+ All Categories
Home > Documents > N. 2/2014 FEBBRAIO MENSILE DELL’A.N.A. · e b b a i o 2 0 1 4 10 16. 3 2-2014 «Qui, noi facciamo...

N. 2/2014 FEBBRAIO MENSILE DELL’A.N.A. · e b b a i o 2 0 1 4 10 16. 3 2-2014 «Qui, noi facciamo...

Date post: 16-Feb-2019
Category:
Upload: buithuan
View: 213 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
48
Poste Italiane S.p.A – sped. in a.p. – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1- LO/MI Anno XCIII – N. 2 N. 2/2014 FEBBRAIO MENSILE DELL’A.N.A. LA FORZA DEI GIOVANI
Transcript

Pos

te It

alia

ne S

.p.A

– s

ped.

in a

.p. –

D.L

. 353

/200

3 (c

onv.

in L

. 27/

02/2

004

n° 4

6) a

rt. 1

com

ma

1- L

O/M

I Ann

o X

CIII

– N

. 2

N. 2/2014FEBBRAIO

MENSILE DELL’A.N.A.

LA FORZA DEI GIOVANI

22-2014

AUTORIZZAZIONE TRIBUNALE NUMERO 229Iscrizione R.O.C. n. 48

DIRETTORE RESPONSABILEBruno Fasani

DIREZIONE E REDAZIONEvia Marsala, 9 - 20121 Milanotel. 02.29013181 - fax 02.29003611

INTERNET E-MAILwww.ana.it [email protected]

COMITATO DI DIREZIONEAdriano Crugnola (presidente), Ildo Baiesi,Roberto Bertuol, Mario Botteselle,Massimo Curasì, Bruno Fasani, Roberto Migli,Massimo Rigoni Bonomo, Salvatore Robustini

NON ISCRITTI ALL’ANAAbbonamenti, cambio indirizzo, rinnovitel. 02.62410215 - fax [email protected] per l’abbonamento a L’Alpinoper l’Italia: 15,00 europer l’estero: 17,00 eurosul C.C.P. 000023853203 intestato a:«L’Alpino» - via Marsala, 9 - 20121 MilanoIBAN: IT28 Z076 0101 6000 0002 3853 203BIC: BPPIITRRXXX

ISCRITTI ALL’ANAGli iscritti all’ANA, per il cambio di indirizzo, devonorivolgersi esclusivamente al gruppo o alla sezione diappartenenza.

Stampa: Amilcare Pizzi s.p.a.Via Amilcare Pizzi, 1420092 Cinisello Balsamo (MI)

Progetto grafico e impaginazione: Camillo Sassi

Chiuso in tipografia il 28 gennaio 2014Di questo numero sono state tirate 367.061 copie

ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINIVia Marsala, 9 - 20121 Milano

Segreteria: tel. 02.62410200fax [email protected]

Segretario Nazionale: tel. [email protected]

Amministrazione: tel. 02.62410201fax 02.6555139

[email protected]

Protezione Civile: tel. 02.62410205fax 02.62410210

[email protected]

Centro Studi ANA: tel. 02.62410207fax [email protected]

Servizi ANA srl: tel. 02.62410219fax [email protected]

3 Editoriale

4 Lettere al direttore

8 I Marò e l’onore violato, di Toni Capuozzo

10 La forza dei giovani

16 I sentieri degli alpini 1914-1918

20 Brescia: celebrato il 71° di Nikolajewka

22 Gli eroi della Cuneense

24 Nostri alpini in armi

26 Aspettando l’Adunata di Pordenone

28 Parole attorno al fuoco

32 I nostri musei: Domodossola

33 Sfogliando i nostri giornali

35 In biblioteca

36 Incontri

38 Alpino chiama alpino

40 Dalle nostre sezioni

47 CDN dell’11 gennaio 2014e calendario manifestazioni

sommario IN COPERTINA

Nella forza dei giovani il futuro della nostra Associazione.Nella foto un “bocia”della sezione di Cuneo.

febbraio 201

4

1010 1616

32-2014

«Qui, noi facciamo così.Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi e per questo viene chiamato democrazia.Qui, noi facciamo così.Le leggi qui assicurano una giustizia uguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo maii meriti dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamatoa servire lo Stato. Ma non come atto di privilegio, bensì come una ricompensa al merito. La povertà noncostituisce in questo un impedimento.Qui, noi facciamo così.La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana. Noi non siamo sospettosi uno dell’altro enon infastidiamo mai il nostro prossimo. Se al nostro prossimo piace vivere a modo suo, noi siamo liberi.Liberi di vivere come ci piace e tuttavia sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo. Un cittadino, quida noi, non trascura il bene pubblico quando attende alle proprie faccende private, ma in nessun caso sioccupa delle faccende pubbliche per risolvere le proprie questioni private.Qui, noi facciamo così.Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non di-menticarci mai di coloro che hanno subito un’offesa. Ma ci è stato insegnato anche a rispettare quelleleggi non scritte, che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è di buon senso.Qui, noi facciamo così.Un uomo che non si interessa dello Stato noi non lo consideriamo innocuo. Semplicemente inutile. Ben-ché in pochi siano in grado di dar vita ad una vera politica, beh, tutti, qui da noi, siamo in grado di giu-dicarla. Noi non consideriamo la discussione un ostacolo alla democrazia. Noi crediamo che la felicitàsia frutto della libertà, ma la libertà sia solo frutto dei valori. Insomma, io proclamo Atene scuola del-l’Ellade e proclamo che ogni ateniese deve far prosperare in sé una felice versatilità, fiducia in se stessoe prontezza nell’affrontare qualsiasi situazione. Ed è per questo che la nostra città è aperta ed è per que-sto che noi non cacciamo mai uno straniero.Qui, ad Atene, noi facciamo così».Queste parole che ho voluto spartire con i lettori de L’Alpino sono parole che Pericle pronunciò 2465anni fa, esattamente nel 451 prima di Cristo. Tempi che, inconsciamente, siamo portati a confinare ne-gli spazi bui dell’arretratezza, nella mancanza di sviluppo, ma che, in realtà, contengono bagliori straor-dinari di luce e di modernità. La scienza e la tecnica ci hanno consegnato mezzi straordinari, ma abbia-mo finito per consegnarci ad esse, rinunciando spesso alla forza trascinante del pensiero e della cultura.Soprattutto lasciandoci rubare la libertà più profonda, continuando ingenuamente a proclamarci senzapadroni.Queste parole me le ha consegnate una signora greca che, come molti altri suoi concittadini, vive le dif-ficoltà che sta attraversando il suo Paese, alle prese con molte contraddizioni di vario genere. Mi ha fattoimpressione ascoltarle, sia perché sono facilmente applicabili anche all’Italia, ma soprattutto perché sonoparole capaci di insinuarsi nella coscienza contemporanea, come un tarlo che pone interrogativi profon-di. A chi ha compiti di responsabilità sociale, ma anche al cittadino comune, spesso combattuto tra unacrescente indignazione per il modo in cui è mal governato e la tentazione di rifugiarsi nel privato, comese la sua esistenza non appartenesse ad un corpo sociale.Trovo queste parole particolarmente significative anche per gli alpini, chiamati a servire lo Stato non perprivilegio, ma per spirito di servizio. Un servizio che non ha bisogno di far ricorso a titoli accademici o dialtro genere per rendersi utile agli altri. Le mani e il cuore non attingono la loro aristocrazia alle gran-dezze convenzionali, ma esclusivamente all’ampiezza della generosità. Sapendo che è solo dal bene co-mune che può crescere anche il proprio.

Bruno Fasani

EDITORIALE

Parole antiche sempre nuove

42-2014

IDENTITÀ E CONTINUITÀ

Caro direttore, ho letto solo oggi sul numero di dicembre deL'Alpino gli auguri del nostro presidente nazionale

Sebastiano Favero e ho particolarmente apprezzato il trafilettoche riguarda i giovani. Io faccio parte del gruppo alpini di OzzanoMonferrato e giovedì 12 dicembre siamo stati onorati della visitadel presidente Favero nella cerimonia di conferimento dei"Distintivi d'Oro" sezionali.Questo riconoscimento, creato alcuni anni fa dal nostro presiden-te sezionale Gianni Ravera, viene conferito a quegli alpini che sisono distinti per particolari meriti e che una apposita commissio-ne ha designato dopo avere esaminato le varie segnalazioni dicapigruppo o altri.Nel discorso pronunciato all'inizio della cerimonia il presidenteFavero, dopo parole di ringraziamento, apprezzamento e altro,aveva fatto appello agli alpini presenti e soprattutto ai capigruppoperchè cerchino di avvicinare i giovani, di attirarli, di capirli più

ONORI AL CARNEFICECarissimo Direttore, ritorno con una considerazione che sento

di dover esternare. Il 10 febbraio lo Stato ricorda l’esodo dioltre 200mila istriani fiumani e dalmati e la tragedia delle foibecon le sue migliaia di vittime. Però una dozzina di vie di città ita-liane (Aci Sant’Antonio, Campegine, Nuoro, Palma diMontechiaro, Parma, Quattro Castella, Reggio Emilia,Scampitella, Ussana, Verzino) sono ancora intitolate al mare-sciallo Tito, boia degli italiani alla fine della seconda guerra mon-diale. Il Giorno del Ricordo viene celebrato dalle autorità conuna cerimonia solenne nel palazzo del Quirinale. La legge che loistituì fu approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento ita-liano il 16 marzo 2004. In questa data si onorano le vittime diuna strage che per troppo tempo è stata colpevolmente ignorata.Restano indelebili le ferite morali e i danni patrimoniali chemigliaia di persone subirono, avendo come unica colpa quella diessere italiani. Non basta una medaglia agli eredi per cancellare una ferita anco-ra aperta, non certo curata dal trattato di Osimo. Manca tuttaviala coerenza con il sacro valore della giustizia. Nel 1969 il presi-dente Giuseppe Saragat concesse il riconoscimento più prestigio-so al leader jugoslavo Josip Broz Tito e a tre dei suoi luogotenenti,dimenticandosi repressioni politiche e pulizie etniche anti italia-ne. Né finora hanno avuto ascolto le richieste di revoca da piùparti avanzate, con l’unica incredibile motivazione che non sipuò fare perché l’insignito è morto. Il Cavalierato di Gran Croceè il più importante fra gli Ordini nazionali ed è destinato a“ricompensare benemerenze acquisite verso la Nazione nelcampo delle lettere, delle arti, dell’economia e nel disimpegno dipubbliche cariche e di attività svolte a fini sociali, filantropici edumanitari, nonché per lunghi e segnalati servizi nelle carrierecivili e militari”.Delle due l’una. O la vicenda delle foibe è un’invenzione (alloranon si capisce perché la Giornata del Ricordo) oppure la conces-sione dell’onorificenza è stata una colossale ipocrisia consumataper interessi non dichiarabili e assolutamente incoerenti con lemotivazioni indicate dalla stessa legge istitutiva. Apparteniamoad un Paese che celebra le vittime delle foibe e allo stesso tempocontinua a onorare il loro carnefice. Si è fatta politica estera sullapelle delle stesse popolazioni che già ebbero a pagare ritorsioni

non giustificabili ma certamente successive ad altri ingiusti com-portamenti e crudeltà, che ci sono state, la cui responsabilità èstoricamente ascrivibile al fascismo e alla monarchia. Pensareche tutto sia stato risolto con piazzale Loreto e con l’esilio del redi maggio è una superficiale ipocrisia. Anche la nomina deinuovi senatori a vita appare come un’anacronistica eredità diprerogative monarchiche. Antico privilegio che potrebbe essercirisparmiato, anche perché aggiunge privilegio a quelli esistenti egià ampiamente contestati. La sintesi, amara, di questo ragionamento è che ci sentiamo scip-pata la sovranità e dignità di popolo. Chi ci guida ha perso lacapacità di ascoltare e interpretare i sentimenti popolari. Dopo laliberazione abbiamo rapidamente dimenticato che il fascismopurtroppo era condiviso “a furor di popolo”. Sembrava che nel-l’immediato dopoguerra l’Italia avesse imparato la lezione, ma èstata un’illusione. Abbiamo colpevolmente sottovalutato peranni il pericolo di un degrado morale che sembrava esser estra-neo al nostro personale benessere. Abbiamo lasciato che preva-lessero gli interessi di bottega e ce ne accorgiamo ora, perché sen-tiamo su di noi i morsi della crisi economica che ancora unavolta, a furor di popolo, genera la richiesta di mandare a casa siail puparo che i pupi di un teatro il cui spettacolo sempre più sem-bra essere solo quello dei burattini.Se è vero che l’esperienza è la somma degli errori commessi,prendiamone atto e cerchiamo in futuro di ricordarlo.

Maurizio MazzoccoCapogruppo di Legnago - sezione di Verona

Caro Maurizio, tu sai bene che la Ragion di Stato, insieme agli inte-ressi economici, è spesso nemica della verità e qualche volta anchedella giustizia. Non solo nel caso che tu citi, ma ancor oggi. Basta pen-sare ai diritti civili negati in Cina, nella più assoluta indifferenza delmondo, quello che, con la Cina, ci fa gli affari. Oppure pensa alla per-secuzione dei cristiani, la più devastante in duemila anni di storia,senza che i governi europei si mobilitino minimamente per fermarla.Pecunia non olet, dicevano gli antichi. Il denaro non puzza, diciamonoi, e così tra un affare da mandare in porto e l’ingordigia istituziona-lizzata, sulla pelle della gente si consumano le ingiustizie. Quelladell’Istria ieri, quella delle nuove povertà, morali ed economiche, oggi.

che biasimarli perchè il nostro futuro è nelle loro mani.Con l'abolizione del servizio militare di leva è venuta meno unascuola di valori che rendeva i giovani più forti moralmente, piùmaturi, più responsabili, più preparati per affrontare la vita civile.Noi alpini abbiamo il dovere di cercare di colmare questo vuoto,e questo "impegno e traguardo" che ci addita il nostro presidentenazionale è lavoro da sviluppare e da tradurre in azioni concrete.

Cap. Lauro LupariaGruppo di Ozzano Monferrato,

sezione di Casale Monferrato

Quanto ci stiano a cuore le nuove generazioni emerge anche dai serviziche abbiamo voluto dedicare loro in questo numero de L’Alpino. Nonsolo per ragioni di anagrafe, considerato che il futuro appartiene a loro,ma prima ancora per ragioni pedagogiche. Siamo sempre più convintiche lo spirito alpino abbia molto da insegnare loro. In tempi di emer-genza educativa, un po’ di naja, magari alpina, rappresenterebbe una“cura” formidabile per ridare anima e mani al tessuto sociale.

lettere al direttore

Alpino febbraio 2014 ultimo:01-07 30/01/14 12:09 Pagina 4

52-2014

Penso che l’Inno unisca tutti noi e che altre canzoni in realtà celi-no solamente un malcontento generale, che certe persone nonvogliono o fanno finta di non vedere.

Nereo Pozza - Romano d’Ezzelino

Caro alpino (nell’animo), il tuo desiderio di portare un cappello con lapenna dice quanto profonda e radicata sia, nel tessuto sociale dellenostre terre, la cultura degli alpini, quasi una lingua della vita, parlatacon le tradizioni e coi fatti. È comunque una cultura che si può farepropria, come già stai facendo, perché gli alpini non sono escludenti maincludenti. Con loro si è sempre di casa. Hai ragione a dire che l’Innonon è solo nostro. Ma noi non è che ne vogliamo l’esclusiva. Soltantoc’è che quando lo cantiamo lo riempiamo della nostra storia.

IL CAPPELLO IN CHIESA

Caro direttore, so di ripetere il solito argomento, ma anchequest’anno all’interno del Duomo di Milano durante l’annua-

le Messa per i Caduti (complimenti a tutti per la grande parteci-pazione) decine se non centinaia di alpini hanno indossato il cap-pello durante la funzione.Io credo che i capigruppo debbano spiegare ai loro soci che non èassolutamente disonorevole togliersi il cappello in casa di altri.Altra osservazione, il mio cappello ha ormai 45 anni, ma cerco ditenerlo come l’ho ricevuto senza trasformarlo in un vetrina dimedaglie ed orpelli vari, senza parlare poi degli abbinamenti piùstravaganti tra distintivi e nappine delle fogge più strane.Un caro saluto alpino ed un ricordo affettuoso ai nostri Maròdimenticati dal nostro governo.

Alberto Facciolo - Gruppo di San Giuliano Milanese

Le disposizioni sono chiarissime, basterebbe conoscerle e applicarle. IlCDN ha stilato un “cerimoniale” (è consultabile sul nostro portalewww.ana.it) a cui attenersi nelle varie circostanze, anche se non c’èda farsi troppe illusioni. Come dice il proverbio, non c’è peggior sordodi chi non vuol sentire.

UNA VIA DAL NOME CONTROVERSO

Mi ha molto stupito la presa di posizione dell’alpino Bonfantisul cambiamento del nome di una via di Pelugo, piccolissi-

mo paese della val Rendena, da via De Gasperi a via deiKaiserjäger. Certo, concordo con lui che cancellare un grandepersonaggio che ha fatto moltissimo per il nostro Trentino non èstata un’idea geniale. Al limite potevano cambiare con qualchealtro personaggio, e ce ne sono a bizzeffe. Comunque che l’abbia-no intitolata ai Kaiserjäger m’ha fatto immenso piacere. Temoche il signor Bonfanti, nonostante il cognome, non sia Trentinodoc altrimenti avrebbe taciuto, perché in ogni famiglia veramentetrentina c’è stato un Kaiserjäger padre, nonno o bisnonno. Miononno, che ho avuto il grande dono di aver conosciuto e di cuiho raccolto la testimonianza verbale sui fatti della prima guerra edei tempi successivi, ha combattuto nel 1° ReggimentoKaiserjäger “Trento” in Galizia contro i russi portando a casa, gra-zie a Dio, la pelle. Io sono molto orgoglioso di aver avuto unnonno Kaiserjäger che, pur a guerra finita, ha dovuto continuarea combattere contro le angherie dei soldati italiani che continua-vano a depredare i prodotti della sua campagna e che alle suerimostranze loro, i fratelli liberatori, gli dicevano: “Taci tu, che sei

UN ALPINO “ECUMENICO”

Pregiatissimo direttore, ho letto l’articolo “alpini e basco” nelnumero di dicembre 2013 e la cosa mi ha rispolverato un pia-

cevole ricordo della naja. Deve sapere che avrei preferito andarenei carabinieri ausiliari, visto che padre e nonno ne avevano fattoparte, in alternativa l’alpino... ma nel 1968 il destino mi ha por-tato a Roma dove ho frequentato la scuola allievi sottoufficialidell’esercito, alla Cecchignola, quindi niente berretto rigido eniente penna sul cappello ma basco. Il basco, nessuno saprà maiquanto mi stava sulle scatole quel pezzo di sacco.Per la mia serietà di allievo, venni a sapere per caso, da un mare-sciallo di fureria, che sarei rimasto come istruttore. Ero disperatoma venni anche a sapere che il capitano comandante la scuolapuniva i peggiori allievi mandandoli al “freddo” in montagna enegli alpini.Oibò, quale occasione, cominciai a rompere i ranghi, a fare cazza-te e disobbedire. Fui chiamato dal comandante per rendere contodi questo cambiamento e lì venne fuori la verità. Apprezzò la sin-cerità e con un sorriso mi disse: “Cessa le ostilità, sarai confermatonegli alpini”. Grande uomo il capitano Zani.Negli alpini e da sergente ho preso un sacco di botte, imparai aessere uomo, alpino e non sergente, mi conquistai il rispetto ditutti. Nel mio cuore rimane comunque un pezzettino di simpatiaper quel berretto basco e per quello rigido da carabiniere. Amotutti e due questi berretti, con grande rispetto, ma quello dell’al-pino... che storia e che roba!

Lorenzo Pavan

Caro Lorenzo, leggerti è stata una piacevolezza. Della gente intelligen-te hai la capacità ecumenica di indossare con disinvoltura tanti berretti.Degli alpini hai l’astuzia e la determinazione. Era giusto che andassecosì. Mi resta solo un desiderio: vederti di persona, darti la mano emettere a confronto la canaglia che è in ognuno di noi due.

