1 Master di I livello “Didattica metacognitiva: insegnare a studiare con le nuove tecnologie”
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MODULO 5: LO STUDIO DELLE LINGUE
G. Compagno
1. Spunti per una glottodidattica metacognitiva
Ciò che caratterizza la prassi glottodidattica è che lo strumento e
l’oggetto di insegnamento coincidono. In altri termini, si utilizza la lingua
per insegnare la lingua stessa, diversamente da ciò che avviene in altri
contesti didattici nei quali la lingua ha solo funzione veicolare rispetto al
contenuto disciplinare selezionato. Questo aspetto, il quale richiede un
lavoro costante di ricognizione e di messa in campo delle parti costitutive
della competenza linguistico-comunicativa (conoscenze, abilità, risorse
interne), invita a riflettere su un’altra peculiarità dello studio delle lingue,
ovvero la naturale consonanza tra competenza metalinguistica e
competenza metacognitiva. Il fatto linguistico possiede in se stesso una
dimensione “meta” proprio per la sua dimensione di cifra categoriale
rispetto ad una porzione della realtà della quale la lingua si fa mimesi
sostanziale. Per dirla con De Mauro (2002), ogni lingua è dotata di una
sua forza meta riflessiva che la vede quasi ripiegata su se stessa nell’atto
preciso dell’auto-decifrarsi e definirsi. Nello specifico, De Mauro fa luce
sulla inseparabilità di due attività linguistiche: l’attività referenziale e
quella autonimica e riflessiva. La prima fa capo alla funzione per cui la
parola serve a riferirsi ad una realtà non linguistica (es. “Giorgio mangia
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una mela”); la seconda si riferisce al fatto che la parola designi il valore
grammaticale della parola stessa (es. “cantare è un verbo”).
Ciò spiegherebbe perché la competenza linguistico-comunicativa
possiede già in sé una dimensione metacognitiva la quale risulta centrale
in un percorso di didattica metacognitiva, sia dal punto di vista del
docente sia soprattutto dal punto di vista del discente. Ma procediamo con
ordine.
Per competenza linguistica intendiamo tutto ciò che un individuo
“sa” di una data lingua a livello fonologico, morfologico, sintattico e
semantico. Il termine “competenza” non contiene un giudizio valoriale e
non coincide con l’idea di “bravura”, ma designa l’insieme delle
conoscenze delle strutture della lingua, le abilità di combinare tali sapere e
le risorse interne per applicare tali saperi e abilità per risolvere problemi di
espressione e comunicazione. Per quanto la competenza linguistica
costituisca un indicatore della padronanza di una determinata L1 o L2, non
è detto che ad essa corrisponda un uso appropriato della lingua, cioè una
data performance.
Per competenza comunicativa si intende, invece, un sapere più
spiccatamente socio-pragmatico declinabile in “saper fare lingua”, “saper
fare con la lingua”, “sapere integrare la lingua con i linguaggi non verbali”.
Comunicare in un’altra lingua NON coincide con il tradurre dalla L1 alla
lingua straniera. Comunicare significa instaurare un contatto che è, a un
tempo, linguistico ed extra-linguistico poiché la lingua non è solo
strumento di configurazione del pensiero, ma veicolo di identità culturali,
di modelli comportamentali, di valori di riferimento.
La metacognizione è quella “dimensione mentale che va oltre o sta
al di là della cognizione e quindi la coscienza o la conoscenza che un
soggetto ha dei suoi propri processi mentali e la capacità di controllarli ,
organizzandoli, dirigendoli e modificandoli in base alle mete di
apprendimento che deve conseguire (Flavell cit. in La Marca, 1999, 24).
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Porre la metacognizione come anello di congiunzione tra lingua e
comunicazione in ambito didattico equivale a dire che uno sviluppo
armonico, consapevole ed autoregolato della propria competenza
linguistica e di quella comunicativa consentirebbe non solo di raggiungere
un grado di considerevole efficacia nell’apprendimento di una lingua
straniera, ma anche uno slittamento ed una applicazione di tali
competenze ad altre lingue. In una parola, lo studio delle lingue
“attraversato” da una riflessione metacognitiva sui percorsi di
apprendimento linguistico rispetto ad una determinata LS o L2 favorirebbe
un ampliamento del bagaglio comunicativo complessivo dell’apprendente.
Nel rapporto tra didattica metacognitiva e didattica delle lingue gioca
un ruolo significativo il concetto di “interlingua”, ossia quella “lingua di
mezzo”che si sviluppa allorché si apprende una nuova lingua. L’interlingua
è una sorta di idioma del già e del non ancora poiché in essa confluiscono,
a un tempo, gli elementi della lingua madre (L1) che funge da schema di
riferimento sotterraneo e quelli della lingua bersaglio verso cui si tende. Si
tratta di un sistema linguistico vero e proprio che ciascun parlante
sviluppa in maniera del tutto personale operando meta-cognitivamente
sulla lingua in fieri mediante processi di sintesi, rielaborazione, revisione,
riutilizzo, controllo della performance. “A second language is not an
imperfect copy of the target language, but a rule-governed linguistic
system in its own right” (Selinker, 1972). L’interlingua, così come
delineate da Selinker e descritta da Ellis (1990) si basa su una conoscenza
implicita della lingua ed è permeabile, variabile nonché lingua di
transizione. Essa può dipendere da diversi fattori cognitivi quali il transfer,
i meccanismi generali di apprendimento, i modi di elaborazione dell’input
così come da diversi fattori meta cognitivi, quali la motivazione all’uso
della lingua, la percezione reale della propria competenza linguistico-
comunicativa, la capacità di organizzare il discorso, direzionare la
produzione/ricezione dell’input, controllare la riuscita dell’interazione
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comunicativa in LS/L2 (Nisbet-Schucksmit,1987). In questi termini,
l’interlingua si configura come spazio ideale per orientare lo studio delle
lingue in senso meta cognitivo, richiamando l’apprendente non tanto a
sviluppare meccanicamente il nuovo bagaglio linguistico nella lingua
target, ma ad attenzionare i modi ed i procedimenti mediante i quali egli
riesce più facilmente ed efficacemente ad appropriarsi del nuovo idioma
con l’intento di utilizzarlo a fini comunicativi.
