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m.bouvet Teoria Funzionale Dellarmonia

Date post: 28-Dec-2015
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bouvet teoria funzionale dell'armonia
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MAURO BOUVET TEORIA FUNZIONALE DELL’ARMONIA DISPENSA REALIZZATA PER GLI ALLIEVI DEI CORSI DI TEORIA DELL’ARMONIA E ANALISI
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 MAURO  BOUVET  

TEORIA  FUNZIONALE  DELL’ARMONIA    

 DISPENSA  REALIZZATA  PER  GLI  ALLIEVI  DEI  CORSI  DI  

TEORIA  DELL’ARMONIA  E  ANALISI  

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Questa dispensa, liberamente tratta dal Manuale di armonia di Diether de la Motte (edizione italiana a cura di Loris Azzaroni - La Nuova Italia) e integrata da alcuni miei commenti ed esempi, è stata realizzata ad uso didattico per i corsi interni del Conservatorio di Torino.

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ORIGINI DELLA TEORIA FUNZIONALE

Knud Jeppesen

L’evoluzione del pensiero teorico-musicale del passato ha conosciuto diverse interpretazioni della verticalità armonica. Tra queste ne emerge in particolar modo una, affermatasi grazie alla continuità con la quale successive generazioni di teorici ne hanno accolto e sviluppato gli assunti di base. Padre di questo sistema si deve considerare Jean Philippe Rameau (contemporaneo di Bach e di Haendel), e tra il XIX ed il XX secolo queste teorie trovarono un importante, seppur ancora provvisorio punto d’arrivo negli studi del tedesco Hugo Riemann, che ne portò ad estreme conseguenze la dottrina esasperandone alcuni assunti di base. Ancor oggi il sistema sopravvive ed è certamente possibile affermare che la maggior parte delle nostre rappresentazioni della teoria dell’armonia si siano originate sotto i suoi auspici. Le tappe fondamentali di questo secolare pensiero teorico passarono quindi attraverso teorici quali Zarlino, Rameau, Tartini, Hauptman, Helmoltz, von Oettingen e Riemann.

* * *

Nel francese Jean Philippe Rameau riconosciamo una tra le più considerevoli figure della storia della teoria musicale. L’idea che gli aprì brillantemente la strada fu che “un suono non costituisce un’unità, ma una molteplicità”. Dalla serie degli armonici naturali, che non fu però il primo ad osservare, ottenne, per trasposizione d’ottava della dodicesima e della diciassettesima, la triade maggiore, che considerò “un dato di fatto naturale”. Fu il primo a formulare con chiarezza i concetti di suono fondamentale e di rivolto arrivando così a stabilire, con un’audacia assolutamente geniale, la rivoltabilità degli accordi.

Rameau riferì ogni suono della scala – e perciò anche tutti gli accordi che su di essa sono realizzati – alla tonica, gettando così le basi del concetto di funzione tonale, fissando a tre il numero di quelle fondamentali. La scala maggiore, infine, viene derivata da Rameau sulla scorta della tonica, della dominante e della sottodominante, essendo l’insieme dei suoi elementi esaurito dall’unione di questi tre accordi.

Il sistema di Rameau non si fonda su un unico e solido principio e punto di partenza, bensì sull’idea che l’armonia tonale si basi sulle relazioni esistenti fra risoluzioni di dissonanze, salti fondamentali, significati degli accordi e gradi della Tonart.

Tanto la teoria dei gradi, che la teoria delle funzioni, sono sorte dai frantumi del sistema che Rameau aveva delineato. Il segno distintivo della teoria di Rameau non è però né il concetto di grado, né quello di funzione, bensì l’idea che gli accordi, per costruire un nesso, devono venir collegati mediante delle dissonanze.

Rameau può essere considerato non solo il fondatore della dottrina classica dell’armonia, ma anche colui che la consolidò a un punto tale per cui ai suoi epigoni non rimase che trarre le dovute conseguenze dalla sua visione, chiarendone i presupposti o precisandone gli aspetti terminologici.

