F O R M U L A R I O
CONTRATTI D’IMPRESA
FORMULARIO COMMENTATO
Damiano Marinelli, Patrizia Cipriano, Elisabetta Spigarelli
, ,
• Nozioni generali di contrattualistica
• Elaborazione e verifica dei contratti d’impresa
• Esame coordinato della dottrina e della giurisprudenza
• Schemi di contratto personalizzabili con note operative
Contiene CD-ROM con 104 formule personalizzabilidisponibili anche on-line
Indice
IIIIII© Cesi Multimedia
11.. NNoozziioonnii ggeenneerraallii
1.1 Profili
1.1.1 Contratto e negozio giuridico
1.1.2 L’autonomia negoziale e l’accordo delle parti
1.1.3 La responsabilità precontrattuale
1.1.4 Il recesso ingiustificato dalle trattative
1.1.5 Il dolo incidente (art. 1440 c.c.)
1.1.6 Il danno risarcibile
1.1.7 Funzione del contratto
1.1.8 I motivi
1.1.9 L’oggetto
1.1.10 La forma
1.2 Fonti
1.3 Applicazioni
1.3.1 Formazione e conclusione del contratto
1.3.2 Trattative
1.3.3 Indagini sulla controparte e indagini di mercato
1.3.4 Forma
1.3.5 La lettera d’intenti
1.3.6 Durata delle trattative
1.3.7 Lettera di patronage
1.3.8 Principio consensualistico ed eccezioni
1.3.9 I contratti di fatto
1.3.10 Il silenzio
1.3.11 Il procedimento ordinario di conclusione del contratto:
proposta e accettazione
1.3.12 Revoca della proposta e dell’accettazione
1.3.13 Tempo e luogo di perfezionamento del contratto
1.3.14 Contratto concluso mediante inizio di esecuzione
1.3.15 Contratto con obbligazioni a carico del solo proponente
1.3.16 I contratti reali
1.3.17 Offerta al pubblico
1.3.18 Il contratto aperto
1.3.19 Inserzione automatica di clausole: clausole imposte e clausole d’uso
1.3.20 Clausole abusive e clausole vessatorie
1.3.21 I vincoli precontrattuali: i negozi preparatori e l’efficacia meramente
obbligatoria dei vincoli precontrattuali
1.3.22 Proposta irrevocabile
1.3.23 Patto di opzione
1.3.24 Patto di prelazione
1.3.25 Il contratto preliminare
1.3.26 Contratto preliminare ad effetti anticipati
1.3.27 Trascrizione
1.3.28 Il contratto normativo
Indice
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Indice
IIVV © Cesi Multimedia
1.3.29 I contratti conclusi con i consumatori
1.3.30 La tutela collettiva nel codice del consumo: la class action
1.3.31 I contratti conclusi fuori dei locali commerciali e i contratti a distanza
1.3.32 I servizi turistici
1.3.33 La vendita di beni al consumo
22.. LLee rreeggoollee ddii eellaabboorraazziioonnee ee rreeddaazziioonnee ddeell ccoonnttrraattttoo
2.1 Profili
2.1.1 Lo scheletro del contratto
2.1.2 Il titolo del contratto
2.1.3 Le regole ermeneutiche, cioè l’interpretazione di un contratto
2.1.4 Le parti
2.1.5 Le premesse
2.1.6 La determinazione dell’oggetto nella redazione del contratto
2.1.7 La disciplina del rapporto contrattuale
2.2 Applicazioni
2.2.1 Clausole di tutela (clausola penale, caparra confirmatoria e clausola
risolutiva espressa)
2.2.2 Clausole di uscita (caparra penitenziale e multa penitenziale)
2.2.3 Clausole speciali (clausola di ultrattività, clausola “to clean the house”
e clausole “sulla natura del presente contratto”)
2.2.4 Clausole finali
33.. GGllii eeffffeettttii ddeell ccoonnttrraattttoo
3.1 Profili
3.1.1 Gli effetti del contratto tra le parti
3.1.2 Gli effetti del contratto nei confronti di terzi
3.2 Fonti
3.3 Applicazioni
3.3.1 Il recesso
3.3.2 Il contratto a favore di terzo
3.3.3 Il contratto per persona da nominare
3.3.4 La cessione del contratto
3.3.5 La rappresentanza
44.. LL’’iinnvvaalliiddiittàà ddeell ccoonnttrraattttoo
4.1 Profili
4.1.1 Principi generali
4.1.2 L’inesistenza
4.1.3 La nullità
4.1.4 L’annullabilità
4.1.5 La rescissione
4.1.6 La risoluzione
4.1.7 La presupposizione
4.2 Fonti
4.3 Applicazioni
4.3.1 Contratto illecito e contratto illegale, norma imperativa, ordine pubblico
e buon costume
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Indice
VV© Cesi Multimedia
4.3.2 I vizi della volontà: l’errore
4.3.3 I vizi della volontà: la violenza
4.3.4 I vizi della volontà: il dolo
4.3.5 L’incapacità
4.3.6 La conversione
4.3.7 La convalida
4.3.8 Il negozio simulato
FFoorrmmuullaarriioo
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Indice delle formule
VVIIII© Cesi Multimedia
CCoonnttrraattttii ddii ccooooppeerraazziioonnee nneellll’’aattttiivviittàà ggiiuurriiddiiccaa aallttrruuii
F1 Contratto di agenzia
F2 Mandato di agenzia con deposito
F3 Contratto di agenzia in esclusiva
F4 Contratto di procacciamento di affari
F5 Contratto di mediazione
F6 Conferimento incarico di mediazione per la vendita
F7 Contratto di mandato
F8 Contratto di mandato per vendere un bene immobile
F9 Mandato con rappresentanza
F10 Mandato senza rappresentanza
F11 Accettazione di mandato
F12 Revoca di mandato
F13 Rinuncia al mandato
F14 Contratto di spedizione
F15 Contratto di commissione
F16 Contratto di commissione per l’acquisto
F17 Clausola dello “star del credere”
F18 Concessione di vendita
CCoonnttrraattttii ttrraassllaattiivvii
F19 Contratto di vendita di immobili tra privati
F20 Contratto di vendita di immobili a corpo
F21 Contratto di vendita di immobili a misura
F22 Contratto di vendita di bene immobile con patto di riserva di proprietà
F23 Contratto di vendita con patto di riscatto
F24 Contratto di vendita con patto di prelazione
F25 Vendita di beni mobili
F26 Contratto di vendita di cose mobili in generale
F27 Contratto di vendita di macchinario con patto di riserva di proprietà
F28 Contratto di cessione di azienda con patto di riserva di proprietà
F29 Contratto di vendita di hardware
F30 Vendita internazionale (International sale contract)
F31 Contratto estimatorio
F32 Contratto di somministrazione
F33 Contratto di riporto
F34 Contratto di permuta
F35 Permuta con conguaglio in denaro
F36 Permuta di area edificabile contro porzione di edificio da costruire
CCoonnttrraattttii ddii ggooddiimmeennttoo
F37 Contratto di locazione ad uso diverso dall’abitativo
F38 Contratto “d’affitto” stagionale
F39 Locazione commerciale
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Indice delle formule
VVIIIIII © Cesi Multimedia
F40 Contratto d’affitto di azienda
F41 Leasing di bene mobile
F42 Leasing immobiliare
F43 Leasing finanziario di bene strumentale all’attività di impresa
CCoonnttrraattttii rreeaallii
F44 Contratto di comodato
F45 Contratto di comodato mobiliare
F46 Contratto di mutuo garantito da ipoteca stipulato in atto unico
F47 Contratto di promessa di mutuo
F48 Contratto di deposito
F49 Contratto di deposito irregolare
CCoonnttrraattttii ddii pprreessttaazziioonnee dd’’ooppeerraa oo sseerrvviizzii
F50 Contratto di appalto
F51 Contratto di appalto privato per opere relative a immobili civili
F52 Contratto di subappalto
F53 Contratto d’opera
F54 Contratto d’opera intellettuale
F55 Contratto di franchising
F56 Contratto di engineering
F57 Contratto di catering con preparazione dei pasti in loco
(gestione di ristorazione aziendale)
F58 Contratto di catering per fornitura continuativa di ristorazione
con distribuzione di pasti preconfezionati all’esterno
F59 Contratto di banqueting
F60 Contratto di subfornitura
F61 Contratto di subfornitura di prodotti nel settore industriale
F62 Contratto di outsourcing
F63 Contratto di outsourcing per servizi informatici
CCoonnttrraattttii aalleeaattoorrii
F64 Polizza di assicurazione della responsabilità civile
F65 Polizza di assicurazione infortuni conducenti
F66 Brokeraggio assicurativo
F67 Lettera di incarico brokeraggio a tempo determinato
CCoonnttrraattttii ddii ffiinnaannzziiaammeennttoo,, ccoonnttrraattttii bbaannccaarrii ee ddii iinnvveessttiimmeennttoo ddii ccaappiittaallii
F68 Contratto di apertura di credito
F69 Apertura di credito in conto corrente, mediante sconto
di effetti bancari con garanzia ipotecaria
F70 Contratto di anticipazione bancaria
F71 Cessione di credito
F72 Cessione di credito a titolo oneroso
F73 Cessione di credito a garanzia di apertura di credito
F74 Cessione pro solvendo di credito in pagamento di debito,
con l’intervento del debitore ceduto e garanzie
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Indice delle formule
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F75 Contratto di factoring
F76 Contratto di forfaiting
F77 Financial future
F78 Contratto di currency swap con finalità di copertura
CCoonnttrraattttii ddiirreettttii aa ddiirriimmeerree llee ccoonnttrroovveerrssiiee
F79 Contratto di transazione generale
F80 Contratto di transazione su controversia non giudiziale con atto pubblico
F81 Contratto di transazione novativa
F82 Cessione di beni ai creditori
CCoonnttrraattttii ddii ggaarraannzziiaa
F83 Contratto di fideiussione
F84 Fideiussione bancaria e schema di polizza assicurativa
F85 Fideiussione con beneficio d’ordine
F86 Fideiussione con beneficio di escussione
F87 Fideiussione omnibus
F88 Contratto di fideiussione tra università e società
F89 Liberazione del fideiussore
F90 Lettera di patronage
F91 Atto istitutivo di trust testamentario
F92 Atto istitutivo di trust per conservare e amministrare somme di denaro
AAllttrrii ccoonnttrraattttii
F93 Contratto di sponsorizzazione
F94 Contratto di sponsorizzazione tecnica
F95 Contratto di joint venture tra studi professionali
F96 Contratto di joint venture nella forma di s.p.a.
F97 Contratto di joint venture nella forma di s.r.l.
F98 Licenza di know-how
F99 Clausola di esclusiva e segretezza nel contratto di cessione di know-how
F100 Licenza di marchio
F101 Utilizzo del marchio
F102 Contratto di merchandising di marchio
F103 Concessione di licenza di brevetto
F104 Cessione di brevetto industriale
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CCaappiittoolloo 22 - Le regole di elaborazione e redazione del contratto
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Le regole di elaborazione e redazione del contratto
2.
2.1 Profili
2.1.1 Lo scheletro del contrattoNell’ottica delle finalità di questo volume, che vuole essere uno strumento agile e operativo
per i professionisti ed i responsabili aziendali che si avvicinano alla tematica della contrat-
tualistica, ci è sembrato opportuno prevedere un capitolo circa la redazione pratica di un
contratto. Sottolineando il fatto che esistono vari tipi di contratti, è possibile ricercare una
specie di scheletro del contratto, che permetta all’operatore di avere un quadro di base
dove poter, in seguito, proporre nuove e numerose modifiche, in base alle diverse tipologie
di esigenze ad hoc.
È possibile, quindi, creare una sorta di vademecum con delle regole per la costruzione e
la redazione del contratto, partendo dai primi elementi essenziali, che si possono (rectius,
devono) ritrovare in ogni tipologia contrattuale. Uno sscchheelleettrroo ddeell ccoonnttrraattttoo deve prendere
le mosse:
• dalla qualificazione dello stesso (ovvero il titolo del contratto);
• dalle parti;
• dalle premesse (fatti, avvenimenti oggettivi, oltre che una sommaria descrizione degli
intendimenti e degli obiettivi delle parti, non degli accordi);
• dall’oggetto (es. descrizione dettagliata e più precisa possibile della prestazione da
eseguire);
• dalla disciplina (es. termini di pagamento, tempi di consegna, qualità e quantità dei
beni, standard qualitativi e quantitativi delle prestazioni, durata, diritti di controllo e di
informativa).
Sarà poi fondamentale prevedere l’inserimento di più clausole, scelte di volta in volta in
base alle esigenze:
• clausole di tutela (es. caparra confirmatoria, penali per ritardo o inadempimento,
termini essenziali);
• clausole di uscita (es. recesso, disdetta);
• clausole speciali (es. clausola “to clean the house”, clausole sulla “natura del presente
contratto”);
• clausole finali (es. riservatezza, spese, comunicazioni, normativa applicabile, foro
competente, privacy).
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2.1.2 Il titolo del contrattoRispetto alla qualificazione del contratto (e quindi, conseguentemente, alla disciplina ap-
plicabile), si deve segnare preliminarmente il principio dell’autonomia contrattuale (“ubi
lex voluit, dixit”). Oltre che nella libertà contrattuale, questo principio si spiega anche in altri
tipi di negozi giuridici (ad esempio il testamento e la procura) estendendosi anche ad
ambiti diversi da quello degli scambi sostanzialmente economici (come ad esempio quelli
del diritto di famiglia e successorio). Si discostano, invece, dal concetto di autonomia
contrattuale gli atti unilaterali, in quanto le rigide previsioni codicistiche non lasciano
margini di libertà notevoli.
L’aauuttoonnoommiiaa ccoonnttrraattttuuaallee deve essere intesa come:
• autonomia nella scelta di dare inizio o meno ad un rapporto contrattuale;
• autonomia nella scelta del contraente;
• autonomia nella scelta del “tipo” contrattuale da utilizzare (es. vendita o donazione);
• autonomia nell’utilizzare un “tipo” di contratto originale e nuovo (non normativamente
determinato);
• autonomia della scelta della disciplina e del contenuto (es. standard qualitativi e quan-
titativi delle prestazioni, durata, diritti di controllo e di informativa, ecc.).
L’art. 1322 del codice civile, rubricato proprio “autonomia contrattuale”, prevede che «le
parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla
legge». Al secondo comma del medesimo articolo, il legislatore si è preoccupato di chiarire
la piena facoltà di concludere anche contratti non appartenenti ai tipi aventi una disciplina
particolare (cioè quelli normativamente previsti, quindi non rientranti nella categoria dei c.d.
contratti “tipici”). L’unico limite che viene espressamente richiamato è di tipo finalistico: i
contratti devono comunque essere diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo
l’ordinamento giuridico («le parti possono anche concludere contratti che non ap-
partengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi
meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico»).
Si può quindi procedere ad una prima distinzione tra:
• contratti tipici;
• contratti atipici;
• contratti misti.
I ccoonnttrraattttii ttiippiiccii (dalla vendita ex art. 1470 c.c., fino al contratto di cessione dei beni ai
creditori ex art. 1977 c.c.) sono ammessi dalla legge come contratti diretti a realizzare un
interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico ed il loro contenuto risulta
determinato dalla legge, nei limiti imposti dunque dalla normativa vigente. Risulta quindi
fondamentale che sia determinato un interesse meritevole di tutela e che il contenuto sia
equilibrato (es. termini congrui, diritto di recesso ex lege).
I ccoonnttrraattttii aattiippiiccii sono anch’essi tutelabili, qualora superino la soglia della meritevolezza
degli interessi ex art. 1322 c.c., secondo comma e della conformità del contenuto alla
legge ex art. 1322 c.c., primo comma (art. 1323 c.c. «tutti i contratti, ancorché non ap-
partengano ai tipi che hanno una disciplina particolare, sono sottoposti alle norme generali
contenute in questo titolo», cioè il titolo II dei contratti in generale).
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Alcuni tipi di contratti atipici (più utilizzati nella prassi) sono:
• contratto di engineering;
• contratto di global service;
• contratto di leasing;
• contratto di factoring.
I patti parasociali, sono nati come contratti atipici, per poi divenire tipico ex lege, ma non
sono disciplinati dalla legge nel contenuto, mentre i contratti autonomi di garanzia sono
contratti atipici ammessi ora dalla giurisprudenza e non ancora disciplinati dalla legge nel
contenuto. Il collegamento contrattuale può risultare dunque legislativamente fissato ed
essere quindi tipico, come accade ad esempio nella disciplina della sublocazione
contenuta nell’art. 1595 c.c. ma può essere anche atipico in quanto espressione del-
l’autonomia contrattuale indicata nell’art. 1322 c.c.
