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“N - Istituto Magistrale - Licei di Belvedere | Sito web ufficiale · 2018-01-11 · re la...

Date post: 18-Feb-2019
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T re le liste che durante l’anno scolasco 2017/2018 scelgono di rappresentare i Licei Tommaso Campanella.Tre le prospeve con cui i ragazzi scelgono di guarda- re la scuola. Uno il punto di fuga in cui convergono le loro idee. Il 30 oobre 2017 sono sta an- nuncia i quaro rappresentan appartenen alla lista numero tre, la “Paracadulista”: Mario Sicilia con 224 vo, Alessandro Grosso con 169 vo, Crisna castellucci con 142 vo e Maeo Pascale con 133 vo. Grande opportunità di socia- lizzazione e innovazione verrà offerta ai Licei tramite un ge- mellaggio con Scuola Zoo pro- posto da Crisna Castellucci. “Poichè da sempre è Maomeo ad andare dalla montagna, questa volta sarà la montagna con il sup- porto della Paracadulista ad anda- re da Maomeo. Non saranno più i ragazzi a recarsi presso i no istu- Scuola Zoo, ma ques ulmi met- teranno a disposizione ospi di mo- desta fama durante le assemblee e daranno l’opportunità di parte- cipare ad eventuali viaggi-evento” Ma se l’asso nella manica della Pa- racadulista potrebbe a primo im- pao sembrare una polica di puro divermento, in realtà i quaro ragazzi hanno ben altri obievi. A far scalpore probabilmente, durante l’assemblea di presen- tazione delle liste, è la proposta del candidato Maeo Pascale : “La nostra scuola ha un grande vantaggio. I ragazzi diversamen- te abili non sono pochi e grazie a loro ognuno di noi ha l’opportuni- tà di vedere il mondo a colori, non solo bianco o nero. Lasciargli più spazio e dar loro più aenzione sarebbe un grande passo avan.” Organizzare even e rappresen- tazioni teatrali che vedano loro come protagonis è quanto i rap- presentan sperano di realizzare durante il corrente anno scolasco. Non c’è margine di indecisione tra gli studen del Liceo. Nelle carte l’asso prende tuo e nell’ulma mano la Paracadulista sembra avere l’asso. Asso prende tuo. Francesca Porso Gabriella De Luca N elle scuole superiori d’Ita- lia è tempo di Open Day, un giorno in cui ogni Istuto apre i baen alla possibile, futura utenza che, accompagnata da genitori e paren, ene una visi- ta araverso i vari laboratori. In maniera del tuo diversa è stato gesto, invece, quello svoltosi il 18 novembre scorso presso i Licei Tommaso Campanella, risultando un successo considerando l’alta affluenza. La situazione, che ha visto i mol visitatori dividersi in gruppi, è apparsa molto dinami- ca.Da parte degli organizzatori e da parte degli alunni, veri prota- gonis della giornata, si è notata una forza di coesione mai vista prima, tra professori e studen, che si sono incontra in maniera assolutamente informale più vol- te a semana diventando, per l’occasione, una piccola compa- gnia teatrale. Difa i vari indirizzi hanno inscenato, accompagnan- do gli “a” con musica dal vivo e balli, avvenimen storici e leera- ri, riuscendo ad offrire momen di intensa riflessione al pubblico e ad accorciare le distanze tra gli studen presen e quelli futuri. Il tuo seguendo un unico filo con- duore: quello dell’immigrazione e dell’accoglienza, partendo dalla fuga di Enea da Troia in fiamme, tra duelli e eroi, arrivando ai no- stri giorni, caraerizza da pallidi vol anonimi ignoran delle guer- re in Medio Oriente e delle loro cause. Il risultato di tale esperien- za è stato, quindi, quello di aver mostrato al pubblico ciò che dav- vero la scuola è: familiarità e par- tecipazione alla realtà, piuosto che nozionismo e disinteresse.. Venghino, signori, venghino! “N on si può fare questo me- sere se non si è forni di stupore, guai a chi non sa stupirsi di fronte alla realtà” dichiara Anna Rosa Macri, ex giornalista Rai, du- rante il concorso Premio Cultura Mediterranea tenutosi il 6 oobre 2017 al teatro Rendano di Cosenza. A fare da protagonis la cultura, la fantasia e l’amore in un convegno dedicato interamente alla forma- zione e alla didaca giovanile. In seguito alla leura e alla valuta- zione dei libri candida, “Ti devo un ritorno” di Niccolò Agliardi sale sul podio della narrava giovani e riceve il premio speciale Fonda- zione Carical.In una società sem- pre più lontana dal cartaceo, lo scopo del convegno è esplicitare ai giovani partecipan l’importan- za della parola. “La lingua è iden- tà, è accanto a te e tu sei nelle sue braccia” esordisce Francesco Sabani “è l’elemento costuvo dell’uomo che lo accompagna dal- la nascita fino all’ulmo anelito di vita.” Imprescindibile garanzia. Imprescindibile garanzia Silvia Bonanni Gabriella De Luca L ’idea che l’uomo possa determinare ogni cosa è quantomeno rassicurante. Organizzatore determina- to e prepotente l’essere umano sfida, con accurata incoscienza, ogni forma di imprevisto prevedendo. Ca- taloga ogni ipoteco errore per evitare l’ostacolo, per scansare l’indeterminata ipotesi di non poter ges- re. Arriva anche a definire proiezioni, a simulare vir- tualmente, pur di afferma- re intelligenza e scaltrezza. Perché tuo debba essere perfeo ed imperfebi- le, perché le crepe siano rigorosamente epurate, perché il dominio dell’inde- finito lo renda immortale. Eppure, per uno strano tranello del desno, tuo quello che è sine die tes- monia la sua straordinaria grandezza. In quello scar- to di imprevedibilità, in quel disconoscere la fine del gioco c’è tua l’essen- za della sua natura. Per- ché avere un infinito da raggiungere irraggiungibi- le, può donare l’eternità. Daniela Calomino Sine die Jacopo Marino S aranno quarocento in tua Italia i licei che parteciperan- no alla noe nazionale del Liceo classico il prossimo 12 Gennaio. Una maratona, in contempo- ranea in tua Italia tra le 18 e le 24, di conferenze, leure di poesie ,diba, performan- ce musicali e teatrali ispirate al mondo classico e realizzate dagli studen del nostro liceo. Momento di confronto presgio so per affermare con de- terminazione il valore in- discusso della classicità. Noe bianca? Il nostro liceo classico c’è. Mario Sicilia
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Tre le liste che durante l’anno scolastico 2017/2018 scelgono

di rappresentare i Licei Tommaso Campanella.Tre le prospettive con cui i ragazzi scelgono di guarda-re la scuola. Uno il punto di fuga in cui convergono le loro idee.Il 30 ottobre 2017 sono stati an-nunciati i quattro rappresentanti appartenenti alla lista numero tre, la “Paracadulista”: Mario Sicilia con 224 voti, Alessandro Grosso con 169 voti, Cristina castellucci con 142 voti e Matteo Pascale con 133 voti.Grande opportunità di socia-lizzazione e innovazione verrà offerta ai Licei tramite un ge-mellaggio con Scuola Zoo pro-posto da Cristina Castellucci.“Poichè da sempre è Maometto ad andare dalla montagna, questa volta sarà la montagna con il sup-porto della Paracadulista ad anda-re da Maometto. Non saranno più i

ragazzi a recarsi presso i noti istitu-ti Scuola Zoo, ma questi ultimi met-teranno a disposizione ospiti di mo-desta fama durante le assemblee e daranno l’opportunità di parte-

cipare ad eventuali viaggi-evento”Ma se l’asso nella manica della Pa-racadulista potrebbe a primo im-patto sembrare una politica di puro divertimento, in realtà i quattro

ragazzi hanno ben altri obiettivi.A far scalpore probabilmente, durante l’assemblea di presen-tazione delle liste, è la proposta del candidato Matteo Pascale : “La nostra scuola ha un grande vantaggio. I ragazzi diversamen-te abili non sono pochi e grazie a loro ognuno di noi ha l’opportuni-tà di vedere il mondo a colori, non solo bianco o nero. Lasciargli più spazio e dar loro più attenzione sarebbe un grande passo avanti.”Organizzare eventi e rappresen-tazioni teatrali che vedano loro come protagonisti è quanto i rap-presentanti sperano di realizzare durante il corrente anno scolastico.Non c’è margine di indecisione tra gli studenti del Liceo. Nelle carte l’asso prende tutto e nell’ultima mano la Paracadulista sembra avere l’asso.

Asso prende tutto.

Francesca PorsoGabriella De Luca

Nelle scuole superiori d’Ita-lia è tempo di Open Day, un

giorno in cui ogni Istituto apre i battenti alla possibile, futura utenza che, accompagnata da genitori e parenti, tiene una visi-ta attraverso i vari laboratori. In maniera del tutto diversa è stato gestito, invece, quello svoltosi il 18 novembre scorso presso i Licei Tommaso Campanella, risultando un successo considerando l’alta affluenza. La situazione, che ha visto i molti visitatori dividersi in

gruppi, è apparsa molto dinami-ca.Da parte degli organizzatori e da parte degli alunni, veri prota-gonisti della giornata, si è notata una forza di coesione mai vista prima, tra professori e studenti, che si sono incontrati in maniera assolutamente informale più vol-te a settimana diventando, per l’occasione, una piccola compa-gnia teatrale. Difatti i vari indirizzi hanno inscenato, accompagnan-do gli “atti” con musica dal vivo e balli, avvenimenti storici e lettera-

ri, riuscendo ad offrire momenti di intensa riflessione al pubblico e ad accorciare le distanze tra gli studenti presenti e quelli futuri. Il tutto seguendo un unico filo con-

duttore: quello dell’immigrazione e dell’accoglienza, partendo dalla fuga di Enea da Troia in fiamme, tra duelli e eroi, arrivando ai no-stri giorni, caratterizzati da pallidi volti anonimi ignoranti delle guer-re in Medio Oriente e delle loro cause. Il risultato di tale esperien-za è stato, quindi, quello di aver mostrato al pubblico ciò che dav-vero la scuola è: familiarità e par-tecipazione alla realtà, piuttosto che nozionismo e disinteresse..

Venghino, signori, venghino!

“Non si può fare questo me-stiere se non si è forniti di

stupore, guai a chi non sa stupirsi di fronte alla realtà” dichiara Anna Rosa Macri, ex giornalista Rai, du-rante il concorso Premio Cultura Mediterranea tenutosi il 6 ottobre 2017 al teatro Rendano di Cosenza. A fare da protagonisti la cultura, la fantasia e l’amore in un convegno

dedicato interamente alla forma-zione e alla didattica giovanile. In seguito alla lettura e alla valuta-zione dei libri candidati, “Ti devo un ritorno” di Niccolò Agliardi sale sul podio della narrativa giovani e riceve il premio speciale Fonda-zione Carical.In una società sem-pre più lontana dal cartaceo, lo scopo del convegno è esplicitare

ai giovani partecipanti l’importan-za della parola. “La lingua è iden-tità, è accanto a te e tu sei nelle sue braccia” esordisce Francesco Sabatini “è l’elemento costitutivo dell’uomo che lo accompagna dal-la nascita fino all’ultimo anelito di vita.” Imprescindibile garanzia.

Imprescindibile garanzia

Silvia BonanniGabriella De Luca

L’idea che l’uomo possa determinare ogni cosa è

quantomeno rassicurante. Organizzatore determina-to e prepotente l’essere umano sfida, con accurata incoscienza, ogni forma di imprevisto prevedendo. Ca-taloga ogni ipotetico errore per evitare l’ostacolo, per scansare l’indeterminata ipotesi di non poter gesti-re. Arriva anche a definire proiezioni, a simulare vir-tualmente, pur di afferma-re intelligenza e scaltrezza. Perché tutto debba essere perfetto ed imperfettibi-le, perché le crepe siano rigorosamente epurate, perché il dominio dell’inde-finito lo renda immortale. Eppure, per uno strano tranello del destino, tutto quello che è sine die testi-monia la sua straordinaria grandezza. In quello scar-to di imprevedibilità, in quel disconoscere la fine del gioco c’è tutta l’essen-za della sua natura. Per-ché avere un infinito da raggiungere irraggiungibi-le, può donare l’eternità.

Daniela Calomino

Sine die

Jacopo Marino

Saranno quattrocento in tutta Italia i licei che parteciperan-

no alla notte nazionale del Liceo classico il prossimo 12 Gennaio.

Una maratona, in contempo-ranea in tutta Italia tra le 18 e le 24, di conferenze, letture di poesie ,dibattiti, performan-

ce musicali e teatrali ispirate al mondo classico e realizzate dagli studenti del nostro liceo. Momento di confronto prestigio

so per affermare con de-terminazione il valore in-discusso della classicità.

Notte bianca? Il nostro liceo classico c’è.

Mario Sicilia

“La cosa importante è non smettere mai di domanda-

re. La curiosità ha il suo motivo di esistere. Non si può fare altro che restare stupiti quando si con-templano i misteri dell’umanità, della vita, della struttura meravi-gliosa della realtà. È sufficiente se si cerca di comprendere soltanto un poco di questo mistero tutti i giorni. Non perdere mai questa sacra curiosità” (Einstein). È pro-prio questa curiosità che ha su-scitato nell’uomo il desiderio di conoscenza e il fascino dell’igno-to spingendolo all’esplorazione e alla ricerca di terre sconosciute così come dell’Universo. 60 anni fa, il 4 ottobre 1957, una sfera di metallo da l’avvio all’era

delle esplorazioni spaziali. È lo Sputnik 1, “Compagno di viag-gio”, il primo satellite artificiale che viene spedito in orbita dalla stazione spaziale Cosmodromo di Bayqonyr in Unione Sovieti-ca. È l’URSS che tenta per prima

l’avventura nello spazio, compo-sto da una sfera pressurizzata di alluminio pesante 83,6 chili, con il raggio di 58 centimetri, quattro antenne orientate nella medesi-ma direzione Sputnik raggiunge l’orbita terrestre e inizia a ruo-tare intorno al pianeta Terra. Lo studio della ionosfera, lo strato più alto dell’atmosfera, questo lo scopo (almeno quello ufficiale), all’interno due radiotrasmetti-tori che attraverso ‘bip’ segnala a tutte le radio del mondo non soltanto i movimenti del satelli-te ma afferma la supremazia del continente oggi governato da Pu-tin. Un giro completo intorno al globo terreste ogni 96 minuti e più di 60 milioni di chilometri di

viaggio questa la sfolgorante vita dello Sputnik se pur breve, infatti, dopo 21 giorni di viaggio le batte-rie iniziano a scaricarsi e si avvia la procedura del suo rientro a casa. Durante il ritorno il satellite inizia a bruciare e si disintegra prima di toccare il suolo, si spegne così il 4 gennaio 1958 il sogno dell’U-nione Sovietica di conquistare lo spazio compromettendo nello stesso tempo la propria suprema-zia su quello che era considerato il suo più grande nemico. Quel-lo stesso nemico, l’America, che il 20 luglio 1969 con la missione spaziale Apollo 11 della NASA porta l’uomo sulla luna… o al-meno questo racconta la storia!

Silvia Bonanni

Riconoscere ciò che è bello, spesso, equivale a compiere

una ardua impresa dalla quale, poi, si esce irrimediabilmente sconfitti. E con lesioni più o meno evidenti. Sì, proprio perché la bellezza ha il compito di interse-care gli animi, di contaminarli e trasformarli. E le trasformazioni, i mutamenti, non avvengono qua-si mai senza passare per il dolo-re. Il dolore di vedere la bellezza sacrificata ed umiliata, e quello, poi, di doverne, silenti, accettare il declino. E succede in tutti i casi di bellezza, in tutti quei momen-ti, cioè, che suscitano sentimen-

ti di piacere, di materno affetto e di immediata sintonia. Anche verso quelle cose che sono, per loro stessa natura, inanimate. E che pure hanno un’anima tra-volgente, piacevole, capace cioè di “piacere ai sensi nelle sen-sazioni”, come scriveva Kant.E’ il caso di “Parigi è un deside-rio”, di Andrea Inglese, un libro candidato al concorso letterario “Premio Cultura Mediterranea”, indetto dalla Fondazione Carical di Cosenza e giudicato da studen-ti delegati. Il caso di una bellezza ignorata ed ignorante. Ignorata da chi non ha saputo coglierne lo

spessore, ignorante perché cono-sce, ormai troppo bene, il ciclico e banale meccanismo di giudizio, rimasto immutato da quando la storia ebbe inizio. E tristemente. Del resto, scandagliare e dispie-gare il corollario che Andrea Inglese ricama attorno alla sua

Parigi, è forse un’operazione ma-tematicamente emotiva e, per-ciò, matassa non-districabile. E coglierne il senso, nascosto e ca-maleontico, sognante e spietato, è dote di chi si lascia trasformare dalla bellezza, e non di chi oppo-ne gelida ed arida superficialità. Non di chi preferisce premiare tutto quello che è banale. Non di chi segue le regole del giudi-zio e, grazie al cielo, non di chi ne osserva la rigida economia.

Bello è impossibile.

Mariangela Tundis

Prima di leggere,crea un avatar. Capelli, carnagione, occhi, lab-

bra sottili o carnose, vestiti como-di o eleganti. Creerai qualcosa che ti somiglia, fedele all’origina-le, o qualcosa di quanto più possi-bile lontano dalla realtà?Qualsiasi sia la scelta finale, ora sei pronto a giocare. O forse no. Una selva, il deserto, una città sotto attacco, New York a Natale, l’antica Roma o la Firen-ze di Lorenzo De Medici ; quale sarà il tuo scenario? Combatterai o rimarrai nelle retrovie?Persino giocare comporta delle scelte che, inevitabilmente, in-fluenzeranno la riuscita della mis-sione e l’ esperienza di gioco. E’ opinione comune che perdere non sia divertente, ma tutti fini-scono per preferire giochi difficili che li mettano continuamente

alla prova piuttosto che scenari semplici e scontati. Sono proprio le scelte a rendere il gioco più re-ale e più rischioso. Il fatto che possiamo cucirlo su di noi tanto da rimanervi incastrati all’ interno in maniera permanente, non di-stinguendo quasi più la realtà.Dove finisce il mondo degli avatar e dove inizia quello degli umani?-Per alzarsi e farecolazione premere (∆)-Per andare a scuolao a lavoro premere (☐)-Per mangiare premere (X) -Per anda-re a dormire p r e m e r e ( O )Compiamo tante azio-ni meccani-

che quantuno qualsiasi tra i per-sonaggi di un videogames, rimanendo quasi bloccati in una routine che impedisce qualsiasi variazione. Qui interviene il gio-co: il momento in cui, tra le tante non scelte, ci appare possibile es-sere liberi. Huizinga sostiene che “tale coscienza di giocare “soltan-to” non esclude affatto che que-sto non possa avvenire con massi-ma serietà, anzi con un un abbandono che si fa estasi e eli-mina nel modo più completo, per la durata dell’azione, la qualifica “soltanto”.” -Per cambiare pro-spettiva premere R2. E se fossi-mo nati per il gioco e nei mo-menti in cui lo mettiamo in pausa stessimo vivendo “soltan-to”? Se, a malincuore, dovessi-mo sottrarci a quelle ore di sva-go che sono la vita per tornare

alla realtà monotona e grigia del-la console?Questa prospettiva renderebbe il gioco un’ ennesima gabbia, non tanto diversa da quella che ora è la nostra idea di vita reale e di routine.-Ritorno alla prospettiva precedente: pre-mere L2. Cosa potrebbe impedirci di dire che non ci sono differenze tra reale e virtuale? Che non sia-mo avatar con dei parametri vitali segnati accanto da innalzare o ab-bassare nelle varie situazioni? -Per aumentare la consapevolez-za e ritornare alla vita reale pre-mere R1.Questa lettura ti sarà costata un minuto e cinquanta-cinque secondi, tempo sottratto al mondo in cui preferisci proiet-tarti o vivere. Anche questa vol-ta, scegli tu. -Perritornarvi premere L1

Premi (X) per avviare

Jessica Laino

L’ era spaziale compie 60 anni

Se lo sport diventa la vita stessa di un atleta, smettere risulta

quasi impossibile e, l’unico com-promesso per non allontanarsene del tutto, consiste nel trasmet-tere agli altri ciò che è stato ap-preso durante la propria carriera. Questo è la storia di Vincenzo La Croix, ex judoka, ora maestro di arti marziali del dojo Bushido La Croix di Belvedere Marittimo. Nato nel 2015, il dojo offre la possibilità di praticare di-scipline che vanno dal judo all’MMA, le arti marziali miste. “Il mio principale obbiettivo è

quello di togliere i ragazzi dalla strada, allontanandoli da peri-coli come la droga e facendo-gli conoscere le arti marziali.” Secondo il maestro, infatti, que-ste discipiline non solo formano l’atleta dal punto di vista fisico, ma anche dal punto di vista men-tale e caratteriale. I risultati non hanno tardato ad arrivare. I ra-gazzi hanno infatti conquistato medaglie in diverse gare a livello nazionale e regionale. In parti-colare, durante l’ultimo torneo, tutti gli atleti sono saliti sul po-dio, ottenendo due primi posti

nelle gare di grappling e quattro secondi posti in quelle di MMA. Una piccola realtà che, quasi pre-potentemente, si è fatta strada tra quelle già affermate, portan-

do avanti i principi del Bushido, la via del guerriero. Agli atleti

viene insegnato ad essere corag-giosi, onesti, compassionevoli ed a conservare il proprio onore. Chi combatte non deve sentire il bisogno di mostrare a tutti la propria forza e deve portare ri-spetto anche ai propri nemici. Insegnamenti che vanno ol-tre lo sport, educando alla vita chi pratica le arti marziali. Hana wa sakuragi, hito wa bushi (tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero).

Mario Sicilia

Tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero

Nel 2015 torna a Belvedere uno sport non piu praticato

a livello comunale da 5 anni, il basket. Grazie all’impegno e alla dedizione di ragazzi che condivi-devano la stessa passione, nasce la polisportiva ‘’Riviera dei Cedri’’, attualmente nel suo terzo anno d’attività ininterrotta. L’associa-zione ha dovuto affrontare un primo anno non privo di difficol-tà, fatto di allenamenti con orari spesso proibitivi e un settore mini basket con scarsa partecipazione,

miglioratosi lo scorso anno. Nel 2017 la società cambia nome in ‘’Belvedere Basket’’, avente come presidente Vincenzo Cristofaro,

assistito in ambito direttivo da Fi-lippo Natale e Francesco Arnone.

A fronte della partecipazione al campionato under 15 e alla pro-mozione nella passata stagione, la squadra, composta da atleti locali come Dominique Carbone, Mattia Campagna, Matteo Ferra-ro, Marco Corrozzino e Raffaele Falcone, quest’anno viene rin-forzata da Andrea Perrone, già protagonista di campionati C1 e C2, dai fratelli Iannello, veterani della Mayor Paola e da De Cesa-re, ala protagonista del campio-nato D della scorsa stagione, con

un esordio in trasferta estrema-mente positivo contro la Scuola Basket Crotone, nel quale viene riportata una vittoria di 82 a 65. Lo scopo dell’organizzazione e quello di far crescere e migliorare le nuove leve in un ambito spor-tivo che a livello comunale sem-brava essere ormai lasciato a se stesso; e nel corso degli anni, tra tabellate, tiri e terzi tempi, pare si stiano creando tutti i presupposti per far riemergere questo sport.

Belvedere torna nella retina

Ivan Crusco

Approdato sul panorama spor-tivo belvederese nove anni fa,

il progetto “Tennis sfide Calabria”, è oramai una realtà consolidata.

Il presidente e fondatore del club, nato e cresciuto a Tori-no, con un’esperienze tennisti-ca ventennale vanta numero-si successi a livello nazionale. Trasferitosi a Belvedere, per ricon-ciliare le sue origini calabresi, il

giovane imprenditore, ha investi-to energie e fatiche in un ambien-te inizialmente ostile e scettico. Pian piano il club Sfide tennis Calabria è cresciuto, tanto che oggi vanta numerosi corsi divisi in base all’età e al livello di gioco. Tutti i soci del club che compe-tono a livello agonistico sono tesserati al “FIT” (federazione Italiana Tennis) e gareggiano a livello regionale e nazionale, rac-cogliendo numerosi successi. Grazie anche alle competenze da Personal trainer del fonda-tore, il club offre corsi di pre-parazione atletica sia specifica per il tennis che individuale.

Celebre caratteristica del club, che lo differisce da gli altri in zona, sono i corsi di tennis in carrozzina.” L’associazione na-sce dalla voglia di realizzare una SCUOLA DI TENNIS “ACCESSIBILE” A TUTTI, grazie alla quale si pos-sa contribuire a promuovere la disciplina del tennis e dello sport per disabili sul nostro territorio.” Queste sono le parole del Pre-sidente, Christian Marino.L’im-pianto sportivo si trova all’inter-no del complesso alberghiero “La Castellana”, Il circolo di ten-nis dispone di 2 campi da tennis in sintetico e durante il perio-do invernale l’attività si svolge

all’interno di una palestra. Inoltre, il club è divenuto celebre negli anni grazie alla minuziosa attenzione dedicata ai bambi-ni con il minitennis e un centro estivo multidisciplinare, che cura i giovani campioni al dettaglio. Per la cittadina Belvederese, la crescita di questo club ha permesso il diffondersi del-la cultura sportiva e tennisti-ca, prima d’ora quasi scono-sciuta e non accessibile a tutti. Ad oggi l’offerta sportiva a Bel-vedere può considerarsi com-pleta, comprendendo quasi tutte le discipline dello sport.

Palla al balzo

Daniele Martorelli

Così come la tigre che por-tano sul petto, le giovani

pallavoliste della Belvolley Bel-vedere sono pronte a ruggire e a conquistare il campionato. Salire sul podio della prima divi-sione assicurerebbe loro un posto in serie D, un progetto ambizioso delle ragazze e del loro mister Pa-squale Donato, guida della squa-dra femminile da inizio stagione. La squadra ad inizio campionato

ha collezionato un filotto di risul-tati positivi; un grande motivo di orgoglio per le giovani giocatrici e per chi le ha guidate nella loro crescita e preparazione atletica. “Il nostro segreto? Impegnarci sempre , in allenamento quan-to in gara.La pallavolo richiede dedizione e passione, quell’amo-re difficile da spiegare a chi non ha mai provato questo sport.” Queste le parole di Giulia Mollo,

palleggiatrice della squadra da ormai 5 anni. “Ciò che rende forte una squadra è la consapevolezza

di non essere mai sole.Di avere

sempre una compagna che ti con-sola nella sconfitta e che condivide con te la stessa voglia di vincere.” A prevalere è quindi l’impazien-za di vedere queste ragazze, come cita il loro stesso motto, arrivare “attraverso le asperi-tà sino alle stelle”. A separarle da esse resta solo un rettango-lo lungo dieci metri, la rete del loro amato campo da gioco.

Per aspera ad astra

Jessica Laino

Dai rintocchi di un campani-le alle lancette di un oro-

logio, la nostra quotidianità é intrisa di operazioni, calcoli e matematici ragionamenti. E l’ambizione, desiderio inarre-stabile di autodeterminarci ed affermarci, sembra aver perso qualsiasi accezione positiva, per arrivare a ridursi ad un mero cal-colo delle possibilità di riuscita. Quanto saremmo disposti a perdere lungo il tragitto pur di giungere vittoriosi al traguardo? Tanto, tutto. Ed é una volta ta-gliato un qualsiasi traguardo che ci raccontano la favola del ‘Ad maiora’: é così che i latini erano soliti complimentarsi ed é questa locuzione che ci hanno lasciato

in eredità, provando a render-ci dotti, anche nella banalità. Tradotto letteralmente, Ad maiora, risulta così: Verso cose più grandi. Ma, operando un bilancio, ge-ometrizzando i nostri compor-tamenti, ci stiamo davvero di-rigendo verso cose più grandi? Non tenendo conto di tutte le piccole cose che influenzano il nostro cammino e non curando-ci di chi ci accompagna in esso, stiamo sminuendo ogni successo conseguito: saremo formalmente delle meravigliose persone, pro-positive e brillanti. Ma, sostan-zialmente, non saremo in grado di lasciare spazio a che non riguardi solo ed esclusivamente il nostro risultato finale, riducendoci ad

automi di chi vorremmo essere senza mai poter davvero Essere. La soluzione appare semplice: Ad

maiora come mezzo, mai come fine. Verso qualsiasi orizzonte a

cui tenderemo, in ogni discorso che terremo o curriculum che pre-senteremo, dovremo soffermarci e osservare: valorizzare ogni an-golo, stare attenti ad ogni spigo-lo, indirizzare gli altri a fare come noi, perché visti come risorsa ine-sauribile e non come pericolo da esaurire. Dovremo imparare che l’unica operazione consentita, in questo mondo di numeri reali, è la somma di tutte le piccole cose che valorizzano il nostro percorso, e che solo queste piccole cose po-tranno farci tendere (ma mai rag-giungere) verso le cose più grandi che incessantemente cerchiamo.

Nella tasca destra in Alto

Maida Voto

Nel rapporto con il pericolo, nei limiti trapassati e crocifissi,

nella crudeltà smisurata: nel vero più del vero. Così nasce il teatro. O meglio, così nasce un teatro ca-pace di investire gli animi e scuo-tere brutalmente le esistenze. Fu il teatro di A. Artaud, uno spet-tacolo privo di qualsiasi limatura, di qualsiasi orpello, spogliato da qualsiasi velo inibitorio. Nudo

integrale. E, perciò, scandaloso e primitivo. “Lo spettatore che vie-ne da noi saprà di venire a sotto-porsi ad una vera e propria opera-zione- sosteneva- dove non solo è in gioco il suo spirito, ma i suoi sensi e la sua carne.” E la carne, nel teatro, proprio durante l’atto scenico, deve essere ferita e lace-rata. E forse quella stessa carne, la carne di ciascun individuo, ha bisogno d’essere trafitta per po-tersi rigenerare. L’obiettivo di un tale crimine, di un teatro che non ha mai indossato scarpe da pun-ta, non è la castità e la purezza di chi cerca, nella rappresentazione, una finzione. L’obiettivo è quello

di profanare l’orifizio uditivo per fargli male, perché il rumore sia assordante, perché intercetti pa-role oscene ed istintive. Perché abbia voglia di farsi sordo e per-ché, invano, tenti di ripararsi da una verità scomoda e scomodan-te. Perché abbia voglia di coprirsi gli occhi. Perché sappia, finalmen-te, insegnare l’arte dell’improv-visazione. L’arte di dominare la scena con l’imperfezione di un crudele ed ardente imbaraz-zo, l’arte di imitare e riprodurre tutto quello che è vero, a costo di sporcare il candore di un co-pione meditato e sterilizzato. Artaud parlò della vita come il

doppio del teatro, cioè come la forza capace di ricercare il vero anche all’interno della finzione. Perché fingere e simulare una realtà, equivale a legittimarla come tale. Perché teatro e vita non possono essere due unità di-stinte, perché l’uno deve gravare sull’altra. Perché Artaud scrisse un augurio prezioso, l’augurio di imparare a riconoscere il vero an-che dietro ad una maschera, an-che a prezzo dell’osceno. L’augu-rio definitivo di diventare registi dell’esistenza e non attori infelici.

In scena tra 3, 2, 1...

Mariangela Tundis

“In che modo potrei final-mente dimostrare a tutti

quanto valgo davvero, così che nessuno possa mai piú pen-sare che io sia un debole?” “Faccio cose da duro, alzo la voce e le mani.Io picchio, pren-do a pugni, faccio male, derido.”“Dalla prima volta in cui ho detto una brutta parola, mi sono sentito ininterrottamen-te euforico.Un vero leader, di cui aver paura e da rispettare” Se potessimo entrare nella mente di un bullo, il risulta-to sarebbe più o meno questo. Apparirebbe come la persona peggiore sulla terra, un “sogget-to” malato, che non merita nulla

per le terribili cose che ha fatto. Quelle cose, anzi, dovrebbero ca-pitare a lui, in modo che possa im-parare il dolore, capire la sofferen-za e accettare il più fragile, vittima malcapitata della sua malignità. Se poi ci addentrassimo nel-la dimensione più profonda dei suoi pensieri, questo risul-tato potrebbe però cambiare. “Ho una folle paura che le altre per-sone mi guardino e non vedano al-tro che spazzatura da calpestare.” “Se è sbagliato, perché con-tinuo a farlo? .Devo picchia-re più forte e farmi male, Non riesco a fermarmi.” “Sono una nullità. Una persona vuota, stupida e fragile. Non riesco

mai ad avere il controllo su niente, sono impotente. Sono inferiore.” Non sono capace di vivere.” I piani si sono ribaltati ed ora è nel bullo che si manifesta il più forte disagio. Siano gesti così estremi una richiesta esasperata di aiuto?

Forse l’unico modo in cui riesce a comunicare è la violenza, fisica o verbale.Ma allora come disinne-scare questo meccanismo distrut-tivo? Di certo non trattandolo come un “soggetto” malato e non augurandogli di vivere ciò che fa vivere agli altri, ma insegnando-gli la bellezza della debolezza e al contempo la sicurezza. L’amore per se stesso e per gli altri. Il modo per disinnescare questo meccani-smo è far parlare il bullo, senza alcun giudizio. Perché se tutto ha inizio nel bullo, è lui che deci-de quando far terminare i giochi. E lo fa quando percepisce, final-mente, di valere davvero qualcosa.

Mi presento: sono un bullo

Alessandra Arcuri


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