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Mostra - Machiavelli e la Modernità

Date post: 10-Mar-2016
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Fra perdita dell’unità religiosità e disincanto del mondo: il volto poliedrico della modernità.
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Machiavelli e la Modernità Fra perdita dell’unità religiosità e disincanto del mondo: il volto poliedrico della modernità Liceo Scientifico / Istituto A.M. Maffucci di Calitri / Classe IV A 1
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Machiavelli e la Modernità

Fra perdita dell’unità religiosità e disincanto del mondo: il volto poliedrico della modernità

Liceo Scienti�co / Istituto A.M. Ma�ucci di Calitri / Classe IV A 1

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Fra perdita dell’unità religiosità e disincanto del mondo: il volto poliedrico della modernità

La periodizzazione della storia è un’ operazione convenzionale, se non arbitraria, e i confini fra i diversi segmenti del divenire storico sono assai incerti e precari. Tradizionalmente si vede l’alba della modernità nelle scoperte geografiche, attraverso cui non solo mutano le rotte commerciali, ma la coscienza intellettuale europea si misura drammaticamente e tragicamente con il multiculturalismo. Padre della modernità tuttavia è considerato Lutero che non solo dissolve l’unità religiosa tipica del Medioevo, ma lascia in eredità al mondo moderno il principio dell’intangibilità della coscienza individuale, l’idea del valore religioso di quel cia-scuno unico e irripetibile che tutti noi siamo. Aurora della modernità è ritenuta anche la scienza, la quale, strappando al cosmo la sua anima divina, disantropomorfiz-zando la natura, produce il disincanto del mondo. La modernità si dice in tanti modi, ma l’Umanesimo, come forma della coscienza europea, ha avuto la consapevolezza di rappresentare qualcosa di nuovo e di diverso, fino al punto di inventare la parola e il concetto di Medioevo, con una connotazione negativa che resiste all’usura del tempo. Se la coscienza della modernità è l’ Umanesimo, Machiavelli è forse la figura più alta di una nuova spiritualità che ha relegato Dio in una regione remota dell’universo, considerandolo un affare privato e non più motore operoso della storia.

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Nel 1494, la discesa di Carlo VIII rompe la politica dell’equilibrio sancita

dalla pace di Lodi (1454) dando inizio ad un periodo di

rivolgimenti politici e di guerre in Italia, fino alla pace di

Cateau Cambresis (1559)

Ahi Serva Italia… !

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L’avvicinarsi della tempesta…

Il tempo storico del Principe

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Nel 1511 il papa Giulio II della Rovere, nel tentativo di contrastare la potenza di Luigi XII in Italia, favorisce la costituzione della Lega Santa, a cui aderiscono Venezia, Spagna, Inghilterra e Confederazione svizzera. Pur vittoriosi nella Battaglia di Ravenna, combattuta l’11 Aprile del 1512, i Francesi perdono il loro valoroso generale, Gaston de Foix, e dopo l’invasione della Lombardia da parte degli Svizzeri, sono costretti a ripiegare. Resta da decidere il destino di Firenze, alleata con la Francia. Il destino della città viene deciso in un incontro segreto fra i capi della Lega Santa, nel giugno del 1512, a Mantova. In tale circostanza si decide la restaurazione del governo dei Medici. Il 29 Agosto le truppe spagnole sono sotto le mura di Prato, ma, anziché muovere all’assalto, il viceré Raimondo di Cardona, preoccupato per la scarsità dei rifornimenti e consapevole della difficoltà di assediare una città comunque fortificata, propone a Firenze un nuovo accordo che prevede il ritorno dei Medici a Firenze, come privati cittadini, e il pagamento di trentamila ducati. Firenze temporeggia. Il 30 agosto, stremati dalla fame, gli spagnoli assaltano le mura. Nel sacco di Prato vengono massacrate più di quattromilapersone. Pier Soderini, Gonfaloniere della Repubblica Fiorentina, è ormai solo, incalzato dalla fazione Medicea, che lo accusa di non aver adeguatamente provveduto alla difesa di Prato e poi di aver rifiutato ogni possibile accordo. Francesco Vettori, per intercessione di Machiavelli, aiuta il capo della Repubblica a fuggire alla volta di Siena. Firenze è pronta a tornare sotto il dominio dei vecchi padroni.

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Una lunga Esperienzia delle Cose Moderne

e una Continua Lezione delle Antique

“Venuta la sera, … , et entro nel mio scrittoio; et … mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; … entro nelle antique corti degli antiqui uomini … dove io non mi vergogno parlare con loro, e domandarli della ragione delle loro azioni: e quelli per loro umanità mi rispondono; e non sento per 4 ore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi trasfe-risco in loro.” Die X decembris 1513 Niccolò Machiavelli in Firenze

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Durante gli anni dell’esilio, trascorsi nella tenuta dell’Albergaccio,inizia la vera e propria riflessione intellettuale di quello che sarà il precursore dell’ “innovazione politica ”.L’analisi del pensiero di Machiavelli inizia con le lettere scritte all’amico Francesco Vettori, nelle quali, oltre a descrivere le abitudini e le noie quotidiane, presenta il “momento magico” della sera,quando si dedica agli amati studi classici e le sue idee diventano realtà.Nello scrivere la sua opera “De Principatibus”, oggi il “Principe”,Machiavelli si rende fautore del Realismo Politico.Espone infatti una visione della storia basata sui fatti concreti e su un approccio descrittivo, non più normativo come nelpreambolo del mondo classico con Platone.Un’ analisi attenta dell’opera ci introduce nel cuore di quella che è la figura del principe, che aveva il compito di risollevare le sorti geopolitiche della penisola italiana, e perseguire pertanto l’interesse e il bene comune.Il principe deve raggiungere i suoi obiettivi, deve mettere incampo non solo l’esperienza militare ma anche la sua “Virtù”, non intesa in senso Cristiano, ma come capacità di arginare la “Fortuna”.La Fortuna non è vista solo come una dea ma come un fiume che straripa ed impone il suo inesorabile dominio sulla realtà.Il principe, dunque deve cogliere l’occasione che gli si presenta e grazie alla sua Virtù volgere a proprio favore la situazione.

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La Realtà e l’Utopia

“E molti si sono immaginati Repubbliche e Principati che non si sono mai visti nè conosciuti essere in vero; perchè elli è tanto

discosto da come si vive a come si dovrebbe vivere, cheColui che lascia quello che si fa per quello che si dovrebbe fare,

impara più tosto la ruina cheLa preservazione sua: perchè uno uomo, che voglia fare in tutte le

parte professione di buonoConviene rovini infra tanti che non sono buoni. Onde è necessario a uno principe, volendosi mantenere, imparare a poter essere non

buono, et usarlo e non usare secondo la necessità.Niccolò Machiavelli, Il Principe, cap. XV

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Virtù contro Fortuna

“Cesare Borgia, chiamato dal vulgo Duca Valentino, acquistò lo stato con la fortuna del padre, e con quella lo perdè; non ostante che per lui si usassi ogni opera e facessi tutte quelle cose che per

uno prudente e virtuoso uomo si doveva fare, per mettere le barbe sua in quelli stati che l’arme e

fortuna di altri li aveva concessi.”Niccolò Machiavelli, Il Principe, Cap VII

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L’ Epilogo di una vita votata alla politica

“A ognuno puzza questo barbaro dominio. Pigli, adunque, la illustre casa vostra, questo assunto Con quello animo e con

quella speranza che si pigliano le imprese iuste; acciò che sotto la sua Insegna, e questa patria ne sia nobilitata, e sotto li suoi

auspizi si verifichi quel detto del Petrarca: Virtú contro a furore / prenderà l’arme; e fia el combatter corto:

ché l’antico valore / nelli italici cor non è ancor morto.” Niccolò Machiavelli, Il Principe, Cap. XXVI

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Nel 1526 papa Clemente VII favorisce la nascita della Lega di Cognac contro Carlo V. A questa Lega aderiscono Venezia, Ducato di Milano, Inghilterra e Francia. Per punire il papa, Carlo V ordina il saccheggio di Roma. I Lanzichenecchi, capeggiati da Georg Frundsberg, non incontrano resistenza e, senza essere contrastati dai veneziani, scendono versoil Po. L’ unico che li affronta è Giovanni dalle Bande Nere, a Borgoforte, presso Mantova, il 25 novembre del 1526. Nello scontro Giovanni e’ ferito ad una gamba da un colpo di falconetto e pochi giorni dopo, il 30 novembre, muore a Mantova. I Lanzichenecchi giungono a Roma il 4 Maggio del 1527, la prendono il 6 e la mettono a sacco. E’ “la fine morale dell’Italia”, la fine di ogni speranza di riscatto che attraversa ogni pagina del Principe. Ma è anche la fine dei Medici a Firenze. La rinata repubblica si mostra ingrata verso i suoi uomini migliori: al posto che è stato di Niccolò siede ora un oscuro personaggio, tale Francesco Tarugi, partigiano dei Medici.

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Il Sorriso di Niccolò

“Un sorriso che nasconde il pianto, senza toccare il cuore. È questo il sorriso di Machiavelli: nè ghigno

nè sberleffo; piuttosto una maschera che copre il pianto, una difesa che protegge dagli sguardi,

sconsolato e rassegnato di fronte alla meschinità e alla malignità del mondo.

È solo una pausa, ma serve per finire il giorno.” Maurizio Viroli – Il Sorriso di Niccolò.

Storia di Machiavelli. Roma-Bari, 1998, p.143.v

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Si ringraziano:I Proff.

Maurizio Cianci e Rosa Galgano

Gli Alunni della Classe IV A Liceo Scientifico Anno Scolastico 2012-2013:

Antonia Maffucci, Antonietta Continiello,Claudia Maffucci,Cristian Zicola

Giulia Galgano, Giuseppe Caruso, Giuseppe Mottola, Luca Calabrese,

Mariaconcetta Luciani, Mariangela Maglione,Marinella Iarussi, Michela Rubino,

Naomi Ciccone, Rosa Di Geronimo.

D.S.G.A: Dott.ssa Vincenzina Cerreta

Il Dirigente Scolastico: Prof. Gerardo Vespucci

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