«Il contratto di ski-pass – che consente allo sciatore l’accesso, dietro corrispettivo, ad un
complesso sciistico al fine di utilizzarlo liberamente ed illimitatamente per il tempo con-
venzionalmente stabilito – presenta i caratteri propri di un contratto atipico nella misura
in cui il gestore dell’impianto assume anche, come di regola, il ruolo di gestore delle piste
servite dall’impianto di risalita, con derivante obbligo a suo carico della manutenzione in
sicurezza della pista medesima e la possibilità che lo stesso sia chiamato a rispondere
dei danni prodotti ai contraenti determinnati dalla cattiva manutenzione della pista, sulla
scorta delle norme che governano la responsabilità contrattuale per inadempimento
sempre che l’evento dannoso sia eziologicamente dipendente dalla suddetta violazione
e non, invece, ascrivibile al caso fortuito riconducibile ad un fatto esterno al sinallagma
contrattuale» (Cass. civ., sez. III, 6 febbraio 2007, n. 2563).
«La concessione di vendita è un contratto atipico avente natura di coontratto normativo,
dal quale deriva l’obbligo per il concessionario sia di promuovere la stipulazione di singoli
contratti di compravendita, sia di concludere contratti di puro trasferimento dei prodotti,
alle condizioni fissate dall’accordo iniziale. Tale contratto differisce da quello di agenzia
perché in esso la collaborazione tra concedente e concessionario, pur prevista, non
assurge ad elemento determinante» (Cass. civ., sez. III, 18 settembre 2009, n. 20106).
«Il contratto di parcheggio è un contratto atipico meritevole di tutela ex art. 1322 c.c. che
non può essere disciplinato dalle regole indicate dal codice civile sui contratti in generale,
data la loro inidoneità a risolvere i problemi che la pratica presenta. Nell’individuazione
della disciplina integrativa è utile il metodo tipologico che mette a confronto la disciplina
del contratto atipico con quella dei tipi ad esso affini, consentendo di applicare alla fat-
tispecie concreta una disciplina che deriva da più discipline legali» (Cass. civ., sez. III, 26
febbraio 2004, n. 3863).
«L’immissione del veicolo in un’area di parcheggio a pagamento, gestita in forma au-
tomatica, costituisce un contratto atipico stipulato per “facta concludentia”, dal quale
scaturisce in capo al gestore del parcheggio l’obbligo di custodia del veicolo, il quale non
viene meno nemmeno se tale obbligo sia escluso dalle condizioni generali di contratto
predisposte dall’impresa di parcheggio» (Cass. civ., sez. III, 26 febbraio 2004, n. 3863).
«Poiché non sussiste alcun’identità tra il principio di tipicità dei provvedimenti ammini-
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95© Cesi Multimedia
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strativi e quello di tipicità dei contratti, se in forza del principio di legalità vigente nel nostro
ordinamento alla p.a. è consentita l’adozione dei soli provvedimenti che costituiscono
l’espressione di una specifica attribuzione di potere, non per ciò solo le è negata la
generale libertà di contrattare ai sensi dell’art. 1322 c.c., sicché essa può avvalersi delle
figure negoziali tipiche previste dalla legge ed anche concludere contratti atipici, purché
diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela non confliggenti con le finalità istituzionali,
onde nessuna censura può esser mossa alla p.a. sol perché il negozio, che essa intende
stipulare, non corrisponde ad una figura o ad un “nomen juris” tipici e predeterminati dal
codice civile» (Consiglio Stato, sez. V, 7 settembre 2001, n. 4680).
Un esempio consiste nel contratto “piano di finanziamento” denominato “4YOU” (For
You) che è stato ritenuto nullo per difetto di causa, poiché non diretto a realizzare interessi
meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ai sensi dell’art. 1322 c.c.
Mentre invece il contratto denominato “sale and lease back” non è di per sé ritenuto
invalido per contrarietà al divieto di patto commissorio. Naturalmente, in concreto può
sussistere l’intento delle parti di aggirare la norma di cui all’art. 2744 c.c. Vanno dunque
analizzati di elementi sintomatici, tra cui può acquisire una importanza determinante
l’eventuale sproporzione tra il valore dell’immobile alienato e il prezzo pattuito.
«Poiché nella società in accomandita semplice, caratterizzata dalla presenza di due
categorie di soci (gli accomandatari – che possono essere investiti del potere ammini-
strativo – illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali; gli accomandanti — privi
di potere amministrativo – responsabili solo nei limiti della quota di capitale conferito), il
regime della partecipazione alle perdite, per il richiamo compiuto dall’art. 2315 c.c. alla
disciplina relativa alla società in nome collettivo, che, ai sensi dell’art. 2293 c.c., a sua volta
rinvia all’art. 2280 c.c. in materia di società semplice, è correlato alla responsabilità per
le obbligazioni sociali, è nulla la clausola statutaria che nei rapporti interni fra i soci preveda
la partecipazione degli accomandanti alle perdite oltre la quota di capitale conferito, atteso
che l’art. 2249 c.c., nel prevedere che le società aventi ad oggetto l’esercizio di attività
commerciali devono costituirsi secondo i tipi di legge, deroga in materia societaria al
principio di cui all’art. 1322 c.c. – che consente di porre in essere anche contratti non ap-
partenenti ai tipi legali – vietando all’autonomia privata, che è libera di esplicarsi limi-
tatamente alla disciplina contenuta in norme di natura dispositiva o suppletiva, pattuizioni
statutarie che, modificando l’assetto organizzativo o il regime della responsabilità, siano
incompatibili con il tipo di società prescelto» (Cass. civ., sez. I, 19 febbraio 2003, n. 2481).
Il terzo genere comprende i “ccoonnttrraattttii mmiissttii”. Questi sono descrivibili come quei contratti
nei quali ricorrono più elementi di contratti tipici (es. contratto di apertura di cassette di
sicurezza, in cui la causa del contratto di deposito di unisce con quella del contratto di
locazione, o la vendita mista a donazione, quando si vende un bene per un prezzo con-
siderevolmente inferiore a quello di mercato). Il problema rispetto a tale genere di contratti
è essenzialmente quello ci determinare la disciplina applicabile. Si rilevano due regole:
• regola dell’assorbimento o disciplina unitaria del contratto prevalente;
• regola della combinazione o disciplina mista propria di ciascun contratto tipico a cui
le singole clausole si riferiscono.
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«Il contratto avente ad oggetto sia la concessione dell’uso dell’immobile, dietro pagamento
di un canone, sia altre prestazioni consistenti nell’erogazione di servizi alberghieri e di ri-
storazione, costituisce contratto atipico misto, al quale può applicarsi la disciplina del-
l’appalto di servizi, in base alla teoria dell’assorbimento, che privilegia la disciplina
dell’elemento in concreto prevalente» (Cass. civ., sez. III, 8 febbraio 2006, n. 2642).
«Il contratto misto, costituito da elementi di tipi contrattuali diversi, non solo è unico, ma
ha causa unica ed inscindibile, nella quale si combinano gli elementi dei diversi tipi che
lo costituiscono; il contratto deve essere assoggettato alla disciplina unitaria del contratto
prevalente (e la prevalenza si determina in base ad indici economici od anche di tipo
diverso, come la “forza” del tipo o l’interesse che ha mosso le parti), salvo che gli elementi
del contratto non prevalente, regolabili con norme proprie, non siano incompatibili con
quelli del contratto prevalente, dovendosi in tal caso procedere, nel rispetto del-
l’autonomia contrattuale (art. 1322 c.c.), al criterio della integrazione delle discipline relative
alle diverse cause negoziali che si combinano nel negozio misto» (Cass. civ., sez. III, 22
giugno 2005, n. 13399).
«Il contratto di albergo costituisce un contratto atipico o misto, con il quale l’albergatore
si impegna a fornire al cliente, dietro corrispettivo, una serie di prestazioni eterogenee,
quali la locazione di alloggio, la fornitura di servizi, il deposito, senza che la preminenza
riconoscibile alla locazione d’alloggio possa valere, sotto il profilo causale, a dare carattere
accessorio alle altre prestazioni. Pertanto, secondo i principi applicabili in tema di contratto
misto, il negozio deve essere assoggettato alla disciplina unitaria dell’uno o dell’altro
contratto in base alla prevalenza degli elementi, salva l’applicazione degli elementi del
contratto non prevalente se regolati da norme compatibili con quelle del contratto
prevalente. (Nella specie, relativa a contratto di albergo stipulato in favore di terzo, avendo
un assessore comunale pattuito la locazione per due mesi di un bungalow in un
complesso alberghiero in favore di una famiglia sfrattata, la S.C., nel cassare la sentenza
di merito che aveva limitato la condanna dell’assessore al pagamento dei canoni dei due
mesi, ha ritenuto compatibile con il suddetto contratto l’obbligo del conduttore in mora
nella restituzione della cosa locata di dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla
riconsegna e l’eventuale maggior danno)» (Cass. civ., sez. III, 20 gennaio 2005, n. 1150).
Risulta giuridicamente ammissibile la stipulazione di un contratto misto da parte di un’am-
ministrazione pubblica, dovendo essere riconosciuta anche a questi soggetti l’autonomia
negoziale che l’art. 1322 c.c. attribuisce a tutti i soggetti di diritto.
Per quanto concerne la qquuaalliiffiiccaa ddeell ccoonnttrraattttoo (o “nomen juris”) previsto dalle parti, questo
risulta completamente irrilevante. Infatti, come più volte espresso dalla Suprema Corte (es.
Cass. civ., sez. III, 22 giugno 2005, n. 13399), in tema di interpretazione del contratto, il
procedimento di qualificazione giuridica si compone di due fasi: la prima (consistente
nell’esame e nella individuazione della comune volontà dei contraenti) è un tipico ac-
certamento di fatto riservato al giudice di merito; la seconda è quella della qualificazione
che procede secondo il modello della sussunzione (cioè del confronto tra fattispecie con-
trattuale concreta e tipo astrattamente definito dalla norma per verificare se la prima cor-
risponde al secondo). Questa seconda fase comporta l’applicazione di norme giuridiche
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ed il giudice non è vincolato dal nomen juris adoperato dalle parti, ma può correggere la
loro autoqualificazione quando riscontri che non corrisponde alla sostanza del contratto
come da esse voluto.
In effetti la qualificazione del contratto è un operazione essenzialmente ermeneutica volta
ad identificare il modello legale astratto di contratto (un archetipo) all’interno del quale
sussumere il contratto in concreto stipulato, con la finalità di assoggettare quest’ultimo
alla disciplina dettata dal primo. Tale operazione strutturalmente si articola in tre fasi, la
prima delle quali consiste nella ricerca della comune volontà dei contraenti, la seconda
nella individuazione della fattispecie legale e l’ultima consiste nel giudizio di rilevanza
giuridica qualificante gli elementi di fatto in concreto accertati (così Cass. civ., sez. III, 5
luglio 2004, n. 12289).
«In tema di interpretazione del contratto, il procedimento di qualificazione giuridica consta
di due fasi, delle quali la prima – consistente nella ricerca e nella individuazione della
comune volontà dei contraenti – è un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di
merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni
di ermeneutica contrattuale di cui agli art. 1362 ss. c.c., mentre la seconda – concernente
l’inquadramento della comune volontà, come appurata, nello schema legale corri-
spondente – risolvendosi nell’applicazione di norme giuridiche può formare oggetto di
verifica e riscontro in sede di legittimità sia per quanto attiene alla descrizione del modello
tipico della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi
di fatto così come accertati, sia infine con riferimento alla individuazione delle implicazioni
effettuali conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo.
Ne consegue che il sindacato della Corte di cassazione può essere utilmente sollecitato
sui criteri astratti, generali e tecnici applicati dal giudice di merito ai fini della qualificazione
giuridica di un contratto» (Cass. civ., sez. II, 3 novembre 2004, n. 21064).
«In tema d’interpretazione del contratto, il contrasto insanabile, sul piano testuale, tra il
nomen juris del contratto stesso e le singole clausole dimostra di per sé l’inadeguatezza
della interpretazione letterale e la necessità del ricorso ai criteri sussidiari» (Cass. civ., sez.
I, 11 giugno 1991, n. 6610).
2.1.3 Le regole ermeneutiche, cioè l’interpretazione di un contrattoAppare quindi rilevante, in questa sede, analizzare brevemente le c.d. rreeggoollee eerrmmee--
nneeuuttiicchhee, cioè le regole per l’interpretazione del contratto, mettendo così in evidenza la
loro fondamentale importanza nell’ambito della redazione del contratto. Le regole legali
di ermeneutica contrattuale sono elencate negli artt. 1362-1371 c.c. secondo un ordine
gerarchico: conseguenza immediata è che le norme strettamente interpretative, dettate
dagli artt. 1362-1365 c.c., precedono quelle interpretative integrative, esposte dagli artt.
1366-1371 c.c., e ne escludono la concreta operatività quando la loro applicazione renda
palese la comune volontà dei contraenti.
L’art. 1362 c.c. stabilisce che «nell’interpretare il contratto, si deve indagare quale stata la
comune iinntteennzziioonnee delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole. Per valutare la
comune intenzione delle parti si deve valutare il loro comportamento complessivo anche
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posteriore alla conclusione del contratto». Più in particolare, se la parola scritta è il primo
oggetto dell’attenzione e della ricerca dell’interprete, quando il testo si presenti non chiaro
è necessario valutare il comportamento, anche successivo alla conclusione del negozio,
tenuto dalle stesse parti interessate alla sua conclusione. Il rilievo da assegnare alla for-
mulazione letterale (primo ed imprescindibile dato di partenza dell’indagine ermeneutica)
deve essere verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale, e le singole clausole vanno
considerate in correlazione tra loro, dovendo procedersi al loro coordinamento a norma
dell’art. 1363 c.c., e dovendosi intendere per “senso letterale delle parole” tutta la for-
mulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la
compone, e non già in una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto
composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole
al fine di chiarirne il significato (così anche Cass. civ., sez. I, 22 febbraio 2007, n. 4176).
È da notare che, per parte dell’orientamento giurisprudenziale, il significato delle di-
chiarazioni negoziali può ritenersi acquisito solo al termine del processo interpretativo, il
quale non può arrestarsi alla ricognizione del tenore letterale delle parole, ma deve
estendersi alla considerazione di tutti gli ulteriori elementi, testuali ed extratestuali, indicati
dal legislatore, anche quando le espressioni appaiono di per sé chiare e non bisognose di
approfondimenti interpretativi. È vero anche però, che un fondamentale brocardo dell’in-
terpretazione è quello che recita “in claris non fit interpretatio”, cioè nella pratica i criteri di
interpretazione del contratto dovrebbero essere utilizzati solo quando vi siano clausole
ambigue o poco chiare, quindi le pattuizioni chiare (per tutte le parti…) dovrebbero essere
oggetto di applicazione senza analisi interpretativa da parte del giudice. Sempre nella prassi
risultano molto utili quelle clausole contrattuali di “chiarimento”, come ad esempio: “a titolo
di chiarimento, le parti danno reciprocamente atto che…”, “in altre parole…”, “a titolo di
esemplificazione non esaustiva…” (ex art. 1365 c.c. «quando in un contratto si è espresso
un caso al fine di spiegare un patto, non si presumono esclusi i casi non espressi, ai quali,
secondo ragione, può estendersi lo stesso patto»). Tali clausole risultano opportune per
rendere alcune descrizioni più lineari, rispetto al linguaggio tecnico giuridico. Risulta infine
fondamentale “blindare”, con tali chiarimenti, l’oggetto del contratto ed il corrispettivo.
«I criteri di ermeneutica contrattuale fissati dagli art. 1362 e seguenti c.c., ivi incluso quello
dell’interpretazione secondo buona fede, devono essere rivolti all’individuazione del-
l’effettivo contenuto della comune intenzione delle parti e non possono giustificare una di-
latazione dei patti negoziali, con l’introduzione di diritti e obblighi diversi da quelli con essi
contemplati, nemmeno se tali patti si presentino inidonei ad assicurare l’interesse avuto
di mira da una delle parti con la stipulazione del contratto» (Cass. civ., sez. II, 22 giugno
2000, n. 8485).
Secondo l’art. 1363 c.c. «le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle
altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto». Di conseguenza,
non è mai possibile isolare frammenti letterali della clausola da interpretare, ma è ne-
cessario considerare il testo nella sua complessità, raffrontando e coordinando fra loro
frasi e parole, «onde ricondurle ad armonica unità e concordanza» (così Cass. civ., sez.
lav., 29 marzo 2004, n. 6233).