Di ciò tiene conto, nel suo tessuto epistemologico, la didattica delle
lingue (o glottodidattica) la quale, già a partire dal suo percorso evolutivo,
mostra una tendenza naturale a privilegiare percorsi di insegnamento e di
apprendimento nel segno della scoperta, della co-costruzione, dello slancio
motivazionale intrinseco, dell’autonomia nell’apprendere, della volontà di
applicazione, dell’autoregolazione dei propri processi cognitivi.
2. La didattica delle lingue: un breve profilo
Le basi teoriche dell'insegnamento delle lingue straniere sono
sempre state dominate da una sorta di oscillazione per la quale Balboni
(2008) ha spesso fatto riferimento alla metafora del pendolo per delineare
lo spostamento del focus dalla lingua come sistema alla lingua in atto, cioè
dall’oggetto da apprendere al soggetto che apprende. In sostanza, si
guarda alle varie posizioni teoriche più come un eterno conflitto tra
formalismo e attivismo.
In questo dualismo, il formalismo si identifica con l’apprendimento
delle regole, cioè della grammatica della lingua che la ghettizza in un
sistema formale insegnata in un contesto di istruzione formale. Di contro,
l’attivismo consiste nell’apprendimento della lingua attraverso l’uso
comunicativo, informale o pratico, in cui si pone l'accento maggiormente
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sulle abilità orali proprio come avviene nella fase di acquisizione della
lingua madre.
L'oscillazione del pendolo ha messo in evidenza diverse posizioni
teoriche che, via via, si sono succedute sostituendosi l'una all'altra. Le
posizioni glottodidattiche più significative sono costituite dal metodo
grammaticale-traduttivo, dal metodo audio-linguistico o audio-orale, dal
metodo diretto, dai metodi funzionali, dall'approccio comunicativo e dai
vari approcci umanistico-affettivi.
Il metodo audio-linguistico si espleta in attività che iniziano con
un dialogo contenente le strutture e il lessico della lezione ed in cui lo
studente deve memorizzare il materiale linguistico proposto attraverso la
ripetizione, esercizi di sostituzione, di trasformazione (ad esempio
cambiare una frase da negativa a positiva) e la traduzione. Solitamente,
alla fine degli esercizi, vi è la presentazione esplicita della regola, mentre il
docente rappresenta il leader delle attività intento all’organizzazione del
piano didattico, alla stimolazione degli apprendenti e fornendo loro il
modello linguistico da imitare.
Il metodo diretto nasce in reazione al formalismo grammaticale
traduttivo ed ha fortuna soprattutto nei paesi di forte immigrazione dove
si avverte l'urgenza di far apprendere agli immigrati la lingua di arrivo.
Infatti, durante le attività fondate su tale metodo, non è ammesso l'uso
della L1: le lezioni iniziano con dialoghi in L2, l'azione è utilizzata per
chiarire i significati, la grammatica viene appresa induttivamente.
I metodi funzionali basano le azioni didattiche sugli aspetti
pragmatici della lingua, dando rilievo agli aspetti operativi e alla
strumentalità comportamentale dei processi linguistici. In questo senso,
l'apprendente viene considerato un attore sociale e l'apprendimento
linguistico ruota intorno ai bisogni di comunicazione dell'apprendente.
Gli approcci umanistico-affettivi comprendono una serie di
metodi come il Community Counseling, il Total Physical Response, il Silent
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Way, la Suggestopedia che si sono sviluppati soprattutto negli Stati Uniti
a partire dalla metà degli anni '60 del secolo scorso (Serra Borneto,
1998). Obiettivo di tali approcci è quello di creare un percorso didattico
che elimini le resistenze di carattere psico-affettivo come, per esempio, la
percezione negativa di sé, il rapporto competitivo con i compagni, il
rapporto problematico con il docente, elementi tutti che possono
compromettere l'apprendimento. Le caratteristiche comuni ai vari metodi,
anche molto diversi tra loro, riconducibili, in qualche misura, a questo
approccio, sono la centralità del discente, la valorizzazione del suo
patrimonio affettivo, la rimozione dei fattori ansiogeni, l'uso di tecniche di
rilassamento e musicali.
Il metodo grammaticale-traduttivo e l'approccio comunicativo
rappresentano gli estremi opposti di questa catena evolutiva e meritano di
essere descritti più attentamente.
