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On
lus
MILANOSelvatica
Guida alla scoperta degli animali che vivono a Milano
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Per chi non conosce la LIPU e per chi non è abituato a puntare lo sguardo
verso il cielo (ma non solo) potrebbe sembrare strana l’idea di trovarsi tra
le mani una piccola guida al riconoscimento della fauna selvatica in città.
Soprattutto il lettore potrebbe obiettare qualcosa nel non trovare tra le tante
schede di uccelli e animali vari – che agli occhi di molti potrebbero risultare
quasi “esotici” – il più casalingo e meglio conosciuto Merlo.
Ciò che ha spinto la LIPU a proporre a Milano il presente lavoro è la seguente
rifl essione: la maggior parte di cittadini forse non è consapevole di condivi-
dere la propria città con abitanti altrettanto “milanesi” – anche se spesso un
po’ meno stanziali – che caratterizzano il nostro ecosistema urbano. Stiamo
parlando di aironi, falchi, anfi bi, piccoli mammiferi che vivono nei nostri parchi
e giardini, nelle aree del centro storico e nelle periferie, nei pressi di grattacieli
e case popolari. Vogliamo quindi che questo libretto possa rappresentare
uno strumento utile ai milanesi per riconoscere la fauna presente in città, che
sia di aiuto a comprendere il rapporto instauratosi tra uomini e animali che
vivono a Milano, ed infi ne che faccia nascere il desiderio di preservare questo
delicato equilibrio, tipico delle nostre realtà urbane.
Ad introdurre le schede sulla fauna troverete una presentazione dell’ecosi-
stema urbano ed una breve descrizione degli habitat. Segue la carrellata di
specie – anfi bi, rettili, uccelli e mammiferi – che abbiamo pensato essere più
rappresentative (per facilità di riconoscimento, per frequenza di avvistamento
o per note curiose ad esse legate). Le schede offrono a chi legge le informa-
zioni essenziali su morfologia, abitudini e comportamenti, una carta d’identità
in cui vengono evidenziati i caratteri principali – fi sici ed eco-etologici (lun-
ghezza espressa secondo le indicazioni riportate in calce all’indice di pag. 43,
peso, alimentazione, habitat frequentato) – e soprattutto un’illustrazione che
mostra l’animale nell’habitat in cui è più facilmente osservabile.
La seconda parte della pubblicazione è poi dedicata ad informazioni pratiche
su come rapportarsi con questi abitanti della città: che sia per offrire loro cibo
e riparo (birdgarden, nidi e mangiatoie) oppure per aiutarli in caso di diffi coltà
(ritrovamento di piccoli caduti dal nido o di fauna ferita).
Quello che ci auguriamo con la redazione di questa guida è di poter offrire un
utile compendio a chiunque abbia voglia di alzare gli occhi verso il cielo per
cercare di svelare il mistero di voli e canti sconosciuti, ma anche di aiutare
Milano a preservare quello stato di “naturalità” che, anche se a volte troppo
nascosto dal frastuono del traffi co, ancora c’è e ci sorprende.
Buona scoperta!
Marta Bearzotti
Responsabile Oasi LIPU Cesano Maderno
Cittadina Milanese
PERCHÉ UNA GUIDA?
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Aironi cenerini, balestucci, rondoni, ma anche ricci e tartarughe… per compiere interessanti
osservazioni sulla fauna selvatica non occorre recarsi necessariamente in campagna o nei
boschi; la città, con le sue abitazioni e i suoi palazzi, i piccoli giardini e i grandi parchi, i viali
alberati e i cortili, offre infatti un ambiente adatto alla sopravvivenza di una gran varietà di animali
non necessariamente domestici.
Alcune specie si sono addirittura perfettamente adattate e specializzate a questa “nuova” situa-
zione ambientale fortemente antropizzata e questo a dimostrazione di quanto la prorompente
forza vitale della natura spesso sovrasti di gran lunga l’avanzare dell’urbanizzazione e della
cementifi cazione.
Per questo sono stato ben felice di promuovere questo progetto, che nasce dall’idea di offri-
re al cittadino un piccolo compendio, di agevole consultazione, per far conoscere una fauna
meno nota ma sicuramente interessante che popola Milano: le famiglie di gufi in via Ripamonti,
i rondoni allo Stadio Meazza, il Falco pellegrino che sorvola il Pirellone, la Gazza che prende il
sole all’Idroscalo… basta aprire la fi nestra e spendere un po’ del proprio tempo per avere ogni
giorno una sorpresa.
La nostra bella città piace ai volatili; d’inverno fa meno freddo, il cibo si trova facilmente, minore
è il rischio di caccia (al limite bisogna stare attenti ai gatti!)… a Milano insomma la vita per i
volatili è tutt’altro che grama…
Gianluca Comazzi
Garante per la tutela degli animali
Comune di Milano
Milano, come del resto tutte le altre città europee, non è un ecosistema naturale. Eppure,
numerose specie animali hanno imparato ad adattarsi all’ambiente cittadino e abitano la
nostra città per tutto l’anno o solo in alcune stagioni. Tra queste gli Uccelli, si sa, occupano
una posizione privilegiata perché possono essere avvistati (o sentiti) con relativa facilità, e per il
loro innegabile fascino.
Ma Milano corre troppo e il Gheppio che nidifi ca sulla “rupe” dello Stadio Meazza da alcuni anni,
nonostante il chiasso di 80.000 tifosi e i rifl ettori, le colonie di rari rondoni pallidi che sembrano
prediligere le scuole, e, novità degli ultimi anni, i voli di Rondone maggiore sui parchi della peri-
feria ovest, passano spesso inosservati.
Questa guida ha l’obiettivo di fare scoccare la scintilla della curiosità iniziale. Per la LIPU questa
è la sfi da di sempre ed è importante che anche il Comune di Milano abbia deciso di raccoglierla.
A chi saprà vincere le diffi coltà iniziali si aprirà un mondo nuovo, fatto di stagioni segnate dai
pettirossi che scendono dalle Alpi in città, prima di Natale, dalle rondini che con la loro data di
arrivo primaverile un po’ anticipata rispetto al passato, sembrano darci informazioni preziose su
fenomeni complessi quali i cambiamenti climatici, di canti da decifrare. E tutto ciò rappresenta
una sfi da culturale, un modo di percepire il mondo che una volta appreso fa parte di noi, irre-
versibilmente. Infi ne, da sempre, la LIPU pone attenzione al tema dell’ecologia urbana. Altrove,
porzioni di città vengono progettate anche per le altre specie. L’auspicio è che questa guida
contribuisca a far si che presto questo succeda anche nelle nostre città.
Claudio Celada
Direttore Area Conservazione Natura
LIPU-BirdLife Italia
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Non ci si può addentrare nei meandri del-
l’ecologia senza aver prima inquadrato, al-
meno a grandi linee, il concetto di ecosi-
stema. Si consideri una porzione di ambiente
ben delimitata come un bosco, uno stagno o
un prato. Al suo interno è possibile individua-
re una comunità biotica (gli animali, le piante
e tutti gli altri esseri viventi) ed una compo-
nente abiotica (il terreno, l’aria, l’acqua) che
instaurano tra loro molteplici interazioni chimi-
co-fi siche in grado di mantenere un fl usso di
energia ed un ciclo di materia, garantendo
in tal modo una determinata struttura a quello
che viene defi nito, appunto, un ecosistema.
Piuttosto complicato, non c’è che dire, e al-
lora può essere utile ricorrere ad un esempio
chiarifi catore.
Osserviamo ciò che accade in uno stagno: le
piante acquatiche nutrono i girini che vengo-
no mangiati dalla Biscia dal collare, la quale è
predata a sua volta dall’Airone cenerino. Alla
morte di quest’ultimo il corpo si decompone
per l’azione dei microrganismi e in seguito a
questa trasformazione le sue molecole ven-
gono cedute al terreno per essere assorbite
come nutrimento dalle radici delle piante.
Questa catena si interseca con molte altre
a formare una rete alimentare complessa
in cui avviene il ciclo della materia, accom-
pagnato da un fl usso di energia, in buona
parte dissipata nei vari passaggi sottoforma
di calore, ma continuamente rimpiazzata da
quella elargita incessantemente dal sole ed
immagazzinata dai vegetali con la fotosinte-
si clorofi lliana.
A tutte queste relazioni vanno aggiunti i rap-
porti tra gli organismi viventi ed il comparto
non vivente (suolo, vento, temperatura, quan-
tità di acqua, ossigeno e molto altro ancora)
che conferiscono all’ecosistema e alle sue reti
una struttura ben defi nita, ma in equilibrio di-
namico.
Anche una città può essere considerata da
questo punto di vista? La risposta è sì, seb-
bene il contrasto con il funzionamento degli
ecosistemi naturali sia evidente.
Si pensi alla componente abiotica: rocce
e terreno lasciano il posto in buona parte a
cemento ed asfalto, che modifi cano la per-
meabilità ed altri parametri, mentre la compo-
sizione dell’aria è alterata dalle emissioni do-
vute alle attività antropiche. Al di là di questo
la differenza principale risiede nel fatto che la
città è un “ecosistema eterotrofo”, come
l’ha defi nita Eugene P. Odum, uno dei padri
dell’ecologia moderna. Il termine sta a sot-
tolineare che l’ambiente urbano non è auto-
suffi ciente e dipende dalle zone più o meno
limitrofe per l’approvvigionamento di energia,
cibo, acqua e materiali. In compenso abbon-
dano gli scarti che devono essere “esportati”
in quanto al suo interno il ciclo della materia
non è in equilibrio. Per questi motivi la città
fi nisce col perturbare gli ecosistemi dai quali
dipende. Questo è oggetto della landscape
ecology (o ecologia del paesaggio) che si
occupa di analizzare l’aggregazione dei vari
ecosistemi, studiando tutti gli elementi in gio-
co, antropici e naturali, come se fossero di-
versi tasselli di un unico puzzle.
Lo scopo di tale disciplina è quello di determi-
nare gli strumenti di pianifi cazione territoriale
in un’ottica di conservazione della biodiver-
sità (ad esempio individuando e valorizzando
i corridoi ecologici) e di sostenibilità ambien-
tale.
Sono tante, dunque, le differenze tra aree an-
tropizzate ed ecosistemi naturali, ma questo
non ha impedito l’instaurarsi anche negli am-
bienti urbani di reti alimentari, né l’insediarsi di
Ecologia urbana
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fauna selvatica (talvolta ad elevato valore con-
servazionistico) che ha scelto di occupare le
“nicchie” messe a disposizione da quell’eco-
mosaico di strade, case e giardini che è la
città. In questo caso si parla di inurbamento
attivo. Sono stati cioè gli animali stessi ad in-
dividuare entro il perimetro cittadino dei luoghi
ideali da colonizzare. In particolare gli uccelli,
che grazie alle ali di cui sono dotati riescono a
destreggiarsi senza problemi in un ambiente
altrimenti ricco di ostacoli e barriere.
La prima ragione di questo fenomeno dalle
origini antiche è la presenza di cibo.
Dove c’è l’uomo, gli avanzi – il più delle volte
abbandonati qua e là – non mancano quasi
mai e in presenza di tale risorsa a farsi avan-
ti sono innanzitutto gli opportunisti: ratti,
colombi, tortore, passeri. Da qui all’arrivo di
predatori come la Taccola, il Gheppio o il Fal-
co pellegrino il passo può essere più breve
di quanto si pensi. Non solo: talvolta in città
gli insetti abbondano più che nelle campagne
irrorate di pesticidi ed ecco dunque servito il
piatto per una nuova catena alimentare ca-
pace di soddisfare ricci, rondini e pipistrelli,
animali che l’uomo dovrebbe ringraziare mille
volte per la lotta biologica che rivolgono alle
specie problematiche per orti (lumache, co-
leotteri) e salute (mosche, zanzare).
Un’ulteriore attrattiva è offerta dagli edifi ci:
torri, campanili e grattacieli offrono un habi-
tat ideale agli animali rupicoli, abituati quan-
do sono in natura a nidifi care sulle rocce più
scoscese ed impervie.
Con il vantaggio che in città la furia degli ele-
menti può essere notevolmente smorzata in
confronto a quanto accade su una falesia
battuta da vento e tempesta. Anche la tem-
peratura, che di norma in città è più alta di
qualche grado rispetto a quanto si registra
nella campagna circostante, gioca un ruolo
favorevole all’inurbamento, specialmente du-
rante l’inverno, quando molti uccelli, incuranti
di traffi co e clacson, preferiscono frequenta-
re viali e giardini a due passi da condomini e
palazzi piuttosto che i prati ricoperti di brina
o neve.
Qualsiasi sia il motivo, tra quelli fi nora indicati,
che spinge la fauna ad occupare gli spazi ur-
bani se ne aggiunge sempre anche un altro:
la minor predazione. Sebbene non manchi-
no gli artigli dei gatti o di qualche falco, la città
resta comunque più sicura di un bosco o di
una pendice montana, dove il pericolo è co-
stantemente in agguato.
Oltretutto tra piazze, vicoli e caseggiati non
esiste la stagione venatoria e storni, fringuelli,
merli e cornacchie se ne sono accorti.
Si parla invece di inurbamento passivo
quando gli animali non si trasferiscono in città
per scelta, ma vedono il proprio habitat inglo-
bato dall’espansione del cemento. Un caso
tipico riguarda l’Averla piccola, un passerifor-
me che frequenta siepi, campagne ed incolti,
sovente fagocitati dalle periferie in continua
avanzata.
Comunque sia, incontrare in città un elevato
numero di specie, oltre ad essere la testimo-
nianza di una biodiversità che sopravvive al
progresso, è un buon segno anche per l’uo-
mo. Se ne incontrassimo poche si può star
certi che sarebbero proprio quelle non troppo
gradite. Anche per questo è bene incentivare
il più possibile una fauna che sia diversifi cata
a livello di specie e la regola da applicare, che
è poi la stessa degli ambienti naturali, è molto
semplice: maggior qualità ambientale e meno
degrado.
