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Movimento Domenicano del Rosario - Provincia “S. Domenico ... · l’allegato modulo di c/c...

Date post: 21-Nov-2018
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Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art ,1 comma 2, CB Bologna - Anno XLIV - n. 1 - I trimestre Movimento Domenicano del Rosario - Provincia “S. Domenico in Italia” Convegno del Rosario: Bologna 10 aprile 2011 Fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce 1/2011
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ROSARIUMPubblicazione trimestrale del

Movimento Domenicano del Rosario

Proprietà:Provincia Domenicana S. Domenico in Italia

via G.A. Sassi 3 - 20123 Milano

Autorizzazione al Tribunale di Bolognan. 3309 del 5/12/1967

Direttore responsabile:fr. Mauro Persici o.p.

Rivista fuori commercio

LLee ssppeessee ddii ssttaammppaa ee ssppeeddiizziioonnee ssoonnoo ssoosstteennuuttee ddaaii bbeenneeffaattttoorrii

Anno 44°- n. 1

stampa: Grafiche Lusar srlNovate - via Vialba 75

Movimento Domenicano del RosarioVia IV Novembre 19/E

43012 Fontanellato (PR)Tel. 0521822899Fax 0521824056Cell. 3355938327

e-mail [email protected]

CCP. 22977409

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Il numero è stato chiuso l’1 marzo 2011

Domenica 10 aprile 2011 Convegno del Rosario

Convento di San Domenico, BolognaOrmai tradizionalmente prima del mese di maggio vogliamo incontrarci per ravviva-re la comunione che ci unisce preparandoci a celebrare solennemente il mese diMaria con rinnovata profondità e fervore.Anche nel 2011 l’occasione di questo incontro ci è donata dall’annuale Convegno delRosario: momento di incontro, preghiera, discussione e confronto su un tema cheanche quest’anno si rivela di particolare interesse… poi che dire della possibilità diritrovarci dove sono gelosamente custodite le spoglie mortali di san Domenico, coluial quale, come attesta la tradizione, la Vergine volle consegnare il rosario?

contemplati alla scuola della B. Vergine Maria

I parte

I misteri della vita di Cristo

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Vincenzo Battagliafrate minore, è professore ordinario di cristologia alla PontificiaUniversità Antonianum. Attualmente è Decano della Facoltà diTeologia della medesima Università e Presidente della PontificiaAccademia Mariana Internazionale. La sua pubblicazione più recente: Gesù Cristo luce del mondo.Manuale di cristologia, Edizioni Antonianum, Roma 2008 (ristampa).L’esposizione, inscritta nel contesto del rapporto tra riflessione teologi-ca ed esperienza spirituale, è orientata verso la dimensione marianadella spiritualità cristiana. Per la trattazione dell’argomento centrale,oggetto del presente contributo, è stata adottata la metodologia coeren-te con il modello narrativo storico-salvifico che caratterizza la tradizio-ne biblica e, in particolare, il vangelo quadriforme.

I misteri della vita di Cristo nell’esperienza spiritualeRimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da sestesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete inme… Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nelmio amore. Se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mioamore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimangonel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e lavostra gioia sia piena» (Gv 15,4.9-10).Il verbo rimanere che domina il brano giovanneo porta con sé, allo stes-so tempo, la forza del desiderio e la certezza del dono. Mentre palesasenza mezzi termini il desiderio di poter legare a sé, per sempre, i disce-poli che solo da lui possono ricevere la vita eterna, Gesù promette egarantisce loro il dono di un’unione che nasce ed è giustificata dallarelazione d’amore – l’agape – che caratterizza il suo rapporto con ilPadre. L’amore che egli prova per i discepoli affonda le radici nell’amo-re che il Padre nutre per lui e, nello stesso tempo, ne è il prolungamentoe la rivelazione storica; rivelazione che è costituita da quanto ha detto eha fatto nel corso della sua vita terrena e che sta per portare a compi-mento, poiché si sta preparando ad affrontare l’«ora» della passione.Sarà l’«ora» in cui, consumando il dono supremo di sé con la morte di

Proseguiamo la lettura del libro Il rosario tra devozione eriflessione, che abbiamo presentato nel numero precedente diRosarium, proponendovi l’articolo di Vincenzo Battaglia.

Il volume è in vendita presso l’ESD:via dell’Osservanza 72, 40136 Bolognatel. 051582034 e-mail:[email protected]

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croce, mostrerà di aver amato i suoi «fino alla fine» (Gv 13,1), di essersidonato interamente. Infatti «nessuno ha un amore più grande di questo:dare la vita per i propri amici» (Gv 15,12).Ogni volta che un discepolo intende conoscere la fisionomia autenticadell’amore – dell’agape – con cui il Signore lo ama, per percepirne egustarne la presenza nella propria interiorità e nella propria vita, devefare riferimento, prima di tutto e necessariamente, alla Parola di Dio,alle narrazioni evangeliche; deve mettersi in ascolto del Maestro, ilVerbo della vita «pieno di grazia e di verità» (cf. Gv 1,14-17). L’eventodell’Incarnazione culminato nella Pasqua garantisce il valore assoluto enormativo che va riconosciuto all’esistenza «nella carne» che l’Uni-genito Figlio di Dio ha assunto dalla Vergine Maria, per opera delloSpirito SantoIl Signore Gesù, dovunque si trova – presso Dio, presso il mondo epresso la Chiesa – vi si trova con tutto il suo «mistero» di cui la Chiesafa memoria, nell’attesa della sua venuta, celebrando e contemplando i«misteri» della sua vita, di cui è resa partecipe dallo Spirito Santo.I mysteria carnis Christi sono sia gli avvenimenti – dai racconti dell’in-fanzia fino alla Pasqua – sia la predicazione, i miracoli, gli atteggiamen-ti: tutti dati storici che gli evangelisti hanno trasmesso attraverso le loronarrazioni in quanto sono dotati di un particolare significato rivelativo esalvifico, e, pertanto, sono stati ritenuti necessari e insostituibili per con-durre alla fede e alla salvezza. Questo criterio è stato enunciato autore-volmente dal quarto evangelista: Gesù, in presenza dei suoi discepoli,fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questisono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, eperché, credendo, abbiate la vita nel suo nome (Gv 20,30-31). Scrive Schönborn: “Tutti i misteri della vita di Cristo hanno in comunetre caratteristiche fondamentali: sono rivelazione del Padre, mistero diredenzione e mistero della rinnovata ricapitolazione (recapitulatio) ditutte le cose sotto un unico capo. A questi tratti fondamentali corrispon-dono per noi tre modi di partecipare ai misteri di Gesù: la vita di Gesù èil nostro modello, Gesù la ha vissuta per noi e fa sì che viviamo in luitutto ciò che egli ha vissuto, ed egli vive in noi”.È appena il caso di ricordare che il contatto con i misteri della vita diCristo – e con la grazia ad essi propria – avviene, nel tempo dellaChiesa, specialmente attraverso la liturgia e il ciclo dell’anno liturgico.In particolare, come insegna la Sacrosanctum Concilium, la Chiesadistribuisce l’intero mistero di Cristo nel corso dell’anno, dall’incarna-zione e dalla natività fino all’ascensione, al giorno della pentecoste eall’attesa della beata speranza e del ritorno del Signore. Ricordando inquesto modo i misteri della redenzione, essa apre ai fedeli i tesori dellapotenza e dei meriti del suo Signore, in modo da renderli come presenti

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a tutti i tempi, affinché essi possano venirne a contatto ed essere pienidella grazia di salvezza.Data quest’ottica liturgica, diventa rilevante sottolineare che l’esperien-za spirituale – la vita in Cristo secondo lo Spirito – trae forza e alimen-to soprattutto dalla celebrazione dei sacramenti, con al culminel’Eucaristia, come pure dalla preghiera contemplativa e dal contattoquotidiano con la Parola di Dio, accostata, nella sua ricchezza inesauri-bile, secondo la dottrina dei quattro sensi. A tale riguardo, dalla magistrale ricostruzione fatta da Henri de Lubacsi evince che, oltre al significato letterale/storico, fondamentale e irri-nunciabile, gli autori dell’epoca patristica e del medioevo hanno valo-rizzato anche il significato spirituale o mistico. Quest’ultimo si è rami-ficato in tre direzioni, dando luogo all’allegoria (che ha per oggetto leverità relative al Cristo e alla Chiesa), alla tropologia (che si riferiscealla regola di vita e all’atteggiamento spirituale dei credenti) e all’ana-gogia (si tratta del senso escatologico, relativo al compimento ultimodella storia della salvezza). Il dato essenziale e unificatore resta sempre il Mistero del Cristo, «pre-figurato o reso presente nei fatti, interiorizzato nell’anima individuale,giunto a compimento nella gloria»; Mistero nel quale si deve scorgere,con uno sguardo unitario, anche il Mistero della Chiesa. Per questaragione – per la presenza di Cristo nella sacra Scrittura (cf. SC 7) – l’a-scolto e l’accoglienza della Parola di Dio conducono alla celebrazionedell’Eucaristia, centro e forma della vita della Chiesa. In verità, comesi legge nelle proposizioni finali elaborate dal Sinodo dei Vescovi dedi-cato al tema della Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa:“La parola di Dio si fa carne sacramentale nell’evento eucaristico eporta al suo compimento la sacra Scrittura. L’eucaristia è un principioermeneutico della sacra Scrittura, così come la sacra Scrittura spiega eillumina il mistero eucaristico... Senza il riconoscimento della presenzareale del Signore nell’eucaristia, l’intelligenza della Scrittura rimaneincompiuta”.

