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Napolicittà adalto rischio usura Vittimedalmedicoall’operaio...

Date post: 15-Feb-2019
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Il martedì al civico 48 di via San Sebastiano a Napoli è giorno di udienza. In sala d’aspetto ci ritrovi qualunque categoria sociale: medici e ingegneri, professoresse e farma- cisti, operai e colletti bianchi. L’anno scorso c’èra pure qualche giornalista. Vogliono parlare con padre Rastrelli e i suoi volontari, per lo più ex banchieri, della Fondazione San Giuseppe Moscati. Su quanti chiedono «udienza» pen- de il capestro dell’indebitamento, il rischio dell’usura. L’en- te nato nel 1992, infatti, dà una mano concreta sia nella prevenzione che nella lotta allo strozzinaggio, fattispecie criminale tra le più ambigue e subdole. Un reato che a legge- re i dati Eurispes ha matrici spiccatamente campane: Napo- li contende a Roma e Milano il primato dei crimini classifi- cati come usura. La mole di denaro messo in circolo da strozzini ed estorsori incide per almeno il 6% sul Pil, solo nella provincia partenopea. Più o meno 3000 miliardi di vecchie lire. Considerando l’intero territorio regionale, la metastasi arriva ad incidere sull’1% del prodotto interno nazionale. Alle porte della Fondazione Mo- scati bussano anche trenta persone ogni settimana. Padre Rastrelli con- cede prestiti quinquennali fino a 50 milioni di vecchie lire ma, precisa, «solo se il richiedente, o meglio la sua famiglia, ha la possibilità di es- sere poi solvente, ovviamente con tutte le agevolazioni del caso per le restituzioni. È necessario che la vittima maturi responsabi- lizzazione, altrimenti dopo qualche tempo ricadrà nell’erro- re. Bisogna imparare a comprendere il valore del denaro». Le risorse afferiscono a fondi privati (depositati presso isti- tuti fiduciari: San Paolo Banco di Napoli, Monte dei Pa- schi, Banco di Ancona, Banca dell’Irpinia) e pubblici, pro- venienti dal fondo della legge 108 del ’96, regolante la mate- ria degli aiuti. La restituzione avviene a tassi molto bassi. «Se il prestito è di 15mila euro, il debitore ne restituirà mas- simo18mila, tra capitale e interessi» dice il fondatore. Che sul fenomeno ha le idee molto chiare: «A Napoli l’usura crea danni enormi. Altrove la situazione è simile, ma qui la disoccupazione arriva al 25%. Si contraggono debiti, inevi- tabilmente: difficile pagare tutti i mesi fitto, spese mediche, bollette». A ciò si aggiunge la massificazione: «Nei centri urbani più affollati (Napoli, Roma, Milano, appunto ndr) cresce il contagio del costume consumistico più sbagliato, unito all’impossibilità per tutti di trovare un impiego». O di percepire stipendi d’oro, visto che a firmare cambiali non sono solo i meno abbienti. Anzi: è proprio il ceto imprendi- toriale ad inseguire costantemente immediata liquidità. Cash che non c’è (fioccano, e non solo a Napoli, gli assegni postdatati) per pagare fornitori e tamponare emergenze di bilancio. A quel punto il gioco per la camorra è semplice. «Uno dei più diffusi casi pratici termina con denuncia pena- le e crack finanziario a carico dell'usurato». Parla Amleto Frosi, presidente della Alilacco-Casa della Solidarietà, al- tro ente che fornisce servizi anti-usura. C’è da credergli: la sua è la prima associazione campana ad essersi costituita parte civile, nel ’97, nei processi contro la camorra per il reato di usura. Ventuno i dibattimenti seguiti per 416 bis (associazione di tipo mafioso), tutti finiti con la condanna degli strozzini. Cinque ad oggi quelli ancora pendenti. Due imprenditori usurati su dieci in Campania, spiega Frosi, vengono incastrati così: i clan chiedono al commerciante debitore prima i «normali» interessi mensili, poi, alzando la posta gli si impo- ne la merce da vendere e i fornitori. Do- po qualche tempo si fa credere alla vitti- ma, spremutissima, che il debito è quasi saldato, che sta per uscirne, convincen- dola a creare una società di import: que- sto al fine di acquistare merce dall’este- ro pagandola con assegni falsi. La giran- dola di illiceità porta inevitabilmente al duplice, drammatico, risultato. Da un lato il fallimento del- l’azienda, dall’altro la denuncia per truffa nei confronti del- l’imprenditore. Usura e racket: la camorra — che si comporta da hol- ding e quindi ha bisogno di liquidità, sempre — non fa trop- pe distinzioni tra l’una e l’altra pratica criminale, che spes- so sono una cosa sola quando ad essere aggredite sono le aziende. A distinguere, e di parecchio, è invece il codice penale che prevede condanne fino a 20 anni per l’estorsio- ne, mentre a carico degli usurai la pena è molto più lieve (da 1 a 6 anni). Forbice che evidentemente fa comodo alla mala- vita organizzata. Prestando denaro, la camorra può «como- damente» riciclare denaro sporco. L’insolvenza fa sì che i cravattari possano prendersi di fatto il negozio, lasciando che sia l’usurato a gestirlo. L’esercente diventa una testa di legno che comincia a lavorare per gli usurai. Il pagamento degli interessi a questo punto si fa estorsione. Però «penal- mente, nel caso in cui