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Come si è accennato, la teoria classica dell’armonia raggiunge il suo punto culminante, per quanto non terminale, con Hugo Riemann. Degne d’ammirazione sono la sua eccezionale forza psichica e il suo grande senso costruttivo. Tuttavia ciò si accompagna in lui ad una vistosa mancanza di senso della realtà; è non senza stupore il constatare come un uomo musicalmente tanto dotato abbia potuto elaborare teorie manifestamente impossibili proprio in termini musicali.

Nel bene e nel male Riemann appartiene a quella tipologia di ricercatori dei quali si potrebbe dire, con una certa malizia, ma non per questo senza rispetto, che accrebbero la loro scienza lasciando come testamento una quantità infinita di nuove perplessità.

Suoi diretti predecessori furono Hauptmann e von Oettingen (quest’ultimo fondatore del “dualismo” nella teoria dell’armonia), circa le considerazioni che alla triade maggiore è propria una costruzione direzionata in senso ascendente e alla triade minore pertiene una costitutività tendente verso il basso. Riemann impugnò con mano salda e sollecita questi presupposti e li condusse ancora oltre, arrivando a dichiarare che la fondamentale di una triade minore è la quinta dell’accordo; ciò, lo portò alla formulazione del noto postulato riguardante la serie degli armonici inferiori. Egli afferma a questo proposito – in realtà senza poterlo provare – che esiste una serie di suoni parziali sviluppati in senso discendente, i cosiddetti armonici inferiori, che si presentano, rispetto alla serie superiore, come immagine esattamente speculare. Da questa serie di armonici inferiori si originerebbe il modo minore, così come il modo maggiore scaturisce dalla serie degli armonici superiori. La polarità tra maggiore e minore viene perciò presentata come un dato di fatto poiché entrambi i modi sono contenuti nella risonanza di un singolo suono.

Un ulteriore, fondamentale caposaldo del sistema armonico riemanniano è la sua teoria delle funzioni tonali che, nei suoi tratti fondamentali, risale a Rameau.

Per Riemann non esistono però che tre funzioni : tonica, dominante e sottodominante. Tutte le altre combinazioni accordali compaiono come “travestimenti” di questi tre fattori armonici principali. Come conseguenza di questa concezione, viene ideata una nuova terminologia, sottilmente ponderata dall’analisi armonica, con la quale Riemann rende superflua la cifratura dei gradi armonici, più meccanica (che proviene da Gottfried Weber – 1820 ca.) a favore di ciò che definì logica musicale .

Una sintesi estrema di questo percorso sembra risultare dalla parafrasi che Riemann stesso fornì del suo trattato Vereinfachte Harmonielehre oder die Lehre von den tonalen Funktionen der Akkorde:

• “Ci sono solo due tipi di armonie: armonie superiori e armonie inferiori; tutti gli accordi dissonanti sono da interpretarsi e da indicarsi come modificazione delle armonie superiori e di quelle inferiori.

• Ci sono solo tre tipi di funzioni tonali dell’armonia (ossia i “significati” all’interno della Tonart ) la tonica, la sottodominante e la dominante.

• L’essenza della modulazione sta nella diversa interpretazione delle funzioni tonali.

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TEORIA FUNZIONALE

Classificazioni teoriche per l'analisi armonica:

La teoria del basso reale opera ad un primo livello d’analisi, limitandosi a individuare i rapporti intervallari di un accordo unicamente rispetto alla nota del basso. Agli accordi in questo caso non è riconducibile alcuna valenza gerarchica a livello tonale.

La teoria dei gradi fondamentali, che, a partire dalla teorizzazione del basso fondamentale formulata da Rameau ( del 1722 il Traité de l’armonie réduite à ses principes naturels ), ricerca in un accordo il suono generatore della sovrapposizione per terze cui è possibile ricondurlo, e basa poi su di esso l’analisi armonica; codificata attraverso una simbologia ideata da Vogler e poi perfezionata da Weber (utilizzazione di numeri romani per individuare le funzioni armoniche degli accordi) e da Richter (impiego dei numeri arabi per stabilire lo stato dei rivolti).

