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Mercoledì 28 Settembre 2016 Ancora niente giunta per la Raggi · bilitato a sostegno delle ragioni...

Date post: 07-Jul-2020
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rare in tutta sicurezza la legge di sta- bilità. Invece è stato costretto a dila- tare la campagna referendaria nella speranza di ribaltare i pronostici ne- gativi. Le notizie che provengono da Pa- lazzo Chigi informano che per recu- perare i consensi persi per strada Renzi moltiplicherà gli impegni, i confronti pubblici, le apparizioni te- Direttore ARTURO DIACONALE Mercoledì 28 Settembre 2016 Fondato nel 1847 - Anno XXI N. 176 - Euro 0,50 DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale QUOTIDIANO LIbERALE PER LE gARANzIE, LE RIfORmE ED I DIRITTI UmANI delle Libertà PRIMO PIANO GRANARA A PAGINA 3 La riforma pregiudica la forma di Stato POLITICA A PAGINA 4 A cosa serve la legge sul bullismo POLITICA SOLA A PAGINA 5 Per l’accoglienza sono fi niti i soldi POLITICA GUIDI A PAGINA 2 Tutto il vecchio del M5S WEB MESSINA A PAGINA 7 Rumors e cinguettii, Twitter fa gola Rai, l’antipolitica in funzione dell’uomo solo al comando P remesso che mi è simpatico Mau- rizio Gasparri anche quando po- lemizza (garbatamente) sui soliti problemi della Rai di oggi, ed io avrei qualcosa da replicare alla sua polemica con Maurizio Crippa, ciò premesso, faccio subito un passo in- dietro fino giù a Palermo. Perché Pa- lermo? Che c’entra con la Rai? C’entra, c’entra. Innanzitutto perché la Rai è sempre la Rai, e proprio giù a Palermo con la kermesse di Beppe Grillo, ma anche perché il Servizio pubblico radiotelevisivo è una magna pars del sistema mediatico italiano. Sistema che è stato basto- di PAOLO PILLITTERI di ARTURO DIACONALE L a data del 4 dicembre scelta dal Governo per la celebrazione del referendum è giustificata dalla neces- sità di mettere in sicurezza la legge di stabilità ma consente ai fautori del “No” di contestare a Matteo Renzi di aver spostato l’appuntamento re- ferendario da ottobre al mese di Na- tale per avere tempo di ribaltare le previsioni che lo vedono sconfitto. È probabile che se le previsioni della precedente primavera, indicanti il “Sì” trionfante con un largo mar- gine di maggioranza, fossero state confermate, il Premier avrebbe acce- lerato i tempi del referendum per poter chiudere la partita a proprio vantaggio il più rapidamente possi- bile. Anche per avere il tempo di va- Continua a pagina 2 nato dai partecipanti a quella festa (si fa per dire) come nel “Don Gio- vanni” si bastonano gli immancabili servi in scena. Ma in teatro, sul pal- coscenico, nella finzione... Ancora niente giunta per la Raggi I centristi per il “No” nascosto Anche il consigliere della Corte dei conti Salvatore Tutino rinuncia all’assessorato comunale al Bilancio dopo la pioggia di critiche dei grillini romani. Risultato: la Capitale si trova ancora senza governo della città Continua a pagina 2 levisive. In una parola punterà su se stesso, sostenendo ufficialmente la tesi che bisogna votare “sì” per cam- biare il Paese ma confermando indi- rettamente ciò che a cercato di nascondere negli ultimi mesi. Cioè che il voto non riguarderà solo la ri- forma costituzionale ma soprattutto la sua persona. Cacciata dalla porta, dunque, la personalizzazione renziana del refe- rendum rientra prepotentemente dalla finestra. Ed è difficile che possa essere rimossa. Sia perché lo stesso impegno spasmodico del Presidente del Consiglio la riesuma e la tra- sforma nel motivo dominante del- l’appuntamento referendario. Sia perché i fautori del “No”...
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Page 1: Mercoledì 28 Settembre 2016 Ancora niente giunta per la Raggi · bilitato a sostegno delle ragioni del “No” sarebbe stato, alla fine, il Movimento 5 Stelle. Non si accorge però

rare in tutta sicurezza la legge di sta-bilità. Invece è stato costretto a dila-tare la campagna referendaria nellasperanza di ribaltare i pronostici ne-gativi.

Le notizie che provengono da Pa-lazzo Chigi informano che per recu-perare i consensi persi per stradaRenzi moltiplicherà gli impegni, iconfronti pubblici, le apparizioni te-

Direttore ARTURO DIACONALE Mercoledì 28 Settembre 2016Fondato nel 1847 - Anno XXI N. 176 - Euro 0,50

DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1

DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale QUOTIDIANO LIbERALE PER LE gARANzIE, LE RIfORmE ED I DIRITTI UmANI

delle Libertà

PRIMO PIANO

GRANARA A PAGINA 3

La riforma pregiudica la

forma di Stato

POLITICA

A PAGINA 4

A cosa serve

la legge sul bullismo

POLITICA

SOLA A PAGINA 5

Per l’accoglienza

sono finiti i soldi

POLITICA

GUIDI A PAGINA 2

Tutto il vecchio

del M5S

WEB

MESSINA A PAGINA 7

Rumors e cinguettii,

Twitter fa gola

Rai, l’antipolitica in funzionedell’uomo solo al comando

Premesso che mi è simpatico Mau-rizio Gasparri anche quando po-

lemizza (garbatamente) sui solitiproblemi della Rai di oggi, ed ioavrei qualcosa da replicare alla suapolemica con Maurizio Crippa, ciòpremesso, faccio subito un passo in-dietro fino giù a Palermo. Perché Pa-lermo? Che c’entra con la Rai?C’entra, c’entra. Innanzitutto perchéla Rai è sempre la Rai, e proprio giùa Palermo con la kermesse di BeppeGrillo, ma anche perché il Serviziopubblico radiotelevisivo è unamagna pars del sistema mediaticoitaliano. Sistema che è stato basto-

di PAOLO PILLITTERI

di ARTURO DIACONALE

La data del 4 dicembre scelta dalGoverno per la celebrazione del

referendum è giustificata dalla neces-sità di mettere in sicurezza la legge distabilità ma consente ai fautori del“No” di contestare a Matteo Renzidi aver spostato l’appuntamento re-ferendario da ottobre al mese di Na-tale per avere tempo di ribaltare leprevisioni che lo vedono sconfitto.

È probabile che se le previsionidella precedente primavera, indicantiil “Sì” trionfante con un largo mar-gine di maggioranza, fossero stateconfermate, il Premier avrebbe acce-lerato i tempi del referendum perpoter chiudere la partita a propriovantaggio il più rapidamente possi-bile. Anche per avere il tempo di va- Continua a pagina 2

nato dai partecipanti a quella festa(si fa per dire) come nel “Don Gio-vanni” si bastonano gli immancabiliservi in scena. Ma in teatro, sul pal-coscenico, nella finzione...

Ancora niente giunta per la Raggi

I centristi per il “No” nascosto

Anche il consigliere della Corte dei conti Salvatore Tutino rinuncia all’assessorato comunale al Bilanciodopo la pioggia di critiche dei grillini romani. Risultato: la Capitale si trova ancora senza governo della città

Continua a pagina 2

levisive. In una parola punterà su sestesso, sostenendo ufficialmente latesi che bisogna votare “sì” per cam-biare il Paese ma confermando indi-rettamente ciò che a cercato dinascondere negli ultimi mesi. Cioèche il voto non riguarderà solo la ri-forma costituzionale ma soprattuttola sua persona.

Cacciata dalla porta, dunque, lapersonalizzazione renziana del refe-rendum rientra prepotentementedalla finestra. Ed è difficile che possaessere rimossa. Sia perché lo stessoimpegno spasmodico del Presidentedel Consiglio la riesuma e la tra-sforma nel motivo dominante del-l’appuntamento referendario. Siaperché i fautori del “No”...

Page 2: Mercoledì 28 Settembre 2016 Ancora niente giunta per la Raggi · bilitato a sostegno delle ragioni del “No” sarebbe stato, alla fine, il Movimento 5 Stelle. Non si accorge però

Era evidente che il partito più mo-bilitato a sostegno delle ragioni

del “No” sarebbe stato, alla fine, ilMovimento 5 Stelle. Non si accorgeperò della contraddizione intrinsecain cui cade. Si è schierato infatti, purse antipartitocratico, “a difesa” dellaCostituzione Italiana, nata proprioda un nobile e storico compromessotra i partiti: i democristiani, i comu-nisti e i socialisti. Qual è allora l’ideaantipartitocratica di Costituzione delmovimento di Beppe Grillo? Senzauna propria idea delle istituzioni edello Stato, si limita a lanciare mes-saggi di onestà e trasparenza, in con-tinuità con la strategia politica del“No” a tutto campo, a difesa di mo-delli inesistenti o superati in tuttaEuropa.

La propaganda di Grillo denun-cia. Vogliono regalarci meno demo-crazia e più autoritarismo, laconcentrazione del potere inun’unica Camera, l’introduzionedella “tagliola” parlamentate, la su-bordinazione del Parlamento al Go-verno, la centralizzazione dei poteriregionali sullo Stato, il depotenzia-mento della democrazia diretta. Sefosse vero tutto questo cataclismanon ci sarebbe altro da fare che or-ganizzare adunate di piazza in difesadella Costituzione, magari con le

stesse bandiere della DemocraziaCristiana, del Pci e del Psi.

Grillo adopera, nel 2016, gli stessiargomenti, vecchi, della sinistra sto-rica. Rivendica l’assemblearismo,come se fossimo ancora nella fase delcompromesso armato del 1948.Forse non si è accorto che l’Italiaormai è un’altra. I muri ideologicisono caduti, anche nel lessico delladestra. La sua battaglia, al fianco deinostalgici del comunismo, finisce peressere una battaglia vecchia, non ri-proponibile. La democrazia infattinon finisce con l’elezione di un Par-

lamento, anche se formato da dueCamere elettive. Infatti, non è pienase non mette il popolo in condizionedi esprimere anche un Governo.Questo è infatti il vero “scettro” dadare al popolo. Altrimenti tuttotorna nelle mani dei partiti, comenella Prima Repubblica.

