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nella dimensione dell’anima ......sua donna, ora solo una traditrice”. Ecco, invece, chi viaggia...

Date post: 06-Oct-2020
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Charles Dickens e il messaggio di ‘Mugby Junction’ Se la vita non si può godere attraverso le capacità fisiche o nella sua concretezza, all’uomo rimane comunque un’ enorme risorsa: la possibilità di gioire nella dimensione dell’anima. Charles Dickens compose Mugby Junction nel 1866 a seguito del disastro ferroviario, che lo vide in prima persona coinvolto a recare i primi soccorsi ai feriti. Molti di costoro rimasero gravemente feriti, alcuni fisicamente menomati o gravemente ingiuriati. I pro- tagonisti dei quattro racconti che compongono l’opera lavorano e vivono nei pressi di Mugby Junction, una stazione che l’autore immagina essere un importante scalo ferrovia- rio. Quanto all’ambientazione, quindi, tale opera si ricollega direttamente ad una precisa esperienza di vita. Quale sia il messaggio del testo e in che rapporto esso possa configu- rarsi nel progetto anoressie-bulimie, sono domande che meritano una precisazione. Tutti i personaggi lanciano al lettore il medesimo suggerimento: se la vita non si può godere attraverso le capacità fisiche o nella sua concretezza – cioè, ad esempio, non ci si può divertire viaggiando, non si è liberi di fare ciò che più piace, ci si sente insoddisfatti delle scelte compiute – all’uomo rimane comunque un’enorme risorsa: la possibilità di gioire nella dimensione dell’anima. Questo significa anche aiutare i bisognosi o chi è in difficoltà e rallegrarsi se si riesce a portare in queste persone qualche sollievo. Anzi la gioia che nasce dalle buone azioni, secondo Dickens è la più percepibile perché immediata. Chi non può realizzarsi sul piano puramente fisico, perché ad esempio è paralizzato, non deve dimenticare di poter sognare o viaggiare con la fantasia. ‘Mugby Junction’, però, non è solo questo: il testo mette in scena personaggi capaci di perdonare, desiderosi di ricominciare e che si sentono per la prima volta realizzati laddove riescono ad interagire con gli altri, realizzando insieme a loro dei progetti. ‘Mugby Junc- tion’ rappresenta anche la capacità di vedere i difetti negli altri perché si scorgono anche in se stessi. In relazione al progetto anoressie-bulimie, questo testo ha avuto per la nostra classe un’importante funzione: ricordarci che non esistono solo lo specchio, l’apparenza, la fisicità e le preoccupazioni conseguenti, ma anche i rapporti umani. Rapporti basati sul dialogo, lo scambio, le emozioni che nascono per il desiderio di vedere e capire gli altri ma anche di aprirsi, confessarsi, raccontarsi per trovare vicendevolmente tutte le gioie possibili che la vita ci offre, gioie che non sono sempre così evidenti e disponibili, ma, proprio per questo, sono le più profonde. Il lavoro svolto in classe ha avuto per obiettivo quello di far riflettere i ragazzi su tematiche o problematiche, frequentemente trascurate perché trovano una giustificazione attraverso luoghi comuni: valga da esempio l’atteggiamento di chi di fronte a una persona taciturna non tenta di instaurare un dialogo perché non si sofferma neppure un attimo per pensare quale possa esserne il motivo. Mugby Junction non è un testo di immediata comprensio- ne in quanto se non ci si interroga sul perché o sul significato di un determinato gesto o comportamento il racconto non comunica nulla, essendo esso meramente descrittivo. Di fronte ai passi più significativi, gli alunni sono stati invitati a scrivere di getto la loro im- pressione e ad analizzare i comportamenti di alcuni personaggi in una determinata situa- zione, esprimendo sempre un giudizio personale. Viene di seguito fornita la conclusione di tale lavoro, rispettando la scelta di anonimato fatta dai giovani critici. A Mugby Junction, una desolata e