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Materiale sulla filosofia con i bambini Corso febbraio/aprile 2016
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Filosofia con i
bambini
Philosophy for
Children
DISCUSSIONE
CONFRONTO DI OPINIONI IN RAPPORTO AD UN DATO ARGOMENTO
S
S I
+ -
problematizzazione
interazione sociale
sviluppo argomentazione
dinamiche di ruolo
condizioni di partecipazione attiva
scarsa pertinenza apporti
insegnante come CONDUTTORE
S
O
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La Philosophy for children
e lo sviluppo del pensiero criBco
LE MATRICI PEDAGOGICHE DELLA P4C: • Pedagogia come impegno per la convivenza democratica (educazione agli atteggiamenti democratici e idea di scuola come comunità di ricerca : J.Dewey).
• Pedagogie del dialogo: il dialogo come modalità pedagogica (Socrate,M.Buber).
• Pedagogie della parola: la parola liberatrice, che porta alla coscienza, che è generatrice (P.Freire). • Pedagogia della complessità: il pensiero che interconnette ed è ologrammatico ( E.Morin).
• Pedagogie della soggettività: l’io che si prende cura di sé, del proprio pensiero (fenomenologia). • Pedagogie della costruzione del significato: il processo di ricerca porta alla co-costruzione di significati condivisi, con i quali ci orientiamo nella realtà e nel mondo (J.Bruner).
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La P4C è
• un curricolo, un progetto pedagogico centrato sulla possibilità di trasformare la classe – o qualsivoglia contesto educativo – in una comunità di ricerca (CdR). Essere una CdR significa condividere significati e valori: negoziare percorsi intellettuali, fini e linguaggi per arrivare alla soluzione dei problemi e a nuovi comportamenti. • nasce negli anni Settanta ad opera del Prof. Lipman, professore di logica presso la Columbia University. Il professore appronta egli stesso una serie di racconti volti ad ‘insegnare a pensare’. I suoi racconti si propongono di ‘fare filosofia’’ con bambini e ragazzi, a partire dal loro stupore verso il mondo e dalla loro curiosità verso gli interrrogativi che ne scaturiscono. Questi racconti sono dialoghi che richiamano quelli socratici, atti ad attivare processi e procedure di pensiero.
Lipman intende il pensiero superiore come una combinazione di pensiero critico, pensiero creativo e pensiero orientato al valore (caring), ovvero appartenente alla sfera di sentimenti ed emozioni. Il pensiero si configura come connessione e interazione dell’ esperienza, legata indissolubilmente al contesto socio-affettivo-cognitivo; pensare equivale a scoprire, inventare, connettere e sperimentare relazioni. Il pensiero critico è ‘responsabilità cognitiva’. Il filosofare si configura come percorso intellettuale volto alla ragionevolezza argomentativa.
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IL PENSIERO CRITICO • RAZIONALE O RAGIONEVOLE?
• METTE IN CRISI UN OGGETTO
Nella Filosofia con i bambini l’oggetto è la domanda e l’esercizio del pensiero avviene insieme
Il pensiero ha una dimensione critica perché: a) Ricerca criteri, ragioni, giustificazioni, fondamenti in relazione alla specificità dei contesti di riferimento b) Opera connessioni e distinzioni c) Formula giudizi in prospett iva autocrit ica e autocorrettiva, assumendo valenze metacognitive
IN SINTESI: Ci incamminiamo in un percorso formativo per insegnanti ed
alunni di tipo:
FILOSOFICO, PEDAGOGICO E DIDATTICO • FILOSOFICO, perché affronta problemi esistenziali quotidiani • PEDAGOGICO, perché costruisce capacità di pensiero complesso ( critico, creativo, valoriale) e democratico ( ascolto, rispetto delle idee degli altri) • DIDATTICO, perché costruisce un Ambiente Educativo specifico e imposta un metodo di lavoro trasformando: q la classe in una Comunità di Ricerca q l’insegnante in Facilitatore dell’Apprendimento
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Platone (Le+era VII): Non è, questa mia, una scienza come le altre: essa non si può in alcun modo comunicare, ma come fiamma s’accende da fuoco che balza: nasce d’improvviso nell’anima dopo un lungo periodo di discussioni sull’argomento e una vita vissuta in comune, e poi si nutre di se medesima. �
Filosofare con i bambini è mettere in pratica la filosofia, cioè condividere una pratica abitando le domande poste nel circolo ermeneutico del dialogo.
