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Manuale dell'astrofilo

Date post: 02-Jan-2017
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Walter Ferreri Manuale dell’astrofilo Consigli pratici per osservare il cielo in collaborazione con
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Walter Ferreri

Manuale dell’astrofilo

Consigli praticiper osservare il cielo

in collaborazione

con

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Walter Ferreri

Manuale dell’astrofilo

Consigli praticiper osservare il cielo

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A Marcoper avermi reso fierodi essergli padre.

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SOMMARIO

- Introduzione .............................................................................. pag 7- Il nostro mondo ................................................................................ 9- L’orologio in cielo .......................................................................... 13- Binocoli e telescopi ........................................................................ 17- La scelta dello strumento .............................................................. 67- La costruzione dei telescopi .......................................................... 83- Gli accessori .................................................................................... 95- Come provare e utilizzare i telescopi ........................................ 109- Gli astri più interessanti per il dilettante .................................. 131- La fotografia degli astri................................................................ 175- Glossario ........................................................................................ 217

La foto di copertina è di Marco Meniero

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Introduzione

Lo scopo principale di questo manuale è quello di mettere il neoappassionato in grado di orientarsi nella volta celeste e di padro-neggiare con una certa conoscenza di base gli strumenti più idoneiper l’osservazione e lo studio del cielo.Per questo motivo mi è parso importante iniziare parlando delnostro mondo, continuando poi con le indicazioni per determinarel’ora in base alla posizione delle stelle, un accorgimento che i nostriantenati conoscevano bene ma che oggi si ignora quasi del tutto.Questo non deve succedere per l’appassionato, che deve avere unabuona conoscenza del cielo e riconoscere le principali stelle comedelle amiche care.Un grande spazio è dedicato agli strumenti d’osservazione, binoco-li e – soprattutto – telescopi. La descrizione e la scelta di un idoneostrumento per scrutare il cielo è un aspetto molto importante, dalquale può dipendere l’orientamento futuro di questo meravigliosohobby che si chiama astronomia.Oggi giorno la produzione di massa di telescopi nei Paesi orientaliha reso questi strumenti estremamente accessibili, ma, ciònonostan-te, non mancano quegli appassionati che lo strumento preferisconocostruirselo. Diciamo subito che ora – a differenza del passato –questa strada non conduce ad un risparmio, ma può essere fonte digrande soddisfazione. Per questo abbiamo ritenuto doveroso tratta-re anche l’aspetto costruzione. Inoltre, chi costruisce il proprio stru-mento lo conosce necessariamente in ogni sua parte e acquisisceuna conoscenza strumentale che ben difficilmente il possessore diuno strumento commerciale possiede.Come provare e utilizzare i telescopi è un capitolo che s’impone primadi passare ad un uso regolare e continuativo, in modo che l’osservato-re sappia esattamente che cosa pretendere dal proprio strumento eche cosa non chiedere. Le potenzialità di uno strumento dipendono ingran parte dagli accessori; di questi ve ne sono parecchi ma quali sonoveramente utili? E quali aspettative bisogna nutrire su di essi? Ecco,allora, le risposte a queste domande nel capitolo “Gli accessori”, oggidivenuti così importanti nell’equipaggiare un telescopio.Dopo le molte pagine dedicate agli strumenti vengono passati inrassegna gli astri di maggior interesse per gli appassionati.Dopo aver passato in rassegna molti oggetti del cielo a molti vienespontaneo il desiderio di fotografarli o di ottenerne un’immaginecon qualche mezzo elettronico. Per questo si è ritenuto importantespiegare i metodi e i materiali più adatti a raggiungere questo scopoin questo settore in rapida evoluzione.

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L’appassionato di astronomia avrà notato che in questo manualenon compare una parte importante nella conoscenza del cielo: uncapitolo destinato a illustrare la sfera e le coordinate celesti. Si èpreferito dedicare lo spazio che questi argomenti avrebbero richie-sto con altri aspetti perché questa parte è stata trattata in un altronostro lavoro, di questa stessa casa editrice, ovvero nella “Guidapratica all’astronomia”.Non mi rimane che augurare a tutti buona lettura!

