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Matteo buccoli abitare la crisi1

Date post: 22-Feb-2016
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ABITARE LA CRISI MATTEO BUCCOLI Analisi delle nuove tendenze abitative in relazione alla situazione di crisi globale del xx secolo SUSTANIBLE HAPPINESS VERSION
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ABITARE LA CRISI

MATTEO BUCCOLI

Analisi delle nuove tendenze abitative in relazione alla situazione di crisi globale del xx secolo

SUSTAnIBLE HAppInESS VErSIOn

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UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI CAGLIARI

FACOLTÁ DI INGEGNERIA

Corso di Laurea in Ingegneria Edile

ABITARE LA CRISI

Analisi delle nuove tendenze abitative in relazione alla situazione di crisi globale del xx secolo

Tesi di Laurea di:Matteo Buccoli

Relatore:Prof.ssa Cesarina Siddi

Controrelatore:Prof.Gianraffaele Loddo

Anno Accademico 2008/2009

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INDICE TESTUALE

LA CRISI GLOBALE E L’ARCHITETTURA

La crisi economica ed ecologica come stimolo per lo sviluppo di nuove architetture

Contesto sociale e nascita di una coscienza collettiva

Dati sui consumi energetici mondiali

Dati sui consumi medi di un edificio

In che modo un progettista può dare il suo contributo?

CULTURA DELL’ILLEGALE

Cultura dell’illegale

DIY: strumento anticrisi del costruire

Recetas Urbanas: architettura pirata

STILI ABITATIVI

SQUAT

SQUAT: approcci legislativi

Neonomadismo

Homeless

Co-housing

Il caso Savorengo Ker

Influenze bilaterali tra arte e architettura

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INDICE ICONOGRAFICO

James&Mau | infinisky | 2010

Mario Cucinella | Casa 100K | 2009

Darmstadt University | Solar House | Decathlon | 2007

Far Architects | Wall House | 2009

A. Claus, G.Pils | Pallet House | 2008

Sustain Design Studio | TRIO | 2010

R. Maoul, S. Maoul | Landscape House | 2006

Rice University | ZeroW House | 2007

Santiago Cirugeda | Illegal Housing | 2000

Stefan Eberstadt | Rucksack House | 2009

Santiago Cirugeda | Casa Rompicabeza | 2007

Oliver Bishop | English Skip | 2009

Santiago Cirugeda | Roof Housing | 2008

Santiago Cirugeda | Casa Insetto | 2001

Tham & Videgard Hansson arkitekt | Harad Tree Hotel | 2009

Studio Asslinger | Fincube | 2009

Pieta Linda Auttila | Wood Wisa Hotel | 2009

Hangar Design Group | Joshua Three | 2009

Sean Godsell | Bench Park | 2002

Electroland |Senza potersi nascondere | 2005

Lambert Kamps | Giostra trasportatrice | 2002

Balestra Berlin, Modular Beat | Kubik bar | 2006

Kevin Cyr | Camper Bike | 2008

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INDICE TESTUALE

ARCHITETTURA D’EMERGENZA

ARCHITETTURA DEI CONTAINER

intro

Perché il container?

1 modulo, infinte soluzioni

Caratteristiche

Il container come soluzione ai problemi moderni dell’abitare

Sviluppo

Soluzione Universale

Bibliografia

Sitografia

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INDICE ICONOGRAFICOCOHOUSING

Quayside Village

Swan’s Market

Cotati

Silver Spring

Emeryville

Hamilton Hill

Gemeenschappelijk wonen project

Older women’s CoHo

Ibsgaarden cohousing project

Architettura d’emergenza

Shigeru Ban | Emergency House | 1995

Sean Godsell | Future Shack | 1987

Liu Jaikum | Rebirth Brick | 2003

Studio Orta | Tenda Rifugio | 2005

Studio Graft | Pink Tend

Tradizione Iraqena | Casa Kahlili

I-beam New York | Pallet House

Hoenes | Can House

Alfred Heineken | WoBo

Architettura dei container

Robert Humble and Joel Egan | C320 STUDIO | 2006

P. Stankey, S. Stankey | Stankey Cabin | 2007

Keith Dewey | Zigloo | 2005

Atelier Workshop | Port a Bach | 2007

Bark Studio | All terrain Cabin | 2008

Bark Studio | Ecopod | 2009

Upcycle living | Container House | 2009

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Per affrontare questo argomento, e cioè analizzare le

cause e le conseguenze di quelli che sono stati gli atteg-

giamenti e le attitudini di una società consumistica che

hanno portato ad una situazione di crisi globale, bisogna

partire dal semplice presupposto che la terra, e di conse-

guenza l’essere umano, vive secondo principi di equili-

brio molto delicati che se rispettati consentono una cor-

retta esistenza priva delle conseguenze spiacevoli che si

trovano ora nella sezione “problemi urgenti da risolve-

re” delle scrivanie di molti esperti di settore, nel nostro

caso l’architettura e l’ingegneria, e che in attesa di solu-

zione bussano ed entrano prepotentemente nelle nostre

vite facendoci capire che i nostri stili di vita, abitativi o

consumistici che siano, necessitano di qualche modifica.

Analizzando in particolare il ‘900, possiamo nota-

re quanto rapidamente l’uomo si sia evoluto in tutti i

suoi campi come prima mai era avvenuto nella storia

dell’umanità; questo sviluppo velocissimo ha in ma-

niera più o meno consapevole spezzato l’equilibrio

che teneva in armonia il globo in tutte le sue infinte

sfaccettature alterando i cicli che davano il tempo alle

risorse naturali limitate, ossia non fossili, di rigene-

rarsi. Con gli attuali ritmi di consumo di carburanti

fossili l’uomo moderno, consuma in maniera poco

lungimirante ciò che la Terra gli dà a disposizione.

Lo sviluppo economico globale e la nascita del libe-

ro mercato possono essere visti forse come alcune

delle cause scatenanti della crisi globale che stiamo

vivendo in questa nostra epoca, in cui il guadagno

facile è il vero propulsore e “credo” religioso che

l’uomo prende in considerazione. Questo sviluppo

economico, decisamente complesso, ha plasmato il

nostro modo di vivere basando lo sviluppo industria-

le su una politica tecnologico–energetica che ha in-

fluenzato in maniera significativa il nostro modo di

crescere, di muoverci, di lavorare, e, cosa che ci in-

teressa particolarmente in questa tesi, DI ABITARE.

Petrolio e cemento sono tra i principali protagoni-

sti della crisi che stiamo vivendo e che in questo

lavoro cercano di essere sostituiti da valide alterna-

tive. Questi due materiali figli orgogliosi del ‘900,

e, scusate il gioco di parole, carburante e struttura

di quella che è l’economia che tanto ci preoccupa

quando andiamo a leggere i giornali e le notizie su

internet sono i protagonisti indiscussi L’uomo ne ha

abusato tanto, ha costruito intere città di cemento

ultrafuturistiche (così ci hanno fatto credere) le ha

riempite di automobili e di impianti di riscaldamen-

to dagli altissimi consumi, e ci ha vissuto orgo-

La crisi economica ed ecologica come stimolo per lo sviluppo di nuove architetture

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Costruita a Curacavi (Cile) Per un totale di 79.000€, questa modesta casa è composta da due container da 40’ e da due container da 20’. L’uso di pallet sull’esterno della casa oltre a migliorare l’estetica creando una piacevole texture acquisisce funzione di schermo solare permettendo un raffresca-mento naturale degli ambienti. Oltre a delle vetrate che separano gli ambienti sono presenti dei pan-nelli pieghevoli che all’occorren-za diventano pergolati a servizio della veranda. Il riscaldamento è affidato all’energia geotermica.

James&Mau

Infinisky

2010

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giore concretizzazione di idee che perdono quell’uto-

picità che spesso ha caratterizzato i progetti legati

all’ultima metà del secolo passato, che in molti casi

percepiva l’abitante astratto dal suo contesto sociale e

gli dava soluzioni dai costi bassi ma dall’improbabile

qualità abitativa. (vedi il quartiere ZEN di V.Gregotti)

I progetti contemporanei si rapportano con le necessità

strettamente reali che la nostra società presenta sotto

le sue più svariate forme, si propongono piani di rias-

setto degli slum, si analizza il fenomeno neonomade

e si propongono soluzioni per chi da nomade ritorna

ad essere attaccato ad un luogo, si affronta il problema

dell’abusivismo edilizio dovuto alla mancanza di risor-

se territoriali ed economiche e si propongono soluzioni

per chi un tetto non l’ha mai avuto. Abitare oggi ha tanti

significati: rapportarsi ad un luogo al quale non siamo

più sicuri di appartenere, andare alla ricerca di uno spa-

zio che ci faccia sentire al sicuro, o sentirsi a casa in

spazi che generalmente non vengono definiti come tali.

Il rapporto Crisi-abitare risulta quindi uno dei fattori

che un progettista deve analizzare a fondo per riuscire

a creare architetture (e non architetture) che riescano

a integrarsi perfettamente sia con quello che è l’am-

biente circostante che quelli che sono i grossi cam-

biamenti attitudinali dell’abitare che quest’evoluzione

ha comportato. Gli stili abitativi si diventano diretta

conseguenza degli stili di vita, i ritmi sempre più ve-

loci e caratterizzati da una diminuzione delle distanze

glioso senza porsi il dubbio, e spesso senza informarsi,

che questo stile di abitare potesse essere dannoso per

il nostro ecosistema. Ed è stato dannoso sul serio, sia

per i nostri portafogli che per l’ambiente che abitiamo:

il secolo scorso ha peccato di poca lungimiranza, non

ha guardato al futuro dei suoi nipoti e ha consumato

tutto quello che poteva consumare creando quella che

oggi viviamo con i termini di crisi economica, crisi

ecologica, crisi energetica, crisi abitativa. In questa tesi

verranno presentati progetti che propongono soluzioni

architettoniche agli svariati problemi che queste crisi

hanno portato, considerando argomento di discussio-

ne principale la modifica del concetto di abitare, por-

tando quindi a nuove problematiche architettoniche

di non facile approccio. Ogni soluzione proposta avrà

un denominatore comune basato sull’innovazione tec-

nologica di stampo ambientalista, si parlerà quindi di

progetti ecosostenibili, riciclo e riutilizzo dei materiali,

sfruttamento di energie rinnovabili, cercando soluzioni

concrete a quei problemi che nascono nel momento in

cui si un progetto. Il lavoro del progettista oggi è ba-

sato su una parola che si chiama sostenibilità, intesa

come la capacità di sfruttare le risorse esistenti senza

compromettere il futuro delle prossime generazioni..

Numerose sono le soluzioni proposte dai vari proget-

tisti internazionali, i quali affrontano sfide edilizie con

crescente sensibilità nei confronti dell’abitante che

sarà occupato dalle loro creazioni; si crea una mag-

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Una realizzazione capace di resti-tuire il senso di piacere dell’abi-tazione e ripagare il costo dell’in-vestimento con l’energia che è in grado di autoprodurre. La ricerca è finalizzata alla realizzazione di una casa da 100 mq a Zero emis-sioni di CO2, grazie all’impian-tistica fotovoltaica integrata ar-chitettonicamente, all’utilizzo di superfici captanti energia solare per i mesi invernali, circolazione interna dell’aria per quelli estivi, e a tutte le strategie passive adot-tabili per rendere l’edificio una macchina bioclimatica. Il conte-nimento dei costi di realizzazione è invece affidato all’impiego di prefabbricazione leggera e flessi-bile: elementi strutturali, apparati tecnici, attrezzature mobili come pareti/pannelli scorrevoli-smon-tabili-curvabili per la divisione interna degli alloggi; sistemi di chiusura o tamponamenti mono-blocco fatti di componenti sosti-tuibili che possano diversificare

Mario Cucinella

Casa 100K

2009

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formarsi di una società basata su tale modello consumi-

stico è sicuramente la relazione che si basa sul concetto

che l’uomo contemporaneo ha di benessere. Quest’idea,

nata con la rivoluzione industriale, si presenta come un

articolato insieme di visioni, aspettative, criteri di giu-

dizio in continuo adattamento, ma con un persistente

tratto comune: quello di collegare il benessere atteso e

percepito alla disponibilità di una crescente quantità di

prodotti. Oggi sappiamo che quest’idea porta ad un con-

sumo di risorse intrinsecamente insostenibile: pertanto,

dati i limiti del pianeta e l’ormai abitudine allo stile di

vita dagli standard sempre più elevati, si potrebbe pro-

porre un cambiamento che propone il passaggio dalla

produzione di beni alla produzione di servizi, permetten-

do così un controllo mirato della produzione industriale

per evitare saturazioni di mercato e conseguenti giacen-

ze di materiali, e consentendo uno sviluppo economico

adeguato e coerente con i principi della sostenibilità.

Il concetto “famiglia”è poi un altro importante fatto-

re che ha stravolto la concezione odierna dell’atto di

abitare: se prima i progettisti dovevano confrontarsi

con i bisogni domestici di una classica famiglia nucle-

are, ossia genitori e due figli, ora ci si ritrova davanti

ad una varietà di richiesta dovuta a quei cambiamen-

ti sociali che hanno portato ad una ripartizione della

popolazione in una varietà non sempre prevedibile

di situazioni abitative: single, coppie senza figli, fa-

miglie nucleari, collettive giovanili e senili, co-hou-

territoriali dovuta a una maggiore rapidità logistica in

cui il concetto di spazio muta radicalmente. Abitare

oggi significa riuscire a trovare un ambiente domesti-

co confortevole nel quale ci si senta a proprio agio, si

avverta senso di protezione, si trovi la dimensione giu-

sta nella quale si possa vivere serenamente. L’obiettivo

del progettista non si limita nel creare un sistema abi-

tativo che rispetti le necessità umane, ma consiste nel

creare un sistema abitativo che sia rispettoso dell’am-

biente. ma anche del sistema economico che lo genera.

Il contesto crisi diventa quindi una nuova sfida che porta

il problema ecologico/economico a diventare soluzione

stessa del problema : viene modificata la morfologia

edilizia: vengono utilizzati materiali riciclabili, si cer-

ca di utilizzare risorse locali, vengono varate leggi che

impongono l’utilizzo di fonti di energia sostenibile. La

progettazione sostenibile che dovrà tener presente un

continuo aumento dell’urbanizzazione imposto dalla ri-

levante crescita demografica e soprattutto dovrà rispet-

tare i cicli naturali imposti dal pianeta tramite una mo-

difica dell’approccio consumistico che propone un’idea

di benessere basata sulla quantità e non sulla qualità del

consumo; dovrà riassettare il mercato con una rivolu-

zione che presuppone una produzione non di beni di

consumo ma di servizi offerti ai cittadini, curando le

infrastrutture e basandole su un utilizzo democratico sia

dal punto di vista della fruizione stessa che dal punto

di vista energetico. Uno dei motivi che ha portato al

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l’aspetto esterno, ma anche ga-rantire un’estensione di quello in-terno (balconi, terrazzini, logge, eccetera). Il tutto inserito in un framework che costituisca l’os-satura base non invasiva di uno schema aggregativo di abitazioni monofamiliari. Si arriva così al risultato di una casa componibile che consente di liberare progetti, aspirazioni e stili abitativi diversi.

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sing, neonomadismo, workaholic, squatters, slum.

Ecco quindi che si delineano una molteplici-

tà di situazioni che sottolineano quelle che sono

le conseguene architettoniche del rapporto abi-

tare-crisi che vengono trattate in questo lavoro.

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Il team di lavoro ha voluto ri-durre le energie senza diminuire il comfort creando un sistema energetico rigenerativo. I futuri proprietari non solo risparmie-ranno sul gasolio necessario per il riscaldamento ma eviteranno di aumentare il riscaldamento globale e l’inquinamento, po-tranno inoltre guadagnare soldi dalla vendita di energia prodotta in eccesso e non consumata dalla struttura. Il concept design è stato basato su due elementi principali: 1) la stratificazione: come in una cipolla ci sono due strati princi-pali attorno ad un nucleo, il più esterno provvede all’ombreggia-tura, alla protezione dalle intem-perie e alla generazione di ener-gia tramite pannelli fotovoltaici, lo strato interno provvede invece all’isolamento. 2) piattaforma : la casa poggia su un doppio piano elevato, che contribuisce ad un maggior isolamento ed ospita la zona impianti.

Darmstadt University

Solar HouseDecathlon

2007

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la commissione per lo sviluppo e per l’ambiente

(World Commission on Environment and Develop-

ment) istituita su iniziativa di Giappone e Svezia

che creò tramite il rapporto Brundtland il volume

intitolato “Our common future” dimostrando cre-

scente interesse nell’argomento ma producendo

poche concretizzazioni dal punto di vista attuativo.

Il primo passo significativo dal punto di vista di re-

alizzazione concreta di provvedimenti ambientali si

ebbe con la Conferenza di Toronto nel 1988 durante

la quale vennero proposti una riduzione di CO2 del

20% e un miglioramento dell’efficienza energetica

del 10% entro il 2005.

La più nota conferenza internazionale sui temi am-

bientali è probabilmente quella svoltasi a Rio de Ja-

neiro nel 1992, il nome della conferenza fu UNCED

(United Nations Conference on Environmental and

Development) durante la quale venne redatta la di-

chiarazione di Rio, composta da 27 principi relativi

all’integrazione fra sviluppo e ambiente, l’obiettivo

principale fu quello di giungere alla firma di una

Carta della Terra, documento che chiarisse diritti e

doveri di ogni stato rispetto ai temi dell’ambiente

tentando timidamente di porre sanzioni nel caso le

nazioni che avessero firmato il trattato non si fosse-

ro attenuti ai limiti imposti, tentativo che sfumò nel

momento in cui nessuno stato firmò il trattato.