La partecipazione è un valore enon diminuisce semplicemente per-ché si prevedono tempi certi per l’ap-provazione dei disegni di legge delGoverno. Non si rimpicciolisce nem-meno ricollocando lo Stato davantialle Regioni a difesa dell’interesse na-

zionale. Del resto, perché mai la qua-lità della tutela della salute dovrebbedipendere dalla Regione in cui vivo?Grillo è in tutte le piazze a difenderela Costituzione, ma il suo obiettivo èMatteo Renzi non la Costituzione,l’ultimo ostacolo sulla strada per Pa-lazzo Chigi.

Senza un progetto sulla società esullo Stato, M5S veleggia su soglie diconsenso del 30 per cento. Con l’Ita-licum vincerebbe quasi sicuramentele elezioni. Invece. È di qualchegiorno fa il lancio dell’imminenteproposta di legge per il ritorno alproporzionale puro. Col metodod’Hondt, piccole circoscrizioni, lepreferenze, una piccola soglia disbarramento. Né più né meno che ilproporzionale della Prima Repub-blica. Eppure i modelli assemblearisono superati in tutt’Europa. Una ra-gione ci sarà? L’ultimo a cadere, conl’abolizione della proporzionale, èstato proprio quello italiano.

Qualcosa di analogo c’è ancora inSpagna. Ma il proporzionale lì, da piùdi un anno, inchioda la Spagna senzaun governo. I conti non tornano. L’Ita-licum va rivisto, almeno per intro-durre il premio di maggioranza alla

coalizione vincente. Renzi avrebbe do-vuto accorgersene più di sei mesi fa,quando i sondaggi ancora lo incorag-giavano. Ma il proporzionale del M5Snon convince. A parte la demagogiache lo ispira, pare soprattutto nascon-dere qualcosa, un secondo fine.Troppo recente è la memoria delle me-diazioni consociativo-parlamentari tramaggioranza e opposizione, le cor-renti organizzate per accaparrare pre-ferenze da Prima Repubblica, iduemila miliardi di debito pubblicoaccumulati da un Parlamento liberodai vincoli della “Borsa”.

Con il proporzionale, Grillo sismarca dalla schiera dei potenziali ri-formatori dell’Italicum. Si estranea,ancora una volta, dagli altri, dal si-stema dei partiti che, chi più chimeno, immaginano sistemi di demo-crazia governante. Non vuole con-correre in nessun modo a modificareuna legge elettorale che gli ha già re-galato Roma e Torino. Se la vedanogli altri. Meglio l’Italicum. Il lanciodella proporzionale impossibile delresto serve solo a salvare la faccia.Un’eventuale accordo destra-sinistrapoi sarebbe un altro bell’argomentodi propaganda per marcare la distin-zione dall’intero sistema dei partiti.Nella demagogia Grillo è maestro.Ma per piacere, lasci perdere almenola Costituzione. Non merita la suademagogia.

2 L’OPINIONE delle Libertà mercoledì 28 settembre 2016Politica

Tutto il vecchio del M5S di GUIDO GUIDI

Quello della Svizzera è solo un ul-teriore segnale dell’inesorabile

processo del fallimento europeo.Sia chiaro, la Confederazione el-

vetica è un discorso a parte e diversodal resto d’Europa, ciononostante latendenza espressa con il voto deigiorni scorsi non può che confermarel’aria che tira tra la gente. Del resto,abbiamo detto e scritto ripetuta-mente che la Brexit avrebbe lasciatoun segno non per l’economia, ma perl’influenza di pensiero sul disfaci-mento dell’orribile castello Ue.

Viene infatti da sorridere a leggeregli ammonimenti che sanno di mi-naccia dei soloni europei nei riguardidella Svizzera , sui rapporti futuri frala Confederazione ed il consesso Ue.Non c’è minaccia che tenga di frontead un mastodonte che ha dimostrato

anno dopo anno i limiti, le incapa-cità e le ipocrisie per le quali è statocostruito. Tanto è vero che le scom-messe sul prossimo disfacimento del-l’Unione europea sono inprogressivo aumento e l’unica varia-bile resta il tempo, quanto ci vorràancora prima che Euro e Unionecrollino del tutto.

Quello che, infatti, nessuno ha ilcoraggio di dire è che oltre le appa-renze, Germania in testa, ognunopensa ad attrezzarsi per il dopo mo-neta unica. Ecco perché è sempre piùdifficile trovare accordi fra Paesi,perché ogni Stato membro tende a ir-rigidirsi e lo stesso Mario Draghi fauna fatica bestiale a risolvere il pro-blema degli stimoli monetari. Sola-

mente l’Italia continua ad abboccarealle indicazioni e alle imposizioni, la-sciando che l’Europa si mangi quelniente di polpa che è rimasto intornoalla scorza del nostro Paese. È noto,infatti, che paghiamo molto più diquel che riceviamo, che gli obblighisono più delle concessioni, che sul-l’immigrazione ci hanno lasciati soli,che al tavolo principale non ci invi-tano nemmeno più.