sconfortante stazione di scalo, scende dal treno un uomo, di circa cinquant’anni, dai capelli grigi, dall’aria pensierosa. Il suo stesso modo di muoversi ricorda la solitudine. Senza una destinazione, sta camminando avanti e indietro sulla banchina del binario quando gli si affianca, silenzioso e immerso nell’oscurità, il treno, con a bordo il suo passato: un bambino senza genitori, un giovane “che continuava a portarsi dentro l’amarezza di essere figlio d’ignoti”, un uomo “sacrificato a una sorte avversa e deprimente”, un amico ingrato “che si portava dietro una donna, un tempo la sua donna, ora solo una traditrice”. Ecco, invece, chi viaggia sui treni del passato di alcuni ragazzi della IV liceo: “Lì, su quel treno, viaggiava una bimba in braccio alla nonna insieme a una bambina con addosso un grembiulino rosa e con le lacrime agli occhi perché non voleva andare al primo giorno di scuola. Veniva poi una ragazzina girata a spiare il ragazzino che le piaceva nel banco dietro al suo. Dietro a tutte, una adolescente in totale confusione nel dover entrare a scuola il primo giorno di superiori non sapendo cosa le sarebbe accaduto e intenta a analizzare quella ragazza accanto a lei che poi sarebbe diventata colei che l’avrebbe capita più di chiunque altro”. “ Lì su quel treno viaggiava una bambina sui pattini, con un grande sorriso; e insieme a lei viaggiava un’altra bambina con aria da maschiaccio su una bicicletta da corsa, affiancata da un gruppo di bambini. Poi una ragazza persa nei pensieri tristi del suo sogno perduto, con attorno ragazze, un tempo amiche. Veniva per ultima una ragazza sciupata e stanca, piena dei rancori e delle amarezze che le persone più importanti le avevano fatto provare. Dove è finito il suo sorriso?”. “Lì su quel treno viaggiava un bambino dall’aria intelligente con sua madre, suo padre e sua sorella; e insieme a lui viaggiava un giovane felice e spensierato, che non aveva tagliato il prato, con l’affetto di una famiglia calorosa”. “Lì su quel treno viaggiava una bambina per mano ai suoi genitori e un sorriso sulle labbra, e insieme con lei viaggiava un’altra bambina, poco più grande, seduta sulle ginocchia del- la madre, con aria triste e preoccupata, un po’ rassicurata solo dalla presenza della figura materna, e infine, una ragazza circondata da amiche con le quali sorrideva allegramente, con il viso marcato dalla voglia di vivere e di dimenticare la solitudine passata”. “Lì su quel treno viaggiava una bambina che da poco aveva respirato l’aria del mondo e già era gioiosa di vivere, spargendo sorrisi da tutte le parti; lì viaggiava una scolaretta che teneva per mano un’altra bimba, una bimba che si era trovata da poco in una casa nuova. Insieme giocavano tra i sedili in fondo al vagone; lì, si scorgeva anche una ragazza nel pieno dei suoi travagli di amori e di amicizie, contesa tra sentimenti divergenti e che cercava un po’ di pace tra i fogli del suo diario.” Assorto nei suoi pensieri, il passeggero solitario viene poi affiancato da un facchino, Lam- ps. Persona semplice e gentile, Lamps invita il visitatore ad aspettare l’arrivo del prossimo treno nel suo ufficio. Era questo costituito da una stanzetta piuttosto maltenuta con al centro un tavolino su cui erano sparse le poesie composte dall’uomo per la figlia invalida, Phoebe. Il viaggiatore, chiamato convenzionalmente Barbox, dal nome dell’etichetta delle sue vali- gie – in realtà il suo nome è Jackson – decide di fermarsi a Mugby Junction, alloggiando presso l’unico albergo della zona. In camera, ripercorrere il suo passato e rivede la sua vita all’orfanotrofio, relativamente alla scelta fatta riguardo al suo nome e alla data di nascita, all’insegnamento del catechismo, alle speranze prospettategli dai suoi professori. L’ultimo riferimento è al datore di lavoro, considerato come un padre. Riportiamo una parte del brano per dare un’idea al lettore di quanto indiretti siano i riferi- menti di Dickens, essendo, come si è detto, il testo puramente descrittivo. “Ti ricordi di me, Piccolo Jackson?” - “Come posso non ricordarmi di te? La mia prima im- magine sei tu. Fosti tu a dirmi ‘il tuo nome è Jackson’. Tu a dirmi che il 20 dicembre di ogni anno ricorreva quel giorno di penitenza che gli altri chiamano ‘compleanno’. Delle due informazioni, la seconda era probabilmente più vera della prima”.