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La filosofia avrebbe il compito di percepire i crepacci nascosti nella struttura apparentemente levigata dei nostri concetti e di lottare per il significato della vita e della realtà
La filosofia è eminentemente TRASVERSANTE Il termine si potrebbe considerare sotto tre sfumature: 1. Trasversante nel senso del passato prossimo, cioè CHE TRASVERSA 2. Trasversante come composto da 3 parole: TRANS (TRAS) = “attraverso”, indica lo spostamento da un punto all’altro (come trasferire), in senso figurato il passaggio da una condizione ad un’altra (come trasfigurare, trasformare), oppure mutamento o cambiamento VERSUS = contro, in contrapposizione ANTE = che sta prima di ogni altra cosa, che precede, che è all’origine…
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3. Trasversante come composto da 2 parole: TRANS (TRAS) = idem come sopra VERSANTE = participio presente del verbo transitivo VERSARE, inteso in molteplici significati suggestivi: -‐ Far sgorgare un liquido, rivoltando o inclinando il recipiente in cui è contenuto -‐ Lasciar uscire il proprio contenuto attraverso fessure (“la botte versa”) -‐ Far uscire, spargere (“la ferita versa sangue”) -‐ Rovesciare (“versare il brodo per terra”) -‐ Far confluire, immettere (“il Po versa le sue acque…”) -‐ Confidare, rivelare (“versare pene, dolori”) Come verbo Intransitivo nel significato di essere, trovarsi in una determinata condizione generalmente negativa (“versare in cattive acque”) Nel significato di “Scrivere versi”, nel senso di contribuire con un verso al pensiero
PERCHE’ IL PENSIERO SI SVILUPPI IN SENSO CRITICO OCCORRE:
a. Creare le condizioni ambientali opportune b. Dotarsi di strategie dialogiche e un minimo di progettazione c. Monitorare i pensieri con i dialoghi d. Documentare il percorso dialogico e. Munirsi di strumenti di valutazione qualitativa e di autovalutazione
4 PISTE OPERATIVE DI RICERCA E SPERIMENTAZIONE: a) Approfondire come funziona il pensiero critico e rilevarne le tracce b) Simulare noi insegnanti l’esercizio del pensiero critico c) Approcciarci filosoficamente al sapere d) Rimodulare lo stile e la relazione educativa
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IL PERCORSO PER I DOCENTI E IL PROGETTO 1. La Philosophy for children tra tradizione e innovazione a. Lo scenario pedagogico-filosofico della Philosophy for Children: nascita e sviluppi recenti b. Accenni al metodo del filosofare con i bambini: strategie e non programma 2. Il dialogo filosofico: il ruolo del docente a. Strategie per una buona conduzione della discussione b. Analisi di materiali prodotti in alcune esperienze dialogiche significative 3. I contenuti filosofici e la progettazione a. Fondamenti filosofici di un percorso educativo b. Fondamenti pedagogici per lo sviluppo del pensiero critico c. Per una didattica della filosofia con i bambini: possibili itinerari di sperimentazione dialogica 4. La filosofia in pratica tra domanda e risposta a. Il valore del dialogo nel rapporto insegnamento-apprendimento b. Ascolto, dialogo e restituzione pensata attraverso la simulazione di un incontro filosofico.
FILOSOFIA
BAMBINI
?
Studiare
Fare Porsi domande di SENSO Perché? Come mai?
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Dove andrà il mio mal di pancia quando mi passerà? (Ursula, 3 anni)
Se vado a leRo alle oRo e mi alzo alle seRe del maTno, come faccio a sapere veramente che la lanceRa piccola dell’orologio ha faRo soltanto un giro? Devo stare alzato tuRa la noRe per controllare? Se guardo altrove, anche per breve tempo, la lanceRa piccola potrebbe pure fare due giri. (Jordan, 5 anni)
Come possiamo essere sicuri che non è tuRo un sogno? (Tim, quasi 6 anni)
Perché non B vedo doppio dato che ho due occhi e posso vederB con l’uno e con l’altro separatamente? (John, 8 anni)
Quando sarò grande potrò pensare come voglio? (Macha, 4 anni)
Da dove viene l’ombra? Perché c’è? (Andreas, 6 anni)
Cosa ero io prima di nascere? Chi c’era prima dei nonni? Perché sono un bambino e non una bambina? Gli animali pensano e sentono come me? Perché non posso essere un cane? Perchè ci sono bambini che nascono malaB? Perché ci sono le guerre? Dove si va quando si muore?