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Milano si estende su una superfi cie am-
pia e diversifi cata. Ne deriva un territorio
comunale che comprende una varietà
di habitat in grado di soddisfare parecchie
specie selvatiche anche nel raggio di pochi
chilometri. Seppure in maniera schematica,
e con le inevitabili forzature del caso, le tipo-
logie ambientali presenti in città si possono
raggruppare in tre grandi categorie a seconda
che prevalgano i corpi idrici, la copertura ve-
getale o i fabbricati.
Gli ambientire, Tarabusino, Usignolo di fi ume e Migliarino
di palude. Altri esempi sono il laghetto Sale-
sina, all’interno del Parco Forlanini, nei pressi
del quale hanno nidifi cato due coppie di Airo-
ne cenerino, e gli specchi d’acqua realizzati
nel Parco Nord Milano, frequentati a loro volta
da avifauna acquatica. Questi ambienti sono
adatti anche agli anfi bi, rappresentati per lo
più da Rana verde e Rospo smeraldino, mi-
nacciati però dall’introduzione di esemplari di
specie esotiche (in particolare testuggini palu-
stri di origine americana e pesci rossi) rilasciati
abusivamente dalla cattività.
Milano è ricca anche delle acque correnti di
canali, fi umi, torrenti e rogge: si pensi al si-
stema dei Navigli, al Lambro, al Seveso e
all’Olona. Tuttavia in molti casi la cementifi ca-
zione delle sponde, la copertura degli invasi
e la qualità scadente delle acque non sono
compatibili con situazioni di elevato valore
naturalistico, impedendo ai corsi d’acqua di
assolvere, se non in minima parte, la loro fun-
zione di corridoi ecologici.
L’acquaGli ambienti umidi possono presentare situa-
zioni piuttosto varie. Si va dalle acque ferme di
laghi e stagni, a quelle correnti di canali, fi umi,
torrenti e rogge. Il primo caso è ben rappre-
sentato dal Parco delle Cave, nella porzione
del Parco Agricolo Sud Milano compresa
tra Quinto Romano, Baggio e Quarto Cagni-
no, dove sono presenti quattro laghi derivati
dall’attività estrattiva di sabbia e ghiaia, suc-
cessivamente rinaturalizzati, nei quali è possi-
bile osservare svariati uccelli acquatici: Airone
cenerino, Germano reale, Garzetta, Tuffetto,
Svasso maggiore, Cormorano, Folaga, Galli-
nella d’acqua, Gabbiano comune e se si è più
fortunati anche Airone rosso, Martin pescato-
Il verdeNegli anni Settanta il bosco è divenuto uno
dei simboli della natura e dell’importanza della
sua tutela. Proprio in quegli anni (era il 1975)
Milano si è dotata del Bosco in città, grande
parco situato tra i quartieri di Trenno e Figino,
primo esempio italiano di forestazione urba-
na. Al suo interno, oltre alle ampie formazioni
arboree, si trovano prati, radure, orti e non
mancano neppure stagni e ruscelli. Assieme
ai contigui Parco delle cave e Parco di Tren-
no il Bosco in città costituisce il più grande
polmone della nostra metropoli.
Questo sistema verde ospita la fauna tipica
degli ambienti forestali come il Picchio verde,
il Picchio rosso maggiore, il Cuculo e svariati
passeriformi (Capinera, Fringuello, Cinciarella,
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Cinciallegra, Merlo, Pettirosso ed altri ancora)
oltre a mammiferi come Riccio e Donnola.
Molte specie legate alle aree boschive si pos-
sono incontrare anche al Parco Nord Milano
ed al Parco Forlanini e, più in centro, al Par-
co Sempione e ai Giardini di Corso Venezia.
Persino il verde privato di modeste dimensio-
ni, se gestito adeguatamente, può funzionare
come un “bosco in miniatura”.
nelle torri, nelle mura dei castelli e nelle faccia-
te delle chiese ottimi surrogati di rupi e sco-
gliere, ambienti che frequentano tuttora e che
erano gli unici adibiti alla nidifi cazione prima
che il loro destino incrociasse quello dell’uo-
mo. Gli edifi ci del centro storico sono dun-
que particolarmente ricercati non solo perché
soddisfano il requisito dell’altezza, ma anche
perché grazie all’abbondanza di fessure ed
anfratti sono ideali per allevare la prole all’in-
terno di rifugi che siano stabili e ben riparati.
Anche le case meno antiche possono offri-
re un riparo adeguato a pipistrelli ed avifau-
na, purché dotate di fessure per intrufolarsi o
di rientranze per ancorare saldamente i nidi.
Cinciallegra, Cinciarella e Pigliamosche utiliz-
zano i buchi nei muri, i codirossi gli spazi tra le
tegole. Il Balestruccio fi ssa i nidi ai cornicioni.
La Rondine, uccello campagnolo amante di
cascine, stalle e fi enili, li costruisce sulle travi
sporgenti oppure nei porticati e sotto le gron-
daie, frequentate anche dai passeri. I vecchi
solai accessibili anche dall’esterno possono
ospitare la Civetta e talvolta anche l’Allocco.
Per tutti questi animali i pericoli si chiamano
ristrutturazioni, modernizzazioni e restauri,
operazioni che, se eseguite senza il necessa-
rio occhio di riguardo per la biodiversità, fi ni-
scono per eliminare molti dei loro spazi vitali.
Le radure e le aree agricole della cintura ur-
bana sono invece frequentate dagli uccelli
che prediligono gli spazi aperti: rondine e
gheppio volano a caccia delle rispettive prede
nelle zone caratterizzate da maggiore varie-
tà ambientale con presenza di siepi, ruscel-
li e boschetti, mentre nei luoghi soggetti ad
un’evidente banalizzazione del paesaggio
imperano le specie dalle scarse esigenze eco-
logiche, gazza e cornacchia grigia su tutte.
Gli edifi ciFabbricati, monumenti e costruzioni varie
rappresentano per molti animali dei luoghi
ideali per eleggere la propria dimora in quanto
in grado di riproporre situazioni simili a quelle
presenti negli habitat occupati in natura. Ron-
doni, taccole e falchi trovano nei campanili,
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Rana verde CHI È?
È la Rana più acquatica, quella verde chiazza-
ta di scuro che i bambini amano disegnare su
una foglia di ninfea, magari con i sacchi vocali
(presenti solo nel maschio) in bella evidenza.
Inquadrarla dal punto di vista sistematico è
invece un rebus zoologico. È infatti rappre-
sentata da popolazioni miste di Rana dei fossi
(Rana lessonae) e del suo ibrido fecondo con
Rana verde maggiore (Rana ridibunda). Que-
sta particolare situazione viene sottolineata
con l’inserimento nel nome scientifi co del ter-
Gli anfi biIl nome signifi ca “doppia vita” e si riferisce al
loro ciclo biologico distinto in due fasi. La lar-
va (chiamata girino nel caso di rane, rospi e
raganelle), provvista di branchie e inizialmente
priva di arti, rimane in acqua fi no al termine
della metamorfosi quando dà origine ad un
individuo che essendo dotato di polmoni e
di zampe può vivere sulla terraferma, pur re-
stando legato alle zone umide per la ripro-
duzione.
Rana verdeRana synklepton “esculenta”Lunghezza: maschi fi no a 7,5 cm, femmine fi no a 12 cm, girini fi no a 7,5 cmAlimentazione: insetti ed altri invertebrati acquatici
Habitat: rive di stagni, laghi, lanche, risaie, fossati e loro vicinanze
mine synklepton dove klepton (ladro in greco)
si riferisce al “furto” di patrimonio genetico
parentale da parte degli ibridi.
QUANDO E DOVE OSSERVARLA?
A metà ottobre si sprofonda nella fanghiglia
per trascorrere la stagione fredda, ma 5 mesi
dopo la si incontra nuovamente nei fossati,
sulle sponde dei laghetti di molti parchi urbani
e persino in centro presso la Darsena o a due
passi da lì, nella roggia di vicolo dei Lavandai,
lungo il Naviglio Grande. Ai confi ni meridionali
della città il Ronchetto delle rane, borgo rurale
inserito nel Parco Agricolo Sud Milano, pren-
de il nome da questo anfi bio che si fa senti-
re dalle risaie ancora presenti. La rana verde
canta anche di giorno, ma è attiva soprattutto
di notte, quando in primavera ed estate i
maschi inscenano autentici concerti
per richiamare le femmine. A mag-
gio e giugno si possono osservare le
uova, riunite in grappoli gelatinosi. I
girini, di colore verde oliva, comple-
tano la metamorfosi a metà agosto.
LO SAI?
Rane e rospi possiedono
una lingua larga e vischiosa
che estrofl ettono per catturare
le prede.
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Rospo smeraldino CHI È?
Più legato del Rospo comune agli ambienti
antropizzati, lo si riconosce a prima vista per
le chiazze che ne colorano le parti superiori di
verde, in contrasto con il fondo bianchiccio.
Per il resto è un Rospo a tutti gli effetti: cor-
po massiccio, pelle verrucosa e rigonfi amenti
delle ghiandole parotoidi in evidenza dietro
gli occhi. Queste ultime costituiscono il suo
principale strumento difensivo producendo
bufonina, sostanza tossica in grado di irritare
il palato della maggior parte dei suoi aggres-
sori. Il maschio possiede un sacco vocale uti-
lizzato per deliziare la femmina all’epoca degli
amori ed ha gli arti anteriori più robusti per
stringerla durante l’accoppiamento. Le uova,
fi no a 13.000, vengono deposte nell’acqua,
raggruppate in “cordoni” gelatinosi. I girini, di
colore grigio-bruno-olivastro, completano la
metamorfosi in 2-3 mesi.
QUANDO E DOVE OSSERVARLO?
Inutile cercarlo tra la fi ne di ottobre e la metà
di febbraio perché nei mesi più freddi entra in
letargo, nascosto sotto una pietra o in un
anfratto del terreno. A cominciare dal-
le ultime settimane dell’inverno sino
all’approssimarsi dell’autunno lo si
può invece incontrare nelle ore not-
turne e occasionalmente anche di
giorno. Nel periodo riproduttivo,
che cade tra la fi ne di marzo e
maggio, si avvicina alle acque di
stagni e laghetti (ad esempio al
Parco Nord, dove tuttavia soffre la
presenza di pesci rossi e testuggini
americane dalle orecchie rosse), ma
anche dei fossati ai margini delle stra-
de e delle fontanelle di parchi e giardini.
In questi mesi la sua presenza è segnalata
dal trillo melodioso prodotto dal maschio, ma
per riconoscerlo occorre un orecchio allenato
perché il canto di alcuni grilli, ed in particolare
quello del grillotalpa, è piuttosto simile tanto
da indurre in errore il naturalista meno esper-
to.
LO SAI?
La tradizione popolare attribuisce ai rospi la
capacità di sputare veleno negli occhi di chi li
infastidisce. Niente di più falso, perché la so-
stanza tossica di cui dispongono è presente
esclusivamente nella pelle ed ha la sola fun-
zione di dissuadere i predatori che provano
ad inghiottirli. Per loro sfortuna la Biscia dal
collare ne è immune.
Rospo smeraldinoBufo viridis
Lunghezza: maschi fi no a 7,5 cm, femmine fi no a 9,5 cm, girini fi no a 4,5 cmAlimentazione: insetti, ragni, lombrichi ed
altri invertebratiHabitat: zone golenali e litorali sabbiosi, giardini e parchi urbani, coltivi, anche ambienti relativamente aridi
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I rettiliHanno in comune il corpo ricoperto da squa-
me cornee, ma le loro forme sono alquanto
eterogenee. Si pensi a serpenti, lucertole e
tartarughe: tutti appartenenti a questo rag-
gruppamento eppure così diversi tra loro.
Testuggine palustredalle orecchie rosseTrachemys scripta elegans
Lunghezza del carapace: fi no a 30 cm, eccezionalmente 40 cm Peso: fi no a 1.500 ,gAlimentazione: anfi bi e loro larve, piccoli pesci, invertebrati, piante palustri(specialmente gli adulti)
Habitat: laghi, stagni, paludi, fi umi
momento è stato un concatenarsi di effetti ne-
gativi: da una parte l’elevata mortalità durante
il trasporto o per l’inesperienza degli acquirenti,
dall’altro il fenomeno dell’abbandono di quegli
esemplari che, cresciuti troppo, erano diventati
una presenza imbarazzante nell’acquario di chi
li aveva incautamente comprati. Da qui il loro
rilascio (peraltro vietato dalla legge) nei laghetti
urbani o, ancor peggio, negli ambienti naturali
dove possono danneggiare la fauna autoctona.
Il problema, esploso agli inizi degli anni ’90, ha
reso necessaria l’istituzione di centri
di raccolta tra i quali il più impor-
tante è il Carapax di Massa
Marittima (Grosseto).
Oggi l’importazione
in Europa di questa
Testuggine è vietata.
QUANDO E DOVE OSSERVARLA?
Al di fuori del letargo (indicativamente da otto-
bre a marzo) la si può avvistare mentre prende
il sole su pietre o legni galleggianti in svariati
laghetti urbani compresi quelli del Parco Nord
e del Parco delle Cave.
LO SAI?
Alcuni ricercatori hanno calcolato che tra il
1984 ed il 1994 sono transitate in Italia circa
2.300.000 giovani testuggini americane.
Testuggine palustredalle orecchie rosse CHI È?
Da alcuni decenni il suo destino è legato in
modo indissolubile alla banda rossa ai
lati della testa. Questa caratteristica
estetica non è passata inosser-
vata agli allevatori dei luoghi di
origine (sud-est degli Stati Uni-
ti ed in particolare bacino del
Mississippi) che ne hanno
stimolato la riproduzione
in modo intensivo, inva-
dendo i mercati euro-
pei nel 1976. Da quel
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Biacco CHI È?