La Beata Vergine Maria tipo e modello della ChiesaLa costituzione dogmatica Lumen gentium del Concilio Vaticano IIinsegna che la Vergine Maria, Madre del Figlio di Dio, figlia predilettadel Padre e dimora dello Spirito Santo, «è riconosciuta anche comemembro sovreminente e singolarissimo della Chiesa, sua figura (typus)e modello eccellentissimo nella fede e nella carità».La stessa tesi viene riproposta più avanti, nella terza parte del capitoloVIII, incentrata sul rapporto tra la beata Vergine Maria e la Chiesa. Riprendendo una frase di sant’Ambrogio, i padri conciliari hanno inse-gnato che la Madre di Dio è figura della Chiesa nell’ordine della fede,

della carità e della perfetta unione con Cristo. Infatti nel mistero dellaChiesa, che a buon diritto può anch’essa chiamarsi madre e vergine, labeata vergine Maria è andata avanti per prima, fornendo un modelloeminente e singolare di vergine e madre.In forza della sua presenza materna, richiamata in modo particolare dalnumero 62, e per la sua funzione di figura (typus) e modello (exemplar)della Chiesa – il binomio è menzionato nei due brani citati –, la Madredel Figlio di Dio coopera alla generazione e alla formazione dei fedelicon amore materno, si legge ancora nelle ultime righe del numero 63.Alla luce di queste asserzioni, e per logica conseguenza, il testo conci-liare si sofferma a indicare in che modo la Chiesa è impegnata ad imita-re le virtù di colei che riconosce quale sua madre spirituale. La primaindicazione è l’invito a considerare attentamente «l’arcana santità» dellavergine Maria, a volgere gli occhi a lei «che rifulge come modello divirtù davanti a tutta la comunità degli eletti», a ripensare piamente a leie a contemplarla «nella luce del Verbo fatto uomo». Così facendo, la Chiesa penetra con venerazione e crescente compren-sione nell’altissimo mistero dell’incarnazione e si conforma sempre piùal suo Sposo. Maria infatti, per essere entrata così intimamente nellastoria della salvezza, in qualche modo compendia in sé e irraggia leprincipali verità della fede. Cosicché quando la si predica e la si onora,ella rimanda al Figlio i credenti, li chiama al suo sacrificio e all’amoredel Padre.Nello stesso tempo, vengono segnalati i presupposti epistemologici e ifrutti di questa contemplazione. Innanzitutto, essa deriva ed è guidatadalla fede nel Figlio di Dio incarnato (valore assoluto/primato dellamediazione cristica) ed è in funzione del rapporto con Lui (finalità cri-stocentrica). In secondo luogo, la contemplazione induce a collocare, a pensare lapresenza della Vergine Maria nel cuore della storia della salvezza, e,quindi, aiuta ad immergersi sempre di più nel meraviglioso disegno sal-vifico di Dio, perché fa vedere l’intimo nesso esistente tra le principaliverità della fede.Sulla base di queste precisazioni dottrinali, il numero 65 del testo conci-liare pone al centro dell’imitazione della Vergine Maria la pratica dellevirtù teologali, l’adesione alla volontà di Dio e l’impegno a svolgere lamissione apostolica con l’atteggiamento e i sentimenti suggeriti dall’a-more materno.A partire da queste brevi note tratte dal capitolo VIII della Lumen gen-tium che consentono di valorizzare nel modo dovuto la dimensionemariana della spiritualità cristiana, la riflessione si volge ora verso l’at-teggiamento più idoneo che la esprime: l’affidamento filiale alla Madredi Dio, la quale – insegna Giovanni Paolo II – resta per sempre «testi-

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mone eccezionale del mistero di Cristo», come lo fu agli albori dellaChiesa, «per tutti coloro che costituivano il germe del “nuovo Israele”». Nella medesima enciclica si legge: “La dimensione mariana della vita diun discepolo di Cristo si esprime in modo speciale proprio mediante taleaffidamento filiale nei riguardi della Madre di Dio, iniziato col testa-mento del Redentore sul Golgota. Affidandosi filialmente a Maria, ilcristiano, come l’apostolo Giovanni, accoglie «fra le sue cose proprie»la Madre di Cristo e la introduce in tutto lo spazio della propria vitainteriore, cioè nel suo “io” umano e cristiano. «La prese con sé». Così egli cerca di entrare nel raggio d’azione di quella «materna carità»,con la quale la Madre del Redentore «si prende cura dei fratelli delFiglio suo», «alla cui rigenerazione e formazione ella coopera» secondola misura del dono, propria di ciascuno per la potenza dello Spirito diCristo. Così anche si esplica quella maternità secondo lo spirito, che èdiventata la funzione di Maria sotto la Croce e nel cenacolo”.Quanti si affidano a lei e si mettono alla sua scuola imparano da lei –Madre, Discepola e Serva del suo Figlio Gesù Cristo – a seguire, amareed imitare sempre più intensamente l’unico Signore e Maestro, sotto laguida dello Spirito Santo.Una scuola, quella di Maria, tanto più efficace, se si pensa che Ella lasvolge ottenendoci in abbondanza i doni dello Spirito Santo e insiemeproponendoci l’esempio di quella «peregrinazione della fede», nellaquale è maestra incomparabile. Di fronte a ogni mistero del Figlio, Ellaci invita, come nella sua Annunciazione, a porre con umiltà gli interroga-tivi che aprono alla luce, per concludere sempre con l’obbedienza dellafede: «Sono la Serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto».Pertanto, la preghiera del Rosario, che insegna a meditare i misteri dellavita di Gesù Cristo, conduce a Lui facendo ripercorrere «la via diMaria», donna di fede, di silenzio e di ascolto. Paolo VI aveva giàrichiamato con l’esortazione apostolica Marialis cultus il valore delladimensione contemplativa: «per sua natura la recita del Rosario esige unritmo tranquillo e quasi un indugio pensoso, che favoriscano nell’orantela meditazione dei misteri della vita del Signore, visti attraverso ilCuore di Colei che al Signore fu più vicina, e ne dischiudano le inson-dabili ricchezze». Con la preghiera del Rosario, afferma Giovanni PaoloII, si accresce l’intimità con il Signore Gesù: la vita cristiana è un cam-mino di conformazione crescente a Lui, che porta ad avere un compor-tamento sempre più coerente ai suoi sentimenti (cf. Fil 2,5), per cui nelpercorso spirituale del Rosario, basato sulla contemplazione incessante– in compagnia di Maria – del volto di Cristo, questo ideale esigente diconformazione a Lui viene perseguito attraverso la via di una frequenta-zione che potremmo dire “amicale”. Essa ci immette in modo naturalenella vita di Cristo e ci fa come “respirare” i suoi sentimenti.