Il metodo grammaticale-traduttivo è uno dei metodi più antichi
ed ha avuto una larga diffusione in tutta l'Europa. Esso focalizza la propria
attenzione sulle regole grammaticali che dominano la lingua target e sulla
convinzione che la conoscenza delle suddette regole grammaticali
garantisca l'apprendimento e l'assimilazione della lingua straniera. La
lingua target viene articolata in svariati argomenti grammaticali che sono
presentati al discente indipendentemente l'uno dall'altro. Ogni argomento
è presentato prevalentemente in L1 e l'uso della lingua target è limitato
agli esercizi e/o agli esempi forniti dal libro.
La lettura e la scrittura sono le abilità che vengono maggiormente
attenzionate a discapito delle altre e le lezioni sono strutturate in assetto
frontale. L’insegnante spiega la grammatica mediante una successione
ordinata di regole, fa fare esercizi e traduzioni e propone liste di vocaboli
da memorizzare. Il modello simbolico-ricostruttivo rappresenta l'unico
strumento che il discente ha a disposizione per imparare ed interiorizzare
la lingua target e le sue manifestazioni concrete.
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Al centro del processo di insegnamento non c'è l'alunno con le sue
esigenze e le sue necessità, ma l'insegnante con i suoi obiettivi e i suoi
traguardi. Questa impostazione sottolinea un processo unidirezionale in
cui il docente possiede delle informazioni che vengono trasmesse
all'allievo in un passaggio standardizzato e asettico.
Questo metodo è stato utilizzato nelle scuole italiane per lungo
tempo e, ad una più attenta analisi, risulta evidente che viene applicato
non solo alle lingue straniere ma anche nell'insegnamento della L1.
L'approccio comunicativo nasce all'inizio degli anni '70 come
reazione alle forme di insegnamento basate sul metodo grammaticale-
traduttivo e su quello audio-linguistico. Grazie allo studio di ricercatori
quali Larsen-Freeman e Long (1991) nonché al contributo di Stephen
Krashen (1982), il focus dell'insegnamento della lingua target si sposta
dalla competenza linguistica alla competenza comunicativa. La differenza
tra le due competenze è basilare e, conseguentemente, determina dei
cambiamenti sostanziali nelle modalità di insegnamento.
Dalla parte dell'insegnante, tutti gli atti formativi sono indirizzati allo
sviluppo, da parte del discente, di abilità linguistiche legate alle particolari
situazioni tralasciando, quindi, ogni regola grammaticale e concentrandosi
su attività orali come conversazioni, role-play, etc. Dal canto suo, il
discente diventa il protagonista assoluto del processo di apprendimento
essendo al centro di ogni attività in quanto attore principale. In altre
parole, il focus passa dal contenuto alla persona, mettendo al primo posto
le esigenze e le necessità di ciascun discente. La modalità di
apprendimento simbolico-ricostruttiva, strettamente connessa con la
struttura della disciplina incentrata sulla scrittura, lascia il posto alla
modalità percettivo-motoria in cui ogni alunno viene interamente coinvolto
in vere e proprie situazioni di apprendimento in cui non è di fondamentale
importanza la correttezza grammaticale quanto la capacità di comunicare
in linea con le proprie esigenze e i propri scopi.
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L’approccio comunicativo è articolato, a sua volta, nei metodi
situazionale e nozionale-funzionale. Secondo il metodo situazionale, la
lingua serve alla comunicazione e deve essere inserita in situazione;
l’allievo è un attivo costruttore del proprio bagaglio linguistico e procede
per gradi; l’insegnante deve essere tanto un esperto della lingua quanto
della cultura (way of life) per dar vita a situazioni reali o verosimili.
Secondo gli assunti del metodo nozionale-funzionale, si analizza la lingua
in termini di scopi comunicativi, detti “funzioni”; le situazioni comunicative
sono scelte in base ai futuri bisogni dell’allievo e graduate secondo una
logica di successione nella realtà, piuttosto che secondo principi di facilità
linguistica; all’insegnante spetta il compito di decidere quale registro, stile
e varietà della lingua utilizzare in una situazione data.
In linea con i due metodi, oggi confluiti in un unico metodo usato
nelle scuole italiane ed europee, la lingua viene presentata in contesti ben
precisi o in situazioni tipo e, soprattutto, viene proposta in termini di scopi
comunicativi universali, cioè tramite atti linguistici (le funzioni
comunicative, appunto) come “salutare”, “presentarsi”, “offrire”, etc., che,
per poter essere messe in pratica, implicano la conoscenza di specifiche
nozioni spaziali, temporali, di numero, di genere, di possesso, di quantità,
di relazione. Queste variano spesso da cultura a cultura e presuppongono
la conoscenza di un lessico di base mentre le funzioni si realizzano
attraverso esponenti e/o strutture correlate alla situazione sociale.
Nello slittamento dal metodo grammaticale-traduttivo all’approccio
comunicativo, passando per i diversi stili e/o strategie inaugurate di volta
in volta dalla glottodidattica, si registra un progressivo spostamento
dell’attenzione da chi insegna a chi apprende (il passaggio dalla teaching
unit alla learning unit è già nominalmente una spia di tale mutamento
ideologico-prassico). Non solo. Gli accorgimenti di chi gestisce l’azione
didattica sono volti particolarmente ad una personalizzazione
dell’apprendimento linguistico ed all’acquisizione di una sorta di
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consapevolezza strumentale, da parte dell’apprendente, dei modi in cui
questi si appropria della LS o della L2 e la utilizza in contesti reali.