È tra i serpenti più comuni d’Italia, ma ai più il
suo nome suona poco familiare. Forse perché
per la maggior parte delle persone l’avvista-
mento di un qualsiasi rettile strisciante è sem-
pre da ricondurre alla Vipera. Invece, a meno
di essere in montagna, quando ci si imbatte
in un serpente il più delle volte si tratta proprio
di un Biacco, regola ancor più valida se ci si
trova in ambienti antropizzati. Le sue scarse
esigenze ecologiche gli permettono infatti di
occupare una grande varietà di habitat, an-
che nei pressi degli insediamenti urbani. Nulla
di preoccupante, se non per topi, lucertole o
cavallette, sue prede preferite. Non possiede
veleno e dunque se non si ha la cattiva idea
di afferrarlo a mani nude (in questo caso si
rivela assai mordace) non costituisce un pe-
ricolo per l’uomo, sebbene l’incontro ravvici-
nato con un esemplare di 1 metro e mezzo
possa creare apprensione. Eppure proprio le
grandi dimensioni sono una garanzia del fatto
che non possa trattarsi di una Vipera, quasi
mai più lunga di 50-60 cm e molto più toz-
za. Inoltre il Biacco si riconosce per l’elegante
livrea giallo-nero-verdastra, anche se non è
raro osservare individui melanici, cioè com-
pletamente scuri.
QUANDO E DOVE OSSERVARLO?
L’anno del Biacco è scandito da 5 mesi di
letargo (da novembre a marzo) tra-
scorsi in qualche anfratto e 7 di
attività (da aprile ad ottobre,
con quelli di maggio e giugno
dedicati all’accoppiamento,
mentre la deposizione delle
uova, protette da un guscio di
consistenza pergamenacea, avviene
tra fi ne giugno e luglio). È diurno ed è più
facile incontrarlo di mattina, quando per ter-
moregolarsi resta immobile in un luogo espo-
sto ai raggi del sole. La sua presenza può
generare un certo allarme, come è capitato di
recente al Cimitero Monumentale, ma nessun
reale problema. Anzi, con lui nei dintorni i topi
se ne stanno alla larga. Vanno dunque evitate
inutili uccisioni comprese, se possibile, quelle
per investimento stradale.
LO SAI?
Può capitare di imbattersi in due biacchi av-
vinghiati: sono maschi impegnati in una lotta
rituale oppure un maschio e una femmina in
accoppiamento.
BiaccoHierophis viridifl avus
Lunghezza: fi no a 150 cm, eccezionalmente fi no a 200 cmAlimentazione: piccoli mammiferi, lucertole, serpenti, nidiacei, insetti come grilli e cavallette (specialmente i giovani)Habitat: margine dei boschi, boscaglie,
arbusteti, giardini, ruderi
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Le anatrePiedi palmati e becco piatto sono le partico-
larità più evidenti di questi uccelli tra i quali
di regola il maschio e la femmina hanno una
colorazione notevolmente diversa.
Germano reale CHI È?
Fedele al suo nome il maschio sfoggia per
buona parte dell’anno una livrea regale, con
testa verde smeraldo e petto castano sepa-
rati da un collare bianco. Un richiamo irresi-
stibile per la femmina che invece, dovendosi
occupare della cova, possiede un piumaggio
mimetico bruno macchiato di scuro, con la
sola eccezione dello “specchio” (costituito da
alcune penne dell’ala di un colore caratteri-
stico per ciascuna specie) che nel Germano
reale è blu-violaceo. D’estate, in occasione
della muta, anche il maschio veste un abito
dimesso. Questo periodo, durante il quale è
più diffi cile distinguere i due sessi, prende il
nome di “eclisse”.
QUANDO E DOVE OSSERVARLO?
Non occorre essere fortunati per incontrarlo
tutto l’anno in vari punti di Milano, anche per-
ché molti esemplari sono ormai abituati alla
vicinanza con l’uomo. La sua adattabilità gli
consente di insediarsi in acque di ogni tipo e
qualità. Lo si può vedere sui Navigli, lungo il
corso del Lambro e negli stagni della perife-
ria, ma non manca all’appello nemmeno nelle
zone più centrali dove frequenta gli specchi
d’acqua di Parco Sempione, dei Giardini di
Porta Venezia e della Darsena. Qui vivono gli
individui più confi denti (probabilmente incro-
ciati con anatre domestiche) che talvolta os-
servano interessati i passanti con la speranza
di ricevere qualche boccone di cibo.
LO SAI?
L’allevamento della prole grava interamente
sulla madre che è molto protettiva e non esi-
ta, quando i pulcini sono insidiati da un pre-
datore, a fi ngersi ferita per attirare l’attenzione
su di sé.
Germano realeAnas platyrhynchos Lunghezza: 50-60 cmApertura alare: 80-95 cmPeso: 850-1.300 gAlimentazione: granaglie, vegetazione acquatica, invertebrati, girini
Habitat: corpi d’acqua dolce ferma e corrente, in inverno anche coste marine ed estuari dei fi umi. Nidifi ca tra la vegetazione delle sponde
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Airone cenerinoArdea cinereaLunghezza: 80-100 cmApertura alare: 150-190 cmPeso: 1.300-2.000 g
Alimentazione: pesci, anfi bi ed altri vertebrati, grossi Insetti acquaticiHabitat: laghi, fi umi, risaie, boschi allagati, lagune. Nidifi ca sugli alberi
Airone cenerino CHI È?
Fiumi, laghi e risaie sono i luoghi in cui si procu-
ra le prede con scatti fulminei al termine di lun-
ghi e pazienti appostamenti trascorsi nella più
assoluta immobilità. Conoscendo la pericolosi-
tà del suo becco oltre ai pesci anche topi, rane
e serpenti gli girano alla larga. Quando vola as-
sume una silhouette caratteristica con il collo
ripiegato “ad esse”, la testa retratta tra le spalle
e le zampe sporgenti ben oltre la coda. Nidifi ca
sulla chioma degli alberi in colonie chiamate
garzaie che possono raggruppare un gran nu-
mero di individui.
QUANDO E DOVE OSSERVARLO?
Lo si incontra in ogni stagione negli spazi ver-
di che comprendono specchi d’acqua anche
di modeste dimensioni. Questa situazione si
riscontra con una certa frequenza nelle zone
periferiche della città e in particolare all’inter-
no del Parco Agricolo Sud Milano dove l’Airo-
ne cenerino è facilmente contattabile al Parco
delle Cave, tra il Naviglio Grande ed il Navi-
glio Pavese (dove è stato segnalato anche il
ben più raro Airone bianco maggiore) o nel
triangolo di campagna irrigua compresa tra
via Vaiano Valle, Chiaravalle Milanese e Ron-
chetto delle rane. Alcuni avvistamenti si sono
registrati anche nei pressi della centralissima
piazza Castello.
LO SAI?
L’accoppiamento è preceduto da un rituale di
corteggiamento al termine del quale il maschio
offre alla femmina il ramoscello che verrà utiliz-
zato per dare inizio alla costruzione del nido.
Gli aironi Zampe e collo lunghissimi rivelano a prima vista
la loro predilezione per gli ambienti umidi mentre
la forma del becco ne evidenzia la propensione
a nutrirsi di pesce. Accanto agli aironi propria-
mente detti, tra gli altri rappresentanti della fami-
glia che si possono osservare a Milano fi gurano
la candida Garzetta, la Nitticora dalle abitudini
crepuscolari ed il piccolo Tarabusino.
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Gheppio CHI È?
Chi ha l’abitudine di vivere la città con un oc-
chio attento alle tante specie che la abitano sa
bene che a Milano ha trovato dimora anche il
Gheppio. La testa e la coda grigio-bluastre
differenziano il maschio dalla femmina che ha
le parti superiori completamente bruno-ros-
sicce con macchie e barre scure.
QUANDO E DOVE OSSERVARLO?
Lo si può avvistare in ogni stagione, ma appa-
re numericamente in regresso. Un tempo co-
struiva i propri nidi presso svariate chiese del
centro storico mentre ora il numero di coppie
I falchiAli appuntite, coda lunga e stretta, artigli affi -
lati per ghermire, becco adunco per dilania-
re: sono i falchi, uccelli capaci di fi ondarsi in
picchiata su una preda a velocità vertiginosa.
Gheppio e Falco Pellegrino non disdegnano
l’ambiente urbano.
presenti in città si è ridotto. Il motivo va forse
ricercato nel fatto che con l’espansione delle
aree edifi cate il cuore di Milano è sempre più
lontano dalla campagna, suo principale ter-
ritorio di caccia. Di conseguenza il Gheppio
ha preferito trasferire le aree di riproduzione
in periferia, per avvicinarsi ai luoghi nei quali
reperisce il cibo evitando di sprecare energia
negli spostamenti. Oggi è presente soprattut-
to nelle zone rurali che circondano il nucleo
più densamente abitato. Continua comunque
a nidifi care anche in città, ad esempio sul-
l’edifi cio della Stazione Centrale.
LO SAI?
Il Gheppio ha una spiccata propensione ad
attuare il così detto “spirito santo”, tipo di volo
che consiste nel posizionarsi controvento,
aprire la coda a ventaglio e battere rapida-
mente le ali, non per avanzare, ma per man-
tenere il corpo immobile a mezz’aria a 10-15
metri dal suolo. Questa tecnica gli consente
di scrutare l’ambiente e individuare le poten-
ziali prede.
GheppioFalco tinnunculus
Lunghezza: 32-35 cm
Apertura alare: 70-80 cm
Peso: 130-260 g
Alimentazione: roditori, rettili, insetti (grilli,
coleotteri), piccoli uccelli
Habitat: radure, margine dei boschi, campi
coltivati. Nidifi ca su alberi, rocce, scogliere,
edifi ci
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I rallidiSono uccelli dalla forma piuttosto massiccia,
poco propensi al volo, al quale ricorrono solo
quando è strettamente necessario. In com-
penso sono perfettamente adattati a distri-
carsi tra la vegetazione acquatica.
Gallinella d’acqua CHI È?
Vedendola nuotare incuriosisce il dondolio
della testa, spinta continuamente avanti e in-
dietro. Un simile comportamento è dovuto alla
forma delle sue zampe: a differenza delle ana-
tre la Gallinella d’acqua non ha i piedi palmati
e quindi per procedere ad una certa velocità
deve aiutarsi scuotendo ritmicamente il collo.
Anche come volatrice non è particolarmente
abile a causa delle ali corte ed arrotondate.
La sua specialità è muoversi con disinvoltura
sulla fanghiglia e tra i canneti, cosa che può
fare grazie alle lunghissime dita. Da lontano
sembra nera e invece le ali sono brune ed il
ventre grigio, ma i tocchi di colore più bizzarri
riguardano il becco (sormontato da una visto-
sa placca frontale) giallo-rosso e la “giarret-
tiera” scarlatta. Uccello simile è la Folaga
che però ha dimensioni
maggiori, è più scura
ed ha placca frontale
e becco bianchi.
Gallinella d’acquaGallinula chloropusLunghezza: 32-35 cmApertura alare: 50-60 cmPeso: 200-400 g
Alimentazione: piante palustri, girini, invertebratiHabitat: laghi, stagni, fi umi, acquitrini con presenza di vegetazione. Nidifi ca nei canneti.
QUANDO E DOVE OSSERVARLA?
La si può incontrare tutto l’anno purché, come
suggerisce il suo nome, la si cerchi in pros-
simità dell’acqua. Frequenta gli stagni della
periferia, i tratti più naturali del fi ume Lambro
oppure i fontanili e le rogge ancora esistenti,
ma anche in città trova qualche spazio acco-
gliente: è il caso dei laghetti presenti in alcuni
giardini pubblici come il Parco Sempione e le
aree verdi nei dintorni di piazza Cavour.
LO SAI?
Per potersi alzare in volo la Gallinella d’acqua
è costretta a compiere una lunga rincorsa
sulla superfi cie dell’acqua.
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Tortora dal collare CHI È?
Originaria dell’Asia Meridionale, nel 1925 ha
iniziato un’espansione che in pochi decenni
l’ha vista colonizzare l’Europa dalla Sicilia alla
Scandinavia. Stavolta l’uomo non c’entra: la
Tortora dal collare si è spostata con le proprie
ali, anche se la causa di tale invasione non è
del tutto chiara. Sembra che all’origine ci sia-
no motivi ecologici, ma anche cambiamenti
comportamentali su base genetica. Fatto sta
che a Milano, dove è arrivata nel 1947, il suo
Colombi e affi niColumbiformi: si chiama così l’ordine che in-
clude colombi di città, tortore e colombacci,
instancabili volatori dalla sagoma “paffuta”.
Una peculiarità di questi uccelli è la presen-
za nel gozzo degli adulti di una ghiandola che
produce il così detto “latte di piccione” con il
quale vengono nutriti i pulcini.
caratteristico tubare è ormai un suono familia-
re. Il dorso color sabbia, le sfumature ventrali
grigio-rosate, ma soprattutto il semicollare
nero bordato di bianco che le adorna la metà
posteriore del collo permettono di distinguerla
dalla Tortora selvatica, dal Colombo di città e
dal ben più grande Colombaccio. La si può
invece confondere con esemplari allo stato
libero di Tortora domestica, dotati a loro volta
di collare, ma riconoscibili per la tonalità caf-
felatte.
QUANDO E DOVE OSSERVARLA?
Specie stanziale, frequenta le zone agricole
per nutrirsi (sovente in gruppo) nei campi e
per riprodursi presso le cascine, ma vive per
lo più in città dove nidifi ca sugli alberi orna-
mentali e si posa su antenne e cavi elettrici. È
legata alla presenza dell’uomo e non di rado
visita i balconi in cerca di avanzi di cibo.
LO SAI?
I columbiformi sono in grado di bere aspiran-
do l’acqua senza bisogno di reclinare il capo
all’indietro come devono fare quasi tutti gli
altri uccelli.