venissero scoperti, il reato commesso è derubricato a usura, per cui le pene sono più lievi» spiega ancora il presidente di Alilacco. Del resto, effettuare i ri- scontri in un processo per usura è faccenda molto comples- sa, soprattutto perché spesso il denaro viene «lavato» con passaggi legali in banca o dal notaio. Il dato ultimo fornito dal Ministero dell’Interno sul nu- mero di denunce per usura — nel 2004, 110 casi a Roma, 42 a Milano, 41 a Napoli, 71 in Campania — è significativo ma va comparato con la quantità di procedimenti per estor- sione, relativamente più semplici nell’istruzione delle pro- ve, che è dieci volte maggiore (824 a Napoli, 1446 in Campa- nia). Nelle metropoli prevale l’usura scaturente dall’attività dei clan, che si sviluppa anche tramite i «cavalli di ritorno», come spiega ancora Frosi: «I derubati non hanno i soldi per "ricomprarsi" la macchina? Glieli danno "loro"...» In territori come il Sannio, invece, resta in auge l’usura «della porta a fianco», dei prestiti cioè ottenuti da conoscen- ti facoltosi o amici degli amici. A riprova di ciò, anche un film: «L’amico di famiglia» del regista napoletano Paolo Sorrentino, in concorso al prossimo festival di Cannes. La pellicola prende a prestito un caso, per così dire, di scuola: la storia di un padre che per celebrare in grande stile il matri- monio della figlia chiede soldi a un usuraio di paese. L’ASSOCIAZIONE Napoli città ad alto rischio usura Vittime dal medico all’operaio TEL 081 7602207 attivo dalle ore 11.00 alle 17.00 FAX 081 5802779 MAIL osservatorio@ corrieredelmezzogiorno.it www.corrieredelmezzogiorno.it Presidente Giorgio Fiore Vicepresidente Marco Demarco Direttore Scientifico Domenico Pizzuti Segretario Vito Faenza Dossier a cura di Chiara Marasca D OSSIER «Posso fumare?». Oddio due boc- cate ci starebbero anche bene, per ri- lassarsi: però «Arturo», napoletano, sulla quarantina, desiste. Allontana il pacchetto di Marlboro medium e si concentra sul racconto. Roba di usu- ra, strozzinaggio che dai e ridai non ti fa più campare. Il nome è di fanta- sia (le indagini sono ancora in corso) ma la storia è vera, e complessa: per raccontarla bisogna suddividerla, nu- merarla come sequenze di una sceneg- giatura. 1) È il 1986. Arturo eredita l’azien- da paterna: costruzioni metalmecca- niche. Vuole rinnovarla, ricostruirla, ingrandirla. Per farlo deve licenziare i dipendenti e poi riassorbirli in una nuova società. Dovrà investirci 200 milioni, cifra neanche abnorme per chi, come lui, fattura circa 6 miliardi all’anno. Ha bisogno di liquidità. Le quattro banche alle quali chiede il mu- tuo, però, glielo rifiutano perché «la costituenda società non fornisce le do- vute garanzie». Gli operai sciopera- no, i creditori premono: messo alle strette l’imprenditore, su consiglio, bussa alla porta di una persona «no- minata» del suo quartiere: si tratta di un affiliato ad un potente clan camor- rista. Questa persona i soldi ce li ha, e li presta senza batter ciglio. In cam- bio, chiede interessi al 4,5%, nove mi- lioni al mese. 2) La nuova azienda parte: è il 1988. Nei primi tempi va a gonfie ve- le. Poi inspiegabilmente i clienti co- minciano a ritardare i pagamenti «a 90, 120, 150 giorni». Così, non aven- do la moneta necessaria a saldare su- bito il debito, quei nove milioni di inte- ressi Arturo è costretto a versarli per alcuni anni invece che per pochi mesi. Le spese si moltiplicano. «Ci voleva- no altri 150 milioni per pagare i di- pendenti» precisa, «perciò andai di nuovo da chi mi aveva fatto il primo prestito». L’uomo non si fa pregare e a stretto giro concede il nuovo versa- mento sul quale fissa, stavolta, l’inte- resse al 4% (sei milioni). Nove più sei: fanno quindici milioni di interessi al mese. Il capitale da restituire, in- tanto, aumenta a 350 milioni. Che fa- re? «Pagare, non c’era altra scelta». Va avanti così per altri tre anni, fino al 1994. Dopodichè, il collasso. «Non posso più pagare». E gli usu- rai: «Bene, ti azzeriamo gli interessi ma devi ridarci il capitale». Operazio- ne tecnicamente impossibile nell’im- mediato. E così gli strozzini si «ac- contentano» di una garanzia. Salatis- sima: l’imprenditore deve cedere le quote personali della sua azienda, «un patrimonio». In due giorni, dal notaio si firma la cessione. Il dado è tratto, lo strozzino passa il Rubicone per diventare spietato criminale. L’azienda di famiglia diventa azien- da della camorra. «La mattina dopo la transazione dal notaio, mi reco nel- lo stabilimento e ritrovo l’usuraio nel mio ufficio. Siede alla mia poltrona e dà disposizioni allo staff sul da farsi. Mi caccia via. In pochi minuti finisco fuori al cancello della mia stessa im- presa con tutta la disperazione che si può immaginare». Arturo rimane sen- za soldi e senza lavoro. In più «con- tro ogni logica, i 350 milioni li voleva- no lo stesso. Minacciavano: se non paghi ti spariamo». Vende tutto quel- lo che può. Macchina, casa al mare, i mobili, la vespa. Riesce a coprire la cifra «ma non avevo più nulla, a par- te mia moglie e i miei due figli». 