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Se la società oggi è debole, è perché è impregnata di relativismo. È troppo spesso incapace didistinguere cosa sia valore e cosa non lo sia, nei casi più estremi anche incapace di valutarel'esistenza stessa di valori intangibili o di una morale naturale nell'uomo in quanto uomo. Il

che presenta un drammatico rovescio della medaglia: espone cioè pericolosamente al possibileritorno di nuove ideologie, tutt'altro che scomparse.I nuovi “mostri”, in grado di ubriacare le menti ed annientare il pensiero, assumono diversi nomi:ecologismo, scientismo, materialismo, psicologismo, terzomondismo, pauperismo, genderismo,economicismo, narcisismo... Ma tutti, tutti sono riconducibili ultimativamente ad un solo, tremendo«nemico»: il “riduzionismo”, che traduce la complessità del reale in semplici formule chimiche, leistituzioni – a partire da quella prioritaria, la famiglia – in banali “contratti sociali”, la fede in unamitologia credulona, i doveri ed i diritti in opzioni negoziabili, le culture in opinioni. L'unica regolaconsisterebbe, al massimo, nel cercar di rendere le conclusioni coerenti con le premesse, indipen-dentemente dalla loro fondatezza. Tutto qui.Da ciò deriva il rifiuto di applicare quel principio di “precauzione”, altrimenti sbandierato oltremisura (come nel caso, discutibilissimo, degli ogm), anche sulla ricerca riguardante le cellule stami-nali embrionali, finanziata caparbiamente e contro ogni evidenza scientifica da molti Stati. Da ciòderiva il rifiuto di adeguare la legge 194 sull'aborto alle nuove certezze mediche in campo neonata-le, laddove consentono di salvare un bambino già alla 22ma settimana e non più alla 24ma, com’eraun tempo. Uno sguardo che voglia essere autenticamente umano, allora, non può prescindere dalla dimensionedel cuore. E questo ben lo evidenzia Papa Benedetto XVI nell'enciclica “Spe salvi”, laddove parlaanzi di un cuore “allargato e poi ripulito”, l’unico in grado di confrontarsi con l'immensità delCreato, di vivere la dimensione grande della “purificazione”.Il dato di partenza, insomma, dev'essere uno solo, come lo stesso Pontefice ha ben espresso il 6ottobre del 2008, intervenendo in Vaticano all'inizio della prima Congregazione Generale delSinodo dei Vescovi su “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”: “Solo la Paroladi Dio – ha precisato – è fondamento di tutta la realtà”. Affermando “in aeternum, Domine,Verbum Tuum constitutum est in coelo... firmasti terram et permanet”, si afferma al contempo pro-

“Le norme obiettive sono acces-sibili anche ai non credenti –dice il Papa – ma la ragione dasola non basta”

Una fede astratta?Macché, il realismoha sede nella Paroladi Dio!

Ruolo della fede – prosegue il Pontefice – è quello di“aiutare nel purificare e gettare luce sull'applicazionedella ragione nella scoperta dei principi morali oggettivi”

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prio questa solidità della Parola, vera realtà, su cui basare la propria vita. Ce lo dice il Libro deiSalmi: cieli e terra son destinati a passare, non invece la Parola di Dio. Per essere veramente realisti,occorre far conto su questo. Esser realisti non significa toccar con mano: si può toccar con manol’amore di una madre per il figlio? L’amore tra due coniugi? Il semplice senso di bellezza, che pro-viamo di fronte all’opera d’arte? Eppure, non sarebbe irrealistico – e disumano – non ammetternel’esistenza? Questo sarebbe lo sguardo limitato di chi costruisce la casa della propria vita esclusiva-mente sul successo, sulla carriera, sul denaro, in un parola sulla sabbia, destinata un giorno a svani-re. Molto meglio costruire piuttosto la casa della propria vita sulla roccia, stabile come il Cielo,

ovvero riconoscere nel Verbo divino il fondamento di tutto. Questo è sano realismo!In occasione della beatificazione del Card. John Henry Newman, il Santo Padre ha evidenziatocome uomini e donne siano stati “creati ad immagine e somiglianza di Dio, per conoscere la Verità,per trovare in essa la nostra definitiva libertà e l'adempimento delle più profonde aspirazioniumane”. Rifiutare una concezione relativistica del mondo vuol dire allora non solo riconoscere l'esi-stenza di una Verità, ma significa implicitamente anche denunciare l'errore. Se esiste il vero, vuoldire che esiste anche il falso: “Coloro che vivono della e nella Verità riconoscono istintivamente ciòche è falso e, proprio perché falso, è nemico della bellezza e della bontà, che accompagna lo splen-dore della Verità, Veritatis splendor”.La via della coscienza che lo stesso Card. Newman visse sulla propria pelle, abbandonando l'angli-canesimo per abbracciare e divenire figlio del Cattolicesimo, pagando per questo anche un pesantecosto personale, fu “tutt'altro che una via della soggettività, che afferma sé stessa”: fu “invece unavia dell'obbedienza alla Verità oggettiva”, superando lo stesso soggettivismo evangelico a favoredell'oggettività del dogma, proprio come legame alla Verità. “Quella Verità”, che ultimativamente“è nient'altro che Gesù Cristo”, come ha felicemente ed esaustivamente spiegato il regnantePontefice, Verità tanto potente da render capaci di sacrificare per essa anche affetti, amicizie e

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ponendo finanche a rischio la propria stessa vita, ha un diretto collegamento col rapporto fede-ragione. “La via della coscienza non è chiusura nel proprio «io» – ha proseguito Benedetto XVI –ma è apertura, conversione ed obbedienza a Colui che è Via, Verità e Vita”. Nella Westminster Halldi Londra, in occasione del discorso ai parlamentari ed alle autorità, ancora il Papa ha ricordatocome “la tradizione cattolica” sostenga “che le norme obiettive, che governano il retto agire, sonoaccessibili alla ragione, prescindendo dal contenuto della Rivelazione”. Per questo, possono “esse-re conosciute dai non credenti”, sia pur a fatica. Ciò non significa però che la ragione, da sola,possa bastare. Tutt'altro: la fede, anzi, interviene “per aiutare nel purificare e gettare luce sull'appli-

cazione della ragione nella scoperta dei principi morali oggettivi. Il mondo della secolarità razio-nale ed il mondo del credo religioso hanno bisogno l'uno dell'altro e non dovrebbero aver timore dientrare in un profondo e continuo dialogo per il bene della nostra civiltà”.In tutto questo, una dimensione rilevante assume l’ambito che, del sociale, fa il proprio terreno quo-tidiano di confronto: quello della politica, nel senso ampio, nobile e bello del termine, come gestio-ne condivisa della cosa pubblica, come costruzione e realizzazione dell’umana avventura, della casadi tutti. Ha scritto in merito mons. Giampaolo Crepaldi, Arcivescovo di Trieste, Presidente dellaCommissione “Caritas in veritate” del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (CCEE) ePresidente dell’Osservatorio Internazionale “Cardinale Van Thuan” sulla Dottrina Sociale dellaChiesa: “La politica ha bisogno di uomini di fede, di credenti impegnati in essa, affinché la stessaragione politica possa ampliarsi verso quanto attende l'uomo nella sua totalità e trascendenza”. Edancora: “Il cattolico impegnato in politica dovrebbe essere guidato da un sano realismo cristiano.La verità è la realtà. Il bene non è altro che la realtà, in quanto desiderabile. Il cattolico si attengaa questa realtà e vedrà che spesso le cose non sono come le ideologie le presentano”. Un realismodecisamente con i piedi ben piantati per terra…

Mauro Faverzani

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Tempo fa, in occasione di un mio viaggio in Italia, ho accompagnato padre Mauro dalle Marcheal Friuli, per visitare persone e gruppi iscritti al Movimento del Rosario. Padre Mauro mi avevainvitato perché potessi conoscere da vicino la realtà dei padrini e madrine che hanno “adottato a di-stanza” i nostri ragazzi del Centro di Santa Cruz do Rio Pardo, in Brasile. Di questa visita mi sonorimasti nel cuore tanti ricordi belli! Ancora una volta ho potuto constatare la realtà del mondo dellasolidarietà. Grazie a Dio, esistono molte persone che fanno il bene, che sono generose e cercano diaiutare chi si trova in necessità. È il regno della carità operosa, della quale i giornali non hanno inte-resse a parlare, perché è solo il male che fa notizia e garantisce lucro...! Questo “regno” del bene èun segno e un frutto concreto della presenza del Regno di Dio in mezzo a noi! Tra i tanti incontri, uno mi ha particolarmente emozionato: una madrina marchigiana, che ormai daparecchi anni fa adozione a distanza per aiutare il Centro di Santa Cruz, mi mostrava la collezionedi letterine e di fotografie dei vari ragazzi che ha adottato in questi anni. Ne aveva adottati diversi,uno dopo l’altro, in modo che quando uno lasciava il Centro ne adottava subito un altro. Mi ha col-pito l’affetto profondo con cui apriva le letterine e mi mostrava i disegni e le fotografie dei ‘suoi ra-gazzi’! Una ‘maternità del cuore’, che travalica la barriera dell’Oceano!Adozione a distanza! Che cos’è? Come funziona? Diciamo subito che è il classico caso di quando

Adozione a distanza:quanta solidarietà !