Walter Ferreri

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IL NOSTRO MONDO

Come è realmente questo nostro mondo? A questa domanda, inapparenza semplice, non è stato facile rispondere. Guardando ilcielo stellato tutto appare come se la Terra fosse un disco piattocoperto da una vasta cupola alla quale sono fissate le stelle. Questoè il modo con cui si è rappresentato l’Universo per migliaia di annie soltanto poche menti progredite espressero il dubbio che questafosse una rappresentazione vera.Più civiltà si svilupparono e perirono, vennero costruiti imperi checaddero poi in rovina, ma il concetto del mondo rimase immutato.Nel terzo secolo a.C. Aristarco da Samo giunse alla conclusione cheil Sole e non la Terra è il centro attorno a cui ruotano i pianeti e laTerra con essi. Tuttavia le sue idee non vennero accettate e i suoiinsegnamenti caddero nell’oblio.Dopo di che occorsero al genere umano circa duemila anni per con-vincersi del fatto che la Terra non è al centro dell’Universo e chenon è un corpo fisso attorno al quale ogni altro ruota.Dopo Aristarco, Nicolò Copernico per primo concepì la vera posi-zione della Terra nel sistema solare. I pianeti, e la nostra Terra conessi, si muovono in cerchi attorno al Sole, centro del sistema; tuttele altre stelle sono a distanza immensa e forniscono lo sfondo per lesfere planetarie. Trovava così spiegazione lo strano cammino per-corso dai pianeti tra le stelle. Ciò che noi realmente osserviamosono i movimenti combinati dei pianeti e della Terra e ciò dà luogoa quei curiosi occhielli e a quelle curiose curve che i pianeti descri-vono apparentemente e che lasciarono perplessi gli astronomi del-l’antichità.Quando il grande astronomo danese Tycho Brahe morì nel 1601,lasciò gli appunti sulle sue osservazioni, specialmente quelle suMarte, a Giovanni Keplero. Le osservazioni di Tycho erano almenocinque volte più accurate di tutte quelle precedenti e, con tale mate-riale da elaborare, Keplero scoprì le leggi del moto planetario cheportano il suo nome. Queste leggi insegnano ciò che dicevaCopernico, ma Keplero scoprì che le orbite planetarie erano ellitti-che e non circolari come pensava Copernico. Si scoprì inoltre che lavelocità con la quale i pianeti si muovono lungo le loro orbite èvariabile. Essi si muovono più velocemente quando sono più vicinial Sole e più lentamente quando sono più lontani.Gli scritti di Keplero sulle proprie scoperte prepararono la stradaalla legge di Newton sulla gravitazione. Mentre Keplero aveva sco-perto il “come” dei moti planetari, rimase al genio matematico di SirIsaac Newton il compito di spiegarne il “perché”.

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L’invenzione del telescopio fornì agli astronomi nuove sorprese. Siseppe che la Via Lattea, quella debole fascia luminosa che attraver-sa il cielo, consiste di milioni e milioni di stelle e che certe macchio-line luminose sullo sfondo del cielo non erano altro che altri immen-si sistemi di stelle come quello della nostra Via Lattea, in cui il Soleè soltanto uno tra un numero sconfinato di altre stelle.Quanto più i telescopi crescevano, tanto maggiore era il numero distelle e nebulose che venivano scoperte e si capì che l’Universo eramigliaia di volte più grande di quanto non apparisse alla più fervidaimmaginazione degli antichi.Vediamo ora come si presenta il quadro. La nostra dimora cosmicaè la Terra che, con gli altri pianeti, Mercurio, Venere, Marte, Giove,Saturno, Urano, Nettuno e Plutone, ruota intorno al Sole. Se il Solefosse rimpicciolito fino alle dimensioni di 14 millimetri, la Terrasarebbe un granello di polvere di poco più di 1/10 di millimetro ruo-tante attorno ad esso ad una distanza di un metro e mezzo. Altri 8granelli (sì, 8, perché Sedna non ha ricevuto lo status di pianeta madi più grande asteroide conosciuto) di polvere a varie distanze rap-presenterebbero i rimanenti pianeti e l’intero sistema solare finoalla distanza di Plutone potrebbe trovar posto in uno stadio di cal-cio. Da questa prima indicazione scaturisce che il volume occupatodal sistema solare è alquanto vuoto. Ebbene, questi grani di polve-re sono ancora relativamente vicini, dato che dovremmo allonta-narci circa 400 km dal nostro stadio per raggiungere la biglia più