La teoria funzionale tende a portarsi al di là dell’evento sonoro così come si manifesta, e ad interpretare quello che sta dietro a ciò che appare in quel momento, a coglire il significato, il “ruolo” che esso ricopre rispetto agli eventi che lo precedono e lo seguono, dunque la “funzione” che esso esplica nel contesto tonale in cui è immerso.

Nella teoria funzionale appare evidente l’obiettivo di individuare in un suono, un accordo o una successione accordale il valore sonoro intrinseco assunto rispetto ad un determinato sistema di riferimento polarizzato in un centro, ossia la capacità di instaurare rapporti organici con altri suoni, accordi o successioni accordali dello stesso sistema tonale.

Pilastri della teoria funzionale sono le funzioni armoniche di tonica, di dominante e di sottodominante, che Hugo Riemann per primo individuò come fondamento e cardine di ogni tipo di successione accordale, ipotizzando nel collegamento I – IV – V – I l’archetipo dell’armonia tonale e il modello cui ricondurre la logica armonica di ogni sorta di concatenazione accordale.

Nel modo maggiore le tre funzioni principali si indicano con i simboli T – D – S, a cui corrispondono tre triadi maggiori.

Nel modo minore naturale le tre funzioni principali si indicano con i simboli t – d – s, a cui corrispondono tre triadi minori.

Gli accordi corrispondenti ai restanti gradi della scala sono considerati dei rappresentanti delle tre funzioni principali, con i quali esiste una affinità di terza (due suoni in comune) in quanto la distanza tra le rispettive fondamentali è di una terza maggiore o minore a seconda dei casi.

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A questi accordi competono funzioni armoniche secondarie e si dividono nelle due categorie degli “accordi paralleli” e dei “contraccordi”.

Gli accordi paralleli hanno la fondamentale che dista una terza minore (inferiore nel modo maggiore e superiore nel modo minore) dalle rispettive funzioni principali rappresentate, con le quali instaurano quindi, in un certo senso, lo stesso tipo di rapporto esistente fra due tonalità relative maggiore e minore.

Simbologia:

Sp = parallelo minore della S maggiore (parallelklang) Dp = parallelo minore della D maggiore Tp = parallelo minore della T maggiore tP = parallelo maggiore della t minore (Parallelklang) sP = parallelo maggiore della s minore dP = parallelo maggiore della d minore Modo maggiore: Sp : è la funzione del II quando rappresenta il IV vale a dire il parallelo minore del IV maggiore. Dp : è la funzione del III quando rappresenta il V vale a dire il parallelo minore del V maggiore. Tp : è la funzione del VI quando rappresenta il I vale a dire il parallelo minore del I maggiore. Modo minore naturale: tP : è la funzione del III quando rappresenta il I vale a dire il parallelo maggiore del I minore. sP : è la funzione del VI quando rappresenta il IV vale a dire il parallelo maggiore del IV minore. dP : è la funzione del VII quando rappresenta il V vale a dire il parallelo maggiore del V minore

I contraccordi presentano le fondamentali ad una distanza di terza maggiore (superiore nel modo maggiore e inferiore nel modo minore) dalle rispettive funzioni principali rappresentate.

Simbologia:

Tg = contraccordo minore (gegenkland) della T maggiore Sg = contraccordo minore della S maggiore dG = contraccordo maggiore (Gegenkland) della d minore

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tG = contraccordo maggiore della t minore Modo maggiore: Tg è la funzione del III quando rappresenta il I vale a dire il contraccordo minore del I maggiore. Sg è la funzione del VI quando rappresenta il IV vale a dire il contraccordo minore del IV maggiore. Modo minore naturale: dG è la funzione del III quando rappresenta il V vale a dire il contraccordo maggiore del V minore. tG è la funzione del VI quando rappresenta il I vale a dire il contraccordo maggiore del I minore.