3) Nei tre anni che seguono Artu- ro sopravvive. Fa lo scaricatore, poi l’autista per un milione al mese pres- so la ditta di un amico, «l’unico che mi tese una mano». Viene poi assun- to in una impresa di impianti elettrici industriali. Nel 1997 riprende il so- pravvento lo spirito dell’imprendito- re. Nel settore in cui è specializzato, mette in piedi una piccola azienda con tre persone. L’ingranaggio lenta- mente riparte. Gira bene. Fino a bloc- carsi nel settembre 2002. 4) Si ripresenta l’usuraio. Questa volta rivuole indietro, subito, i due- cento milioni dati nell’86. Eppure Ar- turo quel denaro «vendendo tutto» l’aveva abbondantemente restituito. «E ho subito pure — scherza — il rin- caro del passaggio lira-euro». Una barca di soldi per gli attuali bilanci, molto contenuti, della nuova impre- sa, «mica come prima che andavo in giro con l’autista». Ci si accorda per rateizzare con tranche di 25mila eu- ro, più gli interessi sulla dilazione. Fanno 270 milioni di vecchie lire, ci- fra irraggiungibile. Ci vuole un aiu- to. Disperato e sotto minaccia di mor- te, l’imprenditore napoletano parla con un nuovo cravattaro. «Forse — ricordo ddi aver pensato in uel mo- mento — non è spietato come l’al- tro». Interessi al 5%. Come tampona- re? Prendendo altro denaro a stroz- zo. Poi altro ancora. Altra camorra. Un effetto domino pazzesco. «Avevo debiti con otto usurai contemporane- amente. Ognuno di loro era di un di- verso quartiere della città». 5) «Facevo le corse. La mia unica preoccupazione era come e dove tro- vare i soldi. Un vortice di denaro da smistare. «Mi svegliava, ogni matti- na alle otto, il direttore della banca: "sono arrivati 8000 euro…15000 eu- ro…"». Soltanto dal venerdì alla do- menica, a sportelli chiusi, c’era un at- timo di tregua. Il riposo del correnti- sta. «Non vivevo più. Niente più azienda, rapporti quasi azzerati in fa- miglia». Un mondo alla rovescia, per tre anni. 6)Il coraggio, secondo letteratura, «uno non se lo può dare» e allora, spin- to da amici, si rivolge allo Sportello Prevenzione Usura dell’area flegrea. Nell’aprile 2005, Arturo prende una de- cisione importante: «denuncio tutti, non se ne deve salvare nemmeno uno». L’azione sortisce effetti fulminei. Si succedono una serie di arresti, alcuni immediati. Qualche strozzino è ancora in circolazione perchè le indagini sono tuttora in corso. Da un anno esatto l’im- prenditore respira, sta recuperando ter- reno. Dal punto di vista lavorativo e mentale. Certo, «convivo con la paura di subire una ritorsione. Non è sempli- ce». Oggi riconosce di essere stato de- bole. Vorrebbe cambiare aria, cancella- re tutto con un colpo di spugna. E allon- tanarsi da Napoli : «Difficile. Ci voglio- no troppi soldi». Chi me li da? (a. ch.) DI ALESSANDRO CHETTA IL MECCANISMO La camorra prima concede denaro «a prestito» e poi estorce l’azienda all’usurato LA S TORIA denaro «a prestito» FOCUS «Una vita d’inferno, pagavo interessi a otto diversi strozzini» NUMERI E INDIRIZZI Padre Rastrelli: «Ci chiedono aiuto oltre cento persone al mese» U FONDAZIONE GIUSEPPE MOSCATI Fondata da Padre Rastrelli. Napoli - Via San Sebastiano 48 Tel 081.4421535 (martedì) Salerno - Via R. Guarna, Palazzo Vitaliano Tel 089254190 Orario: mercoledì e venerdì, dalle 16 alle 21.30 U ALILACCO - CASA DELLA SOLIDARIETA’ Torre Annunziata-Piazza E. Cesaro, 70 Tel/fax 0818624111- Numero verde 800406600 U ASSOCIAZIONE «OCCHI SUL MONDO» Via G. Leopardi, 130, Fuorigrotta Responsabile: Domenica Centola Tel 081/5935253 Orario:lunedì / venerdì ore 10 - 13 (il pomeriggio su appuntamento) [email protected] U ASSOCIAZIONE «FIGLI IN FAMIGLIA» Via F. Imparato, 130, San Giovanni a Teduccio Responsabile: Carmela Manco Tel 081/5597498 - 081/5593124 Fax: 081/7527359 Orario:lunedì / venerdì ore 10 - 13 (il pomeriggio su appuntamento) www.figliinfamiglia.com U COORDINAMENTO NAPOLETANO ASSOCIAZIONI ANTIRACKET Responsabile: Luigi Cuomo Tel 3391391129 Orario:lunedì / venerdì ore 10 - 13 [email protected] A chi rivolgersi in Campania 14 C ORRIERE DEL M EZZOGIORNO U G IOVEDÌ 27 A PRILE 2006 NA
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Il martedì al civico 48 di via San Sebastiano a Napoli ègiorno di udienza. In sala d’aspetto ci ritrovi qualunquecategoria sociale: medici e ingegneri, professoresse e farma-cisti, operai e colletti bianchi. L’anno scorso c’èra purequalche giornalista. Vogliono parlare con padre Rastrelli ei suoi volontari, per lo più ex banchieri, della FondazioneSan Giuseppe Moscati. Su quanti chiedono «udienza» pen-de il capestro dell’indebitamento, il rischio dell’usura. L’en-te nato nel 1992, infatti, dà una mano concreta sia nellaprevenzione che nella lotta allo strozzinaggio, fattispeciecriminale tra le più ambigue e subdole. Un reato che a legge-re i dati Eurispes ha matrici spiccatamente campane: Napo-li contende a Roma e Milano il primato dei crimini classifi-cati come usura. La mole di denaro messo in circolo dastrozzini ed estorsori incide per almeno il 6% sul Pil, solonella provincia partenopea. Più o meno 3000 miliardi divecchie lire. Considerando l’intero territorio regionale, lametastasi arriva ad incidere sull’1% del prodotto internonazionale.

