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Mi trovai davanti, a destra e a sinistra, un fitto ... · raccoglievano le gocce che, dai rami, ......

Date post: 16-Feb-2019
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Mi trovai davanti, a destra e a sinistra, un fitto paesaggio di alberi; barcollavo mentre i miei occhi correvano da una parte all’altra, quasi volessero contarli tutti e fissar ne i particolari. Sotto i piedi, il suolo era scivoloso e vi si raccoglievano le gocce che, dai rami, cadevano grev i e, estenuate, si lasciavano trasportare, inermi. Non so perché fossi lì e in quel momento; ricordo, invece, che la morbida luce della luna mi affascinava, ma era allo stesso tempo così forte da pietrificarmi; era la prima volta che osservavo la natura con tanto incanto e lei, generosa come mai p rima, mi donava tutta la sua intensità. Un brivido invase rapidamen te il mio corpo, mi cinse l’anima e la scosse, come se voless e distogliere la mia attenzione dal cielo e riportarla sulla terr a. Vinse lui, infatti, mi accorsi di un lieve venticel lo che dirigeva l’orchestra: c’erano le foglie violiniste, le gocce percussioniste e la mente sognatrice.

Antonella De Palo

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Che cos’è per te la speranza?

La speranza: qualcuno l’ha scoperta, qualcuno no, c ’è chi la scoprirà e chi non saprà mai cos’è. E tu, sapresti descriverla ? Io sì; la speranza è quella forza che ti dice di continuare a provare e riprovare all’infinito; che ti dà la pazienza di aspettare, ma la devi cerc are, la devi pretendere, è come una caccia al tesoro. La speranz a è una spinta enorme e inaspettata, che in un istante ti trasforma da un l eone ansioso a un asino paziente, che trova la forza per continuare a train are. Quando tutto sembra ribaltarsi, quello che ogni persona si è cre ata sembra ribellarsi; non ci si deve abbattere, perché cambierà stagione e ci saranno nuove rose; la speranza è l’unica cosa che, pur trovandos i nel vaso di Pandora, giova agli uomini che troverebbero se guardassero a l di là dell’orizzonte. Non so se mi aiuterebbe, perché sembro respingerla, non accettarla; ad esempio, se non riesco a fare bene qualcosa, anzich é sperare e continuare a provare dando il massimo, mi agito. Io spero in f uturo di diventare una ballerina, perché la danza è la mia passione, la mi a ragione di vita, ma per far ciò dovrò combattere e so che non sarà affa tto facile; spero anche che ci sia una migliore conservazione dei beni cult urali, perché se questo accadesse tutti si renderebbero conto della meravig liosa Italia che si

nasconde dietro alla mafia, alla crisi economica ….

Antonella De Palo

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Ciao! Sono

Antonella

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15 gennaio 1945

Caro diario,

mi tremano le mani al solo pensiero che questo potr ebbe essere il mio ultimo giorno su questa terra.

Probabilmente, anche questa notte sognerò la mia fa miglia, mentre era ancora riunita felicemente intorno all’antico tavol o di mogano rosso del soggiorno, gremito di pietanze succulenti, in occas ione del settantatreesimo compleanno della mia bisnonna, o q uando rimanevamo fino al tramonto, distesi sulla spiaggia deserta per poi tuffarci nella calma infinita del mare.

D’altronde mi succede ogni qualvolta mi addormento su questo mio squallido letto.

Da quanto tempo i miei occhi non incontrano lo sgua rdo vispo e fresco di mia sorella Agnese, quello amorevole e comprensivo di mia madre, quello protettivo e mai rimproverante di mio padre, ma, pi ù di tutti, quello fugace di un fratello che sogna di divenire, un gio rno, qualcuno che possa essere fiero di ciò che ha fatto per gli altri.

Ho bisogno di un abbraccio caloroso come quelli che ricevevo dai miei familiari durante la mia infanzia, di una persona a cui possa confidare

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tutti i miei pensieri, con cui trascorrere i pochi momenti di pausa che ci vengono concessi.

Sono obbligata a lavorare ininterrottamente in uno stanzino angusto, insieme ad altre due ragazze giovani come me, cuce ndo, rammendando, impreziosendo con ricami arzigogolati i vestiti di quegli uomini, se si possono considerare tali, che ci tengono rinchiusi qui.

Essi, infatti, sono alieni tramutatisi in persone, esseri subdoli senza cuore, potenti e tuttavia impotenti, poiché, perché una semplice stella possa portare a tutta questa sofferenza e a questo disastro, la loro mente dovrebbe essere come un cancello di ghisa fermato d a innumerevoli lucchetti e da altrettante catene, impossibile da v alicare, per impedire a qualunque estraneo di turbare la quiete dei residen ti interni.

Spero che un giorno queste pagine possano essere le tte da chi saprà cogliere in esse il lato più aberrante di queste si tuazioni di totale violazione dei diritti, affinché non si riproponga mai e poi mai un oltraggio simile alla dignità umana.

A presto

Angelica Chiara Ventrucci

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Ciao! Sono Chiara e

ho amici dalla

Danimarca alla Cina !

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Cara Antologia,

è successo ieri, alle 9:00; no, ho sbagliato alle 9 :10.

Stava nevicando ed io l’ho visto in lontananza, cir condato da un bagliore che attirava i miei occhi, sono corso a gu ardarlo più vicino.

Uno … due … tre passi e il mio cuore batteva sempr e più forte.

Alla fine ho avuto il coraggio di guardarlo proprio davanti a me. Era stupendo.

Un essere vivente che nel suo pregio di essere cos ì alto racchiudeva tutta la gioia delle persone che lo gua rdano e lo ammirano ogni giorno.

Cara Antologia, credo che non vedrò mai più un pino così bello.

Davide Avarello

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Ciao! Sono

Davide e voglio

fare l’attore

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Ciao! Mi chiamo Maxim e ho 16 anni, sono alto 1.68 cm e peso circa 50 kg. Ho un viso che sprizza simpatia p oiché ho un’espressione allo stesso tempo dolce, mite e viva ce. I miei occhi sono grandi e di colore azzurro chiaro c ome l’acqua del mare; sono spesso allegri e sereni con un’espressione innocente e dolce. Le mie orecchie s ono piccole e strette, il naso carnoso, regolare e a pa tata, la bocca piccola, stretta e spesso pronta a sbuffare; le mie labbra invece sono sottili, screpolate e rosate, le gote rosee, fresche e paffute mentre il mento è tondo e regolare. I capelli sono biondo chiaro, con capigli atura folta e corta. Al tatto sono lisci, soffici e fini.

Non ho segni fisici particolari ma ho un carattere molto speciale perché sembro imbambolato ma in realtà son o attento e sveglio più di quanto appare. Sono molto curioso, soprattutto a scuola quando ci sono le lezioni dell a professoressa Fabbri, perché le sue materie sono mo lto interessanti. Sono anche un indagatore, perché mi p iace

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chiacchierare e fare tante domande per capire le pe rsone che mi circondano e quelle che provengono da altri paesi. Anche la mia voce è caratteristica, perché anche se non sono ancora adulto, è profonda e grave. Per quanto riguarda l’impegno, a dir la verità, sono un po’ pigro e pol trone, ho spesso un atteggiamento fiacco, adoro rilassarmi sul letto.

Maxim Chiarini

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7 dicembre 1944

Caro Diario,

questo è il cinquantesimo giorno che sono al campo; mia madre è sparita e anche mio padre; oggi è il mio compleanno e nessuno si è ricordato.

Questa mattina sono arrivati altri come me, quelli che i tedeschi chiamano “diversi”; sono le nove e mezzo e fra poco dovrò sp egnere la luce; mi manca il saluto di mamma e papà, la sera prima di d ormire.

Le giornate sono fredde, grigie e faticose; io devo servire una ricca famiglia tedesca, portare a tutti loro il cibo, lav are i piatti, come una serva; io sono piccola e ho voglia di giocare.

Indosso uno strano pigiama a righe e sopra ho un ca rtellino con dei numeri: “7224135928”.

I giorni passano, le persone vanno e vengono; doman i devo andare a fare la doccia, ma credo che non servirà a molto visto che mi sporcherò subito con i lavori.

Buona notte, a domani.

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10 dicembre 1944

Sono scappata da quel brutto posto con le docce a g as, mi sono salvata la vita. Io voglio andarmene da qui, voglio fuggire, ho fame. Mi manca tutto di casa mia, il cibo, le mie b ambole, il saluto della mamma, la scuola e i miei amici, mi ma nca mio babbo, mi manca mia mamma.

28 gennaio 1945

I russi ci hanno salvato, hanno rotto i cancelli e ci hanno detto: “Venite vi porteremo in Patria” e così è stato. Ora sono in treno e penso a mamma e papà: non li ho mai persi mentalm ente ma solo fisicamente.

29 gennaio 1945

Caro Diario,

durante il viaggio ho conosciuto un generale americ ano davvero simpatico; mi ha raccontato della sua vita e mi ha impressionato

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la sua descrizione di Susy, sua figlia. Mi porterà nella sua città, insieme alla sua famiglia.

30 gennaio 1945

Caro Diario,

sono arrivata. Qui è tutto diverso, la casa è accog liente e calda.

Credo che io e Susy diventeremo presto amiche; mi sta così simpatica!

Abbiamo iniziato subito a giocare. Mi sento a casa.

Emanuela Angelini

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Ciao! Sono

Emanuela e mi like

Inglese !

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Una domanda molto difficile

Era buio, nero, ma ad un tratto un’empia voce si se ntì: era chiara e limpida, la sussurrava un tono caldo e basso, ta nto da sembrare pronunciata da Dio stesso. Improvvisamente apparve una luce e grazie ad essa si cominciarono a delineare all’oriz zonte ombre appannate di monti. La luce cresceva di pari passo con l’alzarsi della melodica voce; si intravedeva tra la foschia un paesaggio sfiorito molto tempo addietro. Guardando il cielo s i potevano vedere delle nuvole cupe che minacciavano pioggia. Il terreno, con qualche spiazzo d’erba, era prevalentemente sabbios o e pareva come fatto di cenere. Sentii ad un tratto che quella voc e così pura si era affievolita e poi fermata. Vidi una persona ven irmi incontro, era avvolta in un mantello nero e ombroso, così cup o che anche nelle notti più luminose pareva tutt’uno con la not te. Sembrava venire nella mia direzione così mi affrettai ad acc ennare un saluto che però non fu ricambiato. L’uomo mi passò accanto ignorando la mia presenza e passò velocemente andan do avanti verso una zona alle mie spalle che ancora non avevo osser vato. Poi si fermò e nuovamente riprese a cantare. La luce stava ingrandendosi sempre più e fu proprio in quel momento che vidi un a torre

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diroccata ergersi davanti a me. Era merlata e fatta di pietra, alta circa sedici metri con un’apertura simile a un a porta. Fu allora che feci caso che l’uomo portava con sé una valigia di pelle che pareva di mucca. Intravidi il sole sorger e, era freddo e pallido come nelle mattine d’inverno. La luce creat a dalla persona davanti a me cominciava a spegnersi e le nuvole in cielo si stavano diradando. Allora quella figura enigmatica cominciò a dirigersi verso la torre che pareva più spettrale c he mai. Io la seguii a passi lunghi e lenti, spinto dalla curiosi tà. I brividi mi percorsero la schiena come mai fino a quel momen to; ero rimasto solo perciò mi misi in testa una strana idea, la pi ù sbagliata fino a quel momento: volevo seguire quell’uomo dent ro la torre fantasma. Arrivato alla porta, anch’essa consumata dai tarli e antica come le pietre, bussai ed essa si aprì. Dent ro un camino acceso scoppiettava. Mi guardai intorno e non vidi nessuno. Fu in quel preciso istante che guardai in alto e vidi un soffitto attraversato da una trave che pareva vecchia come l a porta, allora mi voltai verso destra e feci caso a una gradinata che proseguiva a chiocciola. Notai subito la mancanza di qualche g radino e quelli che erano al loro posto parevano incerti e pericola nti. Allora lo

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rividi. Era lui. Era la stessa voce di prima che ch iamava il mio nome con serietà inaudita. Mi voltai nella direzion e da cui proveniva e vidi l’uomo seduto. Non aveva più il ma ntello. Le scarpe che aveva portato fino a quell’attimo, erano logorate, messe davanti al camino per asciugarsi. Guardai cos tui negli occhi: erano verdi, molto profondi, pareva di guard are in un pozzo scavato nella roccia e diroccato di secoli; si intu iva che un tempo era stato utilizzato ma ora era prosciugato e rimanevano sul fondo da guardare solo i germogli appassiti di una vita sciatta, a lungo vissuta come un fardello. Ripeté un’altra vol ta il mio nome molto lentamente e con solennità. Questa volta risp osi, o mi parve perché avevo sussurrato le parole come il vento sib ila fischi e recita a bassa voce poesie e storie di epoche passa te. Lo guardai in viso, era anziano, con molte rughe che sottoline avano i suoi sorrisi fatti da bambino; era calvo e portava una f olta barba bianca a sottolineare la sua veneranda età. Fu prop rio in quel momento che mi fece la domanda che avrebbe segnato il mio destino: mi chiese di prendere il suo posto come portatore o scuro della luce; mi spiegò che grazie a quel lavoro così solit ario lui riusciva a portare la luce e il colore, a cambiare le stagioni.

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Poi aprì la valigia che teneva sempre sotto il bra ccio per proteggerla e vidi al suo interno un raggio di sole . Era freddo, come le sue mani ormai callose e piene di rughe. Mi spiegò che grazie ad esso che si azionava solo con il canto l ui riusciva a creare quella luce. Disse anche che ormai era vecch io ed era giunto il momento di lasciare il suo posto ad una p ersona giovane. Fu proprio allora che mi colse una sensazione di ap prensione e disagio e cominciai a ragionarci su con molta angos cia. Mi sentivo come dentro ad un vortice di sensazioni. Il cuore m i diceva di accettare per far tornare l’estate e il caldo tra i bambini, per vedere rifiorire i loro sorrisi, ma l’istinto mi di ceva che una così grande rinuncia di me avrebbe finito per consu marmi anche l’anima e non solo le membra ancora giovani. Accett ai. Pensai che fosse più importante che i bambini avessero la feli cità.

Giacomo Rocchi

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Prima di cominciare a parlare del mio “idolo” vogli o mettere bene in chiaro una cosa: io non ho “idoli” veri e propri perché voglio una vita peculiare che sia solo mia e che non ass omigli a quella di un’altra persona. Da grande, un paio di anni fa, avrei voluto fare il calciatore, ma ora ho capito che solo in po chi ci riescono e io non voglio correre il rischio di non farcela. Vorrei essere come il mio papà, perché a lui, almeno secondo il m io parere di figlio, non manca niente; ha trovato una brava mogl ie, un bel lavoro, una casa stupenda e degli amici sui quali p uò contare sempre, in ogni momento.

Sostanzialmente, io da grande voglio essere felice, con ideali e obiettivi di fratellanza, in un mondo migliore nel quale io, come dice Tiziano Terzani, “comincerò a prendere decisio ni che mi riguardano e riguardano gli altri sulla base di più moralità”, sotto un unico grande arcobaleno come la bandiera d ella pace.

Giacomo Rocchi

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Ciao! Sono

Giacomo !

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Savignano sul Rubicone, 13 aprile 2007

Caro diario,

beh, a dire il vero la mia migliore amica si trova in un prato, ora che ci penso non so bene come l’ho conosciuta, lei è una meraviglia, il suo nome è margherita. E’ bianca com e la purezza e la libera mente, i suoi petali si aprono ai miei oc chi. Margherita ha uno sguardo luminoso, che mi fa rinascere come i l sole fa con lei. Lei mi apre il cuore e fa di me una gioia eter na.

P.S. Caro diario mi duole molto interrompere questo magnifico discorso ma ora devo proprio andare.

Gloria

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Un alunno speciale

Tu, il miglior studente; tu che ci hai osservato; t u … che eri fra noi. Ora ti hanno tagliato e sei nella polvere a f ar battaglia con Napoleone, ma morto non sei! Hai un’anima là fu ori, che ha attraversato le mura della nostra accogliente aula. Eri alto, ti facevi notare, eri bellissimo, davi colore al trist e prato verde, solo. Il tuo candore faceva pensare alla purezza e liberava la mente verso la fantasia. La tua immagine è rimasta impressa nella nostra migliore macchina fotografica: i nostri occh i. Solo ora ci accorgiamo che sei sparito e che ci mancherai molto .

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Le meraviglie ….

Oh, meraviglie, che meraviglie, rosse come il tramo nto; a volte piane come le pagine di un libro appena comprato e spesso rosse, rosse come la passione dell’amore che accende sempr e la luce dei miei occhi. Il vostro profumo è indescrivibile e ri esce perfino a penetrare nel mio cuore.

Oh, meraviglie, che meraviglie, ora sarete sempre c on me, la vostra immagine è ormai incisa nella mia mente. Gra zie, grazie per avermi fatto rivivere. Siete davvero magiche, rose.

Gloria Forlazzini

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Ciao! Sono Gloria

e wiwa i Danesh del

Comenius !


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