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Mostre di foto “Crisi del silenzio” e la “Notte Rosa” …...Circolo Figini si conferma,...

Date post: 17-Apr-2020
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LA PROVINCIA 37 LUNEDÌ 10 DICEMBRE 2018 S ino a giovedì prosegue al Circolo Figi- ni a Maggianico, la mostra fotografica “Pinkedelic... la Notte Rosa” di Gio- vanni Bartesaghi ed Elio Pozzoli, en- trambi del Circolo Fotografico di In- verigo. Le fotografie esposte documentano la notte rosa che si svolge tutti gli anni sulla riviera romagnola. Fotografi molto diversi l’uno dall’altro, Giovanni Bartesaghi ed Elio Pozzoli hanno in questo caso condiviso una sorta di reportage che ha voluto ripercorrere un evento certamente unico nel suo genere. A seguire, sabato 15 dicembre alle ore 17 verrà inaugurata una nuova mostra fotografica di Luigi Montuoro dal titolo “La crisi in silenzio”. Gli scatti di Montuoro vogliono proporre delle istantanee delle famiglie italiane nell’epoca della crisi. Il Circolo Figini si conferma, dunque, come un luogo privilegiato per la fotografia. Ricordiamo innanzi- tutto il contributo notevole che il Circolo Figini ha dato, con l’apporto di Giancarlo Losa, alla scoperta di un fotografo straordinario come Carlo Moldenhauer. Le oltre mille istantanee di Carlo Moldenhauer, scattate tra il 1893 e il 1908, sono un patrimonio culturale di grande importanza per la nostra città. Tra le tante mostre fotografiche che hanno trova- to sede al Circolo di Maggianico, ci piace ricordare quella intitolata “Umberto Paramatti: la breve storia di uno sguardo”, svoltasi nel 2003. Curata da Luigi Erba e Barbara Cattaneo, ha permesso di riscoprire un fotografo straordinario per troppi anni rimasto pressoché sconosciuto. E ancora, è da menzionare la mostra del fotografo lecchese Federico Wilhelm intitolata “Anastasis”: un re- portage fotografico che testimonia la celebrazio- ne della Pasqua ortodossa in Grecia, a Creta, nel paesino di Kamilari. Infine, non si può dimenticare la mostra fotografi- ca che ha celebrato i settant’anni del Circolo. In quell’occasione sono state esposte fotografie di Pio Tarantini e Luigi Erba per una mostra dal titolo emblematico: “Memorie industriali tra Lecco e Milano”. Furono esposte fotografie di Luigi Erba, relative al Caleotto, che dialogavano con quelle di Pio Tarantini, esponente di spicco della fotografia italiana contemporanea. Di Tarantini furono messe in mostra le fotografie intitolate “Capodanno alla Geloso occupata”; un lavoro realizzato a Milano il 1° gennaio 1973, nella sede dell’omonima ditta milanese occupata dagli operai. Come si vede un lungo percorso quello del Circolo Figini che intende proseguire in queste sue proposte di alto profilo culturale. La chiesa del Lazzaretto a Oggiono La forza dei Promessi Sposi si misura anche nel loro essere “entrati” entro espressioni e modi di dire che provengono direttamente dal roman- zo. Fois ne cita alcuni: dal celeberrimo “questo matrimonio non s’ha da fare” a “la sventurata rispose”. Il più curioso e divertente è però quel “Tizzone d’inferno!” che troviamo esclamato da Renzo ed Agnese e ritroviamo in bocca a Kit Carson, il grande amico di Tex Willer. Da un classico della letteratura ad un fumetto di Bo- nelli il salto non è male ed è sintomatico della permeabilità straordinaria di certe opere. Que- sto di Marcello Fois è un libro che parte dai “Promessi Sposi” per poi avventurarsi nei sen- tieri della cultura, perché «leggere un classico – dice lo stesso autore – è come visitare i sotterranei di una città. In superficie, alla luce del sole, si stratifica il mutamento, ma lì sotto, nel sistema circolatorio, si può individuare l’articolazione delle fondamenta, affascinanti, labirintiche, semplificate e sostanziali, come le sinopie sotto gli affreschi». ha contribuito non poco a fondare e dare corpo alla nostra tradizione letteraria. Per Fois, Man- zoni ha fatto