[…] “E di me ti ricor- di, Piccolo Jackson?” chiese una voce stri- dula. - “Fin troppo bene. Facesti un giorno la tua fugace comparsa annunciando che la mia vita non sarebbe più stata uguale. Fosti tu a procurarmi quell’odioso lavoro nella galera degli ‘Eredi Barbox […]. Fosti tu a ordinare il mio compito, a stabilire il compenso […]. Altro non so; né son molto più di me stesso”. In classe abbiamo riflettuto sul significa- to di questo brano. Questo il commento di uno dei ragazzi: “ Barbox rivede la sua vita e si accorge che durante questa non ha mai preso delle decisioni libere ma è sem- pre stato indirizzato da altri su cosa fare e sulle scelte da prendere”. Un giorno, nel corso di una passeggiata, Barbox conosce accidentalmente Phoebe, la figlia di Lamps, giungendo proprio a casa sua. La ragazza è abituata a tenere costan- temente il viso appoggiato alla finestra, per sognare i luoghi che non potrà mai visitare scorgendo e seguendo con gli occhi i fumi delle locomotive. Il binario attraverso il quale Brabox giun- gerà ad una meta viene scelto insieme alla ragazza perché, dopo aver constato che per tutti la vita riserva delle amare sorpre- se – la stessa Phoebe è invalida perché caduta molto piccola dalle braccia della madre epilettica – egli si rende conto che se vuole essere utile a se stesso e agli altri, se vuole essere felice, deve far coincidere i suoi interessi con quelli della comunità cui appartiene. Di fronte a questa parte del racconto è sor- to spontaneo il pensiero secondo il quale non sempre c’è bisogno di un dottore per curare l’anima: “ I dottori e le medicine sono utilissimi per curare le ferite ester- ne di un uomo; le ferite dell’anima, quelle psicologiche, possono essere curate solo da noi, con la forza dell’anima interiore. Ognuno ha dei momenti brutti nella vita ma bisogna avere la forza di rialzarsi e combat- tere. La migliore medicina è l’aiuto sponta- neo e sincero di un amico o di una persona a cui teniamo molto, che con la sua sola presenza può essere la migliore medicina del mondo.” Dunque, il legame tra Phoebe e Barbox diventa tanto profondo che insieme deci- dono quale binario debba essere indagato: il settimo, quello alla fine del quale Barbox aveva trovato il piccolo strumento da re- galare alla ragazza. Durante il viaggio, il viaggiatore per Nessun Luogo continua intensamente a pensare alla ragazza, che gli aveva fatto capire le potenzialità del- la bontà e generosità, capaci di guarire quanto un dottore. Una sensazione nuova lo invade, quella sensazione che pervade chi si stacca dalla persona amata. Dopo una breve sosta in un albergo, Barbox opta per una breve passeggiata: mentre guarda le persone attorno a lui, intuisce che ogni uomo è parte di un tutto più grande, di cui egli si può sentire una parte. Passano le ore, e, all’improvviso, una manina si infila nella sua e una vocina gli ripete di essersi persa. Polly, così si chiama la bambina, è in realtà la figlia della precedente compagna di Barbox, Beatrice, scappata con il miglio- re amico di lui. La donna adesso verte in gravi condizioni economiche e, per chiede- re aiuto, ha fatto in modo che la figlia avvi- cinasse proprio Barbox. Beatrice racconta la sua triste storia, la sua convinzione di essere oppressa da una maledizione per il male che lei e l’attuale marito hanno fatto a Barbox. Egli li perdona e chiede di poter tenere ancora un giorno Polly con sé, per regalarle un pomeriggio pieno di regali e sorprese. Il comportamento di Barbox