ALPINO NELL’ANIMO

Gentile direttore, le scrivo in relazione alla lettera contenutanel numero di ottobre di Giovanni Galeazzi di Milano e

ripresa da Renzo Ronzani di Lusiana nel numero di dicembre.Sono nato a Santa Caterina di Lusiana nell’Altopiano di Asiagoe nonostante avessi espresso nel colloquio di fine visita di leva adun colonnello il desiderio di assolvere il servizio nelle truppe alpi-ne, motivando questa mia volontà per avere uno zio reduce dallaRussia nella mitica Julia, ho svolto il servizio militarenell’Aeronautica Militare. Sono orgoglioso di appartenere a que-sto gruppo, ma nel mio profondo mi manca qualcosa: la famigliaalpina.Mi sono iscritto come socio simpatizzante nel gruppo di SantaCaterina ma cambierei il mio basco blu con un cappello alpino.Ho vissuto la mia infanzia tra giochi e i racconti degli alpini redu-ci dalle guerre e pensavo fosse naturale vestire quella divisa.Adesso mi permetta anche una piccola critica.Nei vostri articoli parlate dell’Inno nazionale come cosa vostra.Volevo dire che anche l’Aeronautica ha avuto le sue vittime eche anche oggi si trova (come voi alpini) in luoghi di guerra e sor-veglia giorno e notte gli spazi aerei per la nostra sicurezza. Forsel’episodio più famoso riguarda la guerra del Golfo con la catturadel maggiore Gianmarco Bellini e del suo navigatore, capitanoMaurizio Cocciolone.

62-2014

un vinto”. Se lei, signor Bonfanti, si lamenta per una semplice,piccola viuzza di paese, cosa dovremmo dire noi, veri trentini-tirolesi, pur di lingua italiana, dinanzi alle centinaia, per non diremigliaia di nomi cambiati brutalmente, a viva forza, contro lenostre purtroppo deboli proteste, delle nostre strade, sostituendolia nomi per niente politicizzati, come via del Golfo, via del Pozzo,via Longa, via del Vento. E lei sa quali sono, nomi che fanno rab-brividire o ancora arrabbiare i veri Trentini come: via Cadorna,Garibaldi, Mazzini, Bixio, Vittorio Emanuele, Battisti, VittorioVeneto, Fiume, Zara, Pola, ecc, ecc. Han fatto di tutto per cancel-lare la nostra storia, ma, essendoci ancora molta gente che lapensa come me, vuol dire che il piano di colonizzazione dellanostra terra tirolese da parte dei “fratelli liberatori” è in parte fal-lito. Non mi dilungo oltre, perché noi amiamo la pace, ma se citirano per la giacca, non porgiamo più l’altra guancia. Terminocon una bella frase di Ottone Brentari, guarda caso irredentista ecombattente della prima ora che, a guerra finita disse: “Sottomolti aspetti sarebbe stato bene non annettere il Trentinoall’Italia, ma annettere l’Italia al Trentino, perché se l’Italia hapoliticamente redento il Trentino, il Trentino, sotto molti aspetti,potrebbe redimere l’Italia” (Fra le rovine della guerra – EdizioniSommolago). Parole più attuali che mai.

Ezio Cescotti - Arco (Trento)

Caro Cescotti, nel post scriptum alla tua lettera dici: “Penso che questamia non verrà mai pubblicata”. Perché? È una sfida? Un sottile ricat-to? La coscienza di aver sparato grosso? Vedi, caro amico, io non hopaura a guardare in faccia i problemi, anche se possono presentarequalche spinosità. Tu dici d’essere orgoglioso dei tuoi avi. E hai ragio-ne. Poi dici, però, che i veri trentini rabbrividiscono sentendo nomicome Cadorna, Garibaldi, Mazzini, Bixio… E qui fai il primo scivo-lone. Perché non tutti i trentini erano dall’altra parte. C’erano anchequelli da questa parte. E anche questa è storia. E i loro discendentisono veri trentini alla pari di te, pensandola esattamente all’opposto diquello che pensi tu. Cambiare il nome di una via non è un delitto, macambiare il nome di quella intitolata a De Gasperi, per celebrare iKaiserjäger, mi sembra una provocazione nostalgica che non porta danessuna parte, anzi che riapre solo voglia di contrapposizione. Perchénon hanno cambiato il nome a via Longa, via Corta o via Col Vento?Caro Cescotti, è passato un secolo da quando la storia ha scombusso-lato la geografia dell’Europa e ora si parla di Europa come entità poli-tico-sociale capace di superare le piccole logiche di paese. E siamoancora qui a sognare di tornare indietro? Sperare che succeda ancoraqualche guerra per cambiare di nuovo i confini? Quell’Italia che tu vor-resti annessa al Trentino è un’Italia che ha garantito al Trentino AltoAdige condizioni di vita che non esistono in nessuna altra parte delPaese. Che ha evitato spargimenti di sangue, che ha sempre rispettatoi diritti delle minoranze linguistiche, facendo sentire gli italiani di linguaitaliana più ospiti che padroni. Cose ben diverse da quelle accadutenella vicina Istria, solo per fare un nome. Guardare ancora indietro,solo per il gusto di guardare indietro, mi spinge a dire le parole di unfamoso Maestro: lasciate che i morti seppelliscano i loro morti.

FORMA E SOSTANZA

Leggo sulla vostra rivista l’articolo relativo alla Campagna delDon e rammento quanto di quell’episodio mi raccontava mio

padre che, partito con l’Armir nel giugno 1940, è tornato nel1944. Era nei servizi automobilistici al servizio della Julia ed hapatito e sofferto quanto possiamo immaginare: è tornato con con-

gelamento ai piedi, lesioni alla vescica, “fuori di testa”. Lo ricordoperfettamente per cui, quando dovetti nel 1957 giovane sottote-nente, scegliere l’arma, scelsi le truppe da montagna e lì feci laprima nomina nell’artiglieria di montagna (Monte Rosa, Tarvisio,Canazei, ed altri posti dove ero comandato).Leggo la vostra rivista che arriva ad un mio conoscente che gen-tilmente me la regala, ed io di ciò sono contento anche se nonposso “a pieno titolo” essere considerato alpino nella forma, manella sostanza lo sono.

Sergio Stoppa - Roma

Caro Stoppa, siamo contenti che tu ci legga, ti aspettiamo come nuovoabbonato!

UN SEGNO DI VITA

Tanti anni fa ho avuto l’onore e la gratificazione di prestare ser-vizio militare nel 1° reggimento artiglieria da montagna: i 18

mesi trascorsi hanno lasciato in me una traccia profonda e la con-sapevolezza di quei valori oggi purtroppo screditati sulla stradadella totale indifferenza.Tale premessa è lo spunto per manifestare la disillusione e lo sco-ramento che mi hanno pervaso nel corso della mia recente visitaal Sacrario di Redipuglia che custodisce i resti di oltre 100.000militari che hanno sacrificato la loro giovane vita nelle zone diguerra del Carso. Perché? Per il totale abbandono del luogo, l’in-differenza, il non ricordo e il non rispetto: nemmeno una piccolafiammella accesa. Ma fino a quando potremo accettare questopiano inclinato che porta le nuove generazioni alla totale dimen-ticanza di tante vite sacrificate che, 100 anni fa, hanno portatoalla vittoria l’Italia sull’oppressione straniera, consegnando unaPatria ai giovani d’oggi, che non conoscono questi importantieventi storici, se non molto marginalmente…Ora, pur sforzandomi, riesco a capire questo atteggiamento didisinteresse su eventi di grande importanza storica, tuttavia faccioappello alla forza sana e numerosa di questo grande Paese, che èla nostra Italia, per augurarmi che, almeno in concomitanza contutti gli eventi previsti per la celebrazione del centenario dellanostra ultima Grande Guerra, venga reso onore accendendoalmeno una fiammella, nei luoghi sacri di tutte le zone di guerra.È l’unica strada che nella mia modestia riesco ad individuare peril recupero, almeno visivo, della memoria: una piccola fiammellaper ricordare il sacrificio di tante vite e il dolore di tante mamme.

Stefano Coda - sezione di Biella

In ogni luogo dove riposano i morti, sia esso un sacrario o una semplicetomba, dovrebbe sempre essere presente un segno di vita. Un fiore,una fiammella come la chiami tu, un qualche cosa di vivo… Non è soloun segno della nostra gratitudine e del nostro ricordo, ma è, primaancora, un emblema del loro essere viventi tra noi, con loro presenzamisteriosa e col loro insegnamento.

IL PARADISO DI CANTORE

Caro direttore, sull’editoriale de L’Alpino di dicembre 2013ritorna la solita citazione del “Paradiso di Cantore”. Ma quale

paradiso? Non è ora di finirla con quella sentimentaloide espres-sione che poggia sul niente? Ma gli alpini sanno chi fu veramenteCantore? E che caratterino aveva? È ora di smontare certe trion-

lettere al direttore

72-2014

falistiche retoriche che dichiarano eroi soggetti che erano sempli-cemente delle teste calde e che, anche di fronte al nemico inagguato, si sentivano spavaldamente immortali tanto da “lasciarcile penne”.

Tommaso Magalotti - Cesena

Caro Tommaso, tu sai che il Paradiso di Cantore è solo una metafora,inventata da Maso Bisi, giornalista del Corriere della Sera, alla finedella prima guerra mondiale. Ricordando gli alpini morti in battaglia,immaginò che il generale Antonio Cantore, tra i primi a cadere sulleTofane, passasse in rassegna tutti gli alpini Caduti. Come puoi bencapire non si tratta di una beatificazione del generale, che comunquenon ci autorizza neppure a mandarlo all’inferno.

L’ADUNATA: UNA CONDIVISIONE GIOIOSA

Egregio direttore, a maggio c’è stata nella mia città, Piacenza,l’Adunata nazionale degli alpini. È stata un’esperienza mera-

vigliosa, allegra, educativa. Gli alpini hanno lasciato la mia cittàmigliore, più bella e più ordinata, ma soprattutto hanno migliora-to noi piacentini facendoci scoprire doti che non sapevamo diavere e facendoci sperimentare la convivenza e la condivisionegioiosa. Ci hanno dato tanto e, in occasione del nuovo anno vor-rei poter almeno simbolicamente ricambiare tutto quello chehanno fatto per noi. Gli alpini sono persone concrete, e io quasimi vergogno di poter regalare loro soltanto le mie parole. Cihanno lasciato una immensa traccia luminosa. Auguri a tutti.

Bruna Milani - Piacenza

Gentile Signora, non possiamo pubblicare le molte cose belle che hascritto sugli alpini, ma il suo ricordo dell’Adunata, a distanza di mesi,ci conferma ancora una volta del grande impatto umano che hanno lenostre manifestazioni. Ricambiamo tanti auguri cordiali.

IL SUONO DELLA STORIA

Caro don Bruno, ho letto con particolare attenzione la letteradi Marco Baraldin che rievoca un particolare delle sue avven-

ture durante la ritirata in Russia del gennaio 1943 nel btg. Genioalpino della Tridentina. Ha ricordato lo scontro al passaggio alivello di Nikolajewka e subito ho avuto un brivido per questoracconto. Nel lontano 1943 ero stato informato personalmentedagli stessi protagonisti, rientrati al battaglione decimati, masopravvissuti grazie al generale Reverberi. Infatti, con grandesacrificio di alpini, riuscirono a rompere l’ostacolo del tunnelsfondando l’accerchiamento. Il sig. Baraldin ha nominato il capi-tano Collo rimasto ferito e decorato con due Medaglie d’Argento.Sì, un eroe che ho avuto l’onore di conoscere perché è stato pureil mio comandante.Nel mattino del 9 settembre 1943 alle ore 3 eravamo accerchiatidai tedeschi nell’accampamento nei pressi del laghetto diBressanone; al mancato altolà del militare di guardia partì uncolpo, da quel momento una pioggia di granate e colpi di mitra adaltezza uomo. Fu un inferno. Il comandante Collo che avevo a pochi passi, incurante del peri-colo, ritto in piedi, appoggiato ad un tronco di pino si consultavacon un altro ufficiale. Strano che dei mille e più alpini coinvoltinessuno dalle pagine di questo nostro giornale abbia ricordatoquesto fatto.

Solo Marco Baraldin, nominando il capitano Collo, mi ha fattorivivere il tragico momento.Gen. alpino Giovanni Battista Beschin - Arzignano (VI)

La storia, caro generale, come nelle orchestre, si fa facendo suonaretutte le voci. Grazie anche per questa tua.

GRAZIE, DOPO TANTI ANNI

Caro Direttore, pur essendo a conoscenza del fatidico passo,leggendo sulla pag. 4 del nostro giornale di gennaio "Dopo

tanti anni..." non posso che provare tanta nostalgia per un lungoperiodo di collaborazione giornalistica sempre intesa a migliorareil nostro approccio con i lettori. Basile ha fatto una scelta e conlui la stessa Associazione Nazionale Alpini, personalmente nesentirò la mancanza, tra di noi c'era molta sintonia, sincerità,franchezza e alto spirito di collaborazione. Sarebbero tanti glianeddoti che potrei descrivere, in particolare l’impronta ironicache sapeva imprimere alle controversie che immancabilmente cisi trova sul tavolo: soprattutto sul tavolo di un caporedattore.Ho imparato molto da lui, anzi sbaglio, da lui ho imparato tutto:sul come preparare un giornale di Sezione, sul come "leggere eriportare" un pezzo arrivato da un capogruppo o da un socio sma-nioso di descrivere una giornata alpina, o sul come descrivere unatrasferta in occasione di un'Adunata nazionale degli alpini.Giangaspare Basile è stato il mio maestro di giornalismo.Basile però è stato anche un vero amico e questo non potrò maidimenticarlo e lui sa bene a cosa mi riferisco: di quelle indicazionie di quei consigli ho fatto tesoro. Grazie direttore dell’opportunitàche mi potrai concedere di salutare una persona a cui l'unicamancanza è stato il “cappello alpino”. Fraternamente.

Gian Luigi Ravera Presidente sezione ANA di Casale Monferrato

Sono le testimonianze come la tua, caro Gian Luigi, il premio più belloe meritato per una carriera giornalistica. Noi, in via Marsala, il graziea Gian Gaspare lo diremo nel CDN di febbraio.

DIVERSAMENTE GIOVANI

Come ogni anno si è celebrato il 27 gennaio il giorno dellamemoria, una ricorrenza internazionale. È mirabile vedere

come le istituzioni ed i mezzi di comunicazione si prodigano neldocumentare e mantenere vivo quel terribile ricordo specie neigiovani, che fortunatamente non hanno vissuto tale tragedia. Inquesta occasione giovani studenti danno sfoggio di ciò che hannoappreso nelle scuole, a manifestazioni pubbliche che danno lorol’opportunità di recitare il lavoro svolto con il supporto degli inse-gnanti. Decisamente commovente notare come ragazzi così gio-vani abbiano svolto in maniera mirabile tale ricerca.In contrapposizione si assiste a casi come quello accaduto ad unalpino reduce novantenne, costretto a non uscire più solo da casaperché impaurito da adolescenti che lo molestano e lo schernisco-no. Lo spirito degli amici alpini ha sopperito a tale inconvenien-te: si sono resi disponibili nello scortare il prezioso amico. Carovecio alpino, quale fonte inesauribile di saggi insegnamenti potre-sti essere per quei genitori che purtroppo non sanno più comuni-care sani valori ai loro ragazzini impertinenti.

Nadia Negri - Anzola dell’Emilia (BO)

di Toni Capuozzo

L’onore violatoLa vicenda che da due anni vede

due fucilieri di marina trattenuti inIndia sotto l’accusa, mai ancora di-

ventata vero e proprio capo d’imputazio-ne, di aver sparato e ucciso due pescato-ri indiani è tra le cose più avvilenti chemi sia mai capitato di raccontare. Intan-to, per l’accusa in sé. Non ho mai nasco-sto di conoscere e di considerare un ami-co Massimiliano Latorre. L’ho conosciu-to in circostanze difficili, a Kabul, quan-do mi recavo ogni giorno, nella prima-vera del 2007, all’aeroporto militare perfare un servizio sugli elicotteri della Ma-rina, a base “Pantera”. Latorre era il ca-po della scorta che mi veniva a prende-re, al mattino, a Camp Invicta, e mi ciriportava la sera. Un percorso lungo, neltraffico caotico della capitale afghana, elungo la Jalalabad Road, una delle stradedove gli attentati erano all’ordine delgiorno. Il ricordo che ho di quei giornimi riporta alla mente quello di un pro-fessionista serio, attento, determinato egentile. Uno che non trascurava nessun

dettaglio, cambiando ogni giorno il per-corso. Ma che era capace di fermare l’au-to, se vedeva una donna con il burqa,impedita nello sguardo, e trattenuta dafigli in braccio e per mano, che tentavadi attraversare la strada. In questo, La-torre e i suoi uomini erano esattamentequello che ho ritrovato sempre, in tantemissioni all’estero: non Rambo dal gril-letto facile, ma professionisti scrupolosi,pronti a battersi se serve, ma prima an-cora a scherzare con un bambino, aiuta-re qualcuno in difficoltà. Non è un casoche io ricordi, in questi dieci anni di Af-ghanistan, una sola vittima civile e in-nocente, in un’automobile scambiataper un veicolo di attentatori, a Herat.Quando – e non voglio essere ingenero-so con le vittime dei droni americani –puoi ricordare con nome e cognome iltuo solo e unico sbaglio, vuoi dire chehai fatto mille volte, e a volte a spesedelle sicurezza, di tutto per evitarli, glisbagli. Capite perché da subito, in que-sta vicenda indiana, ho avuto un pregiu-

dizio favorevole nei confronti dei due fu-cilieri di Marina: non li vedevo spararesu due bersagli innocenti. Ho creduto dasubito alle loro stesse dichiarazioni: ave-vano sparato in mare, in direzione diun’imbarcazione su cui c’erano uominiarmati.Purtroppo i governi italiani che si sonosucceduti si sono comportati come se cicredessero di meno, alla loro innocenza.O come se tutto si potesse risolvere a ta-rallucci e vino: versando una somma indenaro alle famiglie dei pescatori, un ge-sto umanitario teso a calmare le acque,ma che inevitabilmente sembravaun’ammissione di colpevolezza. Non as-sumendo iniziative internazionali chespostassero il processo nella sua sede na-turale, l’Italia, visto che l’incidente è av-venuto in acque internazionali. Accon-tentandosi di una privazione di libertàlieve, in albergo o in ambasciata, e dipermessi per poter votare o trascorrereun periodo a casa. Il fatto è che nella ge-nerale disattenzione di un’informazione

82-2014

92-2014

Salvatore Girone e Massimiliano Latorre.

che ci porta a sapere tutto dei delitti diCogne, Perugia o Avetrana, è rimastauna voce solitaria l’inchiesta mia e di al-tri che dimostra come i due fucilieri dimarina abbiano detto il vero, e che inun’indagine monca e manipolata gli in-quirenti indiani abbiano attribuito loroun’incidente avvenuto 5 ore dopo. Lodimostrano le prime dichiarazioni delproprietario-capitano del St. Joseph, lecomunicazioni intercorse tra la GuardiaCostiera indiana e la Lexie, le modalitàdell’incidente in cui trovarono la mortei due pescatori, e persino la traiettoriadei proiettili per come appariva sul pe-schereccio, diventato un relitto inutiliz-zabile dopo che era stato restituito alproprietario e lasciato affondare. Nonvoglio annoiarvi con dettagli tecnici –ma sulla perizia balistica svolta in assen-za dei periti di difesa ci sarebbe da scrive-re un libro – ma vi pare possibile che deicolpi sparati a duecento metri di distan-za da una petroliera vuota, e dunque altacinquanta metri sul livello dell’acqua, siconficchino in un peschereccio altomassimo due metri con una traiettoriaorizzontale?Certo, l’India non sa come imbastire unprocesso con prove inesistenti, non sacome fare marcia indietro e l’avvicinarsidelle elezioni di primavera rende la vi-cenda troppo delicata, anche per la di-plomazia spavalda di una potenza giova-ne e nuova, qual è l’India. Ma il lato av-vilente è, per me, quello italiano. Si è sa-

crificato, in nome di affari importanti(non sono tra quelli che reputano il bu-siness, quello degli armamenti o quellocommerciale, irrilevante: sono soldi perle nostre aziende, lavoro per i giova-ni…) il destino di due servitori delloStato, il cui comportamento fermo e di-gnitoso è l’unica cosa di cui andare fieriin questa storia. Non è questa la sede incui fare polemiche, ma un dettaglio im-portante, che mi preparo a rivelare, nonappena il processo avesse avvio, dimo-stra la falsità delle accuse indiane, maanche la viltà del comportamento italia-no. Non è la questione del rientro della

Lexie nel porto di Kochi – in fondo, ma-le non fare paura non avere – non è lapessima gestione diplomatica della vi-cenda, non è la riconsegna dei due al-l’India, un paese in cui esiste la pena dimorte, non è la verbosità della politica.È qualcosa di peggio, che dimostra comequalcuno abbia considerato che si possalasciare indietro qualcun altro. A costodi rinunciare a reclamare l’innocenza diLatorre e Girone. Li avrei difesi comun-que, se sapessi della loro colpevolezza,uno sbaglio, un omicidio colposo. Maqui in ballo c’è, con la loro libertà, quelche resta del nostro onore.