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«In tema di interpretazione del contratto, ai fini della ricerca della comune intenzione dei
contraenti, il principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle
espressioni utilizzate nel contratto; il rilievo da assegnare alla formulazione letterale de-
v’essere verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale, e le singole clausole vanno
considerate in correlazione tra loro, dovendo procedersi al loro coordinamento a norma
dell’art. 1363 c.c., e dovendosi intendere per “senso letterale delle parole” tutta la for-
mulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che
la compone, e non già in una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto
composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole
al fine di chiarirne il significato» (Cass. civ., sez. I, 22 febbraio 2007, n. 4176).
Il contratto dovrà essere interpretato secondo bbuuoonnaa ffeeddee, che costituisce un mezzo er-
meneutica sussidiario (ex art. 1366 c.c.). Il criterio della buona fede rappresenta il punto
di sutura tra la ricerca della reale volontà delle parti ed il persistere di un dubbio sul preciso
contenuto della volontà contrattuale. Inoltre, per quanto generali siano le espressioni
usate nel contratto, questo non comprende che gli oggetti sui quali le parti si sono
proposte di contrattare (ex art. 1364 c.c.).
«I criteri legali di ermeneutica contrattuale sono governati da un principio di gerarchia
interna in forza del quale i canoni strettamente interpretativi prevalgono su quelli inter-
pretativi-integrativi – quale va considerato anche il principio di buona fede, sebbene
questo rappresenti un punto di collegamento tra le due categorie – e ne escludono la
concreta operatività, quando l’applicazione degli stessi canoni strettamente interpretativi
risulti da sola sufficiente a rendere palese la comune intenzione delle parti stipulanti, tenuto
conto, peraltro, che, nell’interpretazione del contratto, il dato testuale, pur assumendo un
rilievo fondamentale, non può essere ritenuto decisivo ai fini della ricostruzione del
contenuto dell’accordo, giacché il significato delle dichiarazioni negoziali può ritenersi
acquisito solo al termine del processo interpretativo, il quale non può arrestarsi alla rico-
gnizione del tenore letterale delle parole, ma deve estendersi alla considerazione di tutti
gli ulteriori elementi, testuali ed extratestuali, indicati dal legislatore, anche quando le
espressioni appaiano di per sé “chiare” e non bisognose di approfondimenti interpretativi,
dal momento che un’espressione “prima facie” chiara può non apparire più tale, se
collegata ad altre espressioni contenute nella stessa dichiarazione o posta in relazione al
comportamento complessivo delle parti» (Cass. civ., sez. III, 9 giugno 2005, n. 12120).
«Nell’interpretazione del contratto, l’adozione di criteri interpretativi suppletivi è legittima
se ed in quanto la letteralità della scrittura dia luogo a dubbi» (Cass. civ., sez. I, 6 ottobre
1995, n. 10521).
Nella redazione di un contratto risulta fondamentale procedere ad un coordinamento delle
clausole contrattuali (es. «fatto salvo/ad eccezione di quanto previsto dall’art. …»). Il rischio
di elaborare un contratto che si presti a varie interpretazioni, e quindi risulti ambiguo, è
quello del ricorso a criteri integrativi, anche all’“iinntteerrpprreettaazziioonnee ccoonnttrroo iill pprreeddiissppoonneennttee”.
Infatti, l’art. 1370 prevede che «le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o
in moduli o formulari predisposti da uno dei contraenti s’interpretano, nel dubbio, a favore
dell’altro». In base alla regola interpretativa posta dall’art. 1370 c.c. il concetto di “favore”
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non deve essere inteso in senso astratto bensì con riguardo alla concreta controversia in-
tercorsa tra le parti: in particolare, si deve avere riguardo alla possibilità che la soluzione
interpretativa proposta dall’aderente sia compresa nell’ambito dei possibili significati
letterali della disposizione contrattuale evocata. Naturalmente il ricorso al criterio dettato
dall’art. 1370 c.c. è solo sussidiario, dovendo essere adottato dall’interprete soltanto se,
dopo aver fatto uso dei canoni ermeneutici principali della letteralità e sistematicità,
rimanga dubbio il significato delle clausole.
«In tema di interpretazione dei contratti, ma anche degli atti negoziali unilaterali tra vivi a
contenuto patrimoniale (art. 1324 c.c.), il criterio della interpretazione contra stipulatorem
rientra fra gli strumenti sussidiari di interpretazione della volontà negoziale, a cui è possibile
fare ricorso solo quando risulti non appagante il ricorso ai criteri di cui agli art. 1362-1365
c.c. e il giudice fornisca compiuta e articolata motivazione della ritenuta equivocità e in-
sufficienza del dato letterale» (Cass. civ., sez. lav., 5 aprile 2004, n. 6656).
Un ulteriore criterio è quello della “ccoonnsseerrvvaazziioonnee ddeell ccoonnttrraattttoo” ex art. 1367 c.c., cioè, «nel
dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possano
avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno». C’è però
parimenti da sottolineare come «il principio di conservazione del contratto non consente
di attribuire ad una clausola un significato operativo diverso da quello che emerga in forza
dell’interpretazione letterale e sistematica della stessa, ancorché la clausola così in-
terpretata risulti inutile» (così Cass. civ., sez. III, 8 febbraio 2005, n. 2520). La norma è
espressione del principio di conservazione del contratto, che impone che del contratto
si fornisca un’interpretazione “utile”, in modo da preservarne gli effetti. Presupposto per
l’operazione è che un significato utile vi sia, cosicché se non è possibile una lettura che
attribuisca qualche effetto al negozio, non la si potrà ricavare in via interpretativa. Si tratta,
cioè, di individuare e non di creare il significato del contratto.
«Il criterio ermeneutico previsto dall’art. 1367 c.c., postulando che il giudice non abbia
potuto identificare chiaramente l’intento delle parti attraverso l’utilizzazione degli altri criteri
previsti dalle precedenti disposizioni (artt. 1362 ss. c.c.), ha carattere integrativo e sus-
sidiario rispetto a questi ultimi: pertanto, qualora gli stessi abbiano consentito di in-
dividuare adeguatamente il significato e la portata del contratto, il criterio in esame non
può trovare applicazione, neppure in funzione della conservazione del negozio, non
potendo tale finalità essere conseguita attraverso un’interpretazione sostitutiva della
volontà delle parti, ma dovendo in tal caso dichiararsi, ove ricorrano gli estremi, la nullità
del contratto» (Cass. civ., sez. I, 30 marzo 2007, n. 7972).
«La norma interpretativa espressa dal noto brocardo “adducere inconveniens non est
solvere argumentum”, è applicabile in sede di interpretazione di una legge, ma non in
sede di interpretazione di una clausola contrattuale, dovendo la stessa, nei casi dubbi,
interpretarsi anche tenendo conto degli inconvenienti cui può portare una certa inter-
pretazione ed evitando di adottare una soluzione che renda il contratto stesso pra-
ticamente improduttivo di effetti» (Cass. civ., sez. I, 9 marzo 1979, n. 1473).
Inoltre, ex art. 1368 c.c., le ccllaauussoollee aammbbiigguuee si dovranno interpretare secondo ciò che
si pratica generalmente nel luogo di sottoscrizione del contratto, o nel luogo in cui vi è la
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sede legale dell’impresa (se uno dei contraenti è un imprenditore). L’interpretazione, in
questi casi, si basa sui cc.dd. “usi interpretativi”, che corrispondono agli usi negoziali, ri-
chiamati dall’art. 1340 c.c.. Questo dispone che “le clausole d’uso si intendono inserite
nel contratto, se non risulta che non sono state volute dalle parti”. Gli usi negoziali,
dunque, sono sia fonte di integrazione del negozio, in quanto se non esclusi dai contraenti
ne determinano il contenuto, sia mezzo interpretativo, poiché, in presenza di clausole
ambigue, è alla luce di essi che deve essere letto il contratto. Per “pratica generalizzata”
si intende un’applicazione costante in un determinato luogo, relativa ad un settore anche
limitato o ad un determinato tipo di contratto.
Le espressioni che possono avere più sensi devono, nel dubbio, essere intese nel senso più
conveniente alla natura e all’oggetto del contratto ex art. 1369 c.c. Quindi in presenza di due
patti contrattuali, ciascuno con chiaro significato, ma fra loro contrapposti, trova applicazione
il criterio ermeneutico di cui all’art. 1369 c.c., sulla interpretazione più conveniente alla natura
ed all’oggetto del contratto, tenendo conto che la norma, riferendosi alle ipotesi di
“espressioni con più sensi”, include il caso in cui un duplice senso sia evincibile, anziché dallo
stesso contesto, da passi distinti del documento negoziale (così Cass. civ., sez. I, 20 maggio
1993, n. 5754). È la c.d. “interpretazione funzionale”, poiché ha di mira il significato più
aderente possibile alla causa del negozio. Quanto all’individuazione della natura e del-
l’oggetto del contratto, si useranno i già esaminati criteri ermeneutici.
Le norme di interpretazione oggettiva si chiudono con l’art. 1370 c.c., a norma del quale
«le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o in moduli o formulari predisposti
da uno dei contraenti s’interpretano, nel dubbio, a favore dell’altro». L’ipotesi è quella dei
contratti standardizzati, con clausole predisposte, cui la controparte semplicemente
aderisce. Nell’intento, dunque, di proteggere il contraente debole, la legge dispone che, in
caso di dubbio, si preferisca il significato che avvantaggia la parte che ha “subito” la clausola.
«Il principio della interpretazione delle clausole contrattuali contro l’autore delle stesse,
sancito dall’art. 1370, non vale nell’ipotesi di contratti stipulati individualmente, ma solo
in quella di contratto concluso mediante adesione a condizioni generali, moduli o
formulari, predisposte da uno dei contraenti da sottoporre ad una pluralità di eventuali
controparti» (Cass. civ., sez. III, 8 marzo 2001, n. 3392).
«In tema di interpretazione del contratto, qualora, dopo aver fatto uso di canoni er-
meneutici principali della letterarietà e sistematicità (questo criterio e perciò inutilizzabile
ove non sussista alcun dubbio sul reale significato della dichiarazione contrattuale, come
ritiene 01/3392, o comunque se risulti appagante il ricorso ai criteri di cui agli artt. 1362-
1365 c.c., come confermano 04/6656 e 05/11278), rimanga dubbio il significato delle
clausole, può farsi ricorso al criterio dettato dall’art. 1370 c.c. secondo il quale la clausola
di dubbia interpretazione deve essere interpretata contro l’autore di essa, ma a tal fine
occorre non solo che uno dei due contraenti abbia predisposto l’intero testo del contratto
al quale l’altra parte abbia prestato adesione, ma anche che lo schema negoziale sia pre-
costituito e le condizioni generali siano predisposte mediante moduli e formulari, al fine
di poter essere utilizzate in una serie indefinita di rapporti» (Cass. civ., sez. III, 27 maggio
2003, n. 8411).
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Si definisce iinntteerrpprreettaazziioonnee aauutteennttiiccaa quella fatta dalle parti stesse. I contraenti possono,
infatti, chiarire d’accordo il significato del contratto contestualmente o successivamente
alla stipula, con esclusione, quindi, dei criteri legali.
Infine, l’art. 1371 c.c. (c.d. norma di chiusura) prevede delle regole finali, cioè «qualora,
nonostante l’applicazione delle norme contenute in questo capo, il contratto rimanga
oscuro, esso deve essere inteso nel senso meno gravoso per l’obbligato, se è a titolo
gratuito, e nel senso che realizzi l’equo contemperamento degli interessi delle parti se è
a titolo oneroso».
Se, dunque, l’uso dei criteri interpretativi oggettivi e soggettivi non sia risolutivo, si
dispone che se il contratto è a titolo gratuito si privilegi l’obbligato, poiché è l’unica
delle parti che sopporta un sacrificio. Se, invece, il negozio è a titolo oneroso, dal
momento che i contraenti hanno obblighi reciproci, si impone la lettura che contempera
le rispettive posizioni.
«L’applicazione dell’art. 1371 c.c. avviene quando la comune interpretazione della volontà
delle parti è rimasta oscura e si cerca quindi di realizzare l’equo contemperamento degli
interessi delle parti. L’interpretazione della volontà delle parti, è competenza esclusiva
del giudice di merito, il quale svolge un’indagine di fatto censurabile dalla Cassazione
solo nei casi di motivazione inadeguata a ricostruire l’“iter” logico seguito dal giudice di
merito, oppure in caso di violazione di norme ermeneutiche, violazione che deve essere
indicata in modo specifico nel ricorso altrimenti tale critica equivarrebbe alla proposta di
un’interpretazione diversa e di conseguenza inammissibile in sede di legittimità» (Cass.
civ., sez. III, 16 febbraio 2001, n. 2332).
2.1.4 Le parti Nel momento in cui si devono determinare le parti che hanno la volontà di stipulare un
contratto, per l’esperto in contrattualistica sorge la necessità di vveerriiffiiccaarree sseemmpprree llaa ffoonnttee
ddeeii ppootteerrii delle parti (del cliente e della controparte), specie se si sta predisponendo un
contratto per una società (ed in questo caso sarà importante conoscere la fonte del
“potere” della parte: statuto, delibera). In questi casi è assolutamente opportuno procedere
da una visura presso la Camera di Commercio competente (in base alla sede legale della
società). Quindi un incipit contrattuale nella prassi potrebbe essere «la società <…..> s.r.l.,
con sede legale in <…..>, via <…..>, n. <…..>, capitale sociale Euro <…..>= interamente
versato, partita IVA e numero di iscrizione al Registro delle imprese <…..>, ivi rappresentata
dal sig. <…..>, il quale interviene al presente atto nella sua qualità di <…..>, debitamente
munito di necessari poteri giusta delibera del <…..> della Società <…..>».
Accertare i poteri delle parti è fondamentale. Tali poteri, nel caso di persone giuridiche,
possono essere previsti dallo statuto o, nel caso di un amministratore delegato, da una
delibera consiliare di delega di poteri. Dare atto della fonte è utile per accertarsi che il
proprio cliente abbia già adottato le procedure interne di autorizzazione e per assicurarsi
che la controparte abbia il potere di firma. Frequentemente accade che, per com-
pravendite immobiliari o societarie, gli amministratori delegati non abbiano poteri, oppure
abbiano poteri congiuntamente alla firma del Presidente. Se si tratta di una società, e
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quindi la mancanza di poteri riguarda l’amministratore, ex art. 2384 c.c. «le limitazioni ai
poteri degli amministratori che risultano dallo statuto o da una decisione degli organi
competenti non sono opponibili a terzi, anche se pubblicate, salvo che si provi che questi
abbiano intenzionalmente agito a danno della società», quindi il contratto è valido, ma
l’amministratore senza poteri ne risponderà verso la propria società. Se invece si tratta
di una persona fisica, ex art. 1398 c.c., «colui che ha contratto come rappresentante
senza averne i poteri o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli, è responsabile del
danno che il terzo contraente ha sofferto per aver confidato senza sua colpa nella validità
del contratto», ed il contratto risulterà inefficace.
Poiché lo scopo dell’epigrafe è quello di avere un’oggettiva iiddeennttiiffiiccaazziioonnee del contraente i
dati anagrafici della persona fisica sono necessari quando la persona fisica è anche parte
contrattuale, mentre non lo sono quando interviene nell’atto come legale rappresentante.
È poi importante la sscceellttaa ddeell ccoonnttrraaeennttee, cioè ci deve essere una coincidenza tra la parte
contrattuale e il titolare del bene (quindi, per esempio, società controllata proprietaria e
non holding, salvo art. 1381 c.c. e entrambi i coniugi in caso di regime di comunione dei
beni, onde evitare vendite ed acquisti non andati a buon fine).
È rilevante anche la sseeddee legale delle parti, perché può rilevare ai fini delle azioni giudiziarie
e, per le società straniere, può rilevare anche rispetto alla legge applicabile.
Per quanto riguarda le società, si deve sempre far riferimento al ccaappiittaallee ssoocciiaallee, perché
è indicativo della capacità finanziaria della stessa società (e quindi, in ipotesi, della sua
capacità di essere adempiente e di essere solvibile). In questo caso, ex art. 2446 c.c. si
presume che il patrimonio sia almeno pari a 2/3 del capitale sociale.
2.1.5 Le premesseLe premesse, cioè la descrizione di fatti già accaduti ovvero di intendimenti futuri, sono
rilevanti dal punto di vista giuridico:
• ai fini della qquuaalliiffiiccaazziioonnee del contratto;
• ai fini dell’iinntteerrpprreettaazziioonnee del contenuto del contratto;
• ai fini della vvaalluuttaazziioonnee del grado di diligenza o dell’inadempimento di una parte.