Insomma, mentre tutti si organiz-zano per conto loro, noi conti-nuiamo come se niente fosse a noncapire l’aria che tira sul futuro del-l’Unione. Come se non bastasse,l’esito delle prossime presidenziali inAmerica potrebbe accelerare, e nondi poco, il processo di sfaldamento in

corso. Va da sé, in-fatti, che anche sevincesse Hillary Clin-ton (ed è tutto da ve-dere) la sua politicaverso l’Europa do-vrebbe essere molto,ma molto diversa daquella di BarackObama. In buona so-stanza, ci stiamo av-viando ad una dellestagioni più critiche ecomplicate degli ul-timi decenni, perl’economia, per gli equilibri geopoli-tici, per la tenuta sociale e quellaidentitaria.

Per questo il 2017 sarà anno cru-ciale ed il nostro Governo anzichépensare alle chiacchiere, come hafatto da tre anni a questa parte, do-vrebbe concentrarsi solo ed esclusi-

vamente sulle necessità interne e in-differibili, a partire dalla Legge distabilità. Non cogliere il suono dellacampanella è perdersi ancora in-torno a beghe di potere personale e asogni di onnipotenza, questa volta, ciesporrebbe a rischi i cui esiti finali sa-rebbero incontenibili e pericolosi.

L’allarme svizzerodiELIDE ROSSI eALFREDO MOSCA

loro voto nascosto può essere determinante!ARTURO DIACONALE

...non in piazza con spintoni, slogan sui servettidel potere, burattini pseudo giornalisti, bugiardi,servi castali. “Servi”, insieme a “casta” è stato iltermine più usato da certi grillini, e anche dal“Big Boss”, contro i giornalisti, gli addetti allacomunicazione e informazione. Pur non citata,anche la Rai, dunque, è alla sbarra nel processoin piazza insieme a quegli inviati per i qualil’ineffabile grazia grillina da blog (per ora) hastabilito il premio di “giornalista del giorno” incui l’indicazione del nome è di per sé un graziosoassist all’intimidazione. Non siamo al manzo-niano “dalli all’untore” ma poco ci manca.

L’arma vincente grillina è stata ed è l’antipo-litica, l’odio per i partiti (degli altri, si capisce), ildisprezzo, il j’accuse giustizialista e giacobino(da strapazzo). L’arma, agli inizi, si risolvevaideologicamente nell’urlo onnicomprensivo del“vaffanculo” la cui violenta e disgustosa diffu-sione è stata molto spesso applaudita da nonpochi addetti all’informazione, contagiati dalvirus dell’antipolitica ma pur sempre, ma solo inteoria, obbligati a separare i fatti dalle opinioni.Specialmente quando “vaffanculo” è un fattonon più una parola, altrimenti che “addetti”sono? All’informazione? Ne dubito. Non piùdunque e soltanto il leitmotiv dell’indicibile vaffacontro la politica (tutta) corrotta, infame, inde-

segue dalla prima

...consapevoli che sulla cacciata o sull’indeboli-mento di Renzi possono conquistare ampi con-sensi nel paese, non hanno alcuna intenzione dimollare la presa e di non evidenziare agli italianiostili al Premier che il referendum è l’occasionestorica per liberarsi dall’aspirante autocrate fio-rentino.

Renzi sperava di conquistare alle ragioni del“Sì” una parte dell’elettorato di centrodestra pre-sentandosi come l’unica alternativa al grillismoestremista. Ma, a parte che gran parte di quel-l’elettorato ha dimostrato a Roma ed a Torinodi preferire l’estremismo alla stabilità renziana, ilPremier ha il grande problema di tenere insiemesu “Sì” la propria maggioranza. La sinistra delPartito Democratico voterà sicuramente e con-vintamente per il “No”. E questo mette già fuorigioco una fetta consistente dello schieramentoformalmente governativo. Ma accanto a dissi-denti del Pd c’è tutta l’area centrista che ha in-vano tentato di avere la revisione della leggeelettorale a loro favorevole in cambio del “Sì”nel referendum, ma che oggi si va sempre piùconvincendo che solo la vittoria del “No” potràobbligare Renzi a cambiare l’Italicum in modotale da assicurare la loro sopravvivenza.

Non bisogna sottovalutare l’interesse realedell’area centrista governativa. A parole si di-cono al fianco di Renzi. Nei fatti si stanno con-vincendo che se non vince il “No” e l’obbligo diuna nuova legge elettorale per loro è finita! Ed il

gna, vergognosa, ma l’inclusione nel disprezzodei giornalisti accomunati ai politici in un’unicadimensione castale e spregevole, sperando diprendere due piccioni con una fava. E forse ce lafaranno, i grillini impegnati ora a darsi uno sta-tuto che ricorda, da un lato le piramidi coi sa-crifici umani degli Aztechi, dall’altro il verticismopiramidale di Stalin, anche lui, come altri ditta-tori, maestro ed esperto di sacrifici umani, oltreche politici. Politici perché allorquando il mec-canismo di controllo, di espulsioni, di sospen-sioni, ecc. è attribuito a uno, il pericolo del“potere” ad uno solo diventa una certezza.