Tra tutti i trattati e le conferenze finora citate quello

più attuale è sicuramente quello che riguarda il Pro-

Ad oggi sono stati firmati più di 200 trattati relativi

all’ambiente e i primi risalgono alla metà del secolo

scorso, la prima importante conferenza cha ha trattato

temi relativi allo sviluppo sostenibile è la Conferenza

delle Nazioni Unite sull’ambiente umano tenutasi a

Stoccolma nel 1972, i risultati ottenuti in questa con-

ferenza risultano essere importanti perché rappresen-

tano l’inizio di un’ecodiplomazia sui temi di sviluppo

umano, fra i principali obiettivi raggiunti va segnalata

la nascita dell’ Unep (United Nations environmental

programme) organo che cominciò a monitorare e a cata-

logare l’attività industriale umana attivando in parallelo

programmi di ricerca ambientale. Nel 1979 venne tenu-

ta la Conferenza di Ginevra durante la quale la consa-

pevolezza governativa sui temi ambientali era cresciuta

enormemente rispetto a Stoccolma, il principale risul-

tato di tale conferenza fu la nascita di un programma

specifico sul clima (World Climate Programme) e l’ap-

provazione di un primo protocollo sull’inquinamento

atmosferico transnazionale, firmato dai paesi europei

e dagli Stati Uniti; quattro anni dopo, nel 1983, nasce

Contesto sociale e nasci-ta di una coscienza col-lettiva

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Il progetto si allontana comple-tamente dalla diffusa equiva-lenza casa = scatola protettiva e i suoi progettisti sembrano non avvertire quella paura precon-cetta di sperimentare in essa ma-teriali e forme non pienamente metabolizzati dal tempo e dalle abitudini. Una rete di polietile-ne e un tessuto di poliestere in-trecciato con nastri di alluminio, una scocca continua di lastre di policarbonato alveolare interrotta da grandi vetrate scorrevoli, una serie di chiusure verticali e pia-stre orizzontali di compensato di legno, tavolati per casseforme e travi di legno lamellare e, infine, un piccolo e unico nucleo di cal-cestruzzo armato: questi sono gli elementi costruttivi messi in gio-co che evocano in maniera con-temporanea il sistema costruttivo della tenda.

Far Architects

Wall House

2009

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strializzazione.

Queste politiche di contenimento delle emissioni di

gas serra e dei consumi energetici per quanto pos-

sano essere conseguenza di una presa di coscienza

della drammaticità della situazione ecologica che

stiamo vivendo, ha sollevato diverse discussioni

sulla loro reale applicazione che gruppi come Gre-

enpeace non hanno esitato a mettere in evidenza

tramite plateali dimostranze.

Si trova però un reale riscontro almeno per quanto

riguarda la progettazione edilizia e civile: la Comu-

nità Europea ha infatti emanato tutte le direttive che

regolano il contenimento dei consumi energetici e

che l’Italia tra il 2005 e il 2009 con dei decreti at-

tuativi che promuovono la qualità edilizia e l’utiliz-

zo di fonti di energia rinnovabile.

tocollo di Kyoto, il trattato prevede l’obbligo in capo

ai paesi industrializzati di operare una riduzione delle

emissioni di elementi inquinanti (biossido di carbonio

ed altri cinque gas serra, ovvero metano, ossido di dia-

zoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoruro

di zolfo) in una misura non inferiore al 5% rispetto alle

emissioni registrate nel 1990 — considerato come anno

base — nel periodo 2008-2012. Perché il trattato potes-

se entrare in vigore, si richiedeva che fosse ratificato da

non meno di 55 nazioni firmatarie e che le nazioni che

lo avessero ratificato producessero almeno il 55% del-

le emissioni inquinanti; quest’ultima condizione è stata

raggiunta solo nel novembre del 2004, quando anche la

Russia ha perfezionato la sua adesione. Tra i paesi non

aderenti figurano gli USA, cioè i responsabili del 36,2%

del totale delle emissioni (annuncio del marzo 2001). In

principio, il presidente Bill Clinton aveva firmato il Pro-

tocollo durante gli ultimi mesi del suo mandato, ma Ge-

orge W. Bush, poco tempo dopo il suo insediamento alla

Casa Bianca, ritirò l’adesione inizialmente sottoscritta.

Tutti questi trattati dimostrano sicuramente un impegno

e una presa di coscienza in continuo aumento da parte

delle istituzioni politiche internazionali, dovute soprat-

tutto alla costante sensibilizzazione da parte della Com-

missione Intergovernativa sul Cambiamento Climatico

(IPCC) che costantemente aggiorna i dati e propone

tramite modelli matematici quali possono essere le con-

seguenza future associate alla costante e crescente indu-

Page 20: Matteo buccoli abitare la crisi1

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Interamente costruita tramite l’utilizzo dei Pallet questa am-biziosa architettura cerca di otte-nere la massima efficenza con il minimo costo- si parla di 10000€ per una casa di 60 mq - . La strut-tura prevede due layer di pallet per pareti esterne e solai ade-guatamente rinforzate e isolate tramite l’utilizzo di schiume po-limeriche, le aperture sono pre-senti sui due lati corti dell’unico parallelepipedo che compone l’edificio tramite vetrate scorre-voli, le pareti divisorie, anch’esse realizzate in pallet sono ridotte al minimo indispensabile . L’acqua piovana viene incanalata tramite un sistema di raccolta per essere riutilizzato nei servizi igienici e l’elettricità viene fornita da pan-nelli fotovoltaici sistemati sulla copertura. Quest’architettura è un perfetto esempio di come ci si possa continuamente reinventare sfruttando materiali non conven-zionali.

A. Claus, G.Pils

Pallet House

2008

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sumato circa il 30% dei giacimenti naturali aumen-

tando le emissioni di anidride del 35%, quantità che

in condizioni normali (ossia in condizioni di verde

in assenza di disboscamento e in assenza totale di

emissioni di origine umana) la Terra riassorbirebbe

in 200 anni. Ovviamente i consumi sono destinati

ad aumentare, considerando che attualmente i paesi

in via di sviluppo come India e Cina aumenteranno

le proprie tecnologie e quindi il consumo energeti-

co procapite contribuendo ad accelerare le emissio-

ni di gas serra dello 0,6% annuo.

Partiamo da un dato che dovrebbe far ragionare il lettore

sulle potenzialità delle energie rinnovabili e per avere

un’idea sulle dimensioni del problema: il calore e la

luce che la Terra riceve dal Sole sono pari a circa 15.000

volte l’energia che l’uomo produce commercialmente

utilizzando il petrolio e altre fonti di energia fossile.

L’effetto serra è un fenomeno cruciale per la nostra vita,

se non ci fosse la temperatura dell’atmosfera sarebbe di

-18 ° , l’anidride carbonica, il vapore acqueo,il metano,

e altri gas serra assorbono le radiazioni infrarosse ri-

flesse dalla superficie terrestre e le riflettono su di essa,

una specie di climatizzatore di serie che da 650.000

anni mantiene il valore dell’anidride carbonica (CO2)

pari a 280 pmv (parti per milione in volume). Tutti sap-

piamo che la CO2 è stata tenuta a bada dagli oceani

e dalle piante tramite la fotosintesi clorofilliana, piante

che dopo la morte si stratificano e creano in condizio-

ni chimico fisiche ideali i giacimenti fossili di energia

(carbone, metano), seguendo quindi cicli di vita naturali

dalle risorse abbondanti ma limitate. In 150 anni, ossia

dall’inizio della rivoluzione industriale, l’uomo ha con-

Dati sui consumi energe-tici mondiali

Page 22: Matteo buccoli abitare la crisi1

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TRIO è un’architettura prefab-bricata modulare disegnata per avere una ventilazione passiva e raffrescamento estivo tramite finsestre sui lati Est e Ovest così come la facciata finestrata a Sud cerca di mantenere caldo l’am-biente in inverno. La casa è prov-vista anche di un sistema di ri-scaldmaneto delle acque privo di cisterna, sistema illuminotecnico ad alta efficenza e un integrato sistema HVAC che riduce l’ener-gia laddove possibile. Realizzata con legno certificato FSC e fini-ture prive di Formaldeide. Que-sto sistema edilizio a bassissimo impatto ambientale è provvisto anche all’occorrenza di alloggi per installare facilmente pannelli solari e sistema di minieolico per permettere una edificazione fuori dalle reti energetiche, rendendola totalmente autosufficiente.

Sustain Design Studio

TRIO

2010

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in interni civili. Quindi, sul 100% di energia finale

consumato in casa, soltanto il 2% serve all’illumi-

nazione, il 5% per cucinare e per gli elettrodomesti-

ci, mentre il 15% per il rifornimento di acqua calda

e il 78% per il riscaldamento, se poi si ha un im-

pianto di rinfrescamento/condizionamento estivo si

deve aggiungere un buon 25% in più di consumi

energetici . Attualmente in Italia il fabbisogno ener-

getico negli edifici complessivo è quantificabile

mediamente in 300 kWh/m² anno, come già detto

buona parte di questa energia è termica (riscalda-

mento locali e acqua calda) per cui buona parte è

persa come dispersioni termiche verso l’ambiente.

Per capire la situazione italiana basta confrontare i

consumi energetici degli edifici in Italia, Svezia e

Germania. In Svezia lo standard per l’isolamento

termico degli edifici non autorizza perdite di calo-

re superiori a 60 kWh al metro quadro all’anno. In

Germania le perdite sono mediamente di 200 kWh

al metro quadro all’anno. In Italia si raggiungono

punte di 500 kWh/m2/anno! Se l’Italia si allineas-

se agli standard svedesi il riscaldamento degli am-

bienti nel nostro paese scenderebbe dal 30% al 4%

degli attuali consumi energetici. Se ci limitassimo

agli standard tedeschi si ridurrebbe a circa il 12%.

Da notare che la Germania e ancor più la Svezia

sono molto più a Nord, con temperature inverna-

li più basse quindi con una situazione ancor più

difficile da gestire dal punto di vista progettuale.

I dati relativi ai consumi energetici nel settore dell’edi-

lizia sono piuttosto allarmanti, infatti il 40% della do-

manda energetica dell’Unione Europea è rappresentato

dal settore edile e in Italia la percentuale sale al 45%,

con un incremento annuo dei consumi del 2%. Se con-

sideriamo poi che i cittadini dell’unione europea tra-

scorrono il 90% della loro vita all’interno di un edificio,

cercare di migliorare le prestazioni energetiche ed il

comfort di abitazioni e uffici dovrebbe essere la nuo-

va priorità del settore. Il 31% dell’energia elettrica e il

44% dell’energia termica (combustibili) vengono utiliz-

zati in ambito residenziale, in uffici e aree commerciali.

Buona parte di queste fonti energetiche sono destinate

alla climatizzazione dei locali (riscaldamento inverna-

le e rinfrescamento estivo). Altra voce importante di

spesa energetica è rappresentata dagli elettrodomestici

ed apparati elettrici ed elettronici come tv radio, com-

puter ecc. Anche i frigoriferi hanno una considerevole

necessità di energia mentre l’illuminazione rappresenta

una piccola quota dei consumi totali (circa il 2%) ma

non irrilevante, in quanto rappresenta comunque il 15%

dei costi dell’energia elettrica mediamente consumata

Dati sui consumi medi di un edificio

Page 24: Matteo buccoli abitare la crisi1

17

Pensata per avere il minor im-patto ambientale questo gioiello d’architettura prefabbricata sfrut-ta al massimo tutte le tecnologie sostenibili: è dotata di un sistema di louvre che tramite uno studio delle inclinazioni controlla sia l’illuminazione degli interni che il riscaldamento solare passivo. Sulla copertura sono installati collettori fotovoltaici ad alta effi-cienza per il fabbisogno energeti-co. La caratteristica maggiore di questo progetto è l’attenzione ri-volta al sistema di raccolta acque studiato per ridurre al minimo i consumi e gli sprechi: la cucina e il bagno sono equipaggiati con rubinetteria a basso flusso, le toi-lette utilizzano la tecnologia a secco. Le acque piovane raccolte vengono convogliate sotto il tetto e vengono riscaldate da pannelli solari che sfruttano il calore oltre che per i servizi igienici anche per il riscaldamento invernale. E’ inoltre provvista di un depuratore per l’acqua potabile.

R. Maoul, S. Maoul

Landscape House

2006

Page 25: Matteo buccoli abitare la crisi1

18

In che modo un proget-tista può dare il suo con-tributo?

energia e schermando la casa dall’irraggiamento

solare, corpi scala e cavedi studiati per migliorare

la ventilazione naturale e il raffrescamento passi-

vo dell’edificio (ovvero senza utilizzo di climatiz-

zatori), isolamenti in fibra naturale studiati in base

all’esposizione al freddo, tetti giardino, sistemi tec-

nologici di climatizzazione ad altissima efficienza

che abbattono contemporaneamente costi ed emis-

sioni di Co2. Il contributo che può dare un proget-

tista oggi è decisamente incisivo e può portare ad

altissimi risultati.

La difficoltà che incontra la progettazione sosteni-

bile ha diverse cause: costruire un sistema edilizio

dotato di tale tecnologia alza sensibilmente i costi

iniziali (costi che vengono ammortizzati nel giro

di 15 anni di vita dell’edificio), disinformazione di

massa, politiche energetiche che non favoriscono

le energie rinnovabili, scarsa preparazione tecnica

delle imprese costruttrici fanno il resto.

Tra i doveri di un progettista deve esserci anche la

volontà di promuovere la sostenibilità anche attra-

verso campagne di informazione sociale che faccia-

no comprendere al committente l’importanza che

tale approccio ha sia nei confronti dei costi (argo-

mento maggiromente ascoltato durante le riunioni)

che in quelli dell’ecologia mondiale.(il committen-

te sta ancora pensando al costo).

Fisica tecnica. MOLTISSIMA fisica tecnica. La pro-

gettazione sostenibile di strutture civili e archiettoniche

contemporanee riesce ad esprimersi appieno quando la

composizione formale dell’edificio si sposa con i prin-

cipi fisici che caratterizzano lo stato dei luoghi. La stan-

dardizzazione del progetto edilizio dei decenni scorsi ha

portato ad un annullamento delle considerazioni preli-

minari che hanno caratterizzato da sempre il processo

progettuale compromettendone la qualità costruttiva.

Attualmente un progetto degno di un’etichetta sostenibi-

le basa la sua qualità su un’attenta analisi della situazio-

ne climatica in cui dovrà sorgere l’opera, quest’analisi

prende in considerazione illuminazione naturale, espo-

sizione all’irraggiamento solare, ai venti, temperature

medie, umidità, tipologia del terreno; distanza dagli altri

edifici; queste caratteristiche assai variabili da regione

vengono studiate per ottenere un prodotto edilizio che

permetta di ridurre le dispersioni termiche e i consumi

energetici a livelli fino a pochi anni or sono pura fan-

tascienza: case esposte a Sud dotate di pannelli foto-

voltaici che seguono il movimento del sole producendo

Page 26: Matteo buccoli abitare la crisi1

19

Disegnata per essere integrata in un quartiere nella città di Hou-ston che ospita famiglie disagiate quest’abitazione ha una carat-teristica che la rende del tutto esclusiva: produce quattro volte l’energia che serve per soddisfa-re le esigenze di una famiglia. La tecnologia che la contrad-distingue è una combinazione di pannelli fotovoltaici ad alta efficenza e una scelta accurata dell’impianto illuminotecnico: all’esterno viene usata la tecno-logia Galvalume che si contrad-distingue per oltre che per i bas-sissimi consumi anche per una manutenzione necessaria prati-camente nulla; all’interno regna la tecnologia LED, che sommata in potenza alle lampade esterne non raggiunge i 200W. Sono stati utilizzati materiali totalmente ri-ciclati e ad alta riciclabilità come il pavimento interamento realiz-zato in bamboo e sono preseni delle piante che favoriscono il raffrescamento passivo.

Rice University

ZeroW House

2007

Page 27: Matteo buccoli abitare la crisi1

20

dovrebbe essere un diritto universale: un tetto sotto

cui vivere. In questo drammatico scenario ci sono

stati governi e associazioni che hanno affrontato

il problema in maniera diretta studiando soluzioni

lungimiranti che permettano non solo al problema

di sparire ma che ne eviti anche il riformarsi.

L’illegalità abitativa non coinvolge però solamen-

te chi un tetto non ce l’ha, ma ingloba anche tut-

ti quelli che si ritrovano in condizioni precarie e

ampliano i propri nuclei abitativi venendo meno

alle leggi urbanistiche. Le conseguenze di questi

abusi edilizi possono avere conseguenze dirette e

indirette di gravità diversamente rilevanti sul con-

testo circostante sia dal punto di vista sociale che

territoriale, si pensi ad esempio i danni indiretti di

costruzioni abusive in località a rischio di alluvio-

ne, le condizioni igienico sanitarie e la potenzialità

dello sviluppo di malattie presente nelle baraccopo-

li costruite in metropoli come San Paolo e Bombay,

ai danni ambientali dei cosiddetti ecomostri frutto

di speculazioni edilizie. Questi esempi dimostrano

come anche nell’ambito dell’edilizia l’illegalità di-

viene causa e conseguenza di una crisi di carattere

globale che necessita di un rapido intervento da

parte non solo dei progettisti, ma da parte di tutte la

popolazione coinvolta o no in questo fenomeno.