Come ACCOGLIERE
queste DOMANDE?
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CONTRODOMANDA rispondere con un’altra domanda del Bpo “Secondo te?”, e meRersi bene all’ascolto
Un bambino chiede: “Perché piove?” L’adulto può cercare di rispondere facendo appello alle proprie cognizioni di meteorologia. Ma se il bambino ripete poco dopo la stessa domanda, evidentemente l’adulto non ha colto ciò che il bambino chiedeva davvero: “Qual è il senso del faRo che piove proprio adesso, quando mi piacerebbe tanto andare fuori a giocare?” Invece di rispondere si può chiedere al bambino stesso: “Qual è il senso della pioggia?” “Guarda, i fiori hanno sete. Per questo piove!”
Esempio
CONTRODOMANDA rispondere con un’altra domanda del Bpo “Secondo te?”, e meRersi bene all’ascolto
Esempio
“Perché tuT gli uomini hanno un ombelico?” “Secondo te perché è così?” “Perché così tuT sanno dov’è il centro”
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DOMANDE “ILLEGITTIME”
DOMANDE “LEGITTIME”
poste dall’insegnante per esigenze di controllo
(illegiTme in quanto chi le pone ha già la risposta)
non hanno una risposta “preconfezionata”
meritano davvero l’impegno, del singolo e del gruppo, al fine di trovare una risposta originale
PHILOSOPHY FOR CHILDREN Programma ideato in USA da MaRhew
Lipman, a parBre dagli anni ’70, per affrontare le quesBoni di senso a scuola
KINDERPHILOSOPHIE
FILOSOFIA CON I BAMBINI
In area tedesca:
In Italia (per)
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“NOVEL FORMAT” importanza della mediazione narraBva
RacconB desBnaB alle diverse fasce di età, a coprire tuT i gradi della scuola dell’obbligo
SCUOLA DELL’INFANZIA
L’OSPEDALE DELLE BAMBOLE SCUOLA PRIMARIA
Classe prima
ELFIE Primo biennio
KIO & GUS Secondo biennio
PIXIE
storie raccontate in prima persona dai protagonisB, che sono della
stessa età dei leRori offrono spunB conBnui e progressivi di riflessione e
discussione in classe
+ ampi MANUALI per l’insegnante con ESERCIZI e PIANI DI DISCUSSIONE uBlizzabili al fine di facilitare il gruppo di bambini nel percorso di ricerca
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Esempio di materiale narraBvo:
Il nome della mia bambola è Rotolina. È il nome che le ho dato. Quando è venuta da me, non aveva un nome. Quando sono venuta da papà e mamma neanche io avevo un nome. Il mio nome è Manù. Penso che il mio nome mi s[a bene. Anche il nome di Rotolina le sta bene. Ha una faccia rotonda e una testa rotonda. Non ha capelli. Mi domandavo da dove venisse la mia bambola. Un giorno l’ho chiesto a mamma e lei ha de^o: “Te l’ho comprata al negozio di gioca^oli”. “Dov’era Rotolina prima di venire al negozio di gioca^oli?” ho chiesto. “Credo che fosse alla fabbrica delle bambole” ha de^o mamma. “E prima?”. “Forse era un pensiero nella testa del fabbricante di bambole” ha de^o mamma, lentamente. Avete mai creduto di aver capito una cosa ma, dopo, avete scoperto che non l’avete capita per niente? Ecco quello che mi è successo il giorno che mamma mi ha parlato di un pensiero nella mente del fabbricante di bambole.