102-2014

La quasi totalità dei 300mila alpiniche fanno parte della nostra Asso-ciazione sono “figli della naja”. Per

tanti giovani il servizio militare era il ve-ro distacco dal nucleo familiare, era laprima volta che viaggiavano, conosceva-no e si confrontavano con altri giovaniche avevano diversi dialetti, abitudini,occupazioni. Era un periodo faticoso,spesso pieno di disagi, in cui ci si mette-va alla prova per affrontare gli obblighi

imposti dalla realtà militare, considerataquasi un mondo parallelo, con il suo vo-cabolario particolare, ritmi e riti diversida quelli della vita civile. Al ritorno a ca-sa quei giovani, però, avevano imparatoche ancor prima di avere dei diritti c’era-no dei doveri da onorare, che non esiste-va solo l’individuo ma una collettività edelle regole da rispettare. E questa presadi coscienza era di stimolo anche all’im-pegno civico. Pur avendo le specificità di

LA FORZA DEI GIOVANIdi Matteo Martin

Educare all’im un’associazione d’Arma, l’ANA è unesempio di come questo meccanismo siastato virtuoso, perché ha permesso dicreare non solo aggregazione e condivi-sione ma ha catalizzato la volontà di tan-te persone a impegnarsi nel sociale. Nona caso è una delle organizzazioni che for-niscono il maggior numero di volontaridi Protezione Civile e i dati raccolti ognianno parlano di 70milioni di euro desti-nati a vario titolo in solidarietà.

Vicenza, 14 febbraio 2004: dieci anni fa uno degli ultimi giuramenti alpini.

112-2014

PERDITA DI VALORI? - Da qualchetempo, a più livelli, si discute della scar-sa propensione di molti giovani a met-tersi al servizio delle persone e del loroterritorio. I sociologi parlano di un fattoallarmante, di perdita di valori etici chealla lunga rischiano di intaccare il capi-tale sociale. Quest'ultimo è più prezioso di quelloeconomico perché riguarda quegli ele-menti intangibili che concorrono a for-mare un’unità sociale, riconoscibili in

quei comportamenti che manifestanobuona volontà, solidarietà, buoni rap-porti con gli altri e così via. La scuolapotrebbe essere il luogo più idoneo pereducare alla cittadinanza attiva, perchéè proprio la giovinezza quell’età in cuil’individuo sperimenta e prende co-scienza civile, definendo la sua identità,il senso di appartenenza e la sua volontàdi partecipazione alla comunità. Occor-re però una riforma che metta al centrogli attori sociali e sia incentrata oltre

che alla formazione dell’individuo an-che alla sua educazione civica. Anche inquesto ambito gli alpini possono dire diessere attenti e sensibili perché nei pic-coli paesi come nelle grandi città sonospesso chiamati nelle scuole per parlareai ragazzi della nostra storia, oppure perdar vita ai “campi scuola” in cui i giova-ni condividono esperienze di vita in si-tuazioni meno agevoli di quelle a cui so-no abituati, come collaborare per realiz-zare piccole opere di volontariato.

pegno civile

122-2014

DA OBBLIGATORIO A VOLON-TARIO – Dagli anni Settanta al servi-zio militare obbligatorio era stato resoalternativo il servizio civile che, seppurcon spirito e modalità differenti, dava lapossibilità ai giovani di rendersi utili peril prossimo. Poi, dal 2000, con l’istituzio-ne del servizio militare professionale, piùrispondente alle mutate esigenze nazio-nali ed europee, si è progressivamentepassati alla sospensione della leva e delservizio civile alternativo. Dal gennaio2005 la parola “obbligatorio” scompare,in favore del servizio civile volontario,attivo già dal 2001 e aperto ai giovanidai 18 ai 28 anni che “vogliano dedicareun anno della propria vita a favore di unimpegno solidaristico, inteso come valo-re di coesione sociale”. In un decenniosono stati 280mila i giovani che hannoaderito al servizio civile ma negli ultimianni sono andati diminuendo di paripasso alla riduzione delle risorse econo-miche che lo Stato ha messo a disposi-zione. E anche quest’anno si prevede un

per dovere civico - non sono da conside-rarsi dei lavori obbligatori.Ma i giovani come si comportano? Unasorpresa arriva dall’analisi degli ultimidati Istat che certificano che in Italial’11% dei giovani dai 18 ai 25 anni svol-ge attività gratuita per associazioni divolontariato. Questo dato supera diqualche punto la percentuale degli ita-liani di ogni età impegnati nel medesi-mo settore (nel 2013 è stato il 9,7%, nel1993 era il 6,9%) e dimostra come nellegiovani generazioni l’interesse e l’atten-zione in questo campo siano tutt’altroche sopiti.Lo Stato dovrebbe quindi scegliere di in-vestire maggiormente nel settore, poten-ziando e perfezionando il sistema giàpresente, oppure reintroducendo un ser-vizio obbligatorio che abbia il pregio diessere accessibile e gratificante. Vero èche i frutti non saranno immediatamen-te visibili, ma alla lunga potrebbe aiuta-re a consolidare e aumentare la coscien-za civile delle nuove generazioni.

ulteriore calo delle presenze se si pensache il primo contingente di gennaioconta 1.500 tra ragazzi e ragazze in tuttaItalia, a fronte di una domanda piuttostoalta.

NUOVE PROPOSTE - Negli ultimianni economisti, intellettuali e politicihanno invitato a prendere in considera-zione l’istituzione di un servizio civileobbligatorio nazionale o europeo per in-centivare nei giovani il senso di apparte-nenza, di identità e di comunità.Le voci contrarie ribattono che deve pri-ma essere percepito dalla società comeutile e deve soprattutto essere propostocon un meccanismo credibile, in gradodi dare i risultati sperati. Altri sostengono l’incompatibilità del-l’obbligatorietà con le norme stabilitedalla Convenzione europea dei dirittidell’uomo, affermazione che non trovariscontro poiché nell’articolo 4 è espres-samente stabilito che il servizio militareo sostitutivo - e altresì quello prestato

foto: www.genova24.it

132-2014

Francesco ha 25 anni e vivein provincia di Como; la-

vora da quando aveva 19 an-ni, è appassionato di montagnae ha conosciuto gli alpini treanni fa quando ha partecipatoall’Adunata di Torino.Gli abbiamo chiesto cosa nepensa se fosse reintrodotto unservizio obbligatorio e come igiovani vivono l’impegno so-ciale. È una voce tra le tanteche può fornire uno spunto diriflessione sull’argomento.

Se ti dicessero che devipartire per svolgere unservizio obbligatorio diqualche mese lontano dacasa, come reagiresti ecosa penseresti?Metterei davanti a tutto illavoro, a maggior ragione intempi di difficile occupazio-ne come questi. Se mi garan-tissero di tornare e trovare lastessa situazione a livello la-vorativo lo farei abbastanzavolentieri; in caso contrariola sentirei come una rinun-cia troppo grande.Dico anche che se non aves-si un lavoro partirei senzaesitare anche per quattro osei mesi, perché penso chesia un’esperienza utile per lacrescita personale.

Cosa ti piacerebbe fare?Se potessi scegliere farei qualcosa legatoad una delle mie passioni. Da quandosono piccolo vado a camminare in mon-tagna e farei volentieri qualcosa con-nesso a quel territorio e alla sua salva-guardia. Un servizio diverso lo farei co-munque con grande impegno, perché lospirito è quello di mettersi a disposizio-ne degli altri.

Un servizio nell’ambito delle ForzeArmate sarebbe interessante?Sarebbe un’alternativa addirittura mi-gliore perché darebbe la possibilità di

provare per qualche mese quello che poipotrebbe diventare un lavoro. Lo dico amaggior ragione per quei ragazzi chehanno 18 o 19 anni e che non sono an-cora indirizzati in modo chiaro a livellolavorativo.

Secondo la tua esperienza i giovanisono propensi a impegnarsi nel so-ciale?Personalmente sono stato cresciuto cer-cando di aprire gli orizzonti e di vedere ol-tre la famiglia, il lavoro e le amicizie:quindi sarei tentato di rispondere di sì. Pe-rò quando andavo ancora a scuola notavo

che con i “primini” (i ragazziiscritti al primo anno di scuola)c’era una grossa differenza di ap-proccio e di sensibilità su questiargomenti. Fanno fatica perchénon hanno una guida e sono al-lo sbaraglio perché non hannoesempi costruttivi.

Qual è l’ambito migliore pertrasmettere ai giovani i va-lori di cui stiamo parlando?Metterei davanti a tutto lascuola perché un bambino, giàdalle elementari, ha un primovero confronto con personeche non sono dell’ambito fami-liare ed è quello il momento incui l’esempio che viene propo-sto è più formativo e attecchi-sce maggiormente. In praticavedo gli altri fare un’attivitàutile e voglio provare se è unacosa giusta anche per me.

Ma la famiglia in questonon ha un ruolo fondamen-tale?Certamente. La famiglia è im-portante per dare le basi del-l’educazione, ma il primo con-fronto con l’esterno, diciamocon la società, lo si ha con lascuola.

Hai detto che hai avutomodo di conoscere gli alpi-ni. Come li descriveresti?

Cosa diresti della loro attitudine nelsociale?Beh, simpatici, perché non ho mai incon-trato un alpino antipatico; generosi epronti ad aiutare il prossimo. Non parteci-po spesso alle attività degli alpini ma portoun piccolo esempio che mi ha colpito. Nelpaese in cui lavoro c’era da sistemare l’ora-torio della parrocchia, un bene preziosoper la comunità. C’è stata una gara tra levarie associazioni locali per raccogliere ifondi, ma quando sono arrivati gli alpinitra le loro donazioni e la quantità di genteche hanno coinvolto, la parola solidarietàè sembrata così facile da pronunciare.

Parla un giovane

142-2014

LA FORZA DEI GIOVANIdi Mariolina Cattaneo

Le troviamo ovunque, persino in cit-tà. Con la testa piegata all’indietro,le osserviamo dal basso. Sono pian-

te secolari, alle volte più giovani. Custodinei parchi, esse corrono in fila indianalungo i campi in pianura, abitano sopraalture modeste e alte quote. Ve ne sonoinfinite specie, differenti per forma, colo-re e grandezza eppure tutte accomunateda un elemento imprescindibile: le radici.Sono proprio questi getti, elementi fon-damentali per la vita della pianta, essirompono la terra fin nelle viscere, la cin-gono in una presa serrata, famelica. E daquesta unione scaturisce quel legame es-senziale e di diretta dipendenza tra radicee germoglio. Tra l’elemento antico e quel-lo nuovo che spunta timido, cresce, poisboccia in un tripudio di colori e infinecade e fa ritorno a quella terra che lo hagenerato e che ora lo accoglie e di esso siarricchisce. Trovo che la natura ci presenti una per-fetta metafora della nostra vita. Essa nonha mai mutato nei secoli questo suo pro-cedere conservando l’antica bellezza. Noi

uomini pervasi da un senso crescente dionnipotenza, invece, abbiamo credutoche le nuove generazioni potessero cre-scere senza certezze, senza valori antichi,senza passato. Abbiamo creduto dovesse-ro essere liberi da condizionamenti, dalacci e legaccioli come la naja, inutileperdita di tempo. Lo abbiamo creduto emesso in pratica. E i risultati di tutta que-sta paventata modernità sono ora davan-ti ai nostri occhi, sugli schermi di casa:bullismo, black bloc, suicidi. Esasperazio-ne e vacuità.

Non dappertutto, però. Ci sono famiglie dove i nonni non rap-presentano solo l’alternativa più comodaed economica a tate e asili nido. Al con-trario riempiono il nostro zaino personalecon ricordi di tempi passati, di visioni or-mai inimmaginabili. Ci aiutano a com-prendere come occorra equilibrio e pon-deratezza nell’affrontare ogni prova. Inquelle mani tremanti, in quegli occhi pic-coli e un poco nascosti dalle palpebre di-venute pesanti ritroviamo noi stessi, lanostra storia. E d’incanto il passato fa lapace col presente e ci rivela il futuro. Aquesto proposito, vi presento Nicola.Abita nella provincia di Verona, più pre-cisamente a Negrar. Le sinuose collineverdi della Valpolicella lo hanno vistocrescere. La sua voce chiara e vibrantesvela un’indole aperta. Quasi senza pren-dere fiato, si libra nel racconto del nonnoalpino e della nonna. Delle musicassetteche fin da piccolo ascoltava. Erano i can-ti di montagna, i canti popolari e degli al-pini. Cresce così quell’amore per la musi-

Radici alpineRadici alpine

Nicola con la nonna Maria Rosa.

152-2014

ca che oggi trionfa quando le sue dita ve-loci si rincorrono sui tasti tondi e lunghidella sua fisarmonica. Mi dice: “Son quel-le tradizioni che abbiamo noi qui…”.Che fortuna, penso. Scopro anche che èpresidente di un coro ANA e ne va orgo-glioso. “Coste Bianche della sezione diVerona”, aggiunge. “Perché gli alpini so-no la nostra memoria, ma anche qualcosadi vivo, qualcosa che ti prende e non saiperché. Ho fatto la mininaja: quindicigiorni sono pochi, sono solo un assaggio.Però ho avuto modo di conoscere gli uffi-ciali che ci hanno seguito in questa espe-rienza. È strano ma hanno saputo, in duesettimane, calmare i più esagitati, sprona-re i più pigri, insegnare a tutti qualcosache nessuno ci aveva mai mostrato”. “E la cara, vecchia naja? cosa ne pensi tuNicola?”. “Avrei fatto domanda come vo-

lontario se non mi fosse arrivata la propo-sta di assunzione nelle Ferrovie. Così hoscelto il lavoro, visti i tempi che corrono.Però che magone! Credo che ai giovaniservirebbe imparare un po’ di responsabi-lità, di educazione e di rispetto. Insegna-menti che anche la montagna sa infonde-re. Io ci vado spesso, mio nonno ci ha la-sciato una casetta sui monti Lessini equando posso torno lassù”. Nicola parla al presente del suo nonno,eppure se ne è andato quando aveva soloun anno. Sorprendente: è il potere d’unamemoria viva perché tramandata. La pre-senza diviene superflua, sosti-tuita dal ricordo che èesempio continuo,una traccia di tradizio-ni e valori che nonavranno mai fine. I non-

ni, i genitori, il paese, la montagna e lamusica sono le radici di Nicola, forti e te-naci. Esse gli hanno permesso di germo-gliare e ora di crescere. Saranno rifugionelle tempeste che dovrà affrontare nellavita. Saranno sempre quella forza nasco-sta che non lo abbandonerà mai perchéparte di lui. Ecco, vedete, i giovani sonoquelli di sempre. Ve ne sono di buoni e dicattivi. Manca la volontà di educarli, dicondurli per mano lungo sentieri che ar-rampicano, sfiancano, ma poggiano losguardo su panorami che annientano leparole. E moltiplicano i pensieri. Questavolontà, tuttavia, richiede impegno daparte dei ‘grandi’. Siano essi genitori, in-segnanti o istituzioni. Più comodo pian-tar loro in mano un videogioco o lasciarliinebetiti davanti alla tivù. Più comodocriticarli e dimenticarsene. Accorgendosipoi, a distanza di anni, che forse qualcosapotevamo fare anche noi. Basterebbero dedizione e pazienza, dimo-strazioni pure dell’amore capaci di model-larci come creta, di restarci addosso pertutta la vita. Basterebbero due mesi dellacara e vecchia naja. Domandatelo a Ni-cola, un giovane di neppure trent’annicon un pezzo di cuore nel passato. Forse èquesto il segreto che lo ha reso speciale. Èun esempio che chiede d’essere ascoltatoda tutti. Ministri e presidenti.

telli candidi del ghiacciaio, dove sfrec-ciavano gli alpini skiatori. E si può im-maginare il brontolio lontano dei pezzid’artiglieria che rimbalzava di montagnain montagna: ossessivo basso continuodella Guerra Bianca. Ed è un misto di in-teresse culturale, di curiosità morbosa, disete di sapere e di raccapriccio quando cisi immedesima nella carneficina che siconsumò su questi luoghi oggi silenziosi.Ci si sporge sui fili di ferro che emergonodal ghiaccio, si osservano i muri a seccodei camminamenti, si sfiora col palmodella mano la ghisa rugosa e gelida delcannone da 149 chiamato “Ippopota-mo” e meccanicamente si fa un salto neltempo. Oggi, più che nei decenni passa-ti, grazie al progressivo ritiro dei ghiacci,il massiccio sta diventando una sorta dispazio espositivo all’aperto: ovunque si

162-2014

In viaggiosull’Adamello

In un tiepido giorno di marzo di qual-che anno fa, il tenente colonnelloCaruso si porta l’indice avvolto nel

guanto di pelle nera alla bocca. «Ssst!»mi dice sgranando gli occhi. “Sente an-che lei che stanno arrivando?”. In effettiil sibilo si fa sempre più vicino. Finquando l’elicottero con due rotori è esat-tamente sopra di noi. “Sono in linea.Ecco il lancio!” urla Caruso cercando dicoprire il rumore dell’elicottero, ormaidiventato frastuono. E di colpo, sopra dinoi, si aprono in una fila ordinata i para-cadute bianchi degli alpini, che prendo-no a dondolare tutti insieme fino a spa-rire, bianco su bianco, nella vastità delghiacciaio. In quel giorno di marzo, Caruso mi spie-gò che mi aveva invitato ad assistere aun’operazione storica: “Erano 53 anni”

disse, “che qui non si faceva un aviolan-cio. L’Adamello offre un terreno difficileche per noi rappresenta anche una sfida.Ma una sfida che ha il sapore della me-moria. Sono cento uomini impegnati inquesta operazione, e nei prossimi quattrogiorni molti di loro si muoveranno inautonomia sui ghiacciai” (dove, pensai,riposano i “nonni” degli attuali soldatiin mimetica bianca). In effetti, cammi-nare da queste parti è un vero e proprioviaggio nel viaggio. Ogni angolo dimontagna è una traccia di storia, unnuovo osservatorio da dove posare l’oc-chio su altre cime generose di ricordi.Alla vista del rifugio Garibaldi e dellaNord dell’Adamello la memoria vola su-bito alle migliaia di uomini che quassùhanno resistito attraverso il supplizio ditre inverni. Lo sguardo si posa sui man-

di Marco Albino Ferrari

L’immensa distesa del Pian di Neve.

ne strategica sul Passo del Tonale, domi-nando così tutta la Valcamonica fino aVezza d’Oglio. E il 9 giugno, le truppeitaliane di stanza al rifugio Garibalditentarono una prima offensiva alla Con-ca Presena. Ma dal Garibaldi, si trattavadi affrontare una vera e propria ascensio-ne alpinistica e di piombare addosso alnemico. Era un’illusione? I soldati impe-riali avevano osservato le operazioni de-gli alpini da altri punti. E quando gli ita-liani arrivarono fu una carneficina. Pas-sò più di un mese e il 15, gli austriaciportarono un improvviso contrattaccoverso il rifugio Garibaldi e la “Linea deiPassi”, ma gli italiani riuscirono a resi-stere: la prima guerra su un ghiacciaiod’alta quota, il Ghiacciaio del Mandro-ne, era così iniziata. Da quel momento ilrifugio Garibaldi divenne un punto diestrema importanza strategica per gli ita-liani. Il comando predispose un cospi-cuo rafforzamento del presidio e costituìun intero battaglione autonomo. Il bat-taglione utilizzava un mezzo nuovissimoall’epoca per attraversare il ghiacciaiocon la neve alta: gli ski. Gli alpini skia-tori (si arrivò a costituire tre compagnieper un totale di 750 uomini) erano ingrado di compiere veloci incursioni sugliampi pianori glaciali dell’Adamello, e diuscita in uscita affinarono le tecnichesciistiche allora quasi del tutto scono-sciute (in Italia lo sci è nato a cavallo tral’Ottocento e il Novecento grazie ai pri-mi tentativi di Adolfo Kind e dei suoi fi-gli sulle montagne sopra Torino). Superata l’estate, entrambi glischieramenti si trovaronoad affrontare il primoinverno. Poi, nell’apriledel 1916, l’attacco ita-liano alla linea Lobbia-Monte Fumo scattò dal-le diverse direttrici: Pas-so della Lobbia Alta,Cresta della Croce eDosson di Genova doveè tuttora visibile il can-none chiamato “Ippo-potamo”. Questo vec-chio obice in ghisa, re-duce dalla campagna diLibia, veniva trainatoda decine e decine diuomini, generalmente

172-2014

i sentieri degli alpini 1914-1918

LA GRANDE GUERRA

scorgono i segni di quella guerra di appo-stamenti e mortali attese che non avevaavuto precedenti fino ad allora.All’entrata in guerra dell’Italia, la lineadi confine tra il Regno d’Italia e l’Impe-ro austroungarico saliva dal Tonale alPasso Paradiso, percorreva il filo di cre-sta Punta di Lagoscuro-Cima Payer,scendeva sul Ghiacciaio del Mandronefino al Passo della Lobbia Alta (dove sitrova il rifugio Ai Caduti dell’Adamel-lo), risaliva lo spartiacque Cresta dellaCroce-Monte Fumo e il displuvio tra laVal Adamè (attuale rifugio Città di Lis-sone) e la Val di Fumo, fino al Passo diCampo, per poi raggiungere il Re di Ca-stello e Monte Listino. Già nei primissimi giorni, gli austriaci sidimostrarono estremamente rapidi:s’impadronirono subito di una postazio-

di notte per nasconderlo al nemico, eaveva una gittata di nove chilometri (fuil pezzo di medio calibro posizionato piùin alto su tutti i fronti europei). Restau-rato da volontari alpini, cimelio dellaGrande Guerra, venne lasciato nella suaposizione di combattimento come mo-numento e monito. Ma è questo, la Cre-sta della Croce, anche il luogo che rical-ca le prime storiche tracce di escursionealpinistica con la quale nel 1864 JuliusPayer iniziò l’esplorazione del Gruppodell’Adamello e dove stando al suo rac-conto una piccola croce di legno a 3.330metri già esisteva prima della sua visita,a ricordare sembra un pastore morto sul-la Vedretta del Mandrone. Gli uomini,tutti gli uomini da entrambe le parti, sof-frirono pene inaudite, per altri due in-verni. E lassù, ai tremila metri, con ottomesi a temperature tra i –10° e i –15° C(e punte a –25°) e con neve alta fino a 12metri di media, riuscire a non morire eragià una vittoria. Il primo novembre del1918 le truppe italiane discesero in ValVermiglio dal Tonale, senza trovare resi-stenza. Era la fine del conflitto. L’Ada-mello dopo quattro anni, riconquistò ilsilenzio delle vette e dei ghiacci.