Ricapitolando:

I – IV – V ,di entrambi i modi, ricoprono ciascuno la rispettiva funzione armonica principale ( T, S, D / t, s, d ). Il II del modo maggiore ricopre la sola funzione secondaria di Sp Il VII del modo minore naturale ricopre la sola funzione secondaria di dP

III e VI di entrambi i modi possono ricoprire due funzioni secondarie: nel modo maggiore Dp e Tp per il III, e Tp e Sg per il VI

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nel modo minore tP e dG per il III, e sP e tG per il VI

Solo l’esame del contesto potrà permettere di stabilire se un accordo sul III o sul VI grado è un accordo parallelo o un contraccordo, ossia di quale funzione armonica secondaria si tratta, spingendo l’indagine in una dimensione che tiene profondamente conto delle forze attrattive e repulsive in gioco, una dimensione “dinamica” dunque, dove l’accordo è inteso come qualcosa di vivo, che partecipa in senso attivo al fluire del divenire armonico. Il VII del modo maggiore, il VII e il II del modo minore armonico non ricoprono alcuna funzione armonica (né principale né secondaria) poiché su questi gradi risultano triadi diminuite non riconducibili ai principi fondamentali di questo pensiero teorico. Occorre ricordare che la teoria funzionale si fonda sull’idea del “dualismo armonico”, il primato delle triadi maggiori e delle triadi minori, una visione teorica ribadita tra gli altri anche da Hugo Riemann.

Quarta e sesta in cadenza Un caso di “dissociazione“ tra funzione armonica e grado fondamentale è dato dalla quarta e sesta cadenzante che precede l’accordo di dominante in stato fondamentale (cadenza composta). Secondo la teoria funzionale, il basso della quarta e sesta deve essere valutato come nota fondamentale della funzione di dominante, considerando la quarta e la sesta non come il rivolto di un accordo di tonica, ma come una doppia appoggiatura della terza e della quinta.

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Accordo di sesta

Nell’ambito della teoria funzionale l’importanza del concetto di “accordo di sesta” è tale che, in certe situazioni, un’armonia costituita dalla sovrapposizione di una terza e di una sesta può venire equiparato, dal punto di vista della definizione del suo stato, ad un accordo costituito di una terza e di una quinta, ossia ad una triade in stato fondamentale, dove la sesta si presenta al posto della della quinta. 6 Un caso tipico di questo accordo si presenta sulla sottodominante S . In questa prospettiva nell’accordo fa – la - re, in Do maggiore, occorrerà valutare il fa come nota fondamentale. Esiste però anche un altro punto di vista: in linea di principio il fa è la terza della triade re – fa – la di cui fa – la - re non è che il primo rivolto. L’interpretazione funzionale non potrà che essere risolta in rapporto alla situazione concreta in cui è immerso l’accordo, poiché solo in base al contesto può diventare possibile stabilire se l’accordo in questione è un accordo in stato fondamentale (quando poi si raggiunge una tonica ), o in primo rivolto (quando poi si raggiunge una dominante).

Tutto il discorso condotto fin qui è trasferibile al modo minore, tenendo però conto del fatto che al II grado del modo minore naturale e armonico, come già detto, non è attribuibile alcuna funzione propria poiché vi risulta una triade diminuita. 6 In la minore alla triade re – fa - si competerà la sola funzione di sottodominante s, essendo tale accordo pensabile unicamente come accordo costruito sul re, con la sesta in sostituzione della quinta. Quando l’accordo si presenta nella forma si – re – fa occorrerà interpretarlo come “rivolto” (con la sesta inserita al basso) e da indicarsi quindi con il simbolo s6. A: stato fondamentale della funzione di sottodominante con sesta in sostituzione della quinta. B: stato di primo rivolto della funzione di sottodominante con la sesta inserita al basso.

Ciò, beninteso, qualora la triade si – re – fa non sia semplicemente un elemento di una progressione di quinte discendenti, come quelle tipiche dell’epoca barocca, dove in tal caso si indicherà semplicemente con il simbolo del grado (II).