Cultura dell’illegale

Se per una parte della popolazione mondiale la paro-

la illegale porta subito ad un pensiero negativo legato

ad un crimine di qualsiasi genere, nel campo architet-

tonico questa viene legata all’abusivismo edilizio, per

una sempre maggiore parte di popolazione l’illegalità

architettonica costituisce l’unica speranza di poter dare

un riparo alla propria persona e alla propria famiglia.

Illegalità abitativa si traduce in diversi modi che vengo-

no accomunati dall’atto di occupare un territorio senza

autorizzazioni, si parla quindi dei complessi di baracche

che si creano attorno alle metropoli, o dall’occupazione

di abitazioni esistenti generalmente disabitate, in que-

sto caso ci si imbatte nel fenomeno dello squatting, in

altri casi si parla di abusivismo edilizio; questi sono al-

cuni dei risultati di una crisi globale che costringe in

maniera decisamente poco democratica una persona ad

entrare nell’illegalità abitativa. Questi fenomeni appena

descritti non solo rappresentano una piaga sociale che

fotografa un disagio abitativo che sta caratterizzando

l’intero pianeta, ma rappresentano una diretta sconfit-

ta delle politiche di amministrazione territoriale che si

ritrovano incapaci di dare ad una popolazione ciò che

Page 28: Matteo buccoli abitare la crisi1

21

Non si può costruire sulla terraz-za? Non importa, fallo lo stesso, ma fallo in maniera che non ti trovino. Questo è il messaggio celato dietro i consigli dati da un professionista - che ovvia-mente si dissocia dall’utilizzo che farete dei suoi saggi sugge-rimenti- su come relizzare un abuso edilizio fatto ad arte nella propria terrazza. E’ semplice: cominciate riparando la terrazza dagli sguardi indiscreti tramite una barriera realizzata con canne o altro materiale opaco o semio-paco, portate su tutto il materiale durante la notte, durante i lavori non utilizzate strumenti mecca-nici che producano rumori tipici del cantiere, quindi dopo aver realizzato il vostro nuovo mini appartamento illegale analizzate il vostro terrazzo e create una co-pertura dello stesso tipo e colore per evitare i controlli aerei.Rimboccatevi le maniche, buon lavoro a tutti!

Santiago Cirugeda

Illegal Housing

2000

Page 29: Matteo buccoli abitare la crisi1

22

cominciava a costruirsi la propria capanna un po’ a

casaccio con l’aiuto dei componenti della sua so-

cietà, oggi giorno chi decide di costruirsi casa da

solo deve seguire innanzitutto precise leggi urba-

nistiche per evitare di creare il caos nella maglia di

distribuzione degli edifici, poi deve rispettare leggi

antisismiche, leggi sul risparmio energetico, sulla

sicurezza della stabilità degli edifici, sul comfort

acustico, sull’impiantistica, insomma… da solo

non ce la potrebbe proprio fare a meno che non sia

un super genio plurilaureato! Quindi oggigiorno

tutto il rituale sociale dell’autocostruzione è an-

dato quasi completamente perduto, in parte questa

perdita è dovuta al cambiamento sociale che vede

una settorializzazione professionale dell’individuo,

il quale tende sempre maggiormente ad avere una

cultura professionale monotematica che occupa la

maggior parte delle giornate, e che tende ad occu-

pare il tempo libero, visto sempre più come un bene

di lusso, riposandosi, dedicando tempo alla fami-

glia o svagandosi nei più disparati modi. Tuttavia

il D.I.Y. nell’edilizia , e in Europa, principalmente

in Germania e in Olanda, è un fenomeno che sta

prendendo piede.

Ma come mai questo ritorno al fai da te? Ovvia-

mente c’è di mezzo la crisi. Inizialmente quest’at-

tività, che fino a vent’anni fa per un abitante medio

poteva essere circoscritta nell’ambito hobbistico,

con scopo ultimo quindi quello dello svago, negli

DIY: strumento anticrisi del costruire

Do it yourself, acronimo di D.I.Y. rappresenta in inglese

quello che noi italiani chiamiamo Fai da tè, ovvero l’ar-

te di costruirsi un qualsiasi oggetto, nel nostro caso ar-

chitettura e manufatti edili, tramite attrezzatura propria

e usando nient’altro che le proprie capacità manuali.

L’architettura è nata basandosi su questo tipo di attività

in cui ognuno provvedeva tramite conoscenze popolari

tramandate dalla propria cultura architettonica locale e

partendo dai materiali che la natura gli metteva a di-

sposizione per creare uno spazio abitativo nel quale po-

tersi stabilire insieme alla propria famiglia diventando

quindi parte di una comunità. Questa attività, persa con

il sorgere delle aziende costruttrici e dell’industrializ-

zazione dell’edilizia, rappresentava un vero e proprio

rituale sociale che rendeva gli abitanti consapevoli della

propria identità territoriale e realmente proprietari orgo-

gliosi di un prodotto frutto di un’esperienza pragmatica

che contribuiva ad aumentare un proprio bagaglio tecni-

ca, culturale e sociale, rendendoli veramente “padroni”

di un’abitazione. Ovviamente i tempi sono cambiati, e

se prima in un villaggio tribale un membro della tribù

Page 30: Matteo buccoli abitare la crisi1

23

Il bavarese Stefan Eberstadt ha voluto trasmettere un euforico entusiasmo costruttivo con la realizzazione della Rucksack House, la casa zaino. Una scul-tura walk-in itinerante appesa alla facciata di un edificio ed ancorata al tetto con dei tiranti d’acciaio. È un’aggiunta archi-tettonica di nove metri quadrati che è stata “agganciata” a diversi edifici in Germania . L’installa-zione testimonia la protesta dei cittadini nei confronti della man-canza di spazio nelle loro case , diventando bandiera sia del caro prezzi delle case che della riva-lutazione degli spazi domestici.

Stefan Eberstadt

Rucksack House

2009

Page 31: Matteo buccoli abitare la crisi1

24

per far fronte ad altre spese che altrimenti non si

sarebbero potute affrontare. Quest’attività oggi si

evolve spostando l’oggetto del D.I.Y. dai semplici

lavori domestici all’intero involucro abitativo. Co-

struire una casa oggi è un lusso che molti nuclei

familiari non possono permettersi di affrontare, e

continuare a vivere sotto affitto con continue paure

di sfratti o aumento delle rate mensili è una realtà

che attanaglia centinaia di migliaia di famiglie che

continuano a sognare un tetto sotto il quale vivere

tranquilli. Come risolvere quindi il problema casa?

In Europa, in particolare in Olanda e in Germania,

si è deciso di affrontare il problema di petto risco-

prendo il valore dell’autocostruirsi un’abitazione

utilizzando un metodo che permetta di manternere

alta la qualità del prodotto edilizio. il meccanismo è

il seguente: gli interessati all’autocostruzione si riu-

niscono in cooperative e collaborano personalmen-

te alla realizzazione dell’opera, la qualcosa abbatte

sensibilmente i costi, anche di oltre il 50%. Qualche

esperienza parla di 80-90 mila euro per una casa di

90mq più posto macchina in villette a schiera. Un

costo sensibilmente inferiore al valore dalla casa,

pertanto, interamente mutuabile. L’opera viene re-

alizzata con il lavoro esclusivo dei futuri residen-

ti, attuali soci della cooperativa, che si impegnano

(con la collaborazione di tutti i componenti della

propria famiglia) a fornire un certo numero di ore

ultimi anni, complice la crescente crisi e il continuo

aumento dei costi della manodopera specializzata, ha

cominciato a prendere una piega più pragmatica che

vede l’applicazione del D.I.Y a partire da piccoli la-

vori di manutenzione domestica come l’imbiancatu-

ra delle mura domestiche, la riparazione del tubo del

lavandino, l’arrangiamento dei mobili, trasformando

quindi figure come l’impiegato medio, che arrivava al

massimo a cambiare una lampadina, in un pseudo tut-

tofare che riacquisisce la maggior parte delle volte in

maniera un po’ forzata le basi di una manualità arti-

gianale, e di conseguenza in parte un controllo psicolo-

gico dell’ambiente domestico riappropriandosi di quei

piccoli doveri che classicamente si addicono all’uomo

di casa, diventando spesso argomento di discussione

nei salotti maschili e stuzzicando quindi il mercato dei

prodotti che permettono tale attività – chi non ricorda

la televendita che vede protagonista l’impiegato che in

giacca e cravatta utilizza quei magici pennelli in spu-

gna per imbiancare la casa senza sporcare minimamente

il pavimento, facendo un lavoro di altissimo livello in

pochissimo tempo e divertendosi tantissimo, o del car-

pentiere in camicia quadrettata che, con l’utilizzo di un

solo strumento di lavoro con 2500 accessori può ese-

guire qualsiasi lavoro domestico evitando un salasso-

permettendo quindi un notevole risparmio economico,

complice di un sensibile aumento dei costi della mano-

dopera specializzata, che potrà essere quindi utilizzato

Page 32: Matteo buccoli abitare la crisi1

25

Per far fronte ai vuoti urbani crea-ti dall’impedimento di nuove edi-ficazioni nel centro storico di Si-viglia, dopo un’attento studio del piano urbanistico è stato studiato un piano “d’attacco urbano” che senza violare la legge permetta la creazione di nuovi spazi d’aggre-gazione laddove prima regnava la decadenza. Viene così instal-lata una struttura completamente smontabile creata con materiali interamente recuperati da cantrie-ri abbandonati o da discariche.La struttura, formalmente abusi-va risulta perfettamente a norma sotto tutti i profili: elettrico, igie-nico-sanitario e non viola nessu-na proprietà in quanto lo spazio viene regolarmente affittato.I vantaggi di quest’operazione sono evidenti: viene data nuo-va vita sociale a spazi destinati ad accumulare immondizia e a creare ambienti fatiscenti, il proprietario terriero riesce a sfruttare e ad ottenere guadagno.

Santiago Cirugeda

Casa Rompicabeza

2007

Page 33: Matteo buccoli abitare la crisi1

26

L’autocostruzione favorisce una maggiore consape-

volezza della propria identità locale ristabilendo un

contatto luogo fisico con l’ambiente in cui egli andrà

a vivere, e creando durante l’atto della costruzione

un’idea di comunità con tutti i propri futuri vicini

di casa che hanno collaborato nella costruzione dei

lotti, abbattendo di conseguenza quell’astrattismo

sociale che spesso si vive nelle grandi metropoli in

cui si prova senso di isolamento anche se circondati

da una folla e diventando anche un potentissimo

strumento che demolisce il senso di diffidenza e

di disinteresse nei confronti dei propri vicini .

di lavoro durante i giorni festivi, il sabato, la domeni-

ca, i periodi di ferie. L’immobile viene realizzato nel

pieno rispetto di tutta la normativa vigente (sicurezza,

autorizzazioni) sotto la guida di personale specializzato.

Le conseguenze di questo fenomeno sono molteplici e

sicuramente tutte positive: oltre al notevole risparmio

economico, si crea una ritualizzazione del costruire che

infonde nel futuro abitante un legame affettivo di no-

tevole importanza verso la propria casa, questo infatti

risulta molto più solido rispetto ad un utente che trova

la casa già pronta, infatti oltre ad aver speso come la

maggior parte delle volte accade i propri risparmi di una

vita, sempre più spesso nemmeno sufficienti a coprire

l’acconto, si trova a spendere ciò che oggigiorno viene

considerato uno dei più difficili beni di lusso da pos-

sedere: le ore libere del tempo, faticando fisicamente e

psicologicamente e vedendo nascere e crescere quello

che poi sarà il suo ambiente nel quale potrà vivere pen-

sando orgoglioso “l’ho costruita io con il sudore della

fronte”, portando quindi l’abitante ad avere un maggior

rispetto per l’ambiente domestico e una maggiora cura

nei suoi confronti. L’autocostruzione quindi diventa un

efficace strumento per combattere il caro prezzi, il che

è già un grosso traguardo per una democratizzazione

dell’abitare; questo fenomeno ha dei risvolti importan-

tissimi sotto il profilo sociale: diventa infatti un poten-

ziale strumento per combattere quei fenomeni che nelle

metropoli si va diffondendo: la perdita di valori sociali.

Page 34: Matteo buccoli abitare la crisi1

27

L’inventiva e l’iniziativa con-traddistingue un’altro porgetto di protesta che basa tutte le sue sfaccettature in un unico elemn-to: un contenitore di immondizia.L’artista trasforma questo ele-mento prendento come spunto la mancanza di spazi e di strutture generlamente di connotazione elitaria e la regala ai quartieri po-polari che altrimenti difficilmente potrebbero ottenere tali servizi.Il “cassonetto”, mantenendo la sua forma esterna si trasforma tramite semplici accorgimenti tecnici in piscina, oasi verde, skatepark, campo da minigolf. L’installazione tende a promuove-re quindi una democratizzazione dei servizi diventando vettore di una protesta che oltre a celebrare la rivalutazione dei materiali edi-lizi non convenzionali diventa ag-gregatore sociale e opera d’arte.

Oliver Bishop

English Skip

2009

Page 35: Matteo buccoli abitare la crisi1

28

quell’invasività che è diventata causa del problema.

Il progettista diventa un Robin Hood territoriale,

che rende agli abitanti gli spazi inutilizzati della

città e difende parti della città significative per il

benessere del cittadino, si osservi ad esempio il

caso del “insecto”: struttura metallica monoposto

studiata per la difesa del viale alberato di Siviglia

al quale i cittadini non hanno assolutamente voluto

rinunciare, impedendo quindi il loro abbattimento.

Questo approccio non si limita però solo agli in-

terventi sull’esistente, ma è sensibile anche ad altri

temi di carattere sociale, si cercano soluzioni per

gli homeless e per tutte le vittime sociali che ven-

gono private di un abitazione cercando nuovi sche-

mi abitativi che fuggono dalle tradizioni edilizie,

si crea quindi un obiettivo principale che vede il

benessere sociale al centro del pensiero architetto-

nico democratizzando l’architettura, offrendo quin-

di soluzioni low-cost che alzino il benessere abi-

tativo senza alterare significativamente l’ambiente

urbano, ma modificandolo nelle sue parti malsane.

Il tema dell’illegalità diventa argomento di ricerca da

parte dei progettisti, ne è un esempio il caso del progetto

iberico “Recetas Urbanas” ad opera di Santiago Ciruge-

da, che identifica l’illegalità come componente culturale

caratteristica del progetto; Cirugeda la destruttura e la

ricompone plasmando progetti che per quanto possano

formalmente rappresentare un’illegalità che ha spesso

caratterizzato lo spazio urbano, risultano astutamente

legali e offrono soluzioni di integrazione architettoni-

ca laddove il piano urbanistico impedisce un qualsia-

si intervento. Questi progetti, alternativi, innovativi e

decisamente rivoluzionari rappresentano una valida

iniziativa che diventa in qualche modo bandiera di un

movimento architettonico che si ribella a quei vincoli

posti dalla legge sottolineandone nella maggior parte

dei casi l’inutilità delle stesse, e dimostrando quanto

combattere l’illegalità, in questo caso l’abuso edilizio,

sia una battaglia da affrontare non tanto creando leggi

ad hoc e inasprendo pene, ma ridefinendo gli interven-

ti edilizi, ristabilendo criteri di carattere formale basati

sull’utilizzo di materiali non convenzionali per evitare

Recetas Urbanas :

architettura pirata

Page 36: Matteo buccoli abitare la crisi1

29

Il progetto è destinato a quelle persone, che siano essi gruppi di amici o nuclei familiari, che non avendo ingenti disponibil-tà economiche si affidano alla disponibilità di un collettivo di coinquilini di uno stesso edificio che mettono a disposizione il tet-to terrazza del proprio palazzo.La struttura è costrutia a secco utilizzando travi di acciaio, assi di legno e altrie finiture low cost, è completamente smontabile in maniera tale da assicurarne la massima legalità nei confronti del piano urbanistico ed è una chance che oltre a creare una nuova so-luzione abitativa anticrisi mette crea una nuova sfida sociale ba-sata sulla tolleranza e l’altruismo.

Santiago Cirugeda

Roof Housing

2008

Page 37: Matteo buccoli abitare la crisi1

30

tativa che crea un disagio a una popolazione che

si trova in difficoltà finanziarie, ma diventa anche

simbolo di un’economia che non riesce a trasfor-

mare le risorse in possesso, creando una situazio-

ne paradossale che vede ingenti quantità di popo-

lazione in strada e migliaia di edifici disabitati. Si

pensi ad esempio alle recentissime crisi dei mutui

sub prime americana che ha portato migliaia di per-

sone in strada, neo senzatetto che si ritrovano ad

occupare fabbrica ed edifici pubblici dismessi, e

la ancora più recente e clamorosa crisi legata alla

sconsiderata urbanizzazione di Dubai, che si ri-

trova con un debito di svariati miliardi di dollari

nei confronti delle banche, edifici bellissimi ul-

tratecnologici ma vuoti poichè privi di acquirenti

dati i prezzi d’acquisto esageratamente alti, e la

presenza concomitante di quantità ingenti di edi-

fici totalmente disabitati e di migliaia di persone

che si ritrovano senza un tetto sotto il quale vivere.