Tortora dal collareStreptopelia decaoctoLunghezza: 26-30 cmApertura alare: 48-52 cmPeso: 150-230 gAlimentazione: semi e granaglie, in misura minore invertebrati
Habitat: città, villaggi. Nidifi ca sugli alberi, talvolta su manufatti (pali, cartelli)
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I cuculiDelle 140 specie che compongono questa
famiglia molte sono parassite di altri uccelli ai
quali fanno allevare la propria prole. In Euro-
pa vivono il rarissimo Cuculo dal ciuffo ed il
Cuculo, ma a Milano si può incontrare solo
quest’ultimo.
Cuculo CHI È?
La sua voce è nota a tutti, anche perché gli
orologi a cucù la imitano da oltre trecento
anni. In pochi, invece, conoscono forma e
colorazione di questo uccello elusivo che in
volo, per le parti inferiori barrate, può essere
confuso con lo Sparviero. Petto, testa e parti
dorsali hanno invece un piumaggio
grigio-bluastro. Anziché co-
struire il nido depone le
proprie uova in quello di
altri uccelli molto più
piccoli come Can-
naiola, Cannarec-
cione e Codirosso
per citarne alcuni. In
genere la femmina di
Cuculo posiziona un
uovo nel nido altrui,
avendo l’accortezza
di sottrarne uno per pa-
reggiare i conti. Dopo la
schiusa il pulcino di Cuculo
spingerà fuori le uova o i neo-
nati della specie parassitata e resterà
il solo ad essere imbeccato. I legittimi padroni
di casa, ignari dell’inganno, continueranno in-
fatti a nutrire il “fi glio adottivo” anche quando
quest’ultimo sarà diventato notevolmente più
grande di loro.
QUANDO E DOVE OSSERVARLO?
Arriva a metà aprile dall’Africa tropicale, dove
fa già ritorno tra luglio e agosto perché non
dovendo allevare la prole è ben presto libero
da impegni. Lo si può ascoltare, o vedere se
si è più fortunati, mentre canta ai
margini delle zone boscate come
quelle del Parco Nord Milano
o del Bosco di città.
LO SAI?
Ciascuna femmina di Cuculo prende di mira
esclusivamente una determinata specie ed il
suo trucco è talmente affi nato che produce
uova del medesimo colore.
CuculoCuculus canorus
Lunghezza: 32-35 cmApertura alare: 55-65 cmPeso: 100-130 g
Alimentazione: insetti e loro larve, ragni, lombrichiHabitat: boschi, campagne alberate, brughiere, canneti. Per la deposizione delle uova frequenta gli habitat delle specie parassitate.
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Allocco CHI È?
Assomiglia al Gufo comune, anche nelle di-
mensioni, ma rispetto al suo simile ha una
forma più “tondeggiante”, gli occhi completa-
mente neri e manca dei ciuffi auricolari. È cu-
rioso notare che il termine Allocco viene usato
talvolta come sinonimo di sciocco, ingenuo,
mentre dal nome scientifi co Strix, che in lati-
no signifi ca uccello notturno, deriva la paro-
la strega. L’immaginario umano ha costruito
due ritratti contrastanti di questo animale che
di giorno, a riposo con le palpebre socchiuse,
può sembrare goffo e “imbambolato” mentre
dopo il tramonto esprime la sua vera essen-
za. Non certo di strega, come credevano nei
I rapaci notturniGufo, Allocco, Civetta e Barbagianni: tutti pre-
datori adattati a volare e cacciare nell’oscu-
rità della notte. In condizioni simili la visione
è garantita da occhi grandi e ricchi di cellule
fotosensibili. Possono ruotare la testa di 270
gradi e in questo modo riescono a controllare
anche ciò che accade alle loro spalle.
secoli scorsi, ma di volatile che al calare delle
tenebre, avvolto nel suo piumaggio mimetico,
sa fare cose impensabili come destreggiarsi
tra gli alberi e catturare prede di pochi centi-
metri con appena un fi lo di luce.
QUANDO E DOVE OSSERVARLO?
Resta tutto l’anno sul territorio milanese, dove
frequenta i boschi della cintura urbana ed i
grandi parchi cittadini, ma il numero di indi-
vidui non certo elevato e le abitudini notturne
rendono diffi cile avvistarlo. Tuttavia da set-
tembre a gennaio si può udire anche da lunga
distanza il suo canto territoriale, un hu-hu-hu
tremolante e piuttosto lugubre.
LO SAI?
I rapaci notturni hanno le remiganti (penne
delle ali) esterne con il bordo molto sfrangiato.
Questo garantisce loro un volo assolutamen-
te silenzioso.
AlloccoStrix aluco
Lunghezza: 35-45 cm
Apertura alare: 90-100 cm
Peso: 350-550 g
Alimentazione: piccoli mammiferi, uccelli,
grossi Insetti
Habitat: Boschi, parchi.
Nidifi ca nelle cavità degli alberi e nei nidi
abbandonati di altri uccelli
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Civetta CHI È?
Parti superiori castane con macchie color cre-
ma, ventre visibilmente più chiaro, zampe ar-
tigliate coperte da un soffi ce piumino, becco
adunco, grandi occhi gialli sormontati da folti
sopraccigli che talvolta le conferiscono uno
sguardo corrucciato. Ecco la Civetta, uno dei
più piccoli rapaci notturni. Oltre che per la ta-
glia decisamente ridotta la si può facilmente
distinguere dal Gufo comune per l’assenza
dei ciuffi auricolari e dall’Allocco perché que-
st’ultimo ha gli occhi completamente neri. Il
suo rapporto con l’uomo è sempre stato
controverso: sacra e adorata nell’anti-
ca Grecia, dove era impersonifi cata
dalla dea Athena, è stata persegui-
tata assieme alle streghe durante
il medioevo in gran parte dell’Eu-
ropa. Ancora oggi la Civetta è
considerata un portafortuna da
alcuni popoli ed un uccello del
malaugurio da altri. Superstizioni
a parte, di sicuro c’è che si nutre
di topi e quindi averla come vicina di
casa non è affatto male.
QUANDO E DOVE OSSERVARLA?
Passa l’intero anno alle nostre latitudini fre-
quentando soprattutto i quartieri periferici e le
zone rurali. La presenza di coltivi, boscaglie e
vecchie cascine in cui nidifi care rendono favo-
revoli per questo uccello alcune aree compre-
se nel Parco Agricolo Sud Milano, ma anche
gli anfratti del Castello Sforzesco possono
essere adatti ad allevare la prole. La Civetta è
la più diurna tra i rapaci notturni e può essere
osservata anche in pieno giorno, posata sui
pali o sui cavi della luce. Accade principal-
mente in inverno, quando approfi tta delle ore
più calde per procurarsi il cibo.
LO SAI?
Gli occhi in posizione frontale (a differenza
della maggior parte degli uccelli nei quali sono
laterali) garantiscono ai rapaci notturni un’am-
pia visione binoculare e quindi una buona per-
cezione delle distanze. Inoltre la loro sensibili-
tà alla luce è molto elevata per l’abbondanza,
a livello della rètina, di cellule particolarmente
fotosensibili. In caso contrario avventarsi al
chiaro di luna su piccole prede come topi
selvatici e toporagni non sarebbe un’impresa
possibile nemmeno per cacciatori così abili.
CivettaAthene noctua
Lunghezza: 20-25 cmApertura alare: 50-58 cmPeso: 120-200 g
Alimentazione: roditori, insetti, lombrichi, piccoli uccelli, anfi biHabitat: campagne, periferie urbane. Nidifi ca entro alberi cavi, tra le rocce e nei fabbricati
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Picchio rosso maggiore CHI È?
È il picchio più comune della nostra zona.
Come tutti i membri della sua famiglia è un
instancabile scavatore, ma tanta fatica è ben
ricompensata. Tambureggiando sul legno si
procura il cibo, il maschio segnala il possesso
del territorio, attira le potenziali compagne e
crea la dimora in cui allevare la prole. Di que-
sta attività benefi ciano anche molte altre spe-
cie le quali, pur nidifi cando nelle cavità degli
I picchiSono uccelli abilissimi nel perforare il legno
degli alberi per nutrirsi degli insetti che lo po-
polano e costruire il nido. Questa specializza-
zione deriva dalla presenza di zampe in grado
di aggrapparsi saldamente alla corteccia, di
un becco robusto, di strutture craniche atte
ad ammortizzare i colpi e di una lingua lun-
ghissima.
Picchio rosso maggioreDendrocopos major
Lunghezza: 22-24 cm
Apertura alare: 40-45 cm
Peso: 60-100 g
Alimentazione: coleotteri e loro larve,
formiche ed altri insetti (in primavera e in
estate), pinoli, noci, nocciole (in autunno e
in inverno)
Habitat: boschi, parchi, campagne alberate.
Nidifi ca nei tronchi degli alberi
alberi, non sono in grado di crearle. Per loro i
vecchi nidi di picchio assumono quindi gran-
de importanza.
QUANDO E DOVE OSSERVARLO?
È un uccello sedentario, contattabile tutto
l’anno, ma per vederlo all’opera mentre indi-
vidua e cattura le larve che vivono all’interno
dei tronchi i periodi migliori sono la fi ne del-
l’inverno e l’inizio della primavera, quando gli
alberi sono ancora privi del fogliame che altri-
menti lo nasconderebbe. Da maggio in poi il
più delle volte bisogna accontentarsi di ascol-
tare il rumore prodotto dal suo becco. Vive
soprattutto nelle formazioni di latifoglie di una
certa estensione (Parco Nord, Parco delle
cave, Bosco in città, Parco Forlanini) oppure
nelle boscaglie sparse tra le aree agricole che
circondano la metropoli.
LO SAI?
I picchi hanno l’abitudine di incastrare noci e
nocciole nelle fenditure dei tronchi per aprirne
i gusci con maggior facilità.
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21
Rondini & C.Si fa presto a dire Rondine. Non altrettanto
a riconoscerla e così all’osservatore meno
esperto può capitare di confondere il simbolo
della primavera con il Balestruccio, apparte-
nente alla stessa famiglia, o addirittura con i
rondoni che invece dal punto di vista sistema-
tico sono tutt’altra cosa.
Balestruccio CHI È?
La silhouette aerodinamica ed il volo
aggraziato ricordano quelli della
Rondine, ma è leggermente più
piccolo, non ha le timoniere (pen-
ne della coda) esterne altrettanto
lunghe e soprattutto ha il groppone
bianco, caratteristica che lo differen-
zia dagli altri membri della famiglia.
QUANDO E DOVE OSSERVARLO?
È un migratore a lungo raggio che trascorre
l’inverno in Africa, oltre il deserto del Saha-
ra. Per vederlo sfrecciare nei cieli dobbiamo
aspettare la seconda metà di marzo, quando
torna dalle nostre parti per rimanervi fi no a
settembre. Come suggerisce il nome scien-
tifi co (urbicum = urbano) è legato alle città,
purché vi siano spazi aperti in cui catturare
insetti. È possibile osservarlo entro la cerchia
dei Navigli, ma anche il Cimitero Monumen-
tale è un buon territorio di caccia. Segni della
presenza di questa specie coloniale sono i
nidi di fango a forma di coppa quasi comple-
tamente chiusa che i balestrucci costruiscono
uno di fi anco all’altro sotto portici, balconi o
cornicioni. Proprio la carenza di materia pri-
ma per la realizzazione del nido sembra tra
le cause della loro diminuzione. La cementifi -
cazione delle rive di molti corsi d’acqua ren-
de infatti diffi coltoso l’approvvigionamento di
fango e allora diventano importanti gli stagni
con sponde naturali o rinaturalizzate come
quelli del Parco delle cave.
LO SAI?
Balestrucci, rondini e rondoni si nutrono del
così detto “plancton aereo” costituito da in-
setti volanti. Anche quando frequentano lo
stesso luogo, tuttavia, non entrano in compe-
tizione perché cacciano ad altezze diverse: la
Rondine più in basso, il Balestruccio a mez-
z’altezza e i rondoni alle quote più alte.
BalestruccioDelichon urbicumLunghezza: 12-14 cmApertura alare: 28-30 cmPeso: 15-20 g
Alimentazione: insetti volantiHabitat: insediamenti urbani, laghetti, campagne. Nidifi ca in colonie sotto tetti, balconi e cornicioni
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RondineHirundo rusticaLunghezza: 18-20 cmApertura alare: 30-35 cmPeso: 15-25 gAlimentazione: insetti volantiHabitat: insediamenti urbani, campagne diversifi cate, canneti (come dormitori). Nidifi ca nelle stalle, sotto i cornicioni, le grondaie e i porticati
tecnologici, chiusi ed asettici. Un motivo in
più per essere contenti della sua presenza,
perché l’ambiente a “misura di rondine” offre
un’elevata qualità della vita anche all’uomo,
ma i dati sono preoccupanti: in Europa tra
il 1970 ed il 1990 questo passerifor-
me è diminuito del 40% a sottoli-
neare come la “sua” campagna,
quella più genuina, sia minac-
ciata dall’incalzare del cemento
e dall’agricoltura industrializzata,
basata su fertilizzanti e pesticidi. Di
abitudini rurali, la Rondine sta soffrendo
una modernizzazione avvenuta in tempi trop-
po rapidi per potersi adattare. Come invertire
la tendenza? Innanzitutto servono politiche
agricole più rispettose della biodiversità, ma
ognuno può fare la sua parte posizionando
nidi artifi ciali e proteggendo quelli originali (fat-
ti di paglia impastata con fango e riutilizzati nel
corso degli anni) da chi li vorrebbe distruggere
in spregio alla natura e alla legge.
QUANDO E DOVE OSSERVARLA?
“San Benedetto, la Rondine è sotto il tetto”
recita il detto popolare. In effetti i primi con-
tingenti raggiungono i quartieri di nidifi cazione
intorno al 21 marzo, quando si celebrano il
monaco di Norcia e l’equinozio di primavera.
La maggior parte degli individui raggiunge
però il nord Italia in aprile per rimanervi fi no al-
l’inizio dell’autunno, quando suona l’adunata
per l’Africa. Qui, dopo aver attraversato il de-
serto del Sahara, le rondini passano l’inverno
in compagnia di antilopi, bufali e zebre. A Mi-
lano si incontrano nelle zone rurali, nei parchi
con laghetti, ma anche nel centro abitato, in
presenza di edifi ci con porticati e cornicioni
adatti a fi ssare il nido.