Alcuni esempi di premesse rilevanti per eventuali contestazioni future sono:
• l’appaltatore dichiara, avendo preso diretta visione dei luoghi ove saranno poste in
essere le attività di costruzione, avendo analizzato tutta la documentazione ammini-
strativa, ed essendo stato posto nella condizione di chiedere tutte le informazioni utili
e necessarie, di avere ben compreso e, di conseguenza, accettato, tutte le condizioni
che potranno avere influenza sui costi e sui tempi del lavoro;
• l’appaltatore dichiara di essere in possesso delle capacità tecnico professionali oltre
che delle competenze amministrative e della struttura organizzativa e finanziaria com-
patibili per lo svolgimento dei lavori ut supra determinati, nei tempi e nei modi richiamati
dal contratto.
Molto importanti risultano quindi tutte le premesse che permettono di meglio evidenziale
le cause della scelta tra le parti, e, quindi, le loro capacità (professionali, tecniche ed or-
ganizzative) per adempiere gli obblighi derivanti dal contratto nei tempi e con le condizioni
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quali-quantitative evidenziate nello stesso accordo. Nelle stesse premesse si possono ri-
chiamare delle normative che le parti danno per conosciute (specie rispetto a finan-
ziamenti a seguito di progettazioni assistite, es. Bandi dell’Unione Europea).
Quindi, al fine di evitare qualsiasi tipo di contestazione successiva alla sottoscrizione, è
necessario che il contratto inquadri (in un apposito titolo) le parti, l’oggetto e la causa del
contratto, oltre al contesto di luogo e tempo della stipula, e ad eventuali strumenti di in-
terpretazione e gestione del contratto stesso. Tale gruppo di elementi, che normalmente
precede l’articolazione contrattuale per inquadrarne l’ambito, assume qui, come con-
suetudine, il nome generico di premesse. Ciascuna situazione richiederà un’attenta va-
lutazione al fine di ponderare il contenuto delle premesse.
Nella declinazione delle premesse, è opportuno siano riportati gli elementi che seguono:
• ddaattaa ccoonnttrraattttoo. L’apposizione della data del contratto è fondamentale: è essa, infatti,
che indica il momento da cui inizia il periodo di validità del contratto stesso. Nor-
malmente la data del contratto coincide con quella della stipulazione, ma non sono
rare le ipotesi in cui le firme vengono apposte in giorni diversi. In tal caso è opportuno
che venga indicata, comunque, la data della singola sottoscrizione e siano regolati gli
effetti per ogni singolo sottoscrittore. È qui opportuno sottolineare come sia necessario
un esplicito riferimento alla relazione tra la data di sottoscrizione (che produce effetti
ed obblighi tra le parti) e la eventuale differente data (o date) di inizio delle attività
previste dal contratto;
• ccoommppaarrssaa. Nelle premesse al contratto vanno riportati i nomi dei soggetti convenuti
per conto delle parti contraenti. In tal senso le persone fisiche che sottoscriveranno il
contratto vanno individuate attraverso l’indicazione delle generalità complete e della
funzione di rappresentanza di ognuno dei componenti, con riferimento (e possi-
bilmente allegandone copia al contratto) degli atti (deleghe, verbali di attribuzione dei
poteri, deliberazioni di organi dell’Amministrazione, etc.) che li legittimano alla sotto-
scrizione del contratto stesso;
• mmoottiivvaazziioonnii della scelta della forma e modalità di erogazione del servizio. Al fine di in-
quadrare il contesto di maturazione delle decisioni, nelle premesse è opportuno un
richiamo (seppur sintetico) ai motivi che hanno indotto l’ente alla stipula del contratto.
Per un completo inquadramento di tali sostanziali elementi – necessari a una corretta
interpretazione delle clausole contrattuali – è opportuno, quindi, che nelle premesse
sia ben riportato l’iter d’individuazione della forma e delle modalità del servizio;
• ccrriitteerrii ed atti adottati per l’individuazione del ccoonnttrraaeennttee. è opportuno che nella
premessa appaia anche uno specifico richiamo alle ragioni che hanno condotto un
soggetto a stipulare un contratto con un determinato soggetto;
• rriiffeerriimmeennttii aa nnoorrmmaattiivvaa esterna. Nelle premesse al contratto, al fine di chiarirne i
contorni interpretativi, è opportuno fare riferimento agli atti normativi che più di-
rettamente condizionano l’esecuzione del contratto e le parti contraenti nelle proprie
scelte contrattuali;
• gglloossssaarriioo. Ai fini di una omogeneità e inequivocabilità dei termini del contratto e, con-
seguentemente, di una precisa definizione delle prestazioni che ne sono oggetto, è
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opportuno che le premesse contengano una sorta di glossario. Si tratta di una scelta,
mutuata dalla tradizione contrattualistica anglosassone dei recitals (adottata anche
dagli organismi dell’Unione Europea), che si sostanzia nell’attribuzione di un significato
predeterminato ai principali termini o alle espressioni del contratto;
• indicazione dei rreeffeerreennttii ooppeerraattiivvii. L’esigenza di garantire un rapporto organico e snello
fra le diverse fasi di gestione del servizio, ed in tal modo di assicurare un più efficiente
adempimento delle prestazioni identificate nel testo contrattuale, rende necessario
che nel contratto siano individuati i referenti operativi cui spetta l’esecuzione delle
diverse attività. L’individuazione di figure specifiche, cui le parti contrattualmente attri-
buiscono i poteri necessari a rappresentarle per singole attività, attenua il rischio che
un generico riferimento al dovere di eseguire una prestazione si traduca di fatto in un
potenziale inadempimento per la difficoltà ad individuare il soggetto tenuto alla pre-
stazione stessa. Inoltre, nell’ambito del contratto è possibile prevedere che sul
referente operativo, inteso anche come il soggetto determinato cui imputare la re-
sponsabilità per l’inadempimento di singole prestazioni previste nel contratto, ricadano
le conseguenze economiche di eventuali penali. Tale approccio determina una
gestione più responsabilizzante di ogni singola fase contrattuale. Si evita, così, che l’in-
determinatezza delle previsioni contrattuali e/o la mancanza di adeguata profes-
sionalità delle persone coinvolte nell’attività di erogazione, di controllo o di carattere
amministrativo, si traduca in un danno diretto (disservizio) o indiretto (maggiori costi);
• eelleezziioonnee ddii ddoommiicciilliioo. L’inserimento in premessa dell’opzione per le parti di eleggere
uno specifico domicilio al fine di individuare un luogo fisico cui riferire tutte le comu-
nicazioni risponde all’esigenza di rendere più agevoli e rapidi i contatti tra le parti
durante l’esecuzione e la gestione contrattuale.
Spesso nelle premesse vengono inserite anche le “ddeeffiinniizziioonnii”, come sopra previsto.
Determinare in maniera assoluta il senso di lemmi particolarmente decisivi all’interno del
contratto può risultare spesso fondamentale per dirimere incertezze interpretative. Nel-
l’impostazione americana le definizioni si trovano all’inizio del contratto, nell’impo-
stazione europea le singole definizioni sono inserite nel corpo del testo, dove di volta
in volta è tratta la singola disciplina. Naturalmente, definizioni totalmente tautologiche
non potranno avere grande rilevanza (ad esempio “amministratore: un membro del
consiglio di amministrazione”).
2.1.6 La determinazione dell’oggetto nella redazione del contrattoL’oggetto giuridico descrive, all’interno dell’impianto contrattuale, il ttiippoo ddii pprreessttaazziioonnee
ppaattttuuiittaa. È da evidenziare che riuscire a determinare in maniera precisa l’oggetto del
contratto permette di limitare eventuali contestazioni (es. inserire una specifica del tipo
“servizi di consulenza finanziaria”, potrebbe essere troppo generico).
Come ha previsto la Cassazione civile (sez. II, 20 marzo 2006, n. 6166), il requisito della
determinatezza o determinabilità dell’oggetto del contratto, in caso di compravendita di
un bene immobile, non postula l’indicazione dei tre confini, richiesta dall’art. 29, l. 27
febbraio 1985, n. 52 al solo fine della trascrizione dell’atto, ma soltanto la sicura indivi-
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duabilità del bene, per la quale può essere sufficiente, nel contratto, l’indicazione dei suoi
dati catastali ed il riferimento alle mappe censuarie. Sempre in tema di compravendita im-
mobiliare, qualora le parti abbiano fatto riferimento, ad ulteriore e conclusiva precisazione
rispetto alle altre indicazioni, al tipo di frazionamento allegato all’atto di vendita, detto fra-
zionamento, quale elemento testuale della volontà negoziale, costituisce il dato primario
per l’esatta identificazione del bene trasferito, in quanto la sua specificità non lascia
margini di incertezza nella determinazione dei relativi confini (così Cass. civ., sez. II, 13
gennaio 2006, n. 501).
La Suprema Corte sostiene anche che l’esigenza della determinatezza o determinabilità
dell’oggetto del contratto è soddisfatto, avuto riguardo alla prestazione di pagare il prezzo,
dalla dichiarazione che nella scrittura abbia fatto il venditore che il prezzo è stato pagato
essendo in essa necessariamente implicito che l’oggetto dell’obbligazione assunta dal
compratore è stato determinato, con gli accordi intercorsi tra le parti, non potendosi
concepire il pagamento di un prezzo che non sia stato in concreto esattamente definito
(Cass. 2003/8810, Cass. 1996/7848).
L’oggetto, in genere, può anche prevedere diverse mmooddaalliittàà ddii aaddeemmppiimmeennttoo, ad esempio
è infondata l’eccezione di nullità di un contratto per indeterminatezza dell’oggetto, qualora
il rapporto distinto in due fasi preveda nella prima che l’oggetto sia determinato in un
preciso quantitativo di merce, quindi contratto di vendita, e nella fase successiva nella
mutazione in contratto di somministrazione.
2.1.7 La disciplina del rapporto contrattualeLa disciplina con la quale si vogliono regolare i rapporti contrattuali deve essere lim-
pidamente determinata nel contratto. Qualora si rediga un contratto tipico o misto è im-
portante anche precisare eventuali regole derogative o integrative della disciplina legale,
nel caso invece di contratto atipico, è fondamentale mettere in rilievo la previsione det-
tagliata degli accordi tra le parti. L’oorrddiinnee llooggiiccoo della stesura delle clausole dovrebbe ri-
spondere alle esigenze di risposta delle domande:
• Who? (epigrafe, le parti);
• Why? (premesse);
• What? (oggetto);
• How? (disciplina);
• When? (durata).
Solo avendo risposto compiutamente a tali quesiti, come in una sorta di cchheecckk lliisstt, si può
creare un contratto che abbia, almeno di base, un contenuto completo.
Nel disciplinare i rapporti tra le parti è fondamentale rilevare tutte le nnoorrmmaattiivvee iinnddeerrooggaabbiillii
(valutazione di inderogabilità), per non creare delle obbligazioni di per se stesse non
adempibili. Sempre più spesso si dovranno conoscere le normative di settore a livello
locale, nazionale e internazionale (avendo anche presente la tipologia delle parti e la loro
nazionalità/sede legale).
All’interno della disciplina del rapporto contrattuale è opportuno inserire delle ccllaauussoollee ddii
““ccoonnoosscceennzzaa””, ad esempio prevedendo dei ddiirriittttii ddii ccoonnttrroolllloo sull’esecuzione dei lavori
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(«la Promettente Acquirente è titolare dei più ampi diritti di controllo sul corretto
svolgimento dei lavori, che qui brevemente si richiamano…, da parte di…») e prevedendo
ddiirriittttii ddii iinnffoorrmmaattiivvaa («la Promettente Venditrice ha l’obbligo di informare la Parte Ac-
quirente, mensilmente, circa lo stato di avanzamento dei lavori, mediante report det-
tagliato, redatto come da allegato a del presente contratto»).
2.2 Applicazioni
2.2.1 Clausole di tutela (clausola penale, caparra confirmatoria e clausola ri-solutiva espressa)Nel concepire un impianto contrattuale che limiti al minimo le possibilità di inadempimento
o adempimento parziale (che rimarranno fisiologicamente presenti), è necessario
prevedere delle clausole di tutela per il rraaffffoorrzzaammeennttoo ddeeggllii iimmppeeggnnii o creare delle ppoossssiibbiillii
vviiee ddii uusscciittaa per lo scioglimento del contratto stesso.
CChhiiLa ccllaauussoollaa ppeennaallee, ex aarrtt.. 11338822 cc..cc.., prevede una quantificazione anticipata e convenzionale (a priori)del danno dovuto all’inadempimento di una parte. È fondamentale perché permette di esonerare laparte che ha il diritto di azionarla dell’onere probatorio di dimostrare il “quantum” del danno. È suf-ficiente, cioè, che si sia verificato il danno (l’“an”) per poterne richiedere la liquidazione come de-terminata nel contratto.
CCoossaaLa penale dovuta è quindi esigibile indipendentemente dalla prova del danno. In alcuni contratti, comead esempio nei contratti parasociali, è spesso difficile quantificare il quantum dell’ipotetico danno,oppure risulta difficile quantificare il lucro cessante. È per questo che proprio nei patti parasociali spessosi esclude espressamente la prova del quantum. In più, sempre con la clausola penale può essere fattasalva la risarcibilità del danno ulteriore.
PPeerrcchhééCiò significa che, se la clausola penale prevede una quantificazione minima del danno, ma esiste unaulteriore clausola che prevede una risarcibilità aggiuntiva (se provata), l’eventuale inadempimento potràdare luogo ad un risarcimento sicuro nel quantum, in base alla clausola penale, ed un ulteriore ri-sarcimento da provare, in base alla previsione espressa in oggetto. Quindi la clausola penale, ai sensidell’art. 1382 c.c., è una pattuizione con la quale viene stabilita una determinata sanzione per il casodi inadempimento o di ritardo e ha l’effetto di limitare alla somma pattuita il risarcimento del danno perinadempimento alla prestazione promessa, salvo che non sia stata convenuta la risarcibilità del dannoulteriore.
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«La clausola penale, quando è prevista la risarcibilità del danno ulteriore, costituisce solo
una liquidazione anticipata del danno destinata a rimanere assorbita, nel caso di prova
di ulteriori e maggiori danni, nella liquidazione complessiva di questi. Ne consegue che,
qualora la parte adempiente non voglia limitare la propria richiesta alla penale pattuita, ma
intenda richiedere la liquidazione del danno subito, deve dimostrarne l’effettiva entità,
non potendo altrimenti risultare provato il danno “ulteriore”, cioè superiore all’entità della
penale» (Cass. civ., sez. II, 22 luglio 2005, n. 15371).
«Stante la natura accessoria della clausola penale rispetto al contratto che la prevede,
l’obbligo che da essa deriva non può sussistere autonomamente rispetto all’obbligazione
principale; ne consegue che, se il debitore è liberato dall’obbligo di adempimento della
prestazione per prescrizione del diritto del creditore a riceverla, quest’ultimo perde anche
il diritto alla prestazione risarcitoria prevista in caso di mancato adempimento del predetto
obbligo» (Cass. civ., sez. III, 26 settembre 2005, n. 18779).
«In tema di contratto, la pattuizione di una clausola penale è compatibile con la previsione
di un termine non essenziale per l’adempimento della prestazione, in conseguenza della
diversa funzione ed operatività nel rapporto contrattuale, atteso che, mentre il termine
riguarda il momento in cui l’obbligazione deve essere adempiuta, cioè l’attualità del-
l’adempimento, la clausola penale si configura come mezzo di rafforzamento del vincolo
contrattuale sul diverso e successivo piano degli effetti dell’eventuale inadempimento,
concretando una anticipata liquidazione convenzionale del danno, indipendentemente
dalla prova della sua effettiva esistenza» (Cass. civ., sez. II, 4 marzo 2005, n. 4779).
«La clausola con cui ai sensi dell’art. 1382 c.c. si conviene che in caso di inadempimento
o di ritardo nell’adempimento il contraente è tenuto ad una determinata prestazione ha
per effetto la limitazione ad essa del risarcimento dovuto, che è soggetto al termine
ordinario decennale di prescrizione trattandosi di risarcimento danni da inadempimento
contrattuale» (Cass. civ., sez. III, 8 febbraio 2006, n. 2656).