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Fra Mariano Foralosso op, che per noi cura i rapporticon il Centro San Giuseppe di Santa Cruz do Rio Pardo(San Paolo - Brasile) ci racconta:

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si pigliano due piccioni con una fava! Chi l’haideata è stato un genio del bene, anche se cer-tamente non aveva coscienza di quanto essafosse delicata ed esigente. Da una parte c’è ilbambino di favela, figlio del “popolo in più”,il cui futuro è gravemente minacciato dall’ab-bandono, dalla malnutrizione e dalla brutalescuola di vita che è la strada. Nelle città delBrasile ce ne sono milioni! Dall’altra c’è lapersona di buon cuore, che abita normalmentedall’altra parte dell’oceano e che, avendo avu-to notizia di questa tragedia, è disposta ad aiu-tare. In mezzo, a fare da ponte, c’è il Centroche accoglie questi ragazzi poveri. Grazie a Dio, di questi Centri della Gioventùce ne sono molti, sbocciati come fiori nell’in-ferno delle immense favelas di São Paolo e dimolte altre città del Brasile, tra cui anche San-ta Cruz. Questi Centri sono nati dal cuore edal coraggio di persone di buona volontà chevivono qui in Brasile. Persone, come freiFrancisco Pessuto (frei Chico), che di frontealla situazione di ‘emergenza’ in cui vivonotanti bambini e adolescenti delle favelas, nonsolo si sono detti « bisogna fare qualcosa» maancor più hanno gridato «io devo fare qualco-sa»! E lo hanno fatto! Nel caso di Santa Cruz,l’Opera di frei Chico accoglie attualmente piùdi quattrocento bambini e adolescenti poveri,garantendo loro accoglienza, nutrimento, for-mazione umana e preparazione alla vita.Come si fa e come funziona una “adozione adistanza”? Quando una persona decide di “a-dottare” un bambino, in pratica decide di aiutare l’Opera di frei Chico ad accogliere, nutrire ed edu-care un bambino offrendo un contributo periodico che viene inviato all’Opera per mezzo di PadreMauro. L’offerta dell’adozione a distanza non va direttamente al bambino o alla sua famiglia, ma vaall’Opera, perché possa accogliere il bambino e dargli quello di cui ha bisogno per la sua crescita ela sua educazione. Nel caso specifico di coloro che vengono a contatto tramite il Movimento delRosario, le offerte si mandano a Padre Mauro, Promotore del Movimento, che le raccoglie e ce leinvia con esattezza scrupolosa. Al padrino/madrina si manda la scheda di un bambino, con la foto ele informazioni necessarie. Tra il padrino/madrina e il bambino adottato si stabilisce una comunica-

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zione e un rapporto di amicizia. Questo di-pende anche dall'età del bambino perché, seè piccolo, non è in condizione di capire e dicomunicare. Due volte all’anno il padrino ola madrina riceverà tramite padre Mauro unaletterina (o disegno) del bambino. I respon-sabili del Centro mandano, per mezzo di pa-dre Mauro, una nota informativa annualesulla vita del Centro e sul bambino adottato.Una delle difficoltà maggiori dell’adozione adistanza è determinata dal fenomeno dellagrande mobilità della gente che vive nellefavelas: persone e nuclei familiari senza ra-dici, senza casa vera, molte volte senza lavo-ro e, per questo, sempre a caccia di nuoveprospettive per una vita migliore.Conseguenza inevitabile di questa “mobilitàdei favelados” è il fatto che spesso il ragaz-zo che frequenta il Centro, da un momentoall’altro, può non esserci più perché la suafamiglia si è spostata in un’altra città. I re-sponsabili del Centro non hanno la possibi-lità di evitare questo, e possono solo ringra-ziare il padrino o la madrina per l’aiuto cheha dato al Centro per il bambino e invitare ilpadrino o la madrina ad adottarne uno nuo-vo: la lista di attesa è sempre molto grande!A volte qualcuno ci resta male, ma in generei nostri padrini e madrine capiscono questasituazione e accettano di fare una nuova a-dozione.

Certamente il bene e gli insegnamenti ricevutinel Centro dai ragazzi che hanno dovuto lasciarci daranno buoni frutti nella loro vita, e ne sarannosempre riconoscenti!Il sostegno a distanza è un’altra forma, per certi aspetti più semplice, di risposta alla forte “emer-genza” dei ragazzi delle favelas. È un contributo economico periodico dato all’Opera di frei Chico,sempre per mezzo di padre Mauro, senza però stabilire un contatto diretto (adozione) con uno deinostri ragazzi. Praticamente il risultato è lo stesso: si aiuta l’Opera ad accogliere i ragazzi dellefavelas. È la storia dei due piccioni con una fava! È quello che più mi importa di dire in queste poche righe.Che cosa significa per i nostri ragazzi l’esperienza dell’adozione o del sostegno a distanza? È la

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scoperta concreta che in questo mondo non c’è solo quello che hanno sotto gli occhi tutti i giorni:violenza, ingiustizia, egoismo, esclusione dei più deboli, prostituzione, droga, alcoolismo eccetera...Scoprono che a questo mondo c’è anche amore, solidarietà, accoglienza, rispetto, giustizia! Questoessi lo imparano nei nostri Centri; e lo imparano anche dai loro padrini e madrine e benefattori lon-tani! Che cosa è l’esperienza dell’adozione o sostegno a distanza per il padrino/madrina e per il so-stenitore? Come ho già detto, da quella visita fatta con padre Mauro, mi è rimasto nel cuore il ricor-do del sorriso, dell’allegria, della passione con cui tanti padrini e madrine mi chiedevano e mi parla-vano dei loro ragazzi adottati, e mi mostravano la letterina con la foto che avevano ricevuto. Sono isegni tangibili di un bene che hanno avuto il dono di compiere! È l’esperienza del dono, della gra-tuità, della paternità e maternità del cuore! A tutti voi, padrini e madrine, io trasmetto il ‘muito obrigado’ (grazie) dei nostri ragazzi! E ai ra-gazzi dell’Opera di frei Chico io dico, anche a nome di tutti voi, il nostro ‘grazie’: per la opportu-nità che ci è data di realizzare l’esperienza del ‘dono’, e di riceverne tanti benefici, per la ‘salute’del nostro cuore, per il senso vero della nostra esistenza! La Madonna del Rosario, che è la vera Mamma dei nostri ragazzi poveri, vi benedica tutte e tutti, evi ricolmi delle sue grazie!

frei Mariano S. Foralosso o.p.

Frades Dominicanos01235-010 São Paulo - SP

São Paulo 17/ 02/ 2011

Caro Padre Mauro,

con la presente voglio confermarti d’aver ricevuto (oltre allenumerose quote per le adozioni) anche l’offerta generica di 500,00 Euro che mihai mandato, da parte di vari benefattori, a favore dell’Opera Centro São Josédi Santa Cruz do Rio Pardo. Ti prego di trasmettere il nostro più vivo ringrazia-mento, oltre che ai vari Padrini e Madrine, anche alle persone che hanno datoqueste offerte. La generosità di tutti costoro ci permette di continuare a garan-tire ai nostri ragazzi accoglienza, protezione dalla ‘scuola’ della strada, ali-mentazione, formazione umana e cristiana e preparazione alla vita. Siamocerti che Signore non si farà vincere in generosità e li ricolmerà delle sue gra-zie e benedizioni. I nostri ragazzi pregano ogni giorno per i loro benefattori. Un caro saluto a tutti!

Padre Mariano Foralosso OP

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A coronamento di quel dono di grazia che l’Anno sacerdotale è stato, l’11 giugno scorso, circadiciassettemila sacerdoti provenienti dai cinque continenti, si sono riuniti a Roma, attorno al Papa,per la concelebrazione eucaristica più grande della storia. Al termine, come un padre si assicura chei figli, in procinto di partire per una terra lontana, abbiano gli strumenti necessari per affrontare ilviaggio ed evitarne i possibili pericoli, il Santo Padre ha affidato e consacrato tutti i sacerdoti, pre-senti e del mondo, alla Beata Vergine Maria, venerata con il titolo di Salus populi Romani. Dietro questo grande “gesto magisteriale”, insieme alla fede salda e coraggiosa di Pietro, risplendela coscienza che la Chiesa ha della propria imprescindibile e sempre nuova dimensione mariana, diquanto sia una cosa sola con la Vergine Santa, “proto-cellula” del Corpo ecclesiale, nella quale l’i-niziativa della Grazia divina e la libera accoglienza umana si sono perfettamente coniugate, inaugu-rando il definitivo inizio della salvezza. A sua Madre, Cristo stesso ha affidato tutto il popolo dei credenti nella persona del discepolo predi-letto, indicando così la natura della Chiesa che da Lui sarebbe nata: un solo Corpo, una sola Carnein Lui, con Maria. Nella Beata Vergine, così, la Chiesa contempla il più perfetto modello di fede edil segno di sicura speranza nella gloria futura. Secoli e secoli di fede, santità ed insegnamenti magisteriali indicano, nella devozione mariana la“strada-maestra” del cammino di perfezione cristiana. Da oltre un secolo, poi, l’invito alla preghieradel santo rosario, caratterizza il mese di ottobre, che sta per cominciare. A questo proposito, è quan-to mai utile considerare le ragioni della profonda ed affettuosa devozione che il popolo cristiano hasempre nutrito nei confronti di questa preghiera. Non a caso, è bene ricordarlo, la recita del santorosario, in comunità o nelle proprie case, gode dell’alto riconoscimento ecclesiastico dell’indulgen-za plenaria.Dal punto di vista storico, il rapido e sorprendente sviluppo di questa splendida preghiera, attribuitodalla tradizione a san Domenico di Guzman, è stato sempre dettato nei secoli da una duplice ragio-ne: da un lato, la straordinaria fecondità spirituale, sperimentata da quanti vi si affidavano; dall’al-tro, il suo essersi rivelata come mezzo efficacissimo per ottenere la protezione divina, nelle vicen-de storiche, che, durante il secondo millennio, hanno minacciato l’Occidente cristiano e la stessa

La preghiera del rosario nella vita sacerdotale

Un solo corpo in Cristo con Maria

Mauro PiacenzaArcivescovo titolare di Vittoriana Segretario della Congregazione per il Clero

Chiesa (cfr. Leone XIII, Supremi apostolatus officio, 1 settembre 1883).Ultima luminosa testimonianza del Rosario quale via ad Iesum per Mariam ci è stata offerta dalservo di Dio Giovanni Paolo II nella lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae. Egli, sulla scortadei principali insegnamenti di spiritualità mariana, ha indicato, nel proprio motto episcopale, la con-sacrazione a Maria come la via più sicura ed efficace per la conformazione del discepolo a CristoSignore: “Totus tuus”.Come non riconoscere, soprattutto nella vita ed in ciascuna giornata del sacerdote, la preziosità delrosario, quale memoria della salvezza, o come educazione del cuore all’atto di fede nel definitivoingresso di Dio nella storia? Come non sentire l’urgenza di praticarne e diffonderne ancor più larecita, di fronte alle insidie dell’epoca contemporanea?Tuttavia, prima di ogni altra considerazione, è necessario riconoscere come la preghiera del rosarioalimenti la nostra stessa identità sacerdotale.Se, infatti, nel renderci partecipi del Suo Sacerdozio - come il Papa ha autorevolmente insegnato(cfr. Veglia in occasione dell’Incontro Internazionale dei Sacerdoti a conclusione dell’AnnoSacerdotale, 10 giugno 2010) - Cristo ci tira dentro di Sé e così ci permette di usare il Suo stesso“io”, è nella contemplazione dei Misteri della Sua vita, tramite gli occhi ed il cuore immacolato diMaria, che possiamo conoscerLo di più, apprendere i Suoi sentimenti, accogliere la grazia che cidona nella quotidiana celebrazione eucaristica e renderci sempre più disponibili a quanto Eglidispone per noi.Sarà la Beata Vergine Maria, che ora in corpo ed anima contempla la Gloria del Figlio, a comuni-carci, come per osmosi, l’amore per il Figlio. Non stanchiamoci mai di imparare dalla Madre delBell’Amore, che ha pronunciato, per tutta la Chiesa, il “sì” incondizionato alla volontà di Dio, per-mettendo così l’Incarnazione del Verbo, l’essere stesso della Chiesa e la Presenza sacramentale,ora, di Cristo nell’Eucaristia.A Lei, al suo cuore,siamo misticamenteuniti, non solo comemembra della Chiesa,ma specialmente, inquanto sacerdoti: sia-mo alter Christus, altrisuoi figli!Essere sacerdoti, quin-di, significa anche, pergrazia, essere con Ma-ria un solo cuore. Significa poter esulta-re: Totus tuus sumMaria et omnia meatua sunt!

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Si racconta che lo scrittore Julien Green nel suo cammino di conversione si recasse spessodavanti alle chiese per osservare i cristiani che uscivano dalle celebrazioni e li osservava involto cercando di cogliere su di essi il segno della gioia. Se veramente vedono Cristo, se

vivono il mistero del suo amore, devono essere gioiosi, pensava. In effetti, un vero cristiano nonpuò non nutrire nel cuore una gioia che lo porta a vivere il presente con un atteggiamento di fer-mezza e fiducia insieme. Da dove nasce, da dove ci viene la gioia? Certamente la fonte ultima è la stessa Trinità, nello sco-prire la sua azione in mezzo a noi e in nostro favore: è l’agire di Dio nella storia umana... un agireche si vive nella memoria delle cose già fatte, ma anche nel continuo agire nel presente che suscital’atteggiamento di fiduciosa speranza anche nei momenti meno comprensibili e dolorosi dellanostra esistenza e si trasforma in una partecipazione operosa, da parte nostra, allo stesso agire diDio, facendoci carico della realtà dei nostri fratelli, soprattutto dei più bisognosi, nella certezza che,in questo modo, stiamo collaborando alla realizzazione e più pronta venuta di quei “cieli nuovi eterra nuova in cui avrà stabile dimora la giustizia”, di cui ci parla Gesù e che scaturiranno comefrutto prezioso del dono di se stesso per tutti noi e della nostra risposta...

La gioia cristiana non è un atteggiamento esteriore e superficiale, nasce dall’interno del nostroessere, ne diventa come il canto che illumina e manifesta il suo crescere progressivo secondo ilmodello che è Cristo stesso...

è frutto dello Spirito che agisce in noi e nel mondo perché, ovunque trova una vera disponibilità,porti alla pienezza della realizzazione del disegno di Dio, così che vi sia un cammino vero verso laricapitolazione finale in Cristo.

La gioia dunque nasce da una presenza che è Gesù stesso e lo Spirito d’Amore che Lui ci dona,affinché questo stesso amore che ha condotto Lui a darsi per noi, ci aiuti a comprendere e ripercor-rere questa strada così che anche noi ne siamo trasformati e collaboriamo a trasformare la realtà congesti che sbocciano dall’amore...

In questa risposta che produce la gioia, potremmo dire, per usare una immagine, che la gioia diCristo è come un immenso fiume sotterraneo che scorre nelle profondità del nostro essere e delmondo, e solo chi sa rinunciare alla strada comoda e superficiale di facili soluzioni per scenderenella conoscenza di sé e degli altri, scavando il pozzo dell’amore può attingere di quest’acqua!

Ogni gesto d’amore, ogni dono di sé, anche nelle cose più piccole di ogni giorno, è come una badi-

LLaa ggiiooiiaanneellllaa vviittaa ddeell ccrriissttiiaannoo

Padre Fiorenzo Forani o.p.

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lata di terra che viene tolta e quindi un approfondire il nostro pozzo che diventa così più abbondan-te di queste acque misteriose che sono il dono di Cristo, sempre più in grado di portarci là dove arri-veremo ad attingere per dissetarci e dissetare. La prima caratteristica dei santi, proprio perché attingono profondamente a Cristo è quella dellagioia e della pace che riescono a trasmettere, tanto che ne è nato quel proverbio che dice: “Unsanto triste è un tristo santo...” come dire, se non c’è gioia vuol dire che c’è poca santità...!E’ chiaro, comunque, da quanto appena detto, che la gioia viene come frutto di una vita vissuta congrande serietà - sembra quasi un controsenso! - nella misura in cui c’è un impegno vero per nonsprecare i doni che il Signore ci ha fatto e farli fruttificare in un atteggiamento che è, istante peristante, un rifuggire dalla ricerca del proprio comodo e del proprio egoismo e un aprirsi al dono...perché è il dono che nasce dall’amore vero che fa crescere la vita, e dove la vita è in crescita, làsgorga una gioia sempre nuova anch’essa in crescita... questo perché il nostro essere è stato volutoda Dio capace di aprirsi all’incontro con la sua stessa realtà infinita, e tutto quello che aiuta la cre-scita vera nell’essere è fonte di gioia, proprio perché aumenta la nostra partecipazione all’esserestesso (o vita..) del nostro Dio, preparando e anticipando l’incontro pieno...questo ci porta anche ad una continua ascesi, cioè al superamento di quanto raggiunto. Dobbiamostare attenti a non diventare schiavi del desiderio di semplicemente conservare quello che ci sembradi aver già ottenuto. Nel cammino con Gesù, chi si ferma è perduto. Non siamo ancora arrivati, tuttala nostra vita è un “seguire Gesù”, un farsi dono con Lui e per Lui, in un superamento continuo del