LO SAI?
Per riprodursi dalle nostre parti le rondini
compiono un viaggio di 4.000-5.000 km con
tappe di 200-300 km al giorno. Un motivo in
più per ammirarle e rispettarle.
Rondine CHI È?
La lunga coda le dona l’eleganza di chi in-
dossa il frac, ma ha l’animo contadino. Ama
la campagna di una volta con cascine, fi enili,
stalle, siepi, pozze per la raccolta dell’acqua.
Al contrario soffre la monotonia del paesag-
gio e fugge dalle coltivazioni intensive, uguali
per chilometri e chilometri, e dagli allevamenti
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Rondone comune CHI È?
Vivere perennemente nell’aria, anche ad alcu-
ne migliaia di metri di quota, senza fermarsi
mai, né di giorno, né di notte. Sembra un’im-
presa impossibile, eppure qualcuno ci riesce.
A vincere la scommessa quotidiana contro la
forza di gravità è l’instancabile Rondone che
si nutre, beve, si accoppia e addirittura dorme
in volo. Ali falciformi, sagoma aerodinamica,
bocca larga per intercettare il maggior nume-
ro di prede: siamo di fronte a quanto di meglio
l’evoluzione animale abbia prodotto per con-
quistare il cielo. Al suolo le cose cambiano. Le
zampe cortissime sono inadatte per cammi-
nare ed ancor meno per facilitare il decollo. Di
conseguenza evita di posarsi a terra, altrimenti
non sarebbe più in grado di rialzarsi. Si ferma
solo per costruire il nido, covare le uova ed
allevare la prole, ma sempre su edifi ci di una
certa altezza. Il suo piumaggio è completa-
mente nero, con la sola eccezione del mento
biancastro. Questo permette di riconoscerlo
da due “parenti” che abitano a loro volta in
città: il Rondone pallido, di dimensioni simili,
ma più chiaro, ed il Rondone maggiore che
oltre ad essere più grande (è lungo fi no a 24
cm ed ha un’apertura alare di 52-60 cm) ha il
ventre bianco.
QUANDO E DOVE OSSERVARLO?
Dopo aver svernato nell’Africa centro-meridio-
nale torna in Italia a metà aprile per dare inizio
alla nidifi cazione alla quale segue il ritorno nel-
l’emisfero australe. Durante il suo soggiorno
alle nostre latitudini, se nel tardo pomeriggio di
una giornata di bel tempo ci si trova in qualche
piazza centrale di Milano e si alza lo sguardo
verso il cielo, ci sono ottime probabilità di as-
sistere alle evoluzioni aeree ad alta velocità di
questo uccello gregario e chiassoso.
LO SAI?
Si è stimato che in 15 anni di vita un Rondone
può percorrere in volo più di 4 milioni di chilo-
metri, distanza pari a 100 volte la circonferen-
za della Terra.
Rondone comuneApus apus
Lunghezza: 16-18 cmApertura alare: 38-44 cmPeso: 30-50 g
Alimentazione: insetti volantiHabitat: spazi aerei. Nidifi ca su campanili, torri, sotto le grondaie
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Questo vastissimo raggruppamento com-
prende numerose specie che hanno in co-
mune, oltre alla taglia minuta, la capacità di
allietare con i loro colori ed i loro cinguettii
prati, boschi e campagne, ma anche gli spazi
urbani.
I piccoli passeriformi
Fringuello CHI È?
Le sue qualità canore sono sicuramente più
rinomate di quelle estetiche, ma se si ha la
fortuna di osservarlo con il favore della luce
in primavera ed estate, quando le tonalità del
suo piumaggio sono più vivaci, non si può
fare a meno di apprezzarne la bellezza e la
varietà degli elementi cromatici. Si va dal gri-
gio-blu del cappuccio al rosa-aranciato che
caratterizza le guance e le parti ventrali, per
continuare con il castano del dorso ed il ver-
de del groppone. Quando poi spicca il volo il
Fringuello completa la tavolozza dei suoi co-
lori mostrando il candore delle barre alari e dei
bordi della coda. Questa descrizione, però,
si riferisce unicamente al maschio perché la
femmina, seppure dotata di una livrea elegan-
te, quanto a colori ha ben poco da offrire.
QUANDO E DOVE OSSERVARLO?
Per quanto è adattabile e poco esigente si
potrebbe dire che dove c’è un albero può es-
serci un Fringuello. Questo volatile frequenta
indifferentemente i boschi più fi tti e le campa-
gne alberate, ma si insedia più che volentieri
anche nei parchi urbani e può accontentarsi
persino delle alberature ai margini delle stra-
de. Lo si può quindi incontrare durante una
scampagnata domenicale fuori porta, ma an-
che a due passi dal Duomo, in qualsiasi mese
dell’anno. Ad esclusione del periodo riprodut-
tivo è gregario. Di conseguenza in autunno e
in inverno ci si può imbattere in folti gruppetti,
di solito a sessi rigorosamente separati.
LO SAI?
È l’uccello più comune d’Europa. Il suo se-
greto risiede nella capacità di trovarsi a suo
agio con o senza l’uomo e quindi di occupare
sia gli ambienti ad elevata naturalità sia quelli
antropizzati.
FringuelloFringilla coelebs
Lunghezza: 15-16 cmApertura alare: 26-28 cmPeso: 20-25 g
Alimentazione: semi, bacche, frutta, in primavera ed estate anche invertebratiHabitat: boschi, siepi, giardini, parchi,
campagne alberate. Nidifi ca sugli alberi
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Codirossospazzacamino CHI È?
Un montanaro in città. Si potrebbe defi nire
così questo piccolo passeriforme che nei
manuali di ornitologia di alcuni decenni fa ve-
niva descritto per lo più come una specie le-
gata per la nidifi cazione ai pascoli di alta quo-
ta e alle pareti rocciose alpine. Da qualche
tempo, però, frequenta sempre più assidua-
mente durante il periodo riproduttivo anche
le zone collinari e pianeggianti, spingendosi
all’interno degli insediamenti urbani dove rim-
piazza il suo habitat originario con i muri dei
fabbricati, meglio se ricchi di fessure entro le
quali costruire il nido. Il nome regala più di
un’informazione sul suo aspetto. In entrambi
i sessi la coda (che viene agitata di continuo
quando l’animale è posato) è rossiccia, più
precisamente color ruggine, mentre il termine
spazzacamino deriva dal piumaggio del resto
del corpo che nei maschi adulti è grigio fu-
liggine, con la sola eccezione della macchia
alare bianca. Uccello affi ne, presente a sua
volta nel nostro territorio, è il Codirosso co-
mune, ma il maschio di questa specie ha il
petto arancione.
QUANDO E DOVE OSSERVARLO?
Tecnicamente è un “migratore a corto rag-
gio, parzialmente residente”. Signifi ca che
alcuni soggetti rimangono tutto l’anno nello
stesso luogo, mentre altri compiono degli
spostamenti piuttosto brevi, specialmente
dalla montagna al piano all’arrivo della sta-
gione fredda. A Milano nel periodo invernale
si possono dunque osservare sia gli individui
che poi torneranno in altura per nidifi care, sia
quelli che restano in città tutto l’anno. Ogni
luogo, dalla campagna ai dintorni di via Mel-
chiorre Gioia, può essere quello giusto per
incontrarlo mentre canta dalla cima di un
tetto.
LO SAI?
Sulle Alpi il Codirosso spazzacamino nidifi ca
abitualmente fi no a 2.700 metri di quota a
conferma delle sue attitudini montane.
Codirossospazzacamino Phoenicurus ochruros
Lunghezza: 14-16 cm
Apertura alare: 25-27 cm
Peso: 13-20 g
Alimentazione: insetti ed altri invertebrati.
In autunno/inverno anche bacche
Habitat: pareti rocciose, pascoli montani,
fabbricati, giardini. Nidifi ca nelle fessure
delle rocce e dei muri
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Passera d’ItaliaPasser domesticus italiaeLunghezza: 15-16 cmApertura alare: 24-26 cmPeso: 25-35 gAlimentazione: granaglie, frutta, insettiHabitat: città, campagne con presenza di fabbricati. Nidifi ca sugli edifi ci, nell’edera
eccessivo di pesticidi, ma anche i gatti do-
mestici. I rimedi più semplici: lasciare crescere
l’erba per 20-30 cm almeno in un angolo del
giardino, piantumare arbusti in grado di forni-
re cibo e riparo, posizionare mangiatoie e nidi
artifi ciali, mettere un campanellino al gatto di
casa.
QUANDO E DOVE OSSERVARLA?
Sebbene stia diminuendo per il momento re-
sta una specie comune negli ambienti antro-
pizzati, mentre in quelli a più elevata naturalità
soffre la competizione con gli animali mag-
giormente specializzati. La si può incontrare in
ogni stagione, ma è soprattutto in inverno che
nelle campagne ci si può imbattere in gruppi
composti da un gran numero di individui.
LO SAI?
Un grave problema per i passeri è rappresen-
tato dalle collisioni contro i vetri degli edifi ci
e delle barriere antirumore. Si è stimato che
in questo modo ne muoiano quasi 4 milioni
ogni anno.
Passera d’Italia CHI È?
Alcuni ornitologi la considerano la sottospecie
italiana della Passera oltremontana, diffusa in
tutta Europa, altri un ibrido tra questa e la
Passera sarda, altri ancora una specie a sé
stante. Al di là della classifi cazione siamo di
fronte a quello che la gente chiama sempli-
cemente Passero, accomunando nel nome
anche la Passera mattugia, specie molto si-
mile. Guance bianche, gola nera, vertice ca-
stano rossiccio, ali variegate con barra chiara:
è l’identikit del maschio di Passera d’Italia
mentre la femmina è meno appariscente. La
specie è legata all’uomo, tanto da nidifi care
esclusivamente in presenza di fabbricati, ep-
pure negli ultimi anni si sta registrando un de-
clino evidente in tutta Europa, Italia compre-
sa. Un fenomeno allarmante, che ha spinto la
LIPU a lanciare la campagna “S.O.S. Passe-
ri” per saperne di più e cercare di arrestarlo.
Sotto accusa molteplici fattori: l’espansione
urbanistica che riduce le aree verdi e quindi
le fonti di cibo, la modernizzazione delle abi-
tazioni, l’intensifi cazione dell’agricoltura, l’uso
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Codirossospazzacamino CHI È?
Un montanaro in città. Si potrebbe defi nire
così questo piccolo passeriforme che nei
manuali di ornitologia di alcuni decenni fa ve-
niva descritto per lo più come una specie le-
gata per la nidifi cazione ai pascoli di alta quo-
ta e alle pareti rocciose alpine. Da qualche
tempo, però, frequenta sempre più assidua-
mente durante il periodo riproduttivo anche
le zone collinari e pianeggianti, spingendosi
all’interno degli insediamenti urbani dove rim-
piazza il suo habitat originario con i muri dei
fabbricati, meglio se ricchi di fessure entro le
quali costruire il nido. Il nome regala più di
un’informazione sul suo aspetto. In entrambi
i sessi la coda (che viene agitata di continuo
quando l’animale è posato) è rossiccia, più
precisamente color ruggine, mentre il termine
spazzacamino deriva dal piumaggio del resto
del corpo che nei maschi adulti è grigio fu-
liggine, con la sola eccezione della macchia
alare bianca. Uccello affi ne, presente a sua
volta nel nostro territorio, è il Codirosso co-
mune, ma il maschio di questa specie ha il
petto arancione.
QUANDO E DOVE OSSERVARLO?
Tecnicamente è un “migratore a corto rag-
gio, parzialmente residente”. Signifi ca che
alcuni soggetti rimangono tutto l’anno nello
stesso luogo, mentre altri compiono degli
spostamenti piuttosto brevi, specialmente
dalla montagna al piano all’arrivo della sta-
gione fredda. A Milano nel periodo invernale
si possono dunque osservare sia gli individui
che poi torneranno in altura per nidifi care, sia
quelli che restano in città tutto l’anno. Ogni
luogo, dalla campagna ai dintorni di via Mel-
chiorre Gioia, può essere quello giusto per
incontrarlo mentre canta dalla cima di un
tetto.
LO SAI?
Sulle Alpi il Codirosso spazzacamino nidifi ca
abitualmente fi no a 2.700 metri di quota a
conferma delle sue attitudini montane.
Codirossospazzacamino Phoenicurus ochruros
Lunghezza: 14-16 cm
Apertura alare: 25-27 cm
Peso: 13-20 g
Alimentazione: insetti ed altri invertebrati.
In autunno/inverno anche bacche
Habitat: pareti rocciose, pascoli montani,
fabbricati, giardini. Nidifi ca nelle fessure
delle rocce e dei muri
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CodibugnoloAegithalos caudatusLunghezza: 13-15 cmApertura alare: 17-19 cmPeso: 6-10 gAlimentazione: insetti e loro larve, altri invertebrati
Habitat: boschi, arbusteti, campagne alberate. Nidifi ca tra gli arbusti
in questo periodo lo si nota maggiormente
perché si aggrega in gruppi di 5-10 individui
ed oltre (talvolta assieme alle cince), prima di
tornare ad essere territoriale e solitario alla
fi ne del mese di febbraio, in vista della nidifi -
cazione primaverile. Frequenta le aree ricche
di alberi e di vegetazione arbustiva, per cui le
probabilità di avvistarlo diminuiscono spostan-
dosi dalla periferia al centro della città, tanto
più che non ama la vicinanza delle abitazioni.
I luoghi ottimali per un incontro con questo
comunissimo passeriforme sono il Parco di
Trenno, il Bosco in città, il Parco Lambro ed
il Parco di Villa Scheibler a Quarto Oggiaro, al
confi ne con Novate Milanese.
LO SAI?