è prova di grande generosità. Indirettamente Dickens sembra voler far riflettere il lettore se sia un atteggiamento comune approfittarsi di una persona buona. Tale domanda è stata rivolta alle ragazze. Ecco alcune delle loro risposte: “ Secondo me è vero che ci si approfitta delle persone più buone, sempli- cemente perché si tende a dire: tanto è buono e non dice nulla”. “A volte può venire spontaneo approfittarsi di una persona molto buona, ma non cre- do si faccia con cattiveria, ma perché si sa che ci si può contare sempre, essendo guito viene riportata a campione la loro risposta unanime: “ Le direi di non farsi più sentire, e le direi che se l’è cercata. Anche se un po’ mi dispiacerebbe”. A Mugby Junction vive anche Ezechiele, l’addetto al reparto ‘Ristoro – viaggiatori. La sua dote è la capacità di ignorare le persone che chiedono un’ordinazione. Direttrice del Ristoro è una donna, chiamata solo La madama. La donna è entrata a far parte della storia di Mugby il giorno in cui essa ha aggredito verbalmente un viaggiatore, che, dopo essere stato ignorato per troppo tempo, decise di servirsi da solo. Presso lo stesso reparto lavora anche il signor Sniff, con il compito di preparare panini e cavare i tappi dalle bottiglie. Sua peculiarità è l’atteggiamentto sempre servizievole verso i clienti, considerato eccessivo e sconsiderato dalla Madama. Questa, desiderando allargare i suoi orizzonti di lavoro, decide di recarsi in Francia per farsi un’idea della ristorazione locale. Al ritorno, la donna racconta ciò che i suoi occhi sono stati costretti a sopportare: cibi e bevande serviti con cura e precisione, personale sempre gentile verso i viagggiatori, qualità eccellente delle pietanze. Come hanno reagito i ragazzi di fronte a un simile scenario? “ Viaggiando abbastanza, mi è capitato spesso di essere ignorata in un ristoro viaggiatori o di mangiare male. Nel primo caso, reagisco facendomi notare in tutti i modi; solo una volta mi è capitato di reagire male e dire agli interessati che avrebbero fatto meglio a cambiare lavoro. Nel caso il pasto sia cattivo, non mangio e resto indifferente: in fondo non è colpa loro se quello che servono è di qualità scadente.” “ Se all’estero venissi aggredita verbalmente in un locale, potrei avere due reazioni dif- ferenti. Molto probabilmente se non fossi da sola, ma con qualche amica, mi divertirei a prendere in giro chi mi ha offesa e prima di uscire anche io direi: ‘a mai più arrivederci’. Se invece mi accadesse da sola e se l’offesa non fosse troppo pesante, sicuramente reagirei offendendo chi mi ha trattato male o comunque potrei diventare anche molto aggressiva”. “ In questo racconto, vengono messi a confronto due tipologie di servizio ristorazione: quella francese, precisa e puntuale, gradita alle persone che intraprendono viaggi in treno, e quella di Mugby, dove accade l’opposto: il personale di servizio ritiene indegno quello che devono fare di professione. A mio parere l’episodio rappresenta due possibilità che ci si offrono oggi, specialmente nell’ambito lavorativo: da una parte persone che sono contente di ciò che fanno e del ruolo che ricoprono; dall’altra, persone insoddisfatte, che per ripicca si relazionano male con gli altri”. “Ho trovato questo raccontino di una comicità unica. Non mi sono mai ritrovata a ridere tanto leggendo un libro. Tutto quello che è descritto accade oggi realmente ed è proprio questo che mi diverte, perché penso anche a cosa farei io, se mi trovassi in mezzo a simili personaggi.” Protagonista dell’ultimo dei racconti che compongono Mugby Junction, è un personag- gio molto particolare, il segnalatore: dalla carnagione olivastra, la barba scura e le soprac- ciglia singolarmente folte, è un uomo anche introverso, condizionato dal suo lavoro, che non richiede molte parole. A questo punto ci si può chiedere quanto un’attività possa influenzare o imprimere un ritmo alla vita di