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La Terra vista dalla Luna.

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vicina che sta a rappresentare la stella Proxima Centauri, la più vici-na tra quelle che ci stanno attorno.Poiché indicare le distanze delle stelle in chilometri implica numerigrandissimi, gli astronomi hanno scelto una differente unità di lun-ghezza: l’anno luce. Ogni secondo la luce (e la radiazione elettro-magnetica tutta) percorre circa 300 mila km, cioè circa sette volte emezzo l’equatore terrestre. Nel corso di un anno essa copre la ster-minata distanza di 9461 miliardi di km, pertanto l’anno luce corri-sponde a questa distanza. La stella più vicina al Sole, ProximaCentauri, dista da noi 4,2 anni luce e i più grandi telescopi ci per-mettono di riprendere galassie che distano miliardi di anni luce.Il nostro Sole è una stella come tante altre. Come tutte le stelle visi-bili ad occhio nudo appartiene al sistema della Via Lattea, una col-lezione di molti miliardi di stelle distribuite in uno spazio lenticola-re che visto dall’esterno ci apparirebbe proprio come molte galassiespirali. Il diametro di questa “lente” è di circa 100 mila anni luce e ilsuo spessore di circa 20 mila anni luce.Ben oltre i confini della nostra Galassia i grandi telescopi ci mostra-no miliardi di galassie, altri enormi sistemi di stelle. Tra i maggiori ilpiù vicino di questi è la grande galassia di Andromeda distante 2,3milioni di anni luce e di forma e dimensioni piuttosto simili a quel-le della Via Lattea.I maggiori telescopi sulla Terra fanno penetrare il nostro sguardonell’Universo fino a una distanza di circa 10 miliardi di anni luce,mentre secondo gli studi più recenti il raggio dell’Universo sarebbedi 13,7 miliardi di anni luce.Sicuramente con il progredire dei mezzi osservativi ci avvicineremosempre più alle galassie primordiali; già oggi il telescopio spazialeHubble è in grado di rilevarcene a circa 12 miliardi di anni luce!

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L’OROLOGIO IN CIELO

La sfera celeste con le stelle compie una rivoluzione completa in 23ore e 56 minuti. Questo movimento apparente, causato dalla rota-zione della Terra, è così regolare che gli astronomi hanno usatoesclusivamente le stelle per determinare l’ora esatta con la maggio-re accuratezza possibile fino agli anni 50, ovvero fino all’avventodegli orologi atomici.Ora immaginiamo un gigantesco quadrante, fisso in cielo, centratosul polo celeste nord. Le prime due stelle del Gran Carro (Alfa eBeta dell’Orsa Maggiore) possono allora rappresentare la lancettadelle ore di questo orologio, ma come leggere l’ora su di esso? Nonè poi così facile. Prima di tutto la lancetta si muove in senso antio-rario e inoltre non fa un giro in dodici ore come un orologio ordi-nario, ma ne impiega ventiquattro. La cosa più grave è che avanza

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Disco delle date del notturnale.

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quattro minuti al giorno, cioè circa due ore al mese.Se la lancetta ruota in senso antiorario, partendo dalle ore 12, indi-cherà le 11 dopo due ore e le 10 dopo quattro ore. Dobbiamo dun-que leggere il tempo da un immaginario quadrante di ventiquattroore, ma dobbiamo considerarlo come uno ordinario, diviso in dodi-ci ore soltanto e raddoppiare poi il tempo che indica. Per tenereconto del movimento antiorario della nostra lancetta occorre sot-trarre il risultato da 24. Se il nostro “orologio”, il 7 marzo, segna le10, noi raddoppiamo semplicemente questo numero ottenendo 20 elo sottraiamo da 24, il che ci dà 4. Questo significa che sono le 4 delmattino, poiché le 4 del pomeriggio ci avrebbero condotto a 16come risultato. Per ogni mese dopo marzo dobbiamo sottrarre dueore dal risultato per ottenere l’ora esatta.Per facilitare il calcolo questa formula può essere espressa in que-sto modo più semplice: si legga l’ora indicata da Alfa e Betadell’Orsa Maggiore, se possibile con l’approssimazione del quarto

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Disco delle ore del notturnale.

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d’ora, si aggiunga il numero dei mesi trascorsi dal 7 marzo (per chisi trova nel meridiano del fuso come gli abitanti di Termoli eCampania o Catania; per la provincia di Roma il 9-10 marzo, perquella di Milano il 12-13 marzo, per quella di Torino il 14-15 marzo),anch’esso approssimato al quarto del mese. Si moltiplichi infine ilrisultato per due. Si sottragga poi da 24 il numero così ottenuto, o da48 se è maggiore di 24 e quest’ultimo risultato è l’ora di quell’istan-te. Con un po’ di pratica non è difficile eseguire la determinazionecon la precisione del quarto d’ora.

Il notturnale

Qualche secolo fa, quando calcoli del genere erano al di fuori dellepossibilità della gente comune, che si riteneva di dover educarealtrimenti, il notturnale era usato allo scopo di trovare l’ora duran-te la notte. Esso eseguiva i calcoli automaticamente e consisteva inun disco con due scale, una da 0 a 24 ore, l’altra dal 1° gennaio al 31dicembre. Un segno sulla lancetta veniva diretto verso la data ruo-

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Linee di fede del notturnale.

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tando il disco attorno al suo centro e lo strumento veniva poi solle-vato in cielo in modo che la stella Polare comparisse nel foro cen-trale, mentre la lancetta doveva puntare al nord dell’orizzonte, cioèdisporsi verticalmente. Allora la lancetta delle ore dello strumentoveniva ruotata fino a farla coincidere con Alfa e Beta dell’OrsaMaggiore o con qualche altra stella, a seconda del modo con cui eracostruito lo strumento, e la lancetta indicava l’ora sulla scala di 24ore.Tale orologio stellare o notturnale, per chiamarlo col suo veronome, è semplice da costruire. Si basa su un disco circolare di carto-ne (molto pratico un diametro sui 15 cm) che riporta sul suo con-torno la scala delle date, dal 1° gennaio fino al 31 dicembre. Nel suointerno contiene un’altra scala circolare, da 0 a 24 ore, disposta inmodo che le ore 24 siano di fronte alla data del 6 settembre (per chiabita nella fascia del meridiano dell’Europa Centrale, quello chepassa per Termoli e Catania.Altrimenti si considera un giorno in piùper ogni grado ad ovest. Ad esempio, per Milano, che si trova fra 5e 6 gradi ad ovest, le ore 24 devono essere di fronte alla data dell’11-12 settembre). Questa scala procede in senso antiorario, mentre ledate procedono in senso orario. Esattamente nel centro del discoviene poi praticato un foro abbastanza grande per contenere un pic-colo ribattino forato.Una lancetta di cartone piuttosto robusta ha un buco praticato sulsuo asse mediano a uno dei suoi estremi e una freccia da puntareverso le date del disco. Si infila poi il ribattino nella lancetta dal disotto, dal di sopra si infila il disco e, finalmente, la lancetta delle ore.Si può allora martellare il ribattino per tenere insieme le tre parti,che devono poter ruotare l’una rispetto alle altre senza forzarle.La precisione dello strumento dipende dalle sue dimensioni e dallaprecisione con la quale la lancetta è stata messa verticale. Peròanche un piccolo strumento è capace di indicare l’ora esatta a menodi dieci minuti o giù di lì. Questo non può sostituire, com’è ovvio, unorologio, ma illustra molto chiaramente che proprio dalla rotazioneterrestre si deduce l’ora.Il principio cui è ispirato lo strumento è ovvio. Dalla data di par-tenza, mezzanotte del 7 marzo, Alfa e Beta Ursae Maioris guada-gnano quattro minuti al giorno: ruotando il disco a seconda delladata dobbiamo farlo avanzare un po’ per ogni giorno per tenerconto dei quattro minuti giornalieri; per la stessa ragione la lancet-ta delle ore deve percorrere un po’ di più di un giro intero per rag-giungere la stessa ora della notte dopo l’intervallo di ventiquattro-re. E deve essere proprio così, dato che le stelle fanno anch’essequel po’ di più di una rivoluzione in ventiquattrore.

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BINOCOLI E TELESCOPI

I binocoli

Binocoli galileiani. Il livello strumentale più basso, quello che si col-loca appena sopra le possibilità dell’occhio umano, è rappresentatodai binocoli da teatro che sfruttano lo schema ottico del telescopiogalileiano e che per questo sono compatti, leggeri ed economici.Come i cannocchiali e i telescopi, questi binocoli constano essen-zialmente di due parti: l’obiettivo e l’oculare. L’obiettivo è unalente, o un sistema di lenti, avente la funzione di raccogliere la lucee di formare sul suo piano focale l’immagine dell’oggetto osservato.L’oculare è una lente o un sistema di lenti (generalmente più picco-lo dell’obiettivo), al quale si applica l’occhio e che ha la funzione direndere percettibili tutti i particolari contenuti nell’immagine for-mata dall’obiettivo. Nei modelli più a buon mercato l’obiettivo ècostituito da un menisco convergente e l’oculare da una lente bicon-cava per un totale di 4 elementi ottici in tutto il binocolo il quale,come si sa, è costituito da due cannocchiali accoppiati. Nei modellimigliori l’obiettivo è composto da un doppietto acromatico diClairaut e l’oculare da una lente biconcava di vetro crown.L’ingrandimento, dato dal rapporto tra la focale dell’obiettivo e

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La pupilla umana (che al massimo si dilata fino a 8 mm di diametro)

paragonata all’obiettivo di un binocolo da 50 mm.

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quella dell’oculare, è sempre modesto e compreso normalmente frale 2,5 e le 4 volte; purtroppo al di sotto del minimo utile, cioè, nonviene sfruttata tutta la capacità di raccolta di luce dell’obiettivo.Inoltre gli eventuali difetti delle ottiche (bolle, graffi, ecc.) si rendo-no visibili nell’immagine. A causa di un’illusione ottica che fa rite-nere più piccolo un oggetto se visto attraverso un tubo anziché libe-ramente, l’ingrandimento – già modesto – sembra ancora minore enon “soddisfa”. Un’altra limitazione dei binocoli galileiani si ha nelpiccolo campo di visione, causato dal fatto che la cosiddetta pupillad’uscita viene a giacere fra le due lenti, all’interno del corpo delbinocolo. Il campo diminuisce al diminuire del rapporto d’apertura(o apertura relativa), cioè del rapporto fra il diametro e la sua lun-ghezza focale, con la curiosa conseguenza che esso viene ridotto dauna diaframmatura dell’obiettivo. Ecco perché su tali binocoli siadottano obiettivi con rapporti d’apertura piuttosto elevati, adesempio con diametro un terzo della focale e cioè, come si usa dire,con rapporto d’apertura f/3. Il campo non risulta neppure illumina-to uniformemente, con una sensibile caduta di luce al bordo. Incompenso l’immagine, virtuale, è diritta e non occorrono prismi.Il piccolo ingombro è dovuto al fatto che l’oculare viene sistematoprima del fuoco dell’obiettivo ad una distanza da questo circa ugua-le alla sua focale; esso raccoglie i raggi rifratti e li devia dando luogoad un’immagine virtuale.Nell’osservazione astronomica questi binocoli non sono molto utili,

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Un binocolo è composto da molte parti che devono essere lavorate con

precisione; per questo, se ben realizzato, non può avere un prezzo basso.

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ma talvolta il basso prezzo può giustificarne l’acquisto. Sono utiliz-zabili nell’osservazione delle meteore, luce zodiacale, aurore polari,grandi comete e satelliti artificiali luminosi. Alcuni binocoli gali-leiani sono molto più cari di altri, ma il prezzo maggiore è causatopiù dai fregi che li rivestono che non dalle migliorie ottiche intro-dotte. Insomma, questo è uno strumento che si può utilizzare perl’osservazione astronomica se lo si possiede già o se lo si trova abasso prezzo, ma certamente all’astrofilo non conviene impegnarvisopra molti soldi con i modelli dalle rifiniture ricercate, che costanodi più di molti binocoli prismatici.

Binocoli prismatici. I binocoli più diffusi, quelli che comunementesi vedono in giro, sono i cosiddetti prismatici, il cui nome derivadalla presenza di prismi introdotti lungo il cammino ottico con loscopo di raddrizzare l’immagine, di rendere il tubo più compatto edi migliorare la correzione dell’aberrazione sferica residua dell’o-biettivo.I prismatici, che d’ora in avanti chiameremo semplicemente bino-coli, perché sono i più classici e i più diffusi, hanno come obiettivoun doppietto acromatico ad elementi incollati quasi sempre conlente positiva anteriore (di vetro crown) rivolta verso l’oggetto daosservare ed una negativa (di vetro flint) posteriore. Nei tipi piùcomuni seguono due prismi di Porro che, oltre a raddrizzare l’im-

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Un metodo semplice per verificare la qualità dei prismi di un binocolo

consiste nel guardare le pupille d’uscita. Se non sono rotonde, come in

questo caso, significa che i prismi non sono di prima qualità.

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magine, aumentano l’effetto di tridimensionalità con i panoramiterrestri, poiché gli obiettivi vengono a trovarsi tra loro ad unadistanza maggiore degli oculari (circa 13 cm contro 6,5 cm).L’effetto di tridimensionalità non dipende solo dalla distanza tra idue obiettivi, ma soprattutto dall’ingrandimento. Un binocolo “clas-sico” 10x50 presenta un aumento del fattore di tridimensionalità dicirca 20 volte rispetto alla vista umana, perché ingrandisce 10 voltee gli obiettivi fra di loro sono 2 volte più distanti degli occhi. Infineseguono gli oculari, composti normalmente da tre lenti, secondouno schema ottico noto come Kellner.Nei binocoli, come nei telescopi, l’ingrandimento viene fissato dalrapporto tra la lunghezza focale dell’obiettivo e la lunghezza focaledell’oculare; valori tipici sono, rispettivamente, 20 e 2 cm, con unpotere di 10x. Gli ingrandimenti più comuni vanno da 7 a 12x, manel mercato sono ancora reperibili con relativa facilità modelli finoa 30x. Il numero che indica l’ingrandimento nei binocoli è seguitoda un’altra cifra che si riferisce al diametro dell’obiettivo espressoin millimetri; ad esempio 10x50 delinea un binocolo con 10 ingran-dimenti e obiettivi da 50 mm di diametro. Subito sotto questa sitrova un’altra informazione, ad esempio “Field 5°” che vuol dire cheil binocolo inquadra 5 gradi (field = campo). Alcuni costruttori, perl’uso prevalentemente terrestre dei binocoli, preferiscono esprime-re il campo in metri alla distanza standard di 1 km. Da questo datoè facile risalire ai gradi ricordando che ogni 17-18 metri inquadratia 1 km corrisponde 1°.

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Un esempio positivo di prismi: le pupille d’uscita sono rotonde.


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