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Metodi quantitativi per la misurazione della performance ... · del mondo scientiflco con studi di...

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La performance dei fondi comuni 1 Metodi quantitativi per la misurazione della performance dei fondi comuni di investimento Paolo PIANCA Dipartimento di Matematica Applicata Universit`a Ca’ Foscari di Venezia 1. Considerazioni introduttive Il processo di arricchimento delle strutture finanziarie in corso da alcuni decenni in Italia ha trovato un significativo riscontro legislativo nella legge n.77 del 23 marzo 1973 che ha provveduto a disciplinare, tra l’altro, l’istituzione e la gestione dei fondi comuni di investimento mobiliare. In pochi anni di attivit`a questo nuovo strumento finanziario ha raggiunto dimensioni insperate, sia dal punto di vista del numero e della tipologia dei fondi presenti e disponibili sul mercato, sia da quello del numero degli investitori e della consistenza dei capitali gestiti. Allo sviluppo delle attivit`a dei fondi comuni ha fatto riscontro un notevole interesse del mondo scientifico con studi di varia natura volti a fornire con l’analisi e la valutazione delle loro performance dei preziosi suggerimenti ai risparmiatori. Come ` e noto lo scopo principale di un fondo comune di investimento consiste nel raccogliere i risparmi di pi` u individui e di investirli in un portafoglio diversificato di titoli finanziari. I fondi comuni offrono una modalit`a di investimento molto popolare in quanto consentono anche al piccolo risparmiatore di partecipare alle sorti dei mercati mobiliari con un portafoglio diversificato pur disponendo di capitali modesti. Tutte le societ`a che gestiscono un fondo comune cercano di perseguire due obiettivi fondamentali: la massimizzazione del rendimento mediante un’analisi professionale dei titoli presenti sui mercati e la minimizzazione del rischio ottenuta scegliendo un insieme di titoli (portafoglio) ben diversificato. 1
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La performance dei fondi comuni 1

Metodi quantitativi per la misurazionedella performance dei fondi comuni

di investimento

Paolo PIANCA

Dipartimento di Matematica ApplicataUniversita Ca’ Foscari di Venezia

1. Considerazioni introduttive

Il processo di arricchimento delle strutture finanziarie in corso da alcuni decenni inItalia ha trovato un significativo riscontro legislativo nella legge n.77 del 23 marzo 1973che ha provveduto a disciplinare, tra l’altro, l’istituzione e la gestione dei fondi comunidi investimento mobiliare.

In pochi anni di attivita questo nuovo strumento finanziario ha raggiunto dimensioniinsperate, sia dal punto di vista del numero e della tipologia dei fondi presenti edisponibili sul mercato, sia da quello del numero degli investitori e della consistenzadei capitali gestiti.

Allo sviluppo delle attivita dei fondi comuni ha fatto riscontro un notevole interessedel mondo scientifico con studi di varia natura volti a fornire con l’analisi e la valutazionedelle loro performance dei preziosi suggerimenti ai risparmiatori.

Come e noto lo scopo principale di un fondo comune di investimento consiste nelraccogliere i risparmi di piu individui e di investirli in un portafoglio diversificato dititoli finanziari. I fondi comuni offrono una modalita di investimento molto popolare inquanto consentono anche al piccolo risparmiatore di partecipare alle sorti dei mercatimobiliari con un portafoglio diversificato pur disponendo di capitali modesti.

Tutte le societa che gestiscono un fondo comune cercano di perseguire due obiettivifondamentali: la massimizzazione del rendimento mediante un’analisi professionale deititoli presenti sui mercati e la minimizzazione del rischio ottenuta scegliendo un insiemedi titoli (portafoglio) ben diversificato.

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2 La performance dei fondi comuni

La comparsa dei primi fondi comuni sul mercato mobiliare italiano risale al giugnodel 1984; da allora si e riscontrata una notevole crescita sia in termini di efficienza e ditrasparenza nella gestione sia in termini di prodotti e di patrimoni gestiti. Il numerototale dei fondi comuni disponibili sul mercato era di 183 nel 1990, di 703 nel 1998 epiu di 1000 nel 2001. Inizialmente ai sottoscrittori venivano offerte solo tre tipologiedi fondi comuni: azionari, bilanciati e obbligazionari. La versione rivista e ampliatadella classificazione dei fondi comuni mobiliari in vigore dal luglio 2003 prevede ben 42categorie distinte.

Tale sviluppo ha contribuito in modo determinante ad allargare i volumi dellecontrattazioni su vari comparti del mercato, facendo inizialmente salire gli indici sopraogni previsione.

Successivamente si e assistito a un notevole calo nel numero di nuove sottoscrizioni,anche in corrispondenza di una netta inversione di tendenza che ha ridimensionatonotevolmente le quotazioni degli indici. Si e assistito poi a periodi di grande euforia ea momenti di forti contrazioni nei valori e di numerosi e talvolta ingiustificati riscatti.E certo comunque che i fondi comuni rappresentano un filone basilare di tutti i mercatifinanziari.

Ogni fondo comune ha un proprio regolamento che definisce le caratteristiche e gliobiettivi del fondo, ne disciplina il funzionamento, indica la societa di gestione che loha promosso e lo gestisce, segnala il nome della banca depositaria e regola i rapporti fratali soggetti e i sottoscrittori di quote del fondo.

Attualmente la gestione dei fondi comuni spetta a una SGR (Societa di gestionedel risparmio) che ha personalita giuridica e capitale distinto dal patrimonio delfondo. Le SGR , introdotte e regolamentate dal Testo Unico della Finanza entratoin vigore il giorno 1 luglio 1998, possono ottenere dalla Banca d’Italia l’autorizzazionea svolgere l’attivita di gestione collettiva del risparmio solo se rispondono a prefissatirequisiti e, nello svolgimento delle loro funzioni, debbono seguire determinate regolecomportamentali.

Per quanto riguarda le quote di un fondo comune si deve osservare che il loro valorenon si forma direttamente sul mercato in base al paradigma economico della legge delladomanda e dell’offerta, ma dipende dal prezzo di mercato dei titoli in cui il patrimoniodel fondo e stato investito. Piu precisamente il valore di una quota di partecipazioneall’epoca tk e dato da

Q(tk) =valore netto del fondo

numero delle quote del fondo(1.1)

La partecipazione dei risparmiatori a un fondo comune trova attuazione mediantela sottoscrizione o acquisto di quote del fondo che sono di uguale valore e attribuisconoi medesimi diritti.

La sottoscrizione di quote da parte dei risparmiatori puo avvenire in vari modi chedipendono sia dalla strategia che il singolo risparmiatore vuole perseguire sia dalle suedisponibilita finanziarie. In particolare la sottoscrizione puo trovare attuazione o con

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un unico versamento o con un versamento iniziale seguito da un insieme di versamentidi ammontare prestabilito in epoche di norma equi-intervallate (P.A.C.).

Il calcolo e l’analisi delle performance di un fondo comune di investimento risultanosignificativi solo se si riferiscono a un periodo di tempo non breve. L’investimento infondi comuni non presenta carattere speculativo e i risultati della gestione debbonoessere analizzati solo dopo un periodo di tempo sufficientemente esteso.

Dal 1998 le societa di gestione debbono indicare per ciascun fondo comune gestitoun indice o un insieme di indici di riferimento (benchmark). Nell’effettuare il confrontotra le performance di un fondo comune e un benchmark il risparmiatore deve ricordareche:

i) l’andamento del benchmark e calcolato al lordo delle imposte, mentre il valore dellesingole quote di un fondo comune e disponibile al netto dell’imposta sostitutiva del12.50% che viene imputata con cadenza giornaliera,

ii) l’andamento del benchmark non risente di alcuna commissione, il valore delle quotee penalizzato da commissioni di gestione e di tipo straordinario (ad esempio daelevate performance).

In ogni caso la presenza di un benchmark e il suo periodico confronto con le performancedel fondo in esame e molto importante in quanto il potenziale sottoscrittore non solo puotrarre interessanti conclusioni sulle capacita operative del gestore ma puo anche crearsiuna prima indicazione sul profilo rischio/investimento che il fondo intende perseguire.

E il caso di osservare come per ciascun investitore l’ammontare del capitale investitosia direttamente determinato dal valore dei titoli posseduti dal fondo. Ogni giorno sullepagine finanziarie dei quotidiani compaiono i valori delle singole quote comunicate daigestori. Quando il fondo inizia la propria attivita, per un certo numero di giorni lesingole quote valgono 5, 000 (cinque) euro ma con il trascorrere del tempo il valoredelle quote e quindi la ricchezza complessiva del fondo varia in funzione delle tendenzedei mercati e della capacita del gestore.

Disponendo di un certo insieme di valori delle quote e immediato calcolare unindicatore di performance, relativo all’intervallo [tk−1, tk] , considerando il rapporto frale variazioni delle quote registrate in tk e in tk−1 e il valore della quota osservatoall’inizio del periodo

Rtk=

Q(tk)−Q(tk−1)Q(tk−1)

(1.2)

Si osservi che alcuni fondi distribuiscono periodicamente, con cadenza annuale osemestrale, dei dividendi di cui e facile tenere conto nel calcolo della performance. Unmodo semplice per calcolare la redditivita di un fondo che nel periodo di tempo [tk−1, tk]distribuisce almeno un dividendo e

Rtk=

Q(tk)−Q(tk−1) + c

Q(tk−1)(1.3)

dove con c si e indicato il valore dei dividendi distribuiti capitalizzato all’epoca tk inbase a un opportuno tasso di rendimento

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4 La performance dei fondi comuni

Ovviamente a valori positivi di Rtkcorrispondono dei guadagni e a valori negativi

delle perdite nel periodo considerato.Lo scopo principale di queste pagine e di presentare e analizzare alcune tecniche

quantitative per l’analisi della redditivita dei fondi comuni e di fornire alcuni criteri checonsentono di operare delle scelte razionali fra i numerosi fondi presenti sul mercato.

2. Il criterio del valore medio

Si considerino n fondi comuni in cui e possibile investire un certo capitale. Laredditivita di ciascun fondo in un determinato periodo di tempo e descritta dalledeterminazioni delle variabili aleatorie X1, X2, ..., Xn , che si suppongono note assiemealle loro probabilita di realizzazione. Il confronto fra una coppia di investimenti in talifondi comuni, ovvero tra le v.a. che ne caratterizzano i rendimenti, presenta nei casinon banali numerose difficolta.

Un metodo semplice e intuitivo per sintetizzare i possibili rendimenti di ciascunciascun fondo con un unico indicatore e quello di calcolare il valore medio di ciascunavariabile aleatoria; il criterio del valore medio suggerisce di classificare un insieme difondi (o piu in generale di investimenti possibili) in relazione ai loro valori attesi edi assegnare naturalmente la preferenza all’alternativa di investimento chepresenta il valore atteso piu elevato.