Il Codibugnolo dedica molto tempo (da 2 a 4
settimane) e grandi attenzioni alla costruzio-
ne del nido che ha una forma ovoidale ed è
completamente chiuso, ad eccezione di uno
o due piccoli fori d’ingresso. Solitamente lo
posiziona entro rovi o altri arbusti e lo realiz-
za con muschi, peli e ragnatele. All’interno
un’imbottitura fatta con un gran numero di
piume garantisce ai pulcini calore ed un co-
modo giaciglio.
Codibugnolo CHI È?
Se non fosse per la coda, alla quale va attri-
buita più della metà della sua lunghezza tota-
le, ci troveremmo di fronte ad un animaletto
minuscolo, diffi cile da scoprire nonostante
l’abbondanza numerica. Invece, grazie alle ti-
moniere (le penne caudali) “spropositate”, non
passa certo inosservato. La particolare tona-
lità rosata ed il comportamento vivace fanno
il resto. Il più delle volte lo si vede spostarsi
da un ramo all’altro con movenze acrobatiche
per becchettare gli afi di o gli altri piccoli insetti
di cui si nutre mentre se ne sta appeso con la
pancia all’insù, un po’ come fanno le cince,
alle quali è piuttosto affi ne.
QUANDO E DOVE OSSERVARLO?
Non compie vere e proprie migrazioni, ma
con l’arrivo dell’inverno ha l’abitudine di ab-
bandonare le zone di montagna e collina per
trasferirsi in pianura alla ricerca di temperatu-
re meno rigide. A Milano è quindi più facile os-
servarlo durante la stagione fredda. Oltretutto
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Cinciallegra CHI È?
Se vedete un uccello in continuo movimento,
grande poco meno di un passero e dai colo-
ri piuttosto vivaci che per cibarsi dei piccoli
semi di un albero o estrarre un insetto dal-
la fessura di un tronco compie veri e propri
equilibrismi, quasi sicuramente avete a che
fare con una Cinciallegra. A permetterci di di-
stinguerla anche ad una certa distanza dalla
più minuta Cinciarella è innanzitutto la banda
nera longitudinale che ne attraversa le parti
ventrali. Già il nome ispira simpatia e in effetti
è un ospite particolarmente benvoluto da chi
ama un giardino ricco di vita selvatica. Non
per niente è tra le specie che gli appassio-
nati di birdgarden cercano di favorire posi-
zionando sugli alberi nidi artifi ciali o “collane”
di arachidi ed altre leccornie. La Cinciallegra
apprezza il favore e lo ricambia allietando la
città con la sua piacevole presenza.
QUANDO E DOVE OSSERVARLA?
È possibile incontrarla in ogni mese dell’an-
no, ma è soprattutto in inverno, quando negli
ambienti naturali il cibo scarseggia, che per
lei gli insedia-
menti urbani si
fanno più attraenti.
Mostra una preferenza
per i boschi di latifoglie dove
nidifi ca nelle fessure degli alberi, com-
prese quelle scavate dai picchi. I parchi, in
grado di riproporre l’ambiente boschivo e di
offrire cavità artifi ciali come buchi nei muri e
“cassette-nido” in cui allevare la prole, sono
altrettanto frequentati. Per ammirare le sue
acrobazie non è dunque indispensabile recar-
si nei polmoni verdi della periferia: anche una
passeggiata in uno dei tanti giardini pubblici
del centro, meglio ancora se equipaggiati di
binocolo, ci può riservare un appuntamento
con questo instancabile pennuto.
LO SAI CHE…
Intorno al 1920 nella campagna inglese al-
cune cinciallegre, spinte inizialmente dalla
curiosità, forarono con il becco il tappo di
alluminio delle bottiglie di latte lasciate da-
vanti all’uscio delle case. Avendo gradito il
sapore della panna fecero di questo modo
di agire un’abitudine che ben presto si diffu-
se a gran parte degli individui, estendendosi
anche alle cinciarelle. Questo episodio, dive-
nuto celebre, viene citato sovente nei testi di
comportamento animale quale esempio di
trasmissione culturale tra membri della stes-
sa specie o di specie affi ni
CinciallegraParus major
Lunghezza: 13-15 cm
Apertura alare: 22-25 cm
Peso: 15-20 g
Alimentazione: invertebrati (in primavera
e in estate), granaglie, semi, frutta,
bacche (in autunno e in inverno)
Habitat: boschi, siepi, giardini.
Nidifi ca nelle cavità di alberi e muri
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Sono i più grandi passeriformi europei. Ap-
profi ttano di ogni risorsa alimentare disponibi-
le ed occupano un gran numero di habitat. Se
si aggiunge che hanno uno spiccato senso
dell’ingegno e che di norma conducono vita
gregaria scambiandosi informazioni, eccone
spiegato l’enorme successo evolutivo.
I corvidi
Gazza CHI È?
Inconfondibile per la coda lunghissima ed il
piumaggio bianco-nero con rifl essi iridescen-
ti, è nota per l’appellativo di ladra che le è sta-
to affi bbiato a causa della presunta abitudi-
ne, mai dimostrata dalla ricerca scientifi ca, di
appropriarsi di oggetti luccicanti. Può essere
che di tanto in tanto raccolga qualche fram-
mento metallico, spinta dalla curiosità tipica
dei corvidi, e siccome per via del suo aspetto
non passa inosservata ecco nascere il luogo
comune secondo il quale sarebbe attratta
da gioielli e brillanti al punto di prelevarli fur-
tivamente. Semmai si comporta da predona
quando sottrae uova e pulcini dai nidi di altri
uccelli, ma non è l’unica a farlo, tant’è vero
che a lei stessa capita di perdere qualche ni-
diaceo per le incursioni delle cornacchie. È il
ciclo della natura.
QUANDO E DOVE OSSERVARLA?
C’è solo l’imbarazzo della scelta perché rima-
ne tutto l’anno alle nostre latitudini ed i luo-
ghi in cui incontrarla sono vari e facilmente a
portata di binocolo. Da alcuni decenni è infat-
ti in aumento e dai margini dei boschi si sta
espandendo verso la periferia urbana.
LO SAI CHE…
Nell’opera lirica “La gazza ladra” (1817) di
Gioachino Rossini la protagonista è accusata
di aver rubato un cucchiaio d’argento. Con-
dannata al patibolo viene scagionata in extre-
mis grazie alla scoperta del “vero” ladro: una
Gazza, a dimostrazione di quanto sia sempre
stata radicata l’idea del comportamento furti-
vo di questo animale.
GazzaPica picaLunghezza: 42-48 cmApertura alare: 48-55 cmPeso: 200-220 gAlimentazione: granaglie, roditori, uova e pulcini di uccelli, insetti e altri invertebrati, frutta, carogne, in città avanzi di ciboHabitat: coltivi, campagne alberate, fi lari, margini dei boschi di latifoglie, insediamenti urbani. Nidifi ca sugli alberi
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Taccola CHI È?
Nei borghi medievali di gran parte d’Europa
capita di imbattersi in un “piccolo corvo” (è
così che viene spontaneo chiamare questo
uccello a chi non ne conosce il vero nome)
irrequieto e loquace che zampetta sui tetti,
compie evoluzioni aeree in stormi di qualche
individuo e lancia con assiduità il suo carat-
teristico tchak-tchak. È la Taccola, abitatri-
ce dei centri storici in cui abbondano
campanili, torri e mura ricche di
fenditure, ottima imitazione delle
pendici rocciose e delle scogliere che
ama frequentare quando non vive in cit-
tà. Del resto, essendo adattabile come
tutti i corvidi, ha approfi ttato volentieri
degli habitat messi a disposizione dal-
l’uomo. È quasi interamente nera, ad
eccezione di nuca e collo grigi, ma ol-
tre alla taglia ridotta la particolarità che
la differenzia dai suoi “parenti vestiti
di scuro” come corvi e
cornacchie è l’occhio
biancastro che con-
trasta con il colore
del piumaggio.
QUANDO E DOVE OSSERVARLA?
È sedentaria, ma è soprattutto tra l’appros-
simarsi del periodo riproduttivo (la deposi-
zione delle uova inizia verso la fi ne di aprile)
e l’involo dei nuovi nati che occupa i vecchi
fabbricati nel cuore delle città. A Milano è le-
gata a fi lo doppio al Castello Sforzesco, mo-
numento che assieme alle aree circostanti le
fornisce tutto ciò di cui ha bisogno: anfratti
per l’allevamento della prole e disponibilità
alimentare. I prati del vicino Parco Sempione
offrono insetti e inoltre nei paraggi non man-
cano neppure i nidi di altri uccelli, altra im-
portante fonte di cibo. Da quelli di Colombo
di città la Taccola preleva uova e pulcini, di-
mostrandosi molto abile nella lotta biologica
contro una delle specie più problematiche.
LO SAI?
Per la socialità e l’arguzia che la contraddi-
stinguono la Taccola è stata studiata e de-
scritta approfonditamente da Konrad Lorenz,
considerato il “padre” dell’etologia, la scienza
che si occupa del comportamento animale.
TaccolaCorvus monedula
Lunghezza: 30-34 cm
Apertura alare: 60-70 cm
Peso: 200-250 g
Alimentazione: insetti, uova e pulcini, semi,
frutta, in città avanzi di cibo
Habitat: campagne, rocce, scogliere, centri
storici. Nidifi ca in colonie su edifi ci, cavità
degli alberi, pareti scoscese
Opuscolo_LIPU_Comune_Milano.indd31 31Opuscolo_LIPU_Comune_Milano.indd31 31 31-10-2007 16:24:2231-10-2007 16:24:22
Cornacchia grigia CHI È?
Impoverimento ambientale ed antropizzazio-
ne sono fattori critici per molte specie, ma
non per lei, capace di adattarsi a qualsiasi
situazione. Opportunista per antonoma-
sia, ha saputo trarre vantaggio dal degrado
e dalla presenza dell’uomo e vive volentieri
anche in città. L’identifi cazione è semplice
perché Il “corpetto” color cenere consente
di distinguerla agevolmente da due “paren-
ti” di dimensioni analoghe: il Corvo, presente
nelle campagne del nostro Paese soltanto in
inverno, e la Cornacchia nera, con la quale
di solito si spartisce le aree geografi che oc-
cupate.
QUANDO E DOVE OSSERVARLA?
Estate o inverno non fa differenza, così come
ogni ambiente è quello giusto per incontrarla
ed ascoltare il suo inconfondibile kraa. La si
può vedere in campagna, mentre grazie alla
forza del gruppo scaccia dai propri territori
un’acerrima rivale come la Poiana, in perife-
ria, intenta a recuperare del cibo da un bi-
done dell’immondizia, o in centro, appollaiata
su un’antenna o sulle conifere più alte. Eppu-
re il suo arrivo a Milano è piuttosto recente.
Nei primi anni ’50 non c’era ancora e intorno
al 1990 il suo numero era molto più conte-
nuto. Oggi, invece, è tra gli animali selvatici
più facili da osservare vicino alle abitazioni
e di tanto in tanto qualche esemplare viene
sorpreso mentre becca con forza i vetri delle
fi nestre: un atteggiamento che probabilmen-
te mette in atto per ribadire il possesso del
territorio nei confronti di ciò che considera un
rivale e che invece è solamente la sua imma-
gine rifl essa.
LO SAI?
La Cornacchia grigia è monogama, come di
norma lo sono tutti i corvidi. Le coppie che si
formano possono durare per l’intera vita, ma
non sempre la fedeltà è osservata in modo
del tutto scrupoloso.
Cornacchia grigiaCorvus corone
cornix
Lunghezza: 45-50 cm
Apertura alare: 90-100 cm
Peso: 430-580 g
Alimentazione: granaglie, roditori, uova e
pulcini di uccelli, insetti e altri invertebrati,
frutta, carogne, in città avanzi di cibo
Habitat: coltivi, campagne alberate,
fi lari, margini dei boschi di latifoglie,
insediamenti urbani. Nidifi ca sugli alberi
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I mammiferiIn città sono rappresentati prevalente-
mente da animali legati all’uomo come
il Ratto grigio o il Topo domestico, ma
accanto a questi ospiti poco graditi è
possibile incontrare anche alcune spe-
cie ben più interessanti sotto il profi lo
ecologico.
Riccio europeo occidentale CHI È?
Diffi cile confonderlo con altri anima-
li. L’unico che potrebbe ingannare
un occhio inesperto è l’Istrice (con
il quale condivide il nome popolare di
porcospino) che però è molto più gran-
de e non vive a Milano e dintorni. La prin-
cipale caratteristica del Riccio è la presenza
di aculei che all’occorrenza gli consentono di
trasformarsi in una fortezza quasi inespugna-
bile. Quando si sente in pericolo può infatti
appallottolarsi per proteggere le parti ventrali
dagli attacchi dei predatori. Appartiene all’or-
dine degli insettivori, ma è un onnivoro a tutti
gli effetti. Può catturare lucertole o piccoli ser-
penti e questo ha generato la credenza che
sia immune al veleno della Vipera. In realtà
non è così, anche se il più delle volte gli aculei
costringono quest’ultima a mordere a vuoto.
QUANDO E DOVE OSSERVARLO?
Non è diffi cile incontrarlo nelle ore nottur-
ne dopo che ha trascorso la giornata sotto
un cespuglio, ma da metà dicembre a fi ne
marzo si ritira in letargo. Sovente a rivelarne
la presenza è il cadavere di qualche esem-
plare investito da un veicolo, incidente in cui
incappa con frequenza maggiore rispetto ad
altri mammiferi, sia per la sua scarsa rapidità
negli spostamenti, sia perché è piuttosto ab-
bondante negli ambienti antropizzati. Un altro
problema deriva dalla cattiva abitudine di dar
fuoco alle sterpaglie ai margini dei campi, al-
l’interno delle quali il Riccio trova dimora per
l’inverno.
LO SAI?
Talvolta negli insediamenti urbani i ricci si
procurano il cibo dalle ciotole contenenti
crocchette e carne in scatola per gatti, di cui
sono ghiotti.