Questa lunga premessa - chiedo venia - oltreche ai lettori, allo stesso Gasparri che è stato unbravo ministro la cui riforma Rai è tuttora in vi-gore, e dunque funziona-serve per inserirmi nellapolemica con “Il Foglio” sollevata a proposito delruolo del direttore generale della Rai, AntonioCampo Dall’Orto, i cui strapoteri, a quanto pare,mettono in ombra se non in pericolo il necessariopluralismo della Rai come si diceva e scriveva: “dasottrarre alla partitocrazia, alla lottizzazione, allapolitica”. E qui bisognerebbe fare uno sforzo dichiarezza e, perché no, di autocritica, soprattuttodi anti ipocrisia. Intanto, nella Rai di oggi i poterisono stati sottratti drasticamente soltanto al Con-siglio di amministrazione, la cui impressionanteriduzione di ruolo, in tutte le grandi aziende indi-spensabile, è stata in larga misura agevolata dalfalso moralismo del leitmotiv dell’antipartitocra-zia, e giustificata sia dipingendo un’azienda comeun vasto ricettacolo di raccomandati dalla poli-tica, sia - soprattutto - sottraendola ad una guidaplurale, a cominciare proprio dal Cda, che è co-munque una garanzia di pluralismo.

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CHIUSO IN REDAZIONE ALLE ORE 19,00

I centristi per il “No” nascosto Rai, l’antipolitica in funzione

dell’uomo solo al comando

Ma per quale ragione si deve continuare aconsiderare i partiti una fogna? Autolesionismo?Complesso di colpa? Le battaglie contro la ita-lian way alla lottizzazione, che c’è da sempre esempre ci sarà, si è risolta, con buona pace deimoralisti un tanto al chilo, con “tutto il potere”al Direttore generale inteso come angelo stermi-natore della maledetta partitocrazia. Angelo odiavolo o uomo di Renzi? Fate voi.

PAOLO PILLITTERI

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3l’OPiniOne delle libertàmercoledì 28 seTTembre 2016 Primo Piano

Con l’Italicum più la Riforma co-stituzionale l’Italia cambia

forma di Stato: per mettere in statod’accusa il Presidente della Repub-blica (art.90 Cost.) basterà per lamaggioranza che appoggia il Go-verno più solo 26 parlamentari, men-tre oggi a Costituzione invariata neoccorrono 136.

Infatti:- oggi per l’impeachment del Pre-

sidente occorrono 476 voti (maggio-ranza assoluta di 950, pari a 630deputati più 315 senatori più 5 sena-tori a vita): quindi al vincitore delpremio alla Camera mancano 136voti (476-340) per la messa in statod’accusa ex art. 90 Cost.

- con Italicum più la Riforma co-stituzionale la “maggioranza asso-luta del Parlamento in sedutacomune” diventerebbe di 630 depu-tati + 100 senatori (comprendenti isenatori di nomina presidenziale) + 1

senatore di diritto (Napolitano) = to-tale 731, la cui maggioranza assolutaè di 366: quindi al vincitore del pre-mio alla Camera mancherebberosolo 26 voti (366-340) per la messain stato d’accusa ex art. 90 Cost.

Ora, tenuto presente che non ri-sultano tipizzate le fattispecie di“alto tradimento” ed “attentato allaCostituzione”, indicate nell’art. 90Cost., per mettere in stato d’accusail Presidente della Repubblica, sideve concludere che se vincesse il“Sì”, per la prima volta nella storiadell’Italia repubblicana, per effettodelle norme richiamate, un solo par-tito o lista avrebbe la concreta possi-bilità di minacciare quasi da solo ilruolo di supremo garante dell’equili-brio istituzionale svolto dal Presi-dente della Repubblica.

Ne consegue unoscardinamento addirit-tura della forma di Statoe non solo della forma digoverno, poiché pone,nel “combinato dispo-sto” con la legge eletto-rale, il Presidente dellaRepubblica alla mercédel Governo, ricordandol’epoca del Ventennio diinfausta memoria, nellaquale il potere era con-centrato nelle mani delPresidente del Consiglio,senza che il capo delloStato avesse, fino ai tra-gici eventi dell’8 settem-bre 1943, un reale poteredi incidenza e neanche dicontrollo di costituziona-lità sull’operato del Go-verno.

Ci si rende conto cheè soltanto un rischioipotetico, ma neanchequesto è accettabile, cosìcome non lo ha accet-tato la Costituzione re-pubblicana, che haprevisto un sistema digaranzie articolato e virtuoso e fi-nanche preliminare per ogni attodell’Esecutivo, che assuma la vestedi Decreto del Presidente della Re-pubblica. A ciò si aggiunga l’ana-logo condizionamento della nominadei Giudici costituzionali, operatodalla Camera dei deputati in nu-mero di tre e dal Senato in numerodi due. Detto sistema di garanzie,che inerisce al rispetto dei diritti in-violabili, del principio democraticoe del principio pluralista, è pregiu-dicato dalla riforma costituzionaleoggetto di referendum, venendo cosìa ridurre il presidio indispensabile

degli stessi principi fondamentali.Conseguentemente, secondo il

dettato costituzionale, il Presidentedella Repubblica dovrebbe rifiutareil Decreto di indizione del referen-dum, che gli compete ai sensi del-l’art. 87 Cost. - salva la possibilitàper ciascuna delle Camere (e nonper il Governo, essendo, non a caso,l’Esecutivo estraneo al percorso direvisione costituzionale di cui al-l’art. 138 Cost.) di sollevare con-flitto di attribuzione di fronte allaCorte costituzionale nei suoi con-fronti - non potendo avallare un“pronunciamento” (anche questo di

infausta e plebiscitaria memoria) daparte del popolo su una riforma nonsolo sbagliata, superficiale, confusae perfino illeggibile, per chi si siaformato sugli studi dei grandi Mae-stri di Diritto costituzionale, ma fi-nanche pericolosa per i fondamentistessi del nostro assetto istituzio-nale. Questo è il risultato che l’in-consapevolezza del presuntoriformatore produce.

