzato a soggiornare in uno Stato membro per forme sussidiarie di

protezione. Per le domande di ricongiungimento, gli Stati membri potranno ovviamente richiedere la documentazione del caso, convocare inoltre per opportuni colloqui l’interessato ed i suoi familiari, e svolgere ogni altra indagine in merito ritenuta opportuna e necessaria. Se la domanda viene accettata, lo Stato autorizza l’ingresso del familiare, concedendo un permesso di soggiorno rinnovabile e della validità di almeno un anno. Il familiare autorizzato a rimanere acquista il diritto ad accedere all’istruzione, a svolgere una attività lavorativa, ad usufruire dei canali della formazione, dell’orientamento e della tutela professionale.

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Direttiva 2003/86/CE del Consiglio del 22 settembre 2003 relativa al diritto al ricongiungimento familiare

Il Consiglio dell’Unione europea….visto e considerando….ha adottato la presente direttiva:

Capo I Disposizioni generali

Articolo 1 Lo scopo della presente direttiva è quello di fissare le condizioni dell’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare di cui dispongono i cittadini di paesi terzi, che risiedono legalmente nel territorio degli Stati membri. Articolo 2 Ai fini della presente direttiva, si intende per: - “cittadino di un paese terzo”: chiunque non sia cittadino dell’Unione ai sensi

dell’articolo 17, paragrafo 1, del trattato; - “rifugiato”: il cittadino di un paese terzo o l’apolide cui sia riconosciuto lo

status di rifugiato ai sensi della convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 28 luglio 1951, modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967;

- “soggiornante”: il cittadino di un paese terzo legalmente soggiornante in uno Stato membro che chiede o i cui familiari chiedono il ricongiungimento familiare;

- “ricongiungimento familiare”: l’ingresso ed il soggiorno in uno Stato membro dei familiari di un cittadino di un paese terzo che soggiorna legalmente in tale Stato membro, al fine di conservare l’unità familiare, indipendentemente dal fatto che il legame familiare sia anteriore;

- “permesso di soggiorno”: un’autorizzazione rilasciata dalle autorità di uno Stato membro che consente ad un cittadino di un paese terzo di soggiornare legalmente sul proprio territorio, in conformità delle disposizioni dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), del regolamento CE n. 1030/2002 del Consiglio, del 13 giugno 2002, che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paese terzi;

- “minore non accompagnato”: il cittadino di paesi terzi o l’apolide di età inferiore ai diciotto anni, che giunga nel territorio dello Stato membro senza essere accompagnato da un adulto che ne sia responsabile in base alla legge o agli usi, fino a quando non sia effettivamente affidato ad un tale adulto, od il minore che viene abbandonato dopo essere entrato nel territorio degli Stati membri.

Articolo 3 La presente direttiva si applica quando il soggiornante è titolare di un permesso di soggiorno rilasciato da tale Stato membro per un periodo di validità pari o superiore ad un anno, ed ha una fondata prospettiva di ottenere il diritto di

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soggiornare in modo stabile, se i membri della sua famiglia sono cittadini di paese terzi, indipendentemente dal loro status giuridico. La presente direttiva non si applica quando il soggiornante: - chiede il riconoscimento dello status di rifugiato e la sua domanda non è

ancora stata oggetto di una decisione definitiva; - è autorizzato a soggiornare in uno Stato membro in virtù di una protezione

temporanea o ha chiesto l’autorizzazione a soggiornare per questo stesso motivo ed è in attesa di una decisione sul suo status;

- è autorizzato a soggiornare in uno Stato membro in virtù di forme sussidiarie di protezione, conformemente agli obblighi internazionali, alle legislazioni nazionali o alle prassi degli Stati membri, o abbia chiesto l’autorizzazione a soggiornare per lo stesso motivo ed è in attesa di una decisione sul suo status.

La presente direttiva non si applica ai familiari di cittadini dell’Unione. La presente direttiva fa salve le disposizioni più favorevoli contenute: - negli accordi bilaterali e multilaterali stipulati tra la Comunità o tra la

Comunità ed i suoi Stati membri, da una parte, e dei paese terzi, dall’altra; - nella Carta sociale europea del 18 ottobre 1961, nella Carta sociale europea

riveduta del 3 maggio 1987 e nella convenzione europea relativa allo status di lavoratore migrante del 24 novembre 1977.

La presente direttiva lascia impregiudicata la facoltà degli Stati membri di adottare o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli.

Capo II Familiari

Articolo 4 In virtù della presente direttiva e subordinatamente alle condizioni stabilite al capo IV e all’articolo 16, gli Stati membri autorizzano l’ingresso od il soggiorno dei seguenti familiari: - il coniuge del soggiornante; - i figli minorenni del soggiornante e del coniuge, compresi i figli adottati

secondo una decisione presa dall’autorità competente dello stato membro interessato od una decisione automaticamente applicabile in virtù di obblighi internazionali contratti dallo Stato membro o che deve essere riconosciuta conformemente a degli obblighi internazionali;

- i figli minorenni, compresi quelli adottati, del soggiornante, quando quest’ultimo sia titolare dell’affidamento e responsabile del loro mantenimento. Gli Stati membri possono autorizzare il ricongiungimento dei figli affidati ad entrambi i genitori, a condizione che l’altro titolare dell’affidamento abbia dato il suo consenso;

- i figli minorenni, compresi quelli adottati, del coniuge, quando quest’ultimo

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sia titolare dell’affidamento e responsabile del loro mantenimento. Gli Stati membri possono autorizzare il ricongiungimento dei figli affidati ad entrambi i genitori, a condizione che l’altro titolare dell’affidamento abbia dato il suo consenso.

I figli minorenni, di cui al presente articolo, devono avere un’età inferiore a quella in cui si diventa legalmente maggiorenni nello Stato membro interessato e non devono essere coniugati. In deroga alla disposizione che precede, qualora un minore abbia superato i dodici anni e giunga in uno Stato membro indipendentemente dal resto della sua famiglia, quest’ultimo, prima di autorizzarne l’ingresso ed il soggiorno ai sensi della presente direttiva, può esaminare se siano soddisfatte le condizioni per la sua integrazione richieste dalla sua legislazione in vigore al momento dell’attuazione della presente direttiva. In virtù della presente direttiva e fatto salvo il rispetto delle condizioni stabilite al capo IV, gli Stati membri possono, per via legislativa o regolamentare, autorizzare l’ingresso ed il soggiorno dei seguenti familiari: - gli ascendenti diretti di primo grado del soggiornante o del suo coniuge,

quando sono a carico di questi ultimi e non dispongono di un adeguato sostegno familiare nel paese di origine;

- i figli adulti non coniugati del soggiornante o del suo coniuge, qualora obiettivamente non possano sovvenire alle proprie necessità in ragione del loro stato di salute.

Gli Stati membri possono, per via legislativa o regolamentare, autorizzare l’ingresso ed il soggiorno ai sensi della presente direttiva, fatto salvo il rispetto delle condizioni definite al capo IV, del partner non coniugato cittadino di un paese terzo, che abbia una relazione stabile duratura debitamente comprovata con il soggiornante, o del cittadino di un paese terzo, legato al soggiornante da una relazione formalmente registrata, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, nonché dei figli minori non coniugati, anche adottati di tali persone, come pure i figli adulti non coniugati di tali persone, qualora obiettivamente non possano sovvenire alle proprie necessità in ragione del loro stato di salute. Gli Stati membri possono decidere, relativamente al ricongiungimento familiare, di riservare ai partner legati da una relazione formalmente registrata lo stesso trattamento previsto per i coniugi. In caso di matrimonio poligamo, se il soggiornante ha già un coniuge convivente sul territorio di uno Stato membro, lo Stato membro interessato non autorizza il ricongiungimento familiare di un altro coniuge. In deroga al paragrafo 1, lettera c), gli Stati membri possono limitare il ricongiungimento familiare dei figli minorenni del soggiornante e di un altro coniuge. Per assicurare una migliore integrazione ed evitare i matrimoni forzati, gli Stati membri possono imporre un limite minimo di età per il soggiornante ed il

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coniuge, che può essere al massimo pari a ventuno anni, perché il ricongiungimento familiare possa aver luogo. In deroga alla disposizione precedente, gli Stati membri possono richiedere che le domande riguardanti il ricongiungimento familiare di figli minori debbano essere presentate prima del compimento del quindicesimo anno di età, secondo quanto previsto dalla loro legislazione in vigore al momento dell’attuazione della presente direttiva. Ove dette richieste vengano presentate oltre il quindicesimo anno di età, gli Stati membri che decidono di applicare la presente deroga autorizzano l’ingresso ed il soggiorno di siffatti figli per motivi diversi dal ricongiungimento familiare.

Capo III Presentazione ed esame della domanda

Articolo 5 Gli Stati membri determinano se, per esercitare il diritto al ricongiungimento familiare, la domanda di ingresso e di soggiorno debba essere presentata alle autorità competenti dello Stato membro interessato dal soggiornante o dal familiare o dai familiari. La domanda è corredata dei documenti che comprovano i vincoli familiari ed il rispetto delle condizioni previste dagli articoli 7 e 8, e di copie autentiche dei documenti di viaggio del membro o dei familiari. Ove opportuno, per ottenere la prova dell’esistenza di vincoli familiari, gli Stati membri possono convocare per colloqui il soggiornante ed i suoi familiari e condurre altre indagini che ritengano necessarie. Nell’esaminare una domanda concernente il partner non coniugato del soggiornante, gli Stati membri tengono conto, per stabilire se effettivamente esista un vincolo familiare, di elementi quali un figlio comune, una precedente coabitazione, la registrazione formale della relazione ed altri elementi di prova affidabili. La domanda è presentata ed esaminata quando i familiari soggiornano all’esterno del territorio dello Stato membro nel cui territorio risiede il soggiornante. In deroga alla disposizione che precede, uno Stato membro può accettare, in determinate circostanze, che una domanda sia presentata quando i familiari si trovano già nel suo territorio. Non appena possibile e comunque entro nove mesi dalla data di presentazione della domanda, le autorità competenti dello Stato membro comunicano per iscritto, alla persona che ha presentato la domanda, la loro decisione. In circostanze eccezionali, dovute alla complessità della domanda da esaminare, il termine di cui al comma precedente può essere prorogato. La decisione di rifiuto della domanda è debitamente motivata. Eventuali conseguenze della mancata decisione allo scadere del termine di cui al primo comma sono disciplinate dalla legislazione nazionale dello Stato membro interessato. Nell’esame della domanda, gli Stati membri tengono nella dovuta considerazione l’interesse superiore dei minori.

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Capo IV Condizioni richieste per l’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare

Articolo 6 Gli Stati membri possono respingere una domanda di ingresso e soggiorno dei familiari per ragioni di ordine pubblico, di sicurezza pubblica o di sanità pubblica. Gli Stati membri possono revocare o rifiutare di rinnovare il permesso di soggiorno di un familiare per ragioni di ordine pubblico, di sicurezza pubblica o di sanità pubblica. Nell’adottare la pertinente decisione, gli Stati membri tengono conto, oltre che dell’articolo 17, della gravità o del tipo di reato contro l’ordine pubblico o la sicurezza pubblica, commesso da un familiare o dei pericoli rappresentati da questa persona. L’insorgere di malattie od infermità, dopo il rilascio del permesso di soggiorno, non può di per sé giustificare il rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno o l’allontanamento dal territorio da parte dell’autorità competente dello Stato membro interessato. Articolo 7 Al momento della presentazione della domanda di ricongiungimento familiare, lo Stato membro interessato può chiedere, alla persona che ha presentato la richiesta, di dimostrare che il soggiornante dispone: - di un alloggio considerato normale per una famiglia analoga nella stessa

regione e che corrisponda alle norme generali di sicurezza e di salubrità in vigore nello Stato membro interessato;

- di un’assicurazione contro le malattie, che copra tutti i rischi di norma coperti per i cittadini dello Stato membro interessato, per se stesso e per i suoi familiari;

- di risorse stabili e regolari, sufficienti per mantenere se stesso ed i suoi familiari senza ricorrere al sistema di assistenza sociale dello Stato membro interessato. Gli Stati membri valutano queste risorse rispetto alla loro natura e regolarità e possono tener conto della soglia minima delle retribuzioni e delle pensioni nazionali, nonché del numero di familiari.

Gli Stati membri possono chiedere ai cittadini di paesi terzi di soddisfare le misure di integrazione, conformemente alla legislazione nazionale. In riferimento ai rifugiati e/o ai loro familiari, di cui all’articolo 12, le misure di integrazione, di cui al primo comma, possono essere applicate soltanto dopo che alle persone interessate sia stato accordato il ricongiungimento familiare. Articolo 8 Gli Stati membri possono esigere che il soggiornante, prima di farsi raggiungere dai suoi familiari, abbia soggiornato legalmente nel loro territorio per un periodo non superiore a due anni. In deroga alla disposizione che precede, qualora, in

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materia di ricongiungimento familiare, la legislazione in vigore in uno Stato membro al momento dell’adozione della presente direttiva tenga conto della sua capacità di accoglienza, questo Stato membro può prevedere un periodo di attesa non superiore a tre anni tra la presentazione della domanda di ricongiungimento ed il rilascio del permesso di soggiorno ai familiari.

Capo V Ricongiungimento familiare dei rifugiati

Articolo 9 Le disposizioni del presente capo si applicano al ricongiungimento familiare dei rifugiati riconosciuti dagli Stati membri. Gli Stati membri possono limitare l’applicazione delle disposizioni del presente capo ai rifugiati, i cui vincoli familiari siano anteriori al loro ingresso. Il presente capo lascia impregiudicata qualsiasi norma che accordi lo status di rifugiati ai familiari. Articolo 10 L’articolo si applica alla definizione di familiari con l’eccezione del terzo comma del paragrafo 1 di tale articolo, che non si applica ai figli dei rifugiati. Gli Stati membri possono autorizzare il ricongiungimento di altri familiari non previsti all’articolo 4, qualora essi siano a carico del rifugiato. Se il rifugiato è un minore non accompagnato, gli Stati membri: - autorizzano l’ingresso ed il soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare

degli ascendenti diretti di primo grado, senza applicare le condizioni previste all’articolo 4, paragrafo 2, lettera a);

- possono autorizzare l’ingresso ed il soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare del suo tutore legale o di altro familiare, quando il rifugiato non abbia ascendenti diretti o sia impossibile rintracciarli.

Articolo 11 Per quanto concerne la presentazione e l’esame delle domande si applicano le disposizioni dell’articolo 5, fatto salvo il paragrafo 2 del presente articolo. Qualora un rifugiato non possa fornire documenti ufficiali, che provino i suoi vincoli familiari, gli Stati membri tengono conto anche di altri mezzi idonei a provare l’esistenza di tali vincoli, da valutare conformemente alla legislazione nazionale. Il rigetto della domanda non può essere motivato unicamente dall’assenza di documenti probatori. Articolo 12 In deroga all’articolo 7, gli Stati membri non chiedono al rifugiato, ad un suo familiare o ai suoi familiari di fornire, in merito alle domande relative ai familiari, di cui all’articolo 4, paragrafo 1, la prova che il rifugiato soddisfa le condizioni stabilite nell’articolo 7. Fatti salvi gli obblighi internazionali, se il ricongiungimento familiare è possibile in un paese terzo, con il quale il soggiornante / familiare ha legami particolari, gli Stati membri possono chiedere

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la prova di cui al primo comma. Gli Stati membri possono chiedere che il rifugiato soddisfi le condizioni di cui all’articolo 7, paragrafo 1, se la domanda di ricongiungimento familiare non è presentata entro tre mesi dalla concessione dello status di rifugiato. In deroga all’articolo 8, gli Stati membri non esigono che il rifugiato, prima di farsi raggiungere dai suoi familiari, abbia soggiornato sul loro territorio per un certo periodo di tempo.

Capo VI Ingresso e soggiorno dei familiari

Articolo 13 Una volta accettata la domanda di ricongiungimento familiare, lo Stato membro interessato autorizza l’ingresso del familiare o dei familiari. A tal fine, lo Stato membro interessato agevola il rilascio dei visti necessari per queste persone. Lo Stato membro interessato rilascia ai familiari un primo permesso di soggiorno, con un periodo di validità di almeno un anno. Questo permesso di soggiorno è rinnovabile. Il periodo di validità dei permessi di soggiorno concessi al familiare od ai familiari non può, in linea di principio, andare oltre la data di scadenza del permesso di soggiorno del soggiornante. Articolo 14 I familiari del soggiornante hanno diritto, come il soggiornante: - all’accesso all’istruzione; - all’accesso ad una attività lavorativa dipendente o autonoma; - all’accesso all’orientamento, alla formazione, al perfezionamento ed

all’aggiornamento professionale. Gli Stati membri possono decidere in base alla legislazione nazionale le condizioni alle quali i familiari possono esercitare un’attività lavorativa dipendente od autonoma. Tali condizioni fissano un termine che non può comunque eccedere dodici mesi, durante il quale gli Stati membri possono valutare la situazione del proprio mercato del lavoro prima di autorizzare i familiari ad esercitare un’attività dipendente o autonoma. Gli Stati membri possono limitare l’accesso ad una attività lavorativa dipendente o ad un’attività autonoma da parte degli ascendenti diretti di primo grado e dei figli maggiorenni non coniugati di cui all’articolo 4, paragrafo 2. Articolo 15 Trascorso un periodo massimo di cinque anni di soggiorno e sempre che al familiare non sia stato rilasciato un permesso di soggiorno per motivi diversi dal ricongiungimento familiare, il coniuge o il partner non coniugato ed il figlio diventato maggiorenne hanno diritto, previa domanda, ove richiesta, ad un permesso di soggiorno autonomo, indipendente da quello del soggiornante. Gli Stati membri possono limitare la concessione del permesso di soggiorno, di cui

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al primo comma, al solo coniuge o al partner non sposato in caso di rottura del vincolo familiare. Gli Stati membri possono concedere un permesso di soggiorno autonomo ai figli adulti ed agli ascendenti diretti, di cui all’articolo 4, paragrafo 2. In caso di vedovanza, divorzio, separazione o decesso di ascendenti o discendenti diretti di primo grado, un permesso di soggiorno autonomo può essere rilasciato, previa domanda, ove richiesta, alle persone entrate in virtù del ricongiungimento familiare. Gli Stati membri adottano disposizioni atte a garantire che un permesso di soggiorno autonomo sia rilasciato quando situazioni particolarmente difficili lo richiedano. I requisiti relativi al rilascio ed alla durata del permesso di soggiorno autonomo sono stabiliti dalla legislazione nazionale.

Capo VII Sanzioni e mezzi di ricorso

Articolo 16 Gli Stati membri possono respingere la domanda di ingresso e di soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare o, se del caso, rit irare o rifiutare il rinnovo del permesso di soggiorno di un familiare in uno dei casi seguenti: - qualora le condizioni fissate dalla presente direttiva non siano, o non siano

più, soddisfatte. Nel rinnovare il permesso di soggiorno, qualora il soggiornante non abbia risorse sufficienti che gli consentano di non ricorrere al sistema di assistenza sociale dello stato membro, di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), lo Stato membro tiene conto del contributo dei familiari al reddito familiare;

- qualora il soggiornante ed il suo familiare o i suoi familiari non abbiano o non abbiano più un vincolo coniugale o familiare effettivo;

- qualora si constati che il soggiornante od il partner non coniugato è coniugato o ha una relazione stabile durevole con un’altra persona.

Gli Stati membri possono inoltre respingere la domanda di ingresso e di soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare, oppure ritirare o rifiutare il rinnovo del permesso di soggiorno dei familiari se è accertato che: - sono state utilizzate informazioni false od ingannevoli, sono stati utilizzati

documenti falsi o falsificati, ovvero è stato fatto ricorso alla frode o ad altri mezzi illeciti;

- il matrimonio, la relazione stabile o l’adozione hanno avuto luogo allo scopo esclusivo di permettere all’interessato di entrare o soggiornare in uno Stato membro.

Nel procedere ad una valutazione ai sensi della presente lettera, gli Stati membri possono tenere in particolare considerazione il fatto che il contratto di matrimonio, relazione stabile o adozione sia stato stipulato successivamente al rilascio del permesso di soggiorno al soggiornante.

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Gli Stati membri possono ritirare o rifiutare di rinnovare il permesso di soggiorno di un familiare, quando sia posto fine al soggiorno del soggiornante ed il familiare non sia ancora titolare del diritto al permesso di soggiorno autonomo in virtù dell’articolo 15. Gli Stati membri possono procedere a controlli ed ispezioni specifiche, qualora esista una fondata presunzione di frode o di matrimonio, relazione stabile, o adozione fittizi come definiti al paragrafo 2. Controlli specifici possono essere effettuati anche in occasione del rinnovo del permesso di soggiorno dei familiari. Articolo 17 In caso di rigetto di una domanda, di ritiro o di mancato rinnovo del permesso di soggiorno o di adozione di una misura di allontanamento nei confronti del soggiornante o dei suoi familiari, gli Stati membri prendono nella dovuta considerazione la natura e la solidità dei vincoli familiari della persona e la durata del suo soggiorno nello Stato membro, nonché l’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo paese d’origine. Articolo 18 Gli Stati membri assicurano che il soggiornante e/o i suoi familiari abbiano diritto a proporre impugnativa in caso di rigetto della domanda di ricongiungimento familiare, di mancato rinnovo o di ritiro del permesso di soggiorno o di adozione di una misura di allontanamento. Le modalità da seguire e la competenza ad esercitare il diritto di cui al primo comma sono stabilite dagli Stati membri interessati.

Capo VIII Disposizioni finali

Articolo 19 Periodicamente e per la prima volta al più tardi entro il 3 ottobre 2007, la Commissione presenta al Parlamento europeo ed al Consiglio una relazione sull’applicazione negli Stati membri della presente direttiva e propone, se del caso, le modifiche necessarie. Queste proposte di modifica riguardano in via prioritaria le disposizioni di cui agli articoli 3, 4, 7, 8 e 13. Articolo 20 Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 3 ottobre 2005. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tali riferimenti sono decise dagli Stati membri.

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Articolo 21 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea. Articolo 22 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.

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IL 2003: ANNO EUROPEO

DELLA DISABILITA’

Non si può, infine, non ricordare che il Consiglio dell’Unione Europea, con la Decisione del 3/12/2001, ha istituito l’Anno europeo delle persone con disabilità. Ciò fa senz’altro onore alla Comunità europea, che ha dimostrato notevole sensibilità ed interesse su tali problematiche, con miriadi di encomiabili iniziative, che si sono svolte ovunque ed in ogni sede, per farsi carico e promuovere in ogni luogo la cultura del rispetto e della dignità per ogni persona, sia essa abile che diversamente abile. Nei giorni dal 5 al 7 dicembre 2003 si è svolta a Roma la manifestazione di chiusura dell’Anno europeo delle persone con disabilità. All’evento si è data la massima solennità ed importanza e ciò sta a significare certamente quanto stia a cuore a tutte le persone di buona volontà un tale tema, così vitale e delicato. L’evento, infatti, è stato organizzato in collaborazione con la Commissione europea, la Presidenza italiana del Consiglio dei ministri, Dipartimento per le politiche Comunitarie, ed il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Alla suddetta manifestazione hanno partecipato, pure, 500 delegati accreditati, provenienti dai vari Stati europei. Tra gli invitati, i ministri competenti per le politiche sulla disabilità, i rappresentanti delle Organizzazioni non governative a livello europeo, partner sociali, rappresentanti del Parlamento europeo, esponenti del mondo universitario, prestatori di servizi, rappresentanti delle imprese europee, giornalisti, rappresentanti delle Agenzie europee ed organismi internazionali, esperti giuridici, rappresentanti del Comitato Consultivo per l’Handicap e personalità che si sono adoperate per l’organizzazione dell’Anno europeo, dedicato appunto al tema della disabilità. Sono state esaminate, con l’occasione, le strategie di intervento degli Stati membri dell’Unione europea sulle tematiche della disabilità, con particolare riferimento alla conoscenza dei diritti, al sostegno alle famiglie delle persone con disabilità ed all’accesso al lavoro e ad ogni altro ambito sociale.

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LA NUOVA COSTITUZIONE

EUROPEA

Durante il vertice di Bruxelles del 18 giugno 2004, i 25 Capi di Stato e di Governo dell’Unione europea hanno approvato la Costituzione per l’Europa. La storica firma è avvenuta a Roma

in Campidoglio in data 28 ottobre 2004. Un risultato storico per l’Unione europea. La Costituzione europea dovrà essere ratificata da

tutti i 25 Stati membri dell’Unione, o per via parlamentare o con referendum popolari. La Costituzione, una volta ratificata da tutti i Paesi membri, entrerà in vigore a partire dal

2009 per alcuni aspetti, e dal 2014 per altri. Fino a quelle date, l’Unione europea continuerà a funzionare come ora, con i Trattati in vigore.

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INTRODUZIONE Il 28 ottobre del 2004 è stato firmato a Roma, in Campidoglio, il testo della nuova Costituzione europea dai Capi di Stato e di Governo dei 25 Stati membri. Con la nuova Costituzione sono stati riuniti in un unico testo i quattro trattati che hanno finora governato l’Europa, da quello di Roma a quello di Nizza. L’Unione Europea, una volta entrata in vigore la nuova Costituzione, avrà una sola personalità giuridica, un’unica politica estera e di difesa, ed un’unica impostazione, che faciliterà certamente la guida di una grande comunità, oggi di ben 25 Stati, ma che in futuro saranno sicuramente di più. La continuità sarà garantita da un Presidente dell’Unione eletto a maggioranza, che resterà in carica due anni e mezzo, con un mandato rinnovabile solo una volta. Il Presidente avrà poteri rappresentativi, ma anche organizzativi ed il suo compito sarà quello di guidare i lavori del Consiglio Europeo e di assicurarne la continuità. Fino ad ora, la presidenza di turno dell’Unione Europea è sempre stata di solo sei mesi, con impossibilità di ogni politica comunitaria coerente. L’altra figura nuova sarà il Ministro degli esteri della Unione Europea, che farà parte della Commissione, ne sarà vicepresidente e dipenderà anche dal Consiglio. Il Ministro dovrà garantire la politica estera comune europea. Sono state pure superate le difficoltà di accordo per quanto riguarda il sistema di voto nel Consiglio Europeo e la delimitazione dei settori in cui le decisioni verranno prese ancora all’unanimità, il che attribuisce il diritto di veto anche al più piccolo Stato dei venticinque membri della comunità. La presidenza irlandese è riuscita a far accettare un sistema di voto in cui la maggioranza si ottiene con il 55 % dei Paesi che rappresentino il 65 % della popolazione della Unione Europea. Però il 55 % dei Paesi membri deve rappresentare almeno 15 Stati. Tale meccanismo è stato accettato dalla Gran Bretagna anche per la politica estera e di difesa, economica, per la giustizia e gli affari interni. Non cambia invece la procedura per i deficit eccessivi; non cambia nemmeno l’articolo sulla procedura per l’ammissione di un Paese membro nell’area euro. Quando però le proposte sulle quali si vota non sono della Commissione o del Ministro degli esteri, la maggioranza viene ottenuta con un 72 % dei Paesi che rappresentino anche il 65 % della popolazione. La Commissione avrà un membro per Paese e poi i suoi componenti, a partire dal 2014, passeranno a 18. Il Parlamento avrà 750 deputati, con un minimo di 6 ed un massimo di 96 per Stato, in base al numero degli abitanti. Infine, nonostante la esplicita richiesta di alcuni Stati membri, non si è ritenuto di dover inserire nel preambolo della nuova Costituzione Europea il riferimento esplicito alle radici cristiane dell’Europa, con disappunto della Santa Sede.

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In sintesi, dunque, le principali novità introdotte dalla Costituzione

Diritti fondamentali Nella parte II della Costituzione è stata inserita la Carta dei diritti fondamentali. Le istituzioni, gli organi e le agenzie dell’Unione europee sono tenuti al rispetto dei diritti che essa sancisce. Gli stessi obblighi incombono sugli Stati membri nell’attuazione del diritto dell’Unione. Il rispetto di queste norme è assicurato dalla Corte di Giustizia.

Democraticità La Costituzione definisce per la prima volta i fondamenti democratici dell’Unione e prevede nuovi obblighi a carico delle istituzioni in materia di consultazione della società civile, trasparenza, accesso ai documenti e protezione dei dati di carattere personale. Il testo sancisce inoltre il ruolo delle parti sociali e prevede per l’Unione l’obbligo di mantenere un dialogo regolare con le chiese e le organizzazioni non confessionali.

Strumenti Nell’ottica della semplificazione la Costituzione riduce a sei gli strumenti di cui l’Unione dispone per condurre la sua azione: la legge, la legge quadro, il regolamento, la decisione, la raccomandazione ed il parere.

Procedure La Costituzione generalizza la codecisione come iter legislativo standard. Il Consiglio adotterà le proprie decisioni a maggioranza, salvo nei casi in cui è espressamente prevista un’altra procedura, come per esempio l’unanimità. A decorrere dal 2009 si passerà al sistema a doppia maggioranza: una norma è adottata quando raggiunge il consenso di almeno il 55 % degli Stati, che rappresentino almeno il 65 % della popolazione dell’Unione europea.

Ministro degli affari esteri La sua istituzione è finalizzata a garantire maggiore coerenza all’azione esterna dell’Unione, sia a livello politico e sia economico. Esercita contemporaneamente le funzioni attualmente affidate all’alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune ed al commissario alle relazioni esterne.

Presidente del Consiglio europeo Viene istituita una figura permanente di presidente eletto dal Consiglio europeo per un periodo di due anni e mezzo, con mandato rinnovabile una sola volta. Il presidente ha il compito di presiedere ed animare i lavori del Consiglio europeo ed assicura anche la rappresentanza ad alto livello dell’Unione per le materie relative alla politica estera e di sicurezza comune.

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Composizione della Commissione La Costituzione prevede che, a decorrere dal 2014, la Commissione abbia una composizione ridotta ad un numero di membri corrispondente ai due terzi del numero degli Stati: I commissari saranno a quel punto scelti in base ad un sistema di rotazione paritaria tra i Paesi dell’Unione.

Le tappe che hanno portato all’approvazione della Costituzione europea

Dicembre 2001 – Consiglio di Laenken Si approva la “dichiarazione di Laenken”, che istituisce la Convenzione incaricata di preparare una bozza di Costituzione europea. La Convenzione riunisce i principali soggetti interessati, tra cui i rappresentanti degli Stati membri e di quelli candidati all’adesione e 16 parlamentari europei. 28 febbraio 2002 – inizio dei lavori della Convenzione La riunione consultiva della Convenzione ha luogo nella sede del Parlamento europeo di Bruxelles. 20/21 giugno 2003 – Consiglio europeo di Salonicco Viene presentato ai Capi di Stato e di Governo il testo delle prime due parti del progetto di trattato costituzionale elaborato dalla Convenzione. Viene convocata la Conferenza intergovernativa incaricata di mettere a punto il testo definitivo della Costituzione europea. 10 luglio 2003 – chiusura dei lavori della Convenzione Vengono conclusi i lavori della Convenzione ed adottato per consenso il testo completo della Costituzione europea. 18 luglio 2003 – consegna del testo elaborato dalla Convenzione Viene consegnato all’Italia, che ha in quel momento la presidenza di turno dell’Unione europea, il testo definitivo, che dovrà essere discusso dalla Conferenza intergovernativa. 4 ottobre 2003 – riunione della Conferenza intergovernativa a Roma Ha luogo a Roma la prima riunione della Conferenza intergovernativa, essendo in corso la presidenza italiana dell’Unione europea. Il Parlamento europeo fa notare che il testo finale si sarebbe dovuto discostare il meno possibile dal progetto adottato dalla Convenzione. I Capi di Stato e di Governo adottano la dichiarazione di Roma. 12/13 dicembre 2003 – vertice europeo a Bruxelles Non viene raggiunto un accordo sulla Costituzione europea, poiché il testo uscito dalla Convenzione è stato corretto e rivisto. Il tutto passa ora alla nuova presidenza irlandese dell’Unione europea.

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25/26 marzo 2004 – vertice europeo a Bruxelles I rappresentanti dei Paesi dell’Unione europea si impegnano formalmente a ricercare un accordo per dare all’Unione una Costituzione entro giugno. 17/18 giugno – vertice europeo Dopo un primo accordo fra i Ministri degli esteri dei 25, i Capi di Stato e di Governo dei 25 raggiungono un compromesso sui punti ancora aperti del testo della Costituzione europea

*** Il Trattato costituzionale, approvato dal Consiglio Europeo, è composto dal preambolo e da quattro parti: - la prima parte contiene le disposizioni che definiscono l’Unione, i suoi obiettivi,

le sue competenze, le sue istituzioni; - la seconda parte incorpora la Carta dei diritti fondamentali; - la terza parte riguarda le politiche ed il funzionamento dell’Unione Europea; - la quarta parte contiene le clausole finali.

Preambolo

della nuova Costituzione Consapevoli che l’Europa è un continente portatore di civiltà; che i suoi abitanti, giunti in ondate successive fin dagli albori dell’umanità, vi hanno progressivamente sviluppato i valori che sono alla base dell’umanesimo: uguaglianza degli essere umani, libertà, rispetto della ragione. Ispirandosi alle eredità culturali, religiose ed umanistiche dell’Europa, i cui valori, sempre presenti nel suo patrimonio, hanno ancorato nella vita della società il ruolo centrale della persona, dei suoi diritti inviolabili ed inalienabili ed il rispetto del diritto. Convinti che l’Europa, ormai riunificata, intende proseguire questo percorso di civiltà, di progresso e di prosperità per il bene di tutti i suoi abitanti, compresi i più deboli e bisognosi. Persuasi che i popoli dell’Europa, pur restando fieri della loro identità e della loro storia nazionale, sono decisi a superare le antiche divisioni ed uniti in modo sempre più stretto, a forgiare il loro comune destino. Certi che, “unita nella diversità”, l’Europa offre loro le migliori possibilità di proseguire, nel rispetto dei diritti di ciascuno e nella consapevolezza delle loro responsabilità nei confronti delle generazioni future e della Terra, la grande avventura che fa di essa uno spazio privilegiato della speranza umana. Riconoscenti ai membri della Convenzione europea di aver elaborato la presente Costituzione a nome dei cittadini e degli Stati d’Europa, i Capi di Stato e di Governo dell’Unione, dopo avere scambiato i loro pieni poteri, riconosciuti in buona e debita forma, hanno convenuto le disposizioni che seguono:

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PARTE PRIMA DISPOSIZIONI, OBIETTIVI, COMPETENZE, ISTITUZIONI

TITOLO I Articolo 1 istituzione dell’Unione Ispirata alla volontà dei cittadini e degli Stati d’Europa di costruire un futuro comune, la presente Costituzione istituisce l’Unione Europea, alla quale gli Stati membri conferiscono competenze per conseguire obiettivi comuni. L’Unione coordina le politiche degli Stati membri dirette al conseguimento di tali obiettivi ed esercita sul modello comunitario le competenze che essi le trasferiscono. L’Unione è aperta a tutti gli Stati europei che rispettano i suoi valori e si impegnano a promuoverli congiuntamente. Articolo 2 valori dell’Unione L’Unione si fonda sui valori della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello stato di diritto e del rispetto dei diritti umani. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società fondata sul pluralismo, sulla tolleranza, sulla giustizia, sulla solidarietà e sulla non discriminazione. Articolo 3 obiettivi dell’Unione L’Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori ed il benessere dei suoi popoli. L’Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, senza frontiere interne ed un mercato unico nel quale la concorrenza è libera e non distorta. L’Unione si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata, un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione ed al progresso sociale, ed un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente. L’Unione promuove il progresso scientifico e tecnico. Combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne ed uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti dei minori. Promuove la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri. Rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e vigila alla salvaguardia ed allo sviluppo del patrimonio culturale europeo. Nelle relazioni con il resto del mondo, l’Unione afferma e promuove i suoi valori ed interessi. Contribuisce alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà ed al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all’eliminazione della povertà ed alla tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti dei minori, ed alla rigorosa osservanza ed allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite. Tali obiettivi sono perseguiti con i mezzi appropriati, in ragione delle competenze attribuite all’Unione nella Costituzione.

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Articolo 4 - libertà fondamentali e non discriminazione La libera circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali e la libertà di stabilimento sono garantite all’interno e da parte dell’Unione in conformità delle disposizioni della Costituzione. Nel campo di applicazione della Costituzione e fatte salve le disposizioni particolari da essa previste, è vietata qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità. Articolo 5 – relazioni tra l’Unione e gli Stati membri L’Unione rispetta l’identità nazionale degli Stati membri legata alla loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, compreso il sistema delle autonomie regionali e locali. Rispetta le funzioni essenziali dello Stato, in particolare le funzioni di salvaguardia dell’integrità territoriale, di mantenimento dell’ordine pubblico e di tutela della sicurezza interna. Secondo il principio di leale cooperazione, l’Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell’adempimento dei compiti derivanti dalla Costituzione. Gli Stati membri agevolano l’Unione nell’adempimento dei suoi compiti e si astengono da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi enunciati nella Costituzione. Articolo 6 - personalità L’Unione ha personalità giuridica.

TITOLO II diritti fondamentali e cittadinanza dell’Unione

Articolo 7 diritti fondamentali L’Unione riconosce i diritti, le libertà ed i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali, che costituiscono la parte II della Costituzione. L’Unione persegue l’adesione alla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell’Unione definite nella Costituzione. I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione, in quanto principi generali. Articolo 8 cittadinanza dell’Unione E’ cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell’Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce. I cittadini dell’Unione godono dei diritti e sono soggetti ai doveri previsti dalla Costituzione. Tali diritti comprendono: - il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati

membri;

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- il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo ed alle elezioni comunali nello Stato membro in cui risiedono, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato;

- il diritto di godere, nel territorio di un paese terzo nel quale lo Stato membro di cui hanno la cittadinanza non è rappresentato, della tutela da parte delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato;

- il diritto di presentare petizioni al Parlamento europeo, di ricorrere al mediatore europeo, di rivolgersi alle istituzioni o agli organi consultivi dell’Unione in una delle lingue della Costituzione e di ricevere una risposta nella stessa lingua.

Tali diritti sono esercitati secondo le condizioni ed i limiti definiti dalla Costituzione e dalle disposizioni adottate per la sua applicazione.

TITOLO III

competenze dell’Unione

Articolo 9 – principi fondamentali La delimitazione delle competenze dell’Unione si fonda sul principio di attribuzione. L’esercizio delle competenze dell’Unione si fonda sui principi di sussidiarietà e proporzionalità. In virtù del principio di attribuzione, l’Unione agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite dagli Stati membri nella Costituzione, al fine di realizzare gli obiettivi da questa stabiliti. Qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nella Costituzione appartiene agli stati membri. In virtù del principio di sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva, l’Unione interviene soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente raggiunti dagli Stati membri, sia a livello centrale, sia a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell’azione in questione, essere meglio raggiunti a livello di Unione. Le istituzioni dell’Unione applicano il principio di sussidiarietà conformemente al Protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato alla Costituzione. I parlamenti nazionali vigilano sul rispetto di tale principio secondo la procedura prevista in detto protocollo. In virtù del principio di proporzionalità, il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione non vanno al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi della Costituzione. Le istituzioni applicano il principio di proporzionalità conformemente al protocollo di cui al paragrafo 3. Articolo 10 – diritto dell’Unione La Costituzione ed il diritto adottato dalle istituzioni dell’Unione nell’esercizio delle competenze a questa attribuite hanno prevalenza sul diritto degli Stati membri. Gli Stati membri adottano tutte le misure di carattere generale e particolare atte ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dalla Costituzione o conseguenti agli atti delle istituzioni dell’Unione.

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Articolo 11 – categorie di competenze Quando la Costituzione attribuisce all’Unione una competenza esclusiva in un determinato settore, l’Unione è l’unica a poter legiferare ed adottare atti giuridicamente obbligatori. Gli Stati membri possono farlo autonomamente solo se autorizzati dall’Unione oppure per attuare gli atti da questa adottati. Quando la Costituzione attribuisce all’Unione una competenza concorrente con quella degli Stati membri in un determinato settore, l’Unione e gli Stati membri hanno la facoltà di legiferare ed adottare atti giuridicamente obbligatori in tale settore. Gli Stati membri esercitano la loro competenza nella misura in cui l’Unione non ha esercitato la propria o ha deciso di cessare di esercitarla. L’Unione ha competenza per promuovere le politiche economiche e dell’occupazione degli Stati membri ed assicurarne il coordinamento. L’Unione ha competenza per la definizione e l’attuazione di una politica estera e di sicurezza comune, compresa la definizione progressiva di una politica di difesa comune. Per taluni settori ed alle condizioni previste dalla Costituzione, l’Unione ha competenza per svolgere azioni intese a sostenere, coordinare od integrare l’azione degli Stati membri, senza tuttavia sostituirsi alla loro competenza in tali settori. La portata e le modalità di esercizio delle competenze dell’Unione sono determinate dalle disposizioni specifiche di ciascun settore della parte III. Articolo 12 – competenze esclusive L’Unione ha competenza esclusiva per definire le regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno e nei seguenti settori: - politica monetaria per gli Stati membri che hanno adottato l’euro, - politica commerciale comune, - unione doganale, - conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica comune

della pesca. L’Unione ha competenza esclusiva per la conclusione di accordi internazionali allorché tale conclusione è prevista in un atto legislativo dell’Unione, o è necessaria per consentirle di esercitare le sue competenze a livello interno od incide su un atto interno dell’Unione. Articolo 13 settori di competenza concorrente L’Unione ha una competenza concorrente con quella degli Stati membri quando la Costituzione le attribuisce una competenza che non rientra nei settori di cui agli articoli 12 e 16. Le competenze concorrenti tra l’Unione e gli Stati membri si applicano ai seguenti settori principali: - mercato interno - spazio di libertà, sicurezza e giustizia - agricoltura e pesca, tranne la conservazione delle risorse biologiche del mare - trasporti e reti transeuropee

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- energia - politica sociale, per quanto riguarda gli aspetti definiti nella parte III - coesione economica, sociale e territoriale - ambiente - protezione dei consumatori - problemi comuni di sicurezza in materia di sanità pubblica. Nei settori della ricerca, dello sviluppo tecnologico e dello spazio, l’Unione ha competenza per condurre azioni, segnatamente la definizione e l’attuazione di programmi, senza che l’esercizio di tale competenza possa avere per effetto di impedire agli Stati membri di esercitare la loro. Nei settori della cooperazione allo sviluppo e dell’aiuto umanitario, l’Unione ha competenza per avviare azioni e condurre una politica comune, senza che l’esercizio di tale competenza possa avere per effetto di impedire agli Stati membri di esercitare la loro. Articolo 14 – coordinamento delle politiche economiche e dell’occupazione L’Unione adotta misure intese ad assicurare il coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri, in particolare adottando indirizzi di massima per dette politiche. Gli Stati membri coordinano le loro politiche economiche nell’ambito dell’Unione. Agli Stati membri che hanno adottato l’euro si applicano disposizioni specifiche. L’Unione adotta misure intese ad assicurare il coordinamento delle politiche dell’occupazione degli Stati membri, in particolare adottando orientamenti per dette politiche. L’Unione può adottare iniziative intese ad assicurare il coordinamento delle politiche sociali degli Stati membri- Articolo 15 – politica estera e di sicurezza comune La competenza dell’Unione in materia di politica estera e di sicurezza comune comprende tutti i settori della politica estera, nonché tutte le questioni relative alla sicurezza dell’Unione, ivi compresa la definizione progressiva di una politica di difesa comune, che può condurre ad una difesa comune. Gli Stati membri sostengono attivamente e senza riserve la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione in uno spirito di lealtà e di solidarietà reciproca e rispettano gli atti adottati dall’Unione in questo settore. Si astengono da qualsiasi azione contraria agli interessi dell’Unione o tale da nuocere alla sua efficacia. Articolo 16 – settori dell’azione di sostegno, di coordinamento o di complemento L’Unione può condurre azioni di sostegno, di coordinamento o di complemento. I settori dell’azione di sostegno, di coordinamento o di complemento, nella loro finalità europea, sono i seguenti: - industria - tutela e miglioramento della salute umana - istruzione, formazione professionale, gioventù e sport - cultura

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- protezione civile. Gli atti giuridicamente obbligatori adottati dall’Unione, in base a disposizioni della parte III specificamente inerenti a tali settori, non possono comportare un’armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. Articolo 17 – clausola di flessibilità Se un’azione dell’Unione appare necessaria, nel quadro delle politiche definite nella parte III, per realizzare uno degli obiettivi stabiliti dalla Costituzione, senza che quest’ultima abbia previsto i poteri di azione richiesti a tal fine, il Consiglio dei ministri, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo, adotta le disposizioni appropriate. La Commissione, nel quadro della procedura di controllo del principio di sussidiarietà, di cui all’articolo 9, paragrafo 3, richiama l’attenzione dei parlamenti nazionali degli Stati membri sulle proposte fondate sul presente articolo. Le disposizioni adottate in base al presente articolo non possono comportare un’armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri nei casi in cui la Costituzione la esclude.

TITOLO IV istituzioni dell’Unione

Capo I

quadro istituzionale

Articolo 18 – le istituzioni dell’Unione L’Unione dispone di un quadro istituzionale unico che mira a: - perseguire gli obiettivi dell’Unione, - promuoverne i valori, - servire gli interessi dell’Unione, dei suoi cittadini e degli Stati membri, ed a garantire la coerenza, l’efficacia e la continuità delle politiche e delle azioni da essa condotte al fine di raggiungerne gli obiettivi. Tale quadro istituzionale comprende: - Il Parlamento europeo, - Il Consiglio europeo, - Il Consiglio dei ministri, - La Commissione europea, - La Corte di giustizia. Ciascuna istituzione agisce nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dalla Costituzione, conformemente alle procedure ed alle condizioni da essa previste. Le istituzioni attuano tra loro una leale cooperazione. Articolo 19 – il Parlamento europeo Il Parlamento europeo esercita, congiuntamente al Consiglio dei ministri, la funzione legislativa e la funzione di bilancio e funzioni di controllo politico e

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consultive, secondo le condizioni stabilite dalla Costituzione. Esso elegge il Presidente della Commissione europea. Il Parlamento europeo è eletto a suffragio universale diretto dai cittadini europei, con uno scrutinio libero e segreto, per un mandato di cinque anni. Il numero dei suoi membri non può essere superiore a settecentotrentasei. La rappresentanza dei cittadini europei è garantita in modo regressivamente proporzionale, con la fissazione di una soglia minima di quattro membri del Parlamento europeo per Stato membro. Con sufficiente anticipo rispetto alle elezioni del Parlamento europeo del 2009, e in seguito se necessario, per successive elezioni, il Consiglio europeo adotta all’unanimità, sulla base di una proposta del Parlamento europeo e con l’approvazione di quest’ultimo, una decisione che stabilisce la composizione del Parlamento europeo, nel rispetto dei principi summenzionati. Il Parlamento europeo elegge tra i suoi membri il presidente e l’Ufficio di presidenza. Articolo 20 il Consiglio europeo Il Consiglio europeo dà all’Unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e definisce i suoi orientamenti e le sue priorità politiche generali. Non esercita funzioni legislative. Il Consiglio europeo è composto dai Capi di Stato o di Governo degli Stati membri, dal suo presidente e dal presidente della Commissione. Il ministro degli affari esteri dell’Unione partecipa ai lavori. Il Consiglio europeo si riunisce ogni trimestre su convocazione del presidente. Se l’ordine del giorno lo richiede, i membri del Consiglio europeo possono decidere di farsi assistere da un ministro, e il presidente della Commissione da un commissario europeo. Se la situazione lo richiede, il presidente convoca una riunione straordinaria del Consiglio europeo. Il Consiglio europeo si pronuncia per consenso, salvo nei casi in cui la Costituzione disponga diversamente. Articolo 21 il Presidente del Consiglio europeo Il Presidente del Consiglio europeo è eletto dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata per un periodo di due anni e mezzo. Il suo mandato è rinnovabile una volta. In caso di impedimento o colpa grave, il Consiglio europeo può porre fine al mandato secondo la medesima procedura. Il Presidente del Consiglio europeo: - presiede ed anima i lavori del Consiglio europeo; - ne assicura una preparazione e una continuità adeguate in cooperazione con il

presidente della Commissione e in base ai lavori del Consiglio “Affari generali”; - si adopera per facilitare la coesione ed il consenso in seno al Consiglio europeo; Il Presidente del Consiglio europeo assicura al suo livello e in tale veste la rappresentanza esterna dell’Unione per le materie relative alla politica estera e di sicurezza comune, fatte salve le responsabilità del ministro degli affari esteri

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dell’Unione. Il presidente del Consiglio europeo non può esercitare un mandato nazionale. Articolo 22 – il Consiglio dei ministri Il Consiglio dei ministri esercita, congiuntamente al Parlamento europeo, la funzione legislativa e di bilancio, e funzioni di definizione delle politiche e di coordinamento, alle condizioni stabilite nella Costituzione. Il Consiglio dei ministri è composto da un rappresentante nominato da ciascun Stato membro a livello ministeriale per ciascuna delle formazioni. Tale rappresentante è il solo abilitato a impegnare lo Stato membro che rappresenta e ad esercitare il diritto di voto. Il Consiglio dei ministri delibera a maggioranza qualificata, salvo nei casi in cui la Costituzione disponga diversamente. Articolo 23 – le formazioni del Consiglio dei ministri Il Consiglio legislativo e degli affari generali assicura la coerenza dei lavori del Consiglio dei ministri. Quando delibera in qualità di Consiglio degli affari generali, esso prepara le riunioni del Consiglio europeo e ne assicura il seguito in collegamento con la Commissione. Nell’esercizio della funzione legislativa, il Consiglio dei ministri delibera, e si pronuncia congiuntamente al Parlamento europeo, sulle leggi europee e sulle leggi quadro europee, conformemente alle disposizioni della Costituzione. In questa funzione, la rappresentanza di ciascun Stato membro comprende uno o due altri rappresentanti a livello ministeriale, dotati delle competenze adeguate per le materie indicate nell’ordine del giorno del Consiglio dei ministri. Il Consiglio “Affari esteri” elabora le politiche esterne dell’Unione secondo le linee strategiche definite dal Consiglio europeo e assicura la coerenza della sua azione. E’ presieduto dal ministro degli affari esteri dell’Unione. Il Consiglio europeo adotta una decisione europea che stabilisce le altre formazioni in cui può riunirsi il Consiglio dei ministri. La presidenza delle formazioni del Consiglio dei ministri, a eccezione della formazione “Affari esteri”, è esercitata dai rappresentanti degli Stati membri nell’ambito del Consiglio dei ministri, secondo un sistema di rotazione in condizioni di parità, per periodi minimi di un anno. Il Consiglio europeo adotta una decisione europea che stabilisce le norme di questa rotazione tenendo conto degli equilibri politici e geografici europei e della diversità degli Stati membri. Articolo 24 – la maggioranza qualificata Quando il Consiglio europeo o il Consiglio dei ministri deliberano a maggioranza qualificata, quest’ultima è definita come voto della maggioranza degli Stati membri, che rappresenti almeno i tre quinti della popolazione dell’Unione. Allorché la Costituzione non richiede che il Consiglio europeo o il Consiglio dei ministri deliberano sulla base di una proposta della Commissione o allorché il Consiglio europeo o il Consiglio dei ministri non deliberano su iniziativa del ministro degli affari esteri dell’Unione, la maggioranza qualificata richiesta è definita come

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voto dei due terzi degli Stati membri, che rappresenti almeno i tre quinti della popolazione dell’Unione. Le disposizioni dei paragrafi 1 e 2 prendono effetto il 1° novembre 2009, dopo che si saranno svolte le elezioni del Parlamento europeo conformemente alle disposizioni dell’articolo 19. Quando la Costituzione prevede nella parte III che il Consiglio dei ministri adotti leggi europee o leggi quadro europee secondo una procedura legislativa speciale, il Consiglio europeo può adottare, di propria iniziativa e all’unanimità, trascorso un periodo minimo d’esame di sei mesi, una decisione europea che consenta l’adozione di tali leggi o leggi quadro secondo la procedura legislativa ordinaria. Il Consiglio europeo delibera previa consultazione del Parlamento europeo e informazione dei parlamenti nazionali. Quando la Costituzione prevede nella parte III che il Consiglio dei ministri deliberi all’unanimità in un dato settore, il Consiglio europeo può adottare, di propria iniziativa e all’unanimità, una decisione europea che consenta al Consiglio dei ministri di deliberare a maggioranza qualificata in detto settore. Ogni iniziativa presa dal Consiglio europeo in base al presente comma è trasmessa ai parlamenti nazionali almeno quattro mesi prima che sia adottata una decisione. In seno al Consiglio europeo, il suo presidente e il presidente della Commissione non partecipano alla votazione. Articolo 25 – la Commissione europea La Commissione europea promuove l’interesse generale europeo e adotta iniziative appropriate a tal fine. Assicura l’applicazione delle disposizioni della Costituzione e delle disposizioni adottate dalle istituzioni in virtù della Costituzione. Vigila sull’applicazione del diritto dell’Unione sotto il controllo della Corte di giustizia. Cura l’esecuzione del bilancio e gestisce i programmi. Esercita funzioni di coordinamento, di esecuzione e di gestione, alle condizioni stabilite dalla Costituzione. Fatta eccezione per la politica estera e di sicurezza comune e per gli altri casi previsti dalla Costituzione, garantisce la rappresentanza esterna dell’Unione. Avvia il processo di programmazione annuale e pluriennale dell’Unione per giungere ad accordi interistituzionali. Salvo che la Costituzione non disponga diversamente, un atto legislativo dell’Unione può essere adottato solo su proposta della Commissione. Gli altri atti sono adottati su proposta della Commissione se la Costituzione lo prevede. La Commissione consta di un Collegio composto dal presidente, dal ministro degli affari esteri dell’Unione, un vicepresidente e da tredici commissari europei scelti in base a un sistema di rotazione in condizioni di parità tra gli Stati membri. Questo sistema è istituito con decisione europea adottata dal Consiglio europeo e fondata sui seguenti principi:

a) gli Stati membri sono trattati su un piano di assoluta parità per la determinazione della successione e del periodo di permanenza dei loro cittadini nel Collegio; di conseguenza, la differenza tra il numero complessivo di mandati ricoperti da cittadini di una data coppia di Stati membri non può essere mai superiore a uno;

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b) ferma restando la lettera a), ogni Collegio successivo deve essere composto in modo tale da rispecchiare in modo soddisfacente la gamma demografica e geografica di tutti gli Stati membri dell’Unione.

Il presidente della Commissione nomina dei commissari senza diritto di voto, scelti in base agli stessi criteri applicabili per i membri del Collegio e provenienti da tutti gli altri Stati membri. Queste disposizioni prendono effetto il 1° novembre 2009. La Commissione esercita le sue responsabilità in piena indipendenza. Nell’adempimento dei loro doveri, i commissari europei e i commissari non sollecitano né accettano istruzioni da alcun governo né da alcun organismo. La Commissione è responsabile collegialmente dinanzi al Parlamento europeo. Il presidente della Commissione è responsabile dinanzi al Parlamento europeo delle attività dei commissari. Il Parlamento europeo può adottare una mozione di censura della Commissione secondo le modalità di cui all’articolo III-243. Se tale mozione è adottata, i commissari europei e i commissari devono dimettersi collettivamente dalle loro funzioni. La Commissione continua a curare gli affari di ordinaria amministrazione fino alla nomina di un nuovo Collegio. Articolo 26 il Presidente della Commissione europea Tenuto conto delle elezioni del Parlamento europeo e previe consultazioni appropriate, europeo, il Consiglio europeo, deliberando a maggioranza qualificata, propone al Parlamento europeo un candidato alla carica di Presidente della Commissione. Tale candidato è eletto dal Parlamento europeo a maggioranza dei membri che lo compongono. Se il candidato non ottiene la maggioranza, il Consiglio europeo propone al Parlamento europeo, entro un mese, un nuovo candidato secondo la stessa procedura. Ciascuno Stato membro determinato dal sistema di rotazione redige un elenco di tre persone, in rappresentanza di entrambi i sessi, che ritiene qualificate per esercitare la funzione di commissario europeo. Scegliendo una persona su ciascun elenco proposto, il presidente eletto designa i tredici commissari europei in base alla loro competenza, al loro impegno europeo e alle garanzie di indipendenza da essi offerte. Il presidente e le persone designate per divenire membri del Collegio, compreso il futuro ministro degli affari esteri dell’Unione, e le persone designate come commissari senza diritto di voto, sono soggetti, collettivamente, a un voto di approvazione da parte del Parlamento europeo. Il mandato della Commissione è di cinque anni. Il presidente della Commissione: - definisce gli orientamenti nel cui quadro la Commissione esercita i suoi compiti; - ne decide l’organizzazione interna per assicurare la coerenza, l’efficacia e la

collegialità della sua azione; - nomina dei vicepresidenti scelti tra i membri del Collegio. Un commissario europeo o un commissario rassegna le dimissioni se il presidente glielo chiede.

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Articolo 27 – il ministro degli Affari esteri dell’Unione Il Consiglio europeo, deliberando a maggioranza qualificata con l’accordo del Presidente della Commissione, nomina il ministro degli affari esteri dell’Unione. Questi guida la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione. Il Consiglio europeo può porre fine alla sua permanenza in carica mediante la medesima procedura. Il ministro degli Affari esteri contribuisce con le sue proposte all’elaborazione della politica estera comune e la attua in qualità di mandatario del Consiglio dei ministri. Egli agisce allo stesso modo per quanto riguarda la politica di sicurezza e di difesa comune. Il ministro degli Affari esteri è uno dei vicepresidenti della Commissione. In seno a tale istituzione, egli è incaricato delle relazioni esterne e del coordinamento degli altri aspetti dell’azione esterna dell’Unione. Nell’esercizio di queste responsabilità in seno alla Commissione e limitatamente alle stesse, il ministro degli Affari esteri è soggetto alle procedure che regolano il funzionamento della Commissione. Articolo 28 – la Corte di Giustizia La Corte di giustizia comprende la Corte di giustizia europea, il Tribunale e i tribunali specializzati. Assicura il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione della Costituzione. Gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nel settore del diritto dell’Unione. La Corte di giustizia europea è composta da un giudice per Stato membro ed è assistita da avvocati generali. Il Tribunale è composto da almeno un giudice per Stato membro: il numero dei giudici è stabilito dallo statuto della Corte di giustizia. I giudici e gli avvocati generali della Corte di giustizia europea e i giudici del Tribunale, scelti tra personalità che offrano tutte le garanzie di indipendenza e che soddisfino le condizioni richieste agli articoli III-260 e III-261, sono nominati di comune accordo dai governi degli Stati membri per sei anni. Tale mandato è rinnovabile. La Corte di giustizia si pronuncia: - sui ricorsi presentati da uno Stato membro, da un’istituzione o una persona fisica

o giuridica, conformemente alle disposizioni della parte III; - in via pregiudiziale, su richiesta dei giudici nazionali, sull’interpretazione del

diritto dell’Unione o sulla validità degli atti adottati dalle istituzioni; - sugli altri casi previsti dalla Costituzione.

Capo II altre istituzioni e organi

Articolo 29 – la Banca centrale europea La Banca centrale europea e le banche centrali nazionali costituiscono il sistema europeo di banche centrali. La Banca centrale europea e le banche centrali nazionali degli Stati membri, che hanno adottato la valuta dell’Unione, denominata euro, conducono la politica monetaria dell’Unione.

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Il sistema europeo di banche centrali è diretto dagli organi decisionali della Banca centrale europea. L’obiettivo principale del sistema europeo di banche centrali è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Fatto salvo l’obiettivo della stabilità dei prezzi, essi sostengono le politiche economiche generali dell’Unione al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione. Essi svolgono ogni altra funzione di banca centrale conformemente alle disposizioni della parte III e allo statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea. La Banca centrale europea è un’istituzione dotata di personalità giuridica. Ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione dell’euro. Nell’esercizio dei suoi poteri e nelle sue finanze essa è indipendente. Le istituzioni e gli organi dell’Unione ed i governi degli Stati membri si impegnano a rispettare questo principio. La Banca centrale europea adotta le misure necessarie all’assolvimento dei suoi compiti in conformità degli articoli da III-77 a III-83 e III-90 ed alle condizioni stabilite nello statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea. In conformità di queste stesse disposizioni, gli Stati membri che non hanno adottato l’euro, e le rispettive banche centrali, conservano le loro competenze nel settore monetario. Nei settori di sua competenza, la Banca centrale europea è consultata su ogni progetto di atto dell’Unione e su ogni progetto di atto normativo a livello nazionale, e può formulare pareri. Gli organi decisionali della Banca centrale europea, la loro composizione e le loro modalità di funzionamento sono definiti agli articoli da III-84 a III-87 e nello statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea. Articolo 30 – la Corte dei conti La Corte dei conti è l’istituzione che assicura il controllo dei conti. Esamina i conti di tutte le entrate e le spese dell’Unione ed accerta la sana gestione finanziaria. Si compone di un cittadino di ciascuno Stato membro. I suoi membri esercitano le loro funzioni in piena indipendenza. Articolo 31 – gli organi consultivi dell’Unione Il Parlamento europeo, il Consiglio dei ministri e la Commissione sono assistiti da un Comitato delle regioni e da un Comitato economico e sociale, che esercitano funzioni consultive. Il Comitato delle regioni è composto da rappresentanti delle collettività regionali e locali che sono titolari di un mandato elettorale nell’ambito di una collettività regionale o locale, o politicamente responsabili dinanzi ad un’assemblea eletta. Il Comitato economico e sociale è composto da rappresentanti delle organizzazioni di datori di lavoro, di lavoratori dipendenti e di altri attori rappresentativi della società civile, in particolare nei settori socioeconomico, civico, professionale e culturale. I membri del Comitato delle regioni e del Comitato economico e sociale non devono essere vincolati da alcun mandato imperativo. Essi esercitano le loro funzioni in piena indipendenza, nell’interesse generale dell’Unione.

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Le regole relative alla composizione di tali Comitati, alla designazione dei loro membri, alle loro attribuzioni ed al loro funzionamento sono definite negli articoli da III-292 a III-298. Le regole relative alla loro composizione sono riesaminate ad intervalli regolari dal Consiglio dei ministri su proposta della Commissione, in funzione dell’evoluzione economica, sociale e demografica dell’Unione.

TITOLO V esercizio delle competenze dell’Unione

Capo I

disposizioni comuni Articolo 32 – atti giuridici dell’Unione Per l’esercizio delle competenze attribuitele nella Costituzione, l’Unione utilizza come strumenti giuridici, conformemente alle disposizioni della parte III, la legge europea, la legge quadro europea, il regolamento europeo, la decisione europea, le raccomandazioni ed i pareri. La legge europea è un atto legislativo di portata generale. E’ obbligatoria in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. La legge quadro europea è un atto legislativo che vincola tutti gli Stati membri destinatari per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla scelta della forma e dei mezzi. Il regolamento europeo è un atto non legislativo di portata generale volto all’attuazione degli atti legislativi e di talune disposizioni specifiche della Costituzione. Può essere obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, oppure vincolare lo Stato membro destinatario per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla scelta della forma e dei mezzi. La decisione europea è un atto non legislativo obbligatorio in tutti i suoi elementi. Se designa dei destinatari, essa è obbligatoria soltanto nei confronti di questi. Le raccomandazioni ed i pareri adottati dalle istituzioni non hanno effetto vincolante. In presenza di proposte di atti legislativi, il Parlamento europeo ed il Consiglio dei ministri si astengono dall’adottare atti non previsti dal presente articolo nel settore in questione. Articolo 33 – atti legislativi Le leggi europee e le leggi quadro europee sono adottate congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio dei ministri su proposta della Commissione, secondo le modalità della procedura legislativa ordinaria previste all’articolo III-302. Se le due istituzioni non raggiungono un accordo, l’atto non è adottato. Nei casi specificamente previsti dall’articolo III-165, le leggi europee e le leggi quadro europee possono essere adottate su iniziativa di un gruppo di Stati membri ai sensi dell’articolo III-302. Nei casi specifici previsti dalla Costituzione, le leggi europee e le leggi quadro sono adottate dal Parlamento europeo con la partecipazione del Consiglio dei ministri o da

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quest’ultimo con la partecipazione del Parlamento europeo, secondo procedure legislative speciali. Articolo 34 atti non legislativi Il Consiglio dei ministri e la Commissione adottano regolamenti europei o decisioni europee nei casi contemplati agli articoli 35 e 36 o nei casi specificamente previsti dalla Costituzione. Il Consiglio europeo adotta decisioni europee nei casi specificamente previsti dalla Costituzione. La Banca centrale europea adotta regolamenti europei o decisioni europee se è autorizzata a tal fine dalla Costituzione. Il Consiglio dei ministri e la Commissione, e la Banca centrale europea nei casi in cui è autorizzata a tal fine dalla Costituzione, adottano raccomandazioni. Articolo 35 regolamenti delegati Le leggi europee e le leggi quadro europee possono delegare alla Commissione la facoltà di emanare regolamenti delegati che completano o modificano determinati elementi non essenziali della legge o della legge quadro. Le leggi europee e le leggi quadro europee delimitano esplicitamente gli obiettivi, il contenuto, la portata e la durata della delega. Gli elementi essenziali di un settore non possono essere oggetto di delega: Essi sono riservati alla legge o alla legge quadro. Le leggi europee e le leggi quadro europee stabiliscono esplicitamente le condizioni cui è soggetta la delega. Tali condizioni possono configurare le seguenti possibilità: - il Parlamento europeo o il Consiglio dei ministri possono decidere di revocare la

delega; - il regolamento delegato può entrare in vigore soltanto se, entro il termine fissato

dalla legge europea o dalla legge quadro europea, il Parlamento europeo o il Consiglio dei ministri non muovono obiezioni.

Ai fini del comma precedente, il Parlamento europeo delibera alla maggioranza dei membri che lo compongono ed il Consiglio dei ministri delibera a maggioranza qualificata. Articolo 36 atti esecutivi Gli Stati membri prendono tutte le misure di diritto interno necessarie per l’attuazione degli atti giuridicamente obbligatori dell’Unione. Allorché sono necessarie condizioni uniformi di esecuzione degli atti obbligatori dell’Unione, questi possono conferire competenze di esecuzione alla Commissione o, in casi specifici debitamente motivati e nelle circostanze previste all’articolo 39, al Consiglio dei ministri. La legge europea stabilisce preventivamente le regole ed i principi generali relativi alle modalità di controllo degli atti esecutivi dell’Unione da parte degli Stati membri. Gli atti esecutivi dell’Unione assumono la forma di regolamenti europei d’esecuzione o di decisioni europee d’esecuzione.

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Articolo 37 – princìpi comuni agli atti giuridici dell’Unione In assenza di disposizioni specifiche nella Costituzione, le istituzioni decidono, nel rispetto delle procedure applicabili, il tipo di atto da adottare nel singolo caso, conformemente al principio di proporzionalità di cui all’articolo 9. Le leggi europee, le leggi quadro europee, i regolamenti europei e le decisioni europee sono motivati e fanno riferimento alle proposte od ai pareri previsti dalla Costituzione. Articolo 38 – pubblicazione ed entrata in vigore Le leggi europee e le leggi quadro europee adottate secondo la procedura legislativa ordinaria sono firmate dal presidente del Parlamento europeo e dal presidente del Consiglio dei ministri. Negli altri casi sono firmate dal presidente del Parlamento europeo o dal presidente del Consiglio dei ministri. Dette leggi e leggi quadro sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea ed entrano in vigore alla data da esse stabilita oppure, in mancanza di data, il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione. I regolamenti europei e le decisioni europee che non indicano i destinatari o che sono rivolte a tutti gli Stati membri, sono firmati dal presidente dell’istituzione che li adotta, sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea ed entrano in vigore alla data da essi stabilita oppure, in mancanza di data, il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione. Le altre decisioni sono notificate ai destinatari ed hanno efficacia in virtù di tale notificazione.

Capo II disposizioni particolari

Articolo 39 - disposizioni particolari relative all’attuazione della politica estera e di sicurezza comune

L’Unione europea conduce una politica estera e di sicurezza comune fondata sullo sviluppo della reciproca solidarietà politica degli Stati membri, sull’individuazione delle questioni di interesse generale e sulla realizzazione di un livello di convergenza delle azioni degli Stati membri in costante crescita. Il Consiglio europeo individua gli interessi strategici dell’Unione e fissa gli obiettivi della sua politica estera e di sicurezza comune. Il Consiglio dei ministri elabora tale politica nel quadro delle linee strategiche definite dal Consiglio europeo e secondo le modalità descritte nella parte III. Il Consiglio europeo ed il Consiglio dei ministri adottano le decisioni europee necessarie. La politica estera e di sicurezza comune è attuata dal ministro degli affari esteri dell’Unione e dagli Stati membri, ricorrendo ai mezzi nazionali ed a quelli dell’Unione. Gli Stati membri si concertano in sede di Consiglio europeo e di Consiglio dei ministri su qualsiasi questione di politica estera e di sicurezza di interesse generale per definire un approccio comune. Prima di intraprendere qualsiasi azione sulla scena internazionale o di assumere qualsiasi impegno che possono incidere sugli interessi

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dell’Unione, ciascuno Stato membro consulta gli altri in sede di Consiglio europeo o di Consiglio dei ministri. Gli Stati membri assicurano, mediante la convergenza delle loro azioni, che l’Unione possa affermare i suoi interessi e valori sulla scena internazionale. Gli Stati membri sono solidali tra loro. Il Parlamento europeo è consultato regolarmente sui principali aspetti e sulle scelte fondamentali della politica estera e di sicurezza comune ed è tenuto al corrente della sua evoluzione. In materia di politica estera e di sicurezza comune, il Consiglio europeo ed il Consiglio dei ministri adottano decisioni europee all’unanimità, salvo nei casi previsti nella parte III. Si pronunciano su proposta di uno Stato membro, del ministro degli affari esteri dell’Unione, o di quest’ultimo con l’appoggio della Commissione. Le leggi europee e le leggi quadro europee sono escluse. Il Consiglio europeo può decidere all’unanimità che il Consiglio dei ministri deliberi a maggioranza qualificata in casi diversi da quelli previsti nella parte III. Articolo 40 disposizioni particolari relative all’attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune La politica di sicurezza e di difesa comune costituisce parte integrante della politica estera e di sicurezza comune. Assicura che l’Unione disponga di una capacità operativa ricorrendo a mezzi civili e militari. L’Unione può avvalersi di tali mezzi in missioni al suo esterno per garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti ed il rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite. L’esecuzione di tali compiti si basa sulle capacità fornite dagli Stati membri. La politica di sicurezza e di difesa comune comprende la graduale definizione di una politica di difesa comune dell’Unione. Questa condurrà ad una difesa comune quando il Consiglio europeo, deliberando all’unanimità, avrà così deciso. In questo caso, il Consiglio europeo raccomanda agli Stati membri di adottare una decisione in tal senso secondo le rispettive norme costituzionali. La politica dell’Unione, a norma del presente articolo, non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri; rispetta gli obblighi derivanti dal trattato dell’Atlantico del Nord per alcuni Stati membri che ritengono che la loro difesa comune si realizzi tramite l’Organizzazione del trattato del Nord atlantico, ed è compatibile con la politica di sicurezza e di difesa comune adottata in tale contesto. Gli Stati membri mettono a disposizione dell’Unione, per l’attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune, capacità civili e militari per contribuire al conseguimento degli obiettivi definiti dal Consiglio dei ministri. Gli Stati membri che costituiscono tra loro forze multinazionali possono mettere anche tali forze a disposizione della politica di sicurezza e di difesa comune. Gli Stati membri si impegnano a migliorare progressivamente le loro capacità militari. E’ istituita una Agenzia europea per gli armamenti, la ricerca e le capacità militari, incaricata di individuare le esigenze operative, promuovere misure per rispondere a queste, contribuire a individuare e, se del caso, mettere in atto qualsiasi misura utile a rafforzare la base industriale e tecnologica del settore della difesa, partecipare alla

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definizione di una politica europea delle capacità e degli armamenti, e di assistere il Consiglio dei ministri nella valutazione del miglioramento delle capacità militari. Le decisioni europee relative all’attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune, comprese quelle inerenti all’avvio di una missione di cui al presente articolo, sono adottate dal Consiglio dei ministri che delibera all’unanimità su proposta del ministro degli affari esteri dell’Unione o di uno Stato membro. Il ministro degli affari esteri dell’Unione può proporre, se del caso congiuntamente alla Commissione, il ricorso sia ai mezzi nazionali sia agli strumenti dell’Unione. Il Consiglio dei ministri può affidare il compimento di una missione, nell’ambito dell’Unione, ad un gruppo di Stati membri, allo scopo di preservare i valori dell’Unione e di servirne gli interessi. Lo svolgimento di detta missione è disciplinato dalle disposizioni dell’articolo III-211. Gli Stati membri che rispondono a criteri più elevati in termini di capacità militari e che hanno sottoscritto tra loro impegni più vincolanti in materia ai fini delle missioni più impegnative instaurano una cooperazione strutturata nell’ambito dell’Unione. Detta cooperazione è disciplinata dalle disposizioni dell’articolo III-213. Finchè il Consiglio europeo non avrà deliberato in conformità del paragrafo 2, è instaurata nell’ambito dell’Unione una cooperazione più stretta in materia di difesa reciproca. In base a detta cooperazione, qualora uno degli Stati che vi partecipano subisca un’aggressione armata nel suo territorio, gli altri Stati partecipanti gli prestano, in conformità delle disposizioni dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, aiuto ed assistenza con tutti i mezzi in loro possesso, militari e di altro tipo. Nell’attuazione della più stretta cooperazione in materia di difesa reciproca, gli Stati membri partecipanti operano in stretta cooperazione con l’Organizzazione del trattato dell’Atlantico del Nord. Le modalità di partecipazione e di funzionamento e le procedure decisionali specifiche per detta cooperazione figurano nell’articolo III-214. Il Parlamento europeo è consultato regolarmente sui principali aspetti e sulle scelte fondamentali della politica di sicurezza e di difesa comune ed è tenuto al corrente della sua evoluzione. Articolo 41 disposizioni particolari relative all’istituzione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia L’Unione costituisce uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia: - attraverso l’adozione di leggi europee e leggi quadro europee intese, se

necessario, a ravvicinare le legislazioni nazionali nei settori elencati nella parte III;

- favorendo la fiducia reciproca tra le autorità competenti degli Stati membri, in particolare sulla base del riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziali;

- attraverso una cooperazione operativa delle autorità competenti degli Stati membri, compresi i servizi di polizia, i servizi delle dogane ed altri servizi specializzati nel settore della prevenzione e dell’accertamento delle infrazioni penali.

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Nell’ambito dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, i parlamenti nazionali possono partecipare ai meccanismi di valutazione previsti all’articolo III-161 e sono associati al controllo politico dell’Europol ed alla valutazione delle attività dell’Eurojust, conformemente agli articoli III-177 e III-174. Nel settore della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, gli Stati membri dispongono del diritto di iniziativa conformemente all’articolo III-165. Articolo 42 – clausola di solidarietà L’Unione e gli Stati membri agiscono congiuntamente in uno spirito di solidarietà qualora uno Stato membro sia oggetto di un attacco terroristico o di una calamità naturale o provocata dall’uomo. L’Unione mobilita tutti gli strumenti di cui dispone, inclusi i mezzi militari messi a sua disposizione dagli Stati membri, per: - prevenire la minaccia terroristica sul territorio degli Stati membri; - proteggere le istituzioni democratiche e la popolazione civile da un eventuale

attacco terroristico; - prestare assistenza ad uno Stato membro sul suo territorio, a richiesta delle sue

autorità politiche, in caso di calamità; Le modalità di attuazione della presente disposizione figurano nell’articolo III-231.

Capo III

cooperazioni rafforzate

Articolo 43 – cooperazioni rafforzate Gli Stati membri, che intendono instaurare tra loro una cooperazione rafforzata nel quadro delle competenze non esclusive dell’Unione, possono far ricorso alle sue istituzioni ed esercitare tali competenze applicando le disposizioni pertinenti della Costituzione, nei limiti e con le modalità previsti nel presente articolo e negli articoli da III-322 a III-329. Le cooperazioni rafforzate sono intese a promuovere la realizzazione degli obiettivi dell’Unione, a proteggere i suoi interessi ed a rafforzare il suo processo di integrazione. Sono aperte a tutti gli Stati membri al momento della loro instaurazione ed in qualsiasi momento ai sensi dell’articolo III-324. L’autorizzazione a procedere ad una cooperazione rafforzata è accordata dal Consiglio dei ministri in ultima istanza, qualora in tale sede sia stato stabilito che gli obiettivi perseguiti da detta cooperazione non possono essere conseguiti entro un termine ragionevole dall’Unione nel suo insieme, ed a condizione che la cooperazione rafforzata riunisca almeno un terzo degli Stati membri. Il Consiglio dei ministri delibera conformemente alla procedura di cui all’articolo III-325. Solo i membri del Consiglio dei ministri che rappresentano gli Stati partecipanti ad una cooperazione rafforzata prendono parte all’adozione degli atti. Tuttavia tutti gli Stati membri possono partecipare alle deliberazioni del Consiglio dei ministri. L’unanimità è costituita unicamente dai voti dei rappresentanti degli Stati partecipanti. Per maggioranza qualificata si intende la maggioranza dei voti dei rappresentanti degli Stati partecipanti, che rappresenti almeno i tre quinti della

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popolazione di tali Stati. Qualora la Costituzione non richieda al Consiglio dei ministri di deliberare sulla base di una proposta della Commissione, o qualora il Consiglio dei ministri non deliberi su iniziativa del ministro degli affari esteri dell’Unione, la maggioranza qualificata richiesta è costituita dalla maggioranza dei voti dei due terzi degli Stati partecipanti, che rappresenti almeno i tre quinti della popolazione di tali Stati. Gli atti adottati nel quadro di una cooperazione rafforzata vincolano solo gli Stati partecipanti. Non sono considerati un acquisto che deve essere accettato dai candidati all’adesione all’Unione.

TITOLO VI La vita democratica dell’Unione

Articolo 44 principio dell’uguaglianza democratica L’Unione rispetta, in tutte le attività, il principio dell’uguaglianza dei cittadini. Questi ultimi beneficiano di uguale attenzione da parte delle istituzioni dell’Unione. Articolo 45 – principio della democrazia rappresentativa Il funzionamento dell’Unione si fonda sul principio della democrazia rappresentativa. I cittadini sono direttamente rappresentati a livello dell’Unione nel Parlamento europeo. Gli Stati membri sono rappresentati nel Consiglio europeo e nel Consiglio dei ministri dai rispettivi governi, che sono essi stessi responsabili dinanzi ai parlamenti nazionali, eletti dai loro cittadini. Ogni cittadino ha il diritto di partecipare alla vita democratica dell’Unione. Le decisioni sono prese nella maniera più aperta e più vicina possibile al cittadino. I partiti politici di livello europeo contribuiscono a formare una coscienza politica europea e ad esprimere la volontà dei cittadini dell’Unione. Articolo 46 – principio della democrazia partecipativa Le istituzioni dell’Unione danno ai cittadini ed alle associazioni rappresentative attraverso gli opportuni canali la possibilità di far conoscere e di scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti i settori di azione dell’Unione. Le istituzioni dell’Unione mantengono un dialogo aperto, trasparente e regolare con le associazioni rappresentative e la società civile. Al fine di assicurare la coerenza e la trasparenza delle azioni dell’Unione, la Commissione procede ad ampie consultazioni delle parti interessate. Su iniziativa di almeno un milione di cittadini dell’Unione appartenenti ad un numero rilevante di Stati membri, la Commissione può essere invitata a presentare una proposta appropriata su materie in merito alle quali tali cittadini ritengono necessario un atto giuridico dell’Unione ai fini dell’attuazione della Costituzione. La legge europea determina le disposizioni relative alle procedure ed alle condizioni specifiche necessarie per tale iniziativa dei cittadini.

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Articolo 47 – le parti sociali ed il dialogo sociale autonomo L’Unione europea riconosce e promuove il ruolo delle parti sociali a livello dell’Unione, tenendo conto della diversità dei sistemi nazionali; facilita il dialogo tra tali parti, nel rispetto della loro autonomia. Articolo 48 – il mediatore europeo Un mediatore europeo, nominato dal Parlamento europeo, riceve le denunce riguardanti casi di cattiva amministrazione all’interno delle istituzioni, degli organi o delle agenzie dell’Unione, le esamina e riferisce al riguardo. Il mediatore europeo esercita le sue funzioni in piena indipendenza. Articolo 49 – trasparenza dei lavori delle istituzioni dell’Unione Al fine di promuovere il buon governo e garantire la partecipazione della società civile, le istituzioni, gli organi e le agenzie dell’Unione operano nel modo più trasparente possibile. Il Parlamento europeo si riunisce in seduta pubblica, così come il Consiglio dei ministri allorché esamina una proposta legislativa e la adotta. Qualsiasi cittadino dell’Unione o persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti, indipendentemente dalla forma in cui essi sono prodotti, delle istituzioni, degli organi e delle agenzie dell’Unione, alle condizioni previste nella parte III. La legge europea stabilisce i principi generali e le limitazioni a tutela di interessi pubblici o privati applicabili al diritto di accesso a tali documenti. Ciascuna istituzione, organo o agenzia, di cui al paragrafo 3, stabilisce nel suo regolamento interno disposizioni specifiche riguardanti l’accesso ai suoi documenti, conformemente alla legge europea di cui al paragrafo 4. Articolo 50 – protezione dei dati di carattere personale Ogni individuo ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che lo riguardano. La legge europea stabilisce le norme relative alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati di carattere personale da parte delle istituzioni, degli organi e delle agenzie dll’Unione, e da parte degli Stati membri nell’esercizio di attività che rientrano nel campo di applicazione del diritto dell’Unione, e le norme relative alla libera circolazione di tali dati. Il rispetto di tali norme è soggetto al controllo di un’autorità indipendente. Articolo 51 – status delle chiese e delle organizzazioni non confessionali L’Unione rispetta e non pregiudica lo status previsto nelle legislazioni nazionali per le chiese e le associazioni o comunità religiose degli Stati membri. L’Unione rispetta ugualmente lo status delle organizzazioni filosofiche e non confessionali. L’Unione mantiene un dialogo aperto, trasparente e regolare con tali chiese ed organizzazioni, riconoscendone l’identità ed il contributo specifico.

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TITOLO VII Finanze dell’Unione

Articolo 52 – principi finanziari e di bilancio Tutte le entrate e le spese dell’Unione devono costituire oggetto di previsioni per ciascun esercizio finanziario ed essere iscritte nel bilancio, conformemente alle disposizioni della parte III. Nel bilancio, entrate e spese devono risultare in pareggio. Le spese iscritte nel bilancio sono autorizzate per la durata dell’esercizio finanziario annuale, in conformità della legge europea di cui all’articolo III-318. L’esecuzione di spese iscritte nel bilancio richiede l’adozione preliminare di un atto giuridicamente obbligatorio che costituisce il fondamento giuridico dell’azione dell’Unione e dell’esecuzione della spesa in conformità della legge europea, di una legge quadro europea, di un regolamento europeo o di una decisione europea. Per mantenere la disciplina di bilancio, l’Unione, prima di adottare atti che possono avere incidenze rilevanti sul bilancio, deve assicurare che detta proposta o misura possa essere finanziata entro i limiti delle risorse proprie dell’Unione e del quadro finanziario pluriennale di cui all’articolo 54. Il bilancio dell’Unione è eseguito in conformità del principio di buona gestione finanziaria. Gli Stati membri e l’Unione cooperano affinché gli stanziamenti iscritti in bilancio siano utilizzati secondo i principi di buona gestione finanziaria. L’Unione e gli Stati membri combattono la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione in conformità delle disposizioni di cui all’articolo III-321. Articolo 53 - risorse dell’Unione L’Unione si dota dei mezzi necessari per conseguire i suoi obiettivi e per portare a compimento le sue politiche. Il bilancio dell’Unione, fatte salve le altre entrate, è finanziato integralmente tramite risorse proprie. Una legge europea del Consiglio dei ministri fissa i limiti delle risorse dell’Unione e può stabilire nuove categorie di risorse dell’Unione e può stabilire nuove categorie di risorse o sopprimere una categoria esistente. Detta legge entra in vigore soltanto previa approvazione degli Stati membri secondo le rispettive norme costituzionali. Il Consiglio dei ministri delibera all’unanimità previa consultazione del Parlamento europeo. Una legge europea del Consiglio dei ministri fissa le modalità relative alle risorse dell’Unione. Il Consiglio dei ministri delibera previa approvazione del Parlamento europeo. Articolo 54 - quadro finanziario pluriennale Il quadro finanziario pluriennale mira ad assicurare l’ordinato andamento delle spese dell’Unione entro i limiti delle risorse proprie. Fissa per categoria di spesa gli importi dei massimali annui degli stanziamenti di impegno, conformemente alle disposizioni dell’articolo III-308.

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Una legge europea del Consiglio dei ministri fissa il quadro finanziario pluriennale. Il Consiglio dei ministri delibera, previa approvazione del Parlamento europeo, che si pronuncia a maggioranza dei membri che lo compongono. Il bilancio annuale dell’Unione è stabilito nel rispetto del quadro finanziario pluriennale. Quando adotta il primo quadro finanziario pluriennale, dopo l’entrata in vigore della Costituzione, il Consiglio dei ministri delibera all’unanimità. Articolo 55 bilancio dell’Unione Il Parlamento europeo ed il Consiglio dei ministri adottano, su proposta della Commissione, secondo le modalità di cui all’articolo III-310, la legge europea che fissa il bilancio annuale dell’Unione.

TITOLO VIII L’unione e l’ambiente circostante

Articolo 56 l’Unione e l’ambiente circostante L’Unione sviluppa con gli Stati limitrofi relazioni privilegiate al fine di creare uno spazio di prosperità e buon vicinato fondato sui valori dell’Unione e caratterizzato da relazioni strette e pacifiche basate sulla cooperazione. A tale scopo, l’Unione può concludere ed attuare accordi specifici con gli Stati interessati, secondo le disposizioni dell’articolo III-227. Detti accordi possono comportare diritti ed obblighi reciproci, e la possibilità di condurre azioni in comune. La loro attuazione è oggetto di una concertazione periodica.

TITOLO IX

Appartenenza all’Unione Articolo 57 criteri di ammissibilità e procedura di adesione all’Unione L’Unione è aperta a tutti gli Stati europei che rispettano i valori di cui all’articolo 2 e si impegnano a promuoverli congiuntamente. Ogni Stato europeo che desideri diventare membro dell’Unione ne trasmette domanda al Consiglio dei ministri. Il Parlamento europeo ed i parlamenti nazionali degli Stati membri sono informati di tale domanda. Il Consiglio dei ministri si pronuncia all’unanimità, previa consultazione della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo. Le condizioni e le modalità dell’ammissione formano l’oggetto di un accordo tra gli Stati membri e lo Stato candidato. Tale accordo è sottoposto a ratifica da tutti gli Stati contraenti conformemente alle rispettive norme costituzionali.

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Articolo 58 – sospensione dei diritti di appartenenza all’Unione Il Consiglio dei ministri, deliberando alla maggioranza dei quattro quinti dei suoi membri su proposta motivata di un terzo degli Stati membri, del Parlamento europeo o della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo, può adottare una decisione europea in cui constata che esiste un evidente rischio di violazione grave da parte di uno Stato membro dei valori di cui all’articolo 2. Prima di procedere a tale constatazione, il Consiglio dei ministri ascolta lo Stato membro in questione e può rivolgergli delle raccomandazioni deliberando secondo la stessa procedura. Il Consiglio dei ministri verifica regolarmente se i motivi che hanno condotto a tale constatazione permangono validi. Il Consiglio europeo, deliberando all’unanimità su proposta di un terzo degli Stati membri o della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo, può adottare una decisione europea in cui constata l’esistenza di una violazione grave e persistente da parte di uno Stato membro dei valori di cui all’articolo 2, dopo aver invitato tale Stato membro a presentare osservazioni. Qualora sia stata effettuata la constatazione di cui al paragrafo 2, il Consiglio dei ministri, deliberando a maggioranza qualificata, può adottare una decisione europea che sospende alcuni dei diritti derivanti allo Stato membro in questione dall’applicazione della Costituzione, compresi i diritti di voto dello Stato membro in seno al Consiglio dei ministri. Nell’agire in tal senso, il Consiglio dei ministri tiene conto delle possibili conseguenze di una siffatta sospensione sui diritti e sugli obblighi delle persone fisiche e giuridiche. Lo Stato membro in questione continua in ogni caso ad essere vincolato dagli obblighi che gli derivano dalla Costituzione. Il Consiglio dei ministri, deliberando a maggioranza qualificata, può adottare successivamente una decisione europea che modifica o revoca le misure adottate a norma del paragrafo 3, per rispondere ai cambiamenti nella situazione che ha portato alla loro imposizione. Ai fini del presente articolo, il Consiglio dei ministri delibera senza tener conto del voto dello Stato membro in questione. Le astensioni dei membri presenti o rappresentati non ostano all’adozione delle decisioni di cui al paragrafo 2. Il presente paragrafo si applica anche in caso di sospensione dei diritti di voto a norma del paragrafo 3. Ai fini dei paragrafi 1 e 2, il Parlamento europeo delibera alla maggioranza dei due terzi dei voti espressi, che rappresenta la maggioranza dei suoi membri. Articolo 59 – ritiro volontario dall’Unione Ogni Stato membro può decidere, in conformità delle proprie norme costituzionali, di ritirarsi dall’Unione europea. Lo Stato membro che decide di ritirarsi notifica tale intenzione al Consiglio europea, che si investe di questa notifica. Alla luce degli orientamenti formulati dal Consiglio europeo, l’Unione negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del ritiro, tenendo conto del quadro delle future relazioni con l’Unione. L’accordo è concluso a nome dell’Unione dal Consiglio dei ministri, che

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Il godimento di questi diritti fa sorgere responsabilità e doveri nei confronti degli altri come pure della comunità umana e delle generazioni future. Pertanto, l’Unione riconosce i diritti, le libertà ed i principi enunciati in appresso.

TITOLO I Dignità

Articolo II-1 – dignità umana La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata. Articolo II-2 - diritto alla vita Ogni individuo ha diritto alla vita. Nessuno può essere condannato alla pena di morte, né giustiziato. Articolo II-3 - diritto all’integrità della persona Ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica. Nell’ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati: a) il consenso libero ed informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge; b) il divieto delle pratiche eugenetiche, in particolare di quelle aventi come scopo la selezione delle persone, c) il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro, d) il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani. Articolo II-4 - proibizione della tortura e delle pene o trat tamenti inumani o degradanti Nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti inumani o degradanti. Articolo II-5 - proibizione della schiavitù e del lavoro forzato Nessuno può essere tenuto in condizioni di schiavitù o di servitù. Nessuno può essere costretto a compiere un lavoro forzato o obbligatorio. E’ proibita la tratta degli esseri umani.

TITOLO II

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Articolo II-8 - protezione dei dati di carattere personale Ogni individuo ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che lo riguardano. Tali dati devono essere trattati secondo il principio di lealtà, per finalità determinate ed in base al consenso della persona interessata o ad un altro fondamento legittimo previsto dalla legge. Ogni individuo ha il diritto di accedere ai dati raccolti che lo riguardano e di ottenere la rettifica. Il rispetto di tali regole è soggetto al controllo di un’autorità indipendente. Articolo II-9 - diritto di sposarsi e di costruire una famiglia Il diritto di sposarsi ed il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio. Articolo II-10 libertà di pensiero, di coscienza e di religione Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Tale diritto include la libertà di cambiare religione o convinzione, così come la libertà di manifestare la propria religione o la propria convinzione individualmente o collettivamente, in pubblico od in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti. Il diritto all’obiezione di coscienza è riconosciuto secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio. Articolo II-11 - libertà di espressione e di informazione Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione: Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. La libertà dei media ed il loro pluralismo sono rispettati. Articolo II-12 - libertà di riunione e di associazione Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione pacifica ed alla libertà di associazione a tutti i livelli, segnatamente in campo politico, sindacale e civico, il che implica il diritto di ogni individuo di fondare sindacati insieme con altri e di aderirvi per la difesa dei propri interessi. I partiti politici a livello dell’Unione contribuiscono ad esprimere la volontà politica dei cittadini dell’Unione. Articolo II-13 - libertà delle arti e delle scienze Le arti e la ricerca scientifica sono libere. La libertà accademica è rispettata. Articolo II-14 - diritto all’istruzione Ogni individuo ha diritto all’istruzione ed all’accesso alla formazione professionale e continua. Questo diritto comporta la facoltà di accedere gratuitamente all’istruzione obbligatoria.

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La libertà di creare istituti di insegnamento nel rispetto dei principi democratici, così come il diritto dei genitori di provvedere all’educazione ed all’istruzione dei loro figli secondo le loro convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche, sono rispettati secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio. Articolo II-15 libertà professionale e diritto di lavorare Ogni individuo ha il diritto di lavorare e di esercitare una professione liberamente scelta od accettata. Ogni cittadino dell’Unione ha la libertà di cercare un lavoro, di lavorare, di stabilirsi o di prestare servizi in qualunque Stato membro. I cittadini dei paesi terzi che sono autorizzati a lavorare nel territorio degli Stati membri hanno diritto a condizioni di lavoro equivalenti a quelle di cui godono i cittadini dell’Unione. Articolo II-16 - libertà di impresa E’ riconosciuta la libertà di impresa, conformemente al diritto dell’Unione ed alle legislazioni e prassi nazionali. Articolo II-17 - diritto di proprietà Ogni individuo ha il diritto di godere della proprietà dei beni che ha acquistato legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredità. Nessuno può essere privato della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennità per la perdita della stessa. L’uso dei beni può essere regolato dalla legge nei limiti imposti dall’interesse generale. La proprietà intellettuale è protetta. Articolo II-18 - diritto di asilo Il diritto di asilo è garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dal protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei rifugiati, ed a norma della Costituzione. Articolo II-19 - protezione in caso di allontanamento, di espulsione e di estradizione Le espulsioni collettive sono vietate. Nessuno può essere allontanato, espulso od estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti.

TITOLO III Uguaglianza

Articolo II-20 - uguaglianza davanti alla legge Tutte le persone sono uguali davanti alla legge.

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Articolo II-21 - non discriminazione E’ vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali. Nell’ambito d’applicazione della Costituzione e fatte salve disposizioni specifiche in essa contenute, è vietata qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza. Articolo II-22 - diversità culturale, religiosa e linguistica L’Unione rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica. Articolo II-23 - parità tra uomini e donne La parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione. Il principio della parità non osta al mantenimento o all’adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato. Articolo II-24 - diritti del bambino I bambini hanno diritto alla protezione ed alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere liberamente la propria opinione; questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità. In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente. Ogni bambino ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse. Articolo II-25 - diritti degli anziani L’Unione riconosce e rispetta il diritto degli anziani di condurre una vita dignitosa ed indipendente e di partecipare alla vita sociale e culturale. Articolo II-26 - inserimento dei disabili L’Unione riconosce e rispetta il diritto dei disabili di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità.

TITOLO IV Solidarietà

Articolo II-27 - diritto dei lavoratori all’informazione ed alla consultazione nell’ambito dell’impresa Ai lavoratori o ai loro rappresentanti devono essere garantite, ai livelli appropriati, l’informazione e la consultazione in tempo utile nei casi ed alle condizioni previsti dal diritto dell’Unione e dalle legislazioni e prassi nazionali.

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Articolo II-28 diritto di negoziazione e di azioni collettive I lavoratori ed i datori di lavoro, o le rispettive organizzazioni, hanno, conformemente al diritto dell’Unione ed alle legislazioni e prassi nazionali, il diritto di negoziare e di concludere contratti collettivi, ai livelli appropriati, e di ricorrere, in caso di conflitti di interessi, ad azioni collettive per la difesa dei loro interessi, compreso lo sciopero. Articolo II-29 diritto di accesso ai servizi di collocamento Ogni individuo ha il diritto di accedere ad un servizio di collocamento gratuito. Articolo II-30 - tutela in caso di licenziamento ingiustificato Ogni lavoratore ha il diritto alla tutela contro ogni licenziamento ingiustificato, conformemente al diritto dell’Unione ed alle legislazioni e prassi nazionali. Articolo II-31 - condizioni di lavoro giuste ed eque Ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose. Ogni lavoratore ha diritto ad una limitazione della durata massima del lavoro ed a periodi di riposo giornalieri e settimanali ed a ferie annuali retribuite. Articolo II-32 - divieto del lavoro minorile e protezione dei giovani sul luogo di lavoro Il lavoro minorile è vietato. L’età minima per l’ammissione al lavoro non può essere inferiore all’età in cui termina la scuola dell’obbligo, fatte salve le norme più favorevoli ai giovani ed eccettuate deroghe limitate. I giovani ammessi al lavoro devono beneficiare di condizioni di lavoro appropriate alla loro età ed essere protetti contro lo sfruttamento economico o contro ogni lavoro che possa minarne la sicurezza, la salute, lo sviluppo fisico, mentale, morale o sociale o che possa mettere a rischio la loro istruzione. Articolo II-33 - vita familiare e vita professionale E’ garantita la protezione della famiglia sul piano giuridico, economico e sociale. Al fine di poter conciliare vita familiare e vita professionale, ogni individuo ha il diritto di essere tutelato contro il licenziamento per un motivo legato alla maternità ed il diritto ad un congedo di maternità retribuito ed a un congedo parentale dopo la nascita o l’adozione di un figlio. Articolo II-34 sicurezza sociale ed assistenza sociale L’Unione riconosce e rispetta il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale ed ai servizi sociali che assicurano protezione in casi quali la maternità, la malattia, gli infortuni sul lavoro, la dipendenza o la vecchiaia, oltre che in caso di perdita del posto di lavoro, secondo le modalità stabilite dal diritto dell’Unione e le legislazioni e prassi nazionali.

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Ogni individuo che risieda o si sposti legalmente all’interno dell’Unione ha diritto alle prestazioni di sicurezza sociale ed ai benefici sociali conformemente al diritto dell’Unione ed alle legislazioni e prassi nazionali. Al fine di lottare contro l’esclusione sociale e la povertà, l’Unione riconosce e rispetta il diritto all’assistenza sociale ed all’assistenza abitativa volte a garantire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongono di risorse sufficienti, secondo le modalità stabilite dal diritto dell’Unione e le legislazioni e prassi nazionali. Articolo II-35 - protezione della salute Ogni individuo ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali. Nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana. Articolo II-36 - accesso ai servizi d’interesse economico generale Al fine di promuovere la coesione sociale e territoriale dell’Unione, questa riconosce e rispetta l’accesso ai servizi d’interesse economico generale quale previsto dalle legislazioni e prassi nazionali, conformemente alla Costituzione. Articolo II-37 - tutela dell’ambiente Un livello elevato di tutela dell’ambiente ed il miglioramento della sua qualità devono essere integrati nelle politiche dell’Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile. Articolo II-38 - protezione dei consumatori Nelle politiche dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione dei consumatori.

TITOLO V Cittadinanza

Articolo II-39 diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo Ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato. I membri del Parlamento europeo sono eletti a suffragio universale diretto, libero e segreto. Articolo II-40 diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali Ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato.

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Articolo II-41 diritto ad una buona amministrazione Ogni individuo ha diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale, equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni, dagli organi e dalle agenzie dell’Unione. Tale diritto comprende in particolare: a) il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio; b) il diritto di ogni individuo di accedere al fascicolo che lo riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale; c) l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni. Ogni individuo ha diritto al risarcimento da parte dell’Unione dei danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni conformemente ai principi generali comuni agli ordinamenti degli Stati membri. Ogni individuo può rivolgersi alle istituzioni dell’Unione in una delle lingue della Costituzione e deve ricevere una risposta nella stessa lingua. Articolo II-42 diritto d’accesso ai documenti Qualsiasi cittadino dell’Unione o qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti delle istituzioni, degli organi e delle agenzie dell’Unione, indipendentemente dalla forma in cui essi sono prodotti. Articolo II-43 mediatore europeo Qualsiasi cittadino dell’Unione o qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di sottoporre al mediatore europeo casi di cattiva amministrazione nell’azione delle istituzioni, degli organi o delle agenzie dell’Unione, salvo la Corte di giustizia europea ed il Tribunale nell’esercizio delle loro funzioni giurisdizionali. Articolo II-44 diritto di petizione Qualsiasi cittadino dell’Unione o qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda od abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di presentare una petizione al Parlamento europeo. Articolo II-45 libertà di circolazione e di soggiorno Ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. La libertà di circolazione e di soggiorno può essere accordata, conformemente alla Costituzione, ai cittadini dei paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio di uno Stato membro.

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Articolo II-46 - tutela diplomatica e consolare Ogni cittadino dell’Unione gode, nel territorio di un paese terzo nel quale lo Stato membro di cui ha la cittadinanza non è rappresentato, della tutela delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato.

TITOLO VI Giustizia

Articolo II-47 diritto ad un ricorso effettivo e ad un giudice imparziale Ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto ad un ricorso effettivo dinanzi ad un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo. Ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente ed imparziale, precostituito per legge. Ogni individuo ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello stato qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia. Articolo II-48 presunzione di innocenza e diritti della difesa Ogni imputato è considerato innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata. Il rispetto dei diritti della difesa è garantito ad ogni imputato. Articolo II-49 principi della legalità e della proporzionalità dei reati e delle pene Nessuno può essere condannato per un’azione o un’omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o il diritto internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso. Se, successivamente alla commissione del reato, la legge prevede l’applicazione di una pena più lieve, occorre applicare quest’ultima. Il presente articolo non osta al giudizio ed alla condanna di una persona colpevole di un’azione o di un’omissione che, al momento in cui è stata commessa, costituiva un crimine secondo i principi generali riconosciuti da tutte le nazioni. Le pene inflitte non devono essere sproporzionate rispetto al reato. Articolo II-50 diritto di non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato Nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge.

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TITOLO VII Disposizioni generali che disciplinano

l’interpretazione e l’applicazione della Carta Articolo II-51 ambito di applicazione Le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni, agli organi ed alle agenzie dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà come pure gli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne promuovono l’applicazione secondo le rispettive competenze e nel rispetto dei limiti delle competenze conferite all’Unione in altre parti della Costituzione. La presente Carta non estende l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione al di là delle competenze dell’Unione, né introduce competenze nuove o compiti nuovi per l’Unione, né modifica le competenze ed i compiti definiti nelle altre parti della Costituzione. Articolo II-52 portata ed interpretazione dei diritti e dei principi Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui. I diritti riconosciuti dalla presente Carta per i quali altre parti della Costituzione prevedono disposizioni si esercitano alle condizioni e nei limiti definiti da tali parti pertinenti. Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell’Unione conceda una protezione più estesa. Laddove la presente Carta riconosca i diritti fondamentali quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, tali diritti sono interpretati in armonia con dette tradizioni. Le disposizioni della presente Carta che contengono dei principi possono essere attuate da atti legislativi ed esecutivi adottati da istituzioni ed organi dell’Unione e da atti di Stati membri allorché essi danno attuazione al diritto dell’Unione, nell’esercizio delle loro rispettive competenze. Esse possono essere invocate dinanzi ad un giudice solo ai fini dell’interpretazione e del controllo della legalità di detti atti. Si tiene pienamente conto delle legislazioni e prassi nazionali, come specificato nella presente Carta.

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Articolo II-53 livello di protezione Nessuna disposizione della presente Carta deve essere interpretata come limitativa o lesiva dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali riconosciuti, nel rispettivo ambito di applicazione, dal diritto dell’Unione, dal diritto internazionale, dalle convenzioni internazionali delle quali l’Unione o tutti gli Stati membri sono parti contraenti, in particolare la convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e dalle costituzioni degli stati membri. Articolo II-54 - divieto dell’abuso di diritto Nessuna disposizione della presente Carta deve essere interpretata nel senso di comportare il diritto di esercitare un’attività o compiere un atto che miri alla distruzione dei diritti o delle libertà riconosciuti nella presente Carta o di imporre a tali diritti e libertà limitazioni più ampie di quelle previste dalla presente Carta.

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PARTE TERZA LE POLITICHE ED IL FUNZIONAMENTO DELL’UNIONE

La terza parte della Costituzione europea è particolarmente tecnica ed è formata da numerosissimi articoli (ben 342). Non dovrebbe essere, quindi, di interesse immediato per il lettore, che non abbia particolari esigenze di consultazione. Pertanto, non ho ritenuto opportuno riportare il testo nella sua integrità, ma trascrivere unicamente gli articoli richiamati nella prima parte, per una rapida ed opportuna consultazione. Non potevo poi non fare menzione che la Costituzione europea ha riconosciuto gli animali come esseri “senzienti”. Un’affermazione che potrebbe segnare una vera e propria svolta in tale settore. Nel luglio del 2004, infatti, è stato inserito nella Costituzione europea il nuovo articolo III-5/bis, che afferma: “Nella formulazione e nell’attuazione delle politiche dell’Unione nei settori dell’agricoltura, della pesca, dei trasporti, del mercato interno, della ricerca e dello sviluppo tecnologico e dello spazio, l’Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti, rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali ed il patrimonio regionale”

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centrali sostiene le politiche economiche generali dell’Unione per contribuire alla realizzazione degli obiettivi di quest’ultima, definiti nell’articolo 3. Il sistema europeo di banche centrali agisce in conformità del principio di un’economia di mercato aperta ed in libera concorrenza, favorendo una efficace allocazione delle risorse e rispettando i principi di cui all’articolo III-69. I compiti fondamentali da assolvere tramite il sistema europeo di banche centrali sono i seguenti: - definire ed attuare la politica monetaria dell’Unione; - svolgere le operazioni sui cambi in linea con le disposizioni dell’articolo III-228; - detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri; - promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento. Il paragrafo 2, lettera c) non pregiudica la detenzione e la gestione da parte dei governi degli Stati membri di saldi operativi in valuta estera. La Banca centrale europea è consultata: - in merito a qualsiasi proposta di atto dell’Unione che rientri nelle sue

competenze; - dalle autorità nazionali, sui progetti di disposizioni legislative che rientrino nelle

sue competenze, ma entro i limiti ed alle condizioni stabiliti dal Consiglio dei ministri, secondo la procedura di cui all’articolo III-79, paragrafo 6.

La Banca centrale europea può formulare pareri, da sottoporre alle istituzioni, agli organi o alle agenzie dell’Unione o alle autorità nazionali, su questioni che rientrano nelle sue competenze. Il sistema europeo di banche centrali contribuisce ad una buona conduzione delle politiche perseguite dalle competenti autorità per quanto riguarda la vigilanza prudenziale degli enti creditizi e la stabilità del sistema finanziario. La legge europea può affidare alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche che riguardano la vigilanza prudenziale degli enti creditizi e delle altre istituzioni finanziarie, escluse le imprese di assicurazione. E’ adottata previa consultazione della Banca centrale europea. Articolo III-78 La Banca centrale europea ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro nell’Unione. La Banca centrale europea e le banche centrali nazionali possono emettere tali banconote. Le banconote emesse dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale nell’Unione. Gli Stati membri possono coniare monete metalliche in euro con l’approvazione della Banca centrale europea per quanto riguarda il volume del conio. Il Consiglio dei ministri, su proposta della Commissione, può adottare i regolamenti europei che stabiliscono misure per armonizzare le denominazioni e le specificazioni tecniche di tutte le monete metalliche destinate alla circolazione, nella misura necessaria per

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agevolarne la circolazione nell’Unione. Il Consiglio dei ministri delibera previa consultazione del Parlamento europeo e della Banca centrale europea. Articolo III-79 Il sistema europeo di banche centrali è composto dalla Banca centrale e dalle banche centrali nazionali. La Banca centrale europea ha personalità giuridica. Il sistema europeo di banche centrale è retto dagli organi decisionali della Banca centrale europea, che sono il consiglio direttivo ed il comitato esecutivo. Lo statuto del sistema europeo di banche centrali è definito nel protocollo sullo statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea. Gli articoli 5.1, 5.2, 5.3, 17, 18, 19.1, 22, 23, 24, 26, 32.2, 32.3, 32.4, 32.6, 33.1 a) e 36 dello statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea possono essere emendati con legge europea:

a) o su proposta della Commissione previa consultazione della Banca centrale europea;

b) o su raccomandazione della Banca centrale europea previa consultazione della Commissione.

Il Consiglio dei ministri adotta i regolamenti europei e le decisioni europee che stabiliscono le misure di cui agli articoli 4, 5.4, 19.2, 20, 28.1, 29.2, 30.4 e 34.3 dello statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea. Delibera previa consultazione del Parlamento europeo:

a) o su proposta della Commissione e previa consultazione della Banca centrale europea;

b) o su raccomandazione della Banca centrale europea e previa consultazione della Commissione.

Articolo III-80 Nell’esercizio dei poteri e nell’assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti dalla Costituzione e dallo statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, né la Banca centrale europea, né una banca centrale nazionale, né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare od accettare istruzioni dalle istituzioni, dagli organi o dalle agenzie dell’Unione, dai governi degli Stati membri o sa qualsiasi altro organismo. Le istituzioni, gli organi o le agenzie dell’Unione, come pure i governi degli Stati membri, si impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della Banca centrale europea o delle banche centrali nazionali nell’assolvimento dei loro compiti. Articolo III-81 Ciascuno Stato membro assicura che la propria legislazione nazionale, incluso lo statuto della banca centrale nazionale, sia compatibile con la Costituzione e con lo statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea.

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Articolo III-82 Per l’assolvimento dei compiti attribuiti al sistema europeo di banche centrali, la Banca centrale europea, in conformità della Costituzione ed alle condizioni stabilite nello statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, adotta:

a) regolamenti europei nella misura necessaria per assolvere i compiti definiti nell’articolo 3.1, primo trattino, negli articoli 19.1, 22 o 25.2 dello statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea e nei casi che sono previsti nei regolamenti europei e nelle decisioni europee di cui all’articolo III-79, paragrafo 6;

b) le decisioni europee necessarie per assolvere i compiti attribuiti al sistema europeo di banche centrali in virtù della Costituzione e dello statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea;

c) raccomandazioni e pareri. La Banca centrale europea può decidere di pubblicare tali decisioni europee, raccomandazioni e pareri. Il Consiglio dei ministri adotta in conformità della procedura di cui all’articolo III-79 paragrafo 6, i regolamenti europei che fissano i limiti e le condizioni entro cui la Banca centrale europea ha il potere di infliggere alle imprese ammende o penalità di mora in caso di inosservanza degli obblighi imposti dai regolamenti europei e dalle decisioni europee da essa adottati. Articolo III-83 Fatte salve le competenze della Banca centrale europea, una legge o una legge quadro europea stabilisce le misure necessarie per l’utilizzo dell’euro come moneta unica degli Stati membri. Essa è adottata previa consultazione della Banca centrale europea. Articolo III-84 Il consiglio direttivo della Banca centrale europea comprende i membri del comitato esecutivo della Banca centrale europea ed i governatori delle banche centrali nazionali degli Stati membri senza deroga ai sensi dell’articolo III-91. Il comitato esecutivo comprende il presidente, il vicepresidente e quattro altri membri. Il presidente, il vicepresidente e gli altri membri del comitato esecutivo sono nominati, tra persone di riconosciuta levatura ed esperienza professionale nel settore monetario o bancario, di comune accordo dai governi degli Stati membri a livello di Capi di Stato o di governo, su raccomandazione del Consiglio dei ministri e previa consultazione del Parlamento europeo e del consiglio direttivo della Banca centrale europea. Il loro mandato ha una durata di otto anni e non è rinnovabile. Soltanto cittadini degli Stati membri possono essere membri del comitato esecutivo. Articolo III-85 Il presidente del Consiglio dei ministri ed un membro della Commissione possono partecipare, senza diritto di voto, alle riunioni del Consiglio direttivo della Banca

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centrale europea. Il presidente del Consiglio dei ministri può sottoporre una mozione alla delibera del consiglio direttivo della Banca centrale europea. Il presidente della Banca centrale europea è invitato a partecipare alle riunioni del Consiglio dei ministri, quando quest’ultimo discute su argomenti relativi agli obiettivi ed ai compiti del sistema europeo di banche centrali. La Banca centrale europea trasmette al Parlamento europeo, al Consiglio dei ministri ed alla Commissione, nonché al Consiglio europeo, una relazione annuale sull’attività del sistema europeo di banche centrali e sulla politica monetaria dell’anno precedente e dell’anno in corso. Il presidente della Banca centrale europea presenta tale relazione al Consiglio dei ministri ed al Parlamento europeo, che può procedere su questa base ad un dibattito generale. Il presidente della Banca centrale europea e gli altri membri del comitato esecutivo possono, a richiesta del Parlamento europeo o di propria iniziativa, essere ascoltati dalle commissioni competenti del Parlamento europeo. Articolo III/-86 Per promuovere il coordinamento delle politiche degli Stati membri in tutta la misura necessaria al funzionamento del mercato interno, è istituito un comitato economico e finanziario. Il comitato svolge i seguenti compiti:

a) formulare pareri, sia a richiesta del Consiglio dei ministri o della Commissione, sia di propria iniziativa, destinati a tali istituzioni;

b) seguire la situazione economica e finanziaria degli Stati membri e dell’Unione e riferire regolarmente in merito al Consiglio dei ministri ed alla Commissione, in particolare sulle relazioni finanziarie con i paesi terzi e le istituzioni internazionali;

c) fatto salvo l’articolo III-247, contribuire alla preparazione dei lavori del Consiglio dei ministri, di cui all’articolo III-48, all’articolo III-71, paragrafi 2, 3, 4 e 6, agli articoli III-72, III-74, III-75 e III-76, all’articolo III-77, paragrafo 6, all’articolo III-78, paragrafo 2, all’articolo III-79, paragrafi 5 e 6, agli articoli III-83 e III-90, all’articolo III-92, paragrafi 2 e 3, all’articolo III-95, all’articolo III-96, paragrafi 2 e 3, e agli articoli III-224 e III-228, e svolgere gli altri compiti consultivi e preparatori ad esso affidati dal Consiglio dei ministri;

d) esaminare, almeno una volta all’anno, la situazione riguardante i movimenti di capitali e la libertà dei pagamenti, quali risultano dall’applicazione della Costituzione e degli atti dell’Unione; l’esame concerne tutte le misure riguardanti i movimenti di capitali ed i pagamenti; il comitato riferisce alla Commissione ed al Consiglio dei ministri in merito al risultato di tale esame.

Gli Stati membri, la Commissione e la Banca centrale europea nominano ciascuno non più di due membri del comitato. Il Consiglio dei ministri, su proposta della Commissione, adotta una decisione europea che fissa le modalità relative alla composizione del comitato economico e finanziario. Delibera previa consultazione della Banca centrale europea e di detto

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comitato. Il presidente del Consiglio dei ministri informa il Parlamento europeo in merito a tale decisione. Oltre ai compiti di cui al paragrafo 2, se e fintantoché sussistono Stati membri con deroga ai sensi dell’articolo III-91, il comitato tiene sotto controllo la situazione monetaria e finanziaria ed il sistema generale dei pagamenti di tali Stati membri, e riferisce periodicamente in merito al Consiglio dei ministri ed alla Commissione. Articolo III-87 Per questioni che rientrano nel campo di applicazione dell’articolo III-71, paragrafo 4, dell’articolo III-76, eccettuato il paragrafo 13, degli articoli III-83, III-90, III-91, dell’articolo III-92, paragrafo 3 e dell’articolo III-228, il Consiglio dei ministri od uno Stato membro possono chiedere alla Commissione di fare, secondo i casi, una raccomandazione o una proposta. La Commissione esamina la richiesta e presente senza indugio le proprie conclusioni al Consiglio dei ministri. Articolo III-90 Per garantire la posizione dell’euro nel sistema monetario internazionale, il Consiglio dei ministri, su proposta della Commissione e previa consultazione della Banca centrale europea, adotta una decisione europea che definisce le posizioni comuni sulle questioni che rivestono un interesse particolare per l’Unione economica e monetaria nell’ambito delle competenti istituzioni e conferenze finanziarie internazionali. Solo i membri del Consiglio dei ministri che rappresentano gli Stati membri appartenenti alla zona euro votano sulle misure di cui al paragrafo 1. La maggioranza qualificata è definita come la maggioranza dei voti dei rappresentanti degli Stati membri appartenenti alla zona euro che rappresenti almeno i tre quinti della loro popolazione. Per un atto che richiede l’unanimità è necessaria l’unanimità di tali membri del Consiglio dei ministri. Il Consiglio dei ministri, su proposta della Commissione, può adottare le misure opportune per garantire una rappresentanza unificata nell’ambito delle istituzioni e conferenze finanziarie internazionali. Si applicano le disposizioni procedurali di cui ai paragrafi 1 e 2. Articolo III-161 Fatti salvi gli articoli III-265, III-26 e III-267, il Consiglio dei ministri, su proposta della Commissione, può adottare regolamenti europei o decisioni europee che definiscono le modalità secondo le quali gli Stati membri, in collaborazione con la Commissione, procedono ad una valutazione soggettiva ed imparziale dell’attuazione, da parte delle autorità degli Stati membri, delle politiche dell’Unione di cui al presente capo, in particolare al fine di favorire la piena applicazione del principio di riconoscimento reciproco. Il Parlamento europeo ed i parlamenti nazionali degli Stati membri sono informati dei contenuti e dei risultati di tale valutazione.

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Articolo III-165 Gli atti di cui alle sezioni 4 e 5 del presente capo sono adottati:

a) su proposta della Commissione, oppure b) su iniziativa di un quarto degli Stati membri.

Articolo III-174 L’Eurojust ha il compito di sostenere e potenziare il coordinamento e la cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’azione penale contro la criminalità grave che interessa due o più Stati membri o che richiede un’azione penale su basi comuni, sulla scorta delle operazioni effettuate e delle informazioni fornite dalle autorità degli Stati membri e dall’Europol. La legge europea determina la struttura, il funzionamento, la sfera d’azione ed i compiti dell’Eurojust. Tali compiti possono comprendere:

a) l’avvio ed il coordinamento di azioni penali esercitate dalle autorità nazionali competenti, in particolare quelle relative a reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione;

b) il potenziamento della cooperazione giudiziaria, incluso attraverso la composizione dei conflitti di competenza e tramite una stretta cooperazione con la rete giudiziaria europea.

La legge europea fissa inoltre le modalità per associare il Parlamento europeo ed i parlamenti nazionali degli Stati membri alla valutazione delle attività dell’Eurojust. Nel contesto delle azioni penali di cui alla presente disposizione, e fatto salvo l’articolo III-175, gli atti ufficiali di procedura giudiziaria sono eseguiti dai funzionari nazionali competenti. Articolo III-177 L’Europol ha il compito di sostenere e potenziare l’azione delle autorità di polizia e degli altri servizi incaricati dell’applicazione della legge degli Stati membri e la reciproca collaborazione nella prevenzione e contrasto della criminalità grave che interessa due o più Stati membri, del terrorismo e delle forme di criminalità che ledono un interesse comune oggetto di una politica dell’Unione. La legge europea determina la struttura, il funzionamento, la sfera d’azione ed i compiti dell’Europol. Tali compiti possono comprendere:

a) la raccolta, l’archiviazione, il trattamento, l’analisi e lo scambio delle informazioni trasmesse in particolare dalle autorità degli Stati membri o di paesi od organismi terzi:

b) il coordinamento, l’organizzazione e lo svolgimento di indagini e di azioni operative, condotte congiuntamente con le autorità competenti degli Stati membri o nel quadro di squadre investigative comuni, eventualmente in collegamento con l’Eurojust.

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La legge europea fissa inoltre le modalità del controllo delle attività dell’Europol da parte del Parlamento europeo cui sono associati i parlamenti nazionali degli Stati membri. Qualsiasi azione operativa dell’Europol deve essere condotta in collegamento e di intesa con le autorità dello o degli Stati membri di cui interessa il territorio. L’applicazione di misure coercitive è di competenza esclusiva delle pertinenti autorità nazionali. Articolo III-211 Nel quadro delle decisioni europee adottate in conformità dell’articolo III-210, il Consiglio dei ministri può affidare la realizzazione di una missione ad un gruppo di Stati membri che dispongono delle capacità necessarie ed intendono impegnarsi nella missione. Tali Stati membri, in associazione

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Articolo III-214 La cooperazione più stretta in materia di difesa reciproca di cui all’articolo I-40, paragrafo 7 è aperta a tutti gli Stati membri dell’Unione. Un elenco degli Stati membri che partecipano alla cooperazione più stretta figura nella dichiarazione (titolo). Lo Stato membro che desidera associarsi a detta cooperazione in una fase successiva, accettando gli obblighi che essa impone, informa il Consiglio europeo della sua intenzione e sottoscrive la suddetta dichiarazione. Qualora uno Stato membro che partecipa a detta cooperazione subisca un’aggressione armata nel suo territorio, esso informa della situazione gli altri Stati partecipanti e può chiedere loro aiuto ed assistenza. Gli Stati membri partecipanti si riuniscono a livello ministeriale, con l’assistenza del rispettivo rappresentante al comitato politico e di sicurezza ed al comitato militare. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è informato immediatamente di qualsiasi aggressione armata e delle misure prese in risposta. Il presente articolo lascia impregiudicati, per gli Stati interessati, i diritti e gli obblighi derivanti dal trattato del Nord Atlantico. Articolo III-227 Fatte salve le disposizioni particolari dell’articolo III-217, gli accordi tra l’Unione e gli Stati terzi o le organizzazioni internazionali sono negoziati e conclusi secondo la procedura descritta qui di segu -1 Tj 3060.75 0 TD 0 Tc 0.1875 Tw ( ) Tj 060.75 -16.5 TD -0.3735 Tc 212648 Tw ( (Il Consiglio eio minisariauitorezzall’vvlio eio negoziat,o efminicve le drpetti e di ) Tj 0 -15.75 TD -0.4919 Tc 0.3794 Tw negoziaoi e concldne gli Tj 30435.5 0 TD -02739 Tc 0 Tw accodie.) Tj 95 0 TD 0 Tc 0.1875 Tw ( ) Tj 084.75 -16.5 TD -0.1091 Tc 195931 Tw ( LaCom mission,i o il minisaco degliafflarieisteri dell’Union,a qtandoll’accodoi ) Tj 0 -15.75 TD -0.5325 Tc 252625 Tw rfigardta snclusvtamenteto rineciplamente la politiaieisteao e di sicurezza couon,a

(Ia) Tj -004336 Tc7.90831 Tw ( Consiglio eio minisari desgnva, nel qtdaco della tecssione europae di) Tj 0 Tc -0.5625 Tw ( ) Tj 0 -15.75 TD -0.1025 Tc16.931 Tw auitorezzazioneao negozirne, i fuenzione dellarmaterio delfutuoro accodoe, al

(Ia) Tj -00427 Tc15.3451 Tw ( Consiglio eio minisari può im2artrle drpetti e di negoziaoiaIl negoziaorei) Tj 0 Tc 0.1875 Tw ( ) Tj 7.25 -15.75 TD -006331 Tc 168083 Tw dell’Unioni e può desgnvrleunl comitatoispcriali chedei eresdere cosulitatondella c n d u n z i o n e d i o n e g o z i a t 1 T j 3 0 4 2 . 7 5 0 T D 0 T c 0 . 1 8 7 5 T w ( ) T j 0 4 2 . 7 5 - 1 5 . 7 5 T D - 0 . 4 4 6 4 T c 0 7 9 3 6 8 T w ( S u o r o s p o s t o d e l n e g o z i a o r e e , a l C o n s i g l i o e i o m i n i s a r i a d o i t t a u n a . ) T j 8 0 7 . 2 5 0 T D - 0 0 8 1 9 T c 0 - 2 7 5 3 T w d e c s s i o n e e u r o p a e

(Ia) Tj 0 Tc -0.5625 Tw ( ) Tj 0 -15.75 TD -0.1031 Tc 197153 Tw Parltamenoe europo formu la alsuoi padere nelste mili che al Consiglio eio .

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a) gli accordi di associazione; b) l’adesione dell’Unione alla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti

dell’uomo e delle libertà fondamentali; c) gli accordi che creano un quadro istituzionale specifico organizzando

procedure di cooperazione; d) gli accordi che hanno ripercussioni finanziarie considerevoli per l’Unione; e) gli accordi che riguardano settori ai quali si applica la procedura legislativa.

In caso di urgenza, il Parlamento europeo ed il Consiglio dei ministri possono concordare un termine per l’approvazione. All’atto della conclusione di un accordo, il Consiglio dei ministri, in deroga alle disposizioni dei paragrafi 6, 7 e 10, può abilitare il negoziatore ad approvare a nome dell’Unione gli adattamenti dell’accordo, se quest’ultimo ne prevede l’adozione con una procedura semplificata o da parte di un organo istituito dall’accordo stesso, corredando eventualmente questa abilitazione di condizioni specifiche. Durante tutta la procedura, il Consiglio dei ministri delibera a maggioranza qualificata. Delibera all’unanimità quando l’accordo riguarda un settore per il quale è richiesta l’unanimità per l’adozione di un atto dell’Unione, nonché per gli accordi di associazione e per l’adesione dell’Unione alla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro degli affari esteri dell’Unione o della Commissione, adotta una decisione europea sulla sospensione dell’applicazione di un accordo e che stabilisce le posizioni da adottare a nome dell’Unione in un organismo istituito da un accordo, se tale organismo deve adottare atti che hanno effetti giuridici, fatta eccezione per gli atti che integrano o modificano il quadro istituzionale dell’accordo. Il Parlamento europeo è immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della procedura. Uno Stato membro, il Parlamento europeo, il Consiglio dei ministri o la Commissione possono domandare il parere della Corte di giustizia circa la compatibilità di un accordo previsto con le disposizioni della Costituzione. In caso di parere negativo della Corte di giustizia, l’accordo previsto non può entrare in vigore, salvo modifiche dello stesso o revisione della Costituzione seconda la procedura di cui all’articolo IV-6. Articolo III-231 Il Consiglio dei ministri, su proposta congiunta della Commissione e del ministro degli affari esteri dell’Unione, adotta una decisione europea che definisce le modalità di attuazione della clausola di solidarietà di cui all’articolo I-42. Il Parlamento europeo è informato. Se uno Stato membro subisce un attacco terroristico od è vittima di una calamità naturale o provocata dall’uomo, gli altri Stati membri, su richiesta delle sue autorità politiche, gli prestano assistenza. A tal fine gli Stati membri si coordinano in sede di Consiglio dei ministri.

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Ai fini del presente articolo, il Consiglio dei ministri è assistito dal comitato politico e di sicurezza, con il sostegno delle strutture sviluppate nell’ambito della politica di sicurezza e di difesa comune, e dal comitato previsto all’articolo III-162 che gli presentano, se del caso, pareri congiunti. Per consentire all’Unione di agire in modo efficace, il Consiglio europeo valuta regolarmente le minacce cui è confrontata l’Unione. Articolo III-243 Il Parlamento europeo, cui sia presentata una mozione di censura sull’operato della Commissione, non può pronunciarsi su tale mozione prima che siano trascorsi almeno tre giorni dal deposito e con scrutinio pubblico. Se la mozione di censura è approvata a maggioranza di due terzi dei voti espressi ed a maggioranza dei membri che compongono il Parlamento europeo, la Commissione deve abbandonare le sue funzioni. Continua a curare gli affari di ordinaria amministrazione fino alla sua sostituzione, conformemente agli articoli I-25 e I-26. In questo caso, il mandato della Commissione nominata per sostituirla scade alla data in cui sarebbe scaduto il mandato della Commissione costretta ad abbandonare le sue funzioni. Articolo III-260 I giudici e gli avvocati generali della Corte di giustizia europea, scelti tra personalità che offrano tutte le garanzie di indipendenza e che riuniscano le condizioni richieste per l’esercizio, nei rispettivi paesi, delle più alte funzioni giurisdizionali, ovvero che siano giureconsulti di notoria competenza, sono nominati di comune accordo dai governi degli Stati membri, previa consultazione del comitato di cui all’articolo III-262. Ogni tre anni si procede ad un rinnovo parziale dei giudici e degli avvocati generali, alle condizioni previste dallo statuto della Corte di giustizia. I giudici designano tra loro, per tre anni, il presidente della Corte di giustizia europea. Il mandato è rinnovabile. La Corte di giustizia europea adotta il suo regolamento di procedura. Tale regolamento è sottoposto all’approvazione del Consiglio dei ministri. Articolo III-261 Il numero dei giudici del Tribunale è stabilito dallo statuto della Corte di giustizia. Lo statuto può prevedere che il Tribunale sia assistito da avvocati generali. I membri del Tribunale sono scelti tra persone che offrano tutte le garanzie di indipendenza e possiedano la capacità per l’esercizio di alte funzioni giurisdizionali. Sono nominati di comune accordo dai governi degli Stati membri, previa consultazione del comitato di cui all’articolo III-262. Ogni tre anni si procede ad un rinnovo parziale del Tribunale. I membri uscenti possono essere nuovamente nominati. I giudici designano tra loro, per tre anni, il presidente del Tribunale. Il mandato è rinnovabile.

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Il Tribunale adotta il suo regolamento di procedura di concerto con la Corte di giustizia europea. Tale regolamento è sottoposto all’approvazione del Consiglio dei ministri. Salvo quanto diversamente disposto dallo statuto della Corte di giustizia, le disposizioni della Costituzione relative alla Corte di giustizia europea sono applicabili al Tribunale. Articolo III-292 Il numero dei membri del Comitato delle regioni non è superiore a 350. Il Consiglio dei ministri adotta all’unanimità una decisione europea che determina la composizione del Comitato. I membri del Comitato ed un numero uguale di supplenti sono nominati per cinque anni. Il mandato è rinnovabile. Il Consiglio dei ministri adotta la decisione europea che stabilisce l’elenco dei membri e dei supplenti, redatto conformemente alle proposte presentate da ciascuno Stato membro. Alla scadenza del mandato di cui all’articolo I-31, paragrafo 2, in virtù del quale sono stati proposti, il mandato dei membri del Comitato termina automaticamente ed essi sono sostituiti per la restante durata di detto mandato secondo la medesima procedura. I membri del Comitato non possono essere nel contempo membri del Parlamento europeo. Articolo III-293 Il Comitato delle regioni designa tra i membri il presidente e l’ufficio di presidenza per la durata di due anni e mezzo. Stabilisce il proprio regolamento interno. E’ convocato dal presidente su richiesta del Parlamento europeo, del Consiglio dei ministri o della Commissione. Può altresì riunirsi di sua iniziativa. Articolo III-294 Il Parlamento europeo, il Consiglio dei ministri o la Commissione consultano il Comitato delle regioni nei casi previsti dalla Costituzione ed in tutti gli altri casi in cui una di tali istituzioni lo ritenga opportuno, in particolare nei casi concernenti la cooperazione transfrontaliera. Qualora lo reputino necessario, il Parlamento europeo, il Consiglio dei ministri o la Commissione fissano al Comitato, per la presentazione del suo parere, un termine che non può essere inferiore ad un mese a decorrere dalla data della comunicazione inviata a tal fine al presidente. Allo spirare del termine fissato, si può non tener conto dell’assenza di parere. Quando il Comitato economico e sociale è consultato in applicazione dell’articolo III-298, il Parlamento europeo, il Consiglio dei ministri o la Commissione informano il Comitato delle regioni di tale domanda di parere. Il Comitato delle regioni può formulare un parere di sua iniziativa qualora ritenga che sono in causa interessi

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regionali specifici. Può inoltre formulare un parere di sua iniziativa nei casi in cui lo ritenga utile. Il parere del Comitato è trasmesso al Parlamento europeo, al Consiglio dei ministri ed alla Commissione, unitamente ad un resoconto delle deliberazioni. Articolo III-295 Il numero dei membri del Comitato economico e sociale non è superiore a 350. Il Consiglio dei ministri adotta all’unanimità una decisione europea che determina la composizione del Comitato. Articolo III-296 I membri del Comitato economico e sociale sono nominati per cinque anni. Il mandato è rinnovabile. Il Consiglio dei ministri adotta la decisione europea che stabilisce l’elenco dei membri, redatto conformemente alle proposte presentate da ciascuno Stato membro. Il Consiglio dei ministri delibera previa consultazione della Commissione. Può chiedere il parere delle organizzazioni europee rappresentative dei diversi settori economici e sociali e della società civile interessati all’attività dell’Unione. Articolo III-297 Il Comitato economico e sociale designa tra i membri il presidente e l’ufficio di presidenza per una durata di due anni e mezzo. Stabilisce il proprio regolamento interno. E’ convocato dal presidente su richiesta del Parlamento europeo, del Consiglio dei ministri o della Commissione. Può altresì riunirsi di sua iniziativa. Articolo III-298 Il Parlamento europeo, il Consiglio dei ministri o la Commissione sono tenuti a consultare il Comitato economico e sociale nei casi previsti dalla Costituzione. Tali istituzioni possono consultarlo in tutti gli altri casi. Il Comitato può anche formulare un parere di sua iniziativa. Qualora lo reputino necessario, il Parlamento europeo, il Consiglio dei ministri o la Commissione fissano al Comitato, per la presentazione del suo parere, un termine che non può essere inferiore ad un mese a decorrere dalla data della comunicazione inviata a tal fine al presidente. Allo spirare del termine fissato, si può non tener conto dell’assenza di parere. Il parere del Comitato è trasmesso al Parlamento europeo, al Consiglio dei ministri ed alla Commissione, unitamente ad un resoconto delle deliberazioni. Articolo III-302 Quando, in virtù della Costituzione, le leggi o le leggi quadro europee sono adottate secondo la procedura legislativa ordinaria, si applicano le disposizioni che seguono. La Commissione presenta una proposta al Parlamento europeo ed al Consiglio dei ministri.

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Il Parlamento europeo adotta la sua posizione in prima lettura e la trasmette al Consiglio dei ministri. Se il Consiglio dei ministri approva la posizione del Parlamento europeo, l’atto proposto è adottato. Se il Consiglio dei ministri non approva la posizione del Parlamento europeo, esso adotta la sua posizione in prima lettura e la trasmette al Parlamento europeo. Il Consiglio dei ministri informa esaurientemente il Parlamento europeo dei motivi che l’hanno indotto ad adottare la sua posizione in prima lettura. La Commissione informa esaurientemente il Parlamento europeo della sua posizione. Se, entro un termine di tre mesi da tale comunicazione, il Parlamento europeo:

a) approva la posizione del Consiglio dei ministri in prima lettura o non si è pronunciato, l’atto proposto si considera adottato;

b) respinge la posizione del Consiglio dei ministri in prima lettura a maggioranza dei membri che lo compongono, l’atto proposto si considera non adottato;

c) propone emendamenti alla posizione del Consiglio dei ministri in prima lettura a maggioranza dei membri che lo compongono, il testo così emendato viene comunicato al Consiglio dei ministri ed alla Commissione che formula un parere su tali emendamenti.

Se, entro un termine di tre mesi dal ricevimento degli emendamenti del Parlamento europeo, il Consiglio dei ministri, deliberando a maggioranza qualificata:

a) approva tutti gli emendamenti, l’atto in questione si considera adottato; b) non approva tutti gli emendamenti, il presidente del Consiglio dei ministri,

d’intesa con il presidente del Parlamento europeo, convoca entro sei settimane il comitato di conciliazione.

Il Consiglio dei ministri delibera all’unanimità sugli emendamenti su cui la Commissione ha dato parere negativo. Il comitato di conciliazione, che riunisce i membri del Consiglio dei ministri od i loro rappresentanti ed altrettanti membri rappresentanti il Parlamento europeo, ha il compito di giungere ad un accordo su un progetto comune a maggioranza qualificata dei membri del Consiglio dei ministri o dei loro rappresentanti ed a maggioranza dei membri rappresentanti il Parlamento europeo entro un termine di sei settimane dopo la convocazione, sulla base delle posizioni del Parlamento e del Consiglio dei ministri in seconda lettura. La Commissione partecipa ai lavori del comitato di conciliazione e prende tutte le iniziative necessarie per favorire un ravvicinamento fra la posizione del Parlamento europeo e quella del Consiglio dei ministri. Se, entro un termine di sei settimane dopo la convocazione, il comitato di conciliazione non approva un progetto comune, l’atto proposto si considera non adottato. Se, entro tale termine, il comitato di conciliazione approva un progetto comune, il Parlamento europeo ed il Consiglio dei ministri dispongono ciascuno di un termine di

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sei settimane a decorrere dall’approvazione per adottare l’atto in questione in base al progetto comune; il Parlamento europeo delibera a maggioranza dei voti espressi ed il Consiglio dei ministri a maggioranza qualificata. In mancanza di una decisione, l’atto in questione si considera non adottato. I termini di tre mesi e di sei settimane di cui al presente articolo sono prorogati rispettivamente di un mese e di due settimane, al massimo, su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio dei ministri. Quando, nei casi specificamente previsti dalla Costituzione, una legge o una legge quadro è soggetta alla procedura legislativa ordinaria su iniziativa di un gruppo di Stati membri, su raccomandazione della Banca centrale europea, o su richiesta della Corte di giustizia o della Banca europea per gli investimenti, il paragrafo 2, il paragrafo 6 seconda frase ed il paragrafo 9 non sono applicabili. Il Parlamento europeo ed il Consiglio dei ministri trasmettono alla Commissione il progetto di atto insieme alle loro posizioni in prima e seconda lettura. Il Parlamento europeo od il Consiglio dei ministri possono chiedere il parere della Commissione durante tutta la procedura. La Commissione può altresì formulare un parere di sua iniziativa. Se lo reputa necessario, può partecipare al comitato di conciliazione nei termini di cui al paragrafo 11. Articolo III-308 Il quadro finanziario pluriennale è stabilito per un periodo di almeno cinque anni conformemente all’articolo I-54. Il quadro finanziario fissa gli importi dei massimali annui degli stanziamenti per impegno per categoria di spesa e del massimale annuo degli stanziamenti per pagamento. Le categorie di spesa, in numero limitato, corrispondono ai grandi settori di attività dell’Unione. Il quadro finanziario prevede ogni altra disposizione utile per il corretto svolgimento della procedura annuale di bilancio. Qualora la legge europea del Consiglio dei ministri che stabilisce un nuovo quadro finanziario non sia stata adottata alla scadenza del quadro finanziario precedente, i massimali ed altre disposizioni vigenti nell’ultimo anno coperto sono prorogati fino all’adozione di detta legge. Nel corso dell’intera procedura di adozione del quadro finanziario, il Parlamento europeo, il Consiglio dei ministri e la Commissione adottano ogni misura necessaria a facilitare l’esito favorevole della procedura stessa. Articolo III-310 La legge europea fissa il bilancio annuale dell’Unione in conformità delle disposizioni in appresso. Ciascuna istituzione elabora, anteriormente al 1° luglio, uno stato di previsione delle spese. La Commissione raggruppa tali stati di previsione in un progetto di bilancio, allegandovi un parere che può comportare previsioni divergenti. Tale progetto comprende una previsione delle entrate ed una previsione delle spese. La

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Commissione può modificare il progetto di bilancio nel corso della procedura, fino alla convocazione del comitato di conciliazione di cui al paragrafo 5. La Commissione sottopone il progetto di bilancio al Parlamento europeo ed al Consiglio dei ministri non oltre il 1° settembre dell’anno che precede quello dell’esecuzione del bilancio. Il Consiglio dei ministri adotta la sua posizione sul progetto di bilancio e la comunica al Parlamento europeo non oltre il 1° ottobre dell’anno che precede quello dell’esecuzione del bilancio. Informa esaurientemente il Parlamento europeo dei motivi che l’hanno indotto ad adottare la posizione. Se, entro un termine di quarantadue giorni dalla comunicazione, il Parlamento europeo:

a) approva la posizione del Consiglio dei ministri o non si è pronunciato, la legge europea di bilancio si considera adottata;

b) propone, a maggioranza dei membri che lo compongono, emendamenti alla posizione del Consiglio dei ministri; il testo emendato è trasmesso al Consiglio dei ministri ed alla Commissione. Il presidente del Parlamento europeo, d’intesa con il presidente del Consiglio dei ministri, convoca senza indugio il comitato di conciliazione.

Il comitato di conciliazione non si riunisce se, entro un termine di dieci giorni, il Consiglio dei ministri comunica al Parlamento europeo che approva tutti gli emendamenti. Il comitato di conciliazione, che riunisce i membri del Consiglio dei ministri od i loro rappresentanti ed altrettanti membri rappresentanti il Parlamento europeo, ha il compito di giungere ad un accordo su un progetto comune, a maggioranza qualificata dei membri del Consiglio dei ministri o dei loro rappresentanti ed a maggioranza dei membri rappresentanti il Parlamento europeo, entro un termine di ventuno giorni dalla convocazione basandosi sulle posizioni del Parlamento europeo e del Consiglio dei ministri. La Commissione partecipa ai lavori del comitato di conciliazione e prende tutte le iniziative necessarie per favorire un ravvicinamento fra la posizione del Parlamento europeo e quella del Consiglio dei ministri. Se entro il termine di ventuno giorni di cui al paragrafo 5, il comitato di conciliazione approva un progetto comune, il Parlamento europeo ed il Consiglio dei ministri dispongono ciascuno di un termine di quattordici giorni a decorrere da tale data per adottare il progetto comune, il Parlamento europeo delibera a maggioranza dei voti espressi ed il Consiglio dei ministri a maggioranza qualificata. Se entro il termine di ventuno giorni di cui al paragrafo 5 il comitato di conciliazione non approva il progetto comune o se il Consiglio dei ministri respinge il progetto comune, il Parlamento europeo, deliberando a maggioranza dei membri che lo compongono e dei tre quinti dei voti espressi, entro un termine di quattordici giorni può confermare gli emendamenti. Se un emendamento del Parlamento non è confermato, la posizione del Consiglio dei ministri sulla corrispondente voce di bilancio si considera adottata.

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Se il Parlamento respinge il progetto comune a maggioranza dei membri che lo compongono e dei tre quinti dei voti espressi, può chiedere che sia sottoposto un nuovo progetto di bilancio. Quando la procedura di cui al presente articolo è espletata, il presidente del Parlamento europeo constata che la legge europea di bilancio è definitivamente adottata. Articolo III-318 La legge europea: - definisce le regole finanziarie che stabiliscono in particolare le modalità relative

alla formazione ed all’esecuzione del bilancio, al rendiconto ed alla verifica dei conti;

- determina le regole ed organizza il controllo della responsabilità dei controllori finanziari, ordinatori e contabili.

E’ adottata previa consultazione della Corte dei conti. Il Consiglio dei ministri adotta, su proposta della Commissione, un regolamento europeo che fissa le modalità e la procedura secondo le quali le entrate di bilancio previste dal regime delle risorse proprie dell’Unione sono messe a disposizione della Commissione e determina le misure da applicare per far fronte alle eventuali esigenze di tesoreria. Il Consiglio dei ministri delibera previa consultazione del Parlamento europeo e della Corte dei conti. Il Consiglio dei ministri delibera all’unanimità fino al 1° gennaio 2007 in tutti i casi contemplati dal presente articolo. Articolo III-321 L’Unione e gli Stati membri combattono la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione mediante misure adottate a norma del presente articolo. Tali misure sono dissuasive ed offrono una protezione efficace negli Stati membri. Gli Stati membri adottano, per combattere la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione, le stesse disposizioni che adottano per combattere la frode che lede i loro interessi finanziari. Fatte salve altre disposizioni della Costituzione, gli Stati membri coordinano l’azione diretta a tutelare gli interessi finanziari dell’Unione contro la frode. A tal fine organizzano, con la Commissione, una stretta e regolare cooperazione tra le autorità competenti. La legge o la legge quadro europea stabilisce le misure necessarie nei settori della prevenzione e lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione, al fine di offrire una protezione efficace ed equivalente in tutti gli Stati membri. E’ adottata previa consultazione della Corte dei conti. La Commissione, in cooperazione con gli Stati membri. Presenta ogni anno al Parlamento europeo ed al Consiglio dei ministri una relazione sulle misure e sulle disposizioni adottate ai fini dell’attuazione del presente articolo.

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Articolo III-322 Le cooperazioni rafforzate previste rispettano la Costituzione ed il diritto dell’Unione. Non possono recare pregiudizio al mercato interno né alla coesione economica, sociale e territoriale. Non possono costituire un ostacolo né una discriminazione per gli scambi tra gli Stati membri né possono provocare distorsioni di concorrenza tra questi ultimi. Articolo III-323 Le cooperazioni rafforzate previste rispettano le competenze, i diritti e gli obblighi degli Stati membri che non vi partecipano. Questi non ne ostacolano l’attuazione da parte degli Stati membri che vi partecipano. Articolo III-324 Al momento dell’instaurazione le cooperazioni rafforzate sono aperte a tutti gli Stati membri, fatto salvo il rispetto delle eventuali condizioni di partecipazione stabilite dalla decisione europea di autorizzazione. La partecipazione alle cooperazioni rafforzate resta inoltre possibile in qualsiasi altro momento, fatto salvo il rispetto, oltre che delle eventuali condizioni summenzionate, degli atti già adottati in tale ambito. La Commissione e gli Stati membri che partecipano ad una cooperazione rafforzata si adoperano per agevolare la partecipazione del maggior numero possibile di Stati membri. La Commissione ed, all’occorrenza, il ministro degli affari esteri dell’Unione, informano periodicamente tutti i membri del Consiglio dei ministri ed il Parlamento europeo in merito allo sviluppo delle cooperazioni rafforzate. Articolo III-325 Gli Stati membri che desiderano instaurare tra loro una cooperazione rafforzata in uno dei settori di cui alla Costituzione, eccetto la politica estera e di sicurezza comune, trasmettono una richiesta alla Commissione precisando il campo di applicazione e gli obiettivi perseguiti dalla cooperazione rafforzata prevista. La Commissione può presentare al Consiglio dei ministri una proposta al riguardo. Qualora la Commissione non presenti una proposta, informa gli Stati membri interessati delle ragioni di tale decisione. L’autorizzazione a procedere ad una cooperazione rafforzata è concessa con una decisione europea del Consiglio dei ministri su proposta della Commissione, previa approvazione del Parlamento europeo. Nel quadro della politica estera e di sicurezza comune, la richiesta degli Stati membri che desiderano instaurare tra loro una cooperazione rafforzata è presentata al Consiglio dei ministri. E’ trasmessa al ministro egli affari esteri dell’Unione, che esprime un parere sulla coerenza della cooperazione rafforzata con la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione, ed alla Commissione, che esprime un parere, segnatamente sulla coerenza della cooperazione rafforzata prevista con le altre politiche dell’Unione. E’ inoltre trasmessa per informazione al Parlamento europeo.

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L’autorizzazione a procedere ad una cooperazione rafforzata è concessa con una decisione europea del Consiglio dei ministri. Articolo III-326 Ogni Stato membro che desideri partecipare ad una cooperazione rafforzata in uno dei settori di cui all’articolo III-325, paragrafo 1, notifica tale intenzione al Consiglio dei ministri ed alla Commissione. La Commissione, entro un termine di quattro mesi dalla data di ricezione della notifica, conferma la partecipazione dello Stato membro in questione. Constata, se del caso, che le eventuali condizioni di partecipazione sono soddisfatte ed adotta le misure transitorie che ritiene necessarie per l’applicazione degli atti già adottati nel quadro della cooperazione rafforzata. Tuttavia, se la Commissione ritiene che le eventuali condizioni di partecipazione non siano soddisfatte, indica le disposizioni da adottare per soddisfarle e fissa un termine per il riesame della richiesta di partecipazione. Riesamina la richiesta in conformità della procedura di cui al comma precedente. Se la Commissione ritiene che le eventuali condizioni di partecipazione continuino a non essere soddisfatte, lo Stato membro interessato può sottoporre la questione al Consiglio dei ministri, che delibera conformemente all’articolo I-43, paragrafo 3. Il Consiglio dei ministri può inoltre adottare, su proposta della Commissione, le misure transitorie di cui al secondo comma. Articolo III-327 Le spese derivanti dall’attuazione di una cooperazione rafforzata, diverse dalle spese amministrative che devono sostenere le istituzioni, sono a carico degli Stati membri partecipanti, salvo che il Consiglio dei ministri, deliberando all’unanimità dei membri previa consultazione del Parlamento europeo, non disponga altrimenti. Articolo III-328 Qualora una disposizione della Costituzione che può essere applicata nel quadro di una cooperazione rafforzata preveda che il Consiglio deliberi all’unanimità, il Consiglio, deliberando all’unanimità conformemente alle modalità di cui all’articolo I-43, paragrafo 3, può di propria iniziativa decidere che delibererà a maggioranza qualificata. Qualora una disposizione della Costituzione che può essere applicata nel quadro di una cooperazione rafforzata preveda che il Consiglio dei ministri adotti leggi o leggi quadro europee conformemente ad una procedura legislativa speciale, il Consiglio, deliberando all’unanimità conformemente alle modalità di cui all’articolo I-43, paragrafo 3, può di propria iniziativa decidere che delibererà a norma della procedura legislativa ordinaria. Il Consiglio delibera previa consultazione del Parlamento europeo. Articolo III-329 Il Consiglio dei ministri e la Commissione assicurano la coerenza delle azioni intraprese nel quadro di una cooperazione rafforzata e la coerenza di dette azioni intraprese nel quadro di una cooperazione rafforzata e la coerenza di dette azioni con le politiche dell’Unione, e cooperano a tale scopo.

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PARTE QUARTA DISPOSIZIONI GENERALI E FINALI

Anche per questa ultima parte si è ritenuto opportuno riportare i passi più significativi, lasciando quindi al lettore interessato, qualora ovviamente lo ritenesse utile od opportuno, la cura di andarsi personalmente ad esaminare gli articoli qui non trascritti. Articolo IV-1 - i simboli dell’Unione La bandiera dell’Unione rappresenta un cerchio di dodici stelle dorate su sfondo blu. L’inno dell’Unione è tratto dall’Inno alla gioia della Nona sinfonia di Ludwig van Beethoven. Il motto dell’Unione è: “Unità nella diversità”. La moneta dell’Unione è l’euro. Il 9 maggio è celebrato in tutta l’Unione come giornata dell’Europa. Articolo IV-3 - continuità giuridica rispetto alla Comunità europea ed all’Unione europea L’Unione europea succede alla Comunità europea ed all’Unione in tutti i diritti ed obblighi, interni o derivanti da accordi internazionali, sorti prima dell’entrata in vigore del trattato che istituisce la Costituzione in virtù dei trattati, protocolli ed atti precedenti, compresi tutte le attività e passività della Comunità e dell’Unione ed i rispettivi archivi. Le disposizioni degli atti delle istituzioni dell’Unione, adottati in virtù dei trattati ed atti citati al primo comma, restano in vigore alle condizioni previste nel protocollo allegato al trattato che istituisce la Costituzione. La giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee è mantenuta in quanto fonte d’interpretazione del diritto dell’Unione. Articolo IV-7 - procedura di revisione del trattato che istituisce la Costituzione Il governo di qualsiasi Stato membro, il Parlamento europeo o la Commissione può sottoporre al Consiglio dei ministri progetti intesi a modificare il trattato, che istituisce la Costituzione. Tali progetti sono notificati ai parlamenti nazionali degli Stati membri. Qualora il Consiglio europeo, previa consultazione del Parlamento europeo e della Commissione, adotti a maggioranza semplice una decisione favorevole all’esame delle modifiche proposte, il presidente del Consiglio europeo convoca una Convenzione composta di rappresentanti dei parlamenti nazionali degli Stati membri, dei Capi di Stato o di governo degli Stati membri, del Parlamento europeo e dalla Commissione: In caso di modifiche istituzionali nel settore monetario, viene consultata anche la Banca centrale europea. Il Consiglio europeo può decidere a maggioranza semplice, previa approvazione del Parlamento europeo, di non convocare la Convenzione qualora l’entità dell1.4973 Tw (1 col (gius73 iea. in) Tj 0 Tc 0.1875 Tw ( ) Tj 0 -16.5 TD -083151 Tc 836188 Twqu reoIn ca,a. Il Consiglio europedef mincare i0 mdStatperre la Cfidedenza ion) Tj 0 Tc -0.5625 Tw ( ) Tj 0 -15.75 TD -089981 Tc 077814 TwR rappresentanti

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revisione ed adotta per consenso una raccomandazione alla Conferenza dei Rappresentanti dei governi degli Stati membri prevista al paragrafo 3. La Conferenza dei Rappresentanti dei governi degli Stati membri è convocata dal presidente del Consiglio dei ministri allo scopo di stabilire di comune accordo le modifiche da apportare al trattato che istituisce la Costituzione. Gli emendamenti entreranno in vigore dopo essere stati ratificati da tutti gli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali. Qualora al termine di un periodo di due anni a decorrere dalla firma del trattato che modifica il trattato che istituisce la Costituzione i quattro quinti degli Stati membri abbiano ratificato detto trattato ed uno o più Stati membri abbiano incontrato difficoltà nelle procedure di ratifica, la questiont è deferita al Consiglio europeo. Articolo IV-9 - durata Il trattato che istituisce la Costituzione è concluso per una durata illimitata. Articolo IV-10 - lingue Il trattato che istituisce la Costituzione, redatto in unico esemplare in lingua danese, finlandese, francese, greca, inglese, irlandese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca, ceca, estone, lettone, lituana, maltese, polacca, slovacca, slovena ed ungherese, i testi in ciascuna di queste lingue facenti ugualmente fede, sarà depositato negli archivi del governo della Repubblica italiana, che provvederà a trasmetterne copia certificata conforme a ciascuno dei governi degli altri Stati firmatari.

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INDICE

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Argomenti Pagina Le fonti del diritto comunitario 3 L’Unione europea 4 Il Trattato di Maastricht 7 L’Accordo di Schengen 10 Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985

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Profilo dei 25 Stati della Comunità europea 14 Organi dell’Unione europea 22 Il Consiglio dei Ministri 22 La Commissione europea 22 Il Consiglio europeo 23 Il Presidente del Consiglio europeo 23 Il Parlamento europeo 24 La Corte dei Conti 24 Il Comitato delle Regioni 24 Il Comitato economico e sociale 25 Il Ministro degli esteri 25 Il Mediatore europeo 25 La Corte di Giustizia 25 La Banca centrale europea 29 La legislazione europea 30 I Regolamenti 31 Le Direttive 32 Le Decisioni 34 Le Raccomandazioni 35 I Pareri 35 Dal sistema monetario europeo all’euro 36 La moneta unica europea (euro) 36 Effetti positivi dell’euro 38 Effetti negativi dell’euro 39 Normativa penale per l’euro 40 La Carta europea dei diritti 41 Il Codice europeo di diritto contrattuale 52 La Società europea (Se) 52 La tassazione delle Società europee 53 La popolazione dell’Unione europea 54 Alcuni aspetti doganali e fiscali 54 Le Dogane 54 La Cessione di beni 55 Le prestazioni di servizi 55 Alcune note sull’IVA 56

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Alcuni significativi interventi della Comunità europea in importanti settori Pagina

Formazione professionale ed occupazione 59 Risoluzione del Consiglio dell’Unione europea del 27 giugno 2002 sull’apprendimento permanente

59

Risoluzione del Parlamento europeo del 5 settembre 2002 a Strasburgo, sulle università e l’istruzione superiore, nello spazio europeo delle conoscenze

64

Direttiva 93/96/CEE del Consiglio del 29 ottobre 1993, relativa al diritto di soggiorno degli studenti

68

La Carta sanitaria europea 70 Decisione n. 191 del 18 giugno 2003, relativa alla sostituzione dei modelli E/111 ed E/!!!/B con la tessera europea di assicurazione malattia

70

Commissione europea Memo/04/75 Bruxelles del 26 marzo 2004, redif. 1 giugno 2004. Carta di assicurazione europea: domande frequenti

72

Diritto di voto alle elezioni europee 74 Direttiva 93/109/CE del Consiglio del 6 dicembre 1993, relativa alle modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini dell’Unione, che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadini

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La sicurezza sul lavoro 78 Risoluzione del Consiglio del 3 giugno 2002-2002/C / 161/01 su una nuova strategia comunitaria per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro

79

Il ricongiungimento familiare 85 Direttiva 2003/86/CE del Consiglio del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare

86

Il 2003: anno europeo della disabilità 95

LA NUOVA COSTITUZIONE EUROPEA………………pagina____96 Indice…………………………………………………………pagina___156


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