Riccio europeo occidentaleErinaceus europaeus
Lunghezza corpo: 22-30 cmLunghezza coda: 2-5 cmPeso: 800-1.200 gAlimentazione: insetti ed altri invertebrati, piccoli vertebrati, bacche, fruttaHabitat: boschi, arbusteti, radure, parchi,
giardini
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inoltre, pur non essendo ciechi come molti
credono, possono destreggiarsi tra gli osta-
coli e localizzare le prede nel buio più assoluto
grazie ad un sonar, simile al radar, ma
basato sull’eco delle onde sonore.
Molto simile è il Pipistrello nano
(Pipistrellus pipistrellus) che
frequenta a sua volta gli am-
bienti urbani, ma è legato
soprattutto alle zone rurali.
Tutti i pipistrelli europei si
cibano di piccoli insetti.
Eppure c’è ancora chi
pensa che anche da noi
questi animali si nutrano
del sangue di altri vertebrati, capacità che
resta invece esclusiva di appena 3 specie su-
damericane tra gli oltre 900 chirotteri esistenti
nel mondo.
QUANDO E DOVE OSSERVARLO?
Trascorre i mesi più freddi in letargo, aggre-
gandosi in colonie all’interno di solai, fessure
degli edifi ci o cavità degli alberi e ad ecce-
zione di qualche sporadico risveglio invernale
è attivo tra marzo e ottobre. A volte occupa
i cassonetti delle tapparelle. Il momento più
propizio per osservarlo è il crepuscolo, quan-
do comincia a svolazzare attorno ai lampioni
dove si concentrano le sue prede. D’estate
può capitare che un pipistrello entri inavver-
titamente in un’abitazione dalle fi nestre spa-
lancate. Non c’è nulla da temere perché non
è vero, come spesso si sente dire, che può
attorcigliarsi ai capelli. Ciò che bisogna fare è
evitare di spaventarlo, lasciare aperte le impo-
ste e spegnere le luci della stanza. A questo
punto, attratto dall’illuminazione esterna, tro-
verà rapidamente la via di uscita.
LO SAI?
Nell’arco di una notte può mangiare oltre
2.000 zanzare. Siamo dunque di fronte ad un
vero e proprio “bioinsetticida”, effi cace e del
tutto ecologico.
Pipistrelloalbolimbato CHI È?
Ha abitudini cittadine, ma non ha perso gli
straordinari adattamenti tipici del suo gruppo.
I pipistrelli (o chirotteri) sono gli unici mam-
miferi in grado di praticare un volo attivo e
Pipistrello albolimbatoPipistrellus kuhliiLunghezza corpo: 4-5 cmLunghezza coda: 3-4 cmApertura alare: 20-24 cmPeso: 5-8 g
Alimentazione: insetti volanti (farfalle notturne, moscerini, zanzare, coleotteri)Habitat: radure e margini dei boschi, campagne, città
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Curiosità
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Alla fi ne del mese di febbraio del 1998 il ca-
davere di un Tasso, vittima di un investi-
mento stradale, è stato trovato in via Bas-
sini, riverso sulle rotaie della linea tranviaria. Si
trattava di un maschio della lunghezza di 63
cm (più 21 di coda) e del peso di 8 kg. Questo
carnivoro della famiglia dei mustelidi è solito
frequentare macchie e boscaglie dove scava
tane costituite da un complesso sistema di
corridoi e camere nelle quali alleva la prole e
si riposa durante il giorno, essendo sostan-
zialmente di abitudini crepuscolari e notturne.
Talvolta è segnalato anche nei parchi urbani
di una certa dimensione, ma non è il caso di
Milano. Da dove proveniva, allora, lo sfortu-
nato esemplare di via Bassini? L’ipotesi più
accreditata da chi ha studiato il caso è che
sia giunto fi no alle porte della città seguendo
il Lambro che scorre a circa un chilometro dal
luogo in cui è stato rinvenuto. Perché ad un
certo punto abbia deciso di abbandonare le
sponde del fi ume per avventurarsi su strade
e viali resta comunque un mistero, ma se una
soluzione c’era, il Tasso di “Città studi” l’ha
portata con sé.
Era invece l’11 settembre del 2004 quando
alcuni frequentatori del Parco Nord Milano se-
gnalarono l’insolita presenza di un maschio di
Cervo nel territorio di Bresso. Diffi cile dire se
fosse fuggito da un recinto privato oppure se
avesse seguito il corridoio ecologico rappre-
sentato dal fi ume Seveso, giungendo fi n lì dai
boschi della Brianza. Fatto sta che la sua per-
manenza al Parco Nord è durata due anni e
mezzo. Nel corso di questo periodo il Cervo è
divenuto uno dei principali “beniamini” della ri-
serva, tanto che gli è stato persino assegnato
un nome: Libero. Non sono mancate alcune
brevi sortite, come quella in viale Fulvio Testi,
dove il giorno di Santo Stefano del 2006 l’un-
gulato è stato investito da un’autovettura. Il 22
gennaio del 2007, dopo alcuni tentativi andati
a vuoto, il Cervo è stato catturato mediante
l’uso di un proiettile narcotizzante e quin-
di liberato a Gambolò (Pavia), nel Parco del
Ticino, in un ambiente naturale di estensioni
più consone ad un animale di tali dimensioni.
Al momento del trasferimento il suo peso era
di oltre 200 chilogrammi, mentre l’età è stata
stimata in circa sette anni.
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che quando si getta in picchiata, toccando
velocità folli, su un bersaglio di questo tipo
raramente fallisce l’attacco.
Oltre al Pirellone a Milano ci sono altre rupi
artifi ciali accoglienti per l’avifauna. Lo sta-
dio “Meazza” di San Siro, con la sua strut-
tura imponente fatta di torri ed anelli, offre
rifugio a sua volta a quelle specie abituate ad
utilizzare per la costruzione del nido le fendi-
ture nelle rocce. Qui hanno trovato dimora il
Gheppio, falco in regresso, ma ancora pre-
sente in diverse zone della città, ed una colo-
nia di rondoni maggiori, uccelli sociali molto
attivi anche di notte. Solitamente questi ultimi
amano frequentare le regioni di alta monta-
gna, ma anche per loro vale il solito discorso:
perché non occupare l’ambiente urbano se il
cibo (in questo caso insetti volanti) ed i luoghi
per nidifi care non mancano? D’altronde non
è un caso se a Milano convivono ben tre spe-
cie di rondoni: il Rondone maggiore, appena
descritto, il Rondone comune (di nome e di
fatto) ed il più raro Rondone pallido che ha
scelto il centro, dove ha occupato un edifi -
cio scolastico nelle vicinanze della Stazione
Centrale.
Anche per il più esperto birdwatcher è sem-
pre emozionante avvistare un Falco pelle-
grino, uccello da considerare a pieno titolo
uno dei simboli delle più impervie pendici roc-
ciose, lungo le quali alleva la prole. Il fenome-
no dell’inurbamento ha però coinvolto anche
questo rapace che, seppure con un nume-
ro limitato di esemplari, ha preso l’abitudine
di nidifi care in alcune grandi città italiane, la
prima delle quali è stata proprio Milano dove
il fenomeno si è osservato nella primavera
del 1994. La coppia in questione ha scelto
il grattacielo Pirelli che con i suoi 127 me-
tri di altezza si è rivelato un valido sostituto
di rocce e falesie. Una volta trovate le ripide
pareti adeguate alle proprie necessità i falchi
pellegrini milanesi non hanno faticato a repe-
rire il cibo. I colombi di città non mancano e
nemmeno gli storni, visibili talvolta in “nuvole”
di centinaia di individui. Il fatto di muoversi in
gruppi così numerosi abbassa la probabilità
di ogni singolo animale di essere catturato,
ma al tempo stesso nel caso di un incontro
con qualche rapace è improbabile che non ci
scappi almeno una vittima. Specialmente se il
predatore in questione è un Falco pellegrino
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Via Ripamonti è un’importante arteria che
scorre nel settore meridionale di Milano.
Comincia nei pressi di Porta Vigentina, non
lontano dal centro, e prosegue fi no al confi ne
con Opera, a ridosso della Tangenziale ovest.
Neanche a metà di questo lungo percorso,
quando le case cominciano a diradarsi per
fare spazio alla campagna, nel giardino di una
strada parallela (via Val di Sole) da alcuni anni
a questa parte, durante i mesi più freddi, una
colonia di gufi comuni prende dimora su al-
cune conifere. Si tratta di svariate decine di
uccelli che si riposano di giorno per cacciare
durante la notte nella campagna circostante
dove si sposteranno stabilmente a febbraio-
marzo per occupare i siti di nidifi cazione,
sciogliendo la compagine fi no all’inverno
successivo. Un assembramento di questo
tipo è chiamato roost, parola che in italiano
viene tradotta con il termine “dormitorio”, in
modo peraltro piuttosto riduttivo. L’utilità del
roost va infatti al di là del semplice riposare
assieme: i membri del gruppo socializzano, si
scambiano informazioni (ad esempio du-
rante la vita in comune i giovani apprendono
dagli adulti come e dove reperire il cibo), si
difendono dai predatori grazie all’allarme lan-
ciato dagli individui più attenti e si proteggono
dal freddo stando vicini l’un l’altro. Nel caso
dei roost invernali la funzione termica assume
particolare importanza. Non per niente i gufi
di via Val di Sole hanno scelto un luogo a ri-
dosso del caseggiato, dove la temperatura è
meno rigida che in aperta campagna.
Anche la nidifi cazione collegiale offre i me-
desimi vantaggi, ai quali va aggiunto che la
riproduzione sincronizzata mette a disposizio-
ne dei predatori uova e pulcini per un periodo
di tempo più breve, il che sembra garantire
minori perdite e quindi un maggior successo
riproduttivo globale. Tra gli uccelli che nidi-
fi cano in colonie ci sono gli aironi. I loro rag-
gruppamenti, che talvolta contano centinaia
di soggetti anche di specie diverse, vengono
chiamati garzaie e rivestono notevole valo-
re naturalistico. Il territorio di Milano non ne
ospita di vere e proprie, ma in questi ultimi
anni all’interno del Parco Forlanini due cop-
pie di Airone cenerino hanno nidifi cato una
accanto all’altra. Potrebbe essere un buon
inizio.
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Le regole d’oro per aiutarliM
oltissime sono le specie di uccelli, così
come estremamente vari sono forme, di-
mensioni, adattamenti e modi di vivere di
questi animali.
Dopo milioni di anni di evoluzione essi hanno
imparato a trarre profi tto da ogni possibile fon-
te di cibo. Alcuni si sono specializzati nel vivere
accanto all’uomo, diventandone commensa-
li e trovando nutrimento, oltre che rifugio, nei
luoghi creati su misura per le nostre caratte-
ristiche di vita come lo sono in primo luogo le
città. Altri, invece, soffrono proprio a causa di
queste drastiche modifi che dell’ambiente.
Milano non si può considerare particolarmente
ospitale per loro, forse nemmeno per noi, ma
qualcosa si può fare per migliorare la qualità di
vita degli animali affi nché il loro stato di benes-
sere possa rifl ettersi positivamente anche sul
nostro.
Il birdgardenInnanzitutto è necessario creare l’ambiente
adatto: l’ideale sarebbe disporre di un parco o
di un giardino, ma può essere suffi ciente persi-
no un terrazzo inverdito. È così che gli Inglesi
hanno coniato il termine birdgarden: il giardino
per gli uccelli, ma adatto anche a piccoli mam-
miferi, anfi bi ed insetti. Insomma un ecosiste-
ma “secondo natura” miniaturizzato.
Per interventi di una certa complessità riman-
diamo alla lettura dei numerosi testi specializzati
disponibili sull’argomento, limitandoci in questa
sede a fornire alcuni semplici, ma validi sugge-
rimenti.
Disponendo di uno spazio anche ridotto si pos-
sono mettere a dimora le essenze vegetali utili
agli animali di città. Per prima cosa un angolo
del giardino andrebbe riservato ad un’area incol-
ta per dare vita ad una piccola “giungla” di pian-
te selvatiche oppure ad una macchia di ortiche
invitanti per le farfalle e in particolar modo per i
loro bruchi. Se poi lo spazio lo consente si può
procedere con la collocazione di alberi e arbusti,
da individuare tra quelli più interessanti per i no-
stri amici animali. Guardandosi un po’ attorno ci
si accorge che c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Il Carpino bianco attira i verdoni, golosi dei suoi
semi invernali; la Quercia offre riparo, nutrimen-
to ed un luogo per nidifi care a parecchie specie,
così come la Betulla; l’intreccio dei rami di Ede-
ra e di altri rampicanti rappresenta per diversi
passeriformi un luogo ideale in cui riparare ed al-
levare la prole; le bacche del Biancospino, che
restano sui rami anche nel corso dell’inverno, le
dolci drupe del Ciliegio selvatico ed i frutti del
Nocciolo sono graditi ad uccelli e mammiferi;
varie specie di Salice attirano le cince; il Sam-
buco richiama con i propri fi ori gli insetti mentre
gli uccelli amano le sue succose bacche autun-
nali; infi ne il quadro è completato da alberelli da
frutto come Melo selvatico e Prugnolo, ma
Anche la Civetta
può frequentare
il birdgarden
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Alcuni visitatori delle mangiatoie (da sinistra): Scricciolo, Merlo (sopra), Verdone (sotto), Cinciarella, Cardellino
anche piccole aiuole abbellite con rose, giraso-
li, fi ordalisi, viole del pensiero, non ti scordar di
me, bocche di leone e papaveri possono in breve
tempo riempirsi di vita. Unica accortezza: cercate
il più possibile di prediligere le specie native a
quelle esotiche. Farete sicuramente un favore alla
fauna di casa nostra. Se volete vedere un esem-
pio concreto e ben riuscito di birdgarden visitate
l’Oasi LIPU di Cesano Maderno (MI).
A questo punto siete pronti per dare cibo e riparo
agli animali che, nel frattempo, hanno popolato
il vostro giardino. Cominciamo apparecchiando
la tavola.