Il cannone da 149 chiamato“Ippopotamo”.

Il Lago Scuro.Èuna spettacolare traversata inambiente d’alta montagna, segue il

percorso della cresta che va dalCastellaccio al Corno di Lagoscuro,collegando numerosi resti della guerra.Occupata dagli austriaci allo scoppiodelle ostilità fu quasi subito espugnatadagli alpini che con una scalata notturnapiombarono alle spalle dei nemicicostringendoli alla ritirata. La guidalocale Giovanni Faustinelli con unpaziente e diligente lavoro durato 12anni (ci rimise anche una gamba per loscoppio di una mina), risistemò queivecchi camminamenti con l’intento direstituire memoria alla Storia e aldolore, dando vita a quello che oggi,dal 1987 è chiamato, per la magnificaflora alpina d’alta quota che si incontra,Sentiero dei fiori. È indispensabileportarsi l’attrezzatura da ferrata e ilvestiario d’alta quota, oltre a piccozza,ramponi e torcia elettrica per le galleriedi guerra.Dalla Capanna Presena, si sale al PassoCastellaccio (2.963 m) dove siincontrano ancora rotoli di filo spinato.Qui inizia il percorso che conattrezzature, passerelle sospese,passaggi esposti, ripidi canaloni e unagalleria di 67 metri scavata nel granito

del Gendarme di Casamadre porta alPasso di Casamadre (2.984 m), dove sitrovano i ruderi di baracche militari.Un’ultima salita su sfasciumi e si arrivasulla cima del Corno di Lagoscuro(3.166 m). Appena sotto la cima c’è laCapanna Faustinelli-Amici dellaMontagna (3.160 m) ricavata dallaristrutturazione di una delle baraccheche costituivano un vero e propriovillaggio militare d’alta quota. Il bivaccoè normalmente chiuso, ma è possibileusufruire di un annesso localed’emergenza. Dalla cima si scende indirezione del Ghiacciaio Presena(catene). Arrivati al ghiacciaio ci sidirige verso la Capanna Presena.

Per rivivere almeno con la fantasia, la Guerra Bianca sull’Adamello, proponiamo una grande classica delle escursioni d’alta quota sulle Alpi

Sentiero dei fioriIl “Gendarme”

lungo il Sentiero dei fiori.

182-2014

i sentieri degli alpini 1914-1918

LA GRANDE GUERRA

Disegno di M. Camandona

OFFERTA RISERVATA SOLO AI SOCIASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI

On line! Si colleghi subito al nostro sito

http://store.edidomus.it

Si abbonicon lo sconto di oltre il

40%

(più € 1,90 contributo spese di spedizione)

anziché euro 45,00

6 numeri diMeridiani Montagnea solo euro

26,00

9 giorni di pura meraviglia tra le montagne e i deserti nella terra dei sultani, conla guida di un esperto geologo.

L’Oman, un gioiello naturalisticoe ambientale affacciato sull’Oceano Indiano, è un paradiso per jeep tour e trekking indimenticabili. Si parte da Muscat, residenza del sultano,per proseguire lungo la costa e poi nel deserto di Wahahiba Sand. Un viaggio di rara bellezza, dove la natura è padrona incontrastata.

Il viaggio è organizzato da Kailas Viaggi, il primo tour operator italiano fondato da geologi.

Regolamento completo su http://store.edidomus.it/regolamento.cfm Montepremi: 3.600,00 €

In più, potr vincere uno splendido viaggio in Oman partecipando al grande concorso “I Gioielli dei Sultani”

Numero Verde

800-001199Dal lunedì al venerdì dalle 8,45 alle 20,00

Il sabato dalle 8,45 alle 13,00

Si abboni e potrà vincere un viaggio indimenticabile!

IN REGALO INOGNI NUMERO LA

CARTINA ESCLUSIVA

Abbonati

Abbonati e potrai vincere un viaggio indimenticabile!

Gennaio 1963. Le percussioni, sullepelli tirate degli otto tamburi im-periali della fanfara alpina “Tauri-

nense”, ritmano il passo e si sentono an-cora, attutite appena dal trascorrere ine-sorabile del tempo. La città, dalla Loggiaal Duomo vecchio, mentre fasci di lucetricolore fendono il velo di nebbia cheavvolge le bare di chi, finalmente, ritor-na a baita, rende muto il brusio di tantagente attanagliata, sorpresa, stupita, av-vinta da un così composto corteo.Fasciate dalla bandiera d’Italia, amore-volmente accompagnate dai parenti escortate da prestigiose rappresentanzemilitari e politiche, sono le piccole baredi alcuni nostri Caduti, strappati al-l’oblio dei cimiteri di guerra della stepparussa. Fra questi, numerosi gli alpini del-la terra bresciana. Gli alpini, appunto, vegliano su questebare; sopra di esse si abbracciano i nostridell’ARMIR e i loro dell’Armata Rossa.È un momento di comunione e di con-

fortante sollievo all’intimo, angosciantetormento di chi sopravvisse a Nikolajew-ka e fece ritorno a casa. Ricordo una voce tra tutte, quella di unreduce. Bofonchiava: “Non è giusto”mentre d’attorno musica e richiami vo-cianti si perdevano nella moltitudine.“Non è giusto che io sia qui: loro sono là,sono rimasti là, senza una croce, senzauna preghiera”. “Non è giusto” e affogavatra le lacrime ricordi laceranti in un re-plicato bicchiere di rosso… Salgono sui pennoni le bandiere delledue nazioni, nel punto più alto della cit-tà – la torre Mirabella, culla di storia e dimartiri – e si aggrovigliano, frustate dalvento.Vento gelido, mulinante nevischio checi porta vicine voci lontane. Note e me-no note, tutte altrettanto care. Sono levoci che ci giungono dal Don e, via via,fino da Nikolajewka. Sono le voci cuidiedero corpo, fin dal 1946, in una picco-la bettola, i Baroni, i Panazza, gli Ango-

scini per sé e per loro. Dando origine aun avvenimento senza fine, raccolto oggiper tutti loro, quanti sono Caduti, quan-ti sono andati avanti.Il tintinnio delle medaglie sul Labaro, al-la scuola per spastici e miodistrofici, al-l’asilo di Rossosch, in Duomo nuovo, alVantiniano, ripete un giuramento: nonci dimenticheremo, non si dovranno di-menticare perché, loro, sono un pezzod’Italia che grida “non dimenticateci!”.Il gruppo di voci si ingrossa ogni anno dipiù, andando ad infittire le fila di Com-pagnie e battaglioni, di reggimenti. DiDivisioni infine.Il loro canto è diventato sempre più vi-goroso, sublime armonia di soldati e co-mandanti, mentre le lacrime degli ormaisparuti superstiti sono per noi il fiume diriconoscenza che unisce, in un sol Corpoche prega, gli alpini di ieri, di oggi, di do-mani.Le file di reduci si sono inesorabilmenteassottigliate, con il passare del tempo, mal’Associazione continua a celebrare que-gli uomini e la loro epopea. Nella giorna-ta intensa e partecipata di sabato 25 gen-naio una delegazione ha fatto visita aglistudenti delle scuole medie Tridentina ePascoli poi, autorità, alpini e popolazio-ne si sono ritrovati davanti alla scuolaNikolajewka.Il sindaco della città Emilio Del Bono,Alberto Cavalli per la Regione, il gen.Maggi, comandante della Scuola di Ao-sta in rappresentanza del gen. Primicerj ealtri ufficiali superiori dell’Accademia diModena, dell’8° Alpini, del 3° da monta-gna, dell’Esercito Regionale Lombardia,della brigata Taurinense, del 2° Alpini,dell’Ambasciata russa in Roma magg.gen. Prikhodo e il col. Stoljarov, hannoreso gli onori ai gonfaloni della città e alLabaro, scortato dal presidente e da nu-merosi consiglieri. Il serg. magg. Leonar-do Sasselli, reduce della Cuneense, porta

202-2014

di Alessandro Rossi

CELEBRATO A BRESCIA IL 71° DELLA STORICA BATTAGLIA

Voci da Niko Voci da Niko

Alcuni reduci durante la cerimonia alla Scuola Nikolajewka.

212-2014

il suo saluto commosso e riconoscente,precedendo le motivate allocuzioni delgen. Maggi e dello stesso presidente na-zionale.In piazza Loggia gli onori ai Caduti han-no preceduto la Messa in un Duomo gre-mito, presieduta e commentata da mons.Angelo Bazzari.“Che cosa è stata ieri e che cosa è per ilpopolo italiano e per gli alpini Nikolajew-ka? Arena di una avventura epica ed epo-cale. Contenitore di una gloriosa ritirata edi una sofferenza furiosamente inaudita.Teatro di gesti eroici e di uomini protago-nisti. Mattatoio di giovani vite inconsa-pevoli. Palcoscenico di una umanità sel-vaggia e brutale. Campagna del dolore in-nocente. Laboratorio di solidarietà gene-rosa e sconosciuta. Sepolcrale tomba disogni giovanili, di progetti interrotti, diaffetti prematuramente stroncati. Ed oggi capitolo di un libro di storia nazio-nale gloriosa, scritta con il sangue. Memo-ria di un evento indimenticabile, di cuinon abbiamo struggente nostalgia. Unoscrigno di lavori umani perenni, di ideali

etici e morali intramontabili, giacimentiinesauribili di coerenti comportamenti edi compassionevoli condivisioni”.Più tardi, al San Barnaba, nel ventennio

dell’Operazione Sorriso la presentazionedel libro “Ritorno a Rossosch” per un do-veroso ricordo di un’opera di pacificazio-ne internazionale.

lajewka lajewkaIl Labaro scortato dal presidente Favero e dal generale Maggi sfila in piazza della Loggia.

L’omaggio ai Caduti: alpini e rappresentantidella FederazioneRussa depongono una corona.(Fotodigital Bertazzoli)

222-2014

di Mario Bruno

Gli eroi della SALUZZO: A 71 ANNI DALLA BATTAGLIA DI NOWO POSTOJALOWKA

Alcuni reduci della Cuneense. (foto Zaira Mureddu)

Gelido il vento sul volto dei nostrialpini quel 20 gennaio 1943. Lispingeva verso la salvezza un lon-

tano miraggio prodigo di sacrifici e spe-ranze mutilate. Appena un giorno innanzi la 21ª com-pagnia del btg. Saluzzo e la 72ª batteriadel gruppo Val Po si erano immolate sulcampo di battaglia aprendo la via che daPopowka conduceva a Nowo Postoja-lowka, terribile varco da dover superarea ogni costo. Per la Cuneense la sventu-ra era tuttavia iniziata già nei mesi pre-

cedenti con la pressione dei russi suipunti che più avrebbero facilitato l’irru-zione nelle nostre linee. Uno di questiera costituito dall’estremo settore di de-stra della Cuneense, a ridosso del Kalit-va affluente del Don, di là del quale eraschierata la divisione Cosseria. Lo presi-diava il btg. Saluzzo del 2° Alpini. Era lanotte del 23 dicembre 1942, l’antivigiliadi Natale, quando la furia avversaria siscatenò con un impeto impressionante.Il reduce Giovanni Ghigonetto di Pae-sana (Valle Po, Cuneo) racconta che la

lotta si era fatta feroce, fino all’estremoimpeto all’arma bianca, dopo che le ar-mi automatiche erano divenute inservi-bili per il surriscaldamento delle canneda fuoco. “Ho visto l’inferno!” esclamaripetutamente l’alpino Ghigonettomentre rivive quegli attimi di terrore.Gli alpini della Divisione Cuneense, su-perate fra mille difficoltà le località diPopowka e di Podgornoje, vinte le nu-merose asperità del terreno ghiacciato,all’improvviso sostarono attoniti, co-stretti ad affrontare una barriera di tren-

232-2014

Cuneense

ta carri armati russi che sbarrava loro ilpasso. Gli eroi dei battaglioni Borgo SanDalmazzo e Saluzzo del 2° reggimentoAlpini, punta di diamante nello scontroattorno all’abitato di Kopanki, sferraro-no l’attacco: erano le ore 15 del 20 gen-naio. Martoriate dai colpi dell’artiglieriarussa le compagnie del Saluzzo, quelledel btg. Ceva e le batterie del gruppoMondovì, in stretto contatto con i “fra-dis” dell’8° Alpini della Julia, si battero-no in uno scontro micidiale. Più che la forza, ormai allo stremo, valseil coraggio. Alpini e artiglieri cadevanoa decine, a centinaia. La 22ª e la compa-gnia comando del btg. Saluzzo furonodecimate dai mostri d’acciaio russi, i ter-ribili T34. La 21ª compagnia entrata per prima,verso le ore 16, a Nowo Postojalowka, siriunì alle altre compagnie del Saluzzo,del Dronero, del Borgo San Dalmazzo,agli artiglieri del gruppo Pinerolo e ai re-parti del 1° reggimento Alpini, batta-glioni Ceva, Pieve di Teco, Mondovì.Serrati in ordine di sfondamento in pro-

cinto di affrontare una sorte atroce, pa-garono un triste contributo subendo per-dite ingenti, anche perché verso le 17,30il fuoco appiccato dai russi alle isbe ave-va fatto luce a giorno esponendo gli alpi-ni, facile bersaglio, ai colpi mortali degliavversari. Almeno milleduecento corpiinermi giacevano sul terreno ghiacciato.Al gen. Battisti, comandante della Cu-neense, dopo Nowo Postojalowka, deglioltre sedicimila alpini impegnati sulDon dall’estate precedente non rimane-vano che il btg. Dronero, il gruppo Pine-rolo e i resti delle altre formazioni di-strutte nella lotta. Erano appena duemi-la uomini: altri, ancora, sarebbero Cadu-ti nelle fasi successive della ritirata.Sono trascorsi 71 anni da quella tragedia.A Saluzzo, nel novero della commemo-razione degli epici fatti di Nowo Postoja-lowka, la Sezione ha organizzato lo scor-so 26 gennaio il raduno intersezionaleche ha riunito una folla di penne nere dioltre quindici Sezioni, alpini in armi econgedati di altre Armi e Specialità chehanno sfilato perdendosi a vista d’occhio

per le vie della città: un tripudio di colo-ri che pare levarsi in volo dalle bandiere,dai gonfaloni, dai vessilli e da una teoriainterminabile di gagliardetti.Tutto ha inizio con l’alzabandiera e l’In-no Nazionale, quindi si prosegue con laresa degli onori ai Caduti accompagnatadal “Silenzio d’Ordinanza”, presso i mo-numenti all’Alpino e ai Caduti di tuttele guerre. Il presidente della sezione diSaluzzo, Renato Chiavassa, il sindaco diSaluzzo, Paolo Allemano e altre autoritàlocali illustrano brevemente i significatilegati alla celebrazione. Nel corso del ri-to religioso, celebrato dal vescovo di Sa-luzzo, mons. Giuseppe Guerrini, davantia tutti gli alpini rigorosamente sull’at-tenti, il presidente sezionale recita convoce ferma la “Preghiera dell’Alpino”.Un’eco remota ci sfiora, mentre al passosfiliamo, il cuore stretto da un’intensacommozione, con la sensazione lontanadi quel vento gelido, quasi che spiri lieveancora sulle nostre penne nere, recandocon sé il tono sommesso di tante voci dialpini, spente nella steppa.

242-2014

IL COL. SCALABRIN TRACCIA UN BILANCIO DELLE ATTIVITÀ

Mesi intensi per il

Gli ultimi mesi dello scorso anno sonostati particolarmente intensi per gli

oltre duecento uomini del 1° reggimen-to artiglieria da montagna di Fossano,impegnati in Sardegna con l’esercitazio-ne di artiglieria “Shardana” e subito do-po nelle valli del cuneese con l’addestra-mento in montagna, sui sentieri delleValli Stura e Pesio. Attività che dai pri-mi giorni di dicembre sono state affian-cate dall’Operazione “Strade Sicure” aTorino e in Val Susa.Per il col. Davide Scalabrin, dallo scorsosettembre nuovo comandante del 1°reggimento, questo è stato un importan-te banco di prova per testare le capacitàdel suo personale.

Col. Scalabrin, dopo questi primimesi molto intensi, che voto da aisuoi artiglieri? Conoscevo le capacitàdel personale del 1°. Nel 2009 e 2010,da comandante del Gruppo “Aosta”avevo già sviluppato attività di questotipo. Oggi, da comandante di reggimen-to, posso solo confermare lo spirito e lequalità professionali di questi ragazzi e diqueste ragazze. Sono stati mesi impegna-tivi e tutti hanno dato prova di grandevolontà. Sono rimasto particolarmentecolpito dallo spirito dei più giovani.Hanno approcciato questo periodo conmotivazione, reagendo sempre con gran-de entusiasmo, sapendo fare gruppo persupportarsi nei momenti più difficili.

Prima una esercitazione in Sarde-gna, subito dopo i campi in monta-gna e intanto la preparazione a“Strade Sicure”: come si combinanoqueste tre fasi così diverse fra loro? Èstata una sfida che tutti gli uomini e ledonne interessate hanno affrontato condeterminazione, ottenendo ottimi risul-tati. Attività così diverse ma comple-mentari che caratterizzano la specificitàdell’artigliere da montagna. Dopo unmese in Sardegna per verificare l’adde-stramento di artiglieria portato avantinei mesi precedenti, dopo pochi giorni,circa duecento artiglieri, zaino in spalla,si sono ritrovati a marciare per due setti-mane, percorrendo oltre 170 km e 30mi-

NOSTRI ALPINI IN ARMI

1º da montagna

252-2014

la metri di dislivello. Una prova che hasicuramente richiesto impegno e prepa-razione fisica, in particolare per alcunemarce come la ferrata dei Funs di Entra-que e le ascensioni alla rocca di S. Ber-nardo e alla testa dell’Autaret.

Spesso parliamo dell’assenza degliuomini in divisa, durante le lunghemissioni all’estero. Ma sembra cheanche in Italia a voi militari sia ri-chiesto un impegno importante? Faparte della professione. Molti degli uo-mini e delle donne che hanno partecipa-to alle due attività, hanno avuto pocotempo per stare a casa. Le missioni sonosicuramente un momento difficile di di-

stacco dai propri cari, ma anche in Ita-lia, quando ci addestriamo, spesso il no-stro lavoro richiede dei sacrifici alle no-stre famiglie.

Col. Scalabrin, pensando al presen-te, quali sono le attività che vedonoimpegnato il 1° da montagna? Le at-tività concluse con il 2013 non rappre-sentano un punto di arrivo ma un mo-mento di addestramento che proseguenel corso dell’anno. Mentre due batteriedel Gruppo “Aosta” marciavano, altriartiglieri avevano già iniziato una faseaddestrativa legata all’Operazione “Stra-de Sicure”, in concorso con le Forze diPolizia. Se da un lato, dobbiamo garanti-

re la rotazione del personale impegnatonell’Operazione, nella città di Genova,dove oramai siamo presenti da oltrequattro anni, il nostro contributo a“Strade Sicure” è cresciuto sensibilmen-te con il nuovo impiego di oltre centoartiglieri tra il Centro di Identificazioneed Espulsione di Torino e il raggruppa-mento della Val Susa. Impegni operativiche gli uomini e le donne del 1° hannodimostrato di saper affrontare egregia-mente.

Nella foto: l’accensione dei fumogeni in vetta con gli artiglieri del 1° inquadrati davanti al Tricolore.