da “L’ospedale delle bambole” – per la Scuola dell’Infanzia
Esempio di materiale narraBvo:
da “Pixie” – per la classe quinta
Sabato pomeriggio i miei genitori dovevano andare a trovare un collega di papà. Dissero che preferivano non portare me e Miranda con loro e noi abbiamo risposto: “Bene, staremo a casa! Tanto non avevamo nessuna voglia di uscire!”. Mentre stavano andando via, mia madre ci raccomandò: “State a^ente. Adesso sarete sole in casa, perciò non dovete aprire a nessuno. Questa è una regola che non amme^e eccezioni!”. Ci dissero che sarebbero torna[ nel giro di due o tre ore, papà mi accarezzò la testa e uscirono. Subito io mi sono messa a saltare intorno al tavolo della cucina e Miranda mi ha de^o: “Che [ prende ora?”. “Siamo libere! – gridai – La casa è tu^a nostra!”. “Tu sei scema – disse Miranda – Non è cambiato proprio niente. Dovres[ sapere che nella famiglia esistono delle regole che rimangono uguali sia quando mamma e papà ci sono che quando non ci sono”. “Libere, libere, libere – con[nuavo a cantare – Libere, libere, libere! Ora tu^o è possibile!”. Miranda arricciò il naso come faceva ogni volta e disse: “Sei disgustosa!”. (…con[nua)
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Esempio di materiale narraBvo: Io con[nuai: “Adesso vado nel guardaroba della mamma e mi provo il ves[to elegante che arriva fino al pavimento”. “Ci scomparirai dentro. E forse non sarebbe una cafva idea!”. Proprio in quel momento bussarono alla porta. Senza togliere la catena domandai: “Chi è?”. Dall’altra parte sen[i Isabella che rispondeva: “Siamo noi: Isabella e Conce^a”. “Pixie – disse Miranda – hai sen[to che cosa ha de^o la mamma. Abbiamo l’ordine di non fare entrare nessuno. Le regole sono regole!”. “Ma – protestai – mamma non voleva dire di non far entrare persone conosciute!”. “Conosciamo tan[ [pi che mamma non vorrebbe che entrassero in casa”. In quel momento Isabella richiamò alla porta: “Pixie, non preoccupar[ per noi. Ci eravamo fermate solo per dir[ ciao. Ci vediamo domani!”. Non mi andava di avviare una grande lite con Miranda. Perciò mi sono infilata nel guardaroba della mamma, mi sono seduta sul pavimento in mezzo alle scarpe brontolando: “Questo è l’unico posto dove sono libera di essere me stessa!”.
da “Pixie” – per la classe quinta
Esempi di piani di discussione: (riferiB al brano di Pixie)
PIANO DI DISCUSSIONE 1 1. Che cos’è una regola? 2. Le famiglie hanno tu^e le stesse regole? 3. In famiglia tu^e le regole sono fa^e dai genitori? 4. I bambini inventano qualche volta delle regole? 5. Avete mai partecipato ad un gioco in cui avete stabilito delle regole? 6. Esistono regole che è meglio infrangere? 7. Esistono regole che vi impongono di fare cose che non siete in grado di fare? Se sì, meritate di essere puni[ se non rispe^ate tali regole? 8. In famiglia le regole rimangono uguali, anche quando i genitori sono assen[? 9. Che fine fanno le regole che nessuno rispe^a? 10.Secondo voi, ogni regola ha una buona ragione?
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PIANO DI DISCUSSIONE 2: esistono eccezioni alle regole?
1. Giovanni si è svegliato con un forte raffreddore. Deve andare a scuola?
2. Per Tonino l’ora di andare a letto è alle 10, ma alla TV c’è Harry Potter dalle 9 alle 11. Può restare in piedi fino alle 11?
3. Susanna è a dieta. Può mangiare il gelato e il dolce il giorno del suo compleanno?
4. Il signor Rossi viaggia su un’autostrada vuota. Può superare di 20 km il limite di velocità?
5. Se prendi un bel voto ad un compito copiato e nessuno se ne accorge, il voto ha valore?
6. Potete stabilire nuove regole mentre fate una partita di calcio?
Esempi di piani di discussione: (riferiB al brano di Pixie)
PIANO DI DISCUSSIONE 3
1. Perché non ci sono regole che vietano di volare nella camera da pranzo?
2. Può esserci una regola che vieta di starnutire quando uno
ha il raffreddore?
3. Sono necessarie regole per farci respirare?
4. Perché non ci sono regole che vietano di fare colazione la
mattina?
5. Abbiamo bisogno di una regola per divertirci ad una festa
di compleanno?
6. Dovrebbero esserci delle regole per la pulizia della vostra
camera?
7. Avete bisogno di regole per spendere i soldi a vostra
disposizione?