Alle porte della Fondazione Mo-scati bussano anche trenta personeogni settimana. Padre Rastrelli con-cede prestiti quinquennali fino a 50milioni di vecchie lire ma, precisa,«solo se il richiedente, o meglio lasua famiglia, ha la possibilità di es-sere poi solvente, ovviamente contutte le agevolazioni del caso per lerestituzioni. È necessario che la vittima maturi responsabi-lizzazione, altrimenti dopo qualche tempo ricadrà nell’erro-re. Bisogna imparare a comprendere il valore del denaro».Le risorse afferiscono a fondi privati (depositati presso isti-tuti fiduciari: San Paolo Banco di Napoli, Monte dei Pa-schi, Banco di Ancona, Banca dell’Irpinia) e pubblici, pro-venienti dal fondo della legge 108 del ’96, regolante la mate-ria degli aiuti. La restituzione avviene a tassi molto bassi.«Se il prestito è di 15mila euro, il debitore ne restituirà mas-simo18mila, tra capitale e interessi» dice il fondatore. Chesul fenomeno ha le idee molto chiare: «A Napoli l’usuracrea danni enormi. Altrove la situazione è simile, ma qui ladisoccupazione arriva al 25%. Si contraggono debiti, inevi-tabilmente: difficile pagare tutti i mesi fitto, spese mediche,