262-2014

ASPETTANDO L’ADUNATA - PORDENONE 2014di Antonio Liberti

Territorio d’eccellenze

La gran parte dei vini sulle nostre ta-vole e in quelle del resto del mon-do. Oppure gli idromassaggi che

spopolano nelle lussuose dimore dellostar system hollywoodiano. Ma anche le“Ferrari” dei pianoforti, utilizzati dai piùgrandi musicisti, o ancora uno dei primicampioni del mondo di boxe che ha fat-to sognare una nazione nel periodo dellaseconda guerra mondiale. Che cos’han-no in comune tra loro tutte queste cose?Semplice: l’origine in provincia di Por-denone. Barbatelle, vasche Jacuzzi, pia-noforti Fazioli e il “gigante buono” Pri-mo Carnera sono prodotti, marchi e uo-mini che hanno origine nella Destra Ta-gliamento (così viene anche chiamato ilterritorio provinciale pordenonese) cherendono questa zona del Friuli VeneziaGiulia una eccellenza in Italia e nelmondo. Pordenone e la sua area circo-stante sono relativamente giovani, vistoche è solo nel 1968 che lo Stato ricono-sce a questo territorio lo status di Pro-vincia. Ma la storia alle spalle è invece moltolunga e consolidata, permettendo alFriuli Occidentale di vantare importantiprimati in campo produttivo e artigiana-le, come dimostrano i dati relativi ad al-tre eccellenze di questa zona del nordest:ossia coltelli e lame, mobili e mosaico.Insomma Pordenone scrive la sua storiasul lavoro, sull’artigianato, sull’indu-

strializzazione. L’incessante crescita per-mette di tracciare rotte nuove verso ilmondo, facendo dell’esportazione unodei punti di forza del territorio a livelloregionale.

LE RADICI DEL VINO - Ma andia-mo con ordine e partiamo da quello chesenza dubbio è il simbolo di Pordenonein tutti e cinque i continenti. Stiamoparlando della barbatella, ossia la pianti-na dalla quale si genera la vite e crescel’uva, trasformata poi in vino. Nata du-rante la Prima Guerra Mondiale, questaattività rappresentò un esperimento, riu-scito con successo, per tentare di debel-lare la fillossera. Con il passare degli an-ni, grazie agli studi sul genoma, si è riu-sciti a produrre barbatelle che si adegua-no alle caratteristiche del terreno in cuisi piantano. A Rauscedo, un piccolo co-mune che dista circa 15 chilometri dalcapoluogo di provincia, gli oltre 250 col-tivatori vivaisti producono più del 60per cento delle barbatelle presenti inItalia nonché il 20 per cento di quelleeuropee, per complessivi 70 milioni diinnesti-talea all’anno, esportati poi intutto il mondo. La coltivazione di barba-telle si coniuga con una produzione in-tensiva di vini Doc Friuli Grave, che po-ne la provincia di Pordenone al primoposto in regione per quantitativo, con il55 per cento circa.

WELLNESS HOLLYWOODIANO -Nell’immaginario collettivo rappresentail meglio del wellness. Un desiderio dagustare ad occhi chiusi, assaporando ilpiacere del massaggio vellutato sul corpostando comodamente immersi nell’ac-qua circondati da soffici bolle d’aria. LaJacuzzi, regina delle soluzioni per l’idro-massaggio che impreziosisce dimore hol-lywoodiane e spa di tutto il mondo, èfrutto di un sogno americano in salsapordenonese. Una storia di emigrazionecon protagonisti tre fratelli originari diun piccolo comune, Valvasone, che la-sciano il Friuli Venezia Giulia per cerca-re fortuna in Usa. Dal 1970 ad oggi si co-niugano negli stabilimenti di questo pic-colo paese - dove ha anche sede il “corebusiness” per i mercati Europei e Asiati-ci - le tecnologie più all’avanguardia conle avanzate ricerche sul design e gli stilidi vita contemporanei per creare solu-zioni innovative e al passo coi tempi.

PIANOFORTI - Dal piacere del corpoa quello dell’anima il passo è breve. Edancora una volta questo territorio sa of-frire emozioni speciali: lo fa con i piano-forti, una delle griffe “Made in Italy” conbase produttiva nella provincia di Por-denone. Stiamo parlando dello strumen-to a corde della ditta Fazioli, azienda consede a Sacile, diventata sinonimo di ec-cellenza al mondo e leader nel settore.

Alcune piantine di barbatelle pronte per la piantumazione e altre già germogliate. La preparazione del mosaico.

272-2014

Oggi questi veri e propri gio-ielli, frutto della sapientecombinazione tra la delicatamanualità artigiana e l’ap-profondita ricerca tecnologi-ca nella scelta dei materiali,sono adottati dai maggioriteatri e dalle più celebratesale da concerto: da quelleitaliane quali Scala, Parcodella Musica e Fenice, alMetropolitan di New York,passando attraverso la Cina.Pianoforti così prestigiosinon potevano mancare nellesingolari collezioni del sulta-no del Brunei, che ne ha vo-luto uno intarsiato con pie-tre preziose.

IL GIGANTE BUONO -In una terra che in passato èstata fortemente caratterizza-ta dall’emigrazione, ha avutoi natali e ha trascorso gli ulti-mi anni della sua vita un uo-mo che ha lasciato un segnoindelebile nel mondo dellosport. Primo Carnera, primoitaliano a conquistare nel1933 il titolo mondiale deipesi massimi battendo JackSharkey al Madison Square Garden diNew York, nacque nel 1906 a Sequals.Definito “il gigante buono” per la suaprestanza fisica (era alto 2.05 e aveva iln. 52 di piede) e per la sua grande sensi-bilità, Carnera scelse di tornare a Se-quals per trascorrere gli ultimi giornidella sua vita nella villa - attualmentevisitabile - che è stata trasformata in unmuseo, grazie alla raccolta degli innume-revoli cimeli del campione. Egli riposanel cimitero cittadino.

LAME D’AUTORE - In passato i saltid’acqua, dovuti alla presenza di fiuminella zona, vennero utilizzati nel mania-ghese per muovere mulini e far funziona-re i battiferri nelle officine. Opifici arti-gianali, in cui i fabbri – con grossi magli– forgiavano arnesi da lavoro soprattuttoper contadini e boscaioli ma anche armidi qualità. L’antica tradizione si è tra-mandata nei secoli e ancora oggi vieneportata avanti con moderne tecnologie.Ora le lame forgiate sono frutto di unaattenta ricerca scientifica, impreziositeda contenuti di design sofisticato. Neldistretto industriale maniaghese vengo-no prodotti coltelli a lama fissa e richiu-

dibili, cavatappi, forbici e cesoie,attrezzi manuali da raschio e ta-glio, utensili da taglio e incisione.La provincia di Pordenone è laprima in Italia per la realizzazionedi questo tipo di oggetti, con oltreil 50 per cento della produzionenazionale. Infine da questa zonaprovengono anche molte dellearmi utilizzate nella cinematogra-fia hollywoodiana dedicata allesaghe epiche, quali la spada diBrave Heart oppure quella di Ro-bin Hood, film interpretati ri-spettivamente da Mel Gibson eKevin Costner.

MOBILI - Il Distretto del Mobi-le Livenza è situato al confinecon la Regione Veneto, a cavallotra la provincia di Pordenone e diTreviso. Ne fanno parte 19 Co-muni dove si ha una delle più im-portanti concentrazioni indu-striali d’Italia nel campo del le-gno e del mobile, che produce unfatturato complessivo di 2 miliar-di di euro, un decimo del totalenazionale. Nel breve arco di cin-quant’anni si sono sviluppate 800aziende che fino a poco tempo fa,prima della grande crisi che sta

attanagliando il nostro Paese, ponevanoquesta provincia al terzo posto in Italiaper il valore delle esportazioni di mobili.

I COLORI DEL MOSAICO – Quellidescritti fino ad ora sono preziosi tassellidi un territorio che dà vita ad un quadrovariopinto, come le tessiture cromatichedei mosaici di Spilimbergo, altra eccel-lenza inimitabile della provincia di Por-denone. In questo Comune ha sede una scuolaunica nel suo genere in Italia e nel mon-do, che ha formato migliaia di artisti eterrazzieri i quali hanno esportato l’artemusiva storica e soprattutto moderna intutti e cinque i continenti. Solo per faredegli esempi, la saetta iridescente che sitrova nella metropolitana di New York aGround zero è stata progettata e realizza-ta in questa istituto. Ma anche il restau-ro di altri grandi mosaici quali quelli delforo Italico a Roma oppure del SantoSepolcro a Gerusalemme è stato com-piuto da mani spilimberghesi. Ed in pas-sato l’Opera di Parigi oppure la Libraryof Congress di Washington, furono de-corate dagli artigiani di questa zona delpordenonense.

Allenamento speciale per Primo Carnera che scherza con una gigantesca forma di salame italiano, appena scaricata in un porto statunitense.

Diversi tipi di coltelli forgiati a Maniago.

282-2014

19ª EDIZIONE DEL CONCORSO “PAROLE ATTORNO AL FUOCO”

Premiata “La storia di Neta”

Una “buona annata” il 2013 per ilconcorso internazionale del gruppo

di Arcade e della sezione di Treviso: que-st’anno i racconti inviati sono stati 63,molti di ottima fattura. La premiazione è avvenuta domenica 5gennaio nel palazzetto sportivo comuna-le con una buona affluenza di pubblico.Presenti alla manifestazione il consiglie-re regionale Federico Caner, il vice pre-sidente della Provincia di Treviso, l’alpi-no Floriano Zambon e il sindaco di Ar-cade Domenico Presti. Il vicario Umber-to Tonellato ha portato il saluto della se-zione di Treviso in rappresentanza delpresidente Raffaele Panno, assente permotivi familiari. Commosso e d’effetto,come sempre, l’intervento del padronedi casa, il capogruppo Florindo Cecco-nato.Moderatore della cerimonia di premia-zione, allietata dalle cante del coro “ElScarpon del Piave” di Spresiano direttodal maestro Marco Girardi, il presidentedel comitato Pino Gheller che ha letto

Il presidente del Comitato Organizzatore Gheller consegna il premio al vincitore Alessandro Borgotallo; a destra il presidente della giuria Lugaresi.

Gheller con Barbara Cannetti, terza classificata. A destra, con il cappello alpino, il capogruppo di Arcade, Cecconato.

292-2014

Borgotallo (al centro) con gli alpini che hanno vinto il premio speciale: Luigino Bravin e Ferdinando Zanatta (a destra).

le motivazioni. Anche quest’anno il vin-citore è stato un alpino (così come i vin-citori dei premi speciali): il binomio al-pini-cultura, infatti, risulta vincente enell’ANA di Treviso trova spazio da an-ni grazie a questo concorso, allo spazioculturale “Al Portello Sile”, al progetto“Salvaguardia della montagna” nellescuole e alle iniziative del neonato Cen-tro Studi sezionale.Il giornalista e scrittore Giovanni Luga-resi, presidente della giuria, ha chiuso ilsuo intervento evidenziando che il livel-lo dei racconti dei vincitori è molto buo-no e più che dignitoso quello dei raccon-ti segnalati: “Agguato sul monte Piana”di Walter Serra di Fiorentino (Repubbli-ca di San Marino); “Sette soldati” di Fe-derico Torresan di San Vito di Leguzza-no (VI); “Mina” di Vanes Ferlini di Imo-la (BO); “La sentinella” di PierluigiTamborini di Dosson di Casier (TV);“Montenegro” di Oscar Tison di Vodo diCadore (BL); “Lei” di Rita Mazzon diPadova; “Il sentiero delle anime perdu-te” di Enrico Brambilla di Almenno SanBartolomeo (BG).Il premio speciale “Trofeo cav. Ugo Bet-tiol” per un racconto su un tema di at-tualità, è andato quest’anno a “Licenzia-to” di Luigino Bravin, alpino di Cone-gliano; l’altro premio speciale “Rosad’argento Manilla Bosi, sposa, madre esorella di alpini”, per un racconto che hacome protagonista una donna, è andatoa “Marieta” di Ferdinando Zanatta, alpi-no di Castelfranco Veneto (TV).Per ultima la premiazione dei vincitori:

la coppa di cristallo, la targa di riconosci-mento e 500 euro sono stati consegnatialla terza classificata, Barbara Cannettidi Corlo (FE), autrice di “Fragile Forza”,una signora disabile che ha destato l’am-mirazione e la commozione del pubblico.Come da regolamento ha deciso di dona-re la metà del premio all’ADO ONLUSdi Ferrara, associazione che si occupa dimalati terminali oncologici. Secondo classificato è stato il racconto“L’ultimo borgo” di Maria Cristina DiDio, di Calascibetta (EN) - assente allapremiazione - che ha donato metà delpremio di 800 euro ad una famiglia indifficoltà del suo paese il cui capofami-glia è rimasto senza lavoro.Primo classificato il giovane scrittore egiornalista (ha scritto anche su La Repub-blica) Alessandro Borgotallo, alpino diMondovì (CN), con il bellissimo “Lastoria di Neta”, che è stato letto integral-mente e ha raccolto calorosi applausi. Lametà dell’assegno di 1.300 euro è statadevoluta alla sezione ANA di Mondovìper realizzare alcune opere sociali.Ha chiuso la manifestazione la struggen-te canta “Signore delle cime” accompa-gnata dagli applausi. Poi come da tradi-zione un breve rinfresco preparato daglialpini del gruppo di Arcade e, infine,tutti “in libertà”: in molti hanno parte-cipato alla festa in piazza ad Arcade, congli occhi al cielo per vedere se la direzio-ne del fumo del falò “Panevin” indicassebuoni o cattivi auspici per il 2014.

P.B.Foto di Enrico De Marchi

IN BREVEI 100 ANNI DEL TEN.MEDICO FRANCINI…Reduce delle Campagnedi Jugoslavia e Russia,iscritto al gruppo diGrosseto, sezione di Pi-sa-Lucca-Livorno, Gu-glielmo Francini è arriva-to splendidamente al tra-guardo del secolo. Te-nente medico della Julia,303ª sezione Sanità,partecipò alla battagliadi Nikolajewka e alla sto-rica ritirata.

… E I 90 DI ANTONINODurante una bella merenda gli alpini del gruppo diCiriè, sezione di Torino, hanno festeggiato i 92 an-ni di Antonino Leone, iscritto al gruppo da più di50, qui con Mariuccia sua sposa da 65 anni. C’era-no il decano del gruppo Giovanni Gallo classe1919 e la madrina Marina Mulatero.

… I 92 DI ANGELO VANTI ...In un’unica grande festa Angelo ha festeggiato i 92anni e i 66 di matrimonio con la sua Santina. Iscrit-to al gruppo di Stallavena, sezione di Verona, è re-duce di Russia e appassionato lettore de L’Alpino.

IN MEMORIA DI GIORGIO BALOSSINIÈ stata intitolata aGiorgio Balossini, re-centemente scompar-so, la sede di Novaradel GS Juventus Club,da lui fondato e pre-sieduto. Alla posa del-la targa, alla presenzadel presidente dellaRegione Piemonte Co-ta, del sindaco di No-vara Ballarè e di unfolto pubblico, Balos-sini è stato ricordato,oltre che come mitico“cumandant” del Servizio d’Ordine Nazionale, an-che per le sue numerose attività benefiche, perle sue opere di poesia dialettale, e per la suapassione per lo sport.

302-2014

ALL’ANA IL PREMIO PAGANI PER AVER REALIZZATO L’ASILO DI ROSSOSCH

Una serata da incorniciare

Splendida serata quella organizzata adArzignano: c’erano tutti gli ingre-

dienti per trasformare un concerto di co-ri in un momento di comunità per la Valdell’Agno e del Chiampo. Innanzi tuttoil luogo. L’azienda Marelli Motori, erededella mitica Pellizzari, che ogni annomette a disposizione gli spazi dell’azien-da per allestire palco e platea, mentrel’Associazione Arzignano Futura e iCrodaioli, con un robusto contributodella Protezione Civile e delle Forze del-l’Ordine, si occupano dell’organizzazio-ne. La magia delle cante del maestro Be-pi De Marzi fa il resto. A rendere poiparticolarmente significativa la seratac’è la seconda edizione del “Premio Ma-rio Pagani”, assegnato quest’anno al-l’ANA per la realizzazione dell’Asilo diRossosch (in Russia), in memoria dellatragica ritirata.Già un’ora prima dell’inizio del concertomigliaia di persone occupano l’area ri-servata alla manifestazione e in prossi-mità del palco, ad accogliere gli ospiti,troviamo l’amministratore delegato del-la Marelli ing. Roberto Ditri, il presiden-te nazionale Sebastiano Favero, il capo-gruppo ANA di Arzignano Paolo Mar-chetti, il presidente della sezione di Vi-cenza Luciano Cherobin e il consiglierenazionale Antonio Munari. Il maestro

De Marzi, come suo costume, intanto ar-meggia meticolosamente con tastiere emicrofoni perché tutto sia in perfetto or-dine. Un bel gruppetto di alpini intrat-tiene le autorità in attesa dell’entrata inscena dei tre cori: femminile “Plinius” diAdria, misto “Sondelaite” di Chiampo,e “I Crodaioli”.In apertura l’ing. Ditri rivolge un salutoagli ospiti, presenta “la forza” della suaazienda, oltre seicento dipendenti, e ma-nifesta la sua soddisfazione per un 2013che vede l’azienda con fatturato e occu-pazione in crescita. È visibilmente con-tento di ospitare un incontro così signi-ficativo e partecipato e, con un verocoup de théậtre, estrae da un sacchettoil suo cappello alpino di ufficiale del Ge-mona e dà l’avvio alla manifestazioneintonando l’inno nazionale. Millesei-cento voci lo seguono e l’atmosfera siscalda. Il maestro De Marzi lentamentesi avvicina ai suoi Crodaioli e con il fa-scino della poesia che gli è congenialepresenta due brani che evocano le sug-gestioni degli antichi mestieri, dei pro-dotti delle mani dell’uomo e il bisognodi conservare vive le radici profondedella nostra terra. Con un crescendo dipartecipazione e di commozione si susse-guono i cori. Toccante l’interpretazionedi Nokinà da parte del “Plinius” che

evoca la tragedia delle mamme sulla ne-ve di Auschwitz. Dirette “in fila verso lecamere a gas, accarezzano i loro bambinicon una ninna nanna che diventa dispe-razione”. In un momento di pausa salgo-no sul palco l’amministratore delegatodella Marelli, il presidente di ArzignanoFutura, il capogruppo ANA di Arzigna-no, il presidente nazionale per la conse-gna del premio “Pagani” e lo scambio diomaggi. Un breve profilo in memoriadel grande capogruppo e presidente deiCrodaioli, stimato notaio e personalitàdi grande spessore morale, viene traccia-to dal figlio Roberto che ne sottolineacon sincerità le doti umane e alpine.Nel suo intervento, Sebastiano Favero,ricordando l’esperienza di Rossosch nel1992-’93 (22 viaggi in Russia come pro-gettista), evidenzia il significato di quel-la scuola come segno di fratellanza tra ipopoli e ribadisce l’impegno dell’ANAdi restare sulla scia della sua grande tra-dizione umana e solidale. In chiusura, a cori riuniti e con il coin-volgimento di tutta la platea, L’ultimanotte degli alpini e Joska la rossa. Momen-ti ineguagliabili di grande suggestione edi genuina alpinità, che si accompagna-no al bisogno di augurare a tutti noi e al-l’Italia un 2014 sotto il segno della di-gnità, della serietà e della fiducia. (v.b.)

Scambio di doni tra il presidente Favero e il capogruppo Marchetti.

312-2014

IN BREVEIL SINDACO DI NAPOLI DAGLI ALPINIIn occasione dellacerimonia di conse-gna delle medaglieeuropee FIDCA (Fe-derazione ItalianaCombattenti Alleati)tenutasi nella sede dell’Istituto del Nastro Azzurropresso la sezione ANA di Napoli, il sindaco Luigi DeMagistris ha colto l’occasione per visitare la bellasede con annesso museo alpino, dove ha potutoammirare e conoscere gli alpini e la loro storia. Hapoi ricevuto in dono il gagliardetto sezionale offer-togli dal vice presidente vicario Mariano Putignano.A conclusione vin d’honneur offerto dall’Istituto delNastro Azzurro e dagli alpini.

IL MONUMENTO DI CORNELIANOIn occasione delraduno alpino delRoero, il direttivodel gruppo di Cor-neliano d’Alba, se-zione di Cuneo, havoluto posare da-vanti al monumen-to progettato erealizzato dall’arti-sta Silvia Ruata (nella foto) diplomata all’Accade-mia di Belle Arti di Torino.