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Accordo di settima sul II grado

Esaminiamo dapprima quel che avviene nel modo maggiore. Osservato da un certo punto di vista l’accordo re-fa-la-do, in Do maggiore, può quindi essere considerato come un vero e proprio accordo autonomo in stato fondamentale, e gli si dovrà allora attribuire la funzione di accordo parallelo della sottodominante. In questa stessa prospettiva l’accordo fa-la-do-re è interpretabile quindi come rivolto del precedente. Esiste però anche una diversa possibilità interpretativa. Secondo la concezione armonica di Rameau, ogni sesta maggiore aggiunta ad una triade (maggiore o minore) conferisce a quest’ultima una funzione sottodominantica, qualunque sia la funzione originaria. Ne consegue che l’accordo precedente fa–la –do - re in quest’ottica verrà interpretato come accordo di sottodominante in stato fondamentale con sesta aggiunta. Secondo la stessa ottica l’accordo re – fa – la – do non è quindi che un rivolto del precedente, dove la sesta aggiunta (re) si trova al basso . A seconda quindi del contesto, e del moto delle parti, tanto l’accordo re–fa – la –do che l’accordo fa – la – do – re potranno venire considerati come stati fondamentali ( Sp o S, quando il basso muove di salto ) oppure come rivolti ( Sp3 o S6, quando il basso muove per grado congiunto).

Nel modo minore, ad esempio in la minore, l’accordo re – fa – la – si potrà essere inteso soltanto come sottodominante in stato fondamentale con sesta aggiunta. L’accordo si - re - fa -la dovrà essere inteso come rivolto, della sottodominante (con la sesta aggiunta al basso).

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Triadi sul VII grado Il problema della triade del VII grado del modo maggiore, e del modo minore armonico, è risolto dalla teoria funzionale con la sua assunzione all’interno della funzione di dominante, ipotizzando un accordo di settima con fondamentale omessa da indicarsi 7 con D. Ciò, beninteso, solo a partire dall’epoca bachiana, quando ormai l’accordo di settima di dominante è da interpretarsi come vero e proprio accordo autonomo. Nel caso particolare in cui la triade diminuita sulla sensibile si trovi all’interno di una progressione di salti di 5a discendente al basso, essa viene considerata come accordo autonomo ed indicata con il grado (VII).

Settime sul VII grado Per quanto riguarda gli accordi di “settima di sensibile” e di “settima diminuita” occorre rilevare che a partire dal periodo classico compariranno come accordi autonomi, e non come risultavano prima del periodo bachiano soltanto in ambito progressionale o come il risultato armonico di movimenti melodici lineari. Questi accordi palesano una serie di sovrapposizioni armoniche di D e S. S s 7 v La simbologia funzionale di questi accordi sino a tutto il periodo classico è D e D dove con il simbolo "v" si indica un accordo diminuito (verminderter akkord). 9 9> 7 7 Dal periodo romantico in poi questi accordi vengono indicati con i simboli D e D dove con una linea diagonale si indica che la funzione di D si presenta senza la nota fondamentale. Quando l’accordo di settima diminuita anziché risolvere sulla tonica sfocia sulla dominante (configurandosi così nella funzione di DD) il principio della sovrapposizione

t v

di funzioni viene conservato: DD.

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Per quanto attiene al problema della modulazione, nell’ambito della teoria funzionale giocano un ruolo fondamentale le dominanti secondarie che consentono di mantenere costante il riferimento alla tonalità principale del brano, fornendo una visione globale e sintetica dell’unità armonica tonale complessiva e permettono di ridurre le possibilità di errore riguardo al problema di distinguere fra semplice deviazione dalla tonalità principale e modulazione vera e propria. Le dominanti secondarie si indicano ponendo il simbolo D entro parentesi tonde, tonicizzando così la funzione immediatamente successiva. Al di fuori dell’armonia Classica, allargata al tardo Barocco e a parte del Romanticismo, un’applicazione assolutamente rigida della teoria funzionale rischia di non cogliere appieno il significato delle forze in gioco: o attribuire valori di dinamica funzionale ad agglomerati che, non ancora del tutto sganciati dai principi del contrappunto del sistema modale, non manifestano con piena certezza una autonomia verticale ed una forza propulsiva nel senso della tendenza a creare collegamenti privilegiati (come ad es. T – S – D – T ); oppure volendo continuare a ridurre ad archetipi accordali quelle sovrapposizioni e quei concatenamenti che hanno ormai solo più un valore sonoro.