Tale criterio consente di ottenere un ordinamento totale nel senso che, dato uninsieme di fondi comuni (investimenti) a redditivita aleatoria X1, X2, ..., Xn con lerelative probabilita di realizzazione, e sempre possibile ottenere un ordinamento totaledi preferenza in base al loro valore medio.

Esempio 2.1 Un risparmiatore puo investire una certa somma di denaroscegliendo fra 4 fondi comuni (o piu in generale fra 4 investimenti di natura aleatoria)X1, X2, X3, X4 i cui rendimenti in termini percentuali, relativamente a un prefissatoperiodo di tempo, sono riportati nella tabella 2.1 e dipendono da 5 eventi (stati)incompatibili fra di loro ed esaustivi.

Tabella 2.1 Rendimenti espressi in termini percentuali di 4 investimenti aleatori in funzione di 5stati di natura.

S1 S2 S3 S4 S5

X1 30 20 -10 -12 22X2 20 -8 2 0 34X3 10 35 -3 0 5X4 50 -13 40 12 -6

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Nell’ipotesi che le probabilita di verificarsi degli eventi siano: IP(S1) = 0.2 ,IP(S2) = IP(S3) = 0.1 , IP(S4) = IP(S5) = 0.3 , si desidera determinare l’investimentoottimo in base al criterio del valore medio.

Con semplici calcoli si trova:

IE(X1) = 10 IE(X2) = 13.6 IE(X3) = 6.7 IE(X4) = 14.5,

dove IE(X) indica la media aritmetica della v.a. X ; la scelta ottima in base al criteriodel valore medio e rappresentata dall’investimento X4 . Si osservi che, mantenendoinalterate le realizzazioni dei fondi, se cambiano le probabilita degli eventi cambiano ivalori medi e quindi la scelta del risparmiatore.

Naturalmente invece di considerare i rendimenti assoluti di un insieme di fondi sipossono considerare i rendimenti relativi rapportando il rendimento al valore iniziale,cioe si possono considerare i rapporti

Vf − Vi

Vi= rt−1,t (2.1)

dove Vf e Vi rappresentano rispettivamente la quotazione del fondo in esame, registratarispettivamente all’epoca finale t e iniziale t−1 . Si puo anche suddividere il periodo diriferimento [t− 1, t] in n sottoperiodi di ampiezza uguale o anche di ampiezza diversae calcolare la media aritmetica (semplice o pesata) dei tassi di rendimento. Ad esempiose il periodo di riferimento e di 3 anni e se si dispone di 19 quotazioni distanziate fraloro di 2 mesi si possono calcolare 18 tassi di rendimento bimensili e assumere comeindicatore della redditivita la media aritmetica dei tassi bimensili.

In ogni caso il criterio del valore medio presenta dei limiti operativievidenti; basti pensare, ad esempio, che in base a tale criterio l’investimento Y1 , cheprevede con uguale probabilita i guadagni percentuali 50 e 150 ( IP(S1) = IP(S2) = 0.5 ),si deve ritenere allo stesso livello di un investimento Y2 che prevede con ugualeprobabilta una perdita percentuale -20 e un guadagno 220.

Il criterio del valore medio non tiene in considerazione il fatto che un operatorefinanziario razionale di solito e interessato sia alla massimizzazione della redditivita diun investimento, sia alla minimizzazione dei rischi che l’operazione di investimento puoprocurargli.

3. Il criterio media-varianza

E opinione diffusa che una scelta razionale fra variabili aleatorie che rappresentanodei guadagni o delle perdite monetarie debba tenere conto di due elementi: il valoremedio e un indicatore di rischio. Ci si puo chiedere che cosa sia il rischio e comesia possibile misurarlo. L’idea di rischio e piuttosto vaga e presenta aspetti variegati.

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Indubbiamente parlando di rischio ci si riferisce alle possibili perdite o ai mancatiguadagni che un investimento puo comportare.

La decisione di misurare il rischio di un’operazione con un unico e ben precisoindicatore e quantomeno ambiziosa e quasi sempre riduttiva in quanto con un soloindice numerico difficilmente si riescono a cogliere tutte le sfumature insite nell’idea dirischio.

Nella letteratura sia teorica sia pratica il rischio associato a un particolareinvestimento viene di norma misurato con la varianza ( V ar(·) ) o con lo scartoquadratico medio della v.a. che misura la redditivita dell’investimento. Questa tecnicaper misurare il rischio porta alla definizione del criterio media-varianza che afferma chese una v.a. (un investimento) X ha valore medio maggiore (o uguale) e varianza minore(o uguale) rispetto alla v.a. (investimento) Y , allora la prima v.a. e da preferirsi allaseconda. In termini formali si ha la seguente definizione.

Definizione 3.1. Un investimento X domina in base al criterio media-varianzal’investimento Y e in tal caso si scrive X >MV Y , se valgono le disuguaglianze

IE(X) ≥ IE(Y ) V ar(X) ≤ V ar(Y ) (3.1)

e almeno una delle due e verificata in senso stretto.

Esempio 3.1 Un risparmiatore dispone di una somma di denaro che intendeinvestire mediante l’acquisto di quote di un fondo comune di investimento. Si suppongache sul mercato siano presenti tre fondi che indicheremo rispettivamente con FA , FB eFC . La scelta del fondo su cui investire viene effettuata in base alle seguenti quotazionidei fondi, registrate in corrispondenza di epoche temporali intervallate di un anno eantecedenti la data d’acquisto:

FA(0) = 10 000 , FA(1) = 12 000 , FA(2) = 14 400 , FA(3) = 17 280FB(0) = 10 000 , FB(1) = 9 000 , FB(2) = 11 700 , FB(3) = 16 380FC(0) = 10 000 , FC(1) = 14 000 , FC(2) = 14 000 , FC(3) = 17 220.

Il risparmiatore costruisce le realizzazioni di tre v.a. calcolando per ciascun fondo laperformance annua, intesa come il tasso di rendimento (perdita) in ciascun anno

performance anno k =F (k)− F (k − 1)

F (k − 1)k = 1, 2, 3

e attribuisce a ciascuna performance la probabilita 1/3 .

Le realizzazioni della v.a. XA (quella associata al fondo FA ) sono: 0.2, 0.2, 0.2.Le realizzazioni della v.a. XB sono: -0.1, 0.3, 0.4. Le realizzazioni della terza v.a. sono:0.4, 0.0, 0.23. Le medie aritmetiche delle performance annue sono rispettivamente:

IE(XA) = 0.2 IE(XB) = 0.2 IE(XC) = 0.21

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e le varianze sono:

V ar(XA) = 0 V ar(XB) =14300

= 0.046 V ar(XC) = 0.02686.

In base al criterio media-varianza si puo concludere che XA >MV XB e XC >MV

XB ; le v.a. XA e XC non sono confrontabili in base al criterio media-varianza.L’applicazione del criterio media-varianza da in questo caso delle risposte ragionevoli;la preferenza del fondo FA rispetto al fondo FB e giustificata dal fatto che i due fondihanno lo stesso valore medio, ma il primo si e dimostrato piu “stabile”. Analogamenteil fondo FC viene preferito al fondo FB in quanto ha dimostrato sia un valore mediomaggiore sia una minore variabilita.

Il fatto che fra i fondi FA ed FC non si possa esprimere una preferenza appare unaconclusione non completamente accettabile; infatti, se da un lato e vero che il fondo FC

ha manifestato una performance media piu elevata, dall’altro lato si deve riconoscere cheil fondo FA si e dimostrato piu regolare ed ha prodotto la ricchezza finale piu elevata.

Con lo scopo di mettere in luce le carenze del criterio media-varianza si consideri unquarto fondo FD con le seguenti quotazioni: FD(0) = 10 000, FD(1) = 14 500, FD(2) =18 850, FD(3) = 37 700 . A tali quotazioni si possono associare le performance annue:0.45, 0.3, 1.0 . Se indichiamo con XD la v.a. tasso di rendimento del fondo FD si ha:IE(XD) = 0.583 e V ar(XD) = 0.0905 . Anche una persona che non conosce le regolepiu elementari della teoria degli investimenti si accorge che il fondo FD ha evidenziatodelle performance sempre migliori rispetto agli altri fondi. Il criterio media-varianzanon riesce a distinguere nulla in una situazione cosı evidente; nemmeno il fondo FB

(dominato sia da FA , sia da FC ) viene classificato come “inferiore” rispetto a FD , inquanto ha varianza minore.

L’esempio precedente evidenzia che il criterio media-varianza, comunque lo sigiudichi, consente di ottenere un ordinamento solo parziale fra v.a. e quindi fra progettialternativi. Per giungere a un ordinamento totale 1

sono state proposte alcune semplici varianti del criterio media-varianza. Fra questela piu nota e il criterio media – λ · varianza che consiste nel calcolare per ciascunav.a. X l’indice

θ(X) = IE(X)− λ · V ar(X), (3.3)

1 Se si introduce l’ipotesi che il decisore possa investire o chiedere a prestito denaro al tasso diinteresse i0 , si puo dimostrare che il criterio media-varianza da luogo a un ordinamento totale in quantoin tal caso un’attivita rischiosa X domina un’altra attivita rischiosa Y se e solo se

IE (X)− i0σX

>IE (Y )− i0

σY; (3.2)

ovviamente i confronti richiedono che le varianze delle v.a. in esame siano strettamente positive.

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con λ numero positivo prefissato, e nell’ordinare le v.a. considerando come migliorequella che presenta il valore dell’indice piu elevato.

Esempio 3.2 Si desidera ordinare i fondi comuni FA, FB , FC , FD descrittinell’esempio 3.1 rispetto al criterio θ(X) = IE(X) − 2 · V ar(X) , utilizzando leperformance definite precedentemente. Con qualche conto si trova:

θ(XA) = 0.2, θ(XB) = 0.106, θ(XC) = 0.15626, θ(XD) = 0.402

e quindi l’ordine di preferibilita decrescente in base al criterio media–2 varianza e:FD, FA, FC , FB . Per questo esempio il criterio media - λ · varianza da dei risultatidel tutto sensati.

L’esempio che segue evidenzia che in certe situazioni il criterio media - λ · varianzaporta a conclusioni difficilmente accettabili da un decisore razionale.

Esempio 3.3 I guadagni possibili del progetto di investimento aleatorio X1 sonodi 1 000 e 2 000 euro, tutti e due con probabilita 1

2 ; i guadagni di X2 sono 0 e 10euro, sempre con probabilita 1

2 . E ovvio che ogni essere razionale preferisce X1 a X2 .Con semplici calcoli si trova

θ(X1) = 1 500− λ · 250 000 θ(X2) = 5− λ · 25.

