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Ministero dell'Università e della Ricerca - Miur - Problem … · 2013-11-14 · PP&S100 – V2 -...

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PP&S100 – V2 - 28/07/13 1 Problem Posing&Solving 100 Matematica e Informatica a Scuola Introduzione allo scenario L’attività del progetto PP&S100 si inserisce nel solco delle azioni orientate a sostenere l’applicazione delle indicazioni nazionali per i licei e delle linee guida per i tecnici superiori e gli istituti professionali, approvate nel 2010. A questo si affiancano gli indirizzi espressi dal Ministero in merito all’Agenda Digitale e considerazioni connesse alle emergenti dinamiche dell’economia. Al fine di disegnare i contorni dello scenario assume rilevanza la traccia offerta dall’impiant o normativo che viene richiamata nel seguito. La normativa di riferimento Ad esempio, il riordino dei licei, pur seguendo l’impianto di precedenti interventi normativi, rivisita i percorsi muovendosi intorno ad alcuni punti fondamentali che comprendono: - la conferma dell’identità e della peculiarità dei licei nel secondo ciclo del sistema nazionale d’istruzione e di formazione, attraverso la definizione di uno specifico profilo e delle “Indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento declinati secondo conoscenze, abilità e competenze”; - l’acquisizione da parte dei giovani, nell’ambito dell’unitarietà della cultura liceale, declinata nei vari percorsi secondo le personali inclinazioni, capacità critica e conoscenza approfondita degli specifici settori disciplinari; - il superamento della frammentazione dei percorsi di studio delimitando un quadro orario atto all’approfondimento delle discipline e mirato al possesso di una solida cultura comune, costituita da alcuni pilastri quali l’italiano, la matematica, le scienze, la filosofia e la storia dell’arte, su cui sono radicate le materie più specificamente di indirizzo. Le relazioni di accompagnamento sottolineano in particolare che “ciò ha consentito di riequilibrare le componenti umanistica e scientifica e di evitare la parcellizzazione delle conoscenze. Ai precedenti punti si sommano le seguenti caratteristiche: - il riferimento a risultati di apprendimento declinati in conoscenze, abilità e competenze, anche in coerenza con la Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio 23 aprile 2008 sul Quadro europeo dei titoli e delle qualifiche (EQF) al fine di facilitare i passaggi tra i sistemi di istruzione, formazione e lavoro, anche allo scopo di favorire la mobilità delle persone nell’Unione; - ampi spazi di autonomia, con aumento delle quote di flessibilità riservate alle istituzioni scolastiche; - rafforzamento dell’area matematico-scientifica; - incremento e approfondimento dello studio di almeno una lingua straniera con la possibilità di arricchire l’offerta formativa con attività e insegnamenti di altre lingue straniere; - la possibilità di introdurre un insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera; - la proposta di nuovi modelli organizzativi per sostenere il ruolo delle scuole come centri di innovazione e progettazione culturale e didattica, essendo stata introdotta la possibilità di costituire dipartimenti per l’aggiornamento costante dei percorsi di studio e un comitato scientifico, finalizzato a rafforzare il raccordo sinergico tra gli obiettivi educativi della scuola, le esigenze del territorio, le istituzioni universitarie; - la possibilità di raccordo con il mondo del lavoro e delle professioni, compreso il volontariato e il privato sociale, attraverso la diffusione di stage, tirocini, alternanza scuola-lavoro. D’altro canto anche il Regolamento sul riordino degli istituti tecnici chiarisce il nesso tra l’identità degli Istituti tecnici e gli indirizzi dell’Ue collegandosi alla Raccomandazione del Parlamento e del Consiglio d’Europa 18 dicembre 2006 sulle ”Competenze chiave per l’apprendimento permanentee la Raccomandazione 23 aprile 2008 sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente(EQF). Il rinnovamento degli istituti tecnici viene, dunque, inquadrato all’interno della cooperazione europea per la costituzione di un sistema condiviso d’istruzione e formazione tecnico-professionale (Vocational Education and Training - VET), facendo seguito agli impegni assunti dal nostro Paese con il Consiglio di Lisbona del 2000. Proprio l’EQF per l’apprendimento permanente consente di mettere in relazione e collocare, in una struttura a otto livelli, i vari titoli (qualifiche, diplomi, certificazioni, ecc.) erogati nei Paesi membri. Il confronto avviene sui risultati dell’apprendimento (learning outcomes) e risponde all’esigenza di raggiungere diversi obiettivi, tra cui quello di favorire la mobilità e l’apprendimento per manente attraverso la trasparenza di titoli di studio raggiunta con la descrizione in un linguaggio condiviso delle qualifiche e delle competenze. Sempre la stessa Raccomandazione ha indicato nel 2012 il termine per l’adozione, da parte degli Stati, di sistemi nazionali per il confronto dei titoli e delle qualifiche rivolgendo l ’attenzione sui risultati di apprendimento (outcome-based approach), piuttosto che sulla durata degli studi, sulle modalità o sulle situazioni di apprendimento formale, informale, non-formale, o sulle modalità di insegnamento (input-based approach), ponendo al centro dell’attenzione la persona che apprende, indipendentemente dal tipo di percorso seguito. Altre misure sono seguite all’adozione del Quadro europeo attivando diversi strumenti per rendere più agevole il percorso verso gli obiettivi coerenti con il quadro europeo, tra i quali: - il “Quadro europeo di riferimento per l’assicurazione della qualità dell’IFP” (The European Quality
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Problem Posing&Solving 100 Matematica e Informatica a Scuola

Introduzione allo scenario L’attività del progetto PP&S100 si inserisce nel solco delle azioni orientate a sostenere l’applicazione delle indicazioni nazionali per i licei e delle linee guida per i tecnici superiori e gli istituti professionali, approvate nel 2010. A questo si affiancano gli indirizzi espressi dal Ministero in merito all’Agenda Digitale e considerazioni connesse alle emergenti dinamiche dell’economia. Al fine di disegnare i contorni dello scenario assume rilevanza la traccia offerta dall’impianto normativo che viene richiamata nel seguito. La normativa di riferimento Ad esempio, il riordino dei licei, pur seguendo l’impianto di precedenti interventi normativi, rivisita i percorsi muovendosi intorno ad alcuni punti fondamentali che comprendono:

- la conferma dell’identità e della peculiarità dei licei nel secondo ciclo del sistema nazionale d’istruzione e di formazione, attraverso la definizione di uno specifico profilo e delle “Indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento declinati secondo conoscenze, abilità e competenze”;

- l’acquisizione da parte dei giovani, nell’ambito dell’unitarietà della cultura liceale, declinata nei vari percorsi secondo le personali inclinazioni, capacità critica e conoscenza approfondita degli specifici settori disciplinari;

- il superamento della frammentazione dei percorsi di studio delimitando un quadro orario atto all’approfondimento delle discipline e mirato al possesso di una solida cultura comune, costituita da alcuni pilastri quali l’italiano, la matematica, le scienze, la filosofia e la storia dell’arte, su cui sono radicate le materie più specificamente di indirizzo. Le relazioni di accompagnamento sottolineano in particolare che “ciò ha consentito di riequilibrare le componenti umanistica e scientifica e di evitare la parcellizzazione delle conoscenze”.