Le mangiatoieSi può trarre divertimento e piacere fornendo
cibo agli animali selvatici, ma questa attività
non è da prendere alla leggera. Anche limitan-
dosi a mettere a disposizione degli uccelli gli
avanzi di cucina, ben presto attirerete nuovi
ospiti che dipenderanno sempre più dalla vo-
stra generosità. Se questa verrà a mancare, li
costringerete ad entrare in competizione tra
loro, soprattutto durante l’inverno. È solo
in questo periodo dell’anno che è utile forni-
re cibo. Non fatelo mai in primavera ed estate
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quando le risorse sono già abbondanti. Esisto-
no vari modelli di mangiatoia, da quella tradi-
zionale (composta da un vassoio su cui col-
locare il cibo con la copertura di un tettuccio),
installabile appendendola con una catenella o
ponendola su un palo, a quelle più sofi stica-
te e complesse, talvolta fornite di campane o
ghirlande, per fi nire con i kit di montaggio.
La scelta dipende dallo spazio a disposizione,
dalle specie che frequentano il giardino e dalla
presenza di predatori. Ad esempio se la vostra
casa è abitata da gatti è consigliabile posizio-
nare la mangiatoia in alto e in un luogo sicuro.
Se c’è abbondanza di merli, passeri o fringuelli
tenete presente che solitamente si alimentano
a terra.
Comunque sia, il modello tradizionale va collo-
cato a circa 2 metri dal suolo ed il vassoio deve
avere una superfi cie minima di circa 400 cm²
(20 cm di lato).
Quali alimenti fornire? La lista dei cibi graditi
è praticamente illimitata, ma sono da evitare
quelli salati, speziati o piccanti, il pane ed il
latte. Vanno bene gli avanzi di cucina, la crosta
del formaggio, i dolci, il guscio delle uova smi-
nuzzato, la frutta, il grasso di prosciutto o pan-
cetta, uova sode, nocciole, mandorle, arachidi
non salate, riso e biscotti. In commercio esiste
un’ampia scelta di miscele di semi per uccelli.
Un ultimo consiglio: non dimenticate l’acqua.
Da un semplice sottovaso ad una bacinella, da
una fontanella ad un piccolo stagno, vedre-
te come la utilizzeranno, non tanto per bere,
quanto per farci frequenti bagni.
I nidi artifi cialiSono utili perché, soprattutto in città, manca-
no le cavità naturali degli alberi, le fi tte siepi o
altri anfratti abitualmente utilizzati per costruire
il nido. Rivolgetevi alla LIPU o ad aziende spe-
cializzate per avere consigli e cataloghi dopo-
diché fate la vostra scelta.
Alcune avvertenze: vanno posizionati ad un’al-
tezza tra 2 e 5 metri, installati a gennaio-feb-
braio e puliti ogni anno al termine dell’estate.
Il foro d’entrata dovrebbe essere orientato a
sud-est o sud-ovest. Le due più importanti
cassette nido per uccelli sono del tipo chiuso
con foro d’entrata e aperte, con o senza tet-
tuccio. Sono a base quadrata di circa 15/20
cm di lato, per 20/25 cm di altezza. Esistono
inoltre cassette nido per altri animali, ad esem-
pio per ricci o pipistrelli.
Buon divertimento!
In caso di diffi coltà cosa fare?Passeggiando per il centro storico o attraver-
sando un parco può capitare di trovare a terra,
magari nei pressi di una siepe, un uccellino an-
cora implume (pullus) soprattutto nel periodo
primaverile-estivo. Che fare? È sensato racco-
La Cinciallegra è tra gli ospiti più assidui dei nidi ar-
tifi ciali
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glierlo oppure è meglio lasciarlo dov’è? Ed una
volta portato a casa, come comportarsi?
Innanzitutto è bene distinguere tra piccoli ca-
duti dai nidi e animali adulti feriti, magari a
seguito di un impatto (auto, vetrate…) o so-
pravvissuti all’attacco di un predatore (spesso
anche il gatto di casa può esserlo nonostante
quell’aria sorniona alla quale ormai ci siamo
abituati!). Cominciamo con i primi. I nuovi ar-
rivati, una volta usciti dal guscio, si presentano
implumi, con gli occhi un po’ rigonfi e ancora
chiusi, e con un becco che risulta sproporzio-
nato rispetto al resto del corpo (proprio perché
deve essere ben visualizzato dai genitori).
Accade talvolta che durante la fase di crescita
qualche piccolo cada dal nido, sovente perché
lo stesso risulta di grandezza insuffi ciente per
una nidiata numerosa. I genitori, che conosco-
no bene i propri fi gli, continuano ad alimentarli
comunque, anche una volta a terra, richiama-
ti dalla loro voce. Certamente il marciapiede
non è un posto sicuro per svezzare un implu-
me, ma prima di mettere in atto un recupero è
bene provare a dare una chance a mamma e
papà, magari posizionando il pulcino in un luo-
go più riparato: meglio sarebbe se su un punto
rialzato. Non c’è da temere: i genitori sapranno
ritrovare e riconoscere la prole.
Soltanto qualora il contesto sia privo di luoghi
sicuri in cui spostare il malcapitato, è opportu-
no raccogliere il pullus.
È bene tuttavia essere consapevoli che
i genitori migliori sono quelli naturali e
chiunque si trovi nella condizione di do-
versi prendere cura di un uccellino avrà
un compito tanto più impegnativo quanto
più tenera è l’età del piccolo.
Già dal momento in cui raccogliamo l’animale è
opportuno mettere in atto alcuni accorgimenti:
usare un fazzolettino di carta può andare be-
nissimo per trasportarlo, se possibile riponen-
dolo poi in un luogo riparato dove all’animale
sia consentito respirare. Una volta a casa oc-
corre utilizzare una scatola delle scarpe chiusa,
ma opportunamente forata e rivestita sul fondo
con un foglio di giornale (niente bambagia o al-
tri materiali che l’uccellino possa ingurgitare):
in questo modo non spaventeremo troppo con
la nostra presenza il piccolo.
Tuttavia, dopo questa fase di primo soccorso,
è fondamentale portare il volatile presso un
centro di recupero dove possa ricevere tutte
le cure indispensabili per la sua crescita. Gli
implumi hanno infatti necessità di un luogo
riscaldato che riproduca il calore del nido e
inoltre l’alimentazione deve essere ben presto
integrata con alcune componenti essenziali
(vitamine ed altro) per garantire la crescita cor-
retta del pullus.
Nel caso invece si tratti di pulcini o di adulti
feriti il trasporto presso un centro di recupero
è necessario con una maggiore urgenza, pro-
prio perché sulla ferita o a seguito di un even-
tuale trauma è bene che il veterinario abbia la
possibilità di intervenire tempestivamente.
Nel prossimo capitolo troverete numeri
utili e competenze a cui fare riferimento
qualora non possiate occuparvi del recu-
pero dell’animale.
Per l’alimentazione è bene ricordare 2
regole fondamentali:
1 Come primo soccorso utilizzare una so-
luzione di acqua e zucchero da sommi-
nistrare con un contagocce o una siringa
da insulina priva di ago.
2 In sostituzione all’alimentazione al nido,
somministrare omogeneizzato di carne
se l’uccellino è ancora molto piccolo
(implume o con penne appena formate)
oppure carne cruda trita a bocconcini
imbevuta di acqua. Nella fase iniziale del-
la crescita questo cibo è adatto sia per
insettivori sia per granivori. Successiva-
mente sarà bene cercare un mangime
più specifi co, per gli uni o gli altri, facil-
mente reperibile presso i negozi di articoli
per animali.
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Per approfondireManuali che trattano le specie descritte nel presente opuscolo:
Peterson, Mountfort, Hollom – “Guida degli Uccelli d’Europa”, Franco Muzzio Editore
Corbet, Ovenden – “Guida dei Mammiferi d’Europa”, Franco Muzzio Editore
Arnold, Burton – “Guida dei Rettili e degli Anfi bi d’Europa”, Franco Muzzio Editore
Siti Internet:
www.lipu.it – Sito della sede nazionale LIPU
www.oasicesanomaderno.it – Sito dell’Oasi LIPU di Cesano Maderno (MI)
www.avium.it – Sito del Progetto A.Vi.U.M. (Atlante Virtuale degli Uccelli di Milano)
nel quale è possibile conoscere la distribuzione dell’avifauna nel territorio di Milano.
GARANTE PER LA TUTELA
DEGLI ANIMALI
Piazza Duomo, 21 - 20121 Milano
Tel. 02.88464557/67700 - Fax 02.88463646
CENTRO DI SANITÀ PUBBLICA
VETERINARIA
Viale Molise, 66/B - 20137 Milano
Tel. 02.85789083 - Fax 02.85789059
FACOLTÀ DI VETERINARIA
Via Celoria, 10 - 20133 Milano
Tel. 02.50318002
FORZE DELL’ORDINE
Polizia Municipale: tel. 02.77271
Carabinieri: tel. 112
Polizia di Stato: tel. 113
Corpo Forestale dello Stato: tel. 1515
VIGILI DEL FUOCO
Tel. 115 (Comando Provinciale di Milano
02.31901)
PROTEZIONE CIVILE
Via Mercantini, 24 - 20158 Milano
Tel. 02.39321425 (attivo 24 ore su 24)
LIPU
CENTRO RECUPERO FAUNA SELVATICA
“LA FAGIANA”
Cascina Paradiso - Via Valle 20013
Pontevecchio di Magenta (MI)
Tel. 338/3148603
(aperto tutti i giorni:
inverno dalle ore 10 alle ore 17
estate dalle ore 10 alle ore 18)
LIPU
SEDE NAZIONALE
Via Trento, 49 - 43100 Parma
Tel. 0521.273043
Fax. 0521.273419
www.lipu.it
Numeri utiliDi seguito sono riportati indirizzi e recapiti telefonici utili per ricevere informazioni su animali avvi-
stati o per effettuare segnalazioni di fauna in diffi coltà.
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IndicePerché una guida 2Presentazione Comune di Milano 3
Presentazione LIPU 3Ecologia urbana 4Gli ambienti 6Gli anfi bi: Rana verde 8
Rospo smeraldino 9
I rettili: Testuggine palustre
dalle orecchie rosse 10
Biacco 11
Le anatre: Germano reale 12
Gli aironi: Airone cenerino 13
I falchi: Gheppio 14
I rallidi: Gallinella d’acqua 15
Colombi e affi ni: Tortora dal collare 16
I cuculi: Cuculo 17
I rapaci notturni: Allocco 18
Civetta 19
I picchi: Picchio rosso maggiore 20
Rondini & C.: Balestruccio 21
Rondine 22
Rondone comune 23
I piccoli passeriformi: Fringuello 24
Codirosso spazzacamino 25
Passera d’Italia 26
Pettirosso 27
Codibugnolo 28
Cinciallegra 29
I corvidi: Gazza 30
Taccola 31
Cornacchia grigia 32
I mammiferi: Riccio Europeo occidentale 33
Pipistrello albolimbato 34
Curiosità 35
Le regole d’oro per aiutarli: Il birdgarden 38
Le mangiatoie 39
I nidi artifi ciali 40
In caso di diffi coltà cosa fare? 40
Numeri utili 42
Per approfondire 42
NOTE: gli uccelli non sono stati raggruppati secondo criteri rigorosamente sistematici. In parti-
colare Rondine e Balestruccio, anziché essere inseriti tra i piccoli passeriformi, di cui fanno parte,
sono stati trattati in un capitolo a parte insieme al Rondone (ordine degli apodiformi) con il quale
vengono talvolta confusi.
Per quanto riguarda i dati biometrici, la lunghezza ha riferimenti diversi a seconda del gruppo di
appartenenza. Anfi bi: somma di testa e corpo. Rettili: dalla punta della testa alla punta della coda
(serpenti) oppure misura del carapace (testuggini). Uccelli: dalla punta del becco alla punta della
coda. Mammiferi: somma di testa e corpo (la coda è specifi cata a parte).
A cura di
Marta Bearzotti Responsabile Oasi LIPU di Cesano Maderno e
Massimo Soldarini Direzione Nazionale LIPU – Responsabile Settore Volontariato e Formazione
Testi di Sergio Luoni
Illustrazioni di Sabrina Luoni Stampato nel mese di ottobre 2007 su carta ecologica
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La LIPU è un’associazione che da più di 40 anni si occupa della na-
tura ed in particolare di uccelli: studiare e proteggere questi animali
estremamente sensibili ad ogni cambiamento ambientale ci permette
di conoscere meglio il mondo in cui viviamo e di capire dove e come
intervenire per salvarlo.
L’impegno della LIPU:• Oltre 17.000 uccelli selvatici in diffi coltà riabilitati presso i Centri di
Recupero.
• 32 oasi in tutti Italia, dove questi animali possono vivere in pace e
dove anche l’uomo può sentirsi in armonia con la natura ed impara-
re a conoscerne i sottili equilibri
• Centinaia si scuole che attraverso eventi e programmi di educazio-
ne ambientale possono sperimentare sul campo quanto appreso in
classe
• Eventi, corsi di birdwatching, giornate all’aperto, escursioni per tra-
scinare migliaia di persone nella nostra grande avventura a difesa
dell’ambiente.
• Impegno concreto sui grandi tavoli politici attraverso la raccolta di
fi rme e non solo per poter incidere effettivamente sulle scelte, dan-
do così il nostro contributo a livello nazionale ed internazionale alla
tutela dell’ambiente
E allora entra a far parte della nostra famiglia, diventa anche tu Socio LIPU
Come?Tramite conto corrente postale: n.10299436 intestato a LIPU Onlus-
Parma oppure con carta di credito contattando la sede naizonale
LIPU, Via trento 49 - online sul sito: www.lipu.it
On
lus
La visione della LIPU è quella di un mondo ricco di biodiversità, in cui la gente vive in armonia
con la natura, in modo equo e sostenibile
La LIPU è partner italiano di BirdLife International,
la rete mondiale di associazioni per la protezione degli uccelli.
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