Esempi di piani di discussione: (riferiB al brano di Pixie)
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SETTING
Il seTng deve essere confortevole, rilassante, informale. Le sessioni filosofiche oRengono in genere maggiore successo se gesBte con gruppi ristreT, di 10-‐15 bambini. La disposizione ideale è con le sedie in circolo. È bene che l’insegnante si sieda con i bambini, alla stessa loro altezza (non in piedi, né su una sedia più grande). Eventualmente, se nell’aula vi fosse un grande tappeto, ci si potrebbe anche accomodare a terra (sopraRuRo nella scuola dell’infanzia). Importante la presenza di una lavagna in posizione accessibile a tuT.
lavagna
disposizione sedie
posizione insegnante
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PROPOSTA-‐STIMOLO
Gli incontri iniziano con la leRura dei racconB di Lipman. Si può anche prendere spunto dal ricco repertorio di leReratura per l’infanzia, oppure da poesie, da componimenB dei bambini stessi, da faT di aRualità, da opere piRoriche, dall’ascolto di brani musicali, dalla visione di un filmato significaBvo… Nel caso si parta da un brano narraBvo è consigliabile che la prima leRura sia svolta dall’insegnante in modo espressivo. In seguito si può chiedere ai membri della classe di rileggere il testo ad alta voce, o tuT insieme o a turno, un paragrafo ciascuno.
SCELTA DEI TEMI
L’insegnante invita la classe a dire cosa abbia trovato di piacevole ed interessante nella proposta-‐sBmolo. Qualora la risposta sia lenta o le osservazioni vaghe, si possono spronare i bambini con domande del Bpo: «Che cosa hai trovato di strano, simpaBco, poco chiaro…?». L’insegnante deve però evitare di influenzare le loro scelte. In linea di massima sono gli alunni a dover scegliere gli argomenB da traRare nel dialogo in classe.
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COMPILAZIONE AGENDA DI DISCUSSIONE
È consigliabile scrivere alla lavagna le quesBoni che gli studenB evidenziano. La visualizzazione degli argomenB alla lavagna è molto importante, in quanto consente alla discussione di rimanere fedele alle problemaBche originariamente sollevate. Si traRa di una sorta di “agenda di discussione” definita dalla comunità stessa. Le osservazioni scriRe possono essere selezionate o raggruppate secondo somiglianze o differenze, al fine di formulare quesBoni più ampie e generali. Occorre poi stabilire un ordine di discussione dei temi, che non deve essere necessariamente lo stesso ordine nel quale essi sono staB sollevaB.
DISCUSSIONE
È il momento centrale della sessione filosofica: la fase più streRamente dialogica ed argomentaBva. Occorre evitare che si ricreino le dinamiche frontali Bpiche delle normali ore di lezione, dove l’insegnante è visto come fonte di informazioni sicure. In una “comunità di ricerca” insegnante ed allievo stabiliscono un rapporto di indagine cooperaBva. Nella gesBone di un dialogo filosofico, è fondamentale la flessibilità. Se il gruppo si sofferma a lungo su una quesBone che al coordinatore pare sostanzialmente risolta, è importante non avere freRa di passare alla successiva, ma lasciare il tempo necessario perché si esaurisca all’interno della comunità. Viceversa, è bene non insistere su un problema ritenuto dall’insegnante importante, qualora si rivelasse noioso per la classe.
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USO MATERIALE STRUTTURATO
Gli esercizi possono essere d’aiuto per potenziare le abilità implicate in un determinato punto della discussione e per chiarire un conceRo sfuocato, prevenendo fraintendimenB demoBvanB per la classe. È bene, comunque, non ricorrere agli esercizi prima che si sia stabilita una qualche discussione nel gruppo, anche se breve o preliminare. Diversamente l’impiego di esercizi potrebbe somigliare molto alla normale prassi scolasBca
CONCLUSIONE
L’insegnante segnala che la sessione è terminata e chiede al gruppo di valutare il proprio grado di ascolto reciproco e la significaBvità dei temi traRaB, nonché la profondità del percorso effeRuato.
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Riassumendo:
Durata complessiva di una sessione filosofica: 1 ora circa.
ATvità introduTva
Presentazione proposta-‐sBmolo
Elaborazione agenda di discussione
Discussione
Chiusura e valutazione
5 minuB
10 minuB
10 minuB
30 minuB
5 minuB
DIFFICOLTÀ PIÙ COMUNI CON I BAMBINI NELLE ATTIVITÀ DIALOGICHE IN AULA
l’inosservanza del proprio turno di intervento (i bambini tendono a parlare tuf insieme e a voce alta);
la non perBnenza temaBca (quando un pensiero li a^anaglia, non si preoccupano nel loro intervento di riferirsi al tema della discussione, ma raccontano ciò che in quel momento sta loro par[colarmente a cuore, anche se totalmente fuori luogo);
la personalizzazione estrema (fondano i loro interven[ su esperienze, desideri o ricordi talmente personali da disperdere la discussione in rivoli secondari, anziché renderla più concreta);
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l’egocentrismo dominante (che rende intolleran[ alle cri[che e indisponibili alla ricerca comunitaria);
i giudizi assoluB (che non danno possibilità di appello ad altri pun[ di vista, basandosi su asserzioni categoriche);
DIFFICOLTÀ PIÙ COMUNI CON I BAMBINI NELLE ATTIVITÀ DIALOGICHE IN AULA
l’eccessiva generalizzazione (base fondante degli stereo[pi e del pregiudizio);
il gregarismo intelleRuale (sia nei confron[ di compagni leader, che verso l’insegnante: impedisce di pensare autonomamente).
COMPETENZE COMUNICATIVE DELL’INSEGNANTE
Senza assumere aReggiamenB troppo direTvi, l’insegnante deve cercare di aTrare l’aRenzione su chi sta parlando, lasciando, tuRavia, che il dialogo si sviluppi gradualmente in maniera autonoma: non è necessario che ogni intervento sia filtrato dall’insegnante.
Lo sviluppo delle idee degli alunni si sBmola chiedendo esempi e contro-‐esempi, mostrando contraddizioni, evidenziando conseguenze ed implicazioni. Quello che bisogna evitare è di ridurre la discussione ad un bombardamento interminabile di quesBoni, senza lasciare il tempo di esaminarne alcuna.
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COMPETENZE COMUNICATIVE DELL’INSEGNANTE
È necessario evitare che la discussione venga monopolizzata da qualcuno, (il “più bravo” della classe o semplicemente il più aggressivo); infaT non è deRo che colui che interviene sempre sia colui che ha le cose più importanB e aTnenB da dire.
L’insegnante deve indurre gli alunni ad esporre le argomentazioni migliori a sostegno delle loro tesi. Se i bambini si lasciano andare a raccontare aneddoB e faT personali, bisogna cercare di far emergere gli aspeT che risultano perBnenB all’argomento in discussione. È bene limitare, per quanto possibile, l’irrilevanza. Il fine non è quello di “far parlare” i bambini, ma di farli dialogare ragionevolmente.
COMPETENZE COMUNICATIVE DELL’INSEGNANTE
L’enfasi generale deve essere rivolta non alle risposte esaRe, che in linea di massima non esistono a priori, ma alle ragioni addoRe a giusBficazione delle risposte ed alle buone domande. È bene però astenersi dal dire esplicitamente agli allievi che non esistono risposte giuste, altrimenB si potrebbe ingenerare la convinzione che tuRo è soggeTvo e relaBvo.
L’insegnante deve astenersi dall’esprimere la propria eventuale disapprovazione per alcune affermazioni dei bambini. Se c’è qualcosa di errato nel loro ragionamento conviene porre domande ulteriori per portare a galla il vizio di fondo e renderli consapevoli di ciò. Se, invece, è una quesBone di opinioni diverse, occorre evitare di competere argomentaBvamente con gli allievi.
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OBIETTIVI
SVILUPPO DI ABILITA’ COGNITIVE COMPLESSE -‐ addurre ragioni, -‐ fare previsioni, elaborare ipotesi e soRoporle a verifica, -‐ chiedere e cercare prove, -‐ riconoscere diverse prospeTve e punB di vista, -‐ scoprire alternaBve, -‐ prendere in considerazione tuT gli elemenB significaBvi, -‐ operare disBnzioni e connessioni (parte/tuRo, mezzi/fini, causa/effeRo), -‐ ricavare inferenze da singole premesse, -‐ scoprire delle assunzioni implicite, -‐ formulare confronB, -‐ generalizzare ed usare analogie, -‐ offrire esempi e contro-‐esempi, -‐ riconoscere le contraddizioni, -‐ scoprire ragionamenB fallaci, -‐ tendere alla coerenza, -‐ sapere come regolarsi con le ambiguità, -‐ rifleRere sulle procedure di ricerca.
TRASFORMAZIONE DELLA CLASSE IN “COMUNITA’ DI RICERCA”
-‐ cosBtuire una struRura egualitaria, -‐ anteporre il procedere della ricerca a qualsiasi intervento personale, -‐ seguire un percorso aperto, orientato però ad un risultato (non necessariamente una conclusione vera e propria, ma un prodoRo parziale
e provvisorio condivisibile che comporB una condizione di cambiamento intelleRuale nel gruppo), -‐ aTvare processi di autoregolazione e autocorrezione.
SVILUPPO DI ATTEGGIAMENTI DEMPOCRATICI
-‐ superare progressivamente l’egocentrismo e collocare in prospeTva il proprio io, -‐ favorire la crescita personale nella relazione con gli altri, -‐ sviluppare coraggio intelleRuale, umiltà, tolleranza e perseveranza, -‐ rispeRare gli altri come persone ed il loro punto di vista, -‐ meRere in discussione le proprie certezze ed acceRare le criBche, -‐ apprezzare le differenze.
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SVILUPPO DI COMPETENZE COMUNICATIVE
-‐ esporre con chiarezza le proprie idee, -‐ aspeRare il proprio turno per parlare, -‐ saper dialogare con i coetanei e con gli adulB, -‐ saper argomentare, -‐ saper ascoltare gli altri con interesse ed aRenzione, -‐ comprendere i contenuB con capacità di analisi, sintesi e rielaborazione, -‐ acquisire nuovi vocaboli
Esempio di dialogo (nella scuola dell’infanzia)
Insegnante: Cos’è il cervello? ElisabeRa: È una cosa che ci fa sen[re. Davide C.: Che ci fa parlare. Marco: Serve per non farci sgonfiare la testa ... per tenere dri^a la testa! Elisa L.: Io ho la casse^a del corpo umano. Marco: ...ma, dai, can[amo... Elisa: La mia Sbrodolina ha i buchi nel cervello. Marco: Can[amo quella di Pasqua! Insegnante: (presentando una espressione facciale triste) A cosa sto pensando secondo voi? Marco: Piangendo… Stefania: Triste. (con[nua…)
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Esempio di dialogo (nella scuola dell’infanzia)
Insegnante: (cambiando espressione; mostrandosi sorridente) E ora? A cosa sto pensando? Coro: Cose belle!!! Insegnante: Come fate a saperlo… io non ho parlato! Elisa L.: Sta funzionando il nostro cervello... Marco: Dai! La can[amo quella di Pasqua. Insegnante: Quando cantate la canzone cosa usate? ElisabeRa: Il microfono! Elisa L.: …il cervello!!! Coro: Pensiamo! (i bambini cantano la canzone; l’insegnante facilitatrice ascolta ma non canta) Insegnante: Come mai voi avete cantato la canzone e io no? Forse non ho il cervello? Stefania: Non la sai! Marco: La rican[amo così la impari!
Esempio di dialogo (in una quarta elementare)
Insegnante: Allora… Il tuo nome lo sai per certo perché è stato deciso… E che la Terra gira lo sai per certo perché è stato deciso? Alessio: No, quello lo hanno trovato… scoperto! Fabio: Lo hanno visto... Insegnante: Ma gli uomini del medioevo vedevano il Sole che girava, non la Terra... anche loro lo vedevano! Alessio: Sì, ma adesso lo hanno proprio anche provato! Insegnante: Lo hanno provato e le cose non cambieranno più? Sei sicuro che un giorno qualcuno non potrà dire che non è la Terra a girare? Fabio: Sì che la Terra gira, perché gli scienzia[ lo hanno proprio conosciuto... Manuele: No, io adesso non sono neanche sicuro di sapere che la Terra gira, perché io non l’ho mai visto, non l’ho provato io... Dovrei andare su a vedere come gli astronau[... Alessio: Fida[, che sanno il fa^o suo gli scienzia[! (con[nua…)
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Esempio di dialogo (in una quarta elementare)
Insegnante: Ma a volte gli scienzia[ dicono cose che poi con il tempo si dimostrano false... Alessio: Mi sembra difficile che ci sono scienzia[ così... Insegnante: Gli scienzia[ di una volta non dicevano mica che la Terra era rotonda e che girava... Alessio: Sì, ma una volta, però! Insegnante: Sì, ma in quel periodo erano quelli che ne sapevano di più, per loro era vero. Non potrebbe essere lo stesso adesso? Alessio: Ma loro non c’erano anda[ sull’astronave a vedere che gira… Tommy: Ma la Terra che gira? Quello come fai a vederlo? Rossella: Una volta vedevano il Sole girare e non la Terra. Fabio: Io ci andrei a vedere se gira, così poi sarei sicuro! Manuele: Ma no, perché anche se loro vanno su e vedono la Terra che gira, può essere la stessa cosa del Sole per quelli di una volta e può essere che siamo noi sull’astronave che giriamo, non lei…
Esempio di dialogo (in una quinta elementare)
Emanuela: Mi sto chiedendo: cos’è il tempo? Svetlana: Le ore, i giorni, la mafna, la sera... Nicole^a: A volte noi pensiamo di sapere che cosa significa una parola, ma la stessa parola ha diversi significa[. Molte cose pensiamo di saperle e invece non le sappiamo... Stefania: Quando facciamo tante cose il tempo passa in fre^a, quando ci annoiamo non passa mai. Valen[no: Sono d’accordo. Quando gioco a Play Sta[on il tempo passa velocemente. La no^e quando sei sveglio sembra un’infinità. Enrico: Quando giochi a Play Sta[on, è come se fossi in un altro posto da dove sei. Svetlana: A scuola quando voglio andarmene, il tempo non passa. Emanuela: E se si rompono tuf gli orologi del mondo, il tempo non passa più? Valen[no: Che sfiga! (con[nua…)
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Esempio di dialogo (in una quinta elementare)
Stefania: Si capisce dal sole che ore sono. Nicole^a: Come hanno fa^o a sapere l’ora quando non c’erano gli orologi? Enrico: Me^evano un bastoncino per terra e guardavano l’ombra. Nicole^a: Sì, ma come facevano gli uomini a dire che ore erano quando nessuno aveva mai inventato le ore? Stefania: Dio ha inventato le ore! Emanuela.: Le ha inventate un inventore, non Dio! Enrico: Si può scoprire nei libri come hanno fa^o. Nei libri c’è spiegato. Nicole^a: …Ma io…vorrei sapere com’è nata l’idea. Emanuela: Forse gli an[chi erano più intelligen[ di noi: inventavano tante cose...
Classe seconda Le parole sono dentro la matema5ca o la matema5ca sta dentro le parole? Insegnante: Secondo voi le parole sono dentro la matema[ca o la matema[ca dentro le parole? Marianna: Secondo me potrebbe essere che le parole stanno dentro la matemaBca, perché la matemaBca ha costruito parole e anche numeri, perché le parole, senza la matemaBca, non stavano dentro ai numeri: stavano in giro… Greta: Per me la matemaBca sta dentro le parole. Lara: Per me le parole stanno dentro alla matemaBca, perché può darsi che ci stanno anche i numeri. Francesca: La matemaBca sta dentro alle parole, perché i numeri li puoi dire anche a voce. Erika: Per me la matemaBca sta dentro alle parole perché ci sono certe parole della matemaBca come meno, per e più. Meno, per e più mica è italiano. MaReo: Per me il per è di tuRe le lingue, perché tuRe le lingue usano il meno, il per e il più. Valerio: Uno comincia con la U. I numeri che cominciano con la U si nascondono dietro alla U. Il due, che comincia con la D, si nasconde dietro alla D.
10/04/16
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Lorenzo: La matemaBca sta dentro alle parole perché i numeri si possono scrivere a leRere. Asia: Per me un po’ tuRe e due. I numeri si possono scrivere a leRere e anche a numeri e allora se la matemaBca sta dentro all’italiano, o l’italiano sta dentro alla matemaBca, è uguale: solo si fa l’inverso. Simone: Per esempio io ho quaRro scriRo e ho 4 scriRo al numero: è sempre lo stesso. Marianna: Senza che le parole stavano dentro ai numeri, i numeri non esistevano: stavano in giro per l’aria… Con le parole invece la voce nostra può dire i numeri. Lara: Per me se non c’era la matemaBca i numeri non esistevano. Lorenzo: Se non c’era la matemaBca, niente esisteva. Non potevi contare… Irene: Se non esisteva la matemaBca non esistevamo nemmeno noi, perché la mamma non sapeva quando dovevamo nascere. Lara: Se non c’era la matemaBca non esistevamo nemmeno noi, perché noi abbiamo gli anni. Francesca: Non potevamo sapere niente. Lorenzo: Nemmeno quanB giochi hai. Fabio: Io non ho mai contato i giochi… Asia: Non c’era nemmeno il divano, perché per farlo bisogna prendere le misure. MaTa: In verità, se non esisteva la matemaBca non esisteva nemmeno il mondo, perché Dio ha faRo il mondo però lo ha misurato per farlo grande grande abbastanza perché noi tuT ci sBamo.