Ai precedenti punti si sommano le seguenti caratteristiche: - il riferimento a risultati di apprendimento declinati in conoscenze, abilità e competenze, anche in coerenza

con la Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio 23 aprile 2008 sul Quadro europeo dei titoli e delle qualifiche (EQF) al fine di facilitare i passaggi tra i sistemi di istruzione, formazione e lavoro, anche allo scopo di favorire la mobilità delle persone nell’Unione;

- ampi spazi di autonomia, con aumento delle quote di flessibilità riservate alle istituzioni scolastiche; - rafforzamento dell’area matematico-scientifica; - incremento e approfondimento dello studio di almeno una lingua straniera con la possibilità di arricchire

l’offerta formativa con attività e insegnamenti di altre lingue straniere; - la possibilità di introdurre un insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera; - la proposta di nuovi modelli organizzativi per sostenere il ruolo delle scuole come centri di innovazione e

progettazione culturale e didattica, essendo stata introdotta la possibilità di costituire dipartimenti per l’aggiornamento costante dei percorsi di studio e un comitato scientifico, finalizzato a rafforzare il raccordo sinergico tra gli obiettivi educativi della scuola, le esigenze del territorio, le istituzioni universitarie;

- la possibilità di raccordo con il mondo del lavoro e delle professioni, compreso il volontariato e il privato sociale, attraverso la diffusione di stage, tirocini, alternanza scuola-lavoro.

D’altro canto anche il Regolamento sul riordino degli istituti tecnici chiarisce il nesso tra l’identità degli Istituti tecnici e gli indirizzi dell’Ue collegandosi alla Raccomandazione del Parlamento e del Consiglio d’Europa 18 dicembre 2006 sulle ”Competenze chiave per l’apprendimento permanente” e la Raccomandazione 23 aprile 2008 sulla costituzione del “Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente” (EQF). Il rinnovamento degli istituti tecnici viene, dunque, inquadrato all’interno della cooperazione europea per la costituzione di un sistema condiviso d’istruzione e formazione tecnico-professionale (Vocational Education and Training - VET), facendo seguito agli impegni assunti dal nostro Paese con il Consiglio di Lisbona del 2000. Proprio l’EQF per l’apprendimento permanente consente di mettere in relazione e collocare, in una struttura a otto livelli, i vari titoli (qualifiche, diplomi, certificazioni, ecc.) erogati nei Paesi membri. Il confronto avviene sui risultati dell’apprendimento (learning outcomes) e risponde all’esigenza di raggiungere diversi obiettivi, tra cui quello di favorire la mobilità e l’apprendimento permanente attraverso la trasparenza di titoli di studio raggiunta con la descrizione in un linguaggio condiviso delle qualifiche e delle competenze. Sempre la stessa Raccomandazione ha indicato nel 2012 il termine per l’adozione, da parte degli Stati, di sistemi nazionali per il confronto dei titoli e delle qualifiche rivolgendo l’attenzione sui risultati di apprendimento (outcome-based approach), piuttosto che sulla durata degli studi, sulle modalità o sulle situazioni di apprendimento formale, informale, non-formale, o sulle modalità di insegnamento (input-based approach), ponendo al centro dell’attenzione la persona che apprende, indipendentemente dal tipo di percorso seguito. Altre misure sono seguite all’adozione del Quadro europeo attivando diversi strumenti per rendere più agevole il percorso verso gli obiettivi coerenti con il quadro europeo, tra i quali:

- il “Quadro europeo di riferimento per l’assicurazione della qualità dell’IFP” (The European Quality

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Assurance Reference framework for Vocational Education and Training – EQARF), per la condivisione di criteri qualitativi, descrittori e indicatori comuni orientati al miglioramento della qualità dei sistemi educativi d’istruzione e formazione, costruendo una cultura comune sulla valutazione e sulla qualità;

- il “Sistema Europeo per il Trasferimento dei Crediti per l'Istruzione e la Formazione Professionale” (The European Credit system for Vocational Education and Training – ECVET), che stabilisce un sistema di crediti per il reciproco riconoscimento degli apprendimenti tra i Paesi europei, stimolando la mobilità dei cittadini e dei lavoratori e promuovendo così la flessibilità dei percorsi formativi per il conseguimento di una qualificazione professionale.

Il quadro complessivo nel quale il progetto PP&S100 si inserisce viene ulteriormente rappresentato e sostenuto dai documenti che costituiscono solido riferimento acquisito dallo stesso processo di riforma, quali: - la Conclusione del Consiglio del 12/5/2009 (2009/C 119/02) “Education and Training 2020”, che offre un

quadro aggiornato delle strategie europee in materia di istruzione e formazione. Esso – ripreso da “Italia 2020” – indica l’insieme delle competenze ‘strategiche’ da promuovere, che sono sostanzialmente le stesse competenze di cittadinanza attiva già proposte nella Raccomandazione Ue del 18 dicembre 2006 (2006/962/CE);

- la Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni “Competenze chiave per un mondo in trasformazione 25/11/2009”. Esso pone in evidenza le politiche europee e l’effetto generato sulle riforme dei programmi scolastici dei Paesi membri, riportando ed evidenziando un giudizio positivo sulla diffusione di approcci interdisciplinari nell’insegnamento e sul maggiore peso assegnato nei nuovi programmi scolastici alle competenze trasversali, alla diffusione delle TIC (Tecnologie dell’informazione e della Comunicazione), al raccordo più stretto della scuola con il mondo del lavoro;

- la Comunicazione della Commissione Ue (COM 2010/2020) “Europa 2020. Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”, adottata dal Consiglio europeo il 17 Giugno 2010. Essa promuove la conoscenza e l'innovazione come motori di sviluppo, trasmessi principalmente attraverso il miglioramento della qualità dell'istruzione, il potenziamento della ricerca, l’uso efficace delle TIC, in modo tale da trasformare le idee in nuovi prodotti e servizi capaci di stimolare la crescita e favorire l’occupazione.

Le stesse norme che declinano il riordino rilevano che “gli indirizzi contenuti nei documenti richiamati possono essere resi efficaci nell’istruzione secondaria, attraverso il contributo che il pensiero critico, le competenze per “imparare ad imparare” e le metodologie dell’apprendimento attivo, aperto al rapporto con il mondo del lavoro, possono fornire. Questo impegno richiede che tutti gli istituti di istruzione secondaria superiore e, in particolare, gli istituti dell’ordine tecnico e professionale, progettino e realizzino programmi di studio con modalità di frequenza più flessibili e idonee a riconoscere anche i saperi e le competenze comunque già acquisiti dagli studenti”. In questo quadro la nota (*) sulle competenze concernenti le Scienze dell’Informazione pare alquanto singolare, là ove quelle stesse assumono valenza quasi incidentale nell’articolato che relega questi elementi fondamentali ad appendice, citata a latere nella declinazione della disciplina “Matematica”, e ciò con maggiore impatto proprio nell’ambito del “Liceo Scientifico”. A tal proposito è interessante richiamare gli obiettivi di apprendimento espressi nella norma in merito, proprio all’interno della disciplina “Matematica”:

“Elementi di informatica: lo studente diverrà familiare con gli strumenti informatici, al fine precipuo di

rappresentare e manipolare oggetti matematici e studierà le modalità di rappresentazione dei dati elementari testuali e multimediali. Un tema fondamentale di studio sarà il concetto di algoritmo e l’elaborazione di strategie di risoluzioni algoritmiche nel caso di problemi semplici e di facile modellizzazione; e, inoltre, il concetto di funzione calcolabile e di calcolabilità e alcuni semplici esempi relativi.” Si evince facilmente dal testo che la funzione dell’”informatica” si esprime esclusivamente come strumento della Matematica, per similitudine: informatica come “calcolatrice” utilizzata per calcolare funzioni o eseguire calcoli simbolici. Secondo tale interpretazione si radica la convinzione di alcuni che sostengono l’inutilità di prevedere un ruolo disciplinare che imporrebbe l’impiego di un docente di area specifica per promuoverne l’apprendimento. Il Manifesto dell’Association for Computing Machinery (ACM) Resta quindi l’incresciosa situazione, peraltro non solo italiana, di colpevole ritardo nel riconoscere la valenza di competenze digitali che dovrebbero spingersi ben oltre il limitato orizzonte funzionale e strumentale, troppo spesso vera e propria frontiera promossa quale unica rappresentazione di tali competenze. In questo quadro, è opportuno richiamare il Manifesto: “The New Educational Imperative: Improving High School Computer Science Education using worldwide research and professional experience to improve U. S. Schools”, che recita: “Negli Stati Uniti l’Istruzione è giunta a un bivio. O è possibile impegnare il Paese a

garantire che gli studenti Americani abbiano la capacità di essere protagonisti e innovatori in un contesto tecnologico a rapida dinamica di cambiamento o il Paese deve rassegnarsi ad una costante diminuzione della presenza internazionale anche sulla scena economica mondiale. E’ noto che il mondo continua a cambiare velocemente e che gran parte di tali cambiamenti si fondano sulla crescente dipendenza e interrelazione di tutte le tecnologie con quella informatica. Per continuare a sostenere le capacità che il Paese deve possedere per affrontare le sfide attuali e future, è necessario riconoscere l'informatica come elemento base delle iniziative STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). Per sostenere il vantaggio tecnologico e innovativo fin qui

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acquisito nell’economia sempre più globale, è necessario un impegno a più livelli, di tutta la nazione, per promuovere l’educazione alla Scienza dell’Informazione nella scuola superiore. Questo impegno è doveroso per far sì che le scuole superiori del Paese possano continuare a fornire l’educazione necessaria al nostro sistema sociale affinché esso stesso riesca a continuare a risolvere problemi che si collocano alle frontiere della conoscenza e dell’innovazione”. Lo stesso “White Paper” dell’ACM suggerisce quali debbano essere le strategie necessarie richiamando i seguenti punti, pienamente condivisibili:

- iniziare con la definizione di educazione alla Scienza dell’Informazione riconoscendo l’informatica come disciplina scientifica che comprende un proprio quadro epistemologico chiaramente rappresentato;

- esprimere un programma nazionale di Scienze dell’Informazione per le scuole superiori basato sui seguenti punti: introduzione ai principi, trattare i contenuti di base e le competenze chiave, indicando anche le strategie necessarie raggiungere e gli allievi e promuoverne gli apprendimenti;

- sostenere l'attuazione del nuovo programma con un piano fondato su un arco temporale realistico, individuando le risorse necessarie per realizzarlo;

- fare in modo che “informatica” sia sostenuta da insegnanti preparati e competenti in possesso dei requisiti minimi per poter insegnare quella stessa disciplina, con adeguate attitudini a continuare ad accrescere e aggiornare le proprie conoscenze, abilità e competenze nell’ambito specifico.

Seguono la stessa linea le indicazioni espresse dall’Europa in “Informatics education: Europe cannot afford to miss the boat”, rapporto reso pubblico nel gennaio del 2013 [6], che “Alla luce delle indagini sviluppate, tenendo conto delle esperienze di vari paesi” esprime “quattro raccomandazioni”:

- “Ogni studente deve poter beneficiare di una educazione fondata sulle competenze digitali sin dalla scuola primaria, per padroneggiarne i concetti fondamentali, sviluppando non solo abilità, ma anche i principi e le prassi sottese all’uso etico ed efficace di quelle stesse competenze.

- Tutti gli studenti devono poter beneficiare dell’istruzione in informatica, intesa come disciplina scientifica indipendente, studiata sia per la sua valenza epistemologica e didattica che per la sua applicazione alle altre discipline.

- I docenti, preparati e competenti, dovrebbero poter fruire di un piano di formazione organizzato su vasta scala, attuato a breve termine, basato su specifiche soluzioni da individuare anche attraverso la costituzione di partenariati che coinvolgano insegnanti della scuola con esperti provenienti dall’università e dall’industria.

- La definizione dei profili può fondarsi sull’enorme disponibilità di materiale già realizzato nel dominio oltre alle specifiche raccomandazioni proposte nell’ambito dello stesso documento”.

A sostegno di tali raccomandazioni lo stesso rapporto segnala che “il 31 gennaio 2013, poco oltre la conclusione dei lavori della commissione, il segretario del Ministero dell’Istruzione del Regno Unito annunciava che l’informatica (computer science) era diventato tema dell’esame finale nella scuola secondaria superiore, il cosiddetto Ebacc, al pari delle scienze tradizionali. Informatica ha sostituito l’ICT Curriculum che era focalizzato sulla competenza chiave digitale. La commissione unanime accoglie con grande interesse questo primo rilevante riconoscimento governativo, che, peraltro, accresce l’urgenza della realizzazione delle raccomandazioni che il rapporto promuove”. Definizioni Con il termine “Computer Science” s’intende la disciplina “Informatica” rigorosamente basata sulla conoscenza, caratterizzata da un proprio impianto epistemologico, unico e distinto. Alcuni scienziati hanno individuato e proposto tre paradigmi distinti all’interno della disciplina “informatica”; Peter Wegner, ad esempio, ha sostenuto che questi paradigmi sono la scienza, la tecnologia e la matematica [4], mentre il gruppo di lavoro di Peter Denning ha proposto la teoria, l'astrazione (modellazione) e il design (progetto) [5]. Altri aspetti della tecnologia digitale sono certamente importanti anche nel campo dell'istruzione, compresa l'alfabetizzazione digitale (la capacità di utilizzare il computer e internet con sicurezza), nonché l'applicazione della tecnologia digitale per promuovere l'apprendimento di altre discipline. Tuttavia, in molti paesi, in tutto il mondo, vi è una crescente consapevolezza degli assunti qui riproposti: • l’Informatica è una disciplina specifica, ben distinta rispetto alle competenze che si associano all’orientamento tecnologico connesso all’uso e all’applicazione degli elaboratori; • l’Informatica comporta benefici enormi sul piano dell’educazione (pensiero e capacità di problem solving, la comprensione di un mondo pervaso dalla tecnologia digitale), ma anche enormi benefici economici (come dimostra il crescente interesse delle aziende, che competono per reclutare gli studenti migliori in grado di comprendere lo sviluppo, l’elaborazione e la dinamica dei processi in Rete). Dunque, può e deve essere parte della formazione di ogni studente, come accade per la chimica o la fisica, a partire dalla scuola primaria, intensificando il suo impatto in quella secondaria.

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Come si insegna “Computer Science” (informatica) negli altri Paesi? Uno sguardo al resto del mondo [2] mostra che molti degli altri Paesi esprimono lo stesso impeto creativo che ha investito l’Inghilterra [3]. Il fermento intorno all’Informatica ha condotto all’introduzione della stessa disciplina nella scuola inglese, cosa che rende davvero rappresentativa quell’esperienza. Anche altri paesi, non solo in Europa, stanno ora cercando di raccogliere le indicazioni provenienti dalla Gran Bretagna, poiché convengono, come peraltro già anticipato dal libro bianco USA sin dal 2005, sul fatto che: 1) Occorre fare netta distinzione tra l'informatica intesa come disciplina rigorosa e le applicazioni informatiche o anche l’alfabetizzazione digitale. 2) Riconoscono che la scienza dell’informazione può e deve essere appresa da tutti i bambini, nello stesso modo in cui apprendono le scienze o la matematica. Alcuni di questi, come gli Stati Uniti, hanno introdotto informatica per gli allievi della scuola primaria. 3) La domanda continua da parte del mondo del lavoro di professionalità ICT riduce l’offerta di potenziali insegnanti qualificati. Inoltre, la stessa pervasività delle tecnologie dell'informazione favorisce l’ingresso di risorse umane non qualificate per l’insegnamento dell’informatica. Entrambi i fattori concorrono a determinare sottovalutazione e dequalificazione delle figure professionali dedicate all’insegnamento delle TIC. Scozia La Scozia ha recentemente effettuato una profonda revisione del curriculum scolastico, con il progetto “Curriculum for Excellence”, che introduce con grande impatto la Scienza dell’Informazione. La stessa Royal Society di Edimburgo è direttamente impegnata nello sviluppo di un programma di sperimentazione per lo sviluppo di materiali didattici e di formazione, per sostenere l’iniziativa, diretta ai ragazzi di età inferiore ai 14 anni, coinvolgendo tutti gli studenti delle scuole. Israele Anche Israele ha intrapreso una profonda revisione dei programmi di informatica nella scuola sin dalla fine degli anni ‘90, e forse ora esibisce la migliore organizzazione al mondo per l’informatica nell’istruzione superiore.

Nuova Zelanda Anch’essa ha rinnovato il curriculum scolastico per le tecnologie digitali, e dal 2011 ha avviato un filone specifico dal titolo "Programmazione e informatica". Il famoso libro di “Computer Science Unplugged”, che descrive decine di attività che promuovono e insegnano l’informatica senza avvicinare un elaboratore, è stato scritto e sperimentato in Nuova Zelanda. Stati Uniti d'America Gli Stati Uniti hanno avviato molte iniziative volte a migliorare lo stato dell’informatica nell’istruzione superiore, anche se l’operazione è molto complessa a seguito della necessità di negoziare contenuti e organizzazione con i

singoli stati dell’unione oltre alle migliaia di distretti scolastici autonomi. Un nuovo insegnamento denominato "principi dei sistemi di elaborazione" è stato introdotto per approfondire i

principi fondamentali dell'informatica. A Los Angeles, sempre nella scuola statale, è stato introdotto anche l’insegnamento "esplorare l’informatica" [1]. India L’educazione informatica non è ancora obbligatoria nelle scuole Indiane. Si tratta di una materia facoltativa dal 9° anno di corso (14 anni) in poi. Tuttavia questo scenario sta cambiando, poiché è in corso di realizzazione un processo di riorganizzazione che porterà all’introduzione sistematica dell’informatica nella scuola superiore. Corea del Sud E’ caratterizzata da un sistema sociale a elevato tasso di digitalizzazione con una lunga tradizione d’insegnamento dell’informatica nelle scuole. In tutti i livelli di scuola il curriculum prevede aspetti connessi all’uso e all’applicazione del computer, quindi non solamente limitato alla funzione puramente strumentale. Molte scuole medie e superiori sviluppano approfondimenti sull’informatica, azione ulteriormente consolidata in questi ultimi tempi.

Fig. 1 - Intervento di Obama sulla Programmazione nella Scuola Superiore (2013)

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Atto di Indirizzo del Ministro per l’Anno 2013

Il progetto PP&S100 è pienamente allineato con alcune delle priorità indicate nell’Atto di indirizzo di recentissima emanazione. L’Atto d’indirizzo concernente l’individuazione delle priorità politiche del ministero dell’istruzione, in coerenza con la strategia dell’Unione Europea per il 2020, pone, infatti, alla priorità 1 il sostegno e il potenziamento delle politiche di innovazione tecnologica, anche al fine di promuovere la “Digital Agenda for Europe” attraverso l’Agenzia per l’Italia Digitale, che prevede di operare anche nell’area di intervento volta a (comma c) favorire e promuovere le competenze digitali (e-literacy) attraverso modalità che coinvolgono la scuola “sia direttamente che indirettamente… sia attraverso la digitalizzazione dei servizi… che attraverso lo sviluppo di metodologie didattiche che utilizzano linguaggi digitali, l’utilizzo di e-book e contenuti digitali per le attività scolastiche anche a casa”. Allo stesso paragrafo emerge che “il Ministero è anche impegnato, in una logica di modernizzazione, nella progettazione di nuovi sistemi di comunicazione e d’interazione che, con l’ausilio delle nuove tecnologie, favoriscano il dialogo con i molti soggetti e comunità…”. Alla priorità 7 si trova il monitoraggio e completamento dell’attuazione della riforma del primo e secondo ciclo di istruzione, nonché dei percorsi post-secondari con particolare riferimento agli ITS); vi si collocano aspetti concernenti la revisione delle Indicazioni Nazionali per “completare l’implementazione della riforma e del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, anche rafforzando le misure di accompagnamento per i licei, per gli istituti tecnici e per gli istituti professionali”. Alla priorità 8 si legge dell’ammodernamento dell’intero sistema scolastico, che prevede (al comma b) la promozione dell’innovazione digitale della scuola con un Piano Nazionale Scuola Digitale che ha lo scopo di “rendere l’offerta educativa e formativa coerente con l’evoluzione in senso digitale di tutti gli altri settori della società”. Quali possono essere gli effetti della Scuola sul PIL attraverso lo sviluppo delle Competenze Digitali?

Nonostante il consistente rallentamento dell’economia, quella digitale italiana ha registrato un contributo positivo diretto sul PIL corrente prossimo al 2%. Nel 2010, il Digital Advisory Group ha stimato che il contributo diretto di Internet al PIL italiano abbia raggiunto i 30 miliardi di euro, contando i consumi sia privati

che pubblici connessi alla spesa in e-commerce, accesso a Internet e attrezzature informatiche, e con gli investimenti privati e pubblici collegati alle TIC e la contribuzione netta alla bilancia commerciale, ovvero la differenza tra esportazioni e importazioni in termini di servizi e attrezzature IT. Tuttavia, il McKinsey Global Institute, attraverso una propria ricerca che risale al maggio 2011, sottolinea che l’economia digitale italiana presenta ampi margini di crescita se messa a confronto con i risultati di altri paesi come la Svezia e il Regno Unito, dove Internet concorre al PIL con apporti che superano il 5%, senza

dimenticare la più vicina Francia che espone contributi pari al 3%. Pare evidente che il pieno sfruttamento del potenziale della Rete potrebbe portare nel Bel Paese crescita economica promuovendo un’azione di contrasto alla costante diminuzione indotta dalla profonda crisi che lo stesso si trova a dover affrontare, offrendo un apporto importante al PIL nazionale forse addirittura invertendo le tendenze generali. E’ infatti molto interessante considerare che sin dall’anno 2005 e fino al 2010 compreso la componente digitale dell’economia di questo paese cresceva a un tasso addirittura 10 volte superiore a quello del PIL e in quello stesso periodo ha contribuito complessivamente con ben il 14%. Occorre inoltre considerare il contributo indiretto che Internet provoca sul PIL, in particolare per il cosiddetto “effetto ROPO” (ovvero “Research Online, Purchase Offline”) che corrisponde a una ricerca effettuata online, valutando le alternative sul Web, anche utilizzando siti specificatamente creati per effettuare confronti e valutazioni delle offerte presenti in rete, con il corrispondente acquisto effettuato successivamente, utilizzando l’approccio tradizionale. Sulla base di ricerche effettuate per tale scenario è emerso che in Italia l’effetto ROPO ha già avuto un impatto notevole in molti settori tradizionali. Come ad esempio per le agenzie immobiliari, per le quali ben il 46% dei contratti, per un valore complessivo di 26 miliardi di euro nel 2010, sono stati determinati a seguito di accessi effettuati sul canale web. Sempre in tale dominio, ben il 10% dei mutui, valutati in una cifra superiore ai 4 miliardi di euro, è stato erogato attraverso processi in parte o totalmente realizzati in rete. Altre analisi hanno evidenziato che quasi la metà degli acquirenti di automobili ha utilizzato il Web per decidere i propri orientamenti; analogamente nel settore del turismo dove un numero sempre maggiore di viaggiatori opera in modo autonomo in rete per effettuare le proprie ricerche e

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prenotazioni online. Complessivamente l’effetto del fenomeno ROPO è stato stimato in circa 20 miliardi di euro per il 2010. I dati mostrano che sono davvero poche le aziende italiane a utilizzare qualche forma di presenza su Internet: addirittura meno del 40% delle PMI è presente online e sorprendentemente addirittura il 70% di quelle assenti non intende considerare l’opportunità di utilizzare un sito. Considerando invece il dominio del commercio elettronico, emerge che meno del 5% opera attraverso canale online, a differenza di quanto accade in Germania o in Inghilterra, dove si registra un tasso di attività superiore al 20%, con un contributo che in Italia vale in termini di fatturato meno del 5%, a confronto del 13% della Francia e del 17% del Regno Unito. Nel segmento business-to-business la Germania espone un tasso pari al 40%, mentre il Regno Unito si colloca al 30%; in Italia meno del 15% degli acquisti è effettuato online. Questo fatto è una esplicita manifestazione di sfiducia delle PMI nei confronti di Internet e dei suoi servizi a supporto del commercio elettronico, espresso da oltre il 70% delle imprese italiane. Il DAG assegna, sulla base delle risultanze delle indagini, al vertice delle stesse imprese le responsabilità connesse alla scarsa familiarità con il Web e i servizi ivi offerti. D’altra parte tali indagini hanno anche evidenziato che ben il 10% degli imprenditori titolari hanno un’età superiore ai settant’anni, contro un’incidenza del 7% di giovani imprenditori a rappresentanza del segmento di età inferiore ai trenta.

Come sviluppare la valenza inter-disciplinare della Scienza dell’Informazione? Lloyd Seth in “Programming the Universe” sostiene che “l'informazione e l'energia giocano ruoli del tutto complementari nella storia dell'universo: l'energia fa ‘fare cose’ ai sistemi fisici, mentre l’Informazione dice loro ‘che cosa fare’”. In questa chiave di lettura si dà forza all’affermazione del ruolo e della funzione dell’Informatica come Scienza caratterizzata da un attributo unico, la trasversalità della sua essenza che è parte del suo potere semantico, unificante nella capacità di descrivere sistemi complessi, indipendentemente dai domini di riferimento propri degli ambiti fenomenologici. Il collegamento tra epistemologia e scienza dell’informazione ha una storia molto recente, mentre più solida è la tradizione connessa al rapporto tra epistemologia e concetto d’informazione. Quest’ultimo termine, “informazione”, possiede, infatti, una solida base epistemologica già radicata nel Latino classico, come si rileva in Cicerone quando richiama la rappresentazione degli oggetti reali nelle immagini ricostruite nella mente dell’uomo… “Ben vide Simonide, o chiunque ne sia stato l'inventore, che le impressioni trasmesse dai nostri sensi rimangono scolpite nelle nostre menti e che di tutti i sensi il più acuto è quello della vista. Per cui dedusse che la memoria conserva molto più facilmente il possesso di quanto si ascolta o si pensa quando le loro sensazioni entrano nel cervello con l'aiuto della vista. In questo modo la rappresentazione con immagini e simboli concretizza le cose astratte ed invisibili con tanta efficacia, che riusciamo quasi a vedere realmente mediante immagini concrete quel che non siamo capaci di percepire col pensiero.” (M. T. Cicerone, Dell'oratore, cit., II, LXXXVII, 357). Il termine “informazione” riveste un ruolo importante anche nella tradizione degli empiristi inglesi (Locke, Berkeley, Hume). In essi rappresenta la mediazione tra mente e oggetti percepiti dai sensi: ad esempio in Wheell le “idee” sono “sensazioni informate”, il risultato della forza “formativa” della mente sulla “sensazione”. In questa direzione il termine “informatio” in Latino è molto vicino al termine di “rappresentazione” che è un concetto chiave nella scienza cognitiva moderna. In questa prospettiva diventa rilevante la relazione tra ermeneutica e scienza dell’informazione. A questo fine è anche interessante richiamare Langefors sull’approccio Infologico: “Se i dati sono gestiti dagli elaboratori e l’informazione è ciò che serve alle persone, allora l’informazione è cosa diversa dal dato. D’altra parte l’informazione è la conoscenza espressa in un linguaggio nel quale le frasi non sono altro che i dati che possono trasmetterla. I dati informano quando cambiano la conoscenza di chi li utilizza. Nel caso del Linguaggio, le frasi intese come dati devono essere costruite in sintonia con la struttura della conoscenza dell’utente. I dati, ovvero le frasi, non contengono informazioni, in quanto esse rappresentano soltanto frammenti di essa, che diventa tale quando tali frammenti vengono collegati per costruire la conoscenza, ovvero il tutto.” Emergono dunque i fondamenti utili per esprimere il ruolo della Scienza dell’Informazione rispetto alla comprensione dei problemi, alla loro formulazione e alla successiva elaborazione di simulazioni e soluzioni. Si pensi all’apporto fornito da linguaggi evoluti – quali ad esempio Python – che, in parte liberati da vincoli sintattici e lessicali, permettono di concentrare l’attenzione dell’utente sul dominio del problema e sulle metodologie di analisi, fondate su teorie, processi e meccanismi elaborati muovendo dalla logica, dall’insiemistica e dalla matematica. Linguaggi, basi di dati, reti, rappresentazione e interfacce sono dunque le chiavi attraverso cui la realtà può essere descritta, punto di partenza per affrontare qualsiasi problema in qualunque dominio nel contesto sociale e scientifico. Nella maggior parte delle analisi fino ad ora condotte sullo stato dell’arte dell’insegnamento dell’informatica nelle scuole, emerge che lo stesso obiettivo delle indagini si è a lungo focalizzato sulla programmazione,

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tralasciando spesso molti altri elementi che sono comunque propri dell’impianto epistemologico della Scienza dell’Informazione. Gli studenti, infatti, dovrebbero acquisire ampie sensibilità del dominio scientifico attraverso l’acquisizione consapevole degli elementi principali caratterizzanti la disciplina. Essi dovrebbero apprendere non solo i fondamenti che stanno alla sua base, ma anche i modi con i quali la teoria influenza la parte pratica, le applicazioni. L’apprendimento, secondo ACM, deve interessare gli aspetti connessi al “problem solving” promuovendo l’elaborazione algoritmica, strumentale alla soluzione del problema. In questo quadro i principi dovrebbero essere appresi indipendentemente dalle particolarità mostrate dalle applicazioni e dalla specificità dei linguaggi di programmazione. Ciononostante gli allievi dovrebbero apprendere, suggerisce sempre ACM, seguendo la prospettiva offerta da scenari reali riguardo alle specifiche attività poste in essere per ideare, progettare, realizzare il codice e le infrastrutture che lo sostengono, sperimentarne l’efficacia anche alla luce delle esigenze espresse dalla necessità di manutenere quegli stessi prodotti o servizi, siano questi intesi come semplici applicazioni ben perimetrate, o veri e propri sistemi informativi di elevata complessità, in questo dovendo rispecchiare il mondo reale senza indulgere nell’impiego di applicazioni o strumenti appositamente realizzati a fini educativi e formativi. In questa prospettiva l’integrazione delle discipline diventa ineludibile anche al fine di esporre gli allievi alla contaminazione con gli argomenti più avanzati delle Scienze dell’Informazione, quali i modelli computazionali, metodologie e modelli di sviluppo del software, dei sistemi complessi e del calcolo parallelo. Questi ultimi sono da intendersi come opportunità per gli allievi di avvicinarsi ad alcuni aspetti di rilevanza teorica, confrontandosi con principi e concetti ricorrenti quali l’astrazione, la complessità, la modularità e la riusabilità. Anche la programmazione o codifica dovrebbe essere considerata rispetto alla propria valenza più generale, non esclusivamente curvata sulla codifica del programma, ma piuttosto sulle caratteristiche e sulle metodologie del progetto degli algoritmi che costituiscono il cuore del programma da realizzare e che coinvolgono anche aspetti connessi all’efficienza e alla correttezza di quanto realizzato.