3. Tecnologia e glottodidattica metacognitiva
Rispetto alla didattica delle altre discipline, l'insegnamento delle
lingue straniere si è sempre servita delle tecnologie intese come risorse,
sussidi, ma soprattutto come ambienti di apprendimento. Basti pensare
che l'esperienza di insegnanti e alunni è passata attraverso l'uso di
trasmissioni radio, registratori, programmi TV, fino ai più recenti supporti
informatici come il lettore DVD, il computer, Internet e le LIM. Grazie al
loro utilizzo, l'insegnante può potenziare la qualità dell’offerta formativa e
può fornire esperienze linguistiche non sempre veicolate da libri e lezioni
tradizionali.
Proprio a partire dagli anni '60 si intuì la straordinaria importanza
delle tecnologie nella glottodidattica tanto che la scuola, sebbene con
qualche anno di ritardo, ha fornito ai propri docenti di lingua un
registratore/riproduttore a nastro in grado sia di riportare stralci di
conversazioni da ascoltare e ripetere sia pure di registrare gli interventi
degli alunni per poi ri-analizzarli in fase di feedback metalinguistica. Tale
tendenza iniziale nella glottodidattica del secolo scorso, induce ad una
prima considerazione sul rapporto tra studio delle lingue e metacognizione
alla luce delle tecnologie. Queste ultime, per il loro spiccato carattere
multi-codico, permettono di lavorare su più abilità allo stesso tempo e
consentono di ritornare successivamente sulle piste operative battute
dall’apprendente onde innescare una riflessione critica sul suo modo di
“fare lingua”, ovvero di ricevere e produrre input linguistici.
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Dagli strumenti prettamente audio si è passati a tecnologie che
permettono di integrare il sonoro e il video come videoregistratori
successivamente evoluti in lettori DVD. Il valore aggiunto di questi
strumenti è palese. Lo studente/user non solo vive un'esperienza sonora
autentica ma, contemporaneamente, viene coinvolto in un contesto con
personaggi che compiono delle azioni e delle interazioni a sostegno di una
conversazione in lingua originale. Grazie a questo tipo di strumenti, il
processo di insegnamento si distacca dal supporto cartaceo
monodimensionale e si arricchisce di due nuove dimensioni: il suono e
l’immagine. Tramite le sue funzioni di pausa, riavvolgimento e replay, il
riproduttore audio-video garantisce una fruizione qualitativamente diversa
consentendo parimenti una serie di interruzioni ragionate nel corso delle
quali fare assaporare allo studente alcune sfumature della lingua che il
libro di testo non riesce a fornire.
Un ulteriore passo avanti si è potuto registrare con la nascita e la
diffusione del computer e della maxi rete di navigazione nella conoscenze
che è Internet. Il computer comporta svariati vantaggi che ne fanno il
perfetto strumento didattico. Al pari degli altri mezzi tecnologici, esso non
è nato per essere utilizzato come mezzo didattico diretto, ma, grazie alle
sue caratteristiche tecniche ed alla sua malleabilità tecnologica, risulta
essere uno strumento particolarmente idoneo ad essere impiegato in
classe.
Il PC integra e sintetizza in un unico mezzo le qualità del
registratore/riproduttore audio, del videoregistratore e del lettore DVD
superando i loro limiti strutturali. Le modalità audio e video si integrano in
prodotti di facile fruizione grazie a software che permettono tanto l'utilizzo
quanto la creazione (editing) di filmati importabili mediante altri tools
(macchina fotografica, telecamera digitale, videofonino). La
multimedialità, chiamata in causa dal pc, permette all’apprendente di
attivare tutte le funzioni cognitive legate sia alla vista sia all'udito
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garantendo un processo di decodifica della realtà, elaborazione e
riorganizzazione concettuale e linguistica qualitativamente superiore.
È chiaro che l’essenza multimediale del computer non è sufficiente
da sola a fare del pc uno strumento didattico completo. Esso può però
qualificarsi come strumento didatticamente valido grazie alla possibilità
che offre ai suoi utenti di interagire direttamente sulle informazioni
parallelamente alla fruizione dei prodotti multimediali. In altre parole, alla
multimedialità dei file si affianca l’interattività, ossia la possibilità del
sistema, il cui comportamento non è fisso, di variare al variare dell'input
dell'utente. Quella del pc è tuttavia una forma di interattività pre-
controllata e gestita. A differenza della interazione conversazionale reale,
infatti, nella quale i modi di reagire e scambiare porzioni di informazione
dipende in larga parte dal margine di imprevedibilità presentato dall’uomo,
nell’interfacciarsi con il pc, lo studente di lingua può predisporsi più
agevolmente ad un’azione comunicativa (seppur in assetto di
simulazione), prevedendo possibili feedback e prefigurando diversi esiti
strategici nella messa in atto della propria competenza linguistica. Il pc
attiva fortemente, in questi termini, l’intuizione e la creatività nella
gestione autonoma del proprio bagaglio comunicativo in ordine alla
esecuzione corretta dei percorsi di apprendimento linguistico veicolati dal
pc stesso.
L'interattività e la multimedialità, insieme, modificano l'essenza
stessa dell'informazione mono-dimensionale del libro, trasformandola in
un'occasione per imparare agendo sulla realtà (virtuale) tramite un’azione
diretta. Grazie al mouse, alla tastiera e allo schermo, prosecuzione
meccanica della penna con cui si esercita la writing skill o della voce con
cui si sviluppa la speaking skill, il discente viene coinvolto interamente
nella ricerca delle informazioni ed è proprio lui che decide cosa è
importante e cosa, invece, non lo è.