SIMBOLOGIA

T, S, D : le funzioni armoniche indicate dalle lettere maiuscole si riferiscono ad accordi maggiori in stato fondamentale. t, s, d : le funzioni armoniche indicate dalle lettere minuscole si riferiscono ad accordi minori in stato fondamentale. I numeri, in aggiunta alle funzioni armoniche, vanno riferiti a suoni naturali appartenenti alla scala. T4-3, t5, T1-2-3 : i numeri deponenti indicano quale suono della triade, o quale suono ad essa aggiunto, si presenta al basso, indicando quindi lo stato della triade. 3 5 8 D, T, t : i numeri esponenti indicano quale suono si trova nella voce superiore (posizione melodica). 5-6-5 4-3 D, T : gli esponenti possono anche indicare passaggi melodici inseriti in una qualsiasi parte interna o superiore.

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S - T T–––– , T –––– : una linea orizzontale indica che la funzione armonica ad essa 1 – 5 – 1 riferita non cambia. 9 6 6 7 6 7 4 5 D, S, D, D , S: 7 = settima aggiunta alla triade; 6 = sesta al posto della quinta; 9 = nona al posto dell’ottava; 4 = quarta al posto della terza. Se l’accordo contiene contemporaneamente la sesta e la quinta, occorre impiegare sia il 6 che il 5.

ACCORDI DI SETTIMA SUL VII 5 Sp 6: in epoca bachiana questo accordo (poi classificato come settima di sensibile) prima di risolvere sulla tonica passava attraverso la dominante, facendo risultare un ritardo sulla fondamentale.

9 7 D : l'accordo di settima di sensibile del modo maggiore è un accordo molto importante nell’armonia classica; solo da questo periodo in poi il simbolo sbarrato ha senso come indicazione di un accordo in cui la fondamentale, benchè assente, è comunque da sottintendersi. (v = verminderter Septakkord = settima diminuita) s Dv: settima diminuita della t (o T ) da impiegarsi nell'analisi del reperetorio prebachiano t DDv:settima diminuita della D (o d) da impiegarsi nell'analisi del reperetorio prebachiano 7 9 5 7 D, D : la sbarra trasversale indica che il suono corrispondente alla fondamentale della funzione armonica indicata è omessa. 9> 7 D: settima diminuita della t (o T ) da considerare e impiegarsi dal periodo di Bach in poi. 9> 7 DD: settima diminuita della D (o d) da impiegarsi dal periodo di Bach in poi. 9 8 9>8 7 7 D - T, D - t : come accordo vero e proprio – e non solo come ritardo – la nona di dominante è da considerare solo a partire dal primo Romanticismo.

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7 7 VII, VII – II, II : simboli da impiegarsi in una progressione, dove in genere si indicano tutti gli accordi con i gradi anziché con funzioni. 6 5 7 6 4 3 (D) – Tp; T - (s – D ) - Tp : le funzioni armoniche all’interno delle parentesi tonde sono da riferirsi all’accordo immediatamente successivo, inteso come tonica secondaria ossia momentanea rispetto alla tonica principale.

7 7 Tp ( D5 ) - S3: la freccia orientata verso sinistra indica che la funzione armonica all’interno delle parentesi tonde, va riferita all’accordo precedente.

7

( D3 ) - [ Tp] : la funzione armonica all’interno delle parentesi quadre è quella cui si S3 riferisce la funzione precedente posta all’interno delle parentesi tonde; essa però non compare, e al suo posto si presenta un’altra funzione indicata al di sotto senza alcuna parentesi.

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ACCORDI ALTERATI GENERICI

7 D5 >: quinta alterata in senso discendente inserita al basso 6< D7 >: sesta alterata in senso ascendente 6 < 5 S : sesta alterata in senso ascendente

ACCORDI ALTERATI CARATTERISTICI 7 DD5> : accordo di terza e sesta eccedente 7 DD5>: accordo di terza quarta e sesta eccedente 9 7 DD5>: accordo di terza quinta e sesta eccedente

n 6> s (anche s ) : accordo di sesta napoletana


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