bollette». A ciò si aggiunge la massificazione: «Nei centriurbani più affollati (Napoli, Roma, Milano, appunto ndr)cresce il contagio del costume consumistico più sbagliato,unito all’impossibilità per tutti di trovare un impiego». O dipercepire stipendi d’oro, visto che a firmare cambiali nonsono solo i meno abbienti. Anzi: è proprio il ceto imprendi-toriale ad inseguire costantemente immediata liquidità.Cash che non c’è (fioccano, e non solo a Napoli, gli assegnipostdatati) per pagare fornitori e tamponare emergenze dibilancio. A quel punto il gioco per la camorra è semplice.«Uno dei più diffusi casi pratici termina con denuncia pena-le e crack finanziario a carico dell'usurato». Parla AmletoFrosi, presidente della Alilacco-Casa della Solidarietà, al-tro ente che fornisce servizi anti-usura. C’è da credergli: lasua è la prima associazione campana ad essersi costituitaparte civile, nel ’97, nei processi contro la camorra per ilreato di usura. Ventuno i dibattimenti seguiti per 416 bis(associazione di tipo mafioso), tutti finiti con la condannadegli strozzini. Cinque ad oggi quelli ancora pendenti. Dueimprenditori usurati su dieci in Campania, spiega Frosi,vengono incastrati così: i clan chiedono al commerciante