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Queste sue straordinarie potenzialità fanno del computer lo
strumento ideale per una glottodidattica che miri ad orientare l’allievo ina
sequenza di sforzi apprenditivi ragionati e consapevoli tesi al successo
linguistico, garantendo una grande libertà di ideazione e progettazione al
docente, il quale può scegliere tra una vastissima gamma di software o di
piattaforme, a pagamento, gratuite o open source.1
Inteso in questo modo, il computer cessa di essere un semplice
strumento di svago e acquisisce una valenza nettamente più complessa,
grazie alla possibilità di reperire le informazioni, visionarle, vagliarle,
selezionare le più adatte e ricomporle in un prodotto assolutamente nuovo
creato in base alle necessità dell'apprendente/user, alle sue motivazioni e
ai suoi scopi.
A rendere il PC uno strumento ancora più efficace nella classe di
lingua interviene Internet. Tramite il collegamento alla rete, aumenta
esponenzialmente il numero delle occasioni che l'insegnante può proporre
affinché il discente esperisca la lingua come mezzo vivo, autentico,
realmente comunicativo. La rete fornisce una serie di strumenti
particolarmente utili ai fini di una glottodidattica incentrata sullo studio
delle lingue in prospettiva comunicativa. Si pensi, per esempio, alle
applicazioni per la comunicazione sincrona e asincrona (e-mail, chat,
virtual class, ) o alla possibilità di creare dei blog o dei forum, nonché di
ricercare e scaricare materiale di qualsiasi genere e/o area del sapere.
Anche la rete concorre a fare del computer uno strumento che esula dalle
sue funzioni più banali espandendo le sue infinite potenzialità e
trasformandosi in un valido ambiente di apprendimento.
1 In relazione ai propri scopi, ogni insegnante ha la possibilità di scaricare dalla rete i software più adatti a soddisfare le proprie esigenze mirando alla costruzione di un ambiente di apprendimento digitale stimolante che abbia come caratteristiche essenziali la personalizzazione del percorso di apprendimento, l'interattività e la multimedialità.
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Nella glottodidattica, il computer può fornire ottime possibilità
formative in modalità sia on sia off line, sia in aula sia a casa, sia per il
lavoro di gruppo sia per quello individuale.
Nella fruizione di gruppo, ciò che acquista importanza è la
collaborazione e la condivisione delle esperienze nella co-costruzione delle
conoscenze. In situazioni simili, il docente funge da facilitatore ed il suo
compito è quello di fornire una linea di azione ed intervenire in caso di
difficoltà. Attività di questo genere possono essere, ad esempio, quelle
finalizzate alla creazione di progetti interdisciplinari in lingua straniera (è il
caso dei percorsi CLIL)2, oppure quelle in cui è richiesto agli studenti di
trovare ed organizzare tutte le informazioni che riguardano usi o costumi
del Paese di cui si studia la lingua (si pensi alla costruzione di un Project
Work in lingua straniera). I contributi della classe possono essere raccolti
anche nelle ore extrascolastiche grazie all'utilizzo di blog e forum, in cui
ognuno è libero di esprimere le proprie idee e di socializzare il materiale
con i compagni in un tempo di resoconto sfalsato rispetto a quello del
lavoro condiviso in classe.
Nella fruizione individuale, il docente può ideare e progettare attività
multimediali ed interattive in cui ogni alunno è chiamato a mettere alla
prova se stesso e le sue competenze. A tal scopo, non è necessario
utilizzare software strutturati, ma si possono impiegare applicazioni
comuni come MS Power Point o OpenOffice Impress. In questo caso,
l'abilità del docente consiste proprio nel piegare le potenzialità del
2 L’acronimo inglese CLIL (Content and Language Integrated Learning) è stato coniato da David Marsh e Anne Maljers, nel 1997, per indicare una metodologia di apprendimento integrato di lingua e contenuto. Tale metodologia si innesta all’interno dei programmi di educazione bilingue presentando, tuttavia, connotazioni fortemente innovative. L’espressione “educazione bilingue”, usata ormai da anni, ha carattere molto generale e racchiude un’ampia gamma di programmi che promuovono l’uso veicolare della lingua, che si possono ricondurre a due orientamenti: un primo orientamento, incentrato principalmente sull’apprendimento linguistico e un secondo orientamento, di contro, incentrato sull’apprendimento della disciplina veicolata (Coonan, 2002).
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software ai propri bisogni onde costituire attività dotate di audio e video,
con registrazioni della propria voce e varie forme di personalizzazione.
Trasversalmente alle due modalità di utilizzo sopra descritte, si
possono individuare un uso light e un uso strong delle tecnologie nella
classe lingua (Ardizzone-Rivoltella, 2008). Per uso light delle tecnologie si
intende la possibilità di integrare gli strumenti digitali in aula, gestendo
tanto attività individuali quanto attività gruppo in grado di motivare e
stimolare l’allievo alla messa in opera delle proprie competenze.
Per uso strong delle tecnologie, si intende la creazione di un
ambiente di apprendimento il cui valore aggiunto risieda nella dimensione
virtuale. In sostanza, si fa riferimento alle piattaforme LMS (Learning
Management System) le quali consentono la creazione e la gestione di uno
spazio virtuale in rete in cui è possibile fare l'upload e il download di
materiali, pubblicare avvisi, svolgere test e questionari, usare strumenti
per la comunicazione (VoIp, e-mail, blog, chat, etc.), gestire gruppi di
lavoro a distanza.