Le conseguenze sociali ed economiche sono state

l’aumento del fenomeno di case occupate da squat-

ters e l’aumento degli homeless da una parte, la

recessione finanziaria con conseguenze per l’intero

mercato globale dall’altra. L’approccio architetto-

nico-sociale in questo contesto è stato affrontato in

maniera differente nelle diverse parti del mondo, gli

esempi più eclatanti e diametralmente opposti che

si possono citare, riguardano le città di New York e

di Berlino: la prima è la città nella quale si riscon-

Un aspetto interessante legato al fenomeno dell’abita-

re in relazione alla crisi economica è il fenomeno dello

Squatting, termine inglese che definisce quell’azione

volta ad occupare in modo abusivo e illegale una pro-

prietà pubblica o privata, spinti da necessità economi-

che che non consentono di acquistare una casa o paga-

re un affitto oppure spinti da motivazioni ideologiche

e talvolta politiche. La nascita di questa attività non è

facilmente identificabile con una data o un periodo sto-

rico preciso in quanto presumibilmente l’occupazione

risulta una delle caratteristiche dell’abitare umano, ma

può essere forse associato alla nascita del concetto di

proprietà privata di un immobile, l’illegalità di questa

attività diventa infatti conseguenza della rivendicazione

di proprietà di un immobile da parte di un privato o di

un’istituzione pubblica nei confronti degli occupanti,

che privi di un riparo o di un luogo dove svolgere atti-

vità sociali e politiche, occupano una qualsiasi proprietà

abitativa che risulta sgombera per i più svariati motivi.

Lo squatting, o più in generale occupazione, risulta

quindi un segnale che indica non solo una carenza abi-

SQUAT

Page 38: Matteo buccoli abitare la crisi1

31

Siviglia, quartiere di Alemada: il comune decide che quel bel viale alberato tanto amato dalla comunità non dovrà più esistere in quanto è già pronto un bel pro-getto per il riassetto urbanistico del quale i cittadini non sono mai stati informati. Si forma così il gruppo Alemada Viva, che studia un piano di sovversione urbana per evitare lo scempio naturale : una struttura metallica monopo-sto studiata per essere aggancia-ta agli alberi del viale senza che questi subiscano danni, pronta quindi ad ospitare l’onesto citta-dino che protesterà attivamente al contrasto dell’abuso urbanistico.Lo scudo è studiato per resistere agli idranti della polizia e ai pro-iettili di gomma, è previsto inol-tre una feritoia per consentire una “difesa attiva” dell’occupante.

Santiago Cirugeda

Casa Insetto

2001

Page 39: Matteo buccoli abitare la crisi1

32

di carattere popolare con conseguente impatto am-

bientale dovuto alla cementificazione. L’esempio

europeo berlinese rappresenta invece la risposta

diametralmente opposta rispetto a quella scelta

dal governo newyorkese, Berlino infatti dal ’95 ha

adottato una dura politica di sgombero per gli occu-

panti degli squat esistenti, lasciando così insoluto

sia il problema sociale che economico. Il fenomeno

appena descritto, viste le disastrose situazioni fi-

nanziare e sociali che il mondo sta affrontando in

questo periodo, sono sicuramente destinate a salire,

l’esempio newyorkese appena descritto potrebbe

essere una delle soluzioni migliori proposte, ma

deve essere messo in relazione alla disponibilità

dei proprietari degli alloggi, diventando quindi una

scommessa sociale dall’esito incerto. E’ importan-

te infatti non considereare solamente le strutture

che si potrebbero realizzare ma considerare quelle

esistenti non sfruttate e ripensarle anche per utiliz-

zi finali per le quali non sono state disegnate di-

ventando quindi non più locali dismessi pronti ad

accumulare sporcizia e polvere e dando un riparo

precario a disadattati ma diventando nella miglio-

re delle ipotesi accoglienti centri all’avanguar-

dia sia dal punto di vista tecnologico che sociale.

tra il numero maggiore di presenze di squatters, questo

record è dovuto alle conseguenze della crisi finanziaria

che ha segnato dall’inizio degli anni ’70 la chiusura di

molte sedi aziendali rimaste sfitte, di capannoni indu-

striali, di palazzi rimasti senza affittuari; questi luoghi

divennero abitazione di disagiati sociali, di studenti,

artisti e attivisti politici di stampo generalmente “anar-

chico”, che occupavano questi spazi creando non solo

abitazioni dedite non a semplici dormitori, ma crean-

do talvolta centri culturali, laboratori artistici e sedi per

comizi politici; il problema che dovette affrontare la

metropoli americana fu quella quindi di riuscire a tro-

vare un giusto compromesso per evitare di mandare in

strada ulteriore popolazione e non lasciare scontenti i

proprietari degli edifici occupati. Il caso newyorkese è

scoppiato nel settembre 2002. Il comune della Grande

Mela, sotto l’amministrazione di Mike Bloomberg per

far fronte alla messa in regola degli edifici, ha fatto una

proposta agli occupanti: comprare gli appartamenti al

prezzo simbolico di un dollaro, in cambio i coinquilini

“legalizzati” si sono impegnati a pagare a rate la ristrut-

turazione, risolvendo quindi in un’unica manovra un

grosso problema sociale e finanziario, e contribuendo

allo stesso tempo a creare una nuova economia basata

sul recupero e il ripensamento dell’ edilizia esistente,

favorendone nuovi utilizzi di carattere sociale e pri-

vato, evitando quindi il progredire dell’aumento della

superficie urbana dovuto ad un possibile piano edilizio

Page 40: Matteo buccoli abitare la crisi1

33

Questa piccola stanza viene concepita per diventare comple-tamente invisibile .Realizzata in alluminio specchiato all’esterno e in legno all’interno ospita fino a 3 persone per brevi soggiorni in mezzo alla natura. Una casa sull’albero per adulti che covano questo desiderio da anni.

Tham & Videgard Hansson arkitekt

Harad Tree Hotel

2009

Page 41: Matteo buccoli abitare la crisi1

34

regolano i diritti dei cittadini, in questo caso ad

avere possesso di una casa entro la quale vivere,

e si appellano all’art. N°54 del Codice Penale , il

quale appellandosi allo stato di necessità creatosi

diventa automaticamente impunibile dalla legge

e gli dà il diritto a rimanere occupante dell’abita-

zione; tuttavia le sentenze della corte di cassazione

a riguardo sono piuttosto varie e incoerenti, l’ap-

pello all’art.54 risulta infatti spesso invalidato per

due principali motivi: l’occupante deve dimostrare

di essersi ritrovato in una situazione che mettesse

in pericolo, direttamente o in questo caso indiret-

tamente, la sua salute fisica e quella dei suoi fa-

miliari coinvolti nell’occupazione dell’immobile.

In termini legali ogni Stato decide di creare una propria

legge a riguardo, non esiste infatti una legislatura della

Comunità Europea che regola il fenomeno tramite leg-

gi. In Europa ci sono legislature differenti che diventano

quindi cartina tornasole delle politiche sociali adottate

nei confronti di popolazione disagiata e dei proprietari

edilizi che si vedono privati delle loro proprietà, queste

politiche infatti si differenziano tra loro per le modalità

e le tempistiche di intervento, spesso lunghissime che

permettono all’occupante di prendere il tempo necessa-

rio (a volte anni) per riuscire a trovarsi un nuovo alloggio

da occupare e che terminano quasi sempre con lo sfrat-

to; oppure adottando una politica piuttosto indifferente

in cui la legge non si occupa del caso lasciando la solu-

zione della questione nei confronti dei diretti interessati,

proprietario edilizio e occupante ,che dovranno quindi

trovare accordi privati; altre volte ancora la legge in-

terviene tempestivamente tramite intervento delle forze

dell’ordine che provvedono all’esecuzione dello sfratto.

In Italia i casi di occupazione illegittima sono nume-

rosi e vengono trattati direttamente dalla legge che

segue principalmente gli articoli costituzionali che

SQUAT

approcci legislativi

Art. 54 Codice Penale Stato di necessita’ : Non e’ punibile chi ha com-messo il fatto per esservi stato costretto dalla ne-cessita’ di salvare se’ od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, ne’altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo.

Art. 633 Codice Penale Invasione di terreni o edifici : Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, e’ punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni o con la mul-ta da lire duecentomila a due milioni. Le pene si applicano congiuntamente, e si procede d’ufficio, se il fatto e’ commesso da più di cinque persone, di cui una almeno palesemente armata, ovvero da più di dieci persone, anche senza armi. La di-sposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessità e’ determi-nato dall’altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi

l’ha costretta a commetterlo.

Page 42: Matteo buccoli abitare la crisi1

35

Lo studio tedesco Asslinger ha creato questo concetto modulare, sostenibile e trasportabile a basso consumo energetico, sviluppato nel Nord Italia, è relizzato inte-ramente con legno locale, questo spazio ha una visuale panoramica a 360° grazie alla sua doppia fac-ciata, interna vetrata ed esterna ralizzata con dei louvre lignei.Il design è minimale e si inte-gra perfettamente nella natura.

Studio Asslinger

Fincube

2009

Page 43: Matteo buccoli abitare la crisi1

36

energie sfruttando le risorse locali senza la minima

intenzione di stazionare a lungo se non per il tempo

necessario a consumare tutte le risorse che c’erano

a disposizione, in attesa di rimettersi in viaggio per

il prossimo luogo da sfruttare. Il luogo non eserci-

tava quindi nessuna attrazione sull’uomo che non

sentiva nessuna necessità di crearsi un rifugio sta-

bile, “l’edilizia nomade” si basava quindi tutta la

sua filosofia sul costruire rifugi temporanei, facili

da trasportare, semplici da montare, e che fossero

realizzabili sfruttando le risorse locali a disposi-

zione. Nascono architetture mobili, indentificabili

inizialmente nelle tende che assumono le varian-

ti morfologiche più differenti che assecondano le

geografie in cui esse vengono create. Questi valori

architettonici, dimenticati soprattutto a causa delle

attenzioni progettuali volte a garantire maggiore

qualità alle architetture locali, vengono riscoperti

con la nascita del neo nomadismo, fenomeno che

trae le sue origini in gran parte da quello stesso fat-

tore che portò l’uomo ad attaccarsi al luogo: l’evo-

luzione tecnologica, che accompagnata alle con-

seguenze dell’evoluzione economica e sociale ha

risvegliato nell’uomo un istinto viaggiatore che lo

ha portato a stabilire una nuova relazione con il luo-

go che da lungo tempo lo accoglieva stabilmente.

Le differenze con il nomade tradizionale sono

però notevoli sia dal punto di vista abitativo che

NEO-NOMADISMO

Uno degli stili di vita che va sempre più affermando-

si e che si annovera tra gli stili di vita contemporanei

più attuali è sicuramente individuabile in quello che

viene definito “neo-nomadismo”. L’origine di questa

volontà di spostarsi periodicamente e con metodicità

ha origini antichissime, l’uomo è stato infatti a lungo

tempo nomade prima di riuscire a trovare il luogo in

cui riuscire a stanziarsi,è da osservare infatti che il fine

ultimo del nomadismo primitivo, è sempre stato quel-

lo di sedentarizzarsi, ovvero di trovare il luogo più

adatto dove stabilire le proprie radici. Il fattore che ha

determinato la fine del nomadismo primitivo è stato di

stampo tecnologico, l’uomo infatti sperimenta l’espe-

rienza del coltivare, smette di viaggiare per trovare

pascoli migliori per il proprio bestiame o per trovare

nuovi branchi di cacciagione e si lega al territorio in

quanto fonte primaria di sostentamento, di conseguenza

si ritrova a non dover più creare accampamenti tempo-

ranei in cui abitare con il proprio clan, in cui il luogo

diventava scenario temporaneo di vita quotidiana, un

antichissimo autogrill in cui ci si ferma per recuperare

Page 44: Matteo buccoli abitare la crisi1

37

Una scultura abitabile pensata per offrire ospitalità, interamen-te realizzata in legno, lambisce l’acqua come fosse una barca arenata. Un’architettura elo-quente, dunque. Che coniuga sperimentazione ed etica alla ricerca di nuove forme di abi-tabilità. In primo piano: il le-gno, usato indifferentemente sia come materiale da costruzione che come elemento decorativo.Questo Hotel nomade di 40 mq viaggerà per le coste europee diventando simbolo dell’evo-luzione dell’abitare moderno.

Pieta Linda Auttila

Wood Wisa Hotel

2009

Page 45: Matteo buccoli abitare la crisi1

38

tenenza e di estraneità” (Giordano, 2002, p.52).

La pratica nomade è stata da sempre una delle al-

ternative dell’essere umano, tra la scelta di essere

mobile o stabile. Ora è come se questi due fattori si

compenetrassero. È come dire che la nostra attuale

sedentarietà è ad alto tasso di nomadismo. Il neo

nomade infatti è spesso caratterizzato da un attac-

camento al luogo, il quale coincide generalmente

con il luogo di nascita e crescita, quello in cui si

formano i primi affetti e nei quali ci si riconosce

come autoctono, che riesce a vivere grazie alle nuo-

ve tecnologie a sua disposizione che gli permetto-

no di ricreare un ambiente domestico virtuale che

crea un surrogato di vita locale in qualsiasi parte

del globo, si pensi ad esempio ad una videochia-

mata su skype, ai social network, agli mms. Il neo

nomade si riconfigura nella maggior parte dei casi

come elemento che si identifica in un mondo che

può essere abbracciato nel suo intero lasciando in-

tatte la sua identità locale. Significa quindi spostarsi

in uno spazio reale rimanendo sempre allacciati alle

persone e ai luoghi che hanno un significato simbo-

lico ed emozionale e sfrutta quindi l’accorciamento

spaziale dovuto allo sviluppo delle tecnologie di

comunicazione, denotando quindi un nuovo ap-

proccio mentale e fisico nell’atto dello spostarsi.

L’architettura in questo contesto risulta altamente

influenzata da questa componente emozionale che

dal punto di vista sociale ed antropologico, le recenti

evoluzioni logistiche hanno creato infatti una nuova

concezione spaziale: con l’aumentare della velocità e

dei costi di trasporto i viaggi che prima si svolgevano

in tempi assai lunghi richiedevano impegno fisico, pre-

disposizione mentale e un onere sicuramente altissimo

rispetto a quello che siamo abituati a preventivare og-

gigiorno; bisognava organizzare carovane e pensare a

dove e come organizzare le soste di viaggio con i re-

lativi alloggi; il nomade affrontava un vero e proprio

viaggio che procurava esperienze ed emozioni che ac-

crescevano il bagaglio tecnico culturale dell’uomo in

tutto il suo iter, venendo a contatto con differenti culture

e usanze e ampliando quindi i propri orizzonti e per-

cependo il viaggio in un rapporto spazio tempo estre-

mamente dilatato che consentiva di viverlo non solo

come uno spostamento da un punto A ad un punto B.

Il neonomade ha ben poco in comune con il viaggia-

tore tradizionale. Si parla di compenetrazione tra no-

made e stanziale, ma in questo caso, anche di globale

e locale, formando quel concetto di “glocale”, molto

in voga (perché molto calzante) nella società contem-

poranea in cui questa ibridazione sta diventando di

giorno in giorno più forte: “Occorre farsi stranieri al

proprio luogo, abitatori del confine, saccheggiatori

delle immagini fluttuanti, che non rimangono, costrut-

tori di testi mobili, portatori – ancora una volta – di

una duplicità fatta di curiosità e di nostalgia, di appar-

Page 46: Matteo buccoli abitare la crisi1

39

I 34 mq di questa soluzione a doppia falda sono stati studiati nei minimi dettagli per permet-tere l’alloggio di 3-4 persone. E’ composto da una living con cucina dalla quale parte un cor-ridoio che porta alle camere da letto e ai servizi. I materiali, la forma e le coperture di lastre in acciaio, zinco e titanio richia-mano le tradizionali costruzioni montane, il legno a doghe riveste tutte le superfici interne, dando calore e spazialità agli ambienti.

Hangar Design Group

Joshua Three

2009

Page 47: Matteo buccoli abitare la crisi1

40

micro spazi versatili e orientati a soddisfare le più

alte esigenze di comfort, vengono studiati spa-

zi standard che ricreano il medesimo spazion in

molteplici parti del mondo dando la sensazione

all’ospite di trovarsi sempre a casa, si crea quin-

di una nuova concezione di abitare che esula dagli

standard del nomade classico: il neonomade non si

accontenta più di una tenda che lo ripari dal freddo,

ma pretende dal progetto uno standard abitativo al-

tissimo che gli consenta di soddisfare tutte quelle

esigenze che la vita stazionaria gli aveva regalato.

investe il viaggiatore, il quale sente la necessità di ritro-

vare nel suo nuovo ambiente domestico dislocato nelle

varie parti del globo quelle stesse ambientazioni che è

abituato a riconoscere come “focolare domestico”, ma

che gli permetta allo stesso tempo di poter adempiere

ai quei doveri che il suo stile di vita lavorativo impone,

si pensi ai musicisti affermati a livello internazionale

che in tournè dal giovedì al lunedì vanno ad abitare il

mondo, accolti da strutture che cercano sempre di più

di “far sentire a casa il cliente”, o che nei casi più esa-

gerati si spostano attraverso i continenti tramite delle

vere e proprie case mobili che spesso superano in qua-

lità anche le case tradizionali di un qualsiasi abitante

medio, diventando quasi una lumaca che momentane-

amente (e spesso anche definitivamente) circoscrive

il proprio ambiente domestico non tanto tramite uno

spazio geografico quanto ad un contesto che ne caratte-

rizza i suoi spostamenti; può capitare infatti che il neo-

nomade si senta a casa in aeroporto, in albergo, nei suoi

mezzi mobili, e che identifichi i suoi affetti nello staff

che lo accompagna durante le sue giornate lavorative.