Cosa è il Problem Posing? Il modello educativo sotteso al Problem Posing costituisce il fondamento della moderna pedagogia critica [4] in quanto propone una soluzione alla tradizionale contrapposizione studente-insegnante, riconoscendo che il docente non è unico depositario della conoscenza da trasferire all’allievo, ma quella stessa emerge attraverso il dialogo tra i due soggetti, che, rispetto alla potenzialità offerta dalla condivisione delle esperienze vissute da entrambi, si equivalgono. In [7] le argomentazioni di Freire, primo a introdurre i termini del Problem Posing, terminano con la riflessione che l’educazione autentica non è sviluppata da un soggetto a favore di un altro, ma piuttosto attraverso la condivisione di saperi ed esperienze forgiati attraverso il dialogo e il confronto. Il Problem Posing inizia con l’esperienza degli stessi studenti che vivono e operano come persone informate elaborando scritti, esaminando criticamente le conoscenze espresse in un determinato dominio, individuando aspetti generali e specifici di un problema e il contesto sociale relativo allo stesso, e individuando possibili azioni condivise e agite collettivamente. Il problem posing è una prassi che si esplicita affrontando il tema con il dialogo e il confronto avvalendosi anche di casi di studio spesso impiegati nei percorsi di gestione e organizzazione. Il problema spesso è il mezzo per proporre uno scenario attraverso il quale affrontare la costruzione di una soluzione in una situazione a elevata complessità, che apparentemente appare irresolubile. L'obiettivo primario non è tanto quello di generare una soluzione, ma di esplorare la complessità e l'interrelazione dei problemi specifici, nella prospettiva espressa delle diverse organizzazioni e della società, per conoscere il problema macroscopicamente e definire il suo contesto, ricercando le modalità in cui gli allievi possono intraprendere un'azione collettiva che porti a individuare risposte costruttive ai quesiti che il problema stesso ha suggerito e determinato.

Cosa è il Problem Solving? Proprio il “Computational Thinking” (“pensiero computazionale”) è un processo appartenente al dominio del problem-solving che può offrirne una chiara rappresentazione. Esso è caratterizzato dalle seguenti fasi principali:

Formulazione del problema al fine di consentire l’impiego di un elaboratore e altri strumenti automatici per risolverlo

Acquisizione, analisi e organizzazione logica dei dati provenienti dal campo osservato

Rappresentazione di quegli stessi dati, utilizzando astrazioni fondate su modelli e simulazioni

Realizzazione di soluzioni automatiche, ripetibili e sostenibili, attraverso lo sviluppo del pensiero algoritmico

Individuazione, analisi e sviluppo di possibili soluzioni, con l'obiettivo di selezionare la combinazione più efficiente ed efficace di sequenze, predisponendo parallelismi, rispettando vincoli e adeguando la risposta alle risorse effettivamente disponibili

Generalizzazione e trasferimento della soluzione a una grande varietà di problemi.

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Ciascuna di queste fasi è costruita e sostenuta attraverso una serie di atteggiamenti che esprimono le dimensioni essenziali del Computational Thinking:

predisposizione al confronto con la complessità

persistenza nell’affrontarla

tolleranza rispetto all'ambiguità

orientamento alla comunicazione e al lavoro di gruppo per raggiungere un obiettivo o una soluzione condivisa.

Pertanto il Computational Thinking si fonda sulla capacità di astrazione, di “concettualizzazione”, che a tutti gli effetti non equivale all’idea di “programmazione”, proprio come la scienza dell’elaborazione (Computer Science) non corrisponde alla programmazione del computer. Pensare come un “informatico” significa molto di più che essere semplicemente in grado di programmare un computer; infatti, tale profilo di competenza contempla lo sviluppo del pensiero a molteplici livelli di astrazione. Si tratta di una competenza fondamentale che ogni soggetto dovrebbe padroneggiare per operare nell’ambito di scenari globali caratterizzati da crescente complessità e rapida dinamica di cambiamento. Il pensiero dell’uomo non può certo essere considerato alla stregua della semplice ripetizione meccanica di asserti veri o falsi: forse solamente l’intelligenza artificiale, se realizzata, potrà rappresentare in un futuro ancora lontano uno scenario nel quale il pensiero dell’uomo sarà ripresentato, attraverso l’elaboratore, con l’incertezza dell’intuizione, parte ineludibile della propria essenza, ricondotta all’interno dei meccanismi e prevedibilità computazionale. Quindi il pensiero computazionale rappresenta il modo in cui ciascun essere umano si esprime, descrive il problema, traccia la soluzione. I computer sono strumenti ripetitivi, prevedibili, disciplinati, addirittura noiosi per l’intrinseca meccanicità, mentre gli esseri umani per natura sono creativi, fantasiosi e intelligenti, spesso indisciplinati, peraltro inseriti in situazioni di lavoro e nei sistemi produttivi, ove la disciplina e la proceduralizzazione sono essenziali, anche nell’ambito dell’accadimento di improbabili fatti accidentali, che, per essere previsti e controllati, necessitano sempre della predisposizione di comportamenti tradotti in sequenze serializzate e/o parallele ripetibili. Pertanto la componente creativa resta pur sempre vincolata al ruolo ineludibile della competenza espressa dal soggetto umano che, equipaggiato con appropriati dispositivi di elaborazione, applica la propria intelligenza per risolvere problemi che non avrebbe mai osato immaginare di affrontare prima dell’era dei sistemi delle reti di sistemi di elaborazione e di creare sistemi caratterizzati da funzionalità quasi illimitate. In che modo realtà e concetti possono essere rappresentati in termini formali? L’“Informatica” è la risposta: infatti l’informatica è il linguaggio che, analogamente a quello naturale, ma diversamente da quest’ultimo, essendo strutturato sul piano formale in modo tale da superare i limiti connessi alle inevitabili ambiguità di espressione di quello naturale, permette di descrivere la realtà e la sua rappresentazione, a qualsiasi livello di astrazione. Essa abbina e combina il pensiero matematico con l'ingegneria. L'informatica è intrinsecamente connessa al pensiero matematico, poiché, come tutte le scienze, la sua base formale poggia su di esso. Inoltre si lega altrettanto strettamente con il pensiero dell’ingegneria, considerando che tutti i sistemi che ci appartengono e coinvolgono interagiscono con il mondo reale. I vincoli rappresentati dagli strumenti di elaborazione, che danno effettiva attuazione alla descrizione, costringono gli scienziati dell’elaborazione a pensare in modo “computazionale”, quindi non solo seguendo la logica matematica. La possibilità di pianificare e realizzare realtà virtuali permette di comprendere i sistemi trascendendo la fisica, offrendo ampi spazi per anticipare nel virtuale le funzionalità reali dei sistemi complessi, individuando e anticipando le criticità sulle quali intervenire ancora prima di avviare la vera e propria realizzazione fisica dei prototipi. Tutto ciò premesso, non solo software e hardware – oggi presenti ovunque e permeanti la vita quotidiana – hanno rilevanza, ma anche il concetto di “calcolo”, utilizzato per affrontare e risolvere i problemi, gestire quella stessa vita quotidiana per comunicare, interagire con altre persone, rendere operativi i sistemi produttivi e di controllo, ovunque collocati nella geografia del pianeta. Poiché molti considerano equivalenti l'informatica e la programmazione del computer, alcuni, spesso genitori di studenti, ritengono, commettendo un grave errore, essere alquanto ristretta la gamma di opportunità occupazionali per i propri figli nel campo dei sistemi di elaborazione. Molti, inoltre, ritengono che la ricerca di base in informatica sia già stata ampiamente sviluppata e che, di fatto, oggi sia tutto limitato alle applicazioni della stessa. In realtà il pensiero computazionale può rappresentare una chiave interpretativa rilevante dell’informatica, capace di guidare educatori e formatori in questo campo, oltre ai ricercatori e ai professionisti di settore, per contribuire al cambiamento della sua percezione nell’immaginario collettivo. E’ importante raggiungere il pubblico che si colloca nel periodo precedente all’ingresso nell’università, compresi gli insegnanti, i genitori e gli studenti, elaborando due messaggi fondamentali:

Molti problemi intellettualmente stimolanti e coinvolgenti sul piano scientifico devono ancora essere compresi, affrontati e risolti, anche perché i domini dei problemi e quelli delle relative soluzioni sono limitati solo dalla nostra curiosità e creatività.

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Ciascun soggetto può essere specializzato in informatica, ma operare in qualsiasi altro campo, esattamente come accade per coloro che, primeggiando in inglese o matematica, di fatto sono impegnati in altre attività lontane da quei contesti.

… e la Motivazione? In questo quadro non può mancare il riferimento al fattore che determina qualsiasi azione di apprendimento: la motivazione. Notoriamente essa si coniuga con la passione per un’attività, un argomento, un dominio applicativo. La sfida sta nel riuscire a incidere sull’immaginario collettivo degli allievi, sollecitando in ciascuno di essi quella particolare attenzione che, ancorché individuale, possa comunque individuare l’oggetto specifico nello scenario generale che a tutti congiuntamente è proposto. L’obiettivo principale dei processi di apprendimento è oggi quello di superare le interpretazioni errate di questa scienza approfondendone l’essenza. Ciò sarà reso possibile dalle effettive competenze dei docenti che, oltre a dominare la disciplina, dovranno mostrare un’approfondita conoscenza dei sistemi reali ai quali ispirarsi per accrescere la propria capacità di coinvolgimento degli stessi allievi nei processi di apprendimento e insegnamento. Per questo motivo, sostiene ancora ACM, assume rilevanza il profilo del docente e l’insindacabile appartenenza al profilo epistemologico della disciplina. Il ruolo della certificazione assume grande rilevanza anche rispetto agli aspetti menzionati, in previsione di garantire i livelli minimi di qualità attesa in termini di risultato rispetto agli obiettivi di apprendimento istituzionalmente espressi per gli allievi. A tal fine occorre anche garantire appropriati percorsi di crescita professionale a quegli stessi insegnanti che devono impegnarsi costantemente nell’aggiornamento delle proprie competenze, alla luce del rapido cambiamento che quelle stesse subiscono per le rapide dinamiche di cambiamento delle tecnologie che, oltre alle modalità di promozione dell’apprendimento, sottendono anche l’elaborazione di nuovi profili e paradigmi metodologici. In tali paradigmi si collocano anche nuove opportunità di relazione con l’impresa e con il territorio, sorgenti inesauribili di problemi reali da analizzare, comprendere e descrivere al fine di elaborare appropriate potenziali soluzioni.

References [1] You Tube - http://www.youtube.com/watch?v=XlOySsg7oxY Published on 15/feb/2013 From his February 14, 2013 Google+ Hangout, President Obama discusses the importance of computer science in preparing the nation's future workforce. 2013

[2] Simon Peyton Jones, and All, “Computing at School, International comparisons”, Microsoft Research

UK, 2011 [3] Livingstone and Alex Hope, “Next Gen. Transforming the UK into the world’s leading talent hub for the video games and visual effects industries”, A Review by Ian Livingstone and Alex Hope, NESTA. [4] Wegner, P. (October 13–15, 1976). "Research paradigms in computer science". Proceedings of the 2nd international Conference on Software Engineering. San Francisco, California, United States: IEEE Computer Society Press, Los Alamitos, CA. [5] Denning, P. J.; Comer, D. E.; Gries, D.; Mulder, M. C.; Tucker, A.; Turner, A. J.; Young, P. R. (Jan 1989). "Computing as a discipline". Communications of the ACM 32: 9–23. doi:10.1145/63238.63239. volume = 64 edit [6] Informatics education: Europe cannot afford to miss the boat Report of the joint Informatics Europe & ACM Europe Working Group on Informatics Education April 2013 [7] Freire. P. Pedagogy of the Oppressed. Continuum International Publishing Group. (1970,1993). [8] The PP&S100 Project: Process Control as an Information System Instance, Salerno 2013.

[9] PP&S100 Slides, 2012. [10] Computer Science Syllabus Draft

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La Struttura del Progetto “Living Lab – Computer Science/Informatica”


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