(*) Docente di Diritto costituzionalenell’Università di Genova

e di Diritto regionale nelle Università di Genova e “Carlo Bo” di Urbino

La riforma pregiudica la forma di Statodi Daniele Granara (*)

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4 L’OPINIONE delle Libertà Politica mercoledì 28 settembre 2016

Violenza privata, percosse, lesioni,molestie, minaccia, stalking,

furto, estorsione, danneggiamento dicose altrui, ingiuria, diffama-zione, sostituzione di persona,furto d’identità digitale, trat-tamento illecito di dati: sonosolo alcune delle figure direato usate già oggi dai giudiciper punire comportamenti dibullismo reale o virtuale. LaCorte di Cassazione ha inoltregià riconosciuto il bullismocircostanza aggravante dialtro reato, e pure in Rete essopuò avere conseguenze sia ci-vili che penali al pari di quelloreale. Sia il bullismo nelmondo reale che quello inRete possono giustificare l’ap-plicazione di misure cautelari.

A cosa serve, quindi, lalegge in corso di approvazionein Parlamento per “la preven-zione e il contrasto dei feno-meni del bullismo e delcyberbullismo”? Che bisognoc’è di un’altra norma?

Purtroppo, serve da esem-pio cristallino e concentratodei due difetti endemici del-l’attività legislativa nel nostroPaese: l’inutilità e l’ipertrofia.

La legge, infatti, non si li-mita a battezzare con un

nuovo nome comporta-menti che nuovi nonsono. Contiene una ple-tora di previsioni conte-nenti azioni di caratterepreventivo e formativo:nella ridondanza dell’inu-tile, prevede le sempreverdi linee di orienta-mento del Miur, il con-sueto finanziamento diprogetti per le imprescin-dibili “azioni integrate dicontrasto” al bullismo,l’immancabile tavolo tec-nico per la prevenzione ela lotta al cyberbullismo,e così via.

Non è trovando unnuovo nome a comporta-menti che nuovi non sonoche si rende giustizia alle

vittime. In compenso, si regala lorol’illusione che Governo, Parlamento,commissioni e sottocommissionistanno dedicando loro tutta la pro-pria attenzione. Con quali risultati?Comitati e piani di azione non ri-solvono i problemi, ed è curioso chenel nostro Paese, dove una confe-renza stampa, una dichiarazioned’intenti, una commissione parla-mentare d’inchiesta per tradizionenon si nega a nessuno, continuiamoa farci ipnotizzare dalla logorreadella politica.

È in questo modo che si rinnovauna delle più folli superstizioni ita-liane: che, cioè, ogni problema ri-chieda sempre una nuova soluzionelegislativa. Superstizione che al mas-simo serve a tenere occupati i nostriparlamentari. Tanto basta per dor-mire sonni tranquilli?

A cosa serve la legge sul bullismoa cura dell’ISTITUTO BRUNO LEONI

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5L’OpInIOnE delle Libertàmercoledì 28 settembre 2016 Politica

Sulla questione dell’immigrazioneclandestina si dovrebbe tutti reci-

tare il mea culpa. Destra e sinistra,non fa differenza. Per affrontare iltema sono state saccheggiate tutte oquasi le branche del sapere: dalla so-ciologia all’antropologia, dalla geo-politica alla macroeconomia, allamedicina, alla demografia. Si è di-scusso di scienze climatiche, per nonparlare dei problemi di fede e d’ideo-logia. Non ci siamo fatti mancareniente per sostenere le opposte tesidel pro e del contro l’accoglienza.Ma nessuno si è posto, a tempo de-bito, l’unica domanda che avrebbeavuto senso porsi: se finiscono i soldida dispensare per gli immigrati, cosasuccede?

Intanto, ci siamo. A furia di dircimigliori, più umani, più buoni ditutti gli altri abbiamo trascurato larealtà: questa è pur sempre l’Italia. IlPaese dove le opere pubbliche so-vente restano a metà perché, dopo

un iniziale scialacquamento di denaridei contribuenti, arrivano i giorni di

magra. Che diventano settimane, poimesi e anni. E le “grandi opere” di-

ventano sinfonie diFranz Schubert: incom-piute. È successo con lescuole, gli ospedali e iviadotti, oggi accadecon l’accoglienza. È no-tizia di questi giorni chei soldi sono finiti. Man-cano 600 milioni dieuro per coprire i costigià sostenuti nel 2016.I privati, in testa lecooperative, che stannogestendo il sistemadell’accoglienza sono alcollasso. Stipendi nonpagati dallo scorsoaprile agli operatori im-pegnati nei centri, servizi

a rischio e, nei prossimi giorni, lospettro della cessazione delle attivitàcon l’ovvia conseguenza di vederesciamare per le strade la moltitudinedi ospiti che non potranno più rice-vere assistenza. Questo è l’ultimo ca-polavoro italiano.