da apripista al nostro pensiero letterario insieme ad altre due opere: “Cuore” di Edmondo De Amicis e “Pinocchio” di Collodi: «Correvano quarantuno anni tra “I Promessi Sposi”, il lievito madre, e gli altri due, ma servirono tutti per pensare e costruire una patria, per concepire la necessità di un senso di popolo… Lo stesso era accaduto con il melo- dramma. Verdi sta a Puccini e Leoncavallo come Manzoni sta a De Amicis e Collodi, nel senso che gli uni completano il progetto dell’altro nell’ambito della costruzione di uno specifico italiano. Né Verdi, né Manzoni avevano bisogno di gregari che tirassero la volata al modello, eppure i fenomeni si assestano a patto che possano crescere e moltiplicarsi. I caratteri di questa nazione nascono prima di lei, come aveva predetto il Manzoni che, nel 1840, fa iniziare “I Promessi Sposi” con una minaccia mafiosa. Più chiaro di così». classe perché “sono una barba”. Ecco allora il braccio alzato di un’allieva che in modo gentile ma fermo, contesta l’intenzione della sua pro- fessoressa, dicendole che “I Promessi Sposi”, semplicemente, “si devono fare”. Questione di ruoli e priorità per Fois, ma anche la necessità di far passare un concetto fondamentale, vale a dire che i “classici” vanno conquistati e non necessariamente “divertendosi”. «Attraverso la diatriba sui Promessi Sposi, come sull’insegnamento del latino o della storia del- l’arte, - scrive Marcello Fois - si può misurare la maturità di una cultura, persino millenaria, come la nostra. Chi tenta la strada del piacere della lettura in quanto tale, a scuola è destinato a soccombere. Il piacere della lettura è una conquista, spesso privata, spesso dettata da un amalgama esistenziale imponderabile, spesso extrascolastico… Il destino dell’insegnante, co- me del genitore, è l’inattualità e l’impopolarità. Esattamente come il destino di un grande classi- co». E questo classico che è “I Promessi Sposi” Il battistero di Oggiono con raffigurati San Rocco e San Sebastiano IO MI RICORDO Cartoline da Lecco di Francesco Giordano Tra i personaggi che hanno onorato Lecco ricordo il concittadino dottor Ugo Merlini, figura stimata e cordiale. Fu alla testa dell’Ordine dei dottori e ragionieri commercialisti lecchesi, apprezzato e amato, tanto da meritare l’appellativo di “Presidentissimo”. Orgoglioso di avere militato da Ufficiale nel Corpo degli Alpini partecipò alla Campagna in Russia dell Armata dell’Esercito italiano, inquadrato nella gloriosa Divisione Julia. Le drammatiche vicende della ritirata dopo la battaglia sul Don sono narrate dal Tenente Silvio Bedeschi, che le visse, nel romanzo autobiografico “Centomila gavette di ghiaccio”. Reduce da tale spedizione il Tenente Ugo Merlini si dedicò alla professione e, dando maggior prestigio all’ ANA, ne divenne anche Presidente. In tale veste Mostre di foto “Crisi del silenzio” e la “Notte Rosa” romagnola organizzò con altri il Raduno nazionale della Penne Nere a Lecco, che vide l’affluenza di migliaia di alpini . Il numero dei partecipanti al raduno fu superato solo al suo funerale, che riempì le piazze XX Settembre e Cermenati sin sotto la gradinata della Basilica San Nicolò e il fronteggiante Lungolago. Scomparve durante un viaggio in auto con la famiglia. Sulla via per Bormio cedette la guida a uno dei figli e venne colpito a morte da un masso precipitato dalla montagna che raggiunse solo lui, seduto alla destra del conducente. Lo scrittore Marcello Fois
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Page 1: Mostre di foto “Crisi del silenzio” e la “Notte Rosa” …...Circolo Figini si conferma, dunque, come un luogo privilegiato per la fotografia. Ricordiamo innanzi-tutto il contributo

LA PROVINCIA 37LUNEDÌ 10 DICEMBRE 2018

Sino a giovedì prosegue al Circolo Figi-ni a Maggianico, la mostra fotografica“Pinkedelic... la Notte Rosa” di Gio-vanni Bartesaghi ed Elio Pozzoli, en-trambi del Circolo Fotografico di In-verigo.