Per ogni λ > 0.00598 , secondo il criterio media – λ · varianza, X2 e preferibile aX1 .

Nonostante la semplicita di utilizzo abbia favorito un’ampia diffusione della regolamedia-varianza (o media – λ · varianza), tale criterio presenta limiti notevoli e puotalvolta condurre a delle scelte errate.

In particolare, il criterio media-varianza si basa sulle ipotesi che valga il principio dinon sazieta e che gli operatori non siano propensi ad assumersi dei rischi se questi nonsono adeguatamente ricompensati. Oltre a queste due condizioni ampiamente accettate,si puo dimostrare che il principio in questione da luogo a scelte razionali se e verificataalmeno una delle due ipotesi seguenti.1) I tassi di rendimento dei progetti finanziari aleatori in esame seguono

una distribuzione di probabilita di tipo normale. In tal caso i parametrimedia e varianza caratterizzano completamente le distribuzioni di probabilita deitassi di rendimento, e si dimostra che le decisioni d’investimento prese in baseal principio media-varianza sono in accordo con il criterio della massimizzazionedell’utilita attesa.

2) La funzione che descrive il grado di soddisfacimento derivante dalpossesso di una ricchezza di entita x (funzione di utilita u(x) degliinvestitori) e quadratica e piu precisamente del tipo

u(x) = x− a

2x2 (a > 0). (3.4)

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Si e visto che il principio media-varianza utilizza come misura del rischio diun progetto finanziario la varianza del suo tasso di rendimento aleatorio. L’utilizzodella varianza (o dello scarto quadratico medio) come indice per la misurazione delrischio connesso con un investimento a redditivita aleatoria e molto consolidato ein certi contesti indiscusso. La varianza e comoda, semplice da calcolare epresenta interessanti proprieta sia dal punto di vista analitico sia da quelloconcettuale, ma non e il solo indice di rischio utilizzato.

Si e osservato che stimare il rischio di un portafoglio di titoli con la varianza delsuo rendimento comporta assegnare lo stesso peso a variazioni sopra e sotto al suorendimento medio; operando in tal modo, un portafoglio caratterizzato da marcatiscostamenti rispetto a un valore medio elevato viene considerato a torto altamenterischioso.

In effetti, se le variabili aleatorie che descrivono i tassi di rendimento dei portafoglisono simmetriche, come accade se si ipotizza che tali rendimenti si distribuiscano inmodo normale, la varianza puo essere giudicata un adeguato indicatore del rischio.Tuttavia, se con rischio si intende la possibilita di andare incontro a rendimenti negativio comunque troppo al di sotto delle aspettative, l’utilizzo delle varianza come misuradel rischio puo dar luogo a risultati paradossali, che non sono coerenti con il principiodi non sazieta.

Esempio 3.4 Siano X e Y le variabili casuali con i seguenti esiti equiprobabili:

X: 0 1 2Y: 0 2 4

PoicheIE[X] = 1, V ar[X] = 2/3IE[Y ] = 2, V ar[Y ] = 8/3

nessuna delle due variabili aleatorie domina l’altra secondo il criterio media-varianza.Eppure la variabile casuale Y e evidentemente da preferirsi alla variabile aleatoria Xin quanto ha sempre una probabilita piu alta di avere rendimenti piu elevati.

Un indicatore di rischio che tiene conto solo delle variazioni indesiderate delrendimento e la semi-varianza definita da

SemiV ar =1n

n∑

k=1

(min [0, Rk − h])2 (3.5)

dove:• h e un valore fissato che esprime il minimo livello accettabile per il tasso di

rendimento,• n e il numero di periodi di tempo considerati,• Rk, k = 1, 2, ..., n rappresenta il tasso di rendimento del portafoglio relativo al

periodo [k − 1, k] .

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Talvolta si assume come livello h il valore medio R =∑n

k=1 Rk/n ; l’indice in tal casoviene chiamato half-variance. E immediato constatare che se la distribuzione dei tassidi rendimento e simmetrica rispetto alla media si ha HalfV ariance = V ar/2 ; in talcaso i due indicatori di rischio danno luogo alle stesse relazioni di dominanza.

4. Gli indici di Sharpe e di Treynor

Nel paragrafo precedente si e evidenziato che per misurare la redditivita di unfondo comune come di ogni portafoglio “rischioso” e necessario tenere conto non solo delrendimento ma anche del rischio che tale investimento comporta. Mentre vi e completoaccordo riguardo alle modalita da utilizzare per la misurazione del rendimento, l’indicedi rischio e misurato seguendo criteri diversi.

La varianza, lo scarto quadratico medio, la semi-varianza e l’half-variance sonoalcuni degli strumenti utilizzati per la misurazione del rischio di un portafoglio; un altroindicatore molto utilizzato e il “beta” di un portafoglio, definito da

β =∑n

k=1 (Rk −R)(Rmk−Rm)∑n

k=1(Rmk−Rm)2

(4.1)

dove Rk e R rappresentano rispettivamente il tasso di rendimento del portafoglio nelperiodo k e la sua media aritmetica calcolata su tutti i periodi e Rmk

ed Rm sonorispettivamente il tasso di rendimento del portafoglio di mercato nel k -simo periodo ela media aritmetica di tale tasso.

Tornando al problema di ricercare una classificazione razionale per un insieme difondi comuni e possibile affermare che tale classificazione richiede di disporre di unindicatore della performance che tenga conto sia del rendimento atteso sia delrischio e che permetta sempre di confrontare fra loro due generici portafogli.

In tale direzione abbiamo gia esaminato come opera il criterio media - λ varianza.In letteratura sono stati proposti numerosi altri criteri che riassumo in un unico valorenumerico considerazioni sia sul rendimento sia sul rischio; fra questi i due piu famosisono gli indici proposti da Sharpe e da Treynor.

L’indice introdotto da Sharpe, noto in letteratura come reward to variability ratio,misura l’eccesso tasso di rendimento per unita di rischio ed e espresso da

IS =IE(Ri)− r

σi(4.2)

dove con IE(Ri) si e indicato il tasso di rendimento atteso del fondo i -simo, con ril tasso di rendimento esente da rischio e con σi lo scarto quadratico medio del tassodi rendimento del fondo i . Ovviamente tanto piu elevato e l’indice IS tanto miglioreviene giudicato il fondo.

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Si noti che l’indice IS presuppone che il rischio venga misurato con lo scartoquadratico medio del rendimento del portafoglio. Tale ipotesi e particolarmenteappropriata nel caso in cui si supponga che il portafoglio contenga un unico titolorischioso. Naturalmente al posto di σi si puo usare la semi-varianza o la half-varianceottenendo rispettivamente gli indici di performance noti come reward to semi-varianceratio e reward to half-variance ratio.

L’indice proposto da Treynor, reward to volatility ratio e analogo a quello di Sharpein quanto valuta la performance di un portafoglio mediante il premio ( E(Ri)− r ) perunita di rischio. I due indici differiscono invece per quanto riguarda la valutazione delrischio. Infatti l’indice di Treynor e definito da

IT =IE(Ri)− r

βi(4.3)

dove βi = Cov(Ri, Rm)/σ2m e il beta del portafoglio i .

Si osservi che qualora si abbia βi < 0 , l’indice di Treynor perde di significativita,dato che se E(Ri)−r > 0 il valore dell’indice risulta negativo anche se un investimentonel fondo i si presenta come molto conveniente, mentre se E(Ri) − r < 0 l’indicerisulta positivo anche se il rendimento medio e inferiore al tasso dei titoli non rischiosi.Pertanto, bisogna prestare particolare attenzione nell’uso della misura di performancedi Treynor nel caso di fondi (portafogli) con β negativo.

E‘ immediato osservare che se si utilizza come misura di rischio la haft-variancesi pu‘o definire un altro indicatore di performance spesso utilizzato dagli operatorifinanziari e noto come reward to haft-variance

Si noti che gli indici prima descritti se da lato consentono di ottenere unordinamento totale di un insieme di fondi dall’altro lato si basano solo sui primidue momenti della distribuzione di probabilita.

I criteri di dominanza stocastica che ci accingiamo descrivere si basano su tuttala distribuzione di probabilita e in quanto tali permettono di arrivare ad un approcciopiu completo dell’analisi della performance. La descrizione dei criteri di dominanzastocastica richiede alcune informazioni sulla teoria dell’utilita che verranno presentatenei prossimi paragrafi.

5. Utilita ordinale

La teoria dell’utilita offre un contributo rilevante ai tentativi di superare le difficoltae le anomalie riscontrate nei criteri esaminati in precedenza.

Dare una definizione di utilita non e certamente facile. Di norma alla parola utilitasi attribuisce il significato di livello di soddisfazione che un soggetto riceve dalladisponibilita di uno o piu beni materiali o immateriali. Spesso si parla di utilita di un

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risultato intendendo con tale parola una generica situazione che arreca al decisore uncerto livello di gradimento.

Una prima distinzione riguarda il fatto che l’utilita si debba considerare come unaentita misurabile (in tal caso si ha a che fare con delle quantita fisiche e si parla di utilitacardinale) o come una entita non misurabile (utilita ordinale), che ha come unico scopoquello di tradurre numericamente l’ordinamento di preferenza del decisore.

Sia IF un insieme di risultati, che per il momento supporremo certi, e sisupponga che per ogni coppia di elementi x , y ∈ IF il decisore sia in grado di esprimereuno e solo uno dei seguenti giudizi:

- preferenza di x rispetto a y : y ≺ x- preferenza di y rispetto a x : x ≺ y- indifferenza tra x e y : x ∼ y .

Supponiamo inoltre che ∀x, y, z ∈ IF siano verificate le seguenti condizioni dicoerenza:

• se x  y e y  z ⇒ x  z• se x  y e y ∼ z ⇒ x  z• se x ∼ y e y  z ⇒ x  z• se x ∼ y e y ∼ z ⇒ x ∼ z .

Si noti che il termine “indifferenza” si deve interpretare come “uguale gradimento” fra irisultati x e y e non come incapacita da parte del decisore di stabilire una preferenzafra x e y .

Definizione 5.1. Una funzioneu : IF → IR

e detta di utilita ordinale se ∀x, y ∈ IF si ha:

x  y ⇐⇒ u(x) > u(y)x ∼ y ⇐⇒ u(x) = u(y).

(5.1)

Si osservi che una funzione di utilita ordinale ha il solo scopo di tradurrenumericamente l’ordinamento di preferenza del decisore e che non e unica, mae determinata a meno di una trasformazione monotona crescente.