«La clausola penale non ha natura è finalità sanzionatoria o punitiva, ma assolve alla
funzione di rafforzare il vincolo contrattuale e di liquidare preventivamente la prestazione
risarcitoria, tant’è che se l’ammontare fissato nella clausola penale venga a configurare,
secondo l’apprezzamento discrezionale del giudice, un abuso o uno sconfinamento del-
l’autonomia privata oltre determinati limiti di equilibrio contrattuale, può essere equamente
ridotta. Pertanto, deve escludersi che la clausola penale prevista dall’art. 1382 c.c., possa
essere ricondotta all’istituto proprio del diritto nord americano dei punitive damages
avente una finalità sanzionatoria e punitiva che è incompatibile con un sindacato del
giudice sulla sproporzione tra l’importo liquidato e il danno effettivamente subito» (Cass.
civ., sez. III, 19 gennaio 2007, n. 1183; v. anche conf. Cass. civ., sez. III, 6 novembre
1998, n. 11204).
È rilevante sottolineare come, ex art. 1382 c.c., «la penale può essere diminuita
equamente dal giudice se l’ammontare della penale è manifestamente eccessivo, avuto
sempre riguardo all’interesse che il creditore aveva all’adempimento». Quindi la penale
può essere ridotta, in quanto il danno concreto non è quantificabile a priori all’inizio del
rapporto contrattuale.
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«In tema di clausola penale, il potere di riduzione ad equità, attribuito al giudice dall’art.
1384 c.c., essendo previsto a tutela dell’interesse generale dell’ordinamento, al fine di ri-
condurre l’autonomia contrattuale nei limiti in cui essa appare effettivamente meritevole
di tutela, e, dunque, connotandosi come potere esercitabile anche d’ufficio, può essere
esercitato anche qualora le parti abbiano contrattualmente convenuto l’irriducibilità della
penale» (Cass. civ., sez. II, 28 settembre 2006, n. 21066).
«In tema di clausola penale, il potere di riduzione ad equità, attribuito al giudice dall’art.
1384 c.c. a tutela dell’interesse generale dell’ordinamento, può essere esercitato d’ufficio
per ricondurre l’autonomia contrattuale nei limiti in cui essa appare meritevole di tutela,
e ciò sia con riferimento alla penale manifestamente eccessiva, sia con riferimento al-
l’ipotesi in cui la riduzione avvenga perché l’obbligazione principale è stata in parte
eseguita, giacché in quest’ultimo caso la mancata previsione da parte dei contraenti di
una riduzione della penale in caso di adempimento di parte dell’obbligazione si traduce
comunque in una eccessività della penale se rapportata alla sola parte rimasta ina-
dempiuta» (Cass. civ., sez. un., 13 settembre 2005, n. 18128).
La clausola penale prevista dagli artt. 1382 e ss. c.c. – con la quale i contraenti di-
sciplinano gli effetti dell’inadempimento e quindi non introducono limitazioni all’esercizio
della tutela processuale della parte, bensì limitazioni di natura sostanziale che derivano dal
contenuto del contratto – non è soggetta, in considerazione della sua funzione di mera
liquidazione anticipata e forfettaria del danno, a specifica approvazione per iscritto ai sensi
dell’art. 1341 c.c.
«Il criterio cui il giudice deve porre riferimento per esercitare il potere di riduzione della
penale non è la valutazione della prestazione in sé astrattamente considerata, ma
l’interesse che la parte ha, secondo le circostanze, all’adempimento della prestazione
cui ha diritto, tenendosi conto delle ripercussioni dell’inadempimento sull’equilibrio delle
prestazioni e della sua effettiva incidenza sulla situazione contrattuale concreta» (Cass.
civ., sez. lav., 4 aprile 2006, n. 7835).
«Gli artt. 1526, secondo comma, c.c. e 1384 c.c. (applicabili anche alla locazione fi-
nanziaria), i quali prevedono rispettivamente il potere del giudice di ridurre l’indennità
convenuta in caso di risoluzione del contratto, per l’inadempimento del compratore, e la
penale determinata dell’ammontare dei canoni ancora da pagare, non impongo una rigida
correlazione all’entità del danno subito dal creditore, posto che in entrambi i casi non si
tratta di risarcire un danno, ma all’opposto, di diminuirne l’entità convenzionalmente
stabilita. Pertanto, la valutazione del giudice va condotta sul piano dell’equilibrio delle
prestazioni con riferimento al margine di guadagno che il concedente si riprometteva di
trarre dalla esecuzione del contratto» (Cass. civ., sez. III, 2 marzo 2007, n. 4969; Cass.
civ., sez. III, 23 marzo 2001, n. 4208).
«Il potere di riduzione ad equità può essere esercitato d’ufficio, ma l’esercizio di tale potere
è subordinato all’assolvimento degli oneri di allegazione e prova, incombenti sulla parte,
circa le circostanze rilevanti per la valutazione dell’eccessività della penale, che deve
risultare ex actis, ossia dal materiale probatorio legittimamente acquisito al processo, senza
che il giudice possa ricercarlo d’ufficio» (Cass. civ., sez. III, 28 marzo 2008, n. 8071).
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Ex art. 1383 c.c., il creditore non può domandare insieme la prestazione principale e la
penale, se questa non è stata stipulata per il semplice ritardo.
«L’art. 1383 c.c. vieta il cumulo tra la domanda di condanna all’adempimento della pre-
stazione principale e quella di condanna al pagamento della penale per inadempimento
della stessa prestazione, ma non esclude che la parte possa domandare cumula-
tivamente l’adempimento della prestazione principale e la corresponsione della penale se
questa è stata stipulata per il danno da ritardo nell’adempimento della medesima» (Cass.
civ., sez. II, 12 luglio 2004, n. 12826).
CChhiiLa ccaappaarrrraa ccoonnffiirrmmaattoorriiaa, ex aarrtt.. 11338855 cc..cc.., stabilisce che «se al momento della conclusione del contrattouna parte dà all’altra, a titolo di caparra, una somma di denaro o una quantità di altre cose fungibili, lacaparra, in caso di inadempimento, deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta. Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l’altra può recedere dal contratto, ritenendo lacaparra; se invece inadempiente risulta la parte che l’ha ricevuta, l’altra può recedere dal contratto edesigere il doppio della caparra. Se però la parte che non è inadempiente preferisce domandare l’esecuzione o la risoluzione delcontratto, il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali».In caso di pattuizione di caparra confirmatoria, a fronte dell’altrui inadempimento, la parte adempientepotrà quindi, alternativamente, recedere dal contratto e trattenere la caparra ricevuta (o esigere il doppiodi essa) oppure chiedere, con pronuncia costitutiva, la risoluzione giudiziale del contratto, ai sensi degliartt. 1453, 1455 c.c., ed il risarcimento dei conseguenti danni, da provare a norma dell’art. 1223 c.c.
CCoossaaAl contrario della penale, la caparra confirmatoria non può essere ridotta, poiché risulta quantificataprima e quindi negoziata a priori. La parte adempiente dovrà comunque provare l’an ed il quantum deldanno (il verificarsi e l’entità del danno). Quando in un contratto è prevista una condizione sospensivae al contempo è inserita una caparra confirmatoria, se si attiva il meccanismo condizionale (sospensivo),ossia se viene definitivamente acclarato che l’evento dedotto in condizione non si può più verificare, ilcontratto perde efficacia automaticamente facendo venir meno anche l’operatività della caparra laquale non è in grado di produrre effetti.
«La caparra confirmatoria ha natura composita – consistendo in una somma di denaro
o in una quantità di cose fungibili – e funzione eclettica – in quanto è volta a garantire
l’esecuzione del contratto, venendo incamerata in caso di inadempimento della con-
troparte (sotto tale profilo avvicinandosi alla cauzione); consente, in via di autotutela, di
recedere dal contratto senza la necessità di adire il giudice; indica la preventiva e for-
fettaria liquidazione del danno derivante dal recesso cui la parte è stata costretta a causa
dell’inadempimento della controparte. Va invece escluso che abbia anche funzione
probatoria e sanzionatoria, così distinguendosi sia rispetto alla caparra penitenziale, che
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costituisce il corrispettivo del diritto di recesso, sia dalla clausola penale, diversamente
dalla quale non pone un limite al danno risarcibile, sicché la parte non inadempiente ben
può recedere senza dover proporre domanda giudiziale o intimare la diffida ad adempiere,
e trattenere la caparra ricevuta o esigere il doppio di quella prestata senza dover dimostrare
di aver subito un danno effettivo. La parte non inadempiente può anche non esercitare il
recesso, e chiedere la risoluzione del contratto e l’integrale risarcimento del danno sofferto
in base alle regole generali (art. 1385, terzo comma, c.c.), e cioè sul presupposto di un ina-
dempimento imputabile e di non scarsa importanza, nel qual caso non può incamerare la
caparra, essendole invece consentito trattenerla a garanzia della pretesa risarcitoria o in
acconto su quanto spettantele a titolo di anticipo dei danni che saranno in seguito accertati
e liquidati. Qualora, anziché recedere dal contratto, la parte non inadempiente si avvalga
dei rimedi ordinari della richiesta di adempimento ovvero di risoluzione del negozio, la re-
stituzione della caparra è ricollegabile agli effetti restitutori propri della risoluzione negoziale,
come conseguenza del venir meno della causa della corresponsione, giacché in tale ipotesi
essa perde la suindicata funzione di limitazione forfettaria e prederminata della pretesa ri-
sarcitoria all’importo convenzionalmente stabilito in contratto, e la parte che allega di aver
subito il danno, oltre che alla restituzione di quanto prestato in relazione o in esecuzione
del contratto, ha diritto anche al risarcimento dell’integrale danno subito, se e nei limiti in
cui riesce a provarne l’esistenza e l’ammontare in base alla disciplina generale di cui agli
art. 1453 ss. c.c. Anche dopo aver proposto la domanda di risarcimento, e fino al
passaggio in giudicato della relativa sentenza, la parte non inadempiente può decidere di
esercitare il recesso, in tal caso peraltro implicitamente rinunziando al risarcimento integrale
e tornando ad accontentarsi della somma convenzionalmente predeterminata al riguardo.
Ne consegue che ben può pertanto il diritto alla caparra essere fatto valere anche nella
domanda di risoluzione» (Cass. civ., sez. III, 16 maggio 2006, n. 11356).
«La caparra confirmatoria ai sensi dell’art. 1385 c.c. assume la funzione di liquidazione
convenzionale del danno da inadempimento qualora la parte non inadempiente abbia
esercitato il potere di recesso conferitole dalla legge che, in tal caso, è legittimata a
ritenere la caparra ricevuta o ad esigere il doppio di quella versata. Qualora, invece, detta
parte abbia preferito domandare la risoluzione o l’esecuzione del contratto, il diritto al ri-
sarcimento del danno rimane regolato dalle norme generali, onde il pregiudizio subito
dovrà in tal caso essere provato nell’an e nel quantum, giacché la caparra conserva solo
la funzione di garanzia dell’obbligazione risarcitoria» (Cass. civ., sez. II, 23 agosto 2007,
n. 17923; Cass. civ., sez. II, 19 aprile 2006, n. 9040).
«In caso di pattuizione di caparra confirmatoria, ai sensi dell’art. 1385 c.c., la parte
adempiente, per il risarcimento dei danni derivanti dall’inadempimento della controparte,
può scegliere tra due rimedi, alternativi e non cumulabili tra loro: o recedere dal contratto
e trattenere la caparra ricevuta (o esigere il doppio di essa), avvalendosi della funzione
tipica dell’istituto, che è quella di liquidare i danni preventivamente e convenzionalmente,
così determinato l’estinzione ope legis di tutti gli effetti giuridici del contratto e dell’ina-
dempimento ad esso; ovvero chiedere, con pronuncia costitutiva, la risoluzione giudiziale
del contratto, ai sensi degli artt. 1453, 1455 c.c. ed il risarcimento dei conseguenti danni
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da provare a norma dell’art. 1223 c.c.» (Cass. civ., sez. III, 20 settembre 2004, n. 18850).
«Nell’ipotesi di percezione di una somma di denaro a titolo di caparra confirmatoria, la
parte adempiente (nella specie, il promittente venditore) che abbia agito per la risoluzione
del contratto non può in appello mutare la propria linea difensiva dichiarando di esercitare
il diritto di recesso e di trattenere a questo titolo quanto ricevuto a titolo di caparra, in
quanto la perdurante facoltà di esercitare il recesso ed i diritti ad esso conseguenti
presuppone che il contratto dal quale si pretende di recedere esista ancora mentre,
qualora sia intervenuta in primo grado – come nella specie – pronuncia dichiarativa del-
l’avvenuta risoluzione di diritto fin dalla scadenza del termine di cui alla diffida con effetti
ex tunc, l’accertata risoluzione de iure del contratto, già prodottasi nel termine fissato
dalla diffida, esclude che possa ancora recedersi da un contratto già risolto» (Cass. civ.,
sez. II, 19 aprile 2006, n. 9040).
«In caso di pattuizione di caparra confirmatoria, la parte non adempiente, convenuta in
giudizio per la restituzione della caparra, può limitarsi per resistere alla domanda ed
ottenere la declaratoria di legittimità della ritenzione della caparra, ad eccepire l’ina-
dempimento dell’altra parte, senza necessità di richiedere espressamente di ritenerla o
di proporre in via riconvenzionale la domanda di risarcimento danni (così anche
93/11684), in quanto quest’ultima domanda si collega ad una situazione giuridica
autonoma ed alternativa rispetto a quella della ritenzione della caparra» (Cass. civ., sez.
II, 4 marzo 2005, n. 4777).
«Nella domanda di restituzione del doppio della caparra, ai sensi dell’art. 1385, secondo
comma, c.c., è già implicita, la domanda di recesso (Cass., 1° marzo 1994, n. 2032).
Pertanto, fin quando resta ferma la prima, permane inevitabilmente anche la seconda»
(Cass. civ., sez. III, 11 ottobre 2005, n. 19757).
Rispetto ai rapporti con la clausola penale, la clausola con la quale le parti, nell’ambito di
un accordo novativo, disciplinano le conseguenze dell’inadempimento della nuova ob-
bligazione prevedendo il diritto di una di esse di trattenere somme già ricevute in
precedenza a titolo di acconto, deve essere qualificata caparra confirmatoria e non
clausola penale considerata l’avvenuta corresponsione delle somme in questione. Tale
qualificazione preclude di conseguenza al giudice l’esercizio della riduzione equitativa
prevista in via eccezionale per la penale manifestamente eccessiva.
CChhiiLa ccllaauussoollaa rriissoolluuttiivvaa eesspprreessssaa, ex aarrtt.. 11445566 cc..cc.., prevede espressamente che le parti possano convenireche il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo lemodalità stabilite. In questo caso, la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiaraall’altra che intende valersi della clausola risolutiva.
CCoossaaSi determina, dunque, la risoluzione automatica del contratto in caso di inadempimento di determinateobbligazioni, in quanto vi è una previsione pattizia della “gravità dell’inadempimento”, che non deve
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essere dimostrata, ma si ha per già determinata espressamente dalla clausola risolutiva espressa. Di con-seguenza, esclusa la prova della gravità dell’inadempimento, il soggetto interessato dovrà provare solol’inadempimento del danno ed il nesso di casualità (l’efficacia della clausola risolutiva espressa e lanatura dichiarativa dell’azione, che implica il mero accertamento delle inadempienze, rendono insin-dacabile la valutazione del giudice di merito circa la sussistenza delle stesse, ove sorretta da motivazionepriva di vizi logici e giuridici). Per la configurabilità della clausola risolutiva espressa ai sensi dell’art.1456 c.c., le parti devono prevedere la risoluzione di diritto del contratto per effetto dell’inadempimentodi una o più obbligazioni specificatamente determinate. Invece, non rientra in tale fattispecie la pat-tuizione che attribuisce carattere essenziale a tutte le clausole contrattuali e che prescrive, per il casodella loro violazione, il diritto alla risoluzione del contratto a favore di una delle parti; essa costituisce unaclausola di mero stile che nulla aggiunge alla disciplina generale prevista dagli artt. 1453 e 1455 c.c.«La pattuizione di una clausola risolutiva espressa (come pure di un termine essenziale: 87/5710) rendeirrilevante l’indagine circa l’importanza di un determinato inadempimento (Cass. civ., 2005/167,2003/10935, 2000/10102), che è valutata anticipatamente dalle parti, mentre il giudice deve verificaresoltanto se sussista o non la colpa dell’obbligato (Cass. civ., 2007/2553, 2001/3343), secondo cui,allorché le parti del contratto di locazione, nell’ambito dei propri poteri di autonomia contrattuale,abbiano convenzionalmente stabilito, per quanto attiene all’uso della cosa locata, il divieto di ogni formadi innovazione, consentita solo con il consenso (scritto o orale) del locatore, ove il locatore si sia avvalso,ai sensi dell’art. 1456 c.c., della clausola risolutiva espressa, il giudice – chiamato ad accertarel’avvenuta risoluzione del contratto per l’inadempimento convenzionalmente sanzionato – non è tenutoad effettuare alcuna indagine sulla gravità dell’inadempimento stesso, giacché, avendo le parti preven-tivamente valutato che l’innovazione o la modifica dell’immobile locato comporta alterazione del-l’equilibrio giuridico economico del contratto, non vi è più spazio per il giudice per un diversoapprezzamento» (nello stesso senso, Cass. civ., sez. III, 14 ottobre 2008, n. 25141).
PPeerrcchhééLa clausola risolutiva espressa, quindi, attribuisce al contraente il diritto potestativo di ottenere la ri-soluzione del contratto per l’inadempimento di controparte senza doverne provare l’importanza ri-soluzione che non può essere pertanto pronunziata d’ufficio, ma solo se la parte nel cui interesse laclausola è stata inserita nel contratto dichiara di volersene avvalere, con manifestazione volontaria re-cettizia che, in assenza di espressa previsione formale, può essere resa in ogni modo idoneo, ancheimplicito, purché inequivocabile, ed in particolare può essere contenuta anche in un atto giudiziale,senza che ne sia in tal caso necessaria la preventiva formulazione in via stragiudiziale. La clausola ri-solutiva espressa non ha natura vessatoria, e non necessita una doppia approvazione per iscritto.
«La clausola risolutiva espressa non comporta automaticamente lo scioglimento del
contratto a seguito del previsto inadempimento, essendo sempre necessario, per l’art.
1218 c.c., l’accertamento dell’imputabilità dell’inadempimento al debitore almeno a titolo
di colpa» (Cass. civ., sez. III, 6 febbraio 2007, n. 2553).
«Nell’ambito dell’autonomia privata, le parti possono prevedere l’adempimento o l’ina-
dempimento di una di esse quale evento condizionante l’efficacia del contratto in senso
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sospensivo o risolutivo, sicché non configura una illegittima condizione meramente po-
testativa la pattuizione che fa dipendere dal comportamento – adempiente o meno –
della parte l’effetto risolutivo del negozio, e ciò non solo per l’efficacia (risolutiva e non so-
spensiva) del verificarsi dell’evento, ma anche perché, in base a tale clausola, l’efficacia
della condizione risolutiva così convenzionalmente stabilita – la cui operatività è rimessa
a una valutazione ponderata degli interessi della stessa parte – non è subordinata a una
scelta arbitraria della medesima; d’altra parte, la condizione risolutiva, in quanto prescinde
dalla colpa dell’inadempimento, è compatibile con la previsione di una penale, giacché
le parti possono stabilire che la condizione sia posta nell’esclusivo interesse di uno
soltanto dei contraenti, occorrendo al riguardo una espressa clausola (o quanto meno una
serie di elementi idonei ad indurre il convincimento che l’altra parte non abbia alcun
interesse); pertanto, la parte, nel cui interesse è posta la condizione, ha facoltà di ri-
nunziarvi sia prima che dopo l’avveramento o il non avveramento di essa, senza che,
comunque, l’altra parte possa ostacolarne la volontà» (Cass. civ., sez. II, 15 novembre
2006, n. 24299).
«La clausola risolutiva espressa di cui all’art. 1456 c.c. attribuisce al contraente il diritto
potestativo di ottenere la risoluzione del contratto per l’inadempimento di controparte
senza doverne provare l’importanza e la tolleranza da parte dell’avente diritto ad avvalersi
della stessa, la quale può estrinsecarsi sia in un comportamento negativo (mancata co-
municazione all’altra parte, subito dopo il verificarsi dell’inadempimento, della intenzione
di avvalersi della clausola risolutiva), che positivo (accettazione di un adempimento
parziale, rispetto a quello previsto nella clausola), che in ogni caso non comportano il
venir meno dell’operatività della detta clausola né costituiscono, di per sé, prova della
sua rinunzia tacita, ove risultino determinati non dall’effettiva intenzione di non avvalersi
più della clausola ma da altri motivi, ovvero se la parte stessa, contestualmente alla ma-
nifestazione di tolleranza, abbia fatto presente all’altra l’intenzione di avvalersi della
clausola in caso di ulteriore protrazione dell’inadempimento» (Consiglio Stato, sez. IV, 22
giugno 2006, n. 3867).
«Ai fini della risoluzione del contratto per inadempimento, in presenza di clausola risolutiva
espressa, pur se la colpa del contraente inadempiente si presume, ai sensi dell’art. 1218
c.c., il giudice non è tenuto solo a constatare che l’evento previsto dalla detta clausola si
sia verificato, ma deve esaminare, con riferimento al principio della buona fede, il com-
portamento dell’obbligato, potendo la risoluzione essere dichiarata solo ove sussista
(almeno) la colpa di quest’ultimo» (Cass. civ., sez. III, 5 agosto 2002, n. 11717).
È possibile inserire, all’interno dell’impianto contrattuale, un tteerrmmiinnee eesssseennzziiaallee rispetto al-
l’adempimento delle prestazioni delle parti. Infatti ogni obbligazione deve avere un termine
finale di adempimento. Qualora il contratto, rispetto all’obbligazione, non contenga nessun
termine espresso, il correlato adempimento è da intendersi immediatamente esigibile.
Nella redazione del contratto, qualora si voglia inserire un termine essenziale, è fon-
damentale determinarne la causa della essenzialità del termine stesso, per limitare le
possibili contestazioni nella fase giudiziale. Tali specificazioni potranno essere inserite nel
corpo del contratto o nelle premesse. Sarà poi rilevante distinguere i vari tipi di contratto,
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in quanto mentre risulta di per ciò stesso (rectius, in re ipsa) essenziale il termine de-
terminato per la consegna di un abito da sposa, potrebbe non essere così evidente l’es-
senzialità di un termine che riguardi la consegna di un bene che debba essere a sua volta
rivenduto (es. vendite a catena: fornitori/dettaglianti). Il termine per l’adempimento deve
ritenersi essenziale, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1457 c.c., quando ciò risulti da
univoca ed espressa volontà delle parti, sia pure con formule non sacramentali, ovvero
implicitamente dalla natura e dall’oggetto del negozio.
«In tema di vendita di capi di abbigliamento, per loro stessa natura legati alle esigenze
stagionali della clientela, il termine di consegna, anche se non specificamente indicato
come tale nel contratto, non può che essere ritenuto essenziale» (Cass. civ., sez. II, 28
agosto 2006, n. 18641).
«Il termine per l’adempimento può essere ritenuto essenziale ai sensi e per gli effetti
dell’art. 1457 c.c. solo quando, all’esito di un’indagine istituzionalmente riservata al
giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e,
soprattutto, della natura e dell’oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà
delle parti di ritenere perduta l’utilità economica del contratto con l’inutile decorso del
termine medesimo. Tale volontà non può desumersi solo dall’uso dell’espressione “eennttrroo
ee nnoonn oollttrree” quando non risulti dall’oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle
parti che queste hanno inteso considerare perduta l’utilità prefissasi nel caso di con-
clusione del negozio stesso oltre la data considerata» (Cass. civ., sez. II, 17 marzo 2005,
n. 5797).
«In tema di contratto, la pattuizione di una clausola penale è compatibile con la previsione
di un termine non essenziale per l’adempimento della prestazione, in conseguenza della
diversa funzione ed operatività nel rapporto contrattuale, atteso che, mentre il termine
riguarda il momento in cui l’obbligazione deve essere adempiuta, cioè l’attualità del-
l’adempimento, la clausola penale si configura come mezzo di rafforzamento del vincolo
contrattuale sul diverso e successivo piano degli effetti dell’eventuale inadempimento,
concretando una anticipata liquidazione convenzionale del danno, indipendentemente
dalla prova della sua effettiva esistenza» (Cass. civ., sez. II, 4 marzo 2005, n. 4779).
2.2.2 Clausole di uscita (caparra penitenziale e multa penitenziale)Continuando nell’analisi delle possibili clausole che si possono inserire nella redazione di
un contratto, è importante osservare la “mmuullttaa ppeenniitteennzziiaallee” e la “ccaappaarrrraa ppeenniitteennzziiaallee”.
Entrambe le situazioni contrattuali determinano per una parte la possibilità di recedere dal
contratto.
CChhiiLa ccaappaarrrraa ppeenniitteennzziiaallee (ex aarrtt.. 11338866 cc..cc..) costituisce il corrispettivo del diritto di recesso convenzio-nalmente stabilito e versato anticipatamente.Quindi si può parlare di caparra penitenziale, quando alla stipulazione del diritto di recesso si ac-compagna la dazione di una somma di denaro, che, a differenza della caparra confirmatoria, funziona
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non già come risarcimento del danno per mancata esecuzione del contratto, ma come corrispettivo delrecesso per volontà unilaterale. L’accertare se le parti abbiano voluto dare alla caparra carattere con-firmatorio, che va presunto nel silenzio delle parti o quando la formula sia equivoca, ovvero penitenzialecompete al giudice di merito, ed il suo apprezzamento è incensurabile in sede di legittimità.
La mmuullttaa ppeenniitteennzziiaallee (ex aarrtt.. 11337733,, tteerrzzoo ccoommmmaa,, cc..cc..) costituisce il corrispettivo del diritto di recessoconvenzionalmente stabilito e versato al momento del recesso.
CCoossaaA seconda dell’accordo fra le parti, la caparra può costituire solo una generica garanzia contro l’ina-dempimento, oppure può valere quale corrispettivo per il recesso, cioè una sorta di indennizzo. In que-st’ultimo caso, se vale quindi come indennizzo per i danni eventualmente patiti a causa dellasottoscrizione del contratto, con la ritenzione o restituzione della caparra si considera risarcito il dannoe con la ritenzione (se la parte inadempiente è chi l’aveva versata) o la restituzione (se la parte non ina-dempiente è chi l’aveva ricevuta, e la restituzione include l’ulteriore corresponsione di un eguale importo),il negozio non adempiuto si chiude senza altre conseguenze. Viceversa, se la caparra non ha funzionedi corrispettivo per il recesso, ma di garanzia, la parte non inadempiente ha sempre comunque diritto allaritenzione o restituzione della caparra, ma può ulteriormente agire per il risarcimento dei danni.
PPeerrcchhééLa caparra confirmatoria deve essere logicamente più elevata di una caparra penitenziale perché includeanche il risarcimento del danno. La caparra confirmatoria e la caparra penitenziale si differenziano traloro, in quanto:• la prima costituisce una norma di liquidazione convenzionale del danno, pattuita dai contraenti an-
teriormente all’eventuale inadempimento, che lascia peraltro libera la parte non inadempiente dipretendere l’esecuzione o la risoluzione del contratto, oltre al risarcimento dei danni, secondo iprincipi generali (anziché ritenere la caparra ricevuta o pretendere il doppio di quella data);
• la seconda costituisce invece il corrispettivo del diritto di recesso, convenzionalmente stabilito, nel-l’ipotesi in cui le parti abbiano inteso riservarsi il diritto di recedere dal contratto, con conseguentepossibilità di sciogliere il contratto stesso per effetto della dichiarazione unilaterale recettizia delrecedente ed il solo obbligo del medesimo di soggiacere alla perdita della caparra data o di re-stituire il doppio di quella ricevuta, senza che l’altra parte possa pretendere altro. Ne consegue chela caparra ha normalmente carattere confirmatorio, salvo che non risulti dall’accertamento dellavolontà contrattuale, affidato alla valutazione insindacabile del giudice di merito, che le parti abbianovoluto riservarsi convenzionalmente, mediante essa, il diritto di recedere dal contratto (così Cass.civ., sez. II, 15 maggio 1982, n. 3027).
«La caparra confirmatoria e la caparra penitenziale si differenziano tra loro in quanto: la
prima costituisce una forma di liquidazione convenzionale del danno, pattuita dai
contraenti anteriormente all’eventuale inadempimento che lascia peraltro libera la parte
non inadempiente di pretendere l’esecuzione o la risoluzione del contratto, oltre al ri-
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sarcimento dei danni, secondo i principi generali – anziché ritenere la caparra ricevuta
o pretendere il doppio di quella data – (la caparra confirmatoria opera come sanzione
contrattuale e costituisce, nel contempo, una forma di risarcimento a favore della parte
adempiente che preferisca avvalersi della facoltà di recedere invece di esercitare l’azione
generale di inadempimento: Cass., 79/2339); la seconda costituisce invece il corri-
spettivo del diritto di recesso, convenzionalmente stabilito, nell’ipotesi in cui le parti
abbiano inteso riservarsi il diritto di recedere dal contratto, con conseguente possibilità
di sciogliere il contratto stesso per effetto della dichiarazione unilaterale recettizia del
recedente e il solo obbligo del medesimo di soggiacere alla perdita della caparra data
o di restituire il doppio di quella ricevuta, senza che l’altra parte possa pretendere altro»
(Cass. civ., 15 maggio 1982, n. 3027).
«La caparra confirmatoria ha natura composita – consistente in una somma di denaro,
una quantità di cose fungibili – e funzione eclettica – in quanto è volta a garantire
l’esecuzione del contratto, venendo incamerata in caso di inadempimento della con-
troparte –; consente, in via di autotutela, di recedere dal contratto senza la necessità di
adire il giudice; indica la preventiva e forfettaria liquidazione del danno derivante dal
recesso cui la parte è stata costretta a causa dell’inadempimento della controparte. Va
invece escluso che abbia anche funzione probatoria e sanzionatoria, così distinguendosi
sia rispetto alla caparra penitenziale, che costituisce il corrispettivo del diritto di recesso,
sia dalla clausola penale, diversamente dalla quale non pone un limite al danno risarcibile,
sicché la parte non inadempiente ben può recedere senza dover proporre domanda
giudiziale o intimare alla diffida di adempiere, e trattenere la caparra ricevuta o esigere dal
doppio di quella prestata senza dover dimostrare di aver subito un danno effettivo» (Cass.
civ., sez. III, 16 maggio 2006, n. 11356).
«La caparra ha normalmente carattere confirmatorio e la sua previsione in contratto,
quand’anche accompagnata dalla definizione di “penitenziale” e dal richiamo alla norma
di legge che tale tipo di caparra contempla (art. 1386 c.c.), non è sufficiente a far ritenere
sussistente un diritto di recesso unilaterale “ad nutum”, inteso come “ius poenitendi”,
svincolato dall’altrui inadempimento, occorrendo invece che un tale diritto sia stato
espressamente pattuito, dovendosi ritenere in mancanza di ciò che la caparra abbia
natura confirmatoria e quindi sanzionatoria, dell’inadempimento dell’altra parte» (Cass.
civ., sez. II, 2 dicembre 1993, n. 11946).
«Alla caparra va normalmente riconosciuto carattere confirmatorio ove non risulti che le
parti si sono riservate, attraverso di essa, il diritto di recedere dal contratto» (Cass. civ.,
sez. II, 8 maggio 1991, n. 5119).
«La mera indicazione, in un contratto, della dazione di una somma a titolo di caparra,
anche se espressamente definita penitenziale, non è di per sé sola sufficiente ad attribuirle
natura penitenziale ai sensi dell’art. 1386 c.c., ma occorre che risulti la stipulazione di
una pattuizione di recesso, alla quale la dazione stessa sia collegata come corrispettivo
di tale facoltà, atteso che l’art. 1386 cit. costituisce norma speciale rispetto al disposto
dell’art. 1385, che invece attribuisce in generale alla caparra la funzione di quantificazione
del danno in favore del contraente non inadempiente il quale, in caso di inadempimento
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della controparte, preferisca recedere dal contratto anziché chiedere l’adempimento o la
risoluzione del contratto» (Cass. civ., sez. II, 11 marzo 1988, n. 2399).
La caparra penitenziale, regolata dall’art. 1386 del codice civile, contiene in sé la funzione
di corrispettivo del recesso, dispone infatti il codice che «se nel contratto è stipulato il
diritto di recesso per una o per entrambe le parti, la caparra ha la sola funzione di corri-
spettivo del recesso. In questo caso il recedente perde la caparra o deve restituire il
doppio di quella che ha ricevuta». Il nome (“caparra penitenziale”) non deriva, come
potrebbe sembrare, da una “pena” da scontare, bensì dallo ius poenitendi, diritto di
pentirsi di aver sottoscritto il contratto, e configura il prezzo per l’esercizio di questo diritto.
«La clausola penale è un patto accessorio del contratto con funzione sia di coercizione
all’adempimento sia di predeterminazione della misura del risarcimento in caso di ina-
dempimento. Essa, pertanto, a norma dell’art. 1453, primo comma, c.c. trova ap-
plicazione sia nell’ipotesi che il contraente chieda la risoluzione del contratto sia in quella
che egli proponga domanda volta a conseguire l’esecuzione coatta del negozio e vale
unicamente come liquidazione convenzionale del danno fissata antecedentemente dalle
parti. Diversa funzione va invece riconosciuta alla caparra penitenziale o pena del recesso
disciplinata dall’art. 1386 c.c. quale corrispettivo del diritto di recesso pattiziamente
consentito» (Cass. civ., sez. II, 10 giugno 1991, n. 6561).
Si è molto dibattuto in dottrina sulla relazione eventuale fra la caparra e la clausola
penale. La funzione di risarcimento dei danni arrecati alla parte non inadempiente dalla
stipulazione del contratto, nella caparra confirmatoria, non è però esaurita nella sola ri-
tenzione o restituzione della caparra, ciò che accade con la clausola penale. La funzione
di “sanzione” della caparra è stata da taluni autori ravvisata e ritenuta prevalente, in
considerazione della proporzione fra la caparra e la possibile entità del danno, che nel
richiedere specifico ristoro seguirebbe un iter concettualmente e materialmente
differente, restando quindi il fine sanzionatorio a sé. La caparra penitenziale è quella che
in dottrina si è ravvisata più vicina alla disciplina della clausola penale e taluni autori
parlano infatti per questa come di multa penitenziale. Per la giurisprudenza, la clausola
contrattuale con la quale si stabilisce che il mancato pagamento di una sola rata di
prezzo produrrà l’annullamento del contratto con diritto per il promittente venditore di
ritenere le somme riscosse a titolo di penale, non configura una clausola penale, bensì
la caparra penitenziale.
Nel linguaggio giuridico vi sono dei termini che, pur esprimendo concetti diversi, vengono
correntemente usati come sinonimi (ne costituisce un esempio peculiare “affitto” usato al
posto di “locazione”). Fra questi rientrano a pieno titolo la disdetta, il recesso e la ri-
soluzione, il cui significato è bene chiarire. Si ha rreecceessssoo quando una parte, ricorrendone
i presupposti, si scioglie dal contratto prima della scadenza. La ddiissddeettttaa, invece, si
sostanzia nella comunicazione con la quale una parte avvisa l’altra che, alla scadenza
prestabilita, non intende rinnovare il contratto. La rriissoolluuzziioonnee del contratto, infine, è l’istituto
giuridico in virtù del quale il contratto di scioglie per inadempimento di una parte, per so-
pravvenuta impossibilità di continuare nel rapporto contrattuale o per eccessiva onerosità
di una prestazione.
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2.2.3 Clausole speciali (clausola di ultrattività, clausola “to clean the house”e clausole “sulla natura del presente contratto”)Nell’ambito della redazione dei contratti è opportuno inoltre sottolineare l’importanza di
alcune clausole ulteriori come la clausola di ultrattività, la clausola “to clean the house” e
le clausole “sulla natura del presente contratto”.
La ccllaauussoollaa ddii uullttrraattttiivviittàà ha lo scopo di evitare eventuali pretesti circa l’elemento principale
del contratto. È cioè una clausola che trova la sua specifica funzione nel determinare
tutte le obbligazioni a carico delle parti che dovranno essere adempiute successivamente
alla data di esecuzione del contratto, senza ulteriori adempimenti.
AAdd eesseemmppiioo«Le obbligazioni di cui agli artt. 7 e 8 del presente contratto, nonché le disposizioni dell’allegato A ed,in generale, ogni altra disposizione del presente contratto che preveda un obbligo a carico delle partida adempiersi successivamente alla data di esecuzione, rimarranno in pieno vigore ed efficaci dopol’esecuzione, secondo quanto testé regolamentato, senza necessità per alcuna delle parti di reiterareod altrimenti confermare il proprio impegno».
La ccllaauussoollaa ““ttoo cclleeaann tthhee hhoouussee”” viene inserita con la funzione di determinare la so-
stituzione di tutti i precedenti accordi tra le parti con la firma del contratto. È infatti possibile
che le parti, durante la fase di contrattazione, possano aver determinato accordi pre-
liminari (limitati a determinate clausole o più generali) con contenuti anche opposti a quelli
risultanti dal contratto finale, ed è per questo che, sempre al fine di evitare pretestuose
interpretazioni, si è soliti inserire tale clausola.
AAdd eesseemmppiioo «Il presente contratto costituisce il solo e l’intero accordo tra le parti con riferimento alla materia oggettodello stesso e supera ogni precedente (eventuale) accordo relativo alla medesima materia».
La ccllaauussoollaa ““ssuullllaa nnaattuurraa ddeell pprreesseennttee ccoonnttrraattttoo”” permette di determinare, in maniera par-
ticolareggiata, la natura, appunto, dell’accordo, sempre al fine di evitare pretestuose in-
terpretazioni o, comunque, incertezze sulle norme da applicare e sulle conseguenze delle
stesse.
AAdd eesseemmppiioo «La presente lettera d’intenti è volta a perseguire in buona fede la trattativa in questione e non co-stituisce pertanto proposta, proposta irrevocabile, patto d’opzione, contratto preliminare».
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2.2.4 Clausole finali Nella redazione del contratto, risulta di estrema importanza avere l’accortezza, in base alle
esigenze reali, di inserire determinate ulteriori clausole.
La ccllaauussoollaa ddii rriisseerrvvaatteezzzzaa permette di obbligare le parti al riserbo di determinate clausole
del contratto o di tutte le disposizioni del contratto. È fondamentale quando una delle
parti o entrambe hanno l’interesse a non far trapelare al di fuori specifiche notizie. Qualora
si vogliano individuare specifiche informazioni riservate, è fondamentale specificarle
espressamente.
AAdd eesseemmppiioo «Ai fini del presente accordo si intendono per “riservati” le informazioni, i dati e le conoscenze rivelatio consegnati da una parte all’altra che al tempo della rivelazione o della consegna siano identificaticome di natura riservata. La natura riservata delle informazioni, dei dati e delle conoscenze di cui alpunto precedente dovrà essere evidenziata mediante timbro o indicazione dell’apposita dicitura“RISERVATO”, seguita dalla sottoscrizione di entrambe le parti, onde consentire alle parti medesimee ai soggetti autorizzati l’immediata individuazione degli stessi e il conseguente rispetto degli obblighidi riservatezza previsti dal presente accordo. Le parti si impegnano ad adottare tutte le cautele e lemisure di sicurezza necessarie a proteggere le informazioni, i dati e le conoscenze riservati e ad as-sicurare che non venga in alcun modo compromesso il carattere della loro riservatezza. Alla scadenzae in caso di risoluzione per qualsiasi motivo del presente accordo, le parti si impegnano reci-procamente a:• riconsegnare gli originali e tutte le copie dei documenti, opportunamente identificati e per i quali all’atto
della consegna sia stata prevista espressamente la restituzione, su qualunque supporto creati, checontengano o che si riferiscano alle informazioni, dati e conoscenze riservati da esse detenuti;
• cancellare o distruggere qualsiasi registrazione, effettuata su qualunque supporto, di tali in-formazioni, dati e conoscenze».
Il termine “riservato” non può essere associato normalmente a informazioni, dati e co-
noscenze:
• di dominio pubblico al tempo in cui sono stati divulgati alla parte ricevente, o
diventati di dominio pubblico per atto o comportamento non vietato alla parte
ricevente;
• la cui divulgazione sia imposta dall’osservanza di disposizioni di legge o di re-
golamento, o dall’attuazione di un provvedimento di pubblica autorità, purché le
parti si siano previamente consultate circa le modalità e i contenuti di tale di-
vulgazione, salvo diversa previsione di legge, di regolamento o della pubblica
autorità.
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OOppppuurree,,
AAdd eesseemmppiioo«Il contenuto del presente contratto e l’acquisizione qui disciplinata dovranno rimanere riservati e con-fidenziali, ivi inclusi i singoli atti ed operazioni qui previsti».
È di tutta evidenza come spesso sarà utile affiancare alla clausola di riservatezza una
clausola penale.
AAdd eesseemmppiioo «Nel caso in cui la parte che ha ricevuto le informazioni, i dati e le conoscenze riservati abbia violato gliobblighi di riservatezza di cui al presente accordo e tale violazione sia ad essa imputabile, sarà tenuta acorrispondere all’altra parte la somma di euro <.....>, fatto salvo il risarcimento del danno ulteriore».
È poi rilevante inserire una clausola che regoli le eevveennttuuaallii mmooddiiffiicchhee dei rapporti tra le parti.
AAdd eesseemmppiioo «Il presente contratto non potrà essere oggetto di rinunzia né potrà essere modificato, se non per mezzodi un successivo accordo scritto». Ex art. 1352 c.c., «se le parti hanno convenuto per iscritto di adottareuna determinata forma per la futura conclusione di un contratto, si presume che la forma sia statavoluta per la validità di questo».
In base al tipo di contratto, potrebbe essere importante inserire una ccllaauussoollaa ddii ddiivviieettoo ddii
cceessssiioonnee, che regoli in questo modo il rapporto tra le parti «nessuna delle parti ha facoltà
di cedere in alcun modo i propri diritti od obblighi qui previsti». La mancanza della specifica
approvazione per iscritto della clausola contrattuale che prevede il divieto della cessione
del credito ne determina la nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del giudizio da
chiunque vi abbia interesse.
Per l’organizzazione tra le parti, acquista una sostanziale importanza la clausola che regoli
le aattttiivviittàà ddii ccoommuunniiccaazziioonnee ttrraa llee ppaarrttii, i mezzi utilizzati e i gli indirizzi rilevanti.
AAdd eesseemmppiioo «Tutte le comunicazioni inerenti al presente contratto dovranno essere formalizzate in forma scritta edin lingua italiana, e saranno considerate validamente effettuate in caso di comunicazione inviata perlettera raccomandata, al ricevimento della stessa, ed in caso di comunicazione via fax, al ricevimento
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da parte del mittente (anche stesso mezzo), della conferma dell’avvenuta trasmissione da parte deldestinatario ed anche tramite rapporto di trasmissione. Per gli indirizzi si fa riferimento alle premesseut supra determinate».
Se si sta predisponendo un contratto tra due parti, di cui almeno una, non italiana, par-
ticolare attenzione dovrà essere dedicata alla ccllaauussoollaa ssuullllaa lleeggggee aapppplliiccaabbiillee, come «il
presente contratto, nonché i diritti e gli obblighi delle parti, sarà disciplinato ed interpretato
secondo la legge materiale italiana».
Una clausola che viene spesso tralasciata, e che invece comporterebbe una chiarezza
fondamentale all’interno del rapporto contrattuale, riguarda la ccllaauussoollaa cciirrccaa llee ttaassssee eedd
aallttrree ssppeessee. Con questa clausola si regolano anche i rapporti economici (secondari) con-
seguenti alla stipula del contratto.
AAdd eesseemmppiioo«Salvo espressa disposizione contraria contenuta in altre clausole del presente contratto, qualsiasicosto, tassa, imposta od onere derivante dal medesimo contratto, o dal perfezionamento delletransazioni economiche qui contemplate, sarà sostenuto e pagato come segue: la tassa sui contratti<.....> relativa a <.....> sarà a carico delle parti nella misura del 50% ciascuna; tutti i costi e le speseulteriori sostenute in relazione al presente contratto saranno ad esclusivo carico dell’acquirente».
Risultano, al contrario, da evitare, formulazioni particolari, come «non potrà essere irra-
gionevolmente negato», in quanto si fa riferimento al ccrriitteerriioo ddeellllaa rraaggiioonneevvoolleezzzzaa e non
a quello della buona fede (più aderente all’intero impianto codicistico). Inoltre risulta inutile
una clausola che determini la sseeppaarraabbiilliittàà ddeellllee ccllaauussoollee.
AAdd eesseemmppiioo«L’invalidità di una o più disposizioni del presente contratto non pregiudicherà la validità delle restantidisposizioni, che rimarranno efficaci ed esecutive». Infatti già ex art. 1419 c.c., «la nullità parziale di uncontratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraentinon lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità. La nullità disingole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di dirittoda norme imperative».
Infine, ed in generale, sono da evitare le formulazioni complesse, cioè quelle articolazioni
del contratto che si distinguono per avere numerose subordinate e innumerevoli rinvii ad
articoli numerici. In questo caso non solo la lettura del contratto diventa difficile, ma anche
la stessa comprensione e l’organicità complessiva può risultare compromessa.
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FFoorrmmuullaarriioo
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SCRITTURA PRIVATA
TRA
Il/La Sig./Sig.ra <……> nato/a a <……>, il <……>, C.F. <……> (titolare/legale rappre-
sentante), residente in <……>, via <……>, n. <……> (di seguito “Agente”)
E
Il/La Sig./Sig.ra <……> nato/a a <……>, il <……>, C.F. <……>, domiciliato in <……>,
via <……>, n. <……> (di seguito “Preponente”)
SI CONVIENE E SI STIPULA QUANTO SEGUE:
Art. 1 - Affidamento incarico
Il Preponente affida stabilmente all’Agente, il quale accetta, l’incarico di promuovere per
conto di esso Preponente, la conclusione di contratti aventi ad oggetto <……> [spe-
cificare dettagliatamente l’oggetto del contratto].
Art. 2 - Esclusiva territoriale
L’Agente deve esplicare la sua attività nella seguente zona <……> [specificare detta-
gliatamente la zona operativa] e non può nella stessa assumere l’incarico di promuovere
per conto di altri la vendita di prodotti riconducibili allo stesso comparto merceologico,
indicato all’art. 1. Il Preponente, per converso, si obbliga a non valersi, nella stessa zona,
di altri agenti per gli affari inerenti alla sua impresa, né a concludere direttamente contratti
di vendita nella predetta zona.
Art. 3 - Minimo degli affari
L’Agente si impegna a trasmettere nel corso dell’anno affari per un minimo di <……>.
Qualora al termine dell’anno, o delle successive annate, non sia raggiunto tale minimo, il
Preponente ha facoltà di risolvere il contratto a partire dal terzo mese successivo dalla fine
dell’anno nel quale il minimo non è stato raggiunto, ovvero di far cessare a tale ultima data
l’esclusiva concessa all’Agente.
Art. 4 - Rappresentanza
L’Agente è autorizzato a rappresentare il Preponente nella conclusione dei contratti di
vendita, e può altresì riscuotere i crediti del Preponente sorti in esecuzione dei contratti
conclusi per suo mezzo.
1 Contratto di agenziaf
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ovvero:
L’Agente svolgerà prospezioni della clientela presente nel territorio di cui all’esclusiva.
Trasmetterà al preposto gli ordini e le offerte ricevute. L’Agente non ha il potere di
concludere contratti né di impegnare il preposto. Quest’ultimo infatti si riserva il diritto di
rifiutare ordini ed offerte procurate dall’Agente.
Art. 5 - Indipendenza dell’Agente
L’Agente svolge la sua attività senza alcun vincolo di subordinazione: in particolare egli ha
la più ampia libertà nella scelta di modi e tempi nello svolgimento del proprio incarico.
In particolare l’Agente potrà farsi assistere nell’espletamento della sua attività da sub-
agenti dei quali è responsabile, previa informazione al Preponente.
Art. 6 - Conclusione dei contratti
Il Preponente può rifiutare a suo insindacabile giudizio la conclusione di contratti proposti
dall’Agente, senza che ciò comporti a suo carico obblighi di provvigioni o indennizzi o di
risarcimento danni.
Art. 7 - Sconti
L’Agente non ha la facoltà, salvo preventivo assenso del Preponente, di concedere sconti,
dilazioni di pagamento rispetto ai termini del listino predisposto dal Preponente.
Art. 8 - Rendiconto
Ogni mese l’Agente è tenuto a trasmettere al Preponente un rendiconto particolareggiato
degli affari conclusi e di quelli in corso.
Art. 9 - Informazioni al Preponente
L’Agente si obbliga a tenere informato il suo preposto dell’andamento del mercato, della
concorrenza e comunque a fornirgli tutte le notizie utili all’aumento dei volumi delle vendite
per ciò che riguarda la zona per la quale è stato conferito il diritto di esclusiva.
Inoltre l’Agente è tenuto a sorvegliare che nel territorio per il quale gli è attribuita l’esclusiva
non si verifichino violazioni dei diritti di proprietà industriale del Preponente. L’Agente
assisterà il Preponente, secondo le direttive da quest’ultimo impartite, nella difesa dei
diritti di proprietà industriale.
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Art. 10 - Provvigioni
Il Preponente si obbliga a corrispondere all’Agente una provvigione pari al <……> per
cento su tutte le vendite concluse nel corso del contratto con clienti residenti sul territorio.
Esse vanno calcolate sul prezzo delle vendite fatturate, dedotti gli eventuali sconti, ad
eccezione dello sconto per pagamento in contanti. Sono escluse tutte le spese accessorie
quali trasporto, imballaggio, spedizione, diritti doganali o comunque oneri di qualsiasi tipo.
ovvero:
Sui premi e regolazione di premi incassati in esecuzione di contratti assicurativi, rinnovi,
aumenti, proroghe che siano conclusi per effetto dell’intervento dell’Agente spettano allo
stesso le provvigioni indicate <……>.
Qualora il contratto comprenda partite soggette a diverse provvigioni, oppure rischi che,
se assunti separatamente sarebbero assoggettabili a diverse aliquote provvigionali, ove
non esista un’attribuzione provvigionale specifica, viene riconosciuta una percentuale
provvigionale da concordarsi sulla base dell’aliquota provvigionale più alta.
In caso di risoluzione del contratto concluso dall’Agente, a questi non spetterà alcuna
provvigione salvo il caso in cui la risoluzione sia stata determinata da fatto imputabile al
Preponente.
Le provvigioni saranno versate mensilmente all’Agente a fronte della presentazione del
rendiconto di cui alla clausola 8.
In ogni caso tutte le spese di agenzia saranno a carico dell’Agente.
Art. 11 - Durata
Il contratto avrà inizio il <……> e terminerà il <……>.
Eventuali rinnovi saranno di volta in volta negoziati fra le parti.
Art. 12 - Risoluzione del contratto
Il contratto può essere risolto da entrambe le parti, previo preavviso da darsi a mezzo di
raccomandata, di almeno sei mesi. Nessuna indennità sarà dovuta in caso di risoluzione
o di mancata proroga del contratto.
Art. 13 - Divieto di cessione del contratto
Il presente contratto non è cedibile se non previo accordo tra le parti.
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Art. 14 - Segreti aziendali e commerciali
L’Agente si impegna a non rivelare a terzi, neppure dopo la cessazione del contratto,
segreti commerciali o aziendali, né ad utilizzarli a fini estranei al presente contratto.
<……>, lì <……>
Firme
<……>
nnoottee ooppeerraattiivvee
Il contratto di agenzia è disciplinato dalla normativa codicistica (artt. 1742 - 1753 c.c.) modificata edintegrata da numerose disposizioni legislative, ma anche dagli Accordi Economici Collettivi (AEC) stipulatiper diversi settori. A titolo esemplificativo, si citano gli AEC dell’industria e della cooperazione (20 marzo2002), gli AEC del commercio (16 febbraio 2009), la l. 204/1985 relativa alla iscrizione a ruolo degliagenti di commercio, il d.lgs. 303/1991 attuativo della direttiva comunitaria 86/653 sugli agenti com-merciali indipendenti, la l. 526/1999 sulla responsabilità dell’agente.Secondo la ddeeffiinniizziioonnee del codice civile con il contratto d’agenzia, una parte (agente) assume sta-bilmente l’incarico di promuovere, per conto di un’altra (preponente) e dietro compenso, la conclusionedi contratti in una zona determinata (art. 1742 c.c.).Il contratto è oneroso, il corrispettivo è infatti un elemento essenziale del contratto, come l’elemento pro-mozionale, che di fatto si sostanzia come l’oggetto del contratto.L’agente non è un mmaannddaattaarriioo, perché svolge attività materiale e non giuridica. Il preponente può,tuttavia, conferirgli la rappresentanza per la conclusione di contratti (art. 1752 c.c.), con conseguenteapplicabilità della disciplina relativa alla procura e (secondo la giurisprudenza) anche di quella relativaal mandato.All’agente può essere conferita la facoltà anche di rriissccuuootteerree ccrreeddiittii: in questi casi assume la qualità diprocuratore all’incasso ovvero di destinatario del pagamento in quanto persona indicata dal creditoreex art. 1188 c.c. (rappresentanza passiva).Le parti possono scegliere di attribuire al contratto un termine di durata, ovvero optare per una durataindeterminata del contratto.Nel contratto a tteemmppoo iinnddeetteerrmmiinnaattoo ciascuna parte può recedere dal rapporto in qualsiasi momento,dandone preavviso all’altra entro il termine stabilito. Non occorre una forma specifica perché il recessosia valido; è sufficiente che l’altra parte ne sia venuta a conoscenza.Nel contratto a tteemmppoo ddeetteerrmmiinnaattoo il rapporto cessa al raggiungimento del termine pattuito, salvo chele parti non abbiano espressamente previsto, con una clausola di rinnovo automatico, che il rapportoprosegua per periodi ulteriori. In questo ultimo caso, se la parte intende non rinnovare il contratto dovràinviare all’altra parte una disdetta entro il termine e con le modalità previste.
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In assenza di una clausola di rinnovo automatico, quando il contratto a tempo determinato continua adessere eseguito dalle parti nonostante la scadenza del termine, esso si trasforma automaticamente inun contratto a tempo indeterminato (art. 1750 c.c.) seguendone la disciplina.Per quanto riguarda la ffoorrmmaa del contratto, questa deve essere scritta ad probationem. Peraltro, ciascunaparte ha diritto di ottenere dall’altra un documento che riproduca il testo del contratto (art. 1742 c.c.).In caso di inadempimento dell’obbligazione di consegnare una copia sottoscritta, l’altra parte può noneseguire il contratto con diritto a chiedere il risarcimento dei danni.Nei contratti d’agenzia viene spesso utilizzata la clausola del rriinnvviioo aallllee ddiissppoossiizziioonnii ddeell ccooddiiccee cciivviillee eda quelle degli accordi economici collettivi di settore pro tempore vigenti. Tali clausole di rinvio sonoparticolarmente delicate e determinano inevitabili incertezze sui contratti d’agenzia stipulati quando lanormativa cambia e gli accordi economici collettivi vengono rinnovati. Peraltro la giurisprudenza diCassazione ha sovente espresso il principio per cui gli accordi economici collettivi si applicano aicontratti individuali d’agenzia anche in mancanza di una norma di rinvio, ove le parti abbiano impli-citamente espresso la volontà di aderirvi.È per questo che la disciplina delle pprroovvvviiggiioonnii, quella della zzoonnaa e/o dei cclliieennttii aasssseeggnnaattii, le modalitàper il calcolo delle indennità di fine rapporto, l’iinnddeennnniittàà dovuta per il patto di non concorrenza post con-trattuale, la disciplina del pprreeaavvvviissoo, la disciplina dello ssttaarr ddeell ccrreeddeerree, sono tutte clausole dei contrattiindividuali d’agenzia la cui attuale validità deve essere necessariamente verificata alla luce dei nuoviaccordi economici di settore.Per quanto attiene alle pprroovvvviiggiioonnii, gli accordi economici collettivi prevedono l’obbligo della corre-sponsione di un compenso aggiuntivo non provvigionale a fronte dell’eventuale attività d’incasso e/o afronte delle eventuali attività complementari, quali, ad esempio, il coordinamento di altri agenti in de-terminate zone. In relazione a tali previsioni degli accordi economici di settore, occorre verificare se icontratti d’agenzia individuali prevedano queste attività accessorie e/o complementari e se sia previstoun corrispettivo.In relazione alle clausole dei contratti d’agenzia individuali che prevedono, in favore della dittapreponente, la facoltà di modificare la zona e/o i clienti assegnati e/o le provvigioni riconosciute, occorretener presente che gli accordi economici collettivi prevedono limitazioni notevoli a tali facoltà, fino aconsentire all’agente di recedere per giusta causa dal rapporto, con ogni conseguenza in temad’indennità sostitutiva del preavviso.Non è raro, poi, che i contratti d’agenzia prevedano il c.d. ppaattttoo ddii nnoonn ccoonnccoorrrreennzzaa ppoosstt ccoonnttrraattttuuaallee enulla prevedano in merito al corrispettivo per tale patto di non concorrenza. È bene sapere che, in forzadel combinato disposto di cui all’art. 1751-bis c.c. e delle clausole degli accordi economici collettivi, ilcorrispettivo per tale patto di non concorrenza potrebbe giungere al considerevole importo diun’annualità di provvigioni.È possibile la previsione, nel contratto, di un ppeerriiooddoo ddii pprroovvaa durante il quale le parti possono valutareil reciproco interesse alla prosecuzione del rapporto e recedere liberamente dal contratto senza obbligodi preavviso o motivazione e senza obbligo di corrispondere indennità o di risarcire eventuali danni.Tuttavia, la giurisprudenza ha rilevato la necessità di porre un limite alla durata del periodo di prova perevitare che la funzione del patto venga snaturata con la previsione di un termine eccessivamente lungo.
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Con il c.d. ddiirriittttoo ddii eesscclluussiivvaa, il preponente non può avvalersi contemporaneamente di più agenti nellastessa zona e per lo stesso ramo di attività, né l’agente può assumere l’incarico di promuovere nellastessa zona i servizi o i prodotti di più imprese concorrenti. L’esclusiva è un elemento naturale delcontratto, che deve ritenersi sussistente in mancanza di patto contrario.La violazione dell’esclusiva configura, per il soggetto responsabile, un inadempimento contrattuale. Inquesti casi la parte lesa può agire in giudizio per chiedere la risoluzione del contratto e il risarcimentodel danno subito. Le parti possono decidere di derogare all’obbligo di esclusiva, inserendo nel contrattol’apposita clausola. Tuttavia, la volontà derogatoria oltre che esplicita può anche essere desunta indi-rettamente dal contesto contrattuale, purché appaia chiara ed univoca (Cass. civ., 9 ottobre 2007,n. 21073).Sovente i contratti individuali d’agenzia prevedono una qualche forma di garanzia dell’agente in casod’insolvenza anche parziale del terzo contraente (il c.d. patto dello ssttaarr ddeell ccrreeddeerree). Sia il d.lgs.n. 65/1999 che i nuovi accordi economici di settore hanno sancito la fine dell’istituto dello star delcredere.Tra gli oobbbblliigghhii ddeellll’’aaggeennttee rientrano:• l’obbligo di tutelare gli interessi del preponente e di agire con lealtà e buona fede; • l’obbligo di adempiere l’incarico affidato in aderenza alle istruzioni impartite; • l’obbligo di osservare i doveri che incombono al commissionario.Tra gli oobbbblliigghhii ddeell pprreeppoonneennttee troviamo:• l’obbligo di pagare le provvigioni così come pattuite; • l’obbligo di mettere a disposizione dell’agente la documentazione necessaria.Sia nel contratto a tempo determinato che nel contratto a tempo indeterminato entrambe le partipossono recedere quando sussiste una ggiiuussttaa ccaauussaa. Il pprreeppoonneennttee può legittimamente recedere senzapreavviso per un’inadempienza contrattuale imputabile all’agente, la quale per la sua gravità nonconsenta la prosecuzione, neppure provvisoria, del rapporto. L’aaggeennttee può legittimamente recedere dalcontratto quando il preponente si dimostri inadempiente ai propri doveri quali, ad esempio, quello di nonpagare le provvigioni dovute tanto da ledere in misura considerevole l’interesse dell’agente, oppure dinegare il buon fine degli affari che hanno invece avuto regolare esecuzione.Nel contratto a tteemmppoo iinnddeetteerrmmiinnaattoo, la parte che recede deve rispettare i termini minimi di preavvisoprevisti dal codice. Il preavviso, quindi, non deve essere superiore a • 1 mese per il primo anno di durata del contratto;• 2 mesi per il secondo anno iniziato;• 3 mesi per il terzo anno iniziato;• 4 mesi per il quarto anno iniziato;• 5 mesi per il quinto anno;• 6 mesi per il sesto mese e per gli anni successivi.Le parti possono comunque pattuire un termine di preavviso di maggiore durata, tuttavia il preponentenon può osservare un termine inferiore a quello posto a carico dell’agente.Gli AEC prevedono termini di preavviso diversi da quelli sopra menzionati, differenti a seconda delsettore economico, seppur nell’ottica di applicare di volta in volta quello più favorevole all’agente.
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All’atto della cessazione del contratto di agenzia, il preponente deve corrispondere all’agenteun’iinnddeennnniittàà ppeeccuunniiaarriiaa se ricorrono entrambe le condizioni di cui all’art. 1751 c.c., ovvero:a) se l’agente ha procurato nuovi clienti al preponente o ha sensibilmente sviluppato gli affari con i
clienti esistenti e il preponente riceve ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti;b) se il pagamento dell’indennità risulti equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in par-
ticolare dell’impegno dell’agente e delle provvigioni che questi viene a perdere.L’indennità è dovuta anche se il preponente non riceve da tale incremento alcun vantaggio economico,quando ciò sia conseguenza di un fatto da lui dipendente, come nel caso in cui abbia deciso di liquidarela società.L’indennità non è dovuta se:a) il preponente recede dal contratto per grave inadempienza dell’agente; b) l’agente recede dal contratto, tranne i casi in cui il recesso sia causato da circostanze attribuibili al
preponente o da circostanze quali età avanzata, malattie, infermità per le quali non può più essereragionevolmente richiesta la prosecuzione dell’attività dell’agente;
c) l’agente, d’accordo con il preponente, cede ad altri il contratto di agenzia.L’indennità è soggetta ad un termine di decadenza di un anno e al termine di prescrizione decennale.Entrambi i termini decorrono dalla cessazione del rapporto.Allo scadere del contratto che prevede il patto di non concorrenza successiva al contratto stesso (art.1751-bis c.c.), l’agente ha diritto ad una iinnddeennnniittàà il cui ammontare è stabilito dalle parti sulla base delladurata e della natura del contratto e all’indennità di fine rapporto.Se le parti non trovano un accordo sull’ammontare, questo è deciso dal giudice in via equitativa.Circa il rreeggiimmee ffiissccaallee, va rilevato che ai fini IVA il contratto di agenzia, ponendo in essere operazioniconfigurabili come prestazioni di servizi, è soggetto all’imposta secondo le regole previste in materia.Le pprroovvvviiggiioonnii corrisposte all’agente costituiscono per il preponente dei costi che lo stesso deduce dalreddito d’impresa secondo il principio di competenza, mentre le provvigioni percepite dall’agente co-stituiscono ricavi e quindi entrano a far parte del reddito d’impresa. La provvigione spetta nel momentoin cui il preponente esegue o avrebbe dovuto eseguire la prestazione.L’agente e il preponente possono tuttavia stabilire che la provvigione spetti in un momento successivo,che comunque non potrà mai superare quello in cui il terzo esegue o avrebbe dovuto eseguire la suaprestazione, consistente nel pagamento del prezzo (art. 1748 c.c.).La provvigione spettante è di competenza dell’esercizio in cui viene stipulato il contratto tra il prepotentee il cliente, poiché in tale momento si deve considerare conclusa la prestazione dell’agente. L’eventualedifferimento del momento in cui la provvigione è esigibile è irrilevante.Il preponente, quando corrisponde la provvigione all’agente, è tenuto ad effettuare una ritenuta a titolodi acconto di imposta. Questa è pari al 23% e va applicata sul 50% della provvigione al netto dell’IVAe al lordo della trattenuta Enasarco.Le ritenute operate dal preponente devono essere versate all’Erario entro il 16 del mese successivo aquello in cui è avvenuto il pagamento delle provvigioni. Entro il 28 febbraio dell’anno successivo ilpreponente deve rilasciare all’agente apposita certificazione attestante l’ammontare complessivo delleritenute versate.
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L’indennità di fine rapporto, se corrisposta a persone fisiche o a società di persone, viene assoggettataa tassazione separata, da esercitarsi in sede di dichiarazione dei redditi (art. 17, comma 1, lett. d ecomma 3, d.P.R. 917/1986). Pertanto non concorre alla formazione del reddito di impresa, pur essendopercepita da soggetti che svolgono un’attività che rientra a tutti gli effetti in tale ambito (art. 56, comma3, lett. a, d.P.R. 917/1986).Quando, invece, l’indennità viene percepita da una società di capitali, essa va a costituire unacomponente positiva del reddito d’impresa.In caso di persone fisiche o società di persone, il sostituto d’imposta che corrisponde l’indennità applicauna ritenuta d’acconto del 20% sull’importo complessivo (ris. min. 29 luglio 2005, n. 105/E).Lo stesso trattamento viene riservato a tutte le altre somme erogate in occasione della cessazione delrapporto quali, ad esempio, l’indennità di mancato preavviso e l’indennità suppletiva di clientela.
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