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Napoli, le primarie-truffa del Pd - Opinione · 2016. 3. 9. · metti una sera a cena nodo della...

Date post: 04-Feb-2021
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delle Libertà P O L I T I C A M E L L I N I A P A G I N A 2 Primarie del Pd: il naufragio renziano adesso è completo P R I M O P I A N O M E L L I N I A P A G I N A 3 Libia e dintorni: comando italiano, ma senza la guerra E S T E R I A C C O L L A A P A G I N A 4 Donald Trump: l’analisi di un’ascesa che sembra irrefrenabile C U L T U R A B O N A N N I A P A G I N A 7 “Il ponte delle spie”: non tradisce la coppia Spielberg-Hanks L A V O R O P A S Q U A R E L L A A P A G I N A 3 Presente e futuro dei sindacati italiani con un occhio all’Europa Il caso della sordina sul Corriere della Sera I sondaggi hanno indicato che la maggioranza degli italiani è con- traria ad un qualsiasi intervento in Libia e Matteo Renzi ha finalmente trovato una linea da seguire sulla scottante questione annunciando che fino a quando resterà a Palazzo Chigi l’Italia non parteciperà a guerre di sorta. L’annuncio del Presidente del Consiglio ha avuto come effetto la sordina immediata dei media sulla sempre più marcata presenza dell’Isis lungo la sponda meridionale del Me- diterraneo. Come se il pericolo per il nostro Paese, distante solo duecento miglia, dagli avamposti del Califfato fosse improvvisamente dissolto. Certo, si parla ancora dei tecnici rientrati in patria e dei corpi dei loro compagni ancora nelle mani di auto- I l vertice dei capi di Stato e di go- verno dell’Unione europea, tenuto alla presenza del premier turco Ahmet Davutoglu, è stato una débâ- cle. Per bloccare il flusso di migranti, la Turchia pretende in cambio più soldi di quelli precedentemente con- cordati, la liberalizzazione dei visti d’ingresso all’Unione per i suoi citta- dini e l’accelerazione della procedura di adesione all’Ue. In cauda vene- num, il premier turco ha chiesto “uno sforzo congiunto per miglio- rare le condizioni umanitarie all'in- terno della Siria che permetterebbero alla popolazione locale e ai rifugiati di vivere in aree che saranno più si- cure”. La Turchia vuole l’appoggio dell’Ue per mandare il proprio eser- cito in territorio siriano a spezzare la linea di continuità delle forze com- battenti curde che stanno consoli- dando le posizioni lungo la frontiera turco-siriana. I leader europei, messi Davutoglu a Bruxelles: metti una sera a cena rità libiche che mercanteggiano sulla consegna dei morti per avere un mi- nimo di visibilità internazionale. Ma il caso Isis è ormai derubricato a vi- cenda marginale. Tanto più che l’am- basciatore americano ha smentito... Napoli, le primarie-truffa del Pd inopinatamente davanti al ricatto turco, sono in stato confusionale. L’iniziativa di Davutoglu li ha colti impreparati. Ma non tutti. La si- gnora Angela Merkel conosceva in anticipo le nuove proposte di An- kara, avendo negoziato per suo conto con l’esponente turco. Eviden- temente, il fatto che la maggioranza degli altri partner europei potesse non condividere le nuove intese è stato valutato, dalla cancelliera tede- sca, un ininfluente aspetto di detta- glio. A Bruxelles è andata in scena la plastica rappresentazione di una “pièce” tra 28 nani, da una parte, e un gigante, la Turchia, dall’altra. I vertici di Ankara, cogliendo la debo- lezza del contesto europeo, hanno al- zato il prezzo della collaborazione. Bisogna ammettere che non siano loro il problema ma lo sia questa Unione che non è stata capace di ag- gredire unitariamente le cause che hanno provocato la devastante crisi migratoria. Ora che la situazione è sfuggita di mano, pur di evitare l’in- vasione, i “28” hanno creduto che fosse conveniente “comprare” i ser- vigi della Turchia. Il presidente Erdoan e il premier Davutoglu sono stati al gioco ma, seguendo la logica di mercato, hanno riformulato l’of- ferta in base all’accresciuto peso della domanda. Nessuna meraviglia, dunque, che la lista delle richieste...
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  • delle Libertà

    POLITICA

    MELLINI A PAGINA 2

    Primarie del Pd:il naufragio renzianoadesso è completo

    PRIMO PIANO

    MELLINI A PAGINA 3

    Libia e dintorni:comando italiano, ma senza la guerra

    ESTERI

    ACCOLLA A PAGINA 4

    Donald Trump:l’analisi di un’ascesa

    che sembra irrefrenabile

    CULTURA

    BONANNI A PAGINA 7

    “Il ponte delle spie”:non tradisce la coppia

    Spielberg-Hanks

    LAVORO

    PASQUARELLA A PAGINA 3

    Presente e futuro dei sindacati italiani

    con un occhio all’Europa

    Il caso della sordina sul Corriere della Sera

    Isondaggi hanno indicato che lamaggioranza degli italiani è con-traria ad un qualsiasi intervento inLibia e Matteo Renzi ha finalmentetrovato una linea da seguire sullascottante questione annunciando chefino a quando resterà a PalazzoChigi l’Italia non parteciperà aguerre di sorta.

    L’annuncio del Presidente delConsiglio ha avuto come effetto lasordina immediata dei media sullasempre più marcata presenza dell’Isislungo la sponda meridionale del Me-diterraneo. Come se il pericolo per ilnostro Paese, distante solo duecentomiglia, dagli avamposti del Califfatofosse improvvisamente dissolto.Certo, si parla ancora dei tecnicirientrati in patria e dei corpi dei lorocompagni ancora nelle mani di auto-

    Il vertice dei capi di Stato e di go-verno dell’Unione europea, tenutoalla presenza del premier turcoAhmet Davutoglu, è stato una débâ-cle. Per bloccare il flusso di migranti,la Turchia pretende in cambio piùsoldi di quelli precedentemente con-cordati, la liberalizzazione dei vistid’ingresso all’Unione per i suoi citta-dini e l’accelerazione della proceduradi adesione all’Ue. In cauda vene-num, il premier turco ha chiesto“uno sforzo congiunto per miglio-rare le condizioni umanitarie all'in-terno della Siria che permetterebberoalla popolazione locale e ai rifugiatidi vivere in aree che saranno più si-cure”.

    La Turchia vuole l’appoggiodell’Ue per mandare il proprio eser-cito in territorio siriano a spezzare lalinea di continuità delle forze com-battenti curde che stanno consoli-dando le posizioni lungo la frontieraturco-siriana. I leader europei, messi

    Davutoglu a Bruxelles: metti una sera a cena

    rità libiche che mercanteggiano sullaconsegna dei morti per avere un mi-nimo di visibilità internazionale. Mail caso Isis è ormai derubricato a vi-cenda marginale. Tanto più che l’am-basciatore americano ha smentito...

    Napoli, le primarie-truffa del Pd

    inopinatamente davanti al ricattoturco, sono in stato confusionale.L’iniziativa di Davutoglu li ha coltiimpreparati. Ma non tutti. La si-gnora Angela Merkel conosceva inanticipo le nuove proposte di An-kara, avendo negoziato per suoconto con l’esponente turco. Eviden-temente, il fatto che la maggioranzadegli altri partner europei potessenon condividere le nuove intese èstato valutato, dalla cancelliera tede-sca, un ininfluente aspetto di detta-glio.

    A Bruxelles è andata in scena laplastica rappresentazione di una“pièce” tra 28 nani, da una parte, eun gigante, la Turchia, dall’altra. Ivertici di Ankara, cogliendo la debo-lezza del contesto europeo, hanno al-zato il prezzo della collaborazione.Bisogna ammettere che non sianoloro il problema ma lo sia questaUnione che non è stata capace di ag-gredire unitariamente le cause chehanno provocato la devastante crisimigratoria. Ora che la situazione è

    sfuggita di mano, pur di evitare l’in-vasione, i “28” hanno creduto chefosse conveniente “comprare” i ser-vigi della Turchia. Il presidenteErdoan e il premier Davutoglu sonostati al gioco ma, seguendo la logicadi mercato, hanno riformulato l’of-ferta in base all’accresciuto pesodella domanda. Nessuna meraviglia,dunque, che la lista delle richieste...

  • Le cosiddette “primarie” del PartitoDemocratico si sono risolte in unnaufragio, per non usare un terminepiù crudo. Non nel naufragio di una odi un’altra delle “correnti” del Pd, diuno o dell’altro candidato. E nem-meno, o, semmai, nemmeno soltantonel naufragio del Pd, che disinvolta-mente passerà da questo ad un altroimbroglio ammantato di chiacchiere.Il naufragio è quello di questa auten-tica truffa che è rappresentata da unafalsa e carnevalesca imitazione delle“primarie” vere, quelle Usa, fondate eradicate sulla esistenza secolare di duepartiti e nel complesso sistema delvoto presidenziale degli Stati Uniti.

    Il bassissimo livello dei parteci-panti alle false votazioni, particolar-mente evidente a Roma, lacompravendita di voti a Napoli, lamancanza di effettive contrapposi-zioni di candidati e di almeno unaparvenza di diversificazioni un po’dovunque, ha finalmente mostrato larealtà di una vera e propria truffetta,quale furono le “primarie” fin dallaloro prima edizione, quella del 2006,per la scelta del candidato premiernella coalizione formatasi già attorno(ed a condizione) della persona di Ro-mano Prodi.

    La truffa delle false “primarie” haavuto un imprevedibile successo, do-vuto allo scadimento ed allo sfascio ditutto il sistema politico e proprio allamancanza di una reale presenza di

    partiti politici, che delle “primarievere” è essenziale presupposto. Que-sto sistema di falsa partecipazione po-polare (che sarebbe stato faciledimostrare ed approfondire conun’attenzione meno che superficiale aquanto ogni volta si è verificato intutta Italia) e di abbattimento del con-fine tra organizzazione privata dei

    partiti e pubbliche istituzioni fondatesul voto popolare ha contribuito inmaniera rilevante alla pericolosa egrottesca evoluzione del Pd in “Par-tito della Nazione” e, di conseguenza,allo scardinamento delle libere istitu-zioni in Italia.

    Il danno di questo truffaldinogiuocare alla democrazia, in cui, spe-cie in provincia, si sono verificati i piùgrotteschi e sporchetti travasi di voti(altro che questione del voto dei cinesie degli extracomunitari!!) non ha in-fluito solo sulle evoluzioni deterioridel Pd. Anche i partiti (o quel che neresta) che non hanno fatto mai le“primarie”, ne sono rimasti intossi-cati, magari guardando ad esse comealla soluzione del problema della loroinesistenza più che della loro deca-denza.

    Ricordo che, dopo il capitombolodi Letizia Moratti al primo turnodelle Comunali di Milano, che segnòl’inizio della rovina di tutto il centro-destra, fu indetta, mi pare da GiulianoFerrara, una manifestazione al Teatro

    Capranica a Roma, in cui ci si propo-neva di “trovare la via della risalita”.Vi andai, anche perché speravo dipoter vedere una certa persona che siera data “alla latitanza” nei miei per-sonali confronti. La conclusione del“non dibattito” fu che “bisognavafare le primarie”. Un modo come unaltro per dire, tra l’altro, che la colpaera della Moratti e, magari di SilvioBerlusconi. Ma che soprattutto era laprova che al Centrodestra non rima-nevano più nemmeno gli alibi. E cosìfu. Chi si aspettava che dalle “prima-rie” venisse fuori, almeno, una nuovaclasse politica, più aderente ai pro-blemi locali, delle città e della gente,ebbe la peggiore delle delusioni.

    Chi pensò che con le “primarie” sicreasse un nuovo sistema democra-tico “all’americana”, fu smentito inmodo ancor più brutale. Nate comeun falso da operetta le primarie servi-rono egregiamente a far evolvere nelsenso della falsità, della ambiguità e,più specificamente, della pericolosa emostruosa china del “Partito della

    Nazione”, tutta la politica italiana. Alconcetto delle “primarie”, cioè dellademocrazia senza partiti (e dei partitisenza democrazia) è legato tutto ilrenzismo, il “Partito della Nazione”,ed in particolare l’operazione rotta-matoria delle Costituzione del dueetrusco Renzi-Boschi, il pasticcio dellacosiddetta riforma costituzionale. Maallora la risposta alle “primarie”Pd ed al loro naufragio non può es-sere che una. La sola, del resto, cheè possibile ad una frantumazionedi ex partiti e di neoformazionipseudopolitiche, incapaci di tro-vare convergenze organizzative eprogrammatiche, ma tale di essere,invece, vive e vitali almeno in unatteggiamento di rifiuto dell’una-nimismo che, anche all’ombra truf-faldine delle pseudo-primarie, cioffre Renzi: il no al referendum co-stituzionale. Il no al referendumsia anche la presa d’atto e la rispo-sta al naufragio della “truffa al-l’americana” delle cosiddette“primarie”.

    concorrente. Si dirà che le concentrazioni edi-toriali sono ormai indispensabili per tenere inpiedi la stampa al servizio delle grandi lobby. Ilché può essere sicuramente vero. Ma in questastoria in cui i lobbisti Agnelli si alleano con ilobbisti De Benedetti per meglio pesare e con-tare nei confronti di quel mondo politico dacui hanno sempre ottenuto enormi benefici, c’èuna questione che riguarda la sorte di un pezzoimportante della storia italiana. Che fine farà ilCorriere della Sera, che non è un giornale qual-siasi ma che, nel bene e nel male, rappresentaun simbolo dell’informazione nazionale e cheoggi si trova abbandonato da chi lo ha utiliz-zato per alcuni decenni in maniera non semprecommendevole?

    Più che la concentrazione editoriale è il casoCorriere della Sera che dovrebbe diventare unproblema nazionale, come simbolo della con-dizione di crisi in cui versa l’intera informa-zione italiana intesa non solo come attivitàcommerciale ma come fonte di cultura e di for-mazione. Ma i lobbisti che appoggiano il Pre-mier non hanno interesse a far emergere laquestione. Ed il Premier non se la pone nem-meno. Per lui il tema dell’informazione è com-posto da qualche giornalista cortigiano e daglischermi di Barbara d’Urso e Fabio Fazio!

    ...si sia improvvisamente allungata. Tuttavia, il

    Politica

    china della storia può innestare la retromarcia?Lo sapremo il prossimo 17 marzo, quando ileader europei dovranno ratificare le promesserubate, ieri l’altro, da Ahmet Davutoglu.

    segue dalla prima

    ...di aver mai chiesto all’Italia di mandare cin-quemila uomini nello scatolone di sabbia la-sciando intendere che per gli Usa, al momento,è meglio lasciar tranquillo Renzi a fare il paci-fista in vista delle elezioni amministrative piut-tosto che forzare la mano e creare instabilitànel governo italiano.

    La cortina fumogena che il mondo dell’in-formazione innalza su un tema che Renzi pre-ferisce nascondere sotto il tappeto perquestioni elettorali non è la sola ad essere ca-lata di fronte agli occhi dell’opinione pubblica.Ve ne sono molte altre. A partire dalla gravitàdella situazione economica e finanziaria e delrischio di nuove invasioni di migranti. Ma trale tante la più singolare riguarda proprio il si-lenzio con cui i media nazionali stanno na-scondendo una questione che li riguardadirettamente. Si tratta dell’uscita dal Corrieredella Sera della Fca e dell’alleanza della fami-glia Agnelli con la famiglia De Benedetti, cheha dato vita ad una concentrazione editorialesenza pari e senza precedenti nel nostro Paese.

    In tempi normali una vicenda del genereavrebbe acceso una qualche discussione tra gliaddetti ai lavori e la conseguente attenzionedell’opinione pubblica. Invece nulla. Tutto tace.Come se fosse assolutamente normale perl’azionista di riferimento del principale quoti-diano del Paese diventare dalla sera alla mat-tina il principale socio del proprio storico

    Il caso della sordina sul Corriere della Sera

    Davutoglu a Bruxelles:metti una sera a cena

    nodo della questione sta nel valutare fin dovela debolezza europea possa giustificarne un ce-dimento incondizionato.

    La Turchia, a differenza di questa Unionepoliticamente sconnessa, coltiva un chiaro di-segno strategico di lungo respiro. I tremebondileader convenuti a Bruxelles dovrebbero co-minciare a chiedersi: cosa ne farà Erdoan ditutti i soldi che riceverà dalla Ue? Li investiràper migliorare le condizioni di vita nei campiprofughi o li utilizzerà per foraggiare gli estre-misti islamici che combattono le truppe di Ba-shar Al Assad in Siria? E ancora, il forzosoabbraccio con l’Europa nasconde forse il ten-tativo di trascinare l’Unione in uno scontrofrontale con la Russia di Putin? Dopo il de-menziale comportamento occidentale nellacrisi ucraina e l’aumento della pressione suMosca, fomentato dalle paranoie dei partnerbaltici, si rischierebbe un altro passo in avantiverso lo scoppio definitivo della Terza guerramondiale.

    Questa Turchia, negatrice dei fondamenticulturali che sostengono l’identità europea,chiede di far parte dell’Unione europea. Se ciòle venisse accordato sulla base di un ricatto,cosa ne sarebbe della nostra coesione, già gra-vemente vulnerata dall’insorgenza di nuovepulsioni nazionaliste? La Turchia autoritaria eislamista di Erdoan non sarà mai Europa, nelsenso alto del termine. Piegarsi a un diktat po-trebbe agevolare la soluzione di un problemanell’immediato ma, alla lunga, precipiterebbeil Vecchio Continente in uno stato di conflit-tualità analogo a quello che innescò, all’iniziodel Novecento, la Grande Guerra. Ma la mac-

    Dal naufragio delle primarie al no al referendum

  • Nei giorni scorsi il GovernoRenzi sembrava aver ottenutouna notevole attestazione di fiduciainternazionale. L’America, magariquale espressione di una certa dut-tilità di Obama, aveva imposto chele operazioni “anti Isis” in Libia,che sta divenendo il più delicato edifficile teatro delle guerre al terro-rismo del Califfato, dovessero av-venire sotto il comando italiano. Èinutile negare che gli entusiasmi perquesto “riconoscimento” a così altolivello venissero soprattutto da Pa-lazzo Chigi e che da Palazzo Chigifosse alimentata la “soddisfazione”della (di certa) stampa.

    Già nei giorni immediatamentesuccessivi alle stragi di Parigi, il mi-nistro degli Esteri Paolo Gentiloniaveva dichiarato che l’Italiaavrebbe “fatto la sua parte” met-tendo a servizio della santa causa lesue particolari capacità: “quelladella direzione e del comando”.Una valutazione che occorre risalirea Carlo V perché trovi consenso econferma, ma che, ciò malgrado,alimenta le speranze e la boria dimolti capi militari e non del nostroPaese.

    Ma…Ma non mancarono subitoi ma. Quelli più grotteschi ed umo-ristici furono quelli proprio dellostesso Gentiloni, che affermò che ladirezione italiana avrebbe potuto edovuto dare alla guerra, al terrori-smo un carattere misteriosamente“non conflittuale”.

    Ora, poi, che il baricentro diquesta disgraziata vicenda del Ca-liffato, dell’Isis, insomma, dei ta-

    gliagole si sta spostando verso laLibia, già base di partenza dell’on-data d’invasione migratoria verso lenostre Coste, la storia della mis-sione internazionale che dovrebbefronteggiare, l’assalto del fonda-mentalismo islamico all’Europa

    assume connotazioni meno evane-scenti ed impegni più pesanti.Malgrado l’entusiasmo per il con-tentino americano del “comandoitaliano” alla “missione libica” cheha infiammato Palazzo Chigi, èstata posta subito una condizione,

    apparentemente non priva di ragio-nevolezza: quella di una richiestadell’intervento da parte della stessaLibia. “Signore, fatemi vedere (e quila cosa più irraggiungibile del mo-mento) e poi raccoglietemi accantoa quell’anima benedetta”. Era que-

    sto il “fumetto” della “Vedova Scal-tra”, della vignetta fissa della “Do-menica del Corriere”.

    La richiesta di intervento daparte di un governo che non c’è eche è ben difficile che possa arrivaread esserci per davvero, conferiva econferisce ai propositi del GovernoRenzi di “fare la nostra parte” uncarattere furbetto, rappresentandouna garanzia di impossibilità di rea-lizzazione del passaggio dalle chiac-chiere ai fatti. L’umorismo amaro diquesta posizione “all’italiana” èreso più evidente e grottesco dal ri-cordo di propositi di “guerra nonconflittuale” formulata nello scorsoautunno da Gentiloni. Ed ancor piùumoristico è l’entusiasmo per la de-signazione per il comando italianodi una campagna che però “nons’ha da fare e che non si farà”.

    In qualche modo, chi ha smon-tato la grottesca costruzione dicontraddizioni tipicamente ren-ziane, è stato Silvio Berlusconi, chenon ha esitato a gettar acqua sulfuoco degli entusiasmi per il “suc-cesso” ottenuto senza colpo ferire(e senza volontà di colpire sul serio,anche in futuro). Solo allora, dallostesso Palazzo Chigi è venuta fuorila voce della prudenza, prendendoatto che finché non si capisca nem-meno quel che in Libia sta succe-dendo e chi combatta chi, è un po’difficile ipotizzare un qualsiasi in-tervento. Con o senza comando ita-liano.

    Primo Piano

    Comando italiano, ma senza guerra

    Perché i sindacati oggi ci appa-iono come un mondo conserva-tore, resistente e ancorato alpassato? Le moderne società nonhanno forse bisogno di forme cheaggreghino i lavoratori che forni-sca loro servizi e che li rappre-senti?

    Ancora una volta siamo difronte ad un fenomeno culturale: ilsindacato è infatti oggi l’espres-sione delle sue radici culturali diieri. L’affermazione e il consolida-mento del sindacato è avvenutanegli anni Cinquanta e Sessantaquando ha contribuito senza dub-bio a migliorare le condizioni deilavoratori e anche a stimolare lacrescita economica. Il problema stanel fatto che il contesto è oggi pro-fondamente cambiato. Nei mo-menti di turbolenta crescitaeconomica infatti è prioritario, peri lavoratori, ripartire la ricchezza esecondario preoccuparsi della suagenerazione. Il valore viene creatoda un sistema in espansione. Sitratta solo di stabilire come vienediviso. In questo contesto leistanze sociali nel mondo del la-voro sono necessariamente legatead una sorta di contrapposizioneche può sfociare anche in duriscontri. L’arma dello sciopero è pe-raltro efficace perché reca undanno consistente, in quanto puòimpedire di soddisfare una do-manda di prodotti che permane so-stenuta. Le lotte operaie sono stateaddirittura utili anche per soste-nere la domanda interna, attra-verso una diversa ripartizione delvalore, che ha diffuso benessere edè stata funzionale allo stesso capi-talismo.

    Se applichiamo però una poli-tica sindacale spartitoria in un mo-mento in cui vi è contrazioneeconomica e il problema è invecequello della generazione di nuovaricchezza, otteniamo le stortureche sono sotto i nostri occhi e cheportano a ritenere il sindacato inu-tile o dannoso per l’intera società.

    Quando un’impresa (fatta di un

    sistema imprenditoriale, organiz-zazione, esperienze, cultura e rela-zioni con clienti,fornitori, fisco, ter-ritorio e lavoratori)sparisce, non spari-sce solo un pezzo diessa (il cosiddettopadrone), ma spari-sce tutto il com-plesso di interessi dicui l’azienda rap-presenta il puntonodale. Il danno so-ciale è enorme.

    Se il sindacato,nei momenti econo-mici favorevoli, puòe deve avere (nel-l’interesse di tutti)un atteggiamento

    orientato alla contrapposizionein funzione spartitoria, poten-

    dosi disinteressare di come il va-lore viene generato, in periodi in

    cui occorre generare nuova ric-chezza è esattamente l’opposto.In simili momenti l’interesse deilavoratori è orientato al come sipossa concorrere al rilancio e alrinnovamento dell’azienda: dallalogica spartitoria si passa a unalogica di sviluppo. Le oscilla-zioni della domanda, il sorgeredi opportunità conseguenti al-l’apertura di nuovi mercati, ilmodo di superare un momentodi crisi o come garantire l’esecu-zione di una commessa nonsono, in periodi come quello cheviviamo, semplicemente un pro-blema del management, ma ri-guardano l’insieme dell’aziendae anche e soprattutto chi ci la-vora.

    I problemi non sono solo diuna parte (“saranno ben fattidell’imprenditore”) ma di en-trambe e il ruolo del sindacato,in questa situazione, è quello didiventare propositivo e assu-mersi responsabilità nel rilanciodell’impresa favorendo nuove epiù flessibili forme di gestioneed esecuzione del lavoro. Ancorauna volta suggerimenti ci ven-gono dalla Germania, ad esem-pio con i molti casi che abbiamoosservato nel settore metalmec-canico. È questo il salto cultu-rale che anche l’Italia si aspettae anche un’occasione storica dirinnovamento per il sindacato.

    Il ruolo del sindacato

  • Esteri

    Se non vogliamo consegnare il cer-vello alla pletora dei Federico Ram-pini di ogni parte del mondo, bisogneràsmetterla di demonizzare in modo al-tezzoso Donald Trump e iniziare adanalizzare il fenomeno, perché (a tortoo a ragione di fenomeno si tratta) il“ciuffettone” newyorkese ha oramai digran lunga oltrepassato nei fatti lo ste-reotipo del miliardario stravagante, ar-rogante e greve e marcia verso il duellodiretto per accaparrarsi la guida delPaese più influente del Mondo.

    Contro chi? Contro la signora Clin-ton molto probabilmente, però non piùbrillante e tronfia come pareva solopochi mesi fa. L’ex segretario di Stato,infatti, perde pezzi e, laddove vince (percarità, vince), a volte lo fa di misuracontro il suo sfidante Sanders (di granlunga più empatico – guarda caso – coni giovani e le donne), e – dulcis in fundo– ha sulla sua testa un’indagine federaleil cui esito non è del tutto scontato. Quisu certe questioni non si fanno sconti,neanche se ti chiami Clinton.

    Dunque Trump, dopo l’ennesimavittoria (e qualche sconfitta contro TedCruz sul quale – più che su Rubio –pare si stiano concentrando gli apparatidel partito), giunta a seguito un dibat-tito tra i suoi avversari a dir poco avvi-lente (che il “celodurismo” di marcaleghista era una cosuccia raffinata), èquasi in dirittura d’arrivo. Al momento– a dire il vero – lo sconfitto sulla scenaè il Partito Repubblicano che non hasaputo trovare le contromisure per ar-ginare il suo peggior nemico. Un ne-mico cresciuto come indipendente sì,ma pur dentro le mura domestiche. Enon ci sono scuse: l’apparato Repub-blicano è scoppiato quasi alla streguadel centrodestra italiano. A meno che,tra Cruz e Rubio, da ultimo non si fac-cia avanti Bloomberg. E allora, chissà.

    Comunque sia a me, francamente, lacosa che fa più ridere in tutto il caos diqueste primarie d’America è cheTrump, praticamente, non ha speso undollaro per la sua campagna elettorale,anzi – forse – ci ha pure guadagnato! Equi in America, se il denaro (come lofai, quanto ne fai, ecc…) nella perce-zione e nel giudizio della gente non ètutto, poco ci manca.

    Insomma, partiamo con il dire cheTrump una certa genialità già l’ha di-mostrata: un po’ Grillo, un po’ Salvini(tanto per farci capire) e molto se

    stesso; finora non ha sbagliato unamossa. Certo ha detto e fatto cose dafar accapponare la pelle, ma ha guada-gnato da mesi le aperture di tutti i tele-giornali ed è entrato in sintonia con unpezzo di popolo americano forse da de-cenni fuori dal dibattito politico equindi totalmente privo di rappresen-tanza. Insomma, Trump ha dato, in unaparola, dignità a un pezzo di societàfrustrata (“io amo le persone igno-ranti”, ha detto recentemente) e questopopolo potrebbe fare la differenza –semmai sarà Trump il contendente – il

    giorno del voto. Non dimentichiamoche nel 2008 espressero la loro prefe-renza 131 milioni e 407mila americanisu 229 milioni e 945mila aventi dirittoal voto. Quindi solo il 57,1 degli elet-tori e si urlò al miracolo della parteci-pazione! Ed ecco che Trump potrebbefar alzare notevolmente il numero deivotanti, mobilitare folle di bifolchi ado-ranti. Che – al di là della percezione cheabbiamo noi a pensare che l’Americasia New York o San Francisco – sonodavvero tanti.

    La sensazione, poi, è che Trump non

    creda affatto alle sue sparate, ma cheabbia intuito prima e più degli altricontendenti (privo com’è di qualunqueinibizione o buon gusto intellettuale)che lo “scollamento” di interi blocchisociali dalla vita politica negli StatiUniti è assoluto, peggio – per intenderci– di quanto avviene da noi. In questosenso tutto il mondo è Paese: la paro-laccia unisce, certo cinismo (speciedopo decenni di dittatura del politica-mente corretto) e una certa idea di ri-bellione contro lo Stato modulata conmolto isolazionismo populista, sem-brano la soluzione. Perché, seppure ladisoccupazione qui negli Usa è sotto il5 per cento, la differenza tra disoccu-pazione e tirare la cinghia a causa di unlavoro mal pagato (così come il gapsempre più esagerato tra le immensericchezze di pochi e la sopravvivenzadella maggioranza), è minima.

    Insomma, Trump è al momento so-stanzialmente una macchina da con-senso e forse, per capire veramente chiè e che cosa sia politicamente, biso-gnerà attendere – qualora fosse lui ilvincitore delle primarie – la secondaparte della competizione elettorale,quando sceglierà il suo vice e presen-terà la sua squadra. Quando, dunque,si farà sul serio e tutti gli occhi delmondo saranno puntati sull’America.

    Di Hillary Clinton, invece, si sa giàtutto (anche troppo) e quel che si co-nosce non sempre convince. La pres-sione e l’eredità esercitata da Sandersverso una visione più “liberal” e so-cialisteggiante della politica econo-mica e sociale certamente si faràsentire, ma il paradosso potrebbe es-sere che, qualora fosse Trump il suoantagonista, su molte questioni la piùRepubblicana tra i due potrebbe essereproprio lei. Paradossi della nostraepoca che uniscono – come non mai –l’America di oggi al Vecchio Conti-nente.

    Being Donald Trump

    Nel 2015, la cedolare secca sugliaffitti - cioè l’imposta sostitutivaattualmente applicabile solo a unaparte delle locazioni abitative - hafatto registrare un aumento di gettitodel 17,9 per cento rispetto al 2014 (2miliardi e 12 milioni di euro controun miliardo e 706 milioni). Lo sotto-linea Confedilizia, analizzando i dati

    forniti dal Dipartimento delle Finanzesulle entrate tributarie dello scorsoanno.

    “Il successo che sta riscuotendo lacedolare secca - fortemente voluta daConfedilizia - nel campo degli affittiabitativi, conferma quanto sia statagiusta la scelta di introdurre un si-stema di tassazione proporzionale e

    semplificato per i redditi derivanti daun bene già gravato da imposte di na-tura patrimoniale (attualmente, Imue Tasi), con il quale tanti risparmia-tori garantiscono la disponibilità diabitazioni in affitto in Italia - affermail presidente di Confedilizia, GiorgioSpaziani Testa - I dati delle Finanzedovrebbero indurre Parlamento e Go-

    verno a riflettere sulla necessità diestendere il più possibile questo re-gime virtuoso di imposizione, in par-ticolare prevedendo l’applicabilitàdella cedolare anche agli affitti di ne-gozi e uffici: in tale comparto, infatti,la somma di ben sette tributi a caricodei proprietari porta la tassazione aderodere fino all’80 per cento del ca-

    none di locazione, senza contare lespese di manutenzione dell’immobilee l’eventuale indennità di avviamento.Si tratterebbe di una misura cheavrebbe - fra gli altri - il pregio di aiu-tare il commercio e l’artigianato e dicontribuire a combattere la desertifi-cazione e il degrado di tante aree ur-bane”.

    ECONOMIA Confedilizia: +18% gettito cedolare secca, estenderla

  • Il 10 febbraio scorso (Mercoledìdelle Ceneri nel calendario cri-stiano occidentale), il vescovo lute-rano palestinese Munib Younan, anome del Consiglio mondiale delleChiese (Wcc) [chiamato anche Con-siglio ecumenico delle Chiese (Cec)]ha lanciato la Campagna quaresi-male della Rete ecumenica dell’ac-qua. L’iniziativa, intitolata “Settesettimane per l’acqua”, è stata pre-sentata nella chiesa luterana (tede-sca) del Redentore nella CittàVecchia di Gerusalemme. Younan –uno dei firmatari del famigerato do-cumento pubblicato nel 2009 dal-l’organizzazione Kairos Palestine – èstato affiancato da altri noti sosteni-tori dell’agitazione palestinese con-tro Israele: Antje Jackelen,arcivescovo della Chiesa luterana diSvezia (un altro firmatario del docu-mento); il reverendo Olaf FykseTveit, segretario generale del Wcc (èa capo dell’ente che ha generato Kai-ros Palestine e continua a essere ilsuo principale sostenitore); HindKhoury, segretario generale di KairosPalestine; che è anche un’economistadi Betlemme ed è stata rappresen-tante dell’Olp in Francia dal 2006 al2010; Dinesh Suna, coordinatoredella Rete ecumenica dell’acqua.

    Un folto gruppo di stagionati atti-visti pro-Palestina si è riunito in unafunzione religiosa di un’ora per unaliturgia preconfezionata di dieci pa-gine. Le poche persone presenti do-vevano essere sensibilizzate in meritoa una presunta ingiustizia commessanei confronti del popolo palestinese:la sottrazione della legittima quan-tità di acqua da parte di quelli chevengono additati come i cattivi israe-liani. Per dare una nota di colore, inquesto noioso flusso di informazionidistorte, ogni partecipante aveva unacroce di cenere impressa sulla fronte– forse una delle poche tracce del ritoquaresimale cristiano.

    In genere, nelle normali funzionireligiose quaresimali, i ricordi so-lenni della misericordia divina versoi peccatori di tutto il mondo hannoun ruolo di primo piano per i cri-stiani. Ma non in questa liturgia. Ilcentro della scena è invece occupatodal commettere il peccato della men-zogna: accusando Israele della ca-renza idrica di cui soffrono ipalestinesi. La menzogna è un pec-cato che tutte le chiese che fannoparte del Wcc sono invitate a com-mettere.

    Questi leader delle chiese prote-stanti, trasformati in propagandistipolitici, hanno usato il pulpito di Ge-rusalemme per esortare i fedeli pro-testanti di tutto il mondo adascoltare le calunnie sull’emergenzaidrica palestinese lanciate contro loStato di Israele. Questa liturgia ap-profitta delle letture bibliche comeun mezzo per corroborare il messag-

    gio altrettanto falso dell’organizza-zione Kairos Palestine che Israeleruba la terra palestinese e non ha di-ritto di essere dove si trova. Gli ac-coliti del Wcc si sono riuniti nellachiesa del Redentore con l’obiettivodi iniziare a diffondere questa pro-paganda attraverso un’ambigua retedi organizzazioni apparentemente di-stinte, ognuna delle quali – a unesame più attento – risulta esserecontrollata dal Consiglio mondialedelle Chiese.

    Due organizzazioni hanno peròun ruolo primario. La prima è il Pel-legrinaggio per la giustizia e la pace(Pjp), lanciata nel 2013 alla decimaAssemblea generale del Wcc nellaCorea del Sud. A Gerusalemme, ilPjp è stato accompagnato da tre stra-tegici gruppi di supporto: il “Gruppodi studi teologici”, il “Gruppo di ri-ferimento” e il “Gruppo internazio-nale di ricerca”. La secondaorganizzazione è la Rete ecumenicadell’acqua (Ewn), lanciata nel 2008come network delle chiese e delle or-ganizzazioni cristiane, per sorve-gliare l’accesso all’acqua. Anche se ilPjp e l’Ewn sembrano essere due en-tità diverse, l’ufficio stampa del Wccha pubblicizzato la sua campagna le“Sette settimane per l’acqua” comeun “pellegrinaggio di giustizia del-l’acqua in Medio Oriente, con speci-fico riferimento alla Palestina. Persette settimane, le riflessioni biblico-teologiche riguarderanno la crisi

    idrica in Medio Oriente e terrannoconto delle questioni legate alla giu-stizia e alla pace”.

    Questo significa che il lavoro delPjp e dell’Ewn è strettamente colle-gato. Entrambi i gruppi, infatti, sonoimpegnati nella causa palestinese epotrebbero essere considerati soprat-tutto come membri della rete spon-sorizzata dal Consiglio mondialedelle Chiese che attua il programmadi Kairos Palestine. Da un attentoesame del sito web dell’Ewn non ri-sulta alcuna analisi scientifica nédella distribuzione dell’acqua nédella politica della gestione delle ri-sorse idriche per i territori di Israelee dell’Autorità palestinese (Ap). Inol-tre, il materiale dell’Ewn non mostraalcun riferimento a nessuna delleanalisi riguardanti la distribuzionedell’acqua in Israele (ad esempio, siveda qui e qui). E non è neppuremenzionata alcuna cattiva gestioneben documentata delle risorse idricheda parte dell’autorità Palestinese nési fa riferimento al giusto e generososostegno dato da Israele all’approv-vigionamento idrico – oltre le quotespettanti – nelle aree che ricadonosotto l’Ap.

    L’obiettivo della campagna perl’acqua sembra chiaramente scatu-rire da una discriminazione ingiustae priva di fondamento contro loStato di Israele, come propagata nelmessaggio diffuso da Kairos Pale-stine. Il reverendo Tveit ha parlato

    apertamente del proposito di lan-ciare l’iniziativa “Sette settimane perl’acqua” nel sermone da lui pronun-ciato nella chiesa del Redentore, aGerusalemme: “Poiché il Pellegri-naggio di giustizia e pace del Wcc sioccupa delle questioni legate alMedio Oriente, in particolar modoquest’anno, noi speriamo che le vo-stre vicende e la vostra lotta per lagiustizia e la pace diventeranno lestorie e la lotta delle chiese di tutto ilmondo. Che questo tempo di Quare-sima ci aiuti a riflettere più a fondosu tali questioni. Possa (la campagna,ndr) Sette settimane per l’acqua du-rante questa Quaresima aiutarci aporre l’accento sulla crisi idrica inPalestina e in altri luoghi del mondocon un disperato bisogno di avereacqua più pulita”.

    Questa storie palestinesi sonostate raccolte poco prima dellefunzioni celebrate nella chiesa delRedentore, sotto l’occhio vigiledel vescovo Younan, quando il“Gruppo internazionale di ricerca”(Irg) si è riunito a Betlemme. DineshSuna ha scritto nella sua pagina Fa-cebook: “È iniziato oggi a Betlemmeil meeting organizzato dall’Irg chefa parte del Pellegrinaggio per lagiustizia e la pace, del Wcc. Per im-postare il tono del dibattito ab-biamo ascoltato le storie legate allalotta per porre fine all’occupazioneisraeliana della Palestina. È stato unmomento toccante per noi venire a

    conoscenza di queste vicende...”.Ma queste persone hanno mai in-

    contrato gli israeliani? Il “Gruppo in-ternazionale di ricerca” è mai andatoa leggere le innumerevoli analisi ac-cademiche sulle questioni legate al-l’acqua, che sono liberamentedisponibili on-line? Non c’è alcun ri-ferimento che lo abbiano fatto. Piut-tosto, siamo stati informati che ilPJP, che fa parte del Consiglio mon-diale delle Chiese, ha allestito “duegruppi strategicamente importanti”in “Terra Santa” tra il 9 e il 17 feb-braio. Uno è il cosiddetto “Gruppodi Studi teologici” che si è riunitonella chiesa di Sant’Anna, a Gerusa-lemme, il 9-11 febbraio, “al fine diapprofondire la teologia che accom-pagnerà il Pjp”. L’altro è il “Gruppodi riferimento” del Pjp, riunitosi aBetlemme tra il 12 e il 17 febbraio,presumibilmente per far sfilare più“testimoni oculari della crisi idrica”.I palestinesi stanno davvero fronteg-giando una crisi idrica. E allora l’in-terrogativo da porsi, per il loro bene,è fino a che punto essi ne siano re-sponsabili e in che misura i loro lea-der siano responsabili del fatto dicontinuare a mantenerli vittime, fa-cendoli sembrare più sventurati, perun’efficace operazione di “marke-ting” internazionale.

    Tveit e il suo staff del Wcc ac-compagnano entrambi i gruppi.L’obiettivo di questo viaggio moltoesoso cui partecipano ecclesiasticiben pagati che fungono anche da po-litici non è quello di sanare qualsiasisofferenza. Piuttosto, come Tveit hadetto nel suo sermone: “Noi spe-riamo che le vostre vicende e la vo-stra lotta per la giustizia e la pacediventeranno le storie e la lotta dellechiese di tutto il mondo”.

    In breve, il Consiglio mondialedelle Chiese invita i cristiani di tuttoil mondo ad unirsi all’attacco controlo Stato di Israele. Questo è il veromessaggio di fondo di Kairos Pale-stine e della campagna “Sette setti-mane per l’acqua” del Pjp. Comeprevedibile, i progetti del Pellegri-naggio per la giustizia e la pace tro-veranno giovani seguaci cristiani,entusiasti, disinformati e ingenui daabbindolare. E la chiesa luterana delRedentore, a Gerusalemme, è solo unluogo ideale per lanciare sempre piùiniziative del genere. Che strano! Èanche strano il fatto che la Chiesaprotestante tedesca, proprietariadella chiesa luterana del Redentore,a Gerusalemme e impegnata nella ri-conciliazione con Israele, sembri tol-lerare gli approcci del Wcc contro loStato ebraico, sotto la regia locale delvescovo palestinese. Il vescovoYounan è solo un paravento die-tro il quale si nasconde l’impe-gno della Chiesa protestantetedesca contro Israele? Oppure laChiesa protestante tedesca nonsa cosa sta accadendo nella suachiesa a Gerusalemme?

    L’ex sindaco di New York MichaelBloomberg ha deciso di non scen-dere in campo come indipendente nellacorsa per la Casa Bianca perché, datialla mano, è consapevole che non po-trebbe vincere e in una eventuale gara atre, dove “sarebbe improbabile che uncandidato vinca la maggioranza dei votidegli elettori”, il potere di scegliere ilpresidente finirebbe nelle mani del Con-gresso a maggioranza repubblicana, conuna “buona possibilità” che sia elettoDonald Trump o Ted Cruz. E “questo èun rischio che non voglio prendere inbuona coscienza”, spiega Bloomberg,lanciando un ennesimo siluro contro iltycoon, oltre che al senatore ultra con-servatore del Texas, in un intervento dif-fuso dall’omonima agenzia diinformazioni di cui è proprietario.

    Un intervento nel quale critica du-ramente tutti i candidati presidenziali,i toni gridati della loro campagna elet-

    torale, “l’estremismo in marcia”. Il mi-liardario si dice lusingato dal fatto che“negli ultimi mesi molti americani mihanno sollecitato a correre per la pre-sidenza”, ma prende atto che,“quando guardo ai numeri, mi èchiaro che se entrassi nella corsa nonpotrei vincere”.

    Ma non vuole neppure favorire lanomina di Trump o Cruz. Il primo, ac-cusa, ha condotto “la campagna pre-sidenziale più divisiva e demagogicache io ricordi, facendo leva sui pregiu-dizi e sui timori della gente”, appel-landosi “ai nostri peggiori impulsi”.“Minacciando di bandire i musulmani

    stranieri è un assalto diretto a uno deidue valori chiave che hanno fatto cre-scere la nostra nazione: la tolleranzareligiosa e la separazione tra chiesa eStato”, scrive. “Attaccare e prometteredi deportare milioni di messicani, si-mulando l’ignoranza dei suprematistibianchi, e minacciare la Cina e il Giap-pone di guerre commerciali è anchequesto pericolosamente sbagliato”,prosegue, ammonendo che questemosse “potrebbero dividerci a casa ecompromettere la nostra leadershipmorale nel mondo”.

    Ma Bloomberg non risparmia nep-pure Cruz, la cui posizione sull’ immi-grazione a suo avviso “può mancaredegli eccessi retorici di Trump” manon è “meno estremista” e “meno di-visiva”. L’ex sindaco di New York pre-cisa che non è pronto per sostenerealcun candidato, ma che non staràzitto di fronte alla minaccia che“l’estremismo partigiano pone alla na-zione”.

    Usa 2016: Michael Bloomberg, “rinuncio per evitare rischio Trump”

    Esteri

    Il Consiglio mondiale delle Chiesedemonizza ancora Israele

  • Cultura

    Quando si alza il... Muro. Allora, ècome la peggior tempesta, cheproduce molti più danni morali e ma-teriali di un ciclone. Vedi oggi quel cheaccade con l’esodo siriano. Tutto ciòche prima era unito, viene separato daquel sudario di pietra spessa. Chi osascavalcarlo perde ogni sembianteumano e diviene un mero bersagliomobile nel mirino delle guardie difrontiera, legittimate a uccidere i pro-pri connazionali! Nient’altro checarne da cannone. E quella prigioniaa cielo aperto, dove c’è solo un “di là”degno di essere vissuto, ha avuto ladurata di più generazioni, sotto il con-trollo spietato delle onnipresentiombre della Stasi - come già denun-ciato ne “Le vite degli altri” - in cui lalibertà vera ce l’avevano solo le spie!Così, il bellissimo racconto di StevenSpielberg ha un prologo in America,ma il centro e la coda ben saldi nelcuore tra le due Berlino, colte nell’at-

    timo in cui ha inizio la Guerra Fredda,appena oltre la prima metà degli anniCinquanta. Le scene iniziali riguar-dano un concitato inseguimento e, in-fine, la cattura da parte dell’Fbi di unaspia sovietica di rango elevato, il co-lonnello del Kgb Rudolf Abel (unostraordinario Mark Rylance).

    A difenderlo viene chiamato l’av-vocato James Donovan (interpretatoda un magistrale Tom Hanks) sceltocon una procedura ultra garantista,per essere un galantuomo di ferreiprincipi e “tutto d’un pezzo”, come gliverrà riconosciuto dal suo stessocliente, ammirato e stupito da tanta le-vatura morale e giuridica. Donovanviene prescelto a patrocinare il pro-cesso alla spia, in base alla designa-zione dell’Ordine Nazionale degliAvvocati. L’intento è chiaro: rendereassolutamente inattaccabile la deci-sione giudiziaria, qualunque fossestato l’esito del processo. Ma che cosaaccade a quell’avvocato se la propa-ganda maccartista ha fatto per anniproseliti per la condanna a morte deicomunisti nemici della patria, che sifossero macchiati di delitti contro loStato? Ovvio: Abel, lui soprattutto,doveva essere condannato a morte.Questo chiedeva a gran voce la stra-grande maggioranza dei cittadini ame-ricani, e i quotidiani nazionali nonfacevano altro che nutrire ogni giornodi più questi sentimenti di vendettagiustizialista. Come nell’Urss di queitempi, Donovan si trova a difendere,da quest’altra parte della barricata, un“nemico del popolo e della democra-zia”. Arrivando perfino ad adire laCorte Suprema, nel tentativo (fallito)di far invalidare le prove utilizzate percondannare Abel a trent’anni di pri-gione.

    Va da sé che un simile processorenda un inferno anche la vita privata

    di Donovan. Soprattutto quando conun ragionamento profetico l’avvocato,ricevuto dal giudice per un colloquioriservato nella sua abitazione privata,lo ammonisce a non assecondare lavolontà popolare della condanna amorte della spia sovietica perché,forse, un giorno la si sarebbe potutascambiare con un suo pari americano,catturato dai russi. La macchina dapresa straordinaria di Spielberg co-struisce con le immagini, oltre che condialoghi profondi e impegnati (anchese semplici in apparenza), lo straordi-nario rapporto umano tra Donovan eAbel: loquace il primo, saggio e silen-zioso il secondo che, nei momenti cru-ciali del dramma, alla domanda delsuo avvocato: “Lei non è preoccu-pato?” risponde impeccabilmente eserenamente “Serve?”. A pochi mesi

    dalla condanna di Abel, i sovietici ab-battono un aereo spia U-2 che volavaclandestinamente sul loro territorio ecatturano il tenente Powell dell’avia-zione americana. Nel frattempo, i te-deschi dell’Est a caccia di visibilitàinternazionale imprigionano un gio-vane studente americano, FredericPryor, mentre cerca di attraversare ilMuro assieme alla sua fidanzatina.

    A sorpresa, la Cia decide che siaDonovan a condurre la trattativa se-greta, senza che il Governo degli StatiUniti ne riconosca ufficialmente ilruolo di mediatore. La cosa davverostraordinaria del film è costituita daquella navetta tra le due Germanie, aldi là e al di qua del Muro, in cui l’av-vocato darà una prova straordinariadelle sue doti e del suo fiuto eccezio-nale di mediatore, nel rapportarsi al

    responsabile del Kgb dell’Ambasciatasovietica a Berlino Est e al capo dellaStasi tedesca. Perché i politici dellaDdr avrebbero voluto avere la lorobella ribalta internazionale scam-biando il solo Pryor con Abel, mentrelui, Donovan, e solo lui, tenterà lacarta temeraria dello scambio di “unoper due”. E vi riuscirà in un finalemozzafiato, dove ancora una voltaSpielberg fa emergere e giganteggiareil rapporto umano tra il russo e l’ame-ricano onesto, quando Abel dirà la pa-rola chiave “Posso aspettare” eDonovan capirà, a scambio avvenuto,che l’onore che lui sapeva incontami-nato di Abel verrà messo in discus-sione proprio dai suoi, una voltarientrato a Mosca.

    Un film assolutamente da non per-dere!

    www.assicuratr icemilanese. it Telefono (centralino): r.a. 059 7479111 Fax: 059 7479112

    Uno Spielberg ispirato tra Guerra Fredda e spionaggio


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