L’attenzione del progettista nei confronti di questa

nuova figura abitativa basa quindi il suo paradigma

costruttivo tanto sulla mobilità spaziale dell’abitazio-

ne quanto sulla stabilità delle interconnessioni con lo

spazio circostante, il luogo abitativo conseguentemen-

te perde la sua fisicità radicata nello spazio e si crea-

no architetture ibride come Hotel nomadi, si studiano

Page 48: Matteo buccoli abitare la crisi1

41

Regalato dall’architetto alla citta di Melbourne, contraddistinta da un altissimo numero di homeless che vagano per la città, questo progetto analizza le abitudini di questo ramo sociale e ne sfrutta la sua peculiarità: una panchina portabile che una volta trovato il posto dove si vuole dormire si apre e diventa un giaciglio mono-posto che ripara dalle intemperie.

Sean Godsell

Bench Park

2002

Page 49: Matteo buccoli abitare la crisi1

42

HOMELESS

La crisi economica insieme a fattori di tipo sociale e

sanitario ha creato un fenomeno tristemente conosciu-

to da tutti noi, si tratta dei cosiddetti senzatetto, questa

categoria di persone, che rientrano in nella categoria dei

Neonomadi si caratterizzano per l’estrema precarietà

delle loro condizioni abitative, questi infatti non avendo

un’abitazione stabile vivono in ambienti non classifi-

cabili come case standard, ma identificano come casa

spazi anomali e non architettonicamente definiti come

tali: nei porticati e sotto ponti, nelle panchine dei parchi

e nelle piazze, nelle stazioni e quando riescono a trovare

un posto libero si affidano ad associazioni umanitarie o

associazioni cattoliche. L’atteggiamento sociale e archi-

tettonico nei confronti di questi membri disadattati della

società varia parecchio: da una parte esiste una totale in-

differenza che non si preoccupa di pensare ad una solu-

zione funzionale che cerchi in qualche modo almeno di

arginare il problema, dall’altra esistono anche soluzioni

che cercano di nascondere il fenomeno – in Veneto sono

state installate in diverse città le panchine “antibarbo-

ne”, ossia con un terzo bracciolo al centro della panca-

denotando la forte intolleranza nei confronti di chi

non si conforma o non riesce a conformarsi ad uno

stile di vita “standard”. Fortunatamente nel campo

dell’architettura il fenomeno non è rimasto inosser-

vato ma è stato oggetto di diversi studi di progetto

che osservando il fenomeno nelle sue caratteristi-

che principali: precarietà igienica, identificazione di

uno spazio abitativo con un non luogo, esposizione

costante alle intemperie, tendenza all’isolamento,

propongono soluzioni interessanti che anche se non

risolvono il problema alla base almeno si preoccu-

pano di arginare quelle che sono le difficoltà che

queste persone devono affrontare.

I progetti che maggiormente trovano successo nel

campo homeless fanno del non attaccamento al luo-

go un punto forte dell’architettura dei senzatetto:

le soluzioni progettuali individuali (ovvero che il

senzatetto porta sempre con sè) devono essere tra-

sportabili, facili da montare, leggere, economiche,

riparabili, riciclabili: nascono involucri gonfiabili

che proteggono dalle intemperie e che si possono

trasportare in uno zainetto; carrelli della spesa tipici

della realtà dei senzatetto che si evolvono in piccole

camere spartane. Esistono poi soluzioni che sfrutta-

no elementi di architettura pubblica che cerca di ac-

cogliere l’homeless ridefinendo la sua architettura

come le panchine snodabili: queste sono costituite

da due elementi incernierati che smontati creano un

riparo temporaneo.

Page 50: Matteo buccoli abitare la crisi1

43

Il progetto è un atto umanitario e una provocazione sociale allo stesso tempo. Costruito utiliz-zando una struttura gonfiabile di colori sgargianti questa piccola sistemazione a forma un bozzolo nel quale il senzatetto, fruitore fi-nale di questo progetto, potrà ac-comodarsi evitando di rimanere esposto alle intemperie. Il titolo di questa architettura è abbastan-za elusivo, la denuncia pubblica è atta a mettere in evidenza una piaga sociale che lascia indiffe-rente molti di noi, i suoi colori sgargianti e la sua forma organica spiccano infatti tra il grigiore del cemento portando subito il citta-dino a notarne l’esistenza e quin-di ad accorgersi del problema.

Electroland

Senza potersinascondere

2005

Page 51: Matteo buccoli abitare la crisi1

44

i contatti e le relazioni sociali – sia il progetto di

comunità: cosa e come condividere, come gestire i

servizi e gli spazi comuni. Le motivazioni che por-

tano alla coresidenza sono l’aspirazione a ritrovare

dimensioni perdute di socialità, di aiuto reciproco e

di buon vicinato e contemporaneamente il desiderio

di ridurre la complessità della vita, dello stress e dei

costi di gestione delle attività quotidiane.

Le 10 caratteristiche più comuni del cohousing

Ogni progetto di cohousing ha una storia diversa e

proprie caratteristiche, ma vi sono anche molti tratti

in comune:

1. PROGETTAZIONE PARTECIPATA:

I futuri abitanti partecipano direttamente alla pro-

gettazione del “villaggio” in cui andranno ad abitare

scegliendo i servizi da condividere e come gestirli

2. VICINATO ELETTIVO:

La comunità di cohousing sono elettive: aggregano

persone dalle esperienze differenti, che scelgono di

formare un gruppo promotore e si consolidano con

la formazione di una visione comune condivisa.

3. COMUNITÀ NON IDEOLOGICHE:

Non ci sono principi ideologici, religiosi o sociali alla

base del formarsi di comunità di coresidenza, cosi’

come non ci sono vincoli specifici all’uscita dalla stessa

4. GESTIONE LOCALE:

Le comunità di cohouser sono amministrate diretta-

mente dagli abitanti, che si occupano anche di or-

Il cohousing non è un’utopia ma l’esperienza quotidia-

na di migliaia di persone in tutto il mondo che hanno

scelto di vivere in una comunità residenziale a servizi

condivisi, è un fenomeno abitativo che nasce in Scan-

dinavia negli anni ‘60, ed è oggi diffuso specialmente

in Danimarca, Svezia, Olanda, Inghilterra, Stati Uniti,

Canada, Australia, Giappone. Le comunità di cohou-

sing combinano l’autonomia dell’abitazione privata con

i vantaggi di servizi, risorse e spazi condivisi (microni-

di, laboratori per il fai da te, auto in comune, palestre,

stanze per gli ospiti, orti e giardini...) con benefici dal

punto di vista sia sociale che ambientale. Tipicamente

consistono in un insediamento di 20-40 unità abitative,

per famiglie e single, che si sono scelti tra loro e hanno

deciso di vivere come una “comunità di vicinato” per

poi dar vita – attraverso un processo di progettazione

partecipata - alla realizzazione di un ‘villaggio’ dove

coesistono spazi privati (la propria abitazione) e spazi

comuni (i servizi condivisi).

La progettazione partecipata riguarda sia il progetto

edilizio vero e proprio – dove il design stesso facilita

Cohousing

Page 52: Matteo buccoli abitare la crisi1

45

Non lontano da Vancouver, inse-rita in uno splendido paesaggio e in un contesto commerciale attivo, una palazzina multicultu-rale e multigenerazionale, dotata di un cortile interno nel quale il design ha incorporato piante pre-esistenti, un piccolo orto comune, un’area per il compostaggio, uf-fici, stanze per gli ospiti, sale da pranzo condivise...

Swan’s Market

Oakland

California

Quayside Village

Lower Lonsdale Canada

In pieno centro città, un ex-mer-cato ristrutturato ospita 22 unità di abitazione per gruppi familiari e singles che vivono l’intensità della quotidianità della metropo-li e condividono una sala e una cucina per incontri, una palestra, un hobby room, una lavanderia e una stanza per gli ospiti.

A un’ora da San Francisco, un comunità votata alla sosteni-bilità ambientale e alla qualità della vita, che condivide una la-vanderia, spazi per gli incontri e gestisce quattro spazi negozi su strada

Cotati

California

Page 53: Matteo buccoli abitare la crisi1

46

9. PRIVACY:

L’idea del co-housing permette di coniugare i be-

nefici della condivisione di alcuni spazi e attività

comuni, mantenendo l’individualità della propria

abitazione e dei propri tempi di vita.

10. BENEFICI ECONOMICI:

La condivisione di beni e servizi consente di ri-

sparmiare sul costo della vita perché si riducono gli

sprechi, il ricorso a servizi esterni, il costo dei beni

acquistati collettivamente.

ganizzare i lavori di manutenzione e della gestione degli

spazi comuni.

5. STRUTTURA NON GERARCHICA:

Nelle comunità di co-housing si definiscono responsa-

bilità e ruoli di gestione degli spazi e delle risorse con-

divise (in genere in relazione agli interessi e alle compe-

tenze delle persone) ma nessuno esercita alcuna autorità

sugli altri membri; le decisioni sono prese sulle base del

consenso.

6. SICUREZZA:

Il cohousing offre la garanzia di un ambiente sicuro, con

forme alte di socialità e collaborazione, particolarmente

idoneo per la crescita dei bambini e per la sicurezza dei

più anziani.

7. DESIGN E SPAZI PER LA SOCIALITÀ

Il design degli spazi facilita lo sviluppo dei rapporti di

vicinato e incrementa il senso di appartenenza ad una

comunità.

8. SERVIZI A VALORE AGGIUNTO:

La formula del co-housing, indipendentemente dalla

tipologia abitativa, consente di accedere, attraverso la

condivisione, a beni e servizi che per il singolo indivi-

duo hanno costi economici alti.

Page 54: Matteo buccoli abitare la crisi1

47

Un agglomerato di 56 unità di condomini che variano dai 50 ai 180 mq, fra Washington e Silver Spring, nasconde una comunità urbana che condivide stanze per lo yoga, spazi gioco e bibliote-che, una grande sala per cenare insieme, terrazze ricche di verde.

Doyle street

Emeryville

California

Eastern village Cohousing

Silver Spring

Washington DC

Un vecchio capannone indu-striale in un quartiere periferico, vicino alla famosa università di Berkeley, è stato trasformato e ri-adattato in loft privati e spazi co-muni da un un gruppo di residenti americani e da alcuni ricercatori giapponesi

Il primo cohousing australiano, caratterizzato da una forte volon-tà di rispetto dell’ambiente.Il progetto punta sulle forme di utilizzo dell’energia solare passi-va, sullo sviluppo di coltivazioni in permacultura, sul compostag-gio dei rifiuti, sull’utilizzo di energie rinnovabili

Pinakarri Community

Hamilton Hill

Australia

Page 55: Matteo buccoli abitare la crisi1

48

luogo che molte volte trova come principale ostaco-

lo la difficoltà di integrazione culturale. Lo studio

crea quindi un tavolo di lavoro che decide di stu-

diare le tecniche costruttive nomadi caratterizzate

da un sapere di origine più empirica che tecnica, e

di dare a questa popolazione un supporto tecnico-

tecnologico studiando un modello abitativo che po-

tesse essere un’ideale spazio abitativo che potesse

dare una nuova speranza di integrazione non solo

sociale, ma anche architettonica. Il risultato dello

studio è quindi una struttura in legno dai costi ridot-

tissimi, realizzata interamente dalla comunità rom

conl a partecipazione di tutti i membri della società,

uomini donne e bambini, che coordinati dai tecni-

ci stalker in concomitanza con i capocantieri rom

ricreano un momento dall’alto contenuto simboli-

co. Questa rappresenta una soluzione alternativa a

quella dei container, unica al momento adottata dal-

le amministrazioni locali nazionali, e rappresenta

un passo in avanti della comunità nell’abbattimen-

to delle barriere sociali che si alzano nel momento

in cui si riscontra una diversità culturale.

La casa Savorengo Ker è stata incendiata nel set-

tembre 2010.

Savorengo Ker è un episodio di autocostruzione che rac-

coglie in sé non solo un esempio di architettura del tipo

Do It Yourself, ma rappresenta un esempio di collabo-

razione e integrazione sociale che mette in discussione

pregiudizi culturali sulle tradizioni dell’abitare nomade.

L’episodio architettonico vede la capitale italiana, più

precisamente il campo nomade Casilino 900, scenario

di un’iniziativa presa dallo studio architettonico Stalker

in collaborazione con l’Università di Roma TRE, che

per far fronte al caos abitativo nomade contraddistinto

da un’irregolarità e una precarietà abitativa decide di

instaurare una collaborazione tra il suo studio e quelli

che possono essere definiti i capi cantiere dell’architet-

tura nomade. Etimologicamente nomade porta subito

all’idea di mobilità, di non attaccamento al luogo, di

flessibilità e molto spesso di precarietà, questa collabo-

razione mette in discussione questo paradigma di archi-

tettura in quanto ai giorni nostri questa popolazione si

è quasi interamente lasciata alle spalle queste abitudini

per abbracciare uno stile di vita occidentalizzato carat-

terizzato da un’identità spaziale e da un attaccamento al

Il caso Savorengo Ker

Page 56: Matteo buccoli abitare la crisi1

49

Nei Paesi Bassi, il più grande progetto di coabitazione: 190 per-sone, 26 case condivise (stanze in comune per studiare, lavorare, dormire...) e 21 appartamenti, un ristorante, un negozio dell’usato, giardini e spazi per praticare degli sport, un pub aperto fino all’una di notte a cui possono accedere gli abitanti e i loro amici…

Older women’s CoHo

Londra

Gran Bretagna

Gemeenschappelijk wonen project

Nieuwegein

Paesi Bassi

A Londra il cohousing per signo-re anziane, desiderose di parteci-pare ad una forma di convivenza attiva, basata sull’aiuto reciproco e la volontà di mettere in com-partecipazione conoscenze e ca-pacità.

La Danimarca, patria del cohou-sing, ospita un villaggio di 21 appartamenti e una grande casa condivisa, dalla costruzione di tipo tradizionale

Ibsgaarden cohou-sing project

Roskilde

Danimarca

Page 57: Matteo buccoli abitare la crisi1

50

emozioni che partono anticamente dalla necessità

di provare quel senso di sicurezza e di protezio-

ne che l’uomo trovava nei primi periodi della sua

esistenza nelle caverne, a quelle emozioni che, pur

sempre radicate nel DNA umano, si evolvono con

l’aumentare del bagaglio culturale e tecnologico

che accompagnano il progredire del sapere umano,

e che si traducono nel senso del bello, del piacevole,

dell’accogliente, nel senso di armonia che riesce a

creare un ambiente psicologicamente sano e fisica-

mente salutare; un’opera d’arte che diventa frutto di

un’ispirazione, scintilla d’intelligenza che decodifi-

ca l’ambiente circostante e ne rimescola il contenu-

to fisico basandosi su rapporti spaziali che identifi-

cano l’armonia del momento. L’architetto diventa

un artista che con la sua tavolozza materialistica e

tecnologica segue questa ispirazione che viene gui-

data da un’insieme di scienze tecniche che ne rego-

lano struttura, luci, composizione, garantendo quin-

di tramite precisi parametri la sicurezza, la stabilità

e rendendo gli ambienti salutari partendo dal più

piccolo arredo domestico fino a creare, stanze, case,

paesi, città, metropoli che diventano quadro e carti-

na tornasole del gusto del momento vissuto, collo-

cando quindi il progettista in una classe artistica di

livello superiore rispetto alle arti plastiche e visive.

L’architetto si confronta quindi con delle responsa-

bilità che coinvolgono direttamente il committente

finale in una maniera molto più significativa rispet-

Dopo aver letto le definizioni di architettura dei più

illustri architetti che hanno caratterizzato l’epoca del

costruire si evince che parlare di arte e architettura in

termini separati è inesatto e riduttivo in quanto l’archi-

tettura, considerata disciplina a tutti gli effetti, rappre-

senta un’arte a se stante che inconsciamente incorpora

tutte le arti che l’uomo è stato in grado di sviluppare, di-

ventando un contenitore poliedrico d’arte e arte stessa.

Parlare di arte e architettura significa quindi non parlare

di due temi separati, ma di due sottoinsiemi di un unico

elemento che si scambiano reciprocamente significati

e simboli creando spazi, immagini, suoni, percorsi fi-

sici ed immaginari che diventano causa ed effetto delle

complesse dinamiche della società in cui viviamo.

Il sapiente sviluppo concettuale di un pensiero archi-

tettonico nasce forse come nasce un’opera d’arte, con

la differenza sostanziale che l’architettura subisce una

spinta motivazionale dovuta a una richiesta funziona-

le che si traduce inizialmente nel dare riparo all’esse-

re umano, e in una fase più evoluta cerca di suscitare

nell’abitante tutte le emozioni che l’abitare comporta,

Influenze bilaterali tra arte e architettura

Page 58: Matteo buccoli abitare la crisi1

51

Questa idea, creata per un festi-val d’arte in Norvegia, consi-site in una struttura gonfiabile che ospita fino a dodici persone e ha il compito di fare la spo-la tra due sponde di un fiume. L’idea di fondo è quella di creare una nuova infrastruttura diversa dai soliti messi che siamo abi-tuati a vedere emette in evidenza l’ecologicità dell’installazione. Questa infatti permette un ri-sparmio netto sui carburanti che sarebbero stati necessari per ri-fornire una navetta che avrebbe compiuto lo stesso lavoro. Dello stesso concetto un’altra sua opera che consiste sempre in un colle-gamento infrastrutturale basato sulla teconologia di teli gonfia-bili: un ponte che collega due sponde di un fiume.