Esempio 5.1 Si considerino tre risultati x , y , z e si supponga che il decisoreassoci a tali risultati le utilita: u(x) = 10 , u(y) = 20 e u(z) = 50 . Si puo concludereche tale decisore preferisce y a x e z a y . Alla stessa conclusione si arriva anche seu(x) = −12 , u(y) = 7 e u(z) = 135 . Quello che interessa e la graduatoria ottenuta,non i valori numerici prodotti dalla funzione di utilita.

Una funzione di utilita ordinale non consente affermazioni del tipo “l’utilita di xe doppia dell’utilita di y ” e non permette di sommare, sottrarre ed effettuare altricalcoli su due o piu valori di utilita. La giustificazione e abbastanza ovvia: essendo

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La performance dei fondi comuni 13

determinata a meno di una trasformazione monotona crescente gli usi leciti non sonocertamente molti: il confronto fra piu valori, la scelta del massimo o del minimo fra piuquantita e pochi altri.

Si osservi che una funzione di utilita ordinale e strettamente riferita a unben determinato decisore, a un preciso insieme di risultati e a un prefissatointervallo temporale. Decisori diversi possono, naturalmente, esprimere ordinamentidi preferenza diversi; il giudizio puo inoltre variare se cambia l’insieme dei risultati e igiudizi possono mutare nel tempo.

Quando i risultati rappresentano importi monetari, la funzione di utilita ordinalepiu naturale e

u(x) = x (5.2)

che corrisponde al criterio di preferenza “tra due somme di denaro scelgo la piu elevata”.Per esprimere tale giudizio si puo comunque scegliere, come funzione di utilita degliimporti monetari, qualsiasi funzione crescente.

6. Utilita cardinale

Se si accetta l’ipotesi che l’utilita sia un’entita di tipo fisico e quindimisurabile, il decisore non solo riesce a confrontare risultati diversi, ma e in gradodi valutare di quanto un’alternativa sia preferibile rispetto a un’altra.

Definizione 6.1. Una funzione regolare

u : IF → IR

e detta di utilita cardinale se ∀x, y ∈ IF si ha:

x  y ⇐⇒ u(x) > u(y)x ∼ y ⇐⇒ u(x) = u(y)

(6.1)

e se e determinata a meno di una trasformazione lineare crescente.Quest’ultima condizione sta a significare che se u e una funzione di utilita cardinale,anche tutte le funzioni v = au + b con a > 0 sono funzioni di utilita che danno luogoallo stesso ordinamento di preferenze.

Se si accetta il concetto di utilita cardinale, le utilita dei singoli risultatipossono essere trattate come se avessero la natura di importi monetari ein quanto tali si possono sommare, sottrarre, se ne possono calcolare lemedie e si puo eseguire tutto un insieme di operazioni che abbiamo visto essereinammissibili nel caso dell’utilita ordinale.

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14 La performance dei fondi comuni

Indicato con xi , i = 1, 2 , un generico importo monetario certo che supponiamovariare in un insieme IF ⊂ IR , la funzione di utilita cardinale di ogni operatore razionaleverifica la condizione

x1 < x2 ⇒ u(x1) ≤ u(x2) ∀x1, x2 ∈ IF (6.2)

che sintetizza il principio di non sazieta. L’insieme di tutte le funzioni di utilita cardinaleregolari e non decrescenti si indica di norma con U1 , cioe si pone

U1 = {u : u′ ≥ 0}. (6.3)

L’esperienza insegna che l’utilita di una somma di denaro cresce all’aumentare dellasomma, ma molto spesso meno che proporzionalmente. Con U2 di norma si indical’insieme delle funzioni di utilita regolari non decrescenti e con utilita marginale noncrescente

U2 = {u ∈ U1 : u′′ ≤ 0}. (6.4)

Continuando in tal modo si puo definire l’insieme

Un = {u ∈ Un−1 : (−1)nu(n) ≤ 0}. (6.5)

Esaminiamo ora brevemente alcune famiglie di funzioni di utilita cardinale cherisultano atte a rappresentare l’utilita di importi monetari (si ricordi che, assegnatauna funzione di utilita cardinale, una qualunque trasformazione lineare crescente nonne altera le caratteristiche essenziali).

La piu semplice funzione di utilita cardinale e

u(x) = x, (6.6)

che risulta crescente, con pendenza costante e non limitata superiormente. Una semplicemodifica consente di ottenere la limitatezza superiore

u(x) ={

x per x ≤ uu per x > u. (6.7)

Storicamente la prima funzione di utilita, proposta da D. Bernoulli nel 1738, e

u(x) = log x. (6.8)

Tale funzione si basa sull’ipotesi che nel passare dalla ricchezza posseduta x allaricchezza finale x + h l’utilita vari in modo inversamente proporzionale a x edirettamente proporzionale ad h (incremento di ricchezza)

u(x + h)− u(x) = kh

xk > 0. (6.9)

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La performance dei fondi comuni 15

Dividendo per h e supponendo u differenziabile si ha

u′(x) =k

x; (6.10)

questa equazione differenziale ha come soluzione generale

u(x) = k · log x + l l ∈ IR; (6.11)

la funzione coincide di Bernoulli si ottiene immediatamente osservando che le funzionidi utilita cardinale sono determinate a meno di una trasformazione lineare crescente.

Bernoulli sintetizzo i calcoli precedenti con la frase “la felicita morale (utilita) e illogaritmo della felicita materiale (denaro)”.

Una classe di funzioni di utilita che trova largo impiego nelle applicazioni e

u(x) = x− ax2 a > 0. (6.12)

I diagrammi di tale classe sono parabole con vertice in ( 12a , 1

4a ) e con concavita rivoltaverso il basso. Se si vuole che tali funzioni di utilita risultino non decrescenti si debbonoconsiderare definite solo per x ≤ 1

2a . Si puo completare la definizione imponendo chel’utilita sia costante per x > 1

2a .Una famiglia molto interessante di funzioni di utilita e

u(x) = 1− e−x/a a > 0; (6.13)

tali funzioni sono crescenti, definite per ogni x , e superiormente limitate.Numerose e interessanti proprieta analitiche trovano riscontro anche nell’insieme di

funzioni di utilita “potenza”

u(x) = (x + b)1−a con x + b ≥ 0 , 0 < a < 1. (6.14)

Una famiglia di funzioni di utilita che presenta molte proprieta tali da renderlemolto “flessibili” e quella delle funzioni “expo–potenza”

u(x) = γ − e−βxα

(6.15)

con γ > 1 , α, β 6= 0 e α · β > 0.

7. Utilita di risultati aleatori e criterio dell’utilita attesa

Finora si sono considerate funzioni di utilita definite su risultati certi. Nellamaggior parte delle applicazioni ad ogni azione del decisore corrisponde un insieme

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16 La performance dei fondi comuni

di conseguenze sulle quali si ripartisce la probabilita. I risultati di una scelta sonoidentificabili con le realizzazioni di una v.a. che nel caso di importi monetari assume ilnome di lotteria o di gioco di sorte.

Per il momento supponiamo per semplicita che in un gioco L vi siano due solipossibili risultati: vincere la somma x con probabilita α o vincere la somma y conprobabilita (1− α) . Formalmente si scrive

L = [x, α; y, (1− α)]. (7.1)

Si e in tal modo definita un’operazione sull’insieme Ξ dei possibili risultati aleatori chead ogni coppia di risultati x, y associa un terzo risultato [x, α; y, (1−α)] . Supporremoche Ξ sia chiuso rispetto a tale operazione, cioe che [x, α; y, (1 − α)] ∈ Ξ per ognicoppia x, y ∈ Ξ e ∀α ∈ [0, 1] .

Si desidera disporre di un criterio che consenta di valutare un insieme dilotterie in modo da poterle confrontare e ordinare, con lo scopo di effettuaredelle scelte.

A tale proposito, una delle tecniche piu famose e utilizzate e il criterio dell’utilitalineare o dell’utilita secondo von Neumann e Morgenstern. Tale criterio e basato su uninsieme di assiomi che assicurano l’esistenza di una funzione u : Ξ → IR detta funzionedi utilita attesa (o lineare, o secondo von Neumann e Morgenstern), determinata a menodi una trasformazione lineare crescente e tale che:

x  y ⇐⇒ u(x) > u(y) (7.2)x ∼ y ⇐⇒ u(x) = u(y) (7.3)IE[u(L)] = u([x, α; y, (1− α)]) = α u(x) + (1− α) u(y). (7.4)

Per quanto riguarda l’interpretazione delle relazioni (7.2) e (7.3) questa dovrebbe essereormai cosa del tutto ovvia. La relazione (7.4) afferma che l’utilita attesa di una lotteriache permette di vincere la somma x con probabilita α e la somma y con probabilita(1 − α) e uguale alla media delle utilita di x e di y con pesi rispettivamente α e(1− α) .

Manifestamente un decisore razionale fra due alternative scegliera quella che gliprocura l’utilita maggiore.

Il criterio dell’utilita attesa (o lineare) prevede che si scelgano lealternative in modo da massimizzare non il valore atteso dei risultati (inquesto modo opera il criterio del valore medio), ma il valore atteso dellecorrispondenti utilita.

Esempio 7.1 Si considerino le lotterie:

L1 = [100, 2/5; 325, 3/5] L2 = [180, 3/5; 205, 2/5]

L3 = [136, 4/5; 261, 1/5] L4 = [157, 1/5; 232, 4/5]

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La performance dei fondi comuni 17

Se si utilizza il criterio del valore medio si ha:

IE(L1) = 235 IE(L2) = 190 IE(L3) = 161 IE(L4) = 217

e quindi l’ordine di preferibilita decrescente e: L1, L4, L2, L3 .

Se si utilizza la funzione di utilita u(x) =√

x− 36 si ha:

IE[u(L1)] =25u(100) +

35u(325) =

258 +

3517 = 13.4

IE[u(L2)] =35u(180) +

25u(205) =

3512 +

2513 = 12.4

IE[u(L3)] =45u(136) +

15u(261) =

4510 +

1515 = 11

IE[u(L4)] =15u(157) +

45u(232) =

1511 +

4514 = 13.4

e quindi l’ordine di preferibilita decrescente e: L4 ∼ L1, L2, L3 .Naturalmente variando la funzione di utilita si possono ottenere ordinamenti diversi

delle preferenze.