ciascuno di noi:“Non è tanto il lavoro in sé che condiziona la vita, ma la vocazione che si ha e che porta a fare un certo lavoro. A questo proposito mi vengono in mente i business-man, uomini appassionati di economia che seguono sempre gli anda- menti della borsa; gli scienziati, che guardano ogni cosa sotto il profilo scientifico per il loro amore verso la scienza. Poi penso a me stessa: il mio senso di giustizia, l’orrore per i crimini, la passione per la legge in sé, hanno fatto nascere il sogno di diventare giudice e, allo stesso tempo, mi portano a valutare ogni cosa con la maggiore equità possibile”. “La routine del lavoro può dar forma alla vita, perché ripetere ogni giorno gli stessi movi- menti sicuramente modifica la vita dell’uomo, influenzandone anche le abitudini e i com- portamenti”. “Il segnalatore a mio avviso viene descritto come un uomo particolarmente marcato dai segni della solitudine probabilmente per sottolineare come un lavoro possa cambiare il modo di vivere ma anche il modo di apparire di una persona. Oggi le possibilità di lavoro sono aumentate, insieme anche alla possibilità di studio, quindi reputo più giusto e ade- guato far sì che sia la vita e la personalità di una persona a dare vita al lavoro”. “ Il segnalatore è costretto a lavorare in un casello isolato e lontano dalla luce del sole. Non ha molte occasioni per comunicare e le azioni che deve compiere sono poche e ripetitive. Ciò ha influenzato il suo stile di vita, che gli ha reso superfluo essere socievole. Si è adattato alla routine del suo lavoro, lasciando così che questo plasmasse la sua vita. Ciò non è assolutamente sensato perché ognuno di noi dovrebbe gestire la vita autono- mamente e improntarla allo stile che più è consono al suo animo. Il lavoro non deve con- dizionare la vita perché, altrimenti, altre componenti molto importanti come la famiglia, i rapporti con gli amici e, in generale, con gli altri, sarebbero trascurati”. Ciascun alunno si è confrontato prima con se stesso e il testo di Dickens, poi con il resto della classe. Bibliografia: C. Dickens, Mugby Junction, a c. di R. Bonadei, Pordenone 1991 - C. Dickens, Mugby Junction, London 2005 Prof.ssa Alessandra Tugnoli e ragazzi della IV Liceo charles dickens questa persona molto disponibile. A me è capitato di contare di più o approfittarmi di un ragazzo molto buono, perché comunque mi faceva qualsiasi favore e mi assecon- dava in tutto, anche se magari ora non lo considero più.” “Personalmente mi considero la croceros- sina di tutti (e tutti me lo dicono) e non tendo ad approfittarmi delle persone buo- ne. Molti lo fanno. E’ spiacevole essere sempre disponibili e poi non ricevere nulla, quindi tendo a dare e a volere nella stessa misura. Molti vogliono e basta. E bisogne- rebbe riflettere di più su ciò che si fa, per- ché per una persona che è generalmente buona e non può fare a meno di esserlo, è davvero deludente sentire che gli altri si approfittano di lei. Ma pochi riflettono.” Ai ragazzi, invece, è stato chiesto se si sarebbero comportati come Barbox, per- donando l’ex compagna e il vecchio amico e offrendo loro un aiuto economico. Di se- 7 liceoscientificoelisabettarenzi scuolemaestrepie - preside sr stefania vitali_segreteria di presidenza marilina gaibani coordinamento materiale primaria/secondaria di primo grado: serena bedini_liceo scientifico renzi: fiorenza bedostri_grafica e composizione in ambiente adobe: romeo pauselli
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Page 1: nella dimensione dell’anima ......sua donna, ora solo una traditrice”. Ecco, invece, chi viaggia sui treni del passato di alcuni ragazzi della IV liceo: “Lì, su quel treno,

Charles Dickens e il messaggio di ‘Mugby Junction’

Se la vita non si può godere attraverso le capacità fisiche o nella sua concretezza, all’uomo rimane

comunque un’ enorme risorsa: la possibilità di gioire nella dimensione dell’anima.