Le fotografie esposte documentano la notte rosache si svolge tutti gli anni sulla riviera romagnola.Fotografi molto diversi l’uno dall’altro, GiovanniBartesaghi ed Elio Pozzoli hanno in questo casocondiviso una sorta di reportage che ha volutoripercorrere un evento certamente unico nel suogenere. A seguire, sabato 15 dicembre alle ore 17 verràinaugurata una nuova mostra fotografica di LuigiMontuoro dal titolo “La crisi in silenzio”. Gli scattidi Montuoro vogliono proporre delle istantaneedelle famiglie italiane nell’epoca della crisi. IlCircolo Figini si conferma, dunque, come un luogoprivilegiato per la fotografia. Ricordiamo innanzi-tutto il contributo notevole che il Circolo Figiniha dato, con l’apporto di Giancarlo Losa, allascoperta di un fotografo straordinario come CarloMoldenhauer. Le oltre mille istantanee di Carlo Moldenhauer,scattate tra il 1893 e il 1908, sono un patrimonioculturale di grande importanza per la nostra città.Tra le tante mostre fotografiche che hanno trova-to sede al Circolo di Maggianico, ci piace ricordarequella intitolata “Umberto Paramatti: la brevestoria di uno sguardo”, svoltasi nel 2003. Curatada Luigi Erba e Barbara Cattaneo, ha permessodi riscoprire un fotografo straordinario per troppianni rimasto pressoché sconosciuto. E ancora,è da menzionare la mostra del fotografo leccheseFederico Wilhelm intitolata “Anastasis”: un re-portage fotografico che testimonia la celebrazio-ne della Pasqua ortodossa in Grecia, a Creta, nelpaesino di Kamilari. Infine, non si può dimenticare la mostra fotografi-ca che ha celebrato i settant’anni del Circolo. Inquell’occasione sono state esposte fotografie diPio Tarantini e Luigi Erba per una mostra daltitolo emblematico: “Memorie industriali traLecco e Milano”. Furono esposte fotografie diLuigi Erba, relative al Caleotto, che dialogavanocon quelle di Pio Tarantini, esponente di spiccodella fotografia italiana contemporanea. Di Tarantini furono messe in mostra le fotografieintitolate “Capodanno alla Geloso occupata”; unlavoro realizzato a Milano il 1° gennaio 1973, nellasede dell’omonima ditta milanese occupata daglioperai. Come si vede un lungo percorso quello delCircolo Figini che intende proseguire in questesue proposte di alto profilo culturale.

La chiesa del Lazzaretto a Oggiono

La forza dei Promessi Sposi si misura anche nelloro essere “entrati” entro espressioni e modidi dire che provengono direttamente dal roman-zo. Fois ne cita alcuni: dal celeberrimo “questomatrimonio non s’ha da fare” a “la sventuratarispose”. Il più curioso e divertente è però quel“Tizzone d’inferno!” che troviamo esclamatoda Renzo ed Agnese e ritroviamo in bocca a KitCarson, il grande amico di Tex Willer. Da unclassico della letteratura ad un fumetto di Bo-nelli il salto non è male ed è sintomatico dellapermeabilità straordinaria di certe opere. Que-sto di Marcello Fois è un libro che parte dai“Promessi Sposi” per poi avventurarsi nei sen-tieri della cultura, perché «leggere un classico– dice lo stesso autore – è come visitare isotterranei di una città. In superficie, alla lucedel sole, si stratifica il mutamento, ma lì sotto,nel sistema circolatorio, si può individuarel’articolazione delle fondamenta, affascinanti,labirintiche, semplificate e sostanziali, comele sinopie sotto gli affreschi».