Un'ottima alternativa alla piattaforma è il blog, meno strutturato ma
con una forma, per così dire, più “leggera” che permette al docente
(anche a chi non possiede dimestichezza eccessiva con le tecnologie) di
pubblicare materiale, scaricarlo, commentarlo. L'ambiente di
apprendimento risultante dall'integrazione tra la didattica in classe, l'uso
delle piattaforme e quello dei blog è stato definito “terza aula” (Ardizzone-
Rivoltella, 2008, 216), ossia una situazione intermedia tra la presenza
dell'aula fisica e la completa autonomia di apprendimento dei cosiddetti
corsi on line.
4. Lo studio delle lingue con le nuove tecnologie
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Per la sua natura multiforme e prettamente sensoriale,
l'insegnamento della lingua straniera si struttura attorno ad una
molteplicità di stimoli differenti al fine di garantire un apprendimento di
qualità. Emerge la necessità di andare oltre il semplice supporto cartaceo
e cercare gli strumenti che possano garantire un processo di
insegnamento/apprendimento efficace e completo.
Il punto cruciale delle tecnologie non sta tanto nella loro struttura
intrinseca, nel loro hardware, ma nel modo in cui vengono integrate nel
processo di insegnamento/apprendimento e quale ruolo esse acquisiscono
nei rapporti tra insegnante e allievi. In una visione strutturalista, la
tecnologia, ed in particolare il computer, ha sostituito il docente
determinando programmi chiamati CALL (Computer Assisted Language
Learning) costituiti da esercizi strutturali o programmi per il testing &
assessment di tipo grammaticale o lessicale in cui si concretizzava il
principio comportamentista stimolo-risposta-rinforzo.
Nella cornice di un approccio glottodidattico cognitivo prima e
metacognitivo poi, si lascia grande autonomia all'apprendente il quale può
scegliere quali percorsi intraprendere grazie a tecnologie multimediali e
ipermediali. In linea con tali assunti, si sviluppano diversi prodotti come
corsi di lingua su CD-ROM che spesso sono delle semplici trasposizioni su
supporto digitale di contenuti analogici.
Una spinta ideologico-prassica di rilievo giunge dall’approccio
costruttivista, la cui applicazione in campo educativo riguarda le modalità
di apprendimento e rigenera la relazione tra soggetto che apprende la
lingua e realtà circostante in cui tale lingua si parla. L'apprendimento si
presenta come un processo attivo; esso avviene, cioè, solo quando colui
che apprende viene messo in relazione con la realtà da apprendere. Si
tratta di un processo in cui la conoscenza linguistica acquista significato
attraverso le esperienze dirette del discente a contatto con fonti reali o
verosimili di input linguistico. A ciò fa seguito la costruzione di significati
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integrati in un sistema transitorio e perfettibile (l’interlingua) in cui ogni
conoscenza acquisita è essenziale al fine di conferire senso tanto
all’esperienza stessa quanto a quelle porzioni di lingua che di tale
esperienza si fanno mezzo e canale.
La lingua, trasversalmente a qualsiasi ambito disciplinare,
rappresenta di fatto lo strumento basilare utilizzato per costruire
conoscenza, tramite il dialogo e la comunicazione. Ne deriva che la co-
costruzione dei significati è strettamente connessa ad operazioni
transdisciplinari e metacognitive complessive quali il misurarsi con la
relazionalità sociale, il confronto con l’altro, i modi e le forme
dell’interazione, le strategie della collaborazione efficace, il ricorso
funzionale alla cooperazione. In altre parole, qualsiasi percorso
metacognitivo non può essere disancorato dalla padronanza linguistica, la
quale consente di scindere il piano fattuale dell’apprendimento da quello
intellettivo della riflessione e del ragionamento sull’apprendimento stesso.
In un siffatto assetto, le tecnologie assumo un rilievo fondamentale
in quanto permettono la creazione di ambienti di apprendimento
caratterizzati dalla simulazione di situazioni reali e dalla possibilità di
libera ed autonoma espressione. “Con l'evoluzione tecnologica, che ci ha
fatto passare dalle Tecnologie dell'Informazione a quelle per la
Comunicazione, il computer non è più un sostituto o un esperto, ma
piuttosto un catalizzatore, un facilitatore dell'interazione e del dialogo tra
persone” (Ardizzone-Rivoltella, 2008, 86). Questo aspetto risulta
particolarmente consonante con il fatto che, nella glottodidattica, gli
approcci comunicativi e quelli umanistico-affettivi hanno come base
comune la centralità dell'apprendente, i suoi bisogni e le sue motivazioni
proiettate in situazioni “autentiche”. A tale scopo, il docente può servirsi di
diversi mezzi tecnologici che possono essere utilizzati anche in
concomitanza e che consentono di ricreare, entro il perimetro della classe,
scenari reali nei quali co-costruire la competenza linguistico-comunicativa.
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D’altra parte la struttura reticolare degli ipermedia, dei social
network e di strumenti quali la LIM produce una frammentazione dei
contenuti linguistici complessi in concetti più semplici che rendono più
agile la fase di apprendimento. La sinergia, poi, determinata dalla
cooperazione di più livelli sensoriali potenzia lo sviluppo della competenza
innescando negli allievi il gusto di parlare una lingua e usare la lingua in
contesti svariati della vita, non solo del tempo scolastico.