Se la lotteria L prevede i risultati l1 , l2 , . . . , ln con probabilita rispettivamentep1 , p2 , . . . , pn ( pi ≥ 0,

∑pi = 1 ), allora l’utilita attesa della lotteria e definita da

IE[u(L)] = p1u(l1) + p2u(l2) + . . . + pnu(ln) (7.5)

Esempio 7.2 (Paradosso di San Pietroburgo) Questo esempio ha un interessestorico in quanto segna la nascita della teoria dell’utilita. L’esempio e tratto daun famoso contributo che sintetizza una conferenza tenuta da D. Bernoulli pressol’Accademia di S. Pietroburgo nel 1742.

Si consideri un gioco L consistente nel lanciare una moneta non truccata, cioe conuguale probabilita di uscita di “testa” e “croce”. Il gioco termina quando esce testa perla prima volta e il partecipante vince 1, 2, 4, ..., 2n−1 unita monetarie rispettivamentese esce testa al primo, al secondo, al terzo,..., all’ n -simo lancio.

Si osservi che la probabilita di vincere 1 unita monetaria e 1/2 , cioe e uguale allaprobabilita che esca testa al primo lancio; la probabilita di vincere 2 unita monetarie e1/4 , cioe e uguale alla probabilita dell’evento “croce al primo lancio e testa al secondolancio”; la probabilita di vincere 4 unita monetarie e 1/8 e coincide con la probabilitadell’evento “croce al primo e al secondo lancio e testa al terzo lancio”. La probabilita divincere 2n−1 unita monetarie e 1/2n ed e uguale alla probabilita di ottenere semprecroce nei primi (n− 1) lanci e testa all’ n -simo lancio.

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18 La performance dei fondi comuni

Il valore medio della vincita e quindi il prezzo che puo essere considerato “equo”pagare per partecipare al gioco e

IE(L) = 1 · 12

+ 2 · 14

+ 418

+ ... + 2n−1 · 12n

+ . . . =

=∞∑

n=1

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= ∞.

Il criterio del valore medio suggerisce che uno scommettitore per poter partecipare algioco deve pagare una somma infinita. E comunque ben difficile trovare una personadisposta a versare per una sola partita piu di 10 unita monetarie. La conclusione e cheil valore medio del gioco non e un indicatore attendibile per rappresentare la somma cheuno scommettitore e disposto a pagare per una sola giocata. La proposta di Bernoullie di considerare come somma equa per partecipare al gioco l’utilita attesa dei risultatie cioe

IE[u(L)] =∞∑

n=1

12n

u(2n−1).

Si supponga di scegliere la funzione di utilita proposta da Bernoulli, cioe u(x) = log x ;utilizzando le proprieta delle serie numeriche si trova

IE[u(L)] =∞∑

n=1

12n

(n− 1) · log 2 = log 2 = u(2).

8. Utilita e rischio

Si consideri un decisore con funzione di utilita cardinale della moneta u(x) .Assegnata una lotteria L consistente in un insieme x1 , x2 , ... , xn di importi monetaridisponibili rispettivamente con probabilita p1 , p2 , ... , pn (

∑ni=1 pi = 1 ), per tale

decisore esiste un importo monetario c tale che

u(c) = p1u(x1) + p2u(x2) + . . . + pnu(xn) = IE[u(L)]; (8.1)

l’importo c e detto certo equivalente rispetto alla lotteria L . Le motivazioni per lascelta della dizione “ certo equivalente” sono evidenti: il possedere con certezzal’importo monetario c assicura un livello di soddisfazione che coincide conquello della lotteria L . Si osservi che se la funzione u e invertibile si ha

c = u−1{IE[u(L)]}. (8.2)

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La performance dei fondi comuni 19

Esempio 8.1 Si consideri la funzione di utilita u(x) =√

x− 36 (con x ≥ 36 )e si calcoli il certo equivalente della somma aleatoria (lotteria) che ha come possibilideterminazioni 100 euro con probabilita 1/2, 180 euro con probabilita 1/5 e 205 eurocon probabilita 3/10. Utilizzando la relazione (7.5) si ha

12u(100) +

15u(180) +

310

u(205) =128 +

1512 +

310

13 = 10.3 .

Il certo equivalente si ottiene risolvendo l’equazione

√c− 36 = 10.3

e si ottiene c = 10.32 + 36 = 142.09 euro.

Esempio 8.2 Il certo equivalente del gioco di S. Pietroburgo, calcolato in base allafunzione di utilita proposta da Bernoulli u(x) = log x , si ottiene facilmente sfruttandoil fatto che la funzione logaritmo e invertibile e ha come inversa la funzione esponenziale

c = eIE[u(L)] = elog 2 = 2.

Data una somma aleatoria L , la differenza fra il valore medio IE(L) e il certoequivalente c(L) associato alla lotteria L , si chiama premio per il rischio per il decisoree si indica con π(L) , cioe

π(L) = IE(L)− c(L). (8.3)

Si puo dimostrare che il premio di rischio e nullo per ogni lotteria se e solo se la funzionedi utilita u(x) e lineare.

Il segno del premio di rischio dipende dall’atteggiamento del decisore nei confrontidel rischio. Se il decisore e avverso al rischio (la sua funzione di utilita e concava), lesomme incerte offrono un’utilita che e inferiore rispetto a quella del loro valore medio eil premio di rischio risulta positivo. Viceversa, se il decisore e propenso al rischio (lasua funzione di utilita e convessa), le somme incerte sono apprezzate piu del loro valoremedio e il decisore e disposto a ricevere un importo minore rispetto al valore medio dellalotteria pur di partecipare alla lotteria stessa.

In ipotesi di regolarita della funzione di utilita u(x) , la propensione al rischiorichiede che per ogni valore di x si abbia u′′(x) ≥ 0 , l’avversione al rischio cheu′′(x) ≤ 0 , l’indifferenza al rischio che u′′(x) = 0 .

Si osservi che tutte le funzioni di utilita esaminate nel paragrafo precedente, a partequella lineare, indicano avversione al rischio per ogni valore di x ; questa e in effettil’ipotesi piu avvalorata e traduce come abbiamo gia avuto modo di vedere l’ipotesi didecrescenza dell’utilita marginale.

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20 La performance dei fondi comuni

Un interessante indicatore per la misurazione dell’avversione al rischio del decisoree dato dalla funzione

ρ(x) = −u′′(x)u′(x)

(8.4)

detta misura assoluta di avversione al rischio. Naturalmente la funzione ρ(x) edefinita solo se u′(x) 6= 0 ed e nulla per ogni valore di x se e solo se la funzionedi utilita e lineare, mentre e positiva in caso di avversione al rischio e negativa incaso di propensione. La funzione ρ(x) e direttamente collegata con la concavita“standardizzata” della funzione di utilita u(x) e presenta carattere locale nel sensoche misura la concavita di u(x) solamente in un intorno di x . A differenza di u′′(x) ,la misura ρ e invariante rispetto a trasformazioni lineari della funzione diutilita.

Molto spesso si accetta l’ipotesi che la misura assoluta di avversione al rischiosia decrescente. Tale ipotesi, detta anche ipotesi DARA (acronimo dell’espressionedecreasing absolute risk aversion), in condizioni di regolarita richiede ρ′(x) ≤ 0 . Poiche

ρ′(x) =−u′(x)u′′′(x) + [u′′(x)]2

[u′(x)]2(8.5)

si ha ρ′(x) < 0 solo se u′(x)u′′′(x) > [u′′(x)]2 . Pertanto se u ∈ U2 , cioe se u′(x) ≥ 0e u′′(x) ≤ 0 , allora la condizione u′′′(x) ≥ 0 e necessaria per avere ρ′(x) ≤ 0 , cioel’insieme

UDARA = {u ∈ U2 : ρ′(x) ≤ 0} (8.6)

e un sottoinsieme di U3 .

Esempio 8.3 Si consideri la funzione di utilita u(x) = 4x3 − 4x2 + x definitaper x ∈ [0, 1/6) . Calcolando le derivate u′(x) = 12x2 − 8x + 1 , u′′(x) = 24x− 8 eu′′′(x) = 24 si verifica facilmente che u ∈ U3 ∀x ∈ [0, 1/6) , ma u /∈ UDARA .

Esempio 8.4 Per le funzioni di utilita quadratica u(x) = x − ax2 ( a > 0 ) lafunzione di avversione assoluta al rischio e

ρ(x) =2a

1− 2axe quindi ρ′(x) =

4a2

(1− 2ax)2> 0.

Per le funzioni di utilita esponenziali u(x) = 1− e−x/a ( a > 0 ) si ha

ρ(x) =1a

ρ′(x) = 0.

Il coefficiente di misura assoluta di avversione al rischio per le funzioni expo-potenzae

ρ(x) =1− α + αβxα

x

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La performance dei fondi comuni 21

e quindi

ρ′(x) =(αβxα + 1)(α− 1)

x2.

Pertanto, limitatamente alle restrizioni dei suoi parametri indicate nella definizione, lefunzioni di utilita E–P mostrano avversione assoluta al rischio decrescente se α < 1 ,costante se α = 1 , crescente se α > 1.

9. Criteri di dominanza stocastica

I criteri di dominanza stocastica costituiscono un approccio molto generale aiproblemi di decisione in condizioni di incertezza in quanto si basano sull’interadistribuzione di probabilita delle v.a. in esame (guadagni o perdite monetarie).

Assegnato un insieme di v.a. (fondi di investimento), ogni criterio di dominanzastocastica consente di ottenere un ordinamento parziale per tali v.a.; tale ordinamentodiviene piu fine all’aumentare dell’ordine del criterio utilizzato e permette di ripartireun insieme di attivita a rendimento aleatorio in due sottoinsiemi: l’insieme efficientecostituito dalle attivita non dominate e l’insieme non efficiente che contienele v.a. dominate.

I singoli criteri di dominanza stocastica ordinaria si possono formulare siautilizzando le funzioni di utilita sia mediante le funzioni di ripartizione, che come enoto per ogni r ∈ IR esprimono la probabilita che la v.a. X sia minore o uguale dellivello r , Prob(X ≤ r) .

Si considerino due fondi comuni o due investimenti i cui rendimenti sonorappresentati dalle v.a. X e Y , con funzioni di ripartizione rispettivamente FX

e FY .

Definizione 9.1. Si dice che la v.a. X domina la v.a. Y in base al criterio didominanza stocastica del primo ordine, e si scrive X >SD1 Y , se ∀r ∈ IR si ha

Prob (X > r) ≥ Prob (Y > r) (9.1)

e se esiste almeno un valore r0 in corrispondenza del quale la disuguaglianza (9.1) everificata in senso stretto.