debitore prima i «normali» interessimensili, poi, alzando la posta gli si impo-ne la merce da vendere e i fornitori. Do-po qualche tempo si fa credere alla vitti-ma, spremutissima, che il debito è quasisaldato, che sta per uscirne, convincen-dola a creare una società di import: que-sto al fine di acquistare merce dall’este-ro pagandola con assegni falsi. La giran-dola di illiceità porta inevitabilmente al

duplice, drammatico, risultato. Da un lato il fallimento del-l’azienda, dall’altro la denuncia per truffa nei confronti del-l’imprenditore.

Usura e racket: la camorra — che si comporta da hol-ding e quindi ha bisogno di liquidità, sempre — non fa trop-pe distinzioni tra l’una e l’altra pratica criminale, che spes-so sono una cosa sola quando ad essere aggredite sono leaziende. A distinguere, e di parecchio, è invece il codicepenale che prevede condanne fino a 20 anni per l’estorsio-ne, mentre a carico degli usurai la pena è molto più lieve (da1 a 6 anni). Forbice che evidentemente fa comodo alla mala-vita organizzata. Prestando denaro, la camorra può «como-damente» riciclare denaro sporco. L’insolvenza fa sì che icravattari possano prendersi di fatto il negozio, lasciando

che sia l’usurato a gestirlo. L’esercente diventa una testa dilegno che comincia a lavorare per gli usurai. Il pagamentodegli interessi a questo punto si fa estorsione. Però «penal-mente, nel caso in cui venissero scoperti, il reato commessoè derubricato a usura, per cui le pene sono più lievi» spiegaancora il presidente di Alilacco. Del resto, effettuare i ri-scontri in un processo per usura è faccenda molto comples-sa, soprattutto perché spesso il denaro viene «lavato» conpassaggi legali in banca o dal notaio.

Il dato ultimo fornito dal Ministero dell’Interno sul nu-mero di denunce per usura — nel 2004, 110 casi a Roma, 42a Milano, 41 a Napoli, 71 in Campania — è significativoma va comparato con la quantità di procedimenti per estor-sione, relativamente più semplici nell’istruzione delle pro-

ve, che è dieci volte maggiore (824 a Napoli, 1446 in Campa-nia).

Nelle metropoli prevale l’usura scaturente dall’attivitàdei clan, che si sviluppa anche tramite i «cavalli di ritorno»,come spiega ancora Frosi: «I derubati non hanno i soldi per"ricomprarsi" la macchina? Glieli danno "loro"...»

In territori come il Sannio, invece, resta in auge l’usura«della porta a fianco», dei prestiti cioè ottenuti da conoscen-ti facoltosi o amici degli amici. A riprova di ciò, anche unfilm: «L’amico di famiglia» del regista napoletano PaoloSorrentino, in concorso al prossimo festival di Cannes. Lapellicola prende a prestito un caso, per così dire, di scuola:la storia di un padre che per celebrare in grande stile il matri-monio della figlia chiede soldi a un usuraio di paese.

L’ASSOCIAZIONE

Napoli città ad alto rischio usuraVittime dal medico all’operaio

TEL 081 7602207attivo dalle ore 11.00

alle 17.00FAX 081 5802779

MAIL [email protected]

www.corrieredelmezzogiorno.itPresidente

Giorgio FioreVicepresidenteMarco Demarco

Direttore ScientificoDomenico Pizzuti

SegretarioVito Faenza

Dossier a cura diChiara Marasca

DOSSIER

«Posso fumare?». Oddio due boc-cate ci starebbero anche bene, per ri-lassarsi: però «Arturo», napoletano,sulla quarantina, desiste. Allontanail pacchetto di Marlboro medium e siconcentra sul racconto. Roba di usu-ra, strozzinaggio che dai e ridai nonti fa più campare. Il nome è di fanta-sia (le indagini sono ancora in corso)ma la storia è vera, e complessa: perraccontarla bisogna suddividerla, nu-merarla come sequenze di una sceneg-giatura.