Nel vasto campo delle nuove tecnologie, che si intersecano con
l’universo didattico, un posto di particolare rilievo è occupato dalla LIM, la
Lavagna Interattiva Multimediale (o digitale), entrata a far parte del
nostro tessuto scolastico, seppur in maniera ancora non del tutto
sistematica e geograficamente disomogenea. L’apporto che la LIM può
fornire alla didattica della LS è, infatti, di marcato rilievo poiché essa
ingloba in sé tutti gli strumenti solitamente in uso nella classe lingua
(video, lettore cd, flashcard, poster, lavagna luminosa, registratore,
apparecchiatura di laboratorio, etc.) ed essendo una superficie interattiva
dotata di canali multipli, consente di lavorare con e sulla lingua ad ampio
raggio. La LIM non deve essere percepita come “l’intrusa”, ma come
“supporter” del docente di lingua il quale potrà trovare in essa risorse,
spunti, strumenti per rendere ogni lezione un evento dell’apprendimento.
Grazie alla lavagna digitale è possibile, infatti, ripensare le consuete
procedure didattiche vivacizzandone le fasi di progettazione e gestione
complessiva.
Se l'insegnante propone un testo, magari tratto dal manuale o dal
coursebook, la LIM lo aiuta a focalizzare l'attenzione degli alunni su alcuni
tratti grazie alla possibilità di sottolineare, cerchiare, evidenziare,
spostare, marcare, indicizzare, etc. Ad esempio, si possono mettere in
risalto alcuni termini con lo scopo di focalizzare gli elementi
morfosintattici, oppure è possibile creare delle batterie di drills per le
esercitazioni di riempimento con lo scopo di rinforzare le competenze
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grammaticali. La LIM permette di modificare dei testi in formato digitale
grazie ad alcuni software che celano le parole chiave che lo studente deve
inserire tramite la penna o la tastiera della LIM.
Un'altra opportunità è quella finalizzata al riordino di sequenze di
pezzi di frase (linguistic chunks). Lo scopo è quello di far riflettere gli
alunni sulla struttura della frase. Anche qui interviene una delle tante
applicazioni disponibili per le LIM, tramite la quale è possibile frammentare
sequenze di un brano e far ricostruire il testo trascinando i segmenti nella
corretta posizione.
È anche possibile progettare e preparare attività di matching, in cui
l'allievo deve unire l'immagine proposta al lemma corrispondente.
Un’attività del genere risulta particolarmente idonea nelle prime fasi di
apprendimento facilitando l’acquisizione del lessico di base.
Le attività di Drag & drop sono quelle in cui lo studente deve
effettuare delle associazioni tra immagini e testo utilizzando l'apposita
penna o con l'impiego delle dita. Lo scopo è quello di approfondire il
lessico, le categorie grammaticali, il bagaglio semantico.
Oltre ad esercitazioni ed attività in cui si predilige la scrittura, la LIM
fornisce l'opportunità di proporre filmati e tracce audio. Questi possono
essere quelli forniti dai CD dei manuali oppure recuperati da siti
specializzati (es. BBC o Australianetwork) 3 in cui sono presenti filmati
creati appositamente allo scopo glottodidattico. L’utilizzo dei filmati
autentici risulta particolarmente utile nell’apprendimento delle lingue in
quanto rinforza sia le abilità di ascolto e di comprensione sia le capacità
deduttive e inferenziali. Quando un docente decide di proporre simili
attività, è fondamentale che la scelta del materiale sia adeguata e
proporzionata alle reali competenze della classe. Ciò perché audio e video
troppo complessi otterrebbero sullo studente un effetto demotivante,
3 Per un approfondimento sulle risorse citate, si consultino rispettivamente i siti: http://www.bbc.co.uk/languages/ e http://australianetwork.com/studyenglish/.
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mentre, a parità di complessità linguistica, per lo studente sarà più
semplice la comprensione di un video in cui al supporto audio si
accompagna lo stimolo visivo. Prima della fruizione dei filmati, sarà
opportuno predisporre alcuni esercizi preparatori, incentrati
sull’argomento generale che verrà trattato e sul lessico. Per la fase di
ascolto, insieme al filmato, si possono proporre semplici quesiti o griglie
da compilare, mentre, al termine dell’intervento didattico, si possono
proporre dei role-play o attività incentrate su vari livelli di comprensione.
Grazie alla LIM tutto ciò diventa possibile senza cambiare aula o ricorrere
ad altri mezzi, avendo in un unico strumento tutto ciò di cui si ha bisogno.
Anche in questo caso entra in gioco l'abilità del docente che rappresenta il
regista che recupera e organizza i materiali in attività sistematiche ed
efficaci. Inoltre, tramite la connessione alla rete, sulla LIM è possibile
usufruire di task multimediali ed interattivi direttamente on line senza la
necessità di installare applicazioni aggiuntive. Un esempio molto
interessante è quello proposto dal British Council in cui è presente una
sezione dedicata all'apprendimento della lingua inglese con giochi,
canzoni, brevi storie multimediali, esercitazioni a vario titolo.4
Un'altra straordinaria opportunità che la LIM può offrire è quella del
gemellaggio elettronico. In sostanza, è sufficiente aderire al e-Twinning5
registrandosi e immettendo una e-mail valida. Una volta iscritti, è
necessario individuare una scuola partner sul motore di ricerca, chiamato
TwinFinder. E-Twinning permette alle scuole gemellate di creare e gestire
un progetto comune per il quale il docente e la classe si serviranno di tools
gratuiti che garantiscono l'interscambio sincrono (Skype, Messenger) o
asincrono (blog, e-mail).