Lambert Kamps

Giostra trasportatrice

Ponte Gonfiabile

2002

Page 59: Matteo buccoli abitare la crisi1

52

di progettazione e la sua facilitazione da parte delle

tecnologie, è possibile tramite elaborati software

capire immediatamente se una struttura, che può

essere frutto delle più bislacche fantasie di forma,

possa reggersi in piedi e sopportare tutti i carichi

che una struttura civile deve sopportare seguendo

le leggi della fisica e le restrizioni delle leggi strut-

turali imposte dalle normative, si pensi agli edifici

di Gehry, che servendosi di tecnologie avanzate di

progettazione riesce a capire in tempi sicuramente

ristretti rispetto a decenni fa, se quelle sue strutture

dalle forme accattivanti siano traducibili in real-

tà architettoniche capaci di stupire lo spettatore e

l’abitante della metropoli moderna tanto quanto le

sculture di Balla abbiano affascinare a loro tempo i

visitatori dei musei modernisti.

Si pensi a quanto il cinema possa essere stato se-

dotto dall’architettura futurista – ilm come Blade

Runner, che stupiva lo spettatore proponendo mo-

delli urbanistici e architettonici ultrafuturistici che

non si discostano eccessivamente da quelli che può

visitare un qualsiasi turista che entra oggi a Tokyo

– e quanto questa sia stata a sua volta influenzate

dalle visionarie forme che abili sceneggiatori sia-

no riusciti a mettere in piedi grazie ai sempre più

spettacolari effetti speciali, è curioso a tal proposito

l’edificio progettato da Rem Koohlas che, ispiran-

dosi a Star Wars prende come forma base per un

to all’artista, se questo infatti deve colpire il proprio

committente con il proprio stile e suscitare un emozione

ed un pensiero particolare, l’architetto oltre a soddisfare

queste due esigenze, deve garantire un ambiente psi-

cologicamente sano che favorisca le esperienze sociali

occupandosi di organizzare nel migliore dei modi strut-

ture e infrastrutture che diventano solo apparentemente

una mera scenografia delle nostre azioni quotidiane, ma

diventano pura risorsa di stimoli, frutto di uno scambio

empatico che avviene inconsciamente tra uomo e am-

biente spaziale. Queste strutture e infrastrutture risulta-

no quindi un autoritratto di una società che dimostra a se

stessa quanto risulta evoluta, capace di relazionarsi con

le risorse naturali e attenta ai propri bisogni che siano

essi fisici, energetici, sociali .

Se prima questo scambio empatico di idee risultava uni-

laterale a favore dell’architettura - si pensi ad esempio

quanto le opere di artisti come Picasso, Tatlin, Male-

vich, Theo Von Dohesburg possano aver influenzato

architetti come Van Der Rohe e Le corbusier nei primi

decenni del XX secolo - dalla metà del secolo scorso,

ma soprattutto in questi ultimi decenni di evoluzione

tecnologica particolarmente fertile e in sempre più ve-

loce crescita sia possibile creare uno scambio quasi alla

pari tra le più differenti e innovative arti “analogiche”

e “digitali”. Un esempio semplice ma efficace che può

rendere l’idea di quello che è stato il passo in avanti che

ha reso possibile questo scambio alla pari è la velocità

Page 60: Matteo buccoli abitare la crisi1

53

Perfetto esempio di ripensamen-to di materiale non tradizionale associato all’idea di riciclo e im-patto ambientale minimo, i Ku-bic Bar sono dei locali notturni itineranti creati utilizzando come modulo base cisterne d’acqua da 1000 litri.Le cisterne vengono allineate e impilate per creare ambienti aperti che ospitano eventi mu-sicali elettronici nelle maggiori capitali europee. Caratteristica peculiare è infatti la sua modu-larità nomade e l’estetica accat-tivante data dalle luci all’interno delle cisterne modulate in base alla musica suonata. Il Kubik è un locale itinerante simbolo di un design ecosostenibile.

Balestra Berlin, Modular Beat

Kubic Bar

2006

Page 61: Matteo buccoli abitare la crisi1

54

pretazione dell’abitare contemporaneo, aprendo

quindi nuove porte all’evolversi dell’architettura

e proponendo quindi nuove soluzioni ai problemi

dell’abitare moderno.

Hotel a Dubai la nave spaziale Dead Star. Facendo un

parallelo l’architettura può essere paragonata all’arte

della fotografia, che cristallizza tramite le sue opere

l’istante vissuto memorizzando nelle scelte strutturali

e compositive quelle che sono le caratteristiche della

città, le sue scelte compositive che rispecchiano il gu-

sto ideologico e tecnologico del momento, permettendo

una costante visione del suo divenire al cittadino che

attraversa la città, il quale, così come viene sfogliato un

album fotografico della propria giovinezza, evoca nel

cittadino spettatore-attore quelle emozioni e sensazioni

che si provano nel ricordarsi come si è stati, come ci

si vestiva, cosa si provava in quel periodo, che nell’al-

bum-città si traducono negli stili abitativi che venivano

proposti dal modus vivendi del momento, evidenziando

quelle che possono essere le inadeguatezze contempo-

ranee che l’abitare odierno si ritrova ad affrontare o

mostrando quali scelte mettono in luce l’architetto che

era riuscito a prevedere e a tradurre quelle che sono le

esigenze che il nostro vivere pone e permettendo ora

di capire quale potrebbe essere il futuro architettonico

migliore che ci si potrebbe augurare.

L’arte diventa quindi una risorsa che gioca un ruolo

strategico anche in questo periodo di crisi globale, è

infatti uno strumento grazie al quale si possono trava-

licare quei limiti puramente concettuali che si formano

durante l’evolversi degli stili architettonici diventando

quindi un nuovo strumento d’osservazione e di inter-

Page 62: Matteo buccoli abitare la crisi1

55

Un’unità mobile che unisce due elementi di trasporto mai pensa-ti associabili fin’ora: bicicletta e roulotte. Questo microscpazio studiato alla perfezione per adat-tarsi alla vita nomade di questo street artist newyorkese è facil-mente associabile a quello che può essere lo stile di vita di una lumaca fatta eccezione per la ra-pidità di spostamento. Una casa simbiotica che si fonde perfetta-mente con il fruitore rendondola accessiorio indispensabile.

Kevin Cyr

Camper Bike

2008

Page 63: Matteo buccoli abitare la crisi1

56

pio è passata da 189 a 900 chilometri quadrati tra il

1930 e il 1988, Bangkok da 67 chilometri quadrati

a fine anni cinquanta a 426 nella metà degli anni

novanta) e che spesso non riescono a svolgere alla

perfezione tutte le loro funzioni strutturali e sociali

rispecchiando quella che diviene con l’aumentare

del benessere e dello sviluppo tecnologico una si-

tuazione economico sociale fortemente sbilancia-

ta: così come si crea uno sbilancio tra ignoranza e

cultura, ricchezza e povertà, si crea anche uno sbi-

lancio urbanistico che crea quartieri residenziali e

baraccopoli. La metropoli viene quindi sottoposta

ad un continuo stato di crisi che scatena emergenze

architettoniche alle quali i progettisti tenteranno di

dare risposta anche tramite soluzioni progettuali di

tipo microscopico.

Queste crisi, che mettono in discussione il fenome-

no dell’abitare creando degli sbilanciamenti econo-

mico sociali, spostano i problemi architettonici met-

tendo in dubbio il paradigma da sempre preso come

esempio dai professionisti del settore , esempio di

comprovata soluzione in risposta ai problemi legati

agli stili abitativi comuni basati sulla sedentarietà

industriale, i quali richiedevano appunto durabili-

tà, stabilità e sicurezza e mettendo in evidenza che

questo non è più l’unica soluzione che soddisfa la

richiesta sempre differente dell’utente. Dall’inizio

del secolo scorso tecnologia, l’industrializzazione

Architetturad’emergenza

Da secoli l’architettura e l’ingegneria hanno avuto l’im-

portante compito di darci ambienti sicuri e confortevoli

nei quali svolgere le attività che da sempre hanno ca-

ratterizzato l’esistenza umana : dormire, lavorare , stu-

diare, pregare, creare famiglie. Questi involucri creati

con i più vari materiali e caratterizzati da una morfolo-

gia stabile e duratura nascevano appunto dall’esigenza

umana di creare una stabilità territoriale e sociale che

rispecchiasse quello che le stile di vita del ‘900 rappre-

senta come mai prima d’ora nella storia dell’uomo, os-

sia uno stile di tipo abitudinario, caratterizzato dall’ab-

bandono del nomadismo e da un attaccamento al luogo

in cui l’abitante riesca a costruire una sua vita personale

composta principalmente da un lavoro stabile, una fa-

miglia unita e nel quale possa svolgere tutte le attività

ricreative e di culto, dove possa sentirsi protetto, parte

di una comunità e ingranaggio di un sistema complesso.

Questi involucri creano così le città metropolitane: ma-

cro architetture che ospitano ingenti quantità di utenti e

che tendono a crescere a velocità smisurata e mai vista

prima d’ora (San Paolo del Brasile per fare un esem-

Page 64: Matteo buccoli abitare la crisi1

57

Il terremoto del 1995 a Kobe in Giappone è stato per Shigeru Ban, architetto noto per il suo utilizzo del cartone, un’occa-zione per poter dare una nuova abitazione a tutte quelle persone che mesi dopo il terremoto si tro-vavano ancora accampati nei par-chi vicino alle loro case distrutte.L’abitazione consiste in un nu-cleo di 16mq facilissima da tra-sportare e da montare realizzato tramite l’utilizzo di tubi cavi di cartone trattato per resistere all’acuqa e in minima parte al fuoco per la realizzazione delle pareti, le fondazioni sono rea-lizzate utilizzando casse di birra riempite di sabbia . La copertura è strutturate per rimanere aperta in estate per permettere la giusta ventilazione e chiusa in inverno per isolare.

Shigeru Ban

Emergency House

1995

Page 65: Matteo buccoli abitare la crisi1

58

ve l’asso di tempo, riparo e assistenza a coloro che

si trovano nello stato di emergenza. Fortunatamente

questa situazione è eccezionale, almeno nei Paesi

industrializzati e che in genere tende a risolversi e

a lasciare il posto ad una condizione di normalità

entro tempi brevi. Nei Paesi meno avvantaggiati lo

stato di emergenza è purtroppo molte volte la nor-

malità. Basti pensare alle epidemie, alle carestie,

allo spostamento di un gran numero di persone

che scappano da conflitti, agli eventi naturali non

previsti e che colpiscono territori non attrezzati per

affrontare tali situazioni, ecc

Emergenza molte volte non è solo una situazione

eccezionale nei paesi in via di sviluppo, molte volte

questa si viene a formare anche nei paesi di mag-

giore sviluppo come gli Stati Uniti , sotto diverse

forme che non rappresentano come definito prima

una situazione di pericolo imprevista, ma bensì

come una regola alla quale è sottoposta una grossa

fetta di popolazione e che viene messa in evidenza

ogni qual volta ci si imbatte nell’ambito dell’acqui-

sto della prima casa, la quale ha spesso costi troppo

elevati rispetto a quello che è il reddito annuo pro

capite medio, oppure riguardo l’accoglienza di im-

migrati clandestini sempre più in fuga da situazioni

disagiate. Questa emergenza spesso non viene per-

cepita come tale ma come una situazione che esiste

alla quale prima o poi si troverà rimedio.

e l’ampliamento dei centri abitativi sono andati di pari

passo creando una sempre maggiore fuga dalle campa-

gne e conseguente sovraffollamento degli spazi urbani.

Le crisi possono avere cause umane o naturali: stiamo

parlando di conflitti bellici, attacchi terroristici, stermini

di massa, terremoti, tsunami, alluvioni, desertificazione,

e fenomeni di più moderna concezione come nomadi-

smo e neonomadismo, immigrazione, globalizzazione,

fusione di culture dalle differenti abitudini e scompensi

economici su scala internazionale; queste cause appena

elencate sono spesso correlate le une alle altre, e per la

maggior parte sono in ogni caso riconducibili a negli-

genze sociali, economiche ed ecologiche che scatenano

conseguenze spesso sottovalutate da tutti gli esperti dei

settori dirigenziali che creano quello che viene defini-

to come “gruppo di scelta” che pianifica e indirizza lo

sviluppo mondiale sempre più a favore dei paesi indu-

strializzati.

Il progettista si ritrova quindi a dover rispondere in pri-

mo luogo a un’emergenza: Ma cos’è una emergenza? E

soprattutto quali sono i diversi approcci per l’emergenza

nell’ambito architettonico? Dal vocabolario della lingua

italiana di Nicola Zingarelli: Emergenza: circostanza o

eventualità imprevista, specialmente pericolosa. Quindi

un’emergenza è un evento in genere imprevisto e pe-

ricoloso, che richie l’ausilio dell’architettura, in questa

tesi le soluzioni architettoniche emergenziali analizzate

riguardano in genere la possibilità di dare, entro un bre-

Page 66: Matteo buccoli abitare la crisi1

59

Questo prototipo d’architettura mobile, uno dei primi nel suo genere, oltre ad essere potenzial-mente destinata a chi preferisce non legare con con il territorio è destinata anche ad offrire soc-corso abitativo a chi si ritrova vittima di disagi ambientali come terremoti e tsunami o a popola-zioni vittime di disagi sociali come migrazione di massa. .Si tratta di un’architettura dei container: il modulo utilizzato è quello di 20’, i lati corti sono apribili, sono situati quì ingresso e aperture per la luce. Le fonda-zioni necessarie sono minime, E’ dotato di una copertura che provvede all’ombreggiatura e gli interni sono rifiniti in legno com-pensato.

Sean Godsell

Future Shack

1987

Page 67: Matteo buccoli abitare la crisi1

60

di creare alloggi provvisori per i soldati. La prima

emergenza affrontata dal design risale al primo

dopoguerra. Nel 1917, in Francia, sono state eret-

te delle case di legno (demontable wooden house)

completamente assemblabili a secco per i rifugiati

della Grande Guerra. Nella seconda guerra mondia-

le furono molte le case d’emergenza progettate per

gli sfollati. Lo straordinario architetto finlandese

Alvar Aalto progettò un rifugio di emergenza tem-

poraneo in grado di essere trasportato e utilizzato

da quattro famiglie con un sistema di riscaldamento

centralizzato e nel 1945 la US Federal Public Hou-

sing Autority degli Stati Uniti preparò circa 30.000

nuclei prefabbricati temporanei di prima emergen-

za da spedire in Gran Bretagna. Mentre nella pri-

ma parte del secolo scorso il design d’emergenza

ha avuto come luogo privilegiato l’Europa, a causa

dei danni dei due conflitti mondiali, oggi sperimen-

ta le sue potenzialità in paesi più disagiati come

l’Africa. Nel 1936 Wally Byam costruì la prima

roulotte aerodinamica, la Durham Portable House,

che costava tra i 1˙500 e i 3˙000 dollari, che non

solo imitava la casa convenzionale, ma fu anche

precursore del “double-wide”, cioè poteva essere

trasportata in due parti e assemblata in loco come

singola abitazione (in genere hanno dimensioni che

possono raggiungere i 9 metri di larghezza e i 27 di

lunghezza). La casa mobile non fu il solo successo

Si affronta quindi con il passare del secolo uno stra-

volgimento del concetto di emergenza. Durante i primi

conflitti bellici era il creare alloggi provvisori per sol-

dati, alloggi per sfollati e rifugiati di guerra, riguardava

l’accoglienza dei profughi di guerra, soprattutto doveva

affrontare lo scenario di distruzione provocato dall’au-

mentare della potenza delle armi, scenari che si presen-

tavano sotto forma di città rase al suolo, edifici sventra-

ti, bruciati, resi completamente inutilizzabili dall’uomo

che si ritrova in ambienti poco sicuri, inospitali e deci-

samente malsani. Nonostante la situazione catastrofica

creatasi questa tipologia di emergenza poteva essere

considerata temporanea e risolvibile con la riedificazio-

ne e il riassestamento del territorio urbano, ricreando

dalla base quella che è la città, ma ripetendo un processo

edilizio costruttivo basato quindi sulle stesse caratteri-

stiche precedenti e rimarcando quindi quelle che pote-

vano essere le lacune progettuali già evidenziate.

I primi esempi di risposta architettonica sono quindi

riconducibili ai conflitti bellici mondiali, il primo ad

occuparsi di queste tipologie abitative fu Jean Prouvé,

fabbro francese (architetto mancato, non riuscì a stu-

diare per problemi economici) che nel 1939 propose al

Ministere de l’Armée la costruzione di 300 baracche in

due moduli, quadrati 4x4m e rettangolari 4x6m, entram-

bi smontabili con la struttura portante a vista rivestita in

pannelli di legno; questi moduli rappresentano le pri-

me produzioni in serie di case realizzate con l’obiettivo

Page 68: Matteo buccoli abitare la crisi1

61

Architettura d’emergenza non si-gnifica solo pensare a creare un ripare a situazioni di precarietà abitativa ma significa riconside-rare per intero anche i materiali non convenzionali edili. Questo mattone nasce dai detriti forma-tisi dopo il terremoto di Sichuan in Cina

Liu Jaikum

Rebirth Brick

2003

Quest’architettura tremporanea in movimento è una vera e pro-pria opera d’arte realizzata però per avere una funzione reale: può fungere da primo ripare per si-tuazioni emergenziali, diventare in caso di necessità diversi capi d’abbigliamento o sacco a pelo.