Charles Dickens compose Mugby Junction nel 1866 a seguito del disastro ferroviario, che lo vide in prima persona coinvolto a recare i primi soccorsi ai feriti. Molti di costoro rimasero gravemente feriti, alcuni fisicamente menomati o gravemente ingiuriati. I pro-tagonisti dei quattro racconti che compongono l’opera lavorano e vivono nei pressi di Mugby Junction, una stazione che l’autore immagina essere un importante scalo ferrovia-rio. Quanto all’ambientazione, quindi, tale opera si ricollega direttamente ad una precisa esperienza di vita. Quale sia il messaggio del testo e in che rapporto esso possa configu-rarsi nel progetto anoressie-bulimie, sono domande che meritano una precisazione. Tutti i personaggi lanciano al lettore il medesimo suggerimento: se la vita non si può godere attraverso le capacità fisiche o nella sua concretezza – cioè, ad esempio, non ci si può divertire viaggiando, non si è liberi di fare ciò che più piace, ci si sente insoddisfatti delle scelte compiute – all’uomo rimane comunque un’enorme risorsa: la possibilità di gioire nella dimensione dell’anima. Questo significa anche aiutare i bisognosi o chi è in difficoltà e rallegrarsi se si riesce a portare in queste persone qualche sollievo. Anzi la gioia che nasce dalle buone azioni, secondo Dickens è la più percepibile perché immediata. Chi non può realizzarsi sul piano puramente fisico, perché ad esempio è paralizzato, non deve dimenticare di poter sognare o viaggiare con la fantasia. ‘Mugby Junction’, però, non è solo questo: il testo mette in scena personaggi capaci di perdonare, desiderosi di ricominciare e che si sentono per la prima volta realizzati laddove riescono ad interagire con gli altri, realizzando insieme a loro dei progetti. ‘Mugby Junc-tion’ rappresenta anche la capacità di vedere i difetti negli altri perché si scorgono anche in se stessi. In relazione al progetto anoressie-bulimie, questo testo ha avuto per la nostra classe un’importante funzione: ricordarci che non esistono solo lo specchio, l’apparenza, la fisicità e le preoccupazioni conseguenti, ma anche i rapporti umani. Rapporti basati sul dialogo, lo scambio, le emozioni che nascono per il desiderio di vedere e capire gli altri ma anche di aprirsi, confessarsi, raccontarsi per trovare vicendevolmente tutte le gioie possibili che la vita ci offre, gioie che non sono sempre così evidenti e disponibili, ma, proprio per questo, sono le più profonde.Il lavoro svolto in classe ha avuto per obiettivo quello di far riflettere i ragazzi su tematiche o problematiche, frequentemente trascurate perché trovano una giustificazione attraverso luoghi comuni: valga da esempio l’atteggiamento di chi di fronte a una persona taciturna non tenta di instaurare un dialogo perché non si sofferma neppure un attimo per pensare quale possa esserne il motivo. Mugby Junction non è un testo di immediata comprensio-ne in quanto se non ci si interroga sul perché o sul significato di un determinato gesto o comportamento il racconto non comunica nulla, essendo esso meramente descrittivo. Di fronte ai passi più significativi, gli alunni sono stati invitati a scrivere di getto la loro im-pressione e ad analizzare i comportamenti di alcuni personaggi in una determinata situa-zione, esprimendo sempre un giudizio personale. Viene di seguito fornita la conclusione di tale lavoro, rispettando la scelta di anonimato fatta dai giovani critici.A Mugby Junction, una desolata e sconfortante stazione di scalo, scende dal treno un uomo, di circa cinquant’anni, dai capelli grigi, dall’aria pensierosa. Il suo stesso modo di muoversi ricorda la solitudine. Senza una destinazione, sta camminando avanti e indietro sulla banchina del binario quando gli si affianca, silenzioso e immerso nell’oscurità, il treno, con a bordo il suo passato: un bambino senza genitori, un giovane “che continuava a portarsi dentro l’amarezza di essere figlio d’ignoti”, un uomo “sacrificato a una sorte avversa e deprimente”, un amico ingrato “che si portava dietro una donna, un tempo la sua donna, ora solo una traditrice”.Ecco, invece, chi viaggia sui treni del passato di alcuni ragazzi della IV liceo:“Lì, su quel treno, viaggiava una bimba in braccio alla nonna insieme a una bambina con addosso un grembiulino rosa e con le lacrime agli occhi perché non voleva andare al primo giorno di scuola. Veniva poi una ragazzina girata a spiare il ragazzino che le piaceva nel banco dietro al suo.Dietro a tutte, una adolescente in totale confusione nel dover entrare a scuola il primo giorno di superiori non sapendo cosa le sarebbe accaduto e intenta a analizzare quella ragazza accanto a lei che poi sarebbe diventata colei che l’avrebbe capita più di chiunque altro”.“ Lì su quel treno viaggiava una bambina sui pattini, con un grande sorriso; e insieme a lei viaggiava un’altra bambina con aria da maschiaccio su una bicicletta da corsa, affiancata da un gruppo di bambini. Poi una ragazza persa nei pensieri tristi del suo sogno perduto, con attorno ragazze, un tