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Macie in Italy, alla contraffazione potrebbe essere un ... · alla contraffazione da pag. 25 lì...

Date post: 06-Jul-2020
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Affari Macie in Italy, è guerra alla contraffazione da pag. 25 marchio colici fico Italian Quality potrebbe essere un ulteriore strumento di tutela Made in Italy, la vera partita è la guerra alla contraffazione Pagine a cura di FEDERICO UNNIA U n giro d'affari, secondo le stime di Indicarti, di 6,5 miliardi euro in Ita- lia, con 105mila posti di lavoro perduti e 5,3 miliardi euro di mancate entrate fiscali. Un sistema paese, l'Italia, che precipita al 40° posto delllnter- national Property Rights Index 2014, ad oltre 20 posizioni dai paesi del G7. Il tutto, a pochi giorni dall'avvio di Expo Mila- no 2015, manifestazione intor- no alla quale potrebbe fiorire un nuovo mercato illegale. Che il problema sia ormai giunto ad un livello di guardia lo ha detto senza mezzi termini anche Giovanni Pitruzzella, presidente Antitrust, secondo il quale «occorrono nuovi stru- menti per rafforzare la possibi- lità di un intervento tempestivo contro le violazioni commesse a danno dei consumatori attra- verso l'uso di Internet». In base al Rapporto Censis 2014, il 75% dei soggetti gio- vani intervistati nell'indagine acquista consapevolmente pro- dotti contraffatti, per una scel- ta intenzionale e ripetuta. Che fare quindi? Fra il 2008 e il 2013 l'Agenzia delle Do- gane e la Guardia di Finanza hanno effettuato globalmente circa 100 mila sequestri, per 334 milioni di beni contraf- fatti (al netto delle operazioni congiunte). «A dispetto della preoccu- pazione che suscita la posizio- ne dell'Italia nella classifica dell'International Property Rights Index 2014, è evidente che il sistema giudiziario ita- liano offra strumenti efficaci per contrastare il fenomeno della contraffazione, che con- sentono di agire in tempi re- lativamente rapidi e con costi non eccessivi», dice Federica De Santis, associate di Porto- lano Cavallo Studio Legale. «Va anche ricordata l'azione dell'Antitrust contro i siti web che vendono prodotti contraf- fatti attraverso l'oscuramento dei siti e la sospensione dell'at- tività d'impresa». «Sono necessarie altre mi- sure per innalzare il livello di tutela della proprietà intellet- tuale nei vari settori dell'indu- stria italiana, anche in vista del prossimo Expo 2015», aggiunge De Santis. «Sono condivisibili alcune proposte normative presentate dal Consiglio Nazio- nale Anticontraffazione quali l'incentivazione dell'adozione di marchi collettivi, consegui- bili a livello nazionale, comu- nitario e internazionale, che rappresentino e valorizzino la qualità dei prodotti Made in Italy e possano così contrasta- re l'inganno del pubblico circa l'origine del prodotto. Sul piano deìYenforcement, la proposta di designazione di sezioni specializzate in mate- ria di proprietà intellettuale anche in sede penale, di cui andrà valutato l'eventuale im- patto in termini di costi. Anche l'introduzione di un regime di tassazione agevolata dei red- diti derivanti dall'utilizzo dei beni immateriali (ed. patent box), previsto dal disegno di legge di stabilità per il 2015, potrebbe attrarre investi- menti e contribuire alla tutela dell'innovazione e della qualità dei prodotti Made in Italy». Secondo Silvia Stabile, partner dello studio Negri- Clementi, «il marchio colletti- vo Italian Quality svolge una funzione di garanzia qualita- tiva che vincola gli utilizzatori del marchio al rispetto di uno specifico Regolamento che ne disciplina l'uso, la conformi- tà agli standard di qualità, i controlli dell'ente preposto e le relative sanzioni in caso di inadempimento». In Italia, è stato presentato il 26 settem- bre 2013 in Senato un disegno di legge (S1061) che istituisce il marchio Italian Quality per il rilancio del commercio estero e la tutela dei prodotti italiani; il di attualmente è in corso d'esame in 10 a Commis- sione permanente (Industria, commercio, turismo) in sede referente. «Lo strumento in- dividuato è quello di un mar- chio collettivo, di proprietà dello Stato italiano e volonta- rio, che si potrà aggiungere al made in, di cui si dotano le im- prese. Il disegno di legge mira alla tutela del produttore e del consumatore, con l'istituzione del marchio Italian Quality applicabile a qualunque set- tore industriale, su base vo- lontaria. È uno strumento di politica industriale, utile per recuperare competitività attra- endo investimenti, facendo «ri-
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Affari Macie in Italy,

è guerra alla contraffazione

da pag. 25

lì marchio colici fico Italian Quality potrebbe essere un ulteriore strumento di tutela

Made in Italy, la vera partita è la guerra alla contraffazione

Pagine a cura di F E D E R I C O U N N I A

Un giro d'affari, secondo le stime di Indicarti, di 6,5 miliardi euro in Ita­lia, con 105mila posti

di lavoro perduti e 5,3 miliardi euro di mancate entrate fiscali. Un sistema paese, l'Italia, che precipita al 40° posto delllnter-national Property Rights Index 2014, ad oltre 20 posizioni dai paesi del G7. Il tutto, a pochi giorni dall'avvio di Expo Mila­no 2015, manifestazione intor­no alla quale potrebbe fiorire un nuovo mercato illegale.

Che il problema sia ormai giunto ad un livello di guardia lo ha detto senza mezzi termini anche Giovanni Pitruzzella, presidente Antitrust, secondo il quale «occorrono nuovi stru­menti per rafforzare la possibi­lità di un intervento tempestivo contro le violazioni commesse a danno dei consumatori at tra­verso l'uso di Internet».

In base al Rapporto Censis 2014, il 75% dei soggetti gio­vani intervistati nell'indagine acquista consapevolmente pro­dotti contraffatti, per una scel­ta intenzionale e ripetuta.

Che fare quindi? Fra il 2008 e il 2013 l'Agenzia delle Do­gane e la Guardia di Finanza hanno effettuato globalmente circa 100 mila sequestri, per 334 milioni di beni contraf­fatti (al netto delle operazioni congiunte).

«A dispetto della preoccu­pazione che suscita la posizio­ne dell 'Italia nella classifica

de l l ' In te rna t iona l Proper ty Rights Index 2014, è evidente che il sistema giudiziario ita­liano offra s t rumenti efficaci per contras tare il fenomeno della contraffazione, che con­sentono di agire in tempi re­lativamente rapidi e con costi non eccessivi», dice Federica De Santis, associate di Porto­lano Cavallo Studio Legale. «Va anche ricordata l'azione dell'Antitrust contro i siti web che vendono prodotti contraf­fatti attraverso l'oscuramento dei siti e la sospensione dell'at­tività d'impresa».

«Sono necessarie altre mi­sure per innalzare il livello di tutela della proprietà intellet­tuale nei vari settori dell'indu­stria italiana, anche in vista del prossimo Expo 2015», aggiunge De Santis. «Sono condivisibili a lcune proposte normat ive presentate dal Consiglio Nazio­nale Anticontraffazione quali

l'incentivazione dell'adozione di marchi collettivi, consegui­bili a livello nazionale, comu­nitario e internazionale, che rappresentino e valorizzino la qualità dei prodotti Made in Italy e possano così contrasta­re l'inganno del pubblico circa l'origine del prodotto.

Sul piano deìYenforcement, la proposta di designazione di sezioni specializzate in mate­ria di proprietà intellettuale anche in sede penale, di cui andrà valutato l'eventuale im­patto in termini di costi. Anche l'introduzione di un regime di tassazione agevolata dei red­diti derivanti dall'utilizzo dei

beni immateriali (ed. patent box), previsto dal disegno di legge di stabilità per il 2015, potrebbe a t t r a r r e investi­menti e contribuire alla tutela dell'innovazione e della qualità dei prodotti Made in Italy».

Secondo S i l v i a S t a b i l e , par tne r dello studio Negri-Clementi, «il marchio colletti­vo Italian Quality svolge una funzione di garanzia qualita­tiva che vincola gli utilizzatori del marchio al rispetto di uno specifico Regolamento che ne disciplina l'uso, la conformi­tà agli s tandard di qualità, i controlli dell'ente preposto e le relative sanzioni in caso di inadempimento». In Italia, è stato presentato il 26 settem­bre 2013 in Senato un disegno di legge (S1061) che istituisce il marchio I t a l i an Qual i ty per il rilancio del commercio estero e la tutela dei prodotti italiani; il di attualmente è in corso d'esame in 10a Commis­sione permanente (Industria, commercio, turismo) in sede referente. «Lo strumento in­dividuato è quello di un mar­chio collettivo, di proprietà dello Stato italiano e volonta­rio, che si potrà aggiungere al made in, di cui si dotano le im­prese. Il disegno di legge mira alla tutela del produttore e del consumatore, con l'istituzione del marchio I tal ian Quality applicabile a qualunque set­tore industriale, su base vo­lontaria. È uno strumento di politica industriale, utile per

recuperare competitività attra­endo investimenti, facendo «ri-

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entrare» imprese che avevano delocalizzato (perché il marchio lo potranno ottenere solo quelli che dimostrino l'origine italia­na), certificando le filiere, valo­rizzando il territorio e potendo meglio competere sui mercati» conclude.

Più critica, invece, la valuta­zione di Luca Egitto, senior associate di R&P Legai, esper­to in proprietà industriale, se­condo il quale «l'impressione generale è che il sistema non sia presidiato, anche se non è così. L'Italia da un lato dimo­stra di non essere in grado di contrastare la contraffazione del Made in Italy nemmeno in casa propria e dall'altro tiene lontane le imprese straniere che non hanno alcuna inten­zione di operare in giurisdi­zioni nelle quali la tutela dei diritti di proprietà è zavorrata da lungaggini processuali e bu­rocratiche. Le leggi, dal punto di vista sostanziale, ci sono, è dal punto di vista processuale

e amministrativo che servono cambiamenti. La tutela doga­nale deve essere integralmen­te digitalizzata per utilizzare in maniera efficiente tu t t i i dati del prodotto e per tutt i i prodotti così da avere un filtro anticontraffazione più efficace. Il nuovo sistema informatico doganale funziona male e non consente di usare in dati in maniera aggregata».

Laura Orlando, socio re­sponsabile del dipartimento

Ip di Simmons & Simmons sottolinea come «tra le novità in materia di contraffazione, si segnala l'entrata in vigore, nel gennaio 2014, del nuovo

Regolamento Uè «relativo alla tutela dei diritti di proprietà in te l le t tua le da pa r te delle Autorità doganali» (Reg Uè n. 608/2013, che sostituisce il Reg. 1383/2003). Il regolamento in­troduce alcune modifiche alla procedura di fermo doganale delle merci sospettate di violare diritti di proprietà intellettuale e sembra aver dato un ulteriore impulso alla lotta alla contraf­fazione da parte delle dogane italiane, che erano già t ra le più efficienti in Europa».

Inf ine , pe r A l e s s a n d r o Cogo, professore associato di dirit to commerciale all 'Uni­versità di Torino e fellow del Nexa Center for Internet & Society il tema della con­traffazione è complesso ed ar­ticolato. «Per un verso, occorre fare i conti con violazioni oc­casionali compiute da concor­renti che agiscono per lo più correttamente: terreno questo sul quale si misura prevalen­temente l'efficacia dei rimedi civilistici messi a disposizione dall'ordinamento», dice Cogo.

«Per altro verso, può tuttavia capitare di dover fronteggiare violazioni seriali e sistemati­che poste in essere da imprese che operano nell'illegalità. È in questi casi che si evoca l'idea della p i ra ter ia commerciale

per segnalare l'insufficienza dei rimedi civilistici ed invoca­re l'applicazione di misure di­verse, capaci di ristabilire non solo il rispetto della proprietà intellettuale dei singoli ma di r ipr is t inare la legalità negli scambi commerciali a tu te la di tu t t i , inclusi i concorrenti e i consumatori».

Su questo piano si giusti­fica al lora l ' a t t r ibuz ione a pubblici poteri di s t rument i repress ivi u l ter ior i , che af­fiancano e superano per certi versi l'iniziativa di par te dei titolari dei diritti di proprietà intel let tuale violati. Partico­l a r m e n t e significativi sono alcuni provvediment i adot­ta t i di recente dall'Agoni per bloccare l'accesso dall ' I talia ad u n a mi r i ade di siti web dedi t i al commercio di co­pie contraffat te di prodot t i di moda cont raddis t in t i da marchi celebri. «Va da sé che quest i in te rvent i repressivi dovrebbero e s se re a t t u a t i con a n ien te sempre la di­st inzione di pa r t enza t r a la contraffazione episodica, che fa p a r t e del no rma le gioco concorrenziale, e la pirateria commerciale: pena il rischio di soffocare il merca to e di stroncare sul nascere iniziati­ve concorrenziali che — come è normale — mirino a sfruttare tu t t i i margini di l ibertà la­sciati anche dalla tutela della proprietà intellettuale altrui».

© Riproduzione riservata 1

ROBERTO VALENTI, DLA PIPER

II patent box sarà fondamentale «La p iù i m p o r t a n t e m i s u ­r a a d o t t a t a dal Governo a tu te la del Made in I ta ly è il e d . p a t e n t box, u n s i s t ema di agevolazione fiscale per i redditi derivanti da proprietà intellettuale», spiega Roberto Valenti , pa r tne r dello studio Dia Piper e p res iden te del gruppo di lavoro Life Science della Camera di Commercio Americana in Italia. «Il decre­to Stabilità prevede un siste­ma di tassazione speciale - su base volontar ia - dei reddi t i derivanti dall'utilizzo di ope­re dell'ingegno, da brevetti in­

dustriali, da marchi d'impresa funzionalmente equivalenti ai brevett i , nonché da processi, formule e informazioni re la t ive a espe­r ienze acquisi te nel campo indus t r ia le , commerciale o scientifico giuridicamente tutelabil i . Il pa t en t box h a l'obiettivo di

incentivare la collo­cazione in Italia dei b e n i i m m a t e r i a l i a t t u a l m e n t e de t e ­n u t i a l l ' e s t e r o da impre se i t a l i a n e o es tere . Incen t iva il m a n t e n i m e n t o dei b e n i i m m a t e r i a l i in I t a l i a ( ev i t a rne

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la r i loca l izzaz ione all 'estero) e favori­sce l 'investimento in a t t iv i tà di ricerca e sviluppo. Pur essen­do presente anche in altri ordinamenti , la sua applicazione su l a rga scala a t u t t a la proprietà intellet­

tuale promette di dare una scossa all'eco­nomia delle conoscenze e di r imettere l'Ita­lia al centro dell'innovazione tecnologica su base mondiale».

Roberto Valenti

GIANLUCA DE CRISTOFARO, LCA

Intervenire sull'effettività della norma «I problemi della effettività della tutela del Made in Italy non vanno ricercati nella lentezza della magi­s t r a tu ra italiana», dice G ian luca De Cristofaro, responsabile del di­partimento di diritto della proprietà intellettuale di Lea - Lega Colucci e Associati: «in materia di proprietà intellettuale, con l'istituzione delle sezioni specializzate in mater ia di propr ie tà industr ia le , le cause si concludono in tempi molto brevi; so­prat tut to i procedimenti cautelari e d'urgenza che si risolvono in un pe­riodo compreso t ra le 7/8 settimane e qualche mese. Con l'attuazione in Italia della direttiva 2004/48/CE i tribunali italiani sono t ra quelli in Europa che riconoscono risarcimenti danni t ra i più alti. I problemi dell'ef­fettività della tutela vanno ricercati nella normativa e nella sua attuazione. Qualcosa è già stato fatto ma non è sufficiente. Per quanto riguarda Internet sarebbe opportuno favorire forme di cooperazione tra i titolari dei diritti sui contenuti editoriali e i ed. internet service provider».

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GIOVANNI GUGLIELMETTI, BONELLI EREDE PAPPALARDO

Fondamentale assicurare controlli «La possibilità per le aziende di utilizzare la dicitura Made in Italy costituisce indubbiamente un forte vantaggio competitivo. Tuttavia, vi sono ancora numerose discussioni e problematiche applicative», com­menta Giovanni Gugl ie lmett i , partner di Bonetti Erede Pappa­lardo. «È necessario infatti trovare un punto di equilibrio fra i diversi, e contrapposti, interessi: quelli delle grandi realtà imprenditoriali, che intendono quanto più possibile av­valersi del Made in Italy anche nel caso di delocalizzazione di certe fasi della produzione e quelli delle picco­le e medie imprese che, producendo ancora, prevalentemente, in Italia, premono affinché tale uso sia con­sentito solo in presenza di requisiti restrittivi. A tal fine ritengo importante un intervento del legislatore Uè che disciplini e renda obbligatoria l'apposizione dell'indicazione di origine geografica sui prodotti destinati al mercato comunitario, come peraltro già previsto ma mai attuato nel nostro codice del consumo. Le proposte legislative avanzate in Europa dai rappresentanti del Governo si muovono proprio in questa direzione. È fondamentale assicurare controlli e l'applicazione di sanzioni».

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DANIELA DELLA ROSA, RDL LAW FIRM

Difendere i marchi non è un costo «La tutela del made in Italy allo stato è legata principalmente alla normativa Uè in materia di denomi­nazione geografica», spiega Danie­la Della Rosa, partner di RdlLaiv Firm Finance & Luxury. «Diver­samente la tutela della proprietà intellettuale nelle sue diverse forme con strumenti tipici, non conosce un momento di gloria. Spesso le società che operano in settori che potrebbe­ro beneficiare di un portafoglio Ip per la loro valorizzazione, conside­rano tale portafoglio un costo e non un investimento. Probabilmente solo il brevetto (pharma) mantiene un ruolo primario di tutela, diversa­mente dal marchio nel settore della moda che talvolta fa leva sulla forza del brand lasciando proliferare sul mercato prodotti contraffatti o imitazioni di basso livello considerando che il brand non si svilisce. Ciò accade particolarmente per i marchi le cui vendite sono prevalenti in Asia e in Cina ove è fondamentale per lo status symbol del consumatore l'acquisto del prodotto originale. Pertanto per alcuni brands della moda e lifestyle il mercato del prodotto contraffatto si rivolge ad un segmento di clientela che non interessa al titolare del marchio stesso»

Daniela Della Rosa

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MICHELE BERTANI, ORRICK

Bene l'intervento dell'Arem «Nell'ordinamento italiano l'appara­to di norme, di derivazione in parte comunitaria o internazionale, posto a protezione della libertà e della con­sapevolezza della scelta del consuma­tore è ormai imponente, cosicché non mancano gli strumenti per contrasta­re l'abuso di indicazioni che rimandi­no falsamente al made in Italy», dice Michele Bertani, ordinario di diritto industriale e special counsel di Or-rick. «Spesso la loro efficacia limitata dipende dalle modalità di applicazio­ne. Negli ultimi tempi un esperimento particolarmente interessante mi pare costituito da una serie di interventi svolti dall'Antitrust in tema di prati­che commerciali scorrette, per mezzo dei quali l'Agcm ha stigmatizzato at­tività di commercio elettronico di beni recanti marchi contraffatti. L'applicazione di queste misure mi pare aprire il campo alla possibilità di una reazione efficiente e assai rapida contro ogni forma di inganno del consumatore riguardo alle caratteristiche dei prodotti offerti in vendita, comprese quelle relative alla loro origine geografica.

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Michele Bertani

CESARE GALLI, UNIVERSITÀ DI PARMA

Vanno privatizzati i marchi «Per il Made in Italy il problema non riguarda il mercato domestico, ma quelli internazionali e richiede da un lato uno sviluppo delle attività di comunicazio­ne e di educazione dei consumatori , dall 'altro pensare a marchi collettivi privati depositati a livello comunitario e internazionale, che esaltino, settore per settore, i plus delle nostre produzio­ni, agricole ma anche industriali», dice Cesare Galli, avvocato e professore di Diritto industriale allUniversità di Par­ma. «Questi marchi non devono essere pubblici, ma privati, perché questi plus vanno identificati, controllati e promossi a livello associativo. H Cnac ha approva­to uno schema di disegno di legge, diret­to a favorire l'adozione di questi marchi da parte delle associazioni di categoria, prevedendo anche le condizioni perché possano beneficiare dei fondi per l'inter­nazionalizzazione del Mise. La rapida adozione di questo disegno di legge e le altre misure ricordate sopra, nonché quella di un altro disegno di legge elaborato in sede Cnac sulla tutela dei segni distintivi di Expo e il contrasto dei fenomeni di ambush marketing, potrebbero segnare un ulteriore passo avanti nella tutela».

Cesare Galli

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GABRIEL CUONZO, TREVISAN & CUONZO AVVOCATI n

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Servono processi più veloci «L'indice Ipri riflette con bruta­lità quella che è la percezione della giustizia civile italiana nel mondo del business globale, uno degli elementi che contribuisce ad ostacolare gli investimenti nel nostro Paese», commenta Gabriel Cuonzo, managing partner di Trevisan & Cuonzo Avvocati. «Serve un approccio più radicale e soprattutto selet­tivo per ottenere in poco tempo quel miglioramento dell'efficien­za della giustizia civile che pos­sa modificare in meglio l'imma­gine negativa attuale. La ricetta è semplice: creare una "alta velocità" nei pochi tribunali di impresa che sono riservati alle cause in cui una parte è costitu­ita da un'impresa straniera. Sono questi i tribunali che affrontano le cause più importanti per il business internazionale tra cui quelle di IP Basta applicare il buon senso. I tribunali delle imprese dovrebbero lavorare anche di pomeriggio. Le cause dovrebbero essere gestite con rapidità ed efficienza e concludersi nell'arco di 12 mesi».


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