Studio Orta

Tenda Rifugio

Page 69: Matteo buccoli abitare la crisi1

62

dere a fornire un riparo alle persone, possono essere

abitazioni, luoghi di lavoro, spazi per la collettività,

comunque tutti temporanei. L’utilizzo degli shelter

diventa comune dopo la Seconda Guerra Mondiale:

per la prima volta nella storia il numero dei civili

morti superò quello dei soldati, la distruzione delle

città e dei paesi non aveva precedenti e praticamen-

te tutta l’Europa doveva essere ricostruita. Da que-

sto momento in poi l’attenzione dei progettisti si

spostò sui rifugi di emergenza, i quali divennero la

priorità per dare un tetto ai milioni di sfollati.Ven-

nero sviluppate numerose strutture modulari e indu-

strailmente producibili con risultati sicuramente in-

teressanti dal punto di vista archietttonico ma poco

funzionali per quanto riguarda i trasporti , merita

attenzione il Pavillon 6x6. quest’ultima unità abita-

tiva fu concepita per rispondere alle richieste di 450

abitazioni provvisorie avanzata dal Ministero della

Ricostruzione francese. La possibilità dell’assem-

blaggio da parte di pochi uomini e a secco permet-

teva che questi rifugi fossero disponibili in breve

tempo e senza aggiunta di altri materiali oltre quelli

che uscivano dalla fabbrica produttrice. La copertu-

ra si poggiava su puntoni in lamiera che costituiva-

no la struttura principale e veniva successivamente

controsoffittata. Il pavimento era in legno, sollevato

da terra e sostenuto da una intelaiatura metallica.

Gli elementi di chiusura verticale erano pannelli di

delle abitazioni prodotte per la grande massa in Ameri-

ca prima della Seconda Guerra Mondiale. Tra il 1908 e

il 1940 il venditore americano Sears, Roebuck and Co.

Vendette più di 100˙000 case dal proprio catalogo. Le

case venivano vendute in più di 30˙000 parti, complete

di istruzioni di assemblaggio e due alberi per il giardino

e per un breve periodo queste case offrirono una valida

alternativa alle costruzioni tradizionali. Le case poteva-

no essere acquistate a un prezzo che andava da 650 $

per le più piccole, da fino a 1˙000 $ per le medie; in più

la società garantiva che “un uomo di medie capacità”

poteva costruire con il kit a disposizione, la casa in soli

90 giorni

L’architettura dell’emergenza contemporanea è preva-

lentemente legata agli shelter (solitamente hanno un

aspetto simile ad un container per il trasporto ma sono

costituiti da profili metallici saldati, e sul soffitto in

grado di fornire protezione dagli sbalzi di temperatu-

ra esterne ed una o più porte per l’accesso). Il termine

inglese, tradotto “rifugio”, che viene definito in Tents:

A Giude to the use of the family tents in humanitarian

relief (2002) edito dall’Office for the Coordination of

Humanitarian Affair dell’ONU come “an habitable, co-

vered living space”, inteso non solo come un tetto, un

riparo, ma come spazio in grado di contenere comfort,

accessori e possibilità di accedere facilmente ai servizi

essenziali per la sopravvivenza. Gli shelter in genere

sono dei sistemi assemblati a secco che devono provve-

Page 70: Matteo buccoli abitare la crisi1

63

Quello che lo studio cerca di sot-tolineare con ques’opera archi-tettonica, oltre a dare ripare agli sfollati di New Orleans vittime dell’uragano Katrina, è catturare l’attenzione dei media mondiali sull’importanza della precarietà edilizia americana totalmente im-preparata ad affrontare situazioni emergenziali

Studio Graft

Pink Tend

Tradizione Iraqena

Casa Khalili

Facili da realizzare in qualsiasi parte della terra, la casa Kahlili sfrutta le risorse naturali presen-ti in loco e permette tramite una semplicissima tecnica di posa di costruire case di primo soccorso utilizzando camere d’aria piene di terra.

Page 71: Matteo buccoli abitare la crisi1

64

nessione di parti a loro volta assemblate in fabbrica.

La ricerca volgeva verso il superamento delle rigide

schematizzazioni determinate dalla produzione in-

dustriale con la volontà di giungere a combinazioni

flessibili dei vari elementi costituenti l’alloggio ga-

rantendo flessibilità e modificabilità. Scriveva Wa-

chsmann: “Lo sviluppo del modulo degli elementi

delle superfici universali viene determinato in so-

stanza da due condizioni opposte. Mentre un ele-

mento di costruzione dovrebbe venire dimensionato

il più grande possibile, per avere un minor numero

di giunzioni, che sono pur sempre i punti più deboli,

è necessario nello stesso tempo che esso sia il più

piccolo possibile, perché la sua maggiore o minore

utilità dipende dalla sua capacità di adattamento in

relazione ad infinite combinazioni, sia al momento

della progettazione che dell’applicazione”.

Nel 1945 negli Stati Uniti la US Federal Public

Housing Autority preparò circa 30˙000 abitazio-

ni temporanee prefabbricate di prima emergenza

da spedire in Gran Bretagna. Le piombature e i

fissaggi venivano spediti assieme alla struttura, ma

non venivano forniti gli arredi interni.

Proprio perché le situazioni di crisi non sono stret-

tamente prevedibili e gli scenari possono essere

innumerevoli, gli shelter che possono essere ideali

per le situazioni emergenziali devono rispondere

alle seguenti caratteristiche: devono essere facil-

legno con anima di alluminio. Interessante, anche sotto

l’ottica della diversità culturale tra Europa ed America,

è notare come nel continente americano tra il 1940 e

il 1945 circa otto milioni di persone hanno trovato un

nuovo alloggio con il programma edilizio nazionale

della National Housing Agency che comprendeva va-

rie tipologie quali: trailers, mobile houses, demounta-

bles, dormitories, temporary houses, ecc. Gli Stati Uniti

d’America sono i pionieri nella progettazione e creazio-

ni di case o semplici “shelter” montabili in poco tempo

e trasportabili. Le linee di ricerca principali erano due:

quella di Richard Buckminster Fuller che utilizzava le

industrie che si stavano via via convertendo dalla pro-

duzione bellica e quella dalle varie agenzie per la casa

che proponevano delle case facilmente trasportabili

generalmente di legno. Nel secondo caso, identificato

dall’alloggio unifamiliare in legno come la portable

unit cottage della TVA, (Tennessee Valley Authority),

la sperimentazione avveniva tutta in fabbrica e le fasi di

montaggio che potevano essere più complicate per l’ac-

quirente venivano eseguite già in fase di produzione.

Walter Gropius, durante la sua esperienza ad Harvard

intraprese una prestigiosa collaborazione con la General

Panel Corporation; insieme a Wachsmann condussero

una formulazione più matura ed esaustiva del sistema

strutturale prefabbricato. La loro interpretazione delle

strategie connesse con la prefabbricazione intendeva ri-

spondere all’assemblaggio della struttura tramite la con-

Page 72: Matteo buccoli abitare la crisi1

65

I-beam New York

Pallet House

Il modulo abitativo utilizza come struttura e modulo co-struttivo dei comuni banca-li di legno, molto facilmentereperibili nelle zone ove arrri-vano dei cargo con aiuti umani-tari. Soluzione alternativa alle tendopoli, la struttura abitativa d’emergenza può anche evolvere in una struttura residenziale tem-poranea per più lunghi periodi se combinata con l’utilizzo di altri materiali reperibili sul posto: teli catramati, calcinacci, fango, terra, legno, cemento, lamiere, schiume espanse, gommapiuma, materiali utili per migliorare l’isolamento e prevenire la pene-trazione dell’acqua. Un esempio concreto di riutilizzo dei bancali, molto efficace in termini di co-municazione per quanto riguarda la sensibilizzazione al riciclo e al riuso dei materiali

Page 73: Matteo buccoli abitare la crisi1

66

mente trasportabili, trasformabili, flessibili ed adattabi-

li. Trasportabilità, come possibilità di insediamento in

luoghi di volta in volta differenti; trasformabilità, come

attitudine a cambiare configurazione rispetto alle diver-

se condizioni ambientali; trasportabilità e trasformabili-

tà insieme, come risposta a modalità d’uso in continua

evoluzione, flessibili nella possibilità che ci sia un cam-

bio di destinaizone d’uso e adattabili alle varie situa-

zioni ambientali che si possono generare in un contesto

emergenziale. In generale si può dire che l’architettura

trasportabile, ha come oggetto l’architettura progettata

per essere spostata; l’architettura trasformabile, riguarda

l’architettura in grado di modificare il proprio assetto.

Page 74: Matteo buccoli abitare la crisi1

67

Hoenes

Can House

Ciò che per l’occidente è im-mondezza per un paese del terzo mondo si trasforma risorsa, que-sto progetto, denuncia dell’emer-genza ambientale, mette in risalto l’idea di fondo secondo la quale qualsiasi materiale di scarto può avere una seconda vita e diventa-re architettura.

Alfred Heineken

WoBo(World Bottle)1960!

Perché buttar via un oggetto che potrebbe avere una seconda vita ed essere impiegato come ma-teriale da costruzione? Un’intu-izione geniale abbandonata per mancanza di mercato: creare bot-tigliedi birra dalla sezione quadra-ta che dopo l’utilizzo tradizionale acquistano una nuova vita diven-tando mattoni. Un intuizione pre-matura che rende perfettemante l’diea del concetto di materiale non convenzionale per l’edilizia.

Page 75: Matteo buccoli abitare la crisi1

68

In relazione a quanto scritto fin’ora sui problemi abitativi

legati alla crisi globale e allo sviluppo di nuovi modi di

relazionarsi con il territorio esiste un tipo di architettura

che riesce nella sua semplicità concettuale ad assumere

soluzioni formali e funzionali per le questioni sull’abita-

re elencate fino a questo punto. Si tratta dell’architettura

dei container, branchia dell’architettura giovanissima e

sempre più di moda tra i soggetti di ricerca degli studiosi.

intro

L’architettura dei container e l’I.S.O. container

condividono le stesse caratteristiche : sono prefab-

bricati, compatti, robusti, resistenti alle intemperie,

possono essere stabili o temporanei. La produzio-

ne di massa di questi container rende questo tipo

di architettura affidabile, ed è anche provato che è

enviromental-friendly: ricicla e riusa la sovrappro-

duzione industriale risultato dello sbilanciamento

del commercio con l’oriente. Il comune denomi-

natore dei container è sempre lo stesso (il contai-

ner standard ISO), ma i risultati del processo pro-

gettuale sono estremamente vari e di alta qualità.

Perché il container?

Page 76: Matteo buccoli abitare la crisi1

69

Robert Humble and Joel Egan

C320 STUDIO

2006

Situato su un lotto a fianco all’Enumclaw, Washington, C320, un efficiente casa tra-sportabile, fu costruita ini-zialmente come bungalow estemporaneo. L’unità com-posta da due container può ospitare due persone ed è stata progettata per rimanere scollegata da tutti i tipi di im-pianti. I due container sono affiancati e traslati longitu-dinalmente di 1,8 m, creando uno spazio centrale che di-venta soggiorno e zona pasti sparando i due container che diventano rispettivamente bagno e camera da letto. L’in-terno è decisamente lumino-so, l’ambiente è illuminato dai lati corti che diventano finestre a tutt’altezza e da un portellone scorrevole compo-sto da vetrate su una parte longitudinale che dà sulla li-ving room.

Page 77: Matteo buccoli abitare la crisi1

70

Prima o poi gli architetti avrebbero avuto avviso di un

perfetto sistema di lego giganti che, dopo aver viaggia-

to attorno al mondo, approdassero nei porti formando

dei veri e propri quartieri. Il collegamento associativo

con l’archiettura è ovvio. Gli architetti hanno aspettato

a lungo una soluzione architetturale low cost , special-

mente nell’ambito dell’housing che fosse modulare,

di facile trasporto, prefabbricato e prodotto in massa.

Questo potenziale sistema costruttivo, che ebbe i suoi

primi prototipi nella seconda metà del secolo scorso,

faticò ad affermarsi in quanto nel periodo in cui venne

proposta l’idea era troppo rivoluzionaria e limitata ad

un numero ristretto di persone, il mercato in quel pe-

riodo proponeva infatti modelli prefabbricati dai costi

inferiori e caratterizzati da una maggiore qualità dei

comfort impedendone quindi una produzione di massa

e diventando oggetto di studio da parte di ricercatori.

Ma l’ISO container, compagno e figlio della globaliz-

zazione, sta diventando a tutti gli effetti un potenziale

componente edilizio cosmopolitano che riesce grazie

alla sua natura modulare e alle sue caratteristiche intrin-

seche a diventare tutto quello che un progettista vuole.

Un modulo, infinte soluzioni

I C. hanno diverse caratteristiche che ne rendono

conveniente il suo uso in architettura: è prefabbri-

cato, economico, prodotto in massa, facilmente tra-

sportabile tramite tutti i mezzi disponibili (aria, gom-

ma, ferro, acqua), è duraturo, riciclabile e riusabile.

piuttosto comuni ed economici, solitamente un C.

da 20 piedi usato costa intorno ai 1000 € mentre

uno nuovo costa sui 3000€. Usare i C. da traspor-

to come componente edilizio risulta nella maggior

parte dei casi meno costoso e più conveniente ri-

spetto all’architettura tradizionale per la soluzione

di problemi edilizi. Il basso costo di questo tipo di

costruzioni è anche dovuto al suo sistema di natu-

ra modulare, che permette alla struttura di essere

deassemblata, spostata e riassemblata velocemente

e con facilità. Questa caratteristica permette alla

casa di essere costruita gradualmente, assecondan-

do le necessità abitative di chi le abita ed evolven-

dosi insieme al corso di vita di chi la occupa. La

robustezza del guscio esterno si presta alle modi-

fiche fatte in opera e sfida le peggiori condizioni

ambientali, caldo, freddo, acquazzoni e grandina-

Caratteristiche

Page 78: Matteo buccoli abitare la crisi1

71

L’interno è rivestito in legno compensato, contrastando con l’esterno, il quale è stato lasciato nelle sue fattezze ori-ginali – la lamiera non è stata toccata minimamente, pre-senta la sua vernice industria-le originale e numero di serie del container per sottolinear-ne la sua provenienza – Que-sta architettura mira infatti a non stupire esteticamente quanto progettualmente : utilizza pannelli solari, foto-voltaici ed è ottimizzata per utilizzare l’acqua piovana, è stata realizzata con materiali atossici e ha un’interessante caratteristica che ne annulla in totale l’impatto ambientale : può essere montata e smon-tata in un’ora senza lasciare la minima traccia della sua presenza.

Page 79: Matteo buccoli abitare la crisi1

72

in c.a, un esempio di tale rapidità di edificazione è

il London Riversite Building (16,145 sq ft) è stato

tirato su in meno di una settimana. Diversi progetti,

principalmente i più piccoli e concettuali, tendono

ad essere energeticamente autosufficienti e privi di

allaccio alle reti grazie all’utilizzo di pannelli solari

e l’utilizzo di acque di raccolta. Attenzione speciale

è anche posta sull’arredamento spesso utilizzato in

coerenza con questo tipo di architettura: vengono

sovente utilizzati materiali eco friendly.

L’architettura dei C. tuttavia ha anche dei lati

meno accattivanti con i quali gli architetti e gli in-

gegneri si sono dovuti confrontare: questi hanno

bisogno infatti di essere isolati termicamente ed

acusticamente, la tecnologia edilizia odierna per-

mette però di affrontare queste difficoltà con meno

difficoltà rispetto ai decenni passati, vengono ad

esempio utilizzati manti di isolamento a base ce-

ramica utilizzati prima nell’ambito aerospaziale

che permette di ottenere le condizioni di isolamen-

to necessarie con il minimo utilizzo di materiale.

I carichi termici possono essere ridotti anche at-

traverso l’aggiunta di gusci protettivi che spesso

svolgono anche la funzione di protezione contro

le forze fisiche esterne. Questi gusci sono ovvia-

mente resi impermeabili e permettono un’aerazio-

ne della costruzione tramite appropriati sistema di

ventilazione. Per quanto riguarda l’illuminazione,

te, venti forti e altre intemperie. Queste caratteristiche

sono pienamente assorbite dall’architettura dei C..

Nel momento in cui ci si è resi conto di dover smuo-

vere la nostra coscienza ed avere maggior rispetto nei

confronti dell’ambiente, un ulteriore vantaggio è stato

il fatto che il C. è largamente riciclabile e riutilizzabile,

questo infatti essendo composto per il 90% di acciaio

rientra perfettamente nei cicli di riciclaggio del metal-

lo e nel caso non dovesse venire riciclato, le sue parti

risultano perfettamente riadattabili per altri utilizzi nel

campo architettonico. Inoltre, se gli edifici vengono

costruiti con i C., l’utilizzo degli altri materiali edilizi

viene drasticamente ridotto. Tutte queste caratteristiche

si conformano perfettamente con quelle che sono le 3

R del concept design: REUSE, RECYCLE, REDUCE.

Le costruzioni composte da C. generalmente non han-

no bisogno di scavi di fondazione, il ché riduce l’im-

patto ambientale sul sito in quanto non viene alterata

la natura dell’ambiente, non vengono utilizzati mezzi

che produrrebbero inquinamento acustico e ambienta-

le, vengono ridotti i costi d’impresa in quanto non si

dovrebbero affittare né i mezzi di scavo né pagare gli

operai specializzati in questo tipo di lavoro. Questo ge-

nere di architetture sono veloci da montare: edifici di

modeste dimensioni possono essere assemblate nell’ar-

co di una sola giornata mentre edifici di scala maggio-

re hanno tempi di costruzione in ogni caso ridottissimi

rispetto a quelli che può avere una struttura composta

Page 80: Matteo buccoli abitare la crisi1

73

Stankey cabin : Situata in una prateria a circa due ore da Twin Cities, Minnesota, in una piccola comunità chia-mata Holyoke, lo Stankey Cabin è un perfetto esempio di casa auto costruita con l’utilizzo dei conteriner da trasporto. l’architettura con-siste in 2 container da 20 pie-di affiancati sul lato lungo e distanziati della misura di un ulteriore container, creando uno spazio centrale che si so-praeleva di un piano.Il tutto è sopraelevato e appoggiato su dei piccoli moli, l’accesso è consentito da una scalinata che porta all’atrio centrale. Gli ambienti si dividono in cucina, zona pranzo, sog-giorno, lavanderia e doppia camera da letto.

P. Stankey, S. Stankey

Stankey Cabin

2007

Page 81: Matteo buccoli abitare la crisi1

74

che ad un’architettura in sé, celavano un potente

concept e mettevano in risalto le caratteristiche ti-

piche dei C., come mobilità e natura cosmopolita,

così come il suo spaziale ascetismo e l’arredamento

interno quasi sempre minimalista ( Future Shack,

S.Godsell) i cui proto-utenti erano quelli così chia-

mati “nomadi urbani”.

Ma dopo l’architettura dei C. proseguì oltre e quan-

do i tradizionali materiali da costruzione entrarono

a far parte del processo di costruzione e ne rese-

ro il disegno più vicino a quello che era il classico

approccio architettonico, la cerchia dei potenziali

utenti si allargò. Nel futuro le case C. ci si aspetta

diventino sempre meno sperimentali e più simi-

li a quelle che sono le odierne case prefabbricate

disponibili nel mercato. Ciò che sembra spingere

l’architettura dei C. a crescere è la sovrapproduzio-

ne, ci sono C. inutilizzati in ogni parte del pianeta,

ciò grazie allo sbilanciamento del commercio tra

occidente ed oriente, posto in cui vengono prodotti

la maggior parte di questi. L’occidente importa più

C. di quanti ne esporti, rispedirne uno vuoto costa

$900 ed è spesso più economico comprare un nuo-

vo C. in oriente (principale fonte di produzione )

piuttosto che rispedire il proprio C. da riempire. Il

risultato è che nei porti occidentali si viene a forma-

re un’accatastamento di C. vuoti. Nella sua ricerca

“Shipping C.s as buildings elements” J.D. Smith

vengono applicati dei tagli alla lamiera sui quali ven-

gono sistemati senza difficoltà tecniche finestre e porte.

Il container come solu-zione ai problemi moder-ni dell’abitare

L’architettura dei C. testimonia uno sviluppo di proces-

so edilizio e analisi dei problemi con il metodo del tipo

Bottom-up, che gli architetti riuscirono a intraprende-

re solo in una successiva fase dello sviluppo di questo

settore. Questa compatta e resistente scatola di metallo,

che resiste a intemperie, incendi, terremoti e altri tipi

di inconvenienze, venne inizialmente utilizzata per far

fronte ad emergenze abitative primarie, come catastrofi

ambientali, specialmente nei paesi del terzo mondo que-

sto diviene quasi spontaneamente riparo, magazzino e

scudo per popolazioni disagiate.

A primo impatto, i primi progetti che utilizzavano i C.

erano più vicini ad un manifesto architetturale piuttosto

Page 82: Matteo buccoli abitare la crisi1

In un piccolo lotto di Fernwood Village, Victoria BC , è situato lo Zigloo Domestique. Questa co-struzione unifamiliare dà spunto a tutti i fan dell’autocostruzione che vorrebbero utilizzare contai-ners per creare la propria abita-zione. L’ architetto Keith Dewey ha basato il suo Zigloo sul con-cept design delle 3 R: l’uso di container da trasporto ( Riciclo, riuso) e l’utilizzo moderato di materiali (riduzione), costruendo lo Zigloo con solo un terzo del le-gno necessario per costruire una tipica casa canadese (canadian wooden frame house ). Utilizza otto container, disposti su tre li-velli , che poggiano su una base di cemento priva di solaio che da vita alla lavanderia, al bagno e alla zona relax. Il piano sopraele-vato ospita il soggiorno, la cucina e la zona pranzo, mentre un ulte-riore bagno e le camere da notte si trovano nel piano superiore.

Keith Dewey

Zigloo

2005

Page 83: Matteo buccoli abitare la crisi1

76

suppone ci siano circa 125000 C. abbandonati solo in

Gran Bretagna e circa 700.000 in USA. Questi occupa-

no spazio e sono un potenziale danno ambientale e gli

operatori portuali cercano di sbarazzarsene rivendendo-

li a bassi costi. Partendo da uno dei punti fermi dell’eti-

ca architettonica, è giusto che un architetto non crei il

problema, ma si preoccupi di trovare una soluzione.

In parallelo all’evoluzione del C., gli studi progettistici si

occuparono di dare a questo nuovo blocco edilizio tutte

le possibili sfaccettature, partendo dall’housing, fino al

dare riparo all’esercito o a sistemare per periodi brevi o

meno brevi persone vittime di disagi ambientali, sociali

ed economici. Queste architetture vennero inizialmente

disegnate per un mercato che ha bassi standard esteti-

ci, mettendo come primo obiettivo quello di ottenere

una struttura efficiente e dai costi ridotti. Oggigiorno

l’architettura dei C., sia quella autoprodotta che quella

prodotta industrialmente, include: moduli d’emergenza,

scuole, case urbane e rurali, uffici e studi professionali,

negozi, cliniche mediche, stazioni radar, atelier, merca-

ti, spazi espositivi, saloni, arte astratta, ponti, bars, risto-

ranti, garages, hotels, campus, asili nido, gallerie, musei.

Sviluppo

L’architettura dei C. spazia su diversi campi e con-

tinua ad evolversi in direzioni diverse. L’attuale

interesse popolare per la prefabbricazione edilizia

e le sempre più numerose aziende di conversione

di C. in sistemi edilizi testimonia il fatto che l’ar-

chitettura dei C. è una realtà attuale che sta con-

quistando una fetta sempre maggiore di mercato,

le motivazioni di questa continua crescita è dovuta

alla grossa disponibilità di materia prima (C.) che

risiede inutilizzata nei vari porti e alla continua

ricerca da parte dei progettisti sul miglioramento

dei comfort abitativi di questo tipo di costruzioni.

Il commercio globale continuerà infatti a produrre

C. monouso creando una continua e crescente ri-

chiesta di questi prodotti, ma questo crescere nu-

mero non è ovviamente la garanzia di un cambio

radicale di progettazione su scala globale a favore

dei C.. L’architettura dei C. continuerà comunque a

migliorare e ad evolversi, portando in ogni caso si-

gnificativi cambiamenti nella qualità costruttiva di

questa branchia del costruire. Si ritiene comunque

Page 84: Matteo buccoli abitare la crisi1

77

L’episodio racchiude tutte le ca-ratteristiche che contraddistin-guono i vantaggi di questa nuova architettura: è mobile, prefabbri-cata, pronta all’uso, mobile, au-tosufficiente. Quando è disabita-to il Port-a-bach appare come un normalissimo container, mentre quando è abitato uno dei suoi lati lunghi ruota su una cerniera bassa creando un piccolo terraz-zino e mostrando una facciata interamente vetrata, gli interni sono rifiniti in legno creando una piacevole ambiente confortevole, è provvisto inoltre di un guscio di tela che oltre a proteggere la privacy degli occupanti crea an-che uno scudo termico. Ospita fino a quattro persone e risulta un perfetto prototipo accolto dalla comunità neozelandese in so-stituzione all’archietipo di bach tradizionale.

Atelier Workshop

Port a Bach

2007

Page 85: Matteo buccoli abitare la crisi1

78

globale, il sostantivo C. deriva dal verbo inglese “to

contain” (contenere) denotando quindi la sua fun-

zione primaria (contenere oggetti di viaria natura)

. Solo una piccola parte dei C. viene utilizzata per

creare ambienti vivibili.In generale, l’ISO C. consi-

ste in una struttura d’acciaio con pareti e copertu-

ra superiore in lamiera, e una chiusura orzziontale

di base costituita da acciaio e assi di legno. Con il

passare degli anni i C. sono andati sempre più sem-

plificandosi eliminando ogni possibile ridondanza

strutturale. Il risultato è uno spazio pronto all’uso

pronto per essere architettonicamente modificato.

che i vantaggi che riguardano questo modo di costruire

rimangano temporaneamente la prefabbricazione e la

velocità di posa in opera, così come la produzione di

massa e in parte anche l’aspetto economico. Ma è anche

possibile che possano cambiare anche i materiali che

compongono i C.. Così come mostra il trend odierno,

un altro elemento cruciale nel business edilizio a parte

i costi, sia il consumo energetico e la coscienza eco-

logica. E’ possibile che l’acciaio venga sostituito con

un altro materiale che possa consumare meno energia

e dispendio di lavoro, che sia riciclabile e riutilizzabi-

le come e più dell’acciaio. Ci sono diversi scenari che

si prospettano per quest’architettura, tutti coerenti con

il trend della società attuale. In parallelo con gli ultimi

vantaggi dell’industria automobilistica poter compera-

re case via Internet potrebbe diventare semplice così

come lo è comperare un’auto. I clienti tramite i comuni

browser troverebbero le camere di cui avrebbero biso-

gno e tramite i consigli di un architetto in linea rice-

verebbero i consigli necessari per migliorare le proprie

abitazioni. Saranno disponibili modelli di case C. già

pronte e i clienti potranno comperare indipendentemen-

te moduli singoli da integrare con il tempo ad altri mo-

duli in linea con quella che è la necessità dell’utente.

A discapito dei numerosi vantaggi, l’architettu-

ra dei C. deve affrontare però quello che è forse il

problema più grande e difficoltoso: il pregiudizio.

L’ISO C. è una scatola d’acciaio figlia del commercio

Page 86: Matteo buccoli abitare la crisi1

79

E’ un’architettura studiata per po-ter essere situata in qualsiasi par-te del globo, con o senza allacci alle reti di servizio, studiata per avere il minimo impatto ambien-tale e per sfruttare tutte le risorse naturali disponibili.

Bark Studio

All terrain Cabin

2008

Page 87: Matteo buccoli abitare la crisi1

80

di case dello studente (temphousing/keetwonen),

studi professionali e uffici (Freitag office tower)

che scelgono quest’elemento per rappresentare al

meglio la loro volontà di abbandonare la tradizio-

ne edilizia nella piena consapevolezza della propria

responsabilità sociale a favore di un minore impatto

ambientale e di un utilizzo intelligente delle risor-

se nascoste che la società e l’industria ci offrono.

Scegliere il container oggi significa quindi af-

fermarsi cittadini del mondo, liberi di scegliere

la propria natura abitativa in base al proprio stile

di vita, senza l’obbligo di standardizzarsi a scelte

pre-impostate e dando sfogo all’immaginazione,

estendendo quello che è il proprio modo di pensare,

un prolungamento fisico del proprio Se che non ha

niente da invidiare alle proposte edilizie di stampo

tradizionale. Il Container diventa quindi solamente

un Macro LEGO che ognuno di noi decide di mon-

tare assecondando le proprie esigenze, trasforman-

do ciò che è sempre stato simbolo di globalizzazio-

ne in un mezzo standard che grazie alle personalità

diverse e differenti dei progettisti assume forme

sempre più differenti ed evolute, trasformandosi

quindi grazie ad una nuova visione astuta ed intu-

itiva dell’uomo postmoderno in un nuovo mezzo

di espressione della cultura dell’abitare, dimenti-

candosi della sua natura che lo stava portando ad

essere potenziale immondizia, scarto di una società

Il container risulta oggi forse una di quelle soluzioni

prima viste come utopiche e concettuali poi concreta-

mente realizzate che si proponevano per dare risposta a

quelle che sono oggi le problematiche discusse sull’abi-

tare contemporaneo. Il fatto che questo modulo sia fi-

glio della società globale in cui viviamo non è un caso,

questo infatti non è nient’altro che l’alter ego di quello

che è l’uomo nella società : un elemento contenitore che

viaggia per il mondo diventando vettore e contenuto di

culture differenti che si scambiano oggetti, informazio-

ni, musica, arte, che si danno supporto emergenziale,

che condividono tutto ciò che si può condividere. La sua

natura metallica, modulare, veloce e facile da trasporta-

re, si plasma perfettamente con le necessità moderne,

variando da elemento singolo, mobile e senza luogo

(Future Shack) a blocco complesso e stabile che affer-

ma il suo essere solo affiancato ad altri suoi simili, dan-

do la possibilità di identificarsi con lo spazio circostan-

te, affermando un attaccamento al luogo che nel quale

si identifica e si riconosce abbandonando la sua origine

nomade priva di origine e destinazione; si formano quin-

Conclusioni:

Soluzione universale

Page 88: Matteo buccoli abitare la crisi1

81

Come tutte le architetture dei container mira ad ottenere un impatto ambientale bassissimo ed un notevole rispetto per l’am-biente, è formato da quattro mo-duli da 20’ che formano un’unità abitativa ideale per una famiglia di quattro persone. Interamen-te realizzato con materiali eco friendly ed è dotato delle mi-gliori tecnologie sostenibili per riuscire a sistemarlo in qualsiasi lotto e rimanere indipendente sia dal punto di vista energetico che idrico.

Bark Studio

Ecopod

2009

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82

ne, la terza epoca vede un minimo abbattimento dei

pregiudizi popolari nei confronti di questo nuovo

protagonista architettonico, si creano strutture mi-

ste, aumenta la scala di progetto e il numero di

utenti coinvolti e le sperimentazioni riguardanti

sia le destinazioni d’uso che la composizione in sé.

consumistica che ritrova in esso una nuova fonte d’ispi-

razione, non più oggetto da scartare, si abbandonano

tutti i pregiudizi, si rivaluta l’oggetto in se, si analizza

nella sua forma e se ne rivalutano i contenuti. L’oggetto

diventa soggetto del problema abitare contemporaneo e

subisce la metamorfosi evolutiva risultante dal prodot-

to di diverse metafasi progettuali: rivalutare, ripensare,

modulare, personalizzare e infine finalmente abitare.

La versatilità architettonica dei container risulta limi-

tata solo in proporzione alla fantasia del progettista

individuando un problema architettonico che sia di

tipo sociale o tecnico, esistono tantissimi tipi di pro-

getti che utilizzano questo modulo come soluzione

progettuale, sono infatti numerosi quelli che si occu-

pano di emergenza architettonica, che sia essa di pri-

mo aiuto alle popolazioni vittime di disagi ambien-

tali come uragani e terremoti o di quelli sociali come

la storia evolutiva dell’architettura dei container

nell’ambito dell’housing vedere tre principali periodi

di evoluzione: un primo periodo in cui si cercava di

concentrare un’unica abitazione in un singolo modulo,

generalmente destinato a quella fetta di popolazione che

rientrava nei canoni dei neo nomadi urbani, dopo di chè

il container venne adocchiato da architetti e designer, i

quali sedotti dalle capacità già abbondantemente citate

cominciarono a creare piccole residenze composte da

più moduli aumentando la qualità del progetto e supe-

rando e sperimentando nuovi limiti dell’autocostruzio-

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83

Per meno di 100000$ quest’abi-tazione di 120mq rappresenta una possibilità di casa per molte fami-glie che hanno problemi di budget.

Upcycle living

Container House

2009

Page 91: Matteo buccoli abitare la crisi1

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RINGRAZIAMENTI: tutti quelli che mi hanno aiutato

dandomi informazioni su articoli, libri, mostre, serate,

after, saggi brevi e lunghi, workshop. In particolare rin-

grazio la mia famiglia per il supporto e per la pazienza

che ha avuto, e un grandissimo ringraziamento all’altra

mia famiglia, ossia tutte quelle persone che mi hanno

tirato su il morale e dato grinta nell’affrontare questa

via Crucis che sembrava non dover finire: Il gruppo Te-

rapia : I coniugi Terapia Sara &Marco, Deborina, Leo,

Alessia,Enrica, I coniugi Pisano&Franca, Teo&Fabia,

Francesca, Sara, Pier, Mitcholotto, Luca Lilli; Silvia

:), Simone “ArpXp” Deiana, le Music Is My Boyfriend

Sara, Alberto e Marco Mei, Mauro Nonne, Daniele De-

iana ed Edoardo Pisu, Fr3nk Benessere, Tunno Power,

Dusty Kid, Claudio Ara (uoooo), Basstation&Il Micro,

Ferlin, Spedi, L’aperipiso, Il Poetto, Il ritual, le feste

coi baffi, Marcellino&Michele, e Mirbone.La redbull,

l’Absolut e l’Acutil Fast Energy. e lo studio GMC

Tutti i colleghi e amici del corso di studi: Elias (e suo

padre per il vino), Kitt, Andrea Pia, Giomos, Chri-

stian, Cugino, Enrica, Deio, Spada, Cristina, Giu-

seppe e le sue Lucky Strike. Ringrazio poi la mia

relatrice di tesi Cesarina Siddi per la fiducia che ha

riposto nel mio lavoro e per la grinta e la passione

che è riuscita a trasmettermi durante questo periodo.

Un particolare ringraziamento va al team di Sustanible

Happiness per il sopporto che mi hanno dato e per la

possibilità di condividere il frutto del mio lavoro :)


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