Se prima la possibilità che potessescoppiare la rivolta sociale a causadella debordante presenza di clande-stini sul territorio nazionale era rele-gata a boutade demagogica dei“populisti”, oggi è un’ipotesi male-dettamente concreta. Il GovernoRenzi è riuscito, suo malgrado, nellaparadossale impresa di smontare ilprincipale argomento polemicodell’opposizione. Chi si lamentavadel trattamento privilegiato riservatoagli immigrati a danno degli italianilasciati indietro, non potrà più farlo.

Italiani e stranieri sono di nuovoeguali per lo Stato: tutti trattati nellostesso modo da schifo. Tutti in bra-ghe di tela. Sai che consolazione! Dilà dalla facile ironia, la verità è che ilnostro Paese rischia grosso. Renzi hatentato un uso spregiudicato dellaleva migranti per forzare la manoalle autorità di Bruxelles. Scopo fi-nale era ed è quello di ottenere mag-giore flessibilità sui conti pubblici,che vuol dire la possibilità di conti-nuare a indebitarsi per impegnare inspesa improduttiva ulteriore ric-chezza che l’Italia non ha. E, quel cheè peggio, non produce.

Al momento l’arcigna Europatiene duro. A Bruxelles non c’è uncane che sia disponibile a subire an-cora la politica dello sperpero a usoelettorale, che è la cifra del nostroGoverno fin dalla sua nascita. Nel-l’Unione il ragionamento che si fa èlineare: volete fare gli splendidi conuna politica dell’accoglienza suicida?Fatelo ma non a spese nostre e, so-prattutto, tenetevi chi fate entraresenza che ne abbia legittimo diritto.In queste ore il ministro Angelino Al-fano, principale responsabile del di-sastro che si sta stagliandoall’orizzonte della politica italiana,bussa alle porte del ministero del-l’Economia con il cappello in manoper implorare che gli si dia un po’ didenaro fresco. Con i chiari di lunache si vedono dalle parti di Via XXSettembre non sarà facile che PierCarlo Padoan lo accontenti. Eppure,una soluzione dovranno trovarlaprima che la situazione precipiti. Al-trimenti, ora che è iniziata ufficial-mente la campagna referendaria conquale faccia Renzi e compagni po-tranno chiedere agli italiani che di-cano ancora un altro sì?

Per l’accoglienza sono finiti i soldi

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di CRISTOFARO SOLA

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Da mesi ormai, i rumors sulla pos-sibile cessione di Twitter si

fanno sempre più insistenti. E i nomidei potenziali acquirenti variano daMicrosoft a Google, passando perSalesforce. Secondo le ultime indi-screzioni, riportate dalla multinazio-nale Bloomberg, tra i corteggiatoridel social network di Jack Dorsey cisarebbe anche la casa di Topolino,che per questo avrebbe già preparatoun’offerta d’acquisto. Innegabile lastrategica posizione del fondatore eCeo di Twitter, che da tre anni faparte del Consiglio di amministra-zione della Walt Disney Company eavrebbe quindi una posizione agevo-lata per gestire la trattativa tra le duesocietà.

“La Disney - spiega l’analista diMonness Crespi e Hardt & Co,James Cakmak - deve pensare a unfuturo post-cavo. Sta investendonella tecnologia e così facendoavrebbe la piattaforma per raggiun-gere spettatori in tutto il mondo”.

L’acquisto del social network sa-rebbe infatti un punto reale di svoltaper la multinazionale dell’intratteni-mento, che per ora ha sempre pun-tato sulla tivù tradizionale. Afavorire quest’operazione, l’attualeCeo di Disney, Bob Iger, impegnatodal giorno della nomina nel rinnova-mento dell’azienda. Si deve a lui in-fatti l’acquisto della Pixar per 7,4miliardi, come anche l’aver investitonella piattaforma di video streamingHulu e nella media company Vice.

Diversa la situazione per Google.Per il colosso di Mountain View l’ac-quisto del social network sarebbe in-fatti circoscritto al mondo diInternet e costituirebbe una rivincitadopo la delusione avuta da Google+.Anche se per disponibilità econo-mica, l’azienda statunitense nondovrebbe temere rivali, altri preten-denti sembrano essersi candidati al-l’acquisto. Primo tra tutti Salesforce.L’azienda, specializzata in cloudcomputing e customer relationshipmanagement, si era già scontrata conMicrosoft durante la corsa all’acqui-sto di LinkedIn. In quel caso, ad

avere la meglio fu peròproprio quest’ultima, chechiuse la trattativa per26,2 miliardi. Oggi però,la società, poco cono-sciuta ai più, ma con unvalore di capitalizzazionedi 55 miliardi, ha deciso diriprovarci con Twitter. Al-cuni sostengono che l’acqui-sto sarebbe piuttostoazzardato, perché poco ab-binabile all’attuale businessdell’azienda; secondo altriinvece, offrire un servizio in-tegrato per il marketing el’assistenza rapida corri-sponde a uno dei cinque pi-lastri del buon business.