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già raggiunto, proiettandosi verso il non ancora totalmente presente... e questo è possibile solo aiu-tandosi, aiutando il fratello a raggiungere la sua gioia...Gesù non ci chiede di aiutare i fratelli per un senso di obbedienza, ma perché quella è l’unica stra-da che ci permette di scoprire e non perdere, ma far fruttificare i doni che sono in noi, così che ilnostro essere cresca verso di lui, verso la maturità, la realizzazione di quel progetto che Dio haimmesso in ciascuno di noi al momento in cui siamo stati chiamati all’esistenza. E nella misura in cui questo progetto diviene realtà, si realizza ciò per cui Dio ci ha creati e, comeconseguenza, crescerà in noi la gioia. Chi rifiuta questo cammino e sceglie altre strade, rifiuta diessere felice, rifiuta il dono della gioia, pur cercandola disperatamente con tutte le proprie forze!La letizia spirituale, la gioia interiore che traspare su un volto sereno e da un cuore traboccante è ilfrutto di una vita donata, spesa per gli altri. La gioia è il fiore più bello che spunta dalla carità, unraggio dell’amore cristiano che illumina la nostra esistenza e la fa risplendere in tutta la varietà deisuoi doni donando vita e creando comunione...Tutto questo avviene in un cammino di umiltà, di nascondimento, il dono generoso di sé in unautentico slancio d’amore, non cerca la gratificazione personale, la lode, l’apparenza ma solo esempre il bene della persona che viene amata… proprio per questo mentre lo scandalo, la violenza,il male fanno molto chiasso, attirano l’attenzione, il bene anche se grande procede in silenzio… fapiù frastuono un albero che cade di una foresta che cresce… ma è proprio nel nascondimento, nelsilenzio, nella quasi totale invisibilità, come l’azione del lievito nella massa, che il bene, pian pianoma inesorabilmente, trasforma il mondo. Suo unico segno è la gioia che traspare sul volto di chiopera veramente il bene e segnala la nostra unica vera vocazione:la vocazione alla santità: vocazione alla gioia.

Da Antonilla, che si è recentemente iscritta al Rosario Vivente, ci giunge questa bella testimonianza di gioia:

Quando domenica pomeriggio ho finalmente detto sì a Maria, ho provato una gran-de serenità interiore. Durante il Rosario mi sono sentita avvolgere da una grandegioia a tal punto che le lacrime mi scendevano continuamente: tutta questa emozio-ne per una decina!!Con tutta sincerità dico che la Madonna la sento molto vicina ed è la mia Maestrache mi guida la mano quando faccio i fiori per l’altare e tante volte le chiedo consi-glio anche per il pranzo.Come potevo dire di no proprio a Lei?Sono sicura che mi aiuterà a non dimenticarmi nemmeno un giorno di adempiereall’impegno quotidiano preso. Grazie al Rosario Vivente, ma soprattutto grazie aMaria per la pazienza che porta con me.

Antonilla

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Dopo l’altare un altro fondamentale luogo della celebrazione è l’ambone dal quale è proclamatala Parola di Dio.Non sempre nelle nostre chiese c’è uno spazio destinato al luogo della proclamazione della Paroladi Dio. Esso il più delle volte – purtroppo! – è sostituito da un semplice leggìo, che non dice nullae, soprattutto, a volte non riesce neppure a svolgere la sua funzione, che è quella di reggere il lezio-nario e l’evangeliario. Parlare d’ambone e vedere nelle nostre chiese leggii traballanti non è moltocoerente; ma vogliamo pensare adesso agli amboni, quelli veri, sperando che in futuro si possa nonsolo sentir parlare d’ambone, ma anche vederlo nelle nostre assemblee come luogo dignitoso dellaParola e come (perché questo significa l’ambone) giardino della risurrezione di Cristo, segno mutoed eloquente della tomba vuota.Il termine “ambone” indica il “luogo elevato” (deriva infatti dal verbo greco anabàinein che signifi-ca salire) da cui si proclamano i testi biblici durante le liturgie. Gli amboni furono costruiti propriocosì: come luoghi alti su cui bisognava salire. Nella celebrazione della messa l’altare e l’ambonesegnano – attraverso una duplice dimensione spaziale – i due poli celebrativi comunemente noticome liturgia della parola e liturgia eucaristica. La “Costituzione conciliare sulla divina rivelazione” afferma: «La Chiesa ha sempre venerato le di-vine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella sacraliturgia, di nutrirsi del pane di vita dalla mensa sia della parola di Dio che del Corpo di Cristo, e diporgerlo ai fedeli» (Dei Verbum, 21). È quindi chiara la relazione che intercorre tra ambone e altare.Questa connessione fra le “due mense” dovrebbe condurre architetti e artisti a realizzare dei proget-ti che evidenzino anche stilisticamente questo reciproco legame.L’ambone ha una sua storia, come l’altare, e parte da lontano, nel periodo dopo l’esilio babilonese.Ascoltiamo dal libro di Neemia:

«Il primo giorno del settimo mese, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea de-gli uomini, delle donne e di quanti erano capaci d’intendere. Lesse il libro sullo spiazzo da-vanti alla porta delle Acque, dallo spuntar della luce fino a mezzogiorno... tutto il popolo por-geva l’orecchio a sentire il libro della Legge. Esdra lo scriba stava sopra una tribuna di legno,che avevano costruito per l’occorrenza. Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poi-ché stava più in alto di tutto il popolo; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò inpiedi. Esdra benedisse il Signore Dio grande e tutto il popolo rispose: "Amen, amen!", alzan-do le mani s’inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore» (Ne8,2.5-6).

Ambone

catechismo per tutti

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È una liturgia della Parola quella ch’è descritta, e per la prima volta si pone in risalto questa tribu-na alta, quasi come una torre, da cui è annunciata la Parola che scende sul popolo radunato. È unaParola che scende dal cielo sul popolo riunito per operare la conversione attraverso l’ascolto delSignore che parla. Nelle sinagoghe di Israele la Parola veniva proclamata da una tribuna alta. PureGesù nella sinagoga di Nazaret s’alzò a leggere le Scritture (Lc 4,16-30). L’ambone è il luogo privilegiato per l’annuncio della Parola, della buona notizia, dell’Evangelo.Quando la comunità primitiva si riuniva nelle case per l’Eucaristia, certamente il luogo non permet-teva d’avere uno spazio specifico per la proclamazione della Parola; ma dopo l’editto di Milano –emanato dall’imperatore Costantino nel 313 –, le comunità costruirono luoghi per la celebrazione eprobabilmente dalla sinagoga presero la tribuna di legno per la lettura delle Scritture. Costruironocosì i primi amboni. Strutturalmente l’ambone è realizzato secondo sistemi architettonici e stilistici diversi, e nel corsodella storia ha avuto collocazioni diverse all’interno dell’aula chiesastica. Le indicazioni proposteda “Principi e norme per l’uso del Messale Romano” sono sufficientemente chiare: «Conviene chetale luogo generalmente sia un ambone fisso e non un semplice leggìo mobile. L’ambone, secondola struttura di ogni chiesa, deve essere disposto in modo tale che i ministri possano essere comoda-mente visti e ascoltati dai fedeli» (n. 272). Inoltre le "Precisazioni CEI" invitano a non utilizzarel’ambone come supporto per altri libri all’infuori dell’Evangeliario e del Lezionario (n. 16).L’ambone è una struttura che contiene anche il leggìo per riporvi i libri delle Scritture, ma un sem-plice leggìo non costituisce un ambone. Pertanto, come nel caso dell’altare, l’ambone non va conce-pito come un arredo, ma come uno spazio architettonico armonizzato con l’ambiente che l’accogliee con le altre strutture. L’ambone non ha bisogno di essere ricoperto da drappi e altri ornamenti.Una sobria confezione floreale può porlo in risalto, ma mai occultarlo o renderlo difficilmente ac-cessibile e funzionale. È bene curare un’illuminazione adeguata per assicurare una buona visibilitàdell’ambone da parte dell’assemblea ed una perfetta leggibilità dei testi da parte dei lettori.In molte chiese sprovviste di ambone fisso si nota la presenza di due leggii: uno per la proclamazio-ne della Parola, l’altro per reggere il messale presso la sede. Può anche trovarsi un terzo leggìo perla guida dell’assemblea. Ci si potrebbe chiedere: quale, di queste strutture, è la sede della Parola di Dio? Spesso, infatti, so-no leggii uguali. Se una chiesa è sprovvista di un ambone fisso, la sede della proclamazione dellaParola deve potersi distinguere dalle altre strutture che funzionalmente sono uguali (servono tutteper sostenere dei libri), ma simbolicamente son ben diverse. Molto bella la sottolineatura di J. Alda-

Ambone

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zábal: «Una lettura, da qualunque posto sia proclamata, ha sempre lo stesso valore. Ma è certamen-te più espressivo l’annuncio fatto alla comunità da un luogo riservato e degno: è la cattedra dallaquale Dio ci parla, il vero trono della sapienza dal quale Cristo si rivela nostro unico Maestro. UnaParola che ci viene dall’alto, non inventata da noi. Una Parola trasmessa con la mediazione dellaChiesa, non per iniziativa privata».Circa l’utilizzo dell’ambone è bene ricordare che da esso si proclamano esclusivamente le letture eil salmo responsoriale. Con una ‘formula concessiva’ “Principi e norme” (n. 272) afferma: «Iviinoltre si può tenere l’omelia e la preghiera dei fedeli». L’omelia è da tenersi preferibilmente allasede (cfr. n.97). È, infine, espressamente affermato che «non è conveniente che all’ambone salga il commentatore,il cantore o l’animatore del coro». L’uso improprio dell’ambone comporta un impoverimento dellaportata simbolica che esso deve trasmettere durante le celebrazioni.

Il ministrante all’ambonePer questo significato e per l’importanza della proclamazione della Parola di Dio il ministrante staall’ambone come sta davanti all’altare: con sommo rispetto e con molta dignità. Non si va all’am-bone per qualsiasi motivo (questo lo dico soprattutto per i più piccoli che a volte sono un po’ biri-chini: non si sale all’ambone neanche per giocare con i microfoni, specialmente quando il parroconon vi vede!!!), ma solo per la proclamazione della Parola. Il ministrante, in particolare, vi sale, o si avvicina ad esso, assieme al diacono che, nella celebrazio-ne, prende il libro dei Vangeli dall’altare e lo porta solennemente all’ambone. Il ministrante accom-pagna il diacono con le candele e con l’incenso per la venerazione dell’evangeliario; vi sta fino altermine della proclamazione dell’Evangelo con dignità e, se necessario, riaccompagna il diaconoche porta l’evangeliario al presidente della celebrazione per essere venerato con il bacio, se conesso si deve benedire l’assemblea.Altare e ambone sono luoghi importanti per la celebrazione, poli ove si svolge la liturgia. Altare eambone che ci ricordano, l’uno l’importanza del sacrificio del Signore per noi e la grazia che rice-viamo allorché siamo invitati alla cena del Signore, e l’altro la necessità d’ascoltare ogni Parola cheesce dalla bocca del Signore, d’ascoltare il Figlio prediletto del Padre, d’ascoltare il Verbo di Dioper avere in noi la vita.Altare e ambone ove la Sposa (la Chiesa) si nutre al banchetto dell’unico Sposo e Signore GesùCristo che per lei si è fatto Parola e Pane di vita.

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Pregare fa bene alla salute. Non è un dogma, ma semplicemente un’esperienza mia e credo dimolti altri. Da pochi giorni è iniziato il mese di maggio, nella tradizione cattolica dedicatoalla Madonna. Fin dai nostri primi anni tutti noi credenti siamo imbevuti della devozione a

Maria, la nostra fede in Cristo è strettamente congiunta alla devozione mariana, Cristo richiamaMaria e Maria ci rimanda a Cristo.Uno dei più bei ricordi che ho conservato dei cinque anni trascorsi nel Seminario diocesano diMoncrivello (Vercelli) per il ginnasio (1940-1945) è l’appuntamento serale alla Grotta di Lourdes alfondo del grande orto e cortile. Dopo la cena e la ricreazione, si andava tutti assieme alla Grottadove dicevamo “le preghiere della buona notte” a Maria. Con breve fervorino mariano e canto fina-le nell’ora del tramonto e nel silenzio e pace della campagna, col frinire dei grilli in sottofondo, cheinvitava alla riflessione e alla commozione pregando e pensando alla Mamma del Cielo.Erano anni di guerra e il seminario sorgeva a poche decine di chilometri da Torino: a volte di sera edi notte andavamo in terrazza a vedere i lampi e tuoni dei bombardamenti e a pregare per queipoveri torinesi che morivano sotto le bombe; e poi eravamo in zona di guerriglia partigiana fra lerisaie vercellesi e le colline del Canavese. Sentivamo rac-conti di violenze, vendette, fucilazioni, torture, agguati,perquisizioni notturne, di giorno e di notte passavano inseminario gruppetti di partigiani o di militi fascisti chesuscitavano in noi ragazzini un senso di paura e di pietà.Anni di scarso e a volte disgustoso cibo (le amarissimerape bianche bollite coltivate nell’orto, che dovevamomangiare!). E poi, alla sera, il rifugio della preghiera frale braccia della Mamma, che ci mandava a letto sereni epacificati con la vita.Dobbiamo riprendere le devozioni del mese di maggio: ilRosario e il “fioretto” quotidiani, cioè la mortificazioneche ci si impone per controllare la nostra volontà e sensi-bilità e orientarle a Dio. “Bisogna mortificarsi nelle coselecite – diceva mio padre Giovanni – per poter resistere

PPrreeggaarreeffaa bbeennee aallllaa ssaalluuttee

Padre Piero Gheddo

Padre Piero Gheddo(www.gheddopiero.it), già diret-tore di Mondo e Missione e diItalia Missionaria, è stato tra ifondatori della Emi (1955), diMani Tese (1973) e di Asia News(1986). Da missionario ha viag-giato in ogni continente e hascritto oltre 80 libri. Ha diretto aRoma l’Ufficio storico del Pimeed è stato postulatore di cause dicanonizzazione. Oggi risiede aMilano.

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alle cose illecite”. L’amore e la devozione a Maria devono crescere perché, come diceva Paolo VI inun discorso del 1971, “occorre introdurre il ricordo di Maria, il suo pensiero, la sua immagine, il suosguardo profondo nella cella della religiosità personale, della pietà segreta e intima dello spirito”.In altre parole, non basta una devozione formale, il mese di maggio può portare ciascuno di noi adamare Maria con cuore sincero e filiale, in modo che diventi davvero il nostro rifugio nell’ora dellatentazione, della stanchezza, della depressione, della sofferenza e sostenga la nostra volontà nellascelta del meglio, nella costanza dell’impegno, nella capacità del sacrificio. E’ un’esperienza moltoconcreta che ciascuno può fare, impegnandosi nel mese di maggio a dare un po’ del nostro tempo edella nostra preghiera a Maria.Perché il Rosario? Per tanti motivi, ma per me è la preghiera più facile e immediata, più meditativae affettiva, che mi permette in ogni momento della mia giornata di elevarmi a Maria e a Cristo epraticare quella “preghiera continua” che è indispensabile per giungere a sentire vivamente la pre-senza di Dio in noi. Questo sentimento fa bene alla salute, perché relativizza le cose materiali, ci favivere, pur immersi nel mondo e nelle fatiche quotidiane, in una dolce unione con Dio che ci man-tiene sereni in tutte le vicende della vita.Ogni tanto, qua o là, si legge di un ritorno al devozionalismo, si critica il Papa perché, così diconoalcuni, vuole tornare al passato e far risorgere pratiche tradizionali considerate alienanti. Così ilRosario è spesso bollato per devozionalismo o conservatorismo. Ma nessun santo ha praticato uncristianesimo senza devozioni, né la Chiesa ha mai insegnato questo. Il Rosario non è certo essen-ziale alla fede, ma si manifesta ancor oggi come uno strumento importante per portare i fedeli avivere la fede. Diceva Giovanni XXIII, che del Rosario era devotissimo: “Il Rosario è un esercizioavvincente, insostituibile di preghiera”.

Roma, lunedì, 3 maggio 2010 (ZENIT.org).