RICORDANDO IL VECIO GIOVANNI ZUCCHISoci del gruppodi Mandello La-rio, i due figli e itre nipoti di Gio-vanni Zucchi, re-duce di Russiaandato avanti nel1999, hanno de-ciso di ricordare

il loro congiunto facendo visita a un altro vecio an-che lui reduce dei fronti greco-albanese e russo. ÈMario Richini, classe 1915, che vive con la figlia. Èstata così organizzata una bella cena, seguita dacanti alpini ai quali “il Mario” non ha voluto sottrarsi.Abbracci e tanta commozione ricordando Giovanni.

IL PLASTICO DI NIKOLAJEWKAIl dottor Luca Avogadro, un medico che esercitaa La Spezia, si interessa di storia e di modellismomilitare. Dopo aver letto i libri di Giulio Bedeschisulla Campagna di Russia si è appassionato a talpunto a quelle tragiche pagine di storia da realiz-zare una ricostruzione della battaglia di Nikolajew-ka con circa 400 miniature in scala 1-72, dipintea mano. Il bellissimo plastico è stato presentato aMilanoWargame, rassegna annuale che si tiene alparco di Novegro.

L’Università Cattolicastudia l’Adunata

Studiare l’impatto economico e socia-le dell’Adunata degli alpini sul terri-

torio è lo scopo del progetto di ricercacurato dal prof. Paolo Rizzi, docente del-l’Università Cattolica del Sacro Cuore.Alla presentazione del progetto eranopresenti il vice presidente vicario del-l’ANA Adriano Crugnola, il sindaco diPiacenza Paolo Dosi, il presidente dellaprovincia Massimo Trespidi e il già presi-dente della sezione ANA di PiacenzaBruno Plucani. Una delle più grandi ma-nifestazioni del nostro Paese sarà per laprima volta analizzata prendendo a cam-pione 4.000 penne nere di diversa età,provenienza ed estrazione per capirequanto hanno speso e cosa hanno acqui-stato durante il loro soggiorno a Piacen-za durante l’ultima Adunata nazionale.“Studi di questo tipo - spiega il prof. Riz-zi - sono realizzati in occasione di me-gaeventi di cui non si conosce se l’im-patto è positivo o meno. In questo casoparticolare noi sappiamo che l’impattoeconomico è sicuramente positivo mavogliamo quantificarlo”.Oltre che sull’aspetto economico l’inda-gine metterà in evidenza, attraverso lerisposte di un campione di cittadini e dialpini, anche quali sono i valori chevengono trasmessi con l’Adunata.Un’ultima parte dell’analisi riguarderàinvece il solo mondo alpino con sondag-gi mirati a capire in cosa credono gli al-

pini per riuscire a trasmettere quei valo-ri e che fiducia hanno nelle istituzioni.“Il modello statistico è assai interessanteperché è lo stesso che viene utilizzato daLanfranco Senna per stimare le ricadutedi Expo 2015 - sottolinea il prof. Anto-nio Dallara - ed è stato sviluppato all’in-terno della fondazione ITR che collabo-ra al progetto”.Il presidente della provincia Trespidi hasottolineato come proprio in vista del-l’Expo del prossimo anno l’Adunata de-gli alpini sia stata fondamentale per farconoscere Piacenza e la sua realtà ad unpiù vasto pubblico. Il sindaco Dosi haparlato della manifestazione come espe-rienza unica per la comunità e anche perle diverse istituzioni che hanno collabo-rato in ottima sinergia, un modello chesarà replicato in occasione dell’esposi-zione universale.Il vicario dell’ANA Crugnola ha parlatodel mondo alpino e di come “uno deglieffetti concreti dell’Adunata per l’Asso-ciazione è l’aumento degli iscritti, so-prattutto di quelli dormienti, ma i datiprecisi relativi all’impatto economiconon li conosciamo. Lo studio potrebbequindi fare scuola e favorire altre analisisulla complessa realtà dell’ANA”.I risultati dello studio sono attesi primadel prossimo maggio, mese in cui gli al-pini si raduneranno nuovamente a Por-denone per l’87ª Adunata.

Il prof. Rizzi presenta il progetto di studio all'Università Cattolica di Milano.

322-2014

Storia e orgoglioI NOSTRI MUSEI

Il museo “Don Carlo Righini” di Do-modossola è stato inaugurato ufficial-

mente nel 2011 ma si sviluppa da unpercorso avviato negli anni precedenticon la raccolta di materiali, riconducibi-li agli alpini ossolani, curati e custoditicon orgoglio dalla Sezione.L’esposizione racconta in modo semplicee lineare come e perché sono nate lepenne nere, attraverso quali sacrificihanno costruito la loro storia, comehanno conquistato rilevanza nell’imma-ginario comune, quale posto occupanonella società e quale esempio voglionotrasmettere alle nuove generazioni.Questi spunti costituiscono il filo con-duttore che unisce sale, bacheche e ve-trine del museo. Partendo dalle immagi-ni dei fondatori del Corpo con cappello

e sciabole del 1872, si passa alle primeimprese belliche, quali la battaglia diAdua, la spedizione in Cina per la rivol-ta dei Boxer e la Campagna di Libia. Laprima guerra mondiale è presentata conalcune cartine affisse alle pareti che mo-strano le località dei combattimenti,mentre nelle vetrine sono esposti repertiautentici che spaziano dall’abbigliamen-to, alle armi, ai documenti, foto e deco-razioni. Una piccola trincea realizzatacon sacchi di juta, filo spinato e attrezzirinvenuti sull’Adamello e sulla Marmo-lada, offre al visitatore una visione tridi-mensionale che mostra una realtà permolti solo immaginata.Nella seconda sala c’è uno tra i fiori al-l’occhiello del fondo museale: viene pre-sentata, attraverso le sue uniformi, le de-

corazioni e gli attestati, la figura di donCarlo Righini – cui è intitolato il mu-seo – la cui esistenza è stata consacrata aministro di Dio e a cappellano alpinodell’Ossola. La seconda guerra mondialeè introdotta da un manichino in unifor-me del 1942 e dalle cartine della Cam-pagna greco-albanese e russa. In questasala è ben rappresentato “l’orgoglio alpi-no” con un’intera parete rivestita dallefotografie delle Medaglie d’Oro appun-tate sul Labaro dell’ANA, dove è messain evidenza quella dell’ossolano AttilioBagnolini. Il percorso si conclude conl’esposizione delle dotazioni colonialidel 1936 e dalla presentazione dell’Im-pero con delle carte d’epoca. Da segna-lare alcuni reperti di valore storico, qua-li il cappello alpino a bombetta, le scia-bole del generale Ricotti Magnani, ilcappello di Dino Grandi e alcune Meda-glie d’Oro al Valor Militare originali.Dal prossimo marzo, fino ad ottobre, unnuovo allestimento presenterà la sanitàdelle Truppe alpine nelle due guerre.Accanto al materiale storico verrà datorisalto all'aspetto umano dei soldati, giàin evidenza con l’esposizione intitolata"...Dal tascapane!".Il museo rappresenta il panorama cultu-rale e storico nazionale, una realtà unicanella zona, organizzata e guidata dallapassione e dall’entusiasmo, ideali conti-nuatori dei più importanti valori alpini.La speranza che diventi un punto di rife-rimento per tutti coloro che vogliono ap-profondire anche per la prima volta laconoscenza sulla storia delle penne nere,in omaggio al motto del museo: “La no-stra storia, il nostro orgoglio!”. La sededel museo è situata presso la “Casa del-l’alpino ossolano”, in via Giorgio Spezia9 - 28845 Domodossola (VB). Responsa-bile del museo e della biblioteca della se-zione di Domodossola e referente sezio-nale del Centro Studi ANA dal 2009 èAlessandro Lana. Il museo è aperto il sa-bato (9.30-12.30 e 15.30-18.30 da otto-bre a marzo; 10-13 e 16-19 da aprile asettembre). Gli altri giorni solo su preno-tazione.

Per informazionitel. e fax [email protected]

Sfogliando i nostri giornali

VALTELLINA ALPINA – SEZ. DI SONDRIO

“FRAMMENTO”“Io resto qui. Addio.

Stanotte mi coprirò di neve.E voi che ritornate a casapensate qualche volta

a questo cielo di Cerkovo.Io resto qui con altri amici in questa terra.

E voi che ritornate a casasappiate che anche qui,

dove riposo,in questo campo

vicino al bosco di betulle, verrà primavera”.

Giuliano Penco – Fronte russo, 1943

MOLISALPINO – SEZ. MOLISE

NOTE A MARGINEDI UN RADUNO“…Mi sia consentito riferire alcune piccole cose che non sono poi tan-to piccole e che servono invece a far meglio capire il significato e ilvalore di questi raduni. All’ammainabandiera abbiamo notato una ra-gazza che se ne stava in disparte, compostissima, e teneva sulle ma-ni un cuscino rosso, con sopra un cappello alpino. Ci siamo avvicina-ti e le abbiamo chiesto chiarimenti. Ci ha risposto: “Sono di Isernia eil cappello è di mio padre, morto da pochi mesi, che aspettava conansia questo raduno”. Ed ha aggiunto: “Quando ero piccola mio padremi portava sempre con sé ai raduni e, per me, era una grande festa”.Una stretta di mano, parecchia commozione, ed è andata via in silen-zio”. Mario Capone

ALPIN MUNFRIN – SEZ. DI CASALE MONFERRATO

CARO AMICO TI SCRIVO“Caro amico mulo, ho pensato di scriverti una lettera, ma non so be-ne se l’ho fatto per ricordare uno dei più bei periodi della mia vita oper ricordare quanto fosse importante il tuo servizio nei reparti alpini.Da buon soldato eseguivi gli ordini che il tuo conducente ti impartivachiamandoti per nome. Senza accorgerci eravamo diventati amici, ri-conoscevi la mia voce, il mio passo, il mio odore. Poi un giorno ci sia-mo lasciati, io ho costruito la mia vita e la mia famiglia, e tu? Che finehai fatto? Domanda sciocca, so bene che fine hai fatto, l’unica speran-za è che nessuno si sia dimenticato di te. Sfoglio l’album dei ricordi,guardo quelle foto ingiallite, che continuano ad evocare ricordi di tem-pi che non torneranno mai più”.

ALPINI A NEMBRO – GRUPPO DI NEMBRO, SEZ. DI BERGAMO

LA VOCE DEL CAPOGRUPPO“Carissimi alpini e amici, come avrete notato il nostro giornaletto ètornato alla veste originale. Certo, quello degli ultimi anni era sicura-mente un “signor giornaletto”, ma anche i costi erano “da signori”.Quindi, facendo quattro conti, abbiamo preferito tornare allo stile vec-chio. 1928-2013, non sembra vero, il nostro gruppo ha compiuto 85anni. Quando nel luglio scorso ho spento le candeline sulla torta, ilmio cuore batteva così forte che non riuscivo nemmeno a soffiare.Dentro di me una vocina mi sussurrava: “Vecchi di età ma non di spi-rito”. Ecco allora che con gioia, il mio spirito giovanile di alpino misprona a non guardare indietro ma sempre avanti. E se un alpino midicesse: “In quanti guardiamo avanti?”, gli risponderò: “Con tutti quel-li che credono negli scopi scritti nello statuto della nostra Associazio-ne”. Vincenzo Carrara

COL MAOR – GRUPPO DI SALCE, SEZ. DI BELLUNO

W LA SVIZZERA“Non ho mai avuto tanta simpatia per gli svizzeri, fino a un paio di me-si fa. Ma a fine settembre sulla stampa (poca) è uscita la notizia cheben il 73% degli elettori svizzeri ha bocciato la proposta di legge deisoliti pacifisti, di abolire la leva obbligatoria. Una cosa che non tiaspetti! Un Paese multilingue e multiconfessionale che non è più coin-volto in guerre da centinaia d’anni, che dimostra un così forte attac-camento all’esercito di popolo? La spiegazione è nella storia di questapiccola nazione: approfondendo si scopre che l’esercito svizzero, ol-tre ad essere ben attrezzato e moderno è anche, per gli elvetici, for-te simbolo di unità nazionale e garanzia di indipendenza. Una bella le-zione per i nostri politici, che alle nostre assemblee si stracciano levesti dicendo di voler ripristinare la leva e dopo, a Roma, schiaccianoil pulsante ‘contrario’ ”. Cesare

ALPINI OLTREMANICA – SEZ. GRAN BRETAGNA

GLI ALPINI OLTREMANICA“Nel corso della riunione di consiglio di settembre, è stata presa unadecisione “epocale”. Ovvero, dopo 40 anni di “Pino L’Alpino”, si cam-bia nome e formato al nostro giornale sezionale. In chiave di rinnova-mento, si è deciso di passare ad un formato più grande e di chiamar-lo “Alpini Oltremanica”. Questo per aumentare la facilità di lettura, da-re più risalto ai contenuti e, sul fronte del nome, dare risalto al nostroessere alpini residenti in Gran Bretagna”.

332-2014

342-2014

Sono disponibili le nuove cravatte in seta, rea-lizzate per celebrare i 93 e i 94 anni di fonda-

zione della nostra Associazione. Sono in colorbordeaux con le penne e in verde con le righebianche e rosse. È inoltre disponibile il berrettoinvernale, realizzato in lana, con il logo ANA e icappellini nelle versioni in cotone e in pile conil paraorecchie. Le richieste per l’acquisto posso-no essere fatte alla Sezione di appartenenza. Lalista completa dei gadget è su www.ana.it

Calendario storico ANA 2014Èdisponibile il Calendario storico ANA

2014, giunto alla sesta edizione. Lanuova monografia di 24 pagine in grandeformato è dedicata a “Gli Alpini nella cro-naca e nella storia”.Le oltre 130 immagini evidenziano la soli-darietà, le attività associative, le ricorrenzee l’epopea delle Truppe Alpine fino ai no-stri giorni. Tra gli argomenti illustrati ci so-no la consegna dell’asilo di Casumaro etante ricorrenze: il 70° di scioglimento del-le sei Divisioni alpine del Regio Esercito edella nascita del Battaglione Piemonte, isessant’anni di attività degli alpini paraca-dutisti, il 50° pellegrinaggio in Adamello ei 50 anni dalla tragedia del Vajont, il 20°dell’Asilo Sorriso a Rossoch e degli alpinidi leva in Mozambico.Una parte è dedicata alla visita del presi-dente Corrado Perona agli alpini in Afgha-nistan e al nuovo presidente SebastianoFavero al congresso degli alpini emigrati inNordamerica. Altre pagine sono riservatealla storia di San Maurizio, patrono deglialpini, alla Preghiera dell’Alpino e al Sog-giorno alpino di Costalovara.Gli interessati possono acquistare ilCalendario 2014 richiedendolo aiGruppi, alle Sezioni ANA o diretta-mente a “L. Editrice s.r.l.”, tel. 019-821863, cell. 333-4189360, fax 019-8935774; [email protected].

IN BREVEUN GRAZIE AL GEN. SEGARIZZIL’Amministrazione Co-munale di Avio (Trento)alla presenza del sin-daco Borghetti ha con-segnato una targa ri-cordo al gen. RobertoSegarizzi per aver da-to lustro con la propriacarriera militare all’intera comunità di Avio. Presen-ti alla cerimonia il vicecomandante delle Truppe al-pine gen. D. Fausto Macor e il col. Maurizio Pais-san: i gruppi di Avio e Sabbionara erano rappresen-tati dai capigruppo Libera e Campostrini. Il gen. Se-garizzi, nato ad Avio e iscritto al locale gruppo alpi-ni, nella sua lunga carriera militare nelle Truppe Al-pine ha prestato servizio in numerosi reparti, nelCorpo d’Armata di Reazione Rapida di Solbiate Olo-na e presso l’Ambasciata d’Italia in Germania.

UN SALUTO DAL MONVISODalla cima del Monvisoin una giornata indimen-ticabile, gli alpini Euge-nio e Corrado Favole eFranco Turinetti saluta-no tutti gli alpini in armi.Un particolare pensieroagli alpini impegnati nel-le missioni all’estero e atutti gli alpini in conge-do.

GLI ALPINI DAL PAPA"Vederlo di persona, disponibile e cordiale, è stataun'emozione fortissima" assicura Ezzelino Polzottodel gruppo di Pieve di Cadore che con un gruppo di82 persone tra soci e familiari, ha partecipato aun’udienza in Piazza San Pietro. Tramite un respon-sabile della sicurezza gli è stato consegnato uncappello alpino preparato appositamente per lui.

ASSEGNATO IL TROFEO “PIER EMILIO ANTI”All’assemblea dei delegati della sezione di Veronaè stato assegnato il trofeo “Pier Emilio Anti”. LaCommissione sport ha premiato il gruppo di SanGiovanni Lupatoto per l’impegno nelle varie disci-pline sportive e per aver dimostrato di essere lea-le, meritevole e in linea con i princìpi del codiceatletico, con i valori sportivi e con lo spirito alpi-no. Nella foto, il presidente della sezione di Vero-na, Ilario Pèraro, il responsabile sezionale dellosport, Marco Rambaldel, il capogruppo Giampie-tro Ciocchetta e l’alfiere Francesco Marconcini.

Nuove cravatte e cappellini invernali

I libri recensiti in questa rubrica si possono reperirepresso la Libreria Militarevia Morigi 15, angolo via Vigna, Milanotel. 02-89010725 punto vendita gestito da due alpini.

CAMPIONATI SCIISTICI DELLE TRUPPE ALPINEPrefazione a cura di Gianni OlivaIl libro, illustrato con più di 200fotografie a colori, racconta tra-mite immagini la storia dei Cam-pionati sciistici delle Truppe Alpi-ne, la grande manifestazionesportiva e militare alla quale partecipano atleti esquadre di nazioni dalla tradizione alpina. Parti-colare risalto è dato alla gara regina dei CaSTA,la gara dei plotoni, nella quale formazioni delleTruppe Alpine, team stranieri e rappresentativedi altre Unità delle Forze Armate si confrontanoal fine di verificare lo stato ed i progressi dell’ad-destramento mirato a muoversi, sopravvivere ecombattere in montagna e con gli sci. Pagg. 160 – formato 17x24Editore Susalibri - www.susalibri.itIn vendita presso tutte le edicole di Torino e dalla val Susa, nelle librerie Panassi di Rivoli,Susa e Sant’Ambrogio di Susa, e sul sitowww.susalibri.it al prezzo di euro 9,90.

biblioteca

352-2014

ROSSOSCH IN DUE LIBRI

Èin ristampa il libro “Ritorniamo a Rossosch –Operazione Sorriso” di Sebastiano Favero,

Cesare Poncato e Lino Chies, che racconta lastoria della costruzione dell’Asilo Sorriso a Ros-sosch e dei suoi primi vent’anni. La ristampa ri-porterà tutte le integrazioni segnalate dopo laprima edizione (compresa quella del prof. GuidoVettorazzo) con l’aggiunta di 16 pagine sulla ce-rimonia di Rossosch per il ventennale dell’asilo.Sempre a cura della Commissione NazionaleRossosch e grazie alla disponibilità di Bortolo Bu-snardo, Lino Chies, Sebastiano Favero e CesarePoncato, è uscito il libro del prof. Alim Morozov“La mia scoperta dell’Italia e degli Alpini, 1942 -2012”.La pubblicazione è stata resa possibile grazie alcontributo economico di Luciano Mazzer di Co-negliano, nel ricordo dei due zii Giacomo ed Enri-co, (artiglieri da montagna del 3°, dispersi inRussia) e alla traduzione di Gianna Valsecchi.I due volumi, donati agli oltre 400 partecipanti al20° dell’Asilo di Rossosch, non sono in venditanelle librerie ma possono essere richiesti allapropria Sezione o direttamente a Cesare Ponca-to, cell. 349/5863910, e-mail: [email protected]

CLAUDIO BOTTEON1918/19 - Dalla vittoria al ripristino dei territori liberatiL’autore, socio del gruppo diPianzano e consigliere emeritodella sezione di Conegliano, ciracconta alcuni aspetti della pri-ma guerra mondiale, in partico-lare il periodo da giugno a no-vembre 1918, che vide l’ingres-so al fronte dei “ragazzi del’99”. Anche i reparti di Arditi fu-rono potenziati trasformando i soldati italiani dadifensori ad attaccanti. Nella seconda parte dellibro si rende merito all’80ª Divisione alpina e alGenio militare che, insieme a molti prigionieri au-stro ungarici, dal novembre 1918 all’aprile1919, ripristinò territori e fiumi in tempi brevissi-mi. Un’opera comune che gettò le basi per l’unio-ne dei popoli d’Europa.Pagg. 205 – euro 18Dario De Bastiani Editore – Vittorio Venetotel. 0438/388584

SERAFINO ANZOLA DETTO “CIRIBOLA”TUCC UN - Vicende e uominidel battaglione Ivrea attraver-so un secolo di storia d’Italia“Tucc Un” (titolo che riprende ilmotto del battaglione Ivrea), èun’opera in due volumi dedicataal battaglione dalla nappina bian-ca, il reparto che ha portato ilnome della città di Ivrea, sede dal 1887 al 1935del 4° reggimento Alpini. Le vicende piccole egrandi di questo reparto - composto da giovanidelle valli piemontesi ma anche da un buon nume-ro di liguri, bergamaschi e parmensi - sono inseri-te nel contesto delle varie epoche, per megliocomprendere le azioni del battaglione alla lucedei fatti storici. L’opera, imponente e costata treanni di lavoro, è impreziosita da numerose bellefoto in bianco e nero.Pagg. complessive 1078, in due volumi – senzaindicazione prezzo.Per informazioni contattare la sezione di Ivrea –tel. 0125/618158 martedì e giovedì sera e sabato mattina. E-mail: [email protected]

ALBERTO BOLDRINILA STAZIONE DI CALDÈI fratelli Albertoli e altri eroiÈ la storia dei quattro fratelli Al-bertoli: uno reduce di Russia,uno partigiano, gli altri due im-pegnati a favorire la fuga inSvizzera, prima dei prigionierialleati evasi dopo l’8 settembree poi di ebrei e perseguitati politici. La struttura incui operavano, che faceva capo al CNL, era chia-mata “Centro di Caldè” e prendeva il nome dallastazione ferroviaria dove arrivavano i fuggitivi.Verso la conclusione si accenna alla storia dei fra-telli Zampori, arruolati a forza nella Divisione Mon-terosa e fucilati in Garfagnana. Il loro padre, Cle-mente, colonnello degli alpini, Medaglia d’Argentoal Valor Militare e socio fondatore dell’ANA, riposanel cimitero di Castelveccana, vicino a Luino.Pagg. 165 – euro 18 + spese di spedizioneEdizioni MarwanPer l’acquisto rivolgersi al gruppo di Castelveccana, cell. 347/4437067 (sig. Fochi).