1) È il 1986. Arturo eredita l’azien-da paterna: costruzioni metalmecca-niche. Vuole rinnovarla, ricostruirla,ingrandirla. Per farlo deve licenziarei dipendenti e poi riassorbirli in unanuova società. Dovrà investirci 200milioni, cifra neanche abnorme perchi, come lui, fattura circa 6 miliardiall’anno. Ha bisogno di liquidità. Lequattro banche alle quali chiede il mu-tuo, però, glielo rifiutano perché «lacostituenda società non fornisce le do-vute garanzie». Gli operai sciopera-no, i creditori premono: messo allestrette l’imprenditore, su consiglio,bussa alla porta di una persona «no-minata» del suo quartiere: si tratta diun affiliato ad un potente clan camor-rista. Questa persona i soldi ce li ha,e li presta senza batter ciglio. In cam-bio, chiede interessi al 4,5%, nove mi-lioni al mese.

2) La nuova azienda parte: è il1988. Nei primi tempi va a gonfie ve-le. Poi inspiegabilmente i clienti co-minciano a ritardare i pagamenti «a90, 120, 150 giorni». Così, non aven-do la moneta necessaria a saldare su-bito il debito, quei nove milioni di inte-ressi Arturo è costretto a versarli peralcuni anni invece che per pochi mesi.Le spese si moltiplicano. «Ci voleva-no altri 150 milioni per pagare i di-pendenti» precisa, «perciò andai di

nuovo da chi mi aveva fatto il primoprestito». L’uomo non si fa pregare ea stretto giro concede il nuovo versa-mento sul quale fissa, stavolta, l’inte-resse al 4% (sei milioni). Nove piùsei: fanno quindici milioni di interessial mese. Il capitale da restituire, in-tanto, aumenta a 350 milioni. Che fa-re? «Pagare, non c’era altra scelta».Va avanti così per altri tre anni, finoal 1994. Dopodichè, il collasso.«Non posso più pagare». E gli usu-rai: «Bene, ti azzeriamo gli interessima devi ridarci il capitale». Operazio-ne tecnicamente impossibile nell’im-mediato. E così gli strozzini si «ac-contentano» di una garanzia. Salatis-sima: l’imprenditore deve cedere lequote personali della sua azienda,«un patrimonio». In due giorni, dalnotaio si firma la cessione. Il dado ètratto, lo strozzino passa il Rubiconeper diventare spietato criminale.

L’azienda di famiglia diventa azien-da della camorra. «La mattina dopola transazione dal notaio, mi reco nel-lo stabilimento e ritrovo l’usuraio nelmio ufficio. Siede alla mia poltrona edà disposizioni allo staff sul da farsi.Mi caccia via. In pochi minuti finiscofuori al cancello della mia stessa im-presa con tutta la disperazione che sipuò immaginare». Arturo rimane sen-za soldi e senza lavoro. In più «con-tro ogni logica, i 350 milioni li voleva-no lo stesso. Minacciavano: se nonpaghi ti spariamo». Vende tutto quel-lo che può. Macchina, casa al mare, imobili, la vespa. Riesce a coprire lacifra «ma non avevo più nulla, a par-te mia moglie e i miei due figli».

3) Nei tre anni che seguono Artu-ro sopravvive. Fa lo scaricatore, poil’autista per un milione al mese pres-so la ditta di un amico, «l’unico chemi tese una mano». Viene poi assun-

to in una impresa di impianti elettriciindustriali. Nel 1997 riprende il so-pravvento lo spirito dell’imprendito-re. Nel settore in cui è specializzato,mette in piedi una piccola aziendacon tre persone. L’ingranaggio lenta-mente riparte. Gira bene. Fino a bloc-carsi nel settembre 2002.

4) Si ripresenta l’usuraio. Questavolta rivuole indietro, subito, i due-cento milioni dati nell’86. Eppure Ar-turo quel denaro «vendendo tutto»l’aveva abbondantemente restituito.«E ho subito pure — scherza — il rin-caro del passaggio lira-euro». Unabarca di soldi per gli attuali bilanci,molto contenuti, della nuova impre-sa, «mica come prima che andavo ingiro con l’autista». Ci si accorda perrateizzare con tranche di 25mila eu-ro, più gli interessi sulla dilazione.Fanno 270 milioni di vecchie lire, ci-fra irraggiungibile. Ci vuole un aiu-

to. Disperato e sotto minaccia di mor-te, l’imprenditore napoletano parlacon un nuovo cravattaro. «Forse —ricordo ddi aver pensato in uel mo-mento — non è spietato come l’al-tro». Interessi al 5%. Come tampona-re? Prendendo altro denaro a stroz-zo. Poi altro ancora. Altra camorra.Un effetto domino pazzesco. «Avevodebiti con otto usurai contemporane-amente. Ognuno di loro era di un di-verso quartiere della città».

5) «Facevo le corse. La mia unicapreoccupazione era come e dove tro-vare i soldi. Un vortice di denaro dasmistare. «Mi svegliava, ogni matti-na alle otto, il direttore della banca:"sono arrivati 8000 euro…15000 eu-ro…"». Soltanto dal venerdì alla do-menica, a sportelli chiusi, c’era un at-timo di tregua. Il riposo del correnti-sta. «Non vivevo più. Niente piùazienda, rapporti quasi azzerati in fa-miglia». Un mondo alla rovescia, pertre anni.

6)Il coraggio, secondo letteratura,«uno non se lo può dare» e allora, spin-to da amici, si rivolge allo SportelloPrevenzione Usura dell’area flegrea.Nell’aprile 2005, Arturo prende una de-cisione importante: «denuncio tutti,non se ne deve salvare nemmeno uno».L’azione sortisce effetti fulminei. Sisuccedono una serie di arresti, alcuniimmediati. Qualche strozzino è ancorain circolazione perchè le indagini sonotuttora in corso. Da un anno esatto l’im-prenditore respira, sta recuperando ter-reno. Dal punto di vista lavorativo ementale. Certo, «convivo con la pauradi subire una ritorsione. Non è sempli-ce». Oggi riconosce di essere stato de-bole. Vorrebbe cambiare aria, cancella-re tutto con un colpo di spugna. E allon-tanarsi da Napoli : «Difficile. Ci voglio-no troppi soldi». Chi me li da?

(a. ch.)

DI ALESSANDRO CHETTA

IL MECCANISMOLa camorra primaconcede denaro

«a prestito» e poi estorcel’azienda all’usurato

LA STORIA

denaro «a prestito»FOCUS

«Una vita d’inferno, pagavo interessi a otto diversi strozzini»

N U M E R I E I N D I R I Z Z I

Padre Rastrelli: «Ci chiedono aiuto oltre cento persone al mese»

U FONDAZIONE GIUSEPPE MOSCATIFondata da Padre Rastrelli.Napoli - Via San Sebastiano 48Tel 081.4421535 (martedì)Salerno - Via R. Guarna, Palazzo VitalianoTel 089254190Orario: mercoledì e venerdì, dalle 16 alle 21.30U ALILACCO - CASA DELLA SOLIDARIETA’Torre Annunziata-Piazza E. Cesaro, 70Tel/fax 0818624111- Numero verde 800406600U ASSOCIAZIONE «OCCHI SUL MONDO»Via G. Leopardi, 130, FuorigrottaResponsabile: Domenica CentolaTel 081/5935253Orario:lunedì / venerdì ore 10 - 13

(il pomeriggio su appuntamento)[email protected] ASSOCIAZIONE «FIGLI IN FAMIGLIA»Via F. Imparato, 130, San Giovanni a TeduccioResponsabile: Carmela MancoTel 081/5597498 - 081/5593124 Fax: 081/7527359Orario:lunedì / venerdì ore 10 - 13(il pomeriggio su appuntamento)www.figliinfamiglia.comU COORDINAMENTO NAPOLETANOASSOCIAZIONI ANTIRACKETResponsabile: Luigi CuomoTel 3391391129Orario:lunedì / venerdì ore 10 - [email protected]

A chi rivolgersi in Campania

14 CORRIERE DEL M EZZOGIORNO U GIOVEDÌ 27 A PRILE 2006NA

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