ha contribuito non poco a fondare e dare corpoalla nostra tradizione letteraria. Per Fois, Man-zoni ha fatto da apripista al nostro pensieroletterario insieme ad altre due opere: “Cuore”di Edmondo De Amicis e “Pinocchio” di Collodi:«Correvano quarantuno anni tra “I PromessiSposi”, il lievito madre, e gli altri due, maservirono tutti per pensare e costruire unapatria, per concepire la necessità di un sensodi popolo… Lo stesso era accaduto con il melo-dramma. Verdi sta a Puccini e Leoncavallo comeManzoni sta a De Amicis e Collodi, nel sensoche gli uni completano il progetto dell’altronell’ambito della costruzione di uno specificoitaliano. Né Verdi, né Manzoni avevano bisognodi gregari che tirassero la volata al modello,eppure i fenomeni si assestano a patto chepossano crescere e moltiplicarsi. I caratteri diquesta nazione nascono prima di lei, come avevapredetto il Manzoni che, nel 1840, fa iniziare“I Promessi Sposi” con una minaccia mafiosa.Più chiaro di così».

classe perché “sono una barba”. Ecco allora ilbraccio alzato di un’allieva che in modo gentilema fermo, contesta l’intenzione della sua pro-fessoressa, dicendole che “I Promessi Sposi”,semplicemente, “si devono fare”. Questione diruoli e priorità per Fois, ma anche la necessitàdi far passare un concetto fondamentale, valea dire che i “classici” vanno conquistati e nonnecessariamente “divertendosi”. «Attraverso la diatriba sui Promessi Sposi, comesull’insegnamento del latino o della storia del-l’arte, - scrive Marcello Fois - si può misurarela maturità di una cultura, persino millenaria,come la nostra. Chi tenta la strada del piaceredella lettura in quanto tale, a scuola è destinatoa soccombere. Il piacere della lettura è unaconquista, spesso privata, spesso dettata da unamalgama esistenziale imponderabile, spessoextrascolastico… Il destino dell’insegnante, co-me del genitore, è l’inattualità e l’impopolarità.Esattamente come il destino di un grande classi-co». E questo classico che è “I Promessi Sposi”

Il battistero di Oggiono con raffigurati San Rocco e San Sebastiano

IO MI RICORDO

Cartoline da Leccodi Francesco Giordano

Tra i personaggi che hanno onorato Lecco ricordo il concittadino dottor Ugo Merlini, figura stimata e cordiale. Fu alla testa dell’Ordine dei dottori e ragionieri commercialisti lecchesi, apprezzato e amato, tanto da meritare l’appellativo di

“Presidentissimo”. Orgoglioso di avere militato da Ufficiale nel Corpo degli Alpini partecipò alla Campagna in Russia dell Armata dell’Esercito italiano, inquadrato nella gloriosa Divisione Julia. Le drammatiche vicende della ritirata dopo la battaglia sul Don sono narrate dal Tenente Silvio Bedeschi, che le visse, nel romanzo autobiografico “Centomila gavette di ghiaccio”. Reduce da tale spedizione il Tenente Ugo Merlini si dedicò alla professione e, dando maggior prestigio all’ ANA, ne divenne anche Presidente. In tale veste

Mostre di foto“Crisi del silenzio”e la “Notte Rosa” romagnola

organizzò con altri il Raduno nazionale della Penne Nere a Lecco, che vide l’affluenza di migliaia di alpini . Il numero dei partecipanti al raduno fu superato solo al suo funerale, che riempì le piazze XX Settembre e Cermenati sin sotto la gradinata della Basilica San Nicolò e il fronteggiante Lungolago. Scomparve durante un viaggio in auto con la famiglia. Sulla via per Bormio cedette la guida a uno dei figli e venne colpito a morte da un masso precipitato dalla montagna che raggiunse solo lui, seduto alla destra del conducente.

Lo scrittore Marcello Fois

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