4 Per un approfondimento sui materiali offerti dal British Council, si veda
http://learnenglishkids.britishcouncil.org/en/ 5 A tal proposito, si veda http://etwinning.indire.it/index.php
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Il processo di insegnamento della lingua straniera, grazie
all'introduzione della LIM, non si limita alla monomedialità del manuale o
di altri supporti cartacei, ma si ri-configura su un assetto multimediale e
multisensoriale, incentivando un apprendimento di tipo attivo (l’allievo usa
la lingua da protagonista secondo i suoi reali bisogni comunicativi),
cooperativo (l’allievo collabora con i pari affinché gli scopi ultimi della
comunicazione siano raggiunti con successo) e metacognitivo (l’allievo
percepisce, grazie alla LIM, la distanza strumentale tra la lingua che
apprende e quella che usa ed è in grado di rivedere in fieri i propri modi di
interazione in lingua sì da renderli efficaci).
5. L’insegnante tecnologico di LS
Risulta evidente che utilizzare le tecnologie non è un compito facile
se queste devono essere integrate in un sistema chiuso che, per
costituzione, possiede una struttura essenzialmente analogica e basata
sulla mono-dimensionalità della tecnologia “libro”. Gli Immigranti Digitali
trovano grosse difficoltà ad immaginare una didattica senza lavagna,
senza quaderni, senza libri, senza penne. Ciò è ancor più vero nel caso
della classe di lingua, spazio dell’alterità per eccellenza, nel quale il farsi -
di necessità - “altro linguistico” e/o “altro culturale” (è la pratica del
fingersi stranieri e allofoni) comporta un attaccamento ai propri materiali
tradizionali, punti di riferimento consolidati nel tempo dall’uso e dal
un’azione didattica che si reitera senza soluzione di continuità.
Pertanto, è opportuno chiarire che l'insegnante tecnologico di lingua
non è necessariamente un “asceta della tecnologia” (Maragliano, 2007),
anzi, il suo approccio alle tecnologie deve essere meno tecnico e più
incentrato sulla creatività linguistico-metodologica che sulla tecnologia fa
leva mutuandone tecniche e strategie. L’approccio corretto sia quello della
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ricerca, ossia dell’incessante indagine e riflessione circa gli strumenti
tecnologici onde coglierne le potenzialità da sfruttare in classe, con la
classe, a vantaggio della classe. Di fatto, il docente non è qui chiamato ad
identificare un metodo educativo definitivo, oggettivo ed immutabile,
quanto piuttosto a rendersi conto che le nuove tecnologie lo immergono
“[…] nel flusso continuo dei media, in cui egli è portato a collegare, porre
in un rapporto di dialogo un codice con un altro, far rimbalzare un
elemento di informazione da un mezzo a un altro, [...] favorendo la
moltiplicazione delle intelligenze, dei linguaggi, delle componenti diverse
di ciascuna personalità individuale. [...]” (Maragliano, 2007, 6).
È evidente che le tecnologie svolgono un ruolo importante, ma non
si sostituiscono al docente, al quale spetta sempre e comunque il compito
di organizzare le attività, indirizzare gli allievi, intervenire in caso di
difficoltà, fungere da moderatore nelle interazioni. In particolare, nel caso
della classe di lingua, la figura del docente detentore della conoscenza
linguistica da trasmettere supinamente a mezzo di traduzioni da e verso la
L2 viene soppiantata dal docente/tutor o dal docente/facilitatore. Questi
non solo progetta e sperimenta la propria azione didattica, ma ha il
compito di sensibilizzare la classe all’acquisizione di una certa autonomia
al fine di costruire la conoscenza in modo collegiale.
E se il computer e la rete costituiscono dei mezzi attraverso i quali la
lingua viene più prontamente veicolata, è il docente stesso che, nel
quadro di una glottodidattica metacognitiva, si fa “interfaccia” vivente di
un apprendimento orientato all’autonomia. Proprio attraverso l’intervento
mirato del docente, l’allievo potrà, infatti,
� imparare a decodificare il proprio insuccesso e riutilizzarlo
sagacemente per ri-allineare la performance linguistica;
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� discernere le diverse tipologie di errore, risalire alle possibili cause e
socializzare la riflessione in piccoli o grandi gruppi senza timore o
ritrosia6;
� distinguere le tipologie di consegna in base alle abilità linguistiche
coinvolte, ai contenuti strutturali e lessicali, agli usi strumentali della
lingua (exercise, drill, task, activity, project);
� prevedere le ricadute della propria azione comunicativa anticipando
in fase di elaborazione riflessiva le strategie e le tecniche interattive
adeguate (turn taking, role exchanging, pause, direct/in direct
speech, etc.).
6 Si pensi ai cosiddetti “errori fossilizzati” che si sviluppano nella messa a punto
dell’interlingua: errori di omissione, di sovrageneralizzazione, errori ambigui (lapsus e sbagli meno sistematici). Questi risultano particolarmente persistenti e richiedono un intervento adeguato ed individualizzato.