PAOLO SENO1915-16 L’ ALBUM FOTOGRAFICO DI KARL PFLANZLAlpin Referent sul Monte NeroUfficiale di carriera dell’esercitoaustro-ungarico, Pflanzl era “Al-pin Referent” (consigliere alpi-no), figura peculiare dell’esercitoaustro-ungarico di alpinista affi-dabile e qualificato, di vitale im-portanza per la conoscenza deiluoghi e la capacità di gestire le problematiche le-gate all’alta quota. Questo album fotografico, chesi snoda sulle tappe del servizio di Pflanzl, contri-buisce a svelare un aspetto originale della GrandeGuerra, uomini su opposti schieramenti spessolegati da un denominatore comune: l’amore per lamontagna. La prefazione, l’introduzione e le notesono in tre lingue: italiano, tedesco e inglese.Pagg. 199 con 170 splendide foto d’epocaeuro 33. EdiOfi – Casa editrice studio bibliografi-co Ofi – Mestre (Venezia) – Tel. 342/0976727www.bibliofi.it

FERRARI – LEONARDI – LONGO – MORRA – VALENTINO – VERCELLILE ORME E LE FERITE DELLA MEMORIARaccontare Collegno per raccontare l’ItaliaIl libro, voluto dal gruppo di Col-legno, è un omaggio a tutti i col-legnesi caduti nelle guerre delloscorso secolo. La ricerca ha pre-so avvio dall’esame delle lapidicommemorative presenti sul ter-ritorio comunale ed è proseguitaconsultando l’archivio storico, lostato civile, l’anagrafe e la biblio-teca della Scuola di Applicazione dell’Esercito diTorino. Per chi ha avuto un parente o un cono-scente partito e non più tornato sarà come ritro-varlo e seguirlo nelle vicende che ha vissuto pri-ma della morte. Leggerlo servirà a stimolare la ri-flessione sulle vicende belliche del Novecento.Pagg. 255 – euro 18Editrice “Il Punto” – Piemonte in bancarella – Torino – Tel. 011/2238112www.piemonteinbancarella.itPer informazioni: sezione ANA di Torino –011/745563

Primo raduno a Gemona del Friu-li della 13ª e 14ª batteria, gr. Co-negliano e del 3° artiglieria damontagna, dopo 45 anni. Nellafoto, Miazzo, Fornasier, Marchio-ri e Sudiro.

Si ritrovano da 22 anni gli artiglieri alpini classe 1938. Eccoli posare an-cora una volta per la foto ricordo.

Trentanove anni fa erano nellafanfara della Julia, 3°/1973. So-no, da sinistra: Guerra, Faccin,Ranella, Revalor e Fila. Contatta-re Revalor (tel. 339-7731301)per il prossimo raduno.

362-2014

INCONTRI

Foto di gruppo a Cividale del Friuli dei commilitoni della 15ª btr. che negli anni 1963-64-65 erano alla caser-ma Zucchi. L’incontro è stato organizzato da Lino Tomasetig, Remo Martinig e Luigi Fornasari.

Commilitoni della caserma Goi diGemona che negli anni 1975-76erano al 3° da montagna, 14ªbatteria, gr. Conegliano. Sono,da sinistra, Londero, Corradi, Si-rocchi, Alloni e Orrù.

Foto di gruppo degli alpini del 7°,3°/2001, btg. Feltre. Il prossimo incon-tro sarà il 22 marzo nella sede del grup-po di Rosegaferro di Villafranca (Verona).Per informazioni contattare Luca Cordio-li al nr. 328-6974782.

Gli artiglieri del gruppo Conegliano, 13ª batteria, caserma Berghinz, sidanno appuntamento a 50 anni dalla naja. Per informazioni contattareLuigi Baita, 0434-626117; oppure Bruno Ventulini, 0432-764081.

Cinquant’anni fa erano a SantoStefano di Cadore, 2°/1941. Sisono ritrovati a Grisignano diZocco, nella baita degli alpini,con il sindaco Renzo Lotto emons. Esio Busato.

Incontro della 67ª cp., 3°/1965, btg. Pieve di Cadore alla caserma Pie-tro Fortunato Calvi a Tai di Cadore. Per il prossimo raduno contattareMario Dal Santo, 0445-891856.

Gli alpini del 9° corso ACS della SMALP di Aosta si sono ritrovati con l’al-lora capitano Gigi Telmon e il tenente Bortolotti.

Tre giorni di festeggiamenti per il raduno degli alpini del 110° AUC a trent’anni dalla prima nomina, alla caserma Cesare Battisti con l’allora capitano,oggi generale, Biagio Abrate.

372-2014

INCONTRI

Venticinque anni fa erano alla caserma De Cobelli, 262ª cp. alpini d’ar-resto Val Brenta, 4°/1988 (nella foto c’è anche qualcuno del 3° e del5°). Per il prossimo raduno contattare Gianmaria Conti, 347-0539589.

Alpini del coro brigata Cadore, nel 1986, dopo 26 anni, al raduno delTriveneto a Schio.

Annuale incontro degli alpini paracadutisti del 4°/1987.

Foto di gruppo di allievi dell’89° corso AUC che si erano dati appunta-mento all’Adunata di Piacenza.

Donato Borrelli ha prestato servizio dal 1973 al 1979 come sottufficialealla caserma Psaro di Vipiteno. In quel periodo un alpino (del quale nonricorda il nome) eseguì degli affreschi ai quali Borrelli scattò numerosefoto promettendo all’alpino artista di recapitargliele. I due però si perse-ro di vista e in tutti questi anni Borrelli non è mai riuscito a rintracciarlo:forse ha avuto una galleria d’arte a Milano e ha lavorato negli Stati Uniti.L’autore degli affreschi o chi ha sue notizie può scrivere a Donato Bor-relli, via Azzolini 2 – 38068 Rovereto (Trento); e-mail: [email protected]

Alpini del 5°, 3°/1965 a Merano, Maia Bassa. Chi si riconosce è pre-gato di contattare Giorgio Palazzi, al nr. 338-7669135.

Franco Silvestrini cerca i mortaisti dell’8° Alpini congedati nel 1957 aMoggio Udinese. Contattarlo al nr. 0445-530855.

Mauro Cerato (tel. 392-9765308) cerca i commilitonidella 66 ª cp. Fucilieri, btg. Feltredopo la ristrutturazione del cip-po a Ca’ Tasson nel 1977. Scri-vergli anche via mail all’[email protected]

Cena del congedo a Savigliano nel novembre del 1954: sono gli arti-glieri del gruppo CAL, 1° artiglieria da montagna, classe 1932. Contat-tare Giuseppe Borgia, al nr. 339-8270804.

Gli alpini della 12ª compagnia La Terribile che erano a Moggio Udinesenegli anni 1966-67 ai comandi dell’allora capitano Gianfranco Zaro, sidanno appuntamento a Castelnovo ne’ Monti (Reggio Emilia) il prossimo23 marzo. Nella foto sono sul Montasio, nel 1967. Contattare Alfio Car-panoni, tel. 0522-513502; oppure Eros Sassi, 329-0283099.

Giuseppe Mazzoleni (tel. 338-1300718) cerca notizie dello zioomonimo (primo a destra), clas-se 1921, artigliere della Divisio-ne Tridentina, gruppo Bergamo,disperso in Russia il 22 gennaio1943. Chi si ricorda di lui è pre-gato di contattare il nipote.

382-2014

CHI SI RICONOSCE? INCONTRIAMOCI! - ALPINO CHIAMA ALPINO

GIUSEPPE MAZZOLENI

APPUNTAMENTO A MARZO, PER LA CP. LA TERRIBILE

GRUPPO CAL, NEL 1954

L’ARTISTA DELLA CASERMA PSARO

BTG. FELTRE, 66 ª CP.

MORTAISTI DELL’8°

5° ALPINI A MERANO

392-2014

CHI SI RICONOSCE? INCONTRIAMOCI! - ALPINO CHIAMA ALPINO

Artiglieri della Cadore, 6° da montagna, reparto Comando di reggimen-to, caserma D’Angelo a Belluno, 2°/1939, nel 1962. Telefonare ad En-rico Morra, 011-9002725.

Alpini della 9ª cp., btg. Mondovì alla caserma Plozner Mentil di Paluzza(Udine), nel 1969. Nella foto sono a Palù del Fuori, base di Lutago Val-le Aurina (Bolzano). Contattare Franco Cucit, 0481-60876.

Mario Maccagnan (tel. 338-1053489) cerca i commilitoni che nel 1959erano nel gruppo Agordo, 41ª batteria, 2°/1936. Nella foto con lui,Claudio Bergamelli e Giancarlo Rimondi.

CAR nel 1966 a San Rocco (Cuneo), cp. Edolo. Telefonare a Mario Ri-bola, 335-5296428; e-mail: [email protected]

CAR a Cuneo poi a Bolzano, 4° corpo d’Armata, btg. Trasmissioni Gar-dena, 8°/1978. In particolare Ivano Zanardo (tel. 335-6344351) ricor-da: Marco Campana, Massimo Mantovani, Roberto Stringhetti e Qua-ranta. Contattatelo.

Btg. Valchiese, distaccamento Colle Isarco-Vipiteno, anni 1965-66.Contattare Bruno Abalotti, 030-691362.

BTG. VALCHIESE, ANNI 1965-66

BTG. TRASMISSIONI GARDENA, 8°/1978

CAR A SAN ROCCO, CP. EDOLO

GRUPPO AGORDO, NEL 1959

BTG. MONDOVÌ, 9ª CP.

ARTIGLIERI DEL 6°, NEL 1962

CASERMA SCHENONI, 2°/1966

Marconisti del 2°/1966 che erano alla C.T.T. alla caserma Schenoni diBressanone. Contattare Sebastiano Fasol al nr. 340-8367466.

402-2014

SEZIONI ITALIA

Ogni anno il gruppo di Este organizza sul monte Colombara (Asia-go) una Messa in suffragio del capitano Guido Negri, Servo di

Dio, chiamato dagli alpini “Capitano santo”.Alla testa della sua Compagnia, morì durante un assalto alle trinceeaustriache il 27 giugno 1916, colpito al cuore da una pallottola au-striaca. Pur essendo al fronte in prima linea si recava nei paesi più vi-cini facendo anche 10-15 chilometri a piedi per partecipare alla Mes-sa e fare la Comunione, a digiuno dalla mezzanotte del giorno prece-dente. Dopo la sua morte venne eretto un monumento nel luogo do-ve fu ucciso: esiste ancora oggi in buono stato di conservazione e ma-nutenzione, grazie agli alpini. Per il capitano Negri è in corso una cau-sa di beatificazione e nei primi anni Ottanta le sue spoglie mortali fu-rono traslate nel Duomo di Este, città dove nacque nel 1888. Lo scorso anno il Gruppo locale si è fatto carico della manutenzionedel monumento sul monte Colombara, raggiungendo a piedi quota1.800 con gli attrezzi necessari. Visti gli ottimi risultati ha proseguitol’attività di ripristino anche sui cippi e sui monumenti delle due guer-re che versavano in stato di abbandono (nella foto).

PADOVA Il monumento al “Capitano santo”

La sezione di Vercelli ha organizzato, in collaborazione con l’UfficioScolastico Provinciale, un incontro con i ragazzi delle scuole me-

die inferiori e superiori ed una mostra tematica sulla ritirata di Russiacon documenti, fotografie e riviste di proprietà dell’alpino Paolo Sca-varla, con materiale del “Museo alpino” di Cantavenna di Gabianocurato dall’alpino Carlo Monti e anche della sezione. La mostra è sta-ta allestita nel salone “Duecentesco” di Vercelli, con il patrocinio delComune e della Provincia di Vercelli, e l’aiuto dell’assessore alla cul-tura Pier Giorgio Fossale.Le scuole interessate all’incontro con gli alpini sono state: gli IstitutiComprensivi di Cigliano, Arborio, Buronzo, Asigliano Vercellese, lescuole medie superiore di Trino, liceo Artistico “Alciati” e istituto al-berghiero “S. Ronco” e gli istituti Avogadro, Lanino e Lagrangia diVercelli.Gli incontri sono tutti avvenuti nelle aule magne degli edifici scola-stici, con la partecipazione degli insegnanti di storia e di lettere ed inalcuni casi anche dei dirigenti scolastici.Per la sezione oltre al relatore, il vice presidente sezionale Claudio

VERCELLI Nelle scuole per non dimenticare

Ronco hanno partecipato agli incontri anche i consiglieri EugenioAriagno, Dante Chinelli, e il past president sezionale Battista Torria-no. Lo schema seguito è stato uguale per tutti: l’Inno d’Italia cantatoda tutti i partecipanti e il nostro “33”. Poi il racconto della nascita delCorpo degli alpini e della sezione di Vercelli, con menzione delle Me-daglie d’Oro di cui si fregia il vessillo. E ancora l’inizio della guerra e latriste odissea in Russia, rievocata, oltre che con immagini e filmati,anche grazie alla lettura da parte dei ragazzi di alcuni brani tratti da il“Sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern.L'auspicio è che il seme gettato attecchisca nei cuori dei 900 ragazziaffinché i nostri padri non vengano dimenticati.

Un 90° anniversario riccodi avvenimenti quello

organizzato dal gruppo diCastegnato che ha saputounire sport, tradizione e ri-cordo. La manifestazione èstata aperta dalla marcia sulmonte Trabucco: in vetta, aquota 2.300 metri, vicino algrande crocifisso innalzatonel 2010, gli alpini hannointonato l’Inno di Mameli ehanno acceso fumogenibianchi, rossi e verdi. Il Tri-colore ha sventolato per tut-ta la durata della discesa aCastegnato e per altri 90 chilometri lungo la Valle Camonica, portatodalla “Staffetta dell’amicizia” nella quale le penne nere si sono alter-nate lungo il tragitto, attraversando i borghi di Breno, Malegno, Civi-date, Boario, Darfo, Pisogne. Quindi Marone e Sulzano dove si sonorifocillate. Infine la Franciacorta e di nuovo a Castegnato, accolti da-gli applausi e dalla musica della fanfara “Star of Alps”.La settimana seguente alpini e cittadini hanno partecipato a due ap-puntamenti per celebrare la memoria. Domenica sono stati resi glionori al concittadino medaglia d’Argento al V.M. Annibale Calini,giovane sottotenente alpino Caduto sul Pasubio nel 1916, ricordatocon una breve sfilata e con la deposizione di una corona nella cappel-la di famiglia a Bedizzole. Il giovedì sera è stato proiettato il film ama-toriale “El Vestù” che racconta la vicenda di alcuni alpini di ritornodal fronte russo, cui è seguita la commedia dialettale dal titolo “LaBambulina con la pèna”, che narra la storia vera del ritrovamento diuna bambolina con la penna alpina sotto le macerie del terremoto delFriuli.I festeggiamenti per il 90° del Gruppo si sono conclusi con l’impo-nente sfilata degli alpini e dei reduci, applauditi da tanta gente. Eranopresenti il presidente sezionale Davide Forlani, i consiglieri e i gonfa-loni dei comuni limitrofi scortati dai sindaci. La fanfara Tridentinadella sezione di Brescia e la banda cittadina di Castegnato hanno ac-compagnato tutti i momenti della giornata: al monumento dove sono

412-2014

SEZIONI ITALIA

AOSTA Cittadinanza onoraria La Sezione è cittadina onoraria di Aosta: la cerimonia di conferimen-

to “quale riconoscimento per il benemerito servizio reso alla cit-tà e a tutto il territorio regionale e nazionale, sempre ispirato all’af-fermazione del senso civico e dei valori di libertà, pace, democraziae solidarietà”, questa la motivazione letta dal sindaco Bruno Giordano(alpino). Presenti il presidente nazionale Sebastiano Favero, il presi-dente della sezione valdostana Carlo Bionaz, il comandante della Scuo-la militare alpina gen. Antonio Maggi e i capigruppo della Sezione.Parole di ringraziamento nei confronti dell’amministrazione comunaledi Aosta sono state espresse da Bionaz e dal presidente Favero che pre-stò servizio militare presso la Smalp. Prima della cerimonia in Munici-pio Favero aveva visitato la mostra di bozzetti sugli alpini di SilvianoMeroni allestita nella Biblioteca Regionale.

BRESCIA Novanta volte Castegnato

Da sinistra, il presidente Favero con il sindaco e Bionaz al momento dellaconsegna della pergamena della cittadinanza onoraria.

Sopra: gli alpini del Gruppo sul monte Trabucco e all’arrivo della“Staffetta dell’amicizia”.Sotto: penne nere in sfilata a Castegnato.

stati resi gli onori ai Caduti e a quello dedicato agli alpini, sul quale èstata deposta una corona di fiori. Sono seguiti i saluti del capogruppoSilvio Girolamo Bertoglio, del sindaco Giuseppe Orizio, del presiden-te sezionale. Infine la Messa, durante la quale don Fulvio e don Rena-to hanno benedetto il nuovo gagliardetto.

422-2014

SEZIONI ITALIA

Foza in ricordo dei CadutiASIAGO

Gli alpini di Foza hanno celebrato l’85° anniversario di fondazionecon alcuni importanti appuntamenti di carattere storico. Alla

presenza di una rappresentanza del 5° reggimento Alpini, guidata dalcol. Michele Biasiutti comandante del reggimento, è stata depostauna corona di fiori alla Selletta Stringa – Melette di Foza – in onoredel col. Oreste Pirio Stringa, a cui è stato intitolato il Gruppo. Allacerimonia ha partecipato anche un nipote dell’ufficiale che nel giu-gno 1916, al comando dei battaglioni alpini Morbegno, Monviso, ValMaira ed Argentera, contribuì ad arrestare la Strafexpedition austro-ungarica su quella parte di altopiano. Una seconda corona di fiori è stata deposta sul Monte Cornone, do-ve il 10 febbraio 1918 gli alpini dei btg. Vicenza, Stelvio e Morbegno,piuttosto che arrendersi agli austriaci, preferirono lanciarsi nel vuoto.

In memoria di quel tragico fatto, approfondito dalle ricerche storichedi Paolo Volpato, è stata posta sulle rocce che sprofondano per quasimille metri in Val Brenta, una targa che ricorda la montagna come:“Salto degli Alpini”. Gli alpini hanno scoperto anche una targa che commemora l’intito-lazione del Gruppo al col. Stringa, cerimonia preceduta dall’alzaban-diera, dalla sfilata e dall’intervento di Domenico Alberti che ha ri-percorso la storia degli alpini di Foza. Alla cerimonia erano presenti inipoti del col. Stringa che hanno ricordato lo zio e, assecondandonele ultime volontà, hanno donato al museo di Foza il suo medagliere.Nel museo è possibile visitare anche una interessante mostra fotogra-fica sui combattimenti del 1918 sul Monte San Francesco, sul MonteCornone e sul Sasso Rosso.

Novalesa: 90 anni di solidarietà alpinaVAL SUSA

Era il 1923 quando Michele Roccia, reduce della Grande Guerra,fu nominato capogruppo di Novalesa, secondo gruppo iscritto

della sezione Val Susa. Negli anni gli alpini del Gruppo si sono di-stinti per lodevoli iniziative a favore del Comune, degli enti locali edella chiesa; nel dopoguerra per la ricostruzione, poi per l’aiuto ai ter-remotati del Friuli e in seguito per la realizzazione di un Sacrario e laristrutturazione della sala del vecchio municipio. Oggi a 90 anni dal-la costituzione le penne nere di Novalesa hanno festeggiato il com-pleanno inaugurando un monumento all’Alpino realizzato con mar-mo locale, fortemente voluto dal capogruppo Gillio Giai, sul quale èstata incisa la scritta “Per non dimenticare” (nella foto). La festa èiniziata con l’alzabandiera, la celebrazione della Messa da parte delparroco don Popolla e la benedizione del monumento con la deposi-zione di una corona. Sono seguiti gli interventi del capogruppo Giai,del presidente sezionale Sosello, del revisore dei conti Botteselle e delsindaco Rivetti. La sfilata per le vie del paese con in testa la fanfaraVal Susa seguita da numerosi alpini, tra due ali di folla plaudente, haconcluso la giornata di festeggiamenti. L’eco della grande festa non siè fermata in valle: il presidente nazionale Favero ha inviato un mes-saggio di auguri al Gruppo per l’importante traguardo raggiunto.

La cerimonia alla Selletta Stringa.

A decorare, tra latte di colore e pennelli, c’erano anche il presidentedella sezione di Torino Gianfranco Revello e il direttore delle risorseumane della DHL Express Italy, Giuseppe Occidente. Giovani emeno giovani hanno dimostrato ancora una volta, che con un picco-lo contributo di tempo, energia e voglia di fare, si possono otteneredei grandi risultati a costo zero.Il presidente di “F.O.R.M.A.” Luciana Accornero ha ringraziato: “Hovissuto una giornata emozionante, non solo perché i volontari hannodonato all’ospedale dei locali nuovi e puliti, ma perché ci hanno tra-smesso valori importanti, che oggi abbiamo la necessità di riscoprire”.

432-2014

SEZIONI ITALIA

La sezione di Latina ha rinnovato il tradizionale appuntamentocon la solidarietà, organizzando la 18ª edizione del festival corale

internazionale “Canti della Montagna”. La due giorni si è aperta venerdì sera a Borgo Sabotino con il concer-to del coro “Martinella” di Serrada di Folgaria, diretto dal maestroCaracristi e del coro slovacco “Cantilena”, guidato da Viera Galiko-va, mentre a Borgo Montenero si è esibito il coro “Marmolada” di Ve-nezia, diretto dal maestro Favret.Il giorno seguente gli alpini hanno partecipato alla Messa, celebratanella chiesa di San Marco. La serata di gala al teatro Cafaro di Latinaha offerto alcuni momenti toccanti: il saluto a Gilda, moglie di Ad-dis Pugliese che fu promotore della rassegna sin dalla sua prima edi-zione e la presentazione della composizione “9 ottobre”, su testo diPantini e musica di Milita, che narra la tragedia del Vajont. Il branoè stato eseguito dal coro ANA Latina, diretto con passione da Ro-berto Stivali, che ha celebrato i 20 anni di attività. I fatti del 9 otto-bre 1963 sono stati rivissuti anche attraverso le parole del maggiore

Canti di solidarietàLATINA

Nuovi colori al Regina MargheritaTORINO

Francesco Totaro che da testimone diretto ha narrato dei primi soc-corsi portati dagli alpini. Nel corso della serata il sindaco di Latina Giovanni Di Giorgi ha rin-graziato le penne nere e la Protezione Civile della sezione per l’in-tensa attività sociale. Gli incassi della rassegna sono stati devoluti al-l’iniziativa promossa dal Rotary Club di Latina per finanziare il pro-getto “Polio-Plus”, rivolto a debellare la poliomelite.

La squadra dei decoratoricon i medici dell’ospedale e una giovane della Sezioneintenta a tinteggiare.

Ottantacinque volontari tra alpini della sezione di Torino e dipen-denti del corriere espresso “DHL”, coordinati dalla Fondazione

“F.O.R.M.A.” onlus, sono stati protagonisti di un intervento di riqua-lificazione di alcune aree dell’ospedale infantile Regina Margherita diTorino. È stata una giornata all’insegna del volontariato, in cui gli al-pini della sezione di Torino, i giovani del 1° raggruppamento e i vo-lontari di DHL che hanno aderito al loro “Global Volunteer Day”,hanno unito le forze per ritinteggiare i 1.400 metri quadri che ospite-ranno i reparti dove si svolgeranno le attività ambulatoriali di psico-logia legate a patologie oncologiche.

442-2014

SEZIONI ITALIA

MARCHE Il Vajont di Giovanni Urriani

Acinquant’anni dalla tragedia del Vajont il gruppo di AcquasantaTerme ha commemorato l’alpino Giovanni Urriani, disperso nel-

la sciagura. Urriani era in forza alla compagnia Genio pionieri del 7°reggimento Alpini e si trovava, quel giorno, in perlustrazione lungo ilcorso del Piave con un compagno. Furono travolti dall’ondata di-struttrice e i loro corpi non furono mai più ritrovati. Per le famiglieche non hanno mai smesso di piangerli c’è stata anche la tristezza di

non poter portare un fiore sulla loro tomba. La cerimonia di comme-morazione si è aperta con la sfilata e con la cerimonia di consegna delTricolore ad una scuola locale. Le autorità hanno quindi scoperto unatarga commemorativa in ricordo di Urriani (nella foto) ed è stata ce-lebrata una Messa in suffragio. Poi l’ammainabandiera e il rancio…richiamato dal motto “la zuppa l’è cotta”.

Enzo Agostini

LUINO Un museo e un libro a CastelveccanaDopo sette anni dalla posa del-

la prima pietra, in occasionedel 90° anniversario di fondazio-ne del Gruppo, a Castelveccana èstato ultimato e inaugurato il mu-seo degli alpini. Dopo l’alzaban-diera e l’omaggio floreale al cippodi Giacomo Albertoli, martiredella libertà, al quale è dedicata lasede del Gruppo, quattro reducihanno tagliato il nastro tricolore,inaugurando ufficialmente il mu-seo, poi benedetto dal diacono al-pino Armando Caretti. Ecco i loro nomi: Stefano Passera classe1923, Bruno Spozio del 1922, Germano Comini classe 1924 e LivioDellea del 1917.La sera prima è stato presentato il libro “La stazione di Caldè – Ifratelli Albertoli e altri eroi”, di Alberto Boldrini, già presidente del-la sezione di Luino (le modalità di acquisto sono indicate in questonumero nella rubrica “Biblioteca”). È la storia dei quattro fratelli Al-bertoli, uno reduce della Campagna di Russia, un altro partigiano,catturato e fucilato, gli altri due impegnati a favorire la fuga in Sviz-zera dei prigionieri alleati evasi dopo l’8 settembre. Verso la conclusione il libro accenna alla storia di Albertoli e a quel-la dei fratelli Zampori, arruolati a forza nella Divisione Monterosa efucilati in Garfagnana. Nel corso della ricerca per la stesura del volu-

Il taglio del nastro da parte dei reduci: da sinistra, Passera, Spozio,Comini e Dellea.

Il capogruppo Fochi e il sindaco Pezza.

me, Boldrini ha scoperto che il padre dei fratelli Zampori, Clemente,era colonnello degli alpini, medaglia d’Argento al Valor Militare, so-cio fondatore dell’ANA e componente della prima giunta di scruti-nio. Pur essendo seppellito nel cimitero locale, nessuno conosceva lasua storia. Il capogruppo Sergio Fochi e il sindaco alpino LucianoPezza stanno operando per edificare un piccolo monumento che neperpetui il ricordo.

452-2014

SEZIONI ITALIA

CADORE - PADOVA Insieme sul Monte Piana

Acura delle sezioni Cadore e Padova, dell’Associazione “Amici diMonte Piana” e dei Comuni di Auronzo e Dobbiaco, anche que-

st’anno si è rinnovata la commemorazione dei 14.000 Caduti dei duefronti dal maggio 1915 all’ottobre 1917 sul “Monte del pianto”.La cerimonia si è svolta alla chiesetta dedicata a Maria Santissimadella Fiducia, nell’anniversario della morte del maggiore Angelo Bo-si, comandante del 55° reggimento di fanteria “Marche”, ucciso da uncecchino il 15 luglio 1915. A lui è intitolato il rifugio edificato dovesorgeva il comando italiano, distrutto dalle artiglierie austriache po-ste a Prato Piazza. Erano presenti alpini ed escursionisti, vessilli e i ga-gliardetti dell’ANA e di altre Associazioni d’Arma e molte le autori-tà tra cui il col. Luigi Rossi, comandante il 6° Alpini.Agli alzabandiera italiano ed austriaco, al suono dei rispettivi inni na-zionali, sono seguiti gli onori ai Caduti e la Messa a suffragio, concele-

brata dal cappellano capo delle Truppe alpine don Lorenzo Cottali eda don Michele Loda, cappellano del 31° stormo dell’AeronauticaMilitare di Ciampino (Roma). Quindi le allocuzioni; speciale e con-diviso il paragone fra la guerra di allora e quella di oggi in Afghanistanche la scrittrice-alpinista Antonella Fornari, anima dell’iniziativa, haenunciato nel suo intervento: “…uomini allora, e oggi anche donneche, indossata la divisa, appartennero ed appartengono a quella Ban-diera cui hanno giurato fedeltà, rinunciando a se stessi. Anche i lorocari dovettero rinunciare a loro, e ancor oggi rinunciano alla loro pre-senza con angoscia…”. La visita al museo all’aperto, testimonianza deltragico passato di cui ricorre fra poco il centenario, accresceva nei par-tecipanti l’emozione suscitata anche dal contorno delle meraviglie do-lomitiche. Il prossimo appuntamento è per il 20 luglio 2014.

Giuseppe Nicoletto

NAPOLI Il gen. Gamba in visita alla SezioneIl generale Ignazio Gamba, comandante della brigata Julia, ha fattovisita alla sezione ANA di Napoli assieme al col. Flavio Lauri, co-

mandante del 3° artiglieria da montagna, al ten. col. Cagnazzi e alluogotenente Sferragatta. A fare gli onori di casa, in assenza del pre-sidente Marco Scaperrotta, c’era il vice presidente e capogruppo diNapoli-Centro Mariano Putignano insieme ad un gruppo di alpini. Il gen. Gamba si è complimentato con la Sezione per l’accoglienzadei militari impegnati sul territorio nell’operazione “Strade sicure”, eil vice presidente Putignano ha confermato la disponibilità a tenereaperta la “baita” sezionale in piazza Plebiscito per gli alpini in armiimpegnati a Napoli, anche grazie al col. Lauri del comando territo-riale di Napoli, Caserta e Salerno, disponibile e collaborativo conl’ANA. La cerimonia si è conclusa con lo scambio di crest e le foto ri-cordo vicino al nuovo piccolo museo sezionale.

462-2014

SEZIONI ESTERO

La sezione ANA di New York ha ricordato una pagina di storia di-menticata del sacrificio del lavoro italiano all’estero. Nel 1892 a

Krebs (odierno Oklaoma) l’attività estrattiva del carbone andava atutta forza, con l’inosservanza delle leggi federali del lavoro. Intere fa-miglie lavoravano nelle miniere, e gli italiani erano numerosi.Un’esplosione nella miniera n. 11 di Krebs, causò 139 morti, un nu-mero imprecisato di dispersi, ed un centinaio di feriti gravi. Il prezzopagato dalle famiglie italiane fu altissimo, nella lista ufficiale dei de-ceduti lo stesso cognome compariva anche tre volte. Una delle tantetragedie dimenticate legate al lavoro italiano all’estero. La Sezione diNew York, a nome di tutti gli italiani e soprattutto di quelli che vi-

vono e lavorano negli USA, hadeposto un semplice mazzo difiori bianco rosso e verde e duebandierine tricolori davanti almonumento di Krebs che ricor-da i Caduti in miniera.

NEW YORK

Quei Caduti dimenticati

BALCANICA-CARPATICA-DANUBIANA

Gruppo Ungheria: concerto e gemellaggio

Il gruppo ANA Ungheria“gen. Giuseppe Dal Fab-

bro”, della sezione Balcani-ca Carpatica Danubiana, haconcretizzato la richiesta fat-ta un anno fa dalla sezione diCsongrad (Ungheria meri-dionale) dell’AssociazioneNazionale Riservisti Unghe-resi, di proporre una seratamusicale di un coro alpino. Detto, fatto: il coro “Vocidel Bosco” di Giavera delMontello è “volato” in Un-gheria ed ha avuto un gran-

de successo cantando nel teatro di Hodmezovasarhely dopo l’esibizionedella fanfara della 5ª Brigata ungherese e di due solisti fisarmonicistidell’Associazione riservisti.La domenica il coro si è esibito nella cattedrale di Szeged, davanti a unfolto pubblico, all’ambasciatore d’Italia Maria Assunta Accili ed al ve-scovo. Finito il concerto le autorità ed il coro sono stati invitati dal ve-scovo ad un buffet durante il quale il capogruppo Dal Fabbro è stato in-signito della Medaglia d’oro al merito dei riservisti. Il gruppo Ungheria, quello di Giavera del Montello col suo capogrup-po Fabrizio Zanatta, il direttore del coro Gianluca Valle, il col. Palotaipresidente dei riservisti di Csongrad, il ten. col. Husar comandante del-la caserma, hanno poi firmato un gemellaggio per continuare i rappor-ti non solo musicali, ma anche sportivi, storico-militari e sociali.Accompagnata dal col. Imre Sallai, ufficiale di collegamento, il giornodopo una rappresentanza del gruppo si è recata al Centro di Culturaitaliano di Budapest per festeggiare la giornata del 4 Novembre. Anco-ra una volta l’ambasciatore Accili si è complimentata per le attività delgruppo ANA, che si è assunto il compito di sovrintendere ai cimiterimilitari italiani in Ungheria.

BELGIO

Il coro Montenero a Marcinelle

Il coro Montenero di Ales-sandria ha effettuato una tra-

sferta in Belgio per partecipareal festival corale internaziona-le “Choeur du Pays de Charle-roi”, tenuto al Bois du Cazierdi Marcinelle.La risposta del pubblico è statacaldissima con molte richiestedi bis. Al termine Marco Santi è stato invitato a dirigere i 400 coristinel teatro naturale del “Bois du Cazier” con il brano collettivo “Signo-re delle Cime”.

La consueta marcia di regolarità in onore di Oscar Gmürr, fondato-re della sezione Svizzera, e della moglie Heidi, per anni madrina

della manifestazione, ha raggiunto quest’anno la 45ª edizione. La ma-nifestazione si è tenuta nel Canton Zurigo, in concomitanza con lagiornata dedicata a San Maurizio protettore degli alpini. Ospiti d’onore della manifestazione gli alpini arrivati dall’Italia delgruppo di Imer, sezione di Trento, guidati dal capogruppo Aldo Bet-tega e accolti dal capogruppo di Zurigo Guido Bertamini e dal presi-dente sezionale Brembilla.Vincitore della marcia nella categoria alpini è stato Andrea Meni ca-pogruppo di Olten, seguito nell’ordine da Franco Lanaro (Gruppo diTurgovia) e Ricardo Masoch (Gruppo di Olten). Bellissimo il trofeomesso in palio dalla Sezione: una scultura in legno realizzata e dona-ta dal socio Mario Guardiano del gruppo di Niedwalden.

SVIZZERA

Marcia “Oscar e Heidi Gmürr”

Il gruppo dei vincitori.

Il coro “Voci del bosco” e i gagliardettidel gruppo Ungheria e Giavera delMontello durante una cerimonia in onore dei Caduti.

472-2014

CONSIGLIO DIRETTIVO NAZIONALE

L’organizzazione dell’Adunata nazionale di Pordenone èad uno stadio molto avanzato e procede regolarmente.Ai Ca.STA di Sestrière, programmati dal 27 al 31 gennaio2014, è stato istituito un trofeo interforze, con la partecipa-zione della Polizia e di tutte le Forze Armate: sarà presenteanche la nostra Associazione.Nel primo semestre 2014, il CDN sarà molto impegnato nel-la programmazione e organizzazione degli eventi legati allecelebrazioni del centenario della Grande Guerra.Nel secondo semestre, invece, particolare risalto verrà datoal nostro futuro associativo allo scopo di trovare delle soluzio-ni il più possibile condivise; quanto emergerà su questo impor-tante tema, verrà poi posto all’approvazione dall’assembleadei delegati del prossimo anno. Contemporaneamente, nellastessa assemblea dei delegati, verrà proposta all’approvazio-ne anche una modifica al nostro Statuto associativo.In seguito alla revisione organizzativa ed operativa del-l’Ospedale da Campo il CDN ha dato mandato all’attuale di-rettore del Gruppo di Intervento Medico Chirurgico di defini-re un titolo onorifico di riconoscimento per l’encomiabile la-voro svolto fino ad ora dal prof. Losapio co-ideatore dello

La riunione dell’11 gennaio 2014

CALENDARIO MARZO 20149 MARZOPORDENONE – Cerimonie per il 72° anniversario dell’affon-damento della nave Galilea

16 MARZO37° CAMPIONATO NAZIONALE DI SCI ALPINISMO A LANZADA – VAL MALENCO – SEZIONE DI SONDRIOPARMA – A Sala Baganza commemorazione del naufragiodella nave Galilea

17 MARZOPORDENONE – Festa del tricolore e consegna bandiere alteatro Concordia di Pordenone

30 MARZO48° CAMPIONATO NAZIONALE SCI SLALOM A SAN MAR-TINO DI CASTROZZA – SEZIONE DI TRENTOCREMONA – 85° anniversario di fondazione della SezioneGORIZIA – A Lucinico 31ª scarpinata del Monte Calvario e17° trofeo gen. Sergio MeneguzzoUDINE – A Muris di Ragogna cerimonie per il 72° anniversa-rio dell’affondamento del Galilea

stesso Ospedale da Campo e di continuare nell’attività di re-visione organizzativa proposta dal CDN nel settembre2012.Il CDN ha esaminato approfonditamente anche le problema-tiche riguardanti le convenzioni, i rimborsi e le assicurazionilegate alla gestione della struttura della Protezione Civiledella nostra Associazione. Come da programma si procede-rà ad esaminare gli altri temi riguardanti la P.C. ANA nella se-duta del CDN di febbraio in vista dell'incontro con i presiden-ti di Sezione il 22 marzo a Motta di Livenza.Il Convegno della Stampa Alpina di Marostica (Vicenza), inprogramma sabato 12 e domenica 13 aprile 2014, sarà in-centrato sul tema del “Centenario della Grande Guerra” e sa-rà organizzato in due momenti distinti: nella mattinata di sa-bato si terrà un Convegno sul tema del “Centenario” organiz-zato dal Centro Studi ANA, mentre nel pomeriggio del sabatoe la mattina della domenica si terrà il CISA vero e proprio cheavrà per tema "Il Centenario: cosa e come comunicare". Oltreai responsabili delle nostre testate, e in considerazione degliargomenti che saranno trattati al CISA, quest’anno sarannoinvitati a partecipare anche tutti i presidenti di Sezione.

Prenotazioni per PordenoneLe prenotazioni per gli alloggi collettivi e le aree di atten-damento all’Adunata nazionale di Pordenone possono es-

sere effettuate compilando i moduli on line pubblicati sul sitoufficiale dell’Adunata

www.adunataalpini-pordenone2014.it Per la prenotazione di alberghi, bed&breakfast e agriturismi,l’agenzia ufficiale è la “Delizia Club s.a.s.”, via XXIV Mag-gio, 1 – 33072 Casarsa della Delizia (PN), tel. 0434-869452– fax 0434-86173, numero verde: 800 100 125; [email protected], www.deliziaviaggi.com Gli uffici del Comitato Organizzatore dell'Adunata possonoessere contattati al nr. 0434-544235, 0434-544294, fax 0434-544272, oppure utilizzando una delle seguenti mail dedicate: [email protected][email protected]

ABBONATI SUBITO!Da quest’anno una “marcia” di avvicinamento

con i grandi personaggi e i luoghi della Grande Guerra.

NUOVI ABBONAMENTI• abbonato ordinario Italia euro 15 • abbonato ordinario estero euro 17• abbonato sostenitore euro 50 • abbonato benemerito euro 100 e oltre

È necessario effettuare un versamento sul conto corrente postale nr. 000023853203 intestato a L’Alpino, via Marsala 9 - 20121 Milano,

oppure tramite versamento sul c/c bancario IBAN: IT28 Z 07601 01600 000023853203

BIC: BPPIITRRXXX

Agli abbonati sostenitori e benemeriti verrà inviatoin omaggio il libro “Cuore Alpino per l’Abruzzo”,edito dall'ANA, che rievoca nelle immagini l'intervento in Abruzzo dopo il terremoto.Per informazioni: 02-62410215 – [email protected]

NON SEI SOCIO?


Recommended