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Scrivere una testimonianza sulla preghieranella nostra famiglia non significa fare unsemplice elenco delle preghiere che ne ani-mano la vita, o millantare un rapporto privi-legiato con la preghiera stessa.Il rischio è sempre quello: apparire dei sen-timentali, dichiarare un amore “grande” peril Signore e la sua santissima Madre, fare agara nell’apparire fervorosi.In realtà, tolta quella patina di cui dicevamosopra (e vi garantisco che, prima o poi, cade)che cosa rimane?La prima cosa che viene in mente è che perla nostra famiglia la preghiera è un cammino:scandisce il ritmo della nostra vita, direi anziche ne detta i tempi; e certamente cresceinsieme a noi.Questo significa innanzitutto fare della pre-ghiera – insieme certamente alla celebrazio-

Non un semplice elenco di preghiere

ne eucaristica – il centro di gravità attorno alquale ruota tutta la nostra vita.Una vita che, intendiamoci, è fatta di alti ebassi (lo stesso ritmo che segue anche la pre-ghiera) ma che lentamente, se sappiamo per-severare, si incammina verso la speranza edinizia a realizzare quello che la preghierapromette.I benefici che la preghiera arreca alla fami-glia sono ben noti a chi la pratica, ma vorreisottolineare un aspetto di cui ci stiamo sem-pre più convincendo: la preghiera, aprendo altrascendente, amplia anche gli orizzontinostri personali e della famiglia; le conferisceun respiro che, per chi vive con fede, travali-ca i confini che normalmente siamo abituati aconsiderare.Consentiteci, per ultimo, un’annotazione,questa sì “sentimentale”: quanto è belloavere la consapevolezza, mentre li ascoltipregare, che stai trasmettendo ai tuoi figlil’unica cosa importante; l’alfabeto per potercomunicare con Dio.

A Gesù per Maria.Massimiliano Guerrini

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I Misteri del RosarioCon il Dono del Rosario,del Vangelo abbiamo il notiziario;la vita di Gesù con Maria impariamo,e per la santità ci addestriamo!

Dai Misteri Gaudiosi apprendiamoche nel “Sì” di Maria anche noi risplendiamo,e se con Lei ci accompagniamo,la nostra vita con Gesù ridisegniamo.

Con i Misteri Luminosi si prosegue,nella sana dottrina che si segue,con Gesù verso il Regno dei Cieli andare,e con Maria di grazie abbondare!

I Misteri Dolorosi di Gesù ci diconoquanto i nostri peccati lo feriscono;ma con Maria e il suo Rosario a Gesù possiamo darela nostra vita da salvare!

Dai Misteri della Gloria così scopriamoche con Gesù noi risorgiamo;e se con Maria le Glorie mediteremo,l’intero Paradiso abbracceremo!

Ave MariaAve Maria, ti prega il mio cuore,e subito mi torna il buonumore.Che se son triste e la Tua Corona prendo,il mio cuore si fa contento.Resta con me, Madre mia,non permettere che io vada via,E con san Giuseppe il Tuo dolce Sposo,fa che con Gesù per sempre io riposo!

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Al Cuore di GesùCuore di Gesù, mio dolce amore,dei miei guai il Salvatore.Se mi scordo di invocarTi,non permettere di abbandonarTi!

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Cuore di MariaCuore di Maria, dolce Madre mia,non permettere che da te vada via.Se mi vedi distratto dalle mode del momento,dammi subito un avvertimento!

Corona del RosarioLa Corona del Rosario che mi è stata un dì donata,fra le mani e sul cuor l’ho sempre portata.Ma non è un monile, né superstizione,

Piccole giaculatorie in rima

Dorotea Lancellotti ci ha inviato questepiccole giaculatorie in rima e brevi pen-sieri dedicati a Gesù e a Maria Santis-sima.

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la si usa e la si porta con devozione!I suoi grani bisogna usare,le Ave Maria ripassare;i suoi Misteri meditare.E quando il Rosario è finito,di buoni propositi è così guarnito,allora alla mia dolce Madre l’affido,e nel suo materno aiuto per sempre confido!

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RispostaUna vita senza Dio non funziona,il Rosario verso Lui ci direziona;chi non domanda non riceve risposta,e il Rosario di Maria alla Verità ci riaccosta!

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ProsperitàDio ama compiere le sue opere con mezzi poveri,e le Corone del Rosario son come tanti ricoveri;diamo a Dio una fede generosa,e da Maria la grazia giungerà prosperosa!

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La viaLa speranza fa sì che l’uomo non si chiuda in se stesso,con il Rosario e genuflesso,al mio dolce Signore consegno il successo,ma anche l’insuccesso.E attraverso il Cuore di Maria,mi sarà aperta ogni via!

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Innamorarsi del RosarioChi vuole essere amico di Gesùe autentico discepolo diventare,la Madre Maria da Lui non può separare.E per coltivare con Lui la vera intimità ed amicizia,ti conviene il Rosario adoperare con dovizia.Quando ti fermi a meditar

di Betlemme quel Natale,dal quel “Sì” generoso della Madre ricevi l’adozione parentale;e se alle Nozze di Cana ti fermi a pensaredi come quell’intercessione fu vitale,comprenderai come nel mistero dell’Eucarestia,ci fu donata una grande amnistia.Ai piedi della Croce quel fermento fu Sacramento,e Gesù morente la Madre ci diede nell’accompagnamento.Ma non la morte ebbe l’ultima parola,e con Maria meditiamo questa gloria,Ella ci dice che il Figlio Suo è il Viventee nella Chiesa questo è testimoniato abbondantemente!

Ora Gesù la Madre Sua porta in gloria,e questa è la vera cronistoria:come vedi il Rosario abbiamo meditato,suvvia! Prendi questa Coronae siine innamorato!

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Sacra ScritturaLa lettura della Sacra Scrittura è preghiera,e del Vangelo il Rosario di Maria è ereditiera,dei Misteri contenuti è gioielliera;con lo Spirito Santo è referentedi una promessa adempiente.

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La felicitàNon c’è un vero conoscerese non c’è amore,e il Rosario di Maria è un ottimo alimentatore.Conoscere solo in superficie non basta,conoscere con il cuore ti entusiasta!Ben conosce Maria dell’uomo l’esigenza,di avere della vera felicità piena conoscenza,Ella con il Rosario per tutti ne dà prova,e giunti da Gesù l’anima si ristora!

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TeologiaDio è il soggetto della teologia,e il Rosario di Maria ci dispiega la Sua pedagogia,nel suo parlare e pensare a Dio ascoltiamo,e ad ogni uomo la Sua Parola portiamo.

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ResponsabilitàLaddove Dio viene escluso dalla sfera pubblica,immediatamente la menzogna fra gli uomini brulica,le categorie di bene o di male svaniscono,e le anime degli uomini avviliscono!Ma se tu porti di Maria il Dono del Rosario,il bene e il male non è più confusionario.L’Uomo così comprende qual è la via retta,e se hai pazienza con l’amor l’accetta.Si risveglia anche la responsabilità individuale,e, con il Rosario, alla salvezza l’uomo arriva puntuale.

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Rosario e MessaQualcuno erroneamente pensa,che il Rosario la Messa scompensa...ma questo è un errore grave,poiché il Rosario, della Messa, fa da architrave!Non dare ascolto a chi il Figlio separa dalla Madre,perché il Suo Rosario ci riporta al Padre.Prendi questa Corona se ancor non sei convinto,e medita dei suoi Misteri il Cuor di Dio dipinto.Confida nella Madre che sempre attende,l’uomo che nella confusione fraintende,per portarlo da Gesù, Suo Amore,e donargli l’autentico buonumore.

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RivelazioneSenza un adeguato raccoglimento,non è possibile avvicinarsi a Dio con arricchimento.Se usi il Rosario per comprendere la Rivelazione,avrai la Verità senza adulterazione!

In caso di mancato recapito inviare all’ufficio di Bologna CMP detentore del contoper la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa

ore 09,30 ritrovo in piazza San Domenicoore 09,45 Ora mariana nel Salone Bolognini ore 11,00 Tavola rotonda con:

Mauro Faverzani (giornalista)Antonio Gaspari (“Zenith” e “l’Ottimista”)Dorotea Lancellotti (laica domenicana, sposa e madre)don Paolo Zuttion (Caritas diocesana di Gorizia)Presiede: fra Riccardo Barile (Provinciale Domenicani)

ore 13,00 Pranzo al sacco in un locale del Conventoore 15,00 Rosario meditato con testimonianze dei ragazzi

della “Comunità Cenacolo” di suor Elviraore 16,30 S. Messa concelebrata in Basilica, presiede

fra Riccardo Barile op, Provinciale Domenicani ore 17,15 Conclusione

domenica 10 aprile 2011Convento San Domenico - Bologna

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rgvenite, vi aspettiamo


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