Ultima, solo in ordine

di tempo, la candida-tura di Microsoft, che sedovesse riuscire anchein questa impresa, di-venterebbe il primovero temibile rivale diFacebook. Quel che ècerto, al momento, èche tutti queste chiac-chiere hanno messo leali al titolo Twitter. Dalprimo giorno in cuisono uscite le prime in-discrezioni, infatti, lasocietà ha capitalizzato2,5 miliardi in più.

7l’oPiNioNe delle libertàmercoledì 28 settembre 2016 Web

di Maria giulia MessiNa Rumors e cinguettii, Twitter fa gola

Un aforisma, un commento - “IlGovernatore, come sempre out-

spoken, ripete come un mantra chel’efficienza è il benchmark della go-vernance locale. Secondo rumors in-sistenti egli istituirà una task forceper il monitoring in progress dei fe-edback da parte dei cittadini conl’assist delle associazioni non-profite di vari brand. In attesa della spen-ding review, che ormai è un cult, nelConsiglio si susseguono interventinel question time ma la giunta alzaun impenetrabile firewall. Un gossip,con grosso successo di audience, aseguito del briefing mattutino dellaAuthority, tenutosi nella consueta lo-cation, ha segnalato un possibile de-fault della Regione il cui look moraledipende anche dall’endorsement allalotta allo stalking e al mobbing. Infondo siamo al solito remaking colsapore del glamour”.

Tipico fraseggio del giornalismotelevisivo detto “italiano”.

Non si tratta di essere pedanti e,magari, di proporre la traduzione diogni parola straniera in italiano.Anche perché, nel testo immaginariodell’aforisma – che però riflette unatendenza reale – praticamente tuttele espressioni inglesi hanno già unaloro versione italiana non raramentepiù efficace. Si tratta, invece, di chie-derci perché molti giornalisti, so-prattutto televisivi, preferiscanoadottare il genere di espressioni dicui stiamo parlando. Anni fa, qual-cuno aveva definito questa tendenza

come desiderio di erigere una “bar-riera linguistica”, una sorta di de-marcazione che consentisse diselezionare il proprio interlocutore.Insomma, chi usava parole raffinateo, appunto, espressioni straniere, lofaceva per distinguersi e mettersi inrelazione privilegiata con altri checondividevano la conoscenza diquelle parole, tagliando fuori lamassa che non le dominava. Che a“tagliar fuori la massa” siano perògiornalisti che leggono i propri pezzial microfono di un mezzo di comu-nicazione di massa appare come de-cisamente paradossale, oltre cheinefficiente.

Alla radice di questo vezzo c’è co-munque pur sempre l’attitudine adun esibizionismo facile e ad unaforma di gratificazione a bassoprezzo nella persuasione che lo sfog-gio di espressioni straniere, special-mente inglesi, fornisca la prova dellapropria cultura, anche se solo infatto di terminologia spicciola. D’al-tra parte, l’abitudine ad usare paroleo frasi straniere non è certo una no-vità. Per varie ragioni storiche, adesempio, espressioni francesi di varianatura fanno parte da secoli del les-sico italiano così come accade peruna nutrita fraseologia latina.Spesso, il ricorso a parole o frasi diquesto genere è però dovuto a qual-che loro peculiare capacità espressiva

difficilmente tradu-cibile in italianocome è per formu-lazioni sintetichedel tipo carpe diemo honni soit quimal y pense. Pur es-sendovi, anche qui,possibili versioniitaliane, il loro im-piego nella linguaoriginaria, se limi-tato a passaggi par-t i c o l a r m e n t eincisivi, assume ilsenso di una cita-zione e non di unasostituzione senzasenso.

Nel caso attualedell’uso debordantedi espressioni in-glesi, infatti, si è difronte ad una diffu-sione pervasiva erepentina che nonha nulla di elegante e di cui non sisente alcun bisogno. È ovvio che, seun nuovo prodotto o un nuovoprocedimento proviene dal mondoamericano, la sua denominazionecorretta è bene rispetti la sua ori-gine, come nel caso di floppy disko Bluetooth che definiscono lacosa in esame come farebbe unnome proprio. In questi casi è cer-

tamente da evitarsi un’ostinata tra-duzione italiana per non incorrerein esagerazioni alla fine ridicolecome è stato, durante il regime fa-scista, per il brano jazzistico SaintLouis blues che doveva citarsicome “Nostalgia di San Luigi” ocome è accaduto, in terreno fran-cese, per la traduzione dei terminihardware e software rispettiva-

mente in matérielle e logicielle.Che ogni lingua evolva è un fatto

noto e irreversibile che non può es-sere bloccato da progettazioni fattea tavolino. Ma un conto è l’evolu-zione e un altro è la svendita di unatradizione linguistica, senza che il pa-trimonio conoscitivo ne tragga alcunbeneficio. Prima di tutto, è una que-stione di buon gusto.

di MassiMo Negrotti Tra prestiti lessicali e bancarotta linguistica

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