Il significato del criterio di dominanza del primo ordine e molto chiaro:se per ogni valore di r la probabilita che la v.a. X superi il livello r e almeno ugualealla corrispondente probabilita di Y , allora vi sono buone ragioni per ritenere che Xsia preferibile rispetto a Y . Si osservi che la relazione (9.1) si puo anche scrivere nelseguente modo

Prob (X ≤ r) ≤ Prob (Y ≤ r) ∀r ∈ IR (9.1a)

ovveroFX(r) ≤ FY (r) ∀r ∈ IR. (9.1b)

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22 La performance dei fondi comuni

Pertanto, X >SD1 Y se la funzione di ripartizione FX non supera in nessunpunto la funzione di ripartizione FY ed esiste almeno un punto r0 tale cheFX(r0) < FY (r0) .

Si osservi che se X >SD1 Y , allora si puo scrivere anche FX >SD1 FY ed enaturale parlare di criteri di dominanza fra funzioni di ripartizione.

Da un punto di vista grafico, X >SD1 Y se la curva FX si trova sempre sottoo al piu coincide in qualche punto con la curva FY . Se ci sono intersezioni fra lefunzioni di ripartizione, allora non ci possono essere dominanze del primoordine.

Il criterio di dominanza stocastica del primo ordine si puo esprimere anche intermini di funzioni di utilita come e evidenziato dal seguente teorema.

Teorema 9.1. X >SD1 Y se e solo se ∀u ∈ U1 si ha

E[u(X)] ≥ E[u(Y )] (9.2)

ed esiste almeno una funzione u0 ∈ U1 tale che E[u0(X)] > E[u0(Y )] .

Naturalmente la validita del teorema 9.1 e subordinata all’esistenza dei valori medi.Si osservi che per definire il criterio di dominanza stocastica del primo ordine si puo

in maniera alternativa assumere come definizione la relazione E[u(X)] ≥ E[u(Y )] ∀u ∈U1 e dimostrare come teorema la validita della relazione FX(r) ≤ FY (r) ∀r ∈ IR , cioesi puo dare la definizione del criterio utilizzando le funzioni di utilita e ricavare cometeorema una condizione per le funzioni di ripartizione. E quanto faremo nel seguito,descrivendo gli altri criteri di dominanza stocastica.

Per quanto riguarda la possibilta di utilizzare i criteri di dominanza stocasticaper la classificazione di un insieme di fondi comuni di investimento si puosupporre che per ciascun fondo siano disponibili m osservazioni che rappresentano itassi di rendimento relativi a un certo periodo di tempo. L’ipotesi piu semplice e quelladi assegnare lo stesso peso ( 1/m ) a ciascuna osservazione (ad esempio a ciascun tasso direndimento settimanale) ma nulla vieta di utilizzare dei pesi diversi per dare importanzadifferente alle singole osservazioni.

Presi in considerazione due fondi comuni la cui performance e sintetizzata dalle v.a.X e Y con realizzazioni rispettivamente (x1, x2, . . . , xm) e (y1, y2, . . . , ym) , la primacosa da fare e di ridefinire le osservazioni in modo da ottenere un insieme dinumeri in ordine non decrescente

x1 ≤ x2 ≤ . . . ≤ xm y1 ≤ y2 ≤ . . . ≤ ym (9.3)

Se due o piu osservazioni presentano lo stesso valore, allora tali osservazioni vengonoconsiderate come distinte. La funzione di distribuzione della v.a. X e definita da

FX(x) =

{ 0 se x < x1

k/m se xk ≤ x < xk+1 k = 1, 2 . . . , m− 11 se x ≥ xm

(9.4)

22

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La performance dei fondi comuni 23

dove si e supposto che se due o piu osservazioni hanno lo stesso valore, allora si considerasolo l’osservazione con indice piu elevato.

In modo del tutto analogo si definisce FY la funzione di distribuzione Y .Inoltre si puo definire con z = (z1, z2, . . . , z2m) il vettore che contiene in ordine

non decrescente sia le osservazioni del primo fondo (quello associato alla v.a. X ) siaquelle del secondo fondo. Si noti che le componenti z1, z2, . . . , z2m possono essere tuttedistinte o possono in parte coincidere.

Dopo tali premesse siamo in grado di formulare il criterio di dominanza stocasticadel primo ordine in modo da poterlo utilizzare per confrontare due v.a. discrete o laperformance di due fondi comuni.

La v.a. discreta X domina la v.a. Y in base al criterio di dominanzastocastica del primo ordine se e solo se

FX(zk) ≤ FY (zk) k = 1, 2, . . . , 2m (9.5)

ed esiste zj tale che FX(zj) < FY (zj) .

Esempio 9.1 Si considerino due v.a. X e Y le cui realizzazioni hanno tutteprobabilita 1/6 . Siano: 10,10,40,40,40,40 le realizzazioni di X e 10,10,30,30,40,40quelle di Y . Si osservi che le realizzazioni delle v.a. X e Y possono rappresentareil guadagno mensile ottenuto da due fondi comuni o da due investimenti negli ultimi 6mesi.

E immediato verificare che la v.a. X domina la v.a. Y in base al criterio didominanza stocastica del primo ordine nel senso che ogni decisore con funzione di utilitau ∈ U1 preferisce indiscutibilmente X a Y .

Da un punto di vista grafico si verifica facilmente che le due funzioni di distribuzionecoincidono per r ≤ 30 e per r ≥ 40 , mentre per 30 < r < 40 si ha FX(r) < FY (r) .

Si osservi che per tale esempio il criterio media–varianza non consente di eliminarenessuna delle due variabili; infatti si ha: E(X) = 30 > E(Y ) = 26.6 e var(X) = 200 >var(Y ) = 155.5.

Esempio 9.2 Si considerino la v.a. X le cui realizzazioni sono identiche aquelle dell’esempio precedente e la v.a. Y con le seguenti realizzazioni equiprobabili:0,20,30,30,40,40. In tal caso le due funzioni di ripartizione si intersecano e non e possibilecon il criterio di dominanza stocastica del primo ordine scegliere fra X e Y .

Si possono trovare due funzioni di utilita u1, u2 ∈ U1 tali che E[u1(X)] > E[u1(Y )]e E[u2(X)] < E[u2(Y )] . A tal proposito si considerino le funzioni di utilita u1 = x eu2 = (x− 20)[(x− 20)2 + 1]−1/2. Si ha

E[u1(X)] = 30 > 26.6 = E[u1(Y )]E[u2(X)] ' 0.334 < 0.498 ' E[u2(Y )].

Si osservi che l’ordinamento indotto dal criterio di dominanza stocasticadel primo ordine risulta poco selettivo in quanto porta a classificare come non

23

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24 La performance dei fondi comuni

ordinabili (e quindi come indifferenti) situazioni che appaiono molto diverse dal puntodi vista della rischiosita.

La dominanza stocastica del secondo ordine presuppone che il decisoresia avverso al rischio e quindi che sia portato a evitare situazioni “pericolose”.

Definizione 9.2. La v.a. X domina la v.a. Y in base al criterio di dominanza delsecondo ordine, e si scrive X >SD2 Y , se e solo se ∀u ∈ U2 si ha

E[u(X)] ≥ E[u(Y )] (9.6)

ed esiste almeno una funzione u0 ∈ U2 tale che E[u0(X)] > E[u0(Y )] .

La dominanza stocastica del secondo ordine si puo definire anche in termini difunzioni di distribuzione.

Teorema 9.2. X >SD2 Y se e solo se ∀r ∈ IR si ha∫ r

−∞[FX(t)− FY (t)] dt ≤ 0 (9.7)

ed esiste almeno un valore r0 in corrispondenza del quale la disuguaglianza vale insenso stretto.

Da un punto di vista grafico si puo avere dominanza stocastica delsecondo ordine anche se i grafici di FX e di FY si intersecano purchesi mantenga non negativa la somma delle aree con segno della funzionedifferenza delle funzioni di distribuzione, H = FY − FX .

La dominanza stocastica del primo ordine manifestamente implica la dominanzastocastica del secondo ordine, cioe se X >SD1 Y allora X >SD2 Y ; l’ordinamentoparziale che si ottiene con SD2 e pertanto piu fine rispetto a quello che si ottiene conSD1 .

La definizione di dominanza stocastica del secondo ordine puo essere definitaanche in termini delle osservazioni discrete zk (k = 1, 2, . . . , 2m) . A tal propositosi considerano le grandezze:

FX,2(z1) = 0 FX,2(zk) =k∑

i=2

FX(zi−1)(zi − zi−1) k = 2, 3, . . . , 2m. (9.8)

In modo analogo si definiscono le grandezze FY (zk) per k = 1, 2, . . . , 2m .Si puo provare che la v.a. discreta X domina la v.a. Y in base al criterio

di dominanza stocastica del secondo ordine se e solo se

FX(zk) ≤ FY (zk) (9.9)

ed esiste zj tale che FX(zj) < FY (zj) .

Esempio 9.3 Si considerino le v.a. dell’esempio 9.2. E immediato verificare che,sebbene i grafici di FX e FY si intersechino, si ha X >SD2 Y .

La definizione di dominanza stocastica del terzo ordine mediante le funzioni diutilita e ormai cosa ovvia.

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La performance dei fondi comuni 25

Definizione 9.3. La v.a. X domina la v.a. Y in base al criterio di dominanzastocastica del terzo ordine, e si scrive X >SD3 Y , se e solo se ∀u ∈ U3 si ha

IE[u(X)] ≥ IE[u(Y )] (9.10)

ed esiste almeno una funzione u0 ∈ U3 tale che IE[u0(X)] > IE[u0(Y )] .

La dominanza stocastica del terzo ordine si puo definire anche mediante l’impiegodelle funzioni di ripartizione.

Teorema 9.3. X >SD3 Y se e solo se valgono le relazioni:

IE(X) ≥ IE(Y )∫ z

−∞

∫ y

−∞FX(t) dt dy ≤

∫ z

−∞

∫ y

−∞FY (t) dt dy.

(9.11)

Si osservi che la dominanza stocastica del secondo ordine implica quella del terzoordine e quindi l’ordinamento parziale rappresentato dalla dominanza del terzo ordinee piu fine di quello del secondo ordine.

Esempio 9.4 Si considerino la v.a. X le cui realizzazioni sono 22, 22, 22, 26 , tutteequiprobabili, e la v.a. Y con le seguenti realizzazioni equiprobabili: 20, 24, 24, 24 . Sipuo verificare che in base ai criteri di dominanza del primo e del secondo ordine nonc’e nessuna relazione di dominanza tra le due v.a.. Infatti, considerate le due funzionidi utilita u1(x) = −4(13 − x)3 e u2(x) = 4(x − 12) − 4

√(x− 12)2 + 0.01 , entrambe

appartenenti a U2 nell’intervallo [20, 26] , si ha IE[u1(Y )] < IE[u1(X)] , e quindi X epreferita a Y , e IE[u2(X)] < IE[u2(Y )] , e quindi Y e preferita a X . D’altra parte,con qualche conto si verifica che in base al criterio di dominanza del terzo ordine valela relazione di dominanza X >SD3 Y .

Riportiamo ora due interessanti risultati.

Teorema 9.4. Se X >SDn Y , allora IE(X) ≥ IE(Y ) .

Pertanto per avere dominanza di X su Y in base a un qualche ordine ( SDn ), lamedia di X non puo essere inferiore alla media di Y . La giustificazione del teorema9.4 e immediata se si considera che la funzione di utilita neutrale al rischio u(x) = xappartiene all’insieme Un per ogni n .

Per quanto riguarda la dominanza stocastica del secondo ordine si ha il seguenteteorema.

Teorema 9.5. Se X >SD2 Y e IE(X) = IE(Y ) , allora V ar(X) ≤ V ar(Y ) , purche levarianze in gioco esistano.

I criteri di dominanza stocastica di ordine superiore al terzo si possono agevolmentedefinire sia in base alle funzioni di utilita sia utilizzando le funzioni di ripartizione.

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26 La performance dei fondi comuni

Se si considera un insieme di portafogli aleatori alternativi, si possono utilizzare icriteri di dominanza stocastica per determinare un insieme efficiente che contenga solo lealternative non dominate. E chiaro che all’aumentare dell’ordine del criterio si ottengonodelle classi di funzioni di utilita via via piu ristrette e quindi l’insieme efficiente conterraun numero di elementi che tende quantomeno a non aumentare. D’altra parte, manmano che si aggiungono delle restrizioni sulla classe delle funzioni di utilita si ottiene uninsieme efficiente che risulta adatto alle esigenze di un numero sempre minore di decisorie si perde in generalita. Si osservi, inoltre, che il significato economico dei criteri delprimo e del secondo ordine e chiaro; quando si considerano i criteri di ordine n ≥ 3ci si trova invece di fronte a delle regole di decisione il cui significato non e del tuttoevidente.

Definiamo ora un criterio di dominanza stocastica basato sull’ipotesi che la funzionedi utilita del decisore appartenga alla classe DARA .

Definizione 9.4. La v.a. X domina la v.a. Y in base al criterio di dominanzastocastica DARA , e si scrive X >DARA Y , se e solo se ∀u ∈ UDARA si ha

IE[u(X)] ≥ IE[u(Y )] (9.12)

ed esiste almeno una funzione u0 ∈ UDARA tale che IE[u0(X)] > IE[u0(Y )] .

Per il criterio di dominanza stocastica DARA non sono state trovate dellecondizioni sulle funzioni di ripartizione che siano equivalenti a quelle indicate nelladefinizione 9.4. Ricordando che l’insieme UDARA e un sottoinsieme proprio di U3 ,vi sono buoni motivi per ritenere che il criterio DARA consenta di ottenere unordinamento piu selettivo rispetto al criterio di dominanza SD3 . Si osservi ancorache se le v.a. X e Y hanno la stessa media allora i due criteri sono equivalenti; piuprecisamente si puo dimostrare il seguente teorema.

Teorema 9.6. Se IE(X) = IE(Y ) , allora X >DARA Y se e solo se X >SD3 Y .

Dato un insieme di T portafogli aleatori (o di fondi comuni) l’applicazione diciascun criterio di dominanza stocastica richiede di sviluppare

(T2

)confronti a due a

due al fine di ottenere un sottoinsieme di fondi da considerare efficiente in base al criterioutilizzato. Dato che un punto di vista pratico l’esecuzione di tutti questi confronti puorichiedere una gran mole di calcoli, si possono tenere presente degli accorgimenti chepossono ridurre il numero dei confronti.

L’obiettivo fondamentale e di ottenere un sottoinsieme efficiente di numerositaminima e quindi si possono eliminare una volta per sempre tutti quei fondiche risultano dominati da un qualche fondo in base a un qualche criterio.

Un altro accorgimento che puo far risparmiare notevolmente sui tempi di calcoloe collegato con la proprieta che afferma che per avere dominanza di X su Y sideve avere IE(X) ≥ IE(Y ) .

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La performance dei fondi comuni 27

Una proprieta utile per snellire la mole di conti riguarda il “problema della codasinistra della distribuzione”: per avere dominanza stocastica di qualsiasi ordine delfondo X sul fondo Y la piu piccola realizzazione di X deve essere maggioreo uguale della piu piccola realizzazione di Y .

Si noti che quest’ultima proprieta se da un lato consente di snellire in modosensibile i confronti d’altro canto costituisce uno dei limiti piu critici per tutti i criteridi dominanza stocastica: se anche in un solo periodo un fondo si e comportatomale non riuscira mai a riscattarsi ed entrare a far parte dell’insieme deifondi dominanti.

10. Valutazione multicriterio

In questo paragrafo si descrive un multicriterio di tipo PROMETHEE (PreferenceRanking Organization METHods Enrichment Evaluation) che consente di ottenereun ordinamento totale per un insieme di portafogli aleatori (fondi comuni) mediante lacostruzione di un unico indice numerico che sintetizza i risultati ottenuti usando varicriteri.

La metodologia presentata ha innumerevoli possibilita di applicazioni e puo essereapplicata con buoni risultati anche per misurare la performance di un insieme di fondicomuni di investimento.

Si indichi con F un insieme di n fondi comuni di investimento f1 , f2 , . . . ,fn la cui performance in un determinato periodo di tempo e oggetto di indagine. Siconsiderano m criteri numerici C1 , C2 , . . . , Cm che si suppone siano legati a unavalutazione globale del tipo redditivita-rischio ma che si possono riferire anche alladominanza stocastica, in particolare al numero di sottoperiodi di tempo durante i qualisi e manifestata una qualche relazione di dominanza.

Assegnata una coppia di fondi f1 ed f2 si desidera quantificare la preferenzadel fondo f1 rispetto al fondo f2 in riferimento al criterio Cj , j = 1, . . . , m .A tal proposito si puo introdurre una funzione di preferenza Pj(f1, f2) definita da

Pj(f1, f2) ={

0 se Cj(f1) ≤ Cj(f2)hj(Cj(f1), Cj(f2)) se Cj(f1) > Cj(f2)

(10.1)

dove hj e una funzione a valori in [0, 1] .Nelle applicazioni risulta conveniente considerare che hj sia una funzione crescente

della differenza d = Cj(f1)−Cj(f2) che esprime di quanto il fondo f1 si debba ritenere“migliore” del fondo f2 .

Naturalmente d puo assumere anche valori negativi e in tal caso esprime di quantoil fondo f2 si debba ritenere “migliore” del fondo f1 . Si puo pertanto definire unafunzione hj(d) a valori in [0, 1] e tale che

hj(d) ={

Pj(f1, f2) se d ≥ 0Pj(f2, f1) se d < 0 (10.2)

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28 La performance dei fondi comuni

Supposto d > 0 , per il criterio Cj si puo definire la funzione hj a valori in [0, 1]

hj =

{ 0 se d ≤ ad−ab−a se a < d ≤ b1 se d > b

(10.3)

con 0 < a < b . La funzione hj classifica come equivalenti in base al criterio Cj duefondi se i rispettivi valori numerici differiscono per meno del livello a , se tale differenzae maggiore del livello b , allora il primo fondo e preferito “decisamente” al secondo, sea < d < c , allora si utilizza una tecnica lineare come indicatore di preferenza.

La funzione hj non costituisce certamente l’unica scelta possibile ma estrutturalmente semplice e facile da impiegare per quantificare di quanto un fondo siada preferire a un altro fondo relativamente al criterio utilizzato.

Data la coppia di fondi f1 ed f2 si puo a questo punto definire un indice diperformance sintetico

P (f1, f2) =m∑

j=1

wjPj(f1, f2) (10.4)

dove con wj (∑

w = 1 ) si e indicato il peso assegnato al criterio j .Ovviamente il valore massimo che l’indice sintetico puo assumere e uno e tale valore

si ottiene solo se il fondo f1 e preferito “decisamente” rispetto a tutti i criteri utilizzati;inoltre, tanto piu l’indice P (f1, f2) e prossimo a 1 tanto piu il fondo f1 puo essereconsiderato migliore del fondo f2 .

Con lo scopo di classificare la performance di un insieme di fondi F e opportunoconsiderare per ∀ f ∈ F le quantita

P+(f) =∑

fi∈F

P (f, fi) P−(f) =∑

fi∈F

P (fi, f) (10.4)

La relazioneP (f) = P+(f)− P−(f) (10.5)

consente di valutare sinteticamente la performance del fondo f e puo essere utilizzataper ottenere un ordinamento totale nell’insieme di fondo F .

In ogni caso si deve segnalare che la scelta dei pesi wj risulta determinante nelsenso che variando i pesi varia e talvolta in modo significativo la graduatoria dei fondi.

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La performance dei fondi comuni 29

APPENDICE A. CRESCITA SEMPLICE E COMPOSTA

In questa appendice si desidera analizzare che cosa succede quando il risultatoincerto di un esperimento casuale viene considerato come input di un successivoesperimento casuale. Si tratta di un problema che si presenta spesso sia nella teoriadegli investimenti finanziari sia nell’analisi della dinamica delle popolazioni.

Si consideri la seguente opportunita di investimento. Un titolo (o un fondo comunedi investimento) il cui prezzo cambia di periodo in periodo (ad esempio di settimana insettimana) puo essere acquistato pagando 1 euro. Il tasso di rendimento giornaliero edeterminato dal lancio di una moneta bilanciata. Se esce testa il prezzo si aumenta del60% se esce croce il prezzo diminuisce del 40% . Il decisore deve stabilire se si trattadi un buon investimento.

Di primo acchito la risposta corretta sembra essere che si tratta di un impiegoredditizio in quanto il valore atteso del tasso di rendimento calcolato su una settimanae positivo e vale 0.1 . Tuttavia si deve prestare particolare attenzione nell’interpretarequesto tasso di rendimento positivo. Infatti se e vero che il titolo offre buone opportunitadi impiego in certe condizioni e altrettanto vero che in altre circostanze il titolo sipresenta come una pessima fonte di impiego del proprio denaro. Piu precisamenteil titolo se si considera un arco di tempo di una settimana il titolo offre un’ ottimaopportunita di investimento in quanto un tasso di rendimento settimanale medio del10% e difficilmente realizzabile. D’altra parte se il decisore pianifica di mantenere ilpossesso del titolo per molti periodi, allora i risultati, come vedremo tra breve, sonomolto deludenti.

Problemi come quello presentato si presentano molto spesso ai decisori finanziari chenon sempre li affrontano e li risolvono nel modo corretto. Riprendiamo in considerazioneil fondo comune prima descritto e calcoliamo il tasso di rendimento X e la ricchezzafinale Y nel caso in cui l’investimento duri esattamente una settimana. Si ha

X ={

60% con probabilita 1/2−40 % con probabilita 1/2

Y ={

1.6 con probabilita 1/20.6 con probabilita 1/2

Dato che IE[X] = 10% e IE[Y ] = 1.1 il titolo si presenta come un buon investimentonel periodo di una settimana. Tuttavia prima di arrivare a un giudizio conclusivoanalizziamo in modo approfondito il significato di IE[Y ] = 1.1 . Il numero IE[Y ]rappresenta il montante medio per ciascun investimento quanto si considerano moltiinvestimenti dalle caratteristiche molto simili e i risultati degli impieghi vengonosommati fra loro. Nel nostro esempio l’affermazione IE[Y ] = 1.1 sta a significareche se in una stessa settimana si effettuano un gran numero di investimenti tutti deltipo descritto e si sommano i risultati finali, il tasso di rendimento medio risulta esseredel 10% e quindi in tal caso l’opportunita presentata all’investitore deve considerarsidecisamente vantaggiosa.

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30 La performance dei fondi comuni

Possiamo chiederci che cosa succede se l’investimento dura un certo numero disettimane. A tal proposito supponiamo di acquistare il fondo per 1 euro e di mantenerneil possesso per n settimane. La ricchezza accumulata dopo n settimane e

(1 + x1)(1 + x2) · · · (1 + xn)

dove x1, x2 . . . , xn sono i tassi di rendimento relativi alle settimane 1, 2, . . . , n . Iguadagni e le perdite vengono “composti” da una settimana alla successiva.Se n e sufficientemente grande si puo affermare che circa meta degli xi sono positivie uguali a + 60 % e che circa meta sono negativi e uguali a − 40% . Ci si aspetta,pertanto, che la ricchezza accumulata sia approssimativamente uguale a

(1 + 0.6)n/2(1− 0.4)n/2 =√

0.96n

Dato che limn→∞ 0.96n/2 = 0 , ci dobbiamo aspettare che l’investimento fornisce unaricchezza che tende ad annullarsi dopo un certo numero di settimane. Anche mantenendoil titolo per due sole settimane, mediamente si ottiene una perdita e quindi l’acquistodel titolo non puo ritenersi una buona opportunita di impiego del denaro.

La durata dell’investimento influenza in modo incredibilmentesignificativo la redditivita finale.

Dall’esempio presentato appare evidente che se i guadagni e le perdite vengonocomposte per piu settimane non si deve giudicare la bonta dell’impiego semplicementeconsiderando la media aritmetica delle performance. E naturale chiedersi se esistauna procedura per calcolare un numero che dia delle indicazioni sulla redditivitadell’investimento quando si considerino le redditivita su piu periodi. Tale numero ineffetti esiste e si chiama media geometrica.

Sia Y una v.a. discreta che assume i valori positivi y, y2, . . . , yn rispettivamentecon probabilita p1, p2, . . . , pn si dice media geometrica della v.a. Y o dei numeriy, y2, . . . , yn la quantita

IEg[Y ] = yp11 · yp2

2 · · · ypnn =

k

ypk

k (A.1)

Nell’esempio del fondo si ha y1 = 1.6 e y2 = 0.6 p1 = p2 = 1/2 e quindi

IEg[Y ] = 1.61/2 · 0.61/2 =√

0.96 ' 0.9798

cioe la ricchezza tende a diminuire nel tempo fino ad annullarsi.

Esempio A.1 Si consideri un fondo di investimento le cui quotazione in ognisettimana, indipendentemente da quanto accaduto in precedenza, puo aumentare del50% con probabilta p1 = 0.4 , diminuire del 40% con probabilta p2 = 0.35 o rimanereinvariata con probabilita p3 = 0.25 .

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La performance dei fondi comuni 31

Dato che la media aritmetica delle performance del fondo e

IEa(F ) = 1.5 · 0.4 + 0.60 · 0.35 + 1 · 0.25 = 1.06

possiamo concludere che se il fondo viene acquistato per essere rivenduto dopouna settimana, allora l’investimento in tale fondo deve essere giudicato come moltoremunerativo. D’altra parte dal calcolo della media geometrica si ha

IEg(F ) = 1.500.4 · 0.60.25 · 10.35 ' 0.9835

e quindi il possesso del fondo per piu periodi porta a una diminuzione della ricchezza.

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32 La performance dei fondi comuni

ESERCIZI

1) Si considerino le seguenti quotazioni di 4 fondi comuni di investimento che siriferiscono rispettivamente al momento della loro emissione e al valore delle singole quotedopo 1 , 2 e 3 anni.

FA : 10 000 11 000 12 100 13 310 FB : 10 000 12 000 11 400 14 820

FC : 10 000 9 000 10 800 14 580 FD : 10 000 13 000 12 350 12 597

Si classifichino i fondi comuni in base alla loro performance (tasso di rendimento annuo)utilizzando opportuni criteri di valutazione.

1) (Cenno di soluzione) Attribuendo ad ogni anno probabilita 1/3 , si trovano peri fondi i seguenti valori medi e varianze:

IE(FA) = 0.10 IE(FB) = 0.15 IE(FC) = 0.15 IE(FD) = 0.09

V ar (FA) = 0. V ar (FB) ' 0.022 V ar (FC) = 0.035 V ar (FD) ' 0.023

In base al criterio del valor medio l’ordine di preferenza e: FB ∼ FC , FA , FD . In baseal criterio media–varianza il fondo FB domina sia il fondo FC (che ha la stessa mediadi FB ma una varianza piu elevata) sia il fondo FD (che ha media inferiore e varianzasuperiore) e il fondo FA domina il fondo FD (che ha media inferiore e varianza piuelevata).

Si noti che alla fine del terzo anno la ricchezza massima si ha scegliendo il fondo FC ;il calcolo della media geometrica consente di evidenziare questa migliore performance,mentre si ha IEa(FB) = IEa(FC) .

2) Un decisore deve valutare l’opportunita di effettuare un investimento il cuirendimento e descritto dalla variabile aleatoria X con distribuzione di probabilitauniforme sull’intervallo (0, k) .

Nell’ipotesi che la sua funzione di utilita sia u(x) = ln(x) , si determini:a) l’utilita attesa dell’investimento X ;b) il certo equivalente di X .

Posto che il decisore abbia la possibilita di effettuare un investimento alternativocon rendimento descritto dalla variabile aleatoria Y con distribuzione di probabilita[1, p; k, 1 − p] , si determini il valore di p che rende equivalenti secondo il criteriodell’utilita attesa i due progetti.

F2) (Cenno di soluzione) Poiche

IE(u(X)) = limε→0

∫ k

ε

1k

log x dx = limε→0

[x log x− x

k

]k

ε

= log k − 1

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La performance dei fondi comuni 33

segue che il certo equivalente cercato e c = k/e .Inoltre, dato che IE(u(Y )) = (1 − p) log k si ottiene il valore di p per il quale X

e indifferente a Y

p =1

log k.

3) Si consideri un mercato nel quale sono negoziate le attivita finanziarie A , B ,C il cui rendimento e dato da

A B C Prob.1.5 2 2.25 1/31 1 1.5 1/30.9 1 1.35 1/3

Si ordinino le tre alternative con il criterio Media-Varianza. Sia, inoltre, u(x) =xa/a ( 0 < a < 1 ). Si calcolino e si ordinino i certi equivalenti dei tre progetti.

F3) (Cenno di soluzione) Si ha:

IE(A) = 3.4/3 V ar(A) = 0.62/9IE(B) = 4/3 V ar(B) = 2/9IE(C) = 5.1/3 V ar(C) = 1.395/9

e quindi C >MV B .I certi equivalenti sono:

cA =[1.5a + 1a + 0.9a

3

]1/a

cB =[2a + 1a + 1a

3

]1/a

cC =[2.25a + 1.5a + 1.35a

3

]1/a

e quindi

cA < cB < cC .

4) Si confrontino con i criteri della dominanza stocastica del primo e del secondoordine le seguenti variabili aleatorie

X = (10, 2/3; 20, 1/3) Y = (5, 1/3; 15, 5/9; 30, 1/9).

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4) (Cenno di soluzione) Non ci possono essere relazioni di dominanza in base alcriterio del primo ordine in quanto le funzioni di ripartizione delle due variabili aleatoriesi intersecano.

Esiste una relazione di dominanza in base al criterio di dominanza stocastica delsecondo ordine in quanto la somma delle aree con segno della funzione che esprime ladifferenza tra le funzioni di ripartizione delle due variabili aleatorie non cambia segnonell’intervallo tra gli esiti di valore minimo e massimo.

5) Siano X la variabile aleatoria che assume i valori −0.05 , 0.2 e 0.3 ciascuno conprobabilita 1/3 , Y la variabile aleatoria che assume con le stesse probabilita i valori0 , 0.3 e 0.45 e Z la variabile che assume con certezza il valore 0.2 . Si confrontinole tre variabili con il criterio media-varianza e con il criterio dell’utilita attesa rispettoalla funzione u(x) = x− x2 .

5) (Cenno di soluzione) Le tre variabili aleatorie hanno media IE(X) = 0.15 ,IE(Y ) = 0.25 , IE(Z) = 0.2 e varianza V ar(X) = 0.0216 , V ar(Y ) = 0.035 ,V ar(Z) = 0 . Pertanto X e dominata da Z in base al criterio media-varianza mentreX e Y , da una parte, e Y e Z dall’altra non sono confrontabili in base a tale criterio.

Si trova inoltre IE[u(X)] = 0.105833 , IE[u(Y )] = 0.1525 , EE[u(Z)] = 0.16 ; percioin base al criterio dell’utilita attesa rispetto alla funzione u assegnata l’ordinamento dipreferenza e: Z e preferita a Y che e a sua volta preferita a X . Chiaramente, se siutilizza una diversa funzione di utilita l’ordinamento di preferenza puo cambiare.

6) Si consideri un decisore con funzione di utilita crescente e avverso al rischioa cui e offerta la scelta tra una lotteria X che fa vincere 484 unita monetarie conprobabilita 1/4 e 100 unita monetarie con probabilita 3/4 e la lotteria Y che favincere con certezza 200 unita monetarie. Qual e l’alternativa preferita dal decisore?

F6) (Cenno di soluzione) Il decisore scegliera l’alternativa Y . Infatti poiche eavverso al rischio si ha

IE[u(X)] ≤ IE(X) = 196

per ogni funzione di utilita crescente e concava. D’altra parte, IE(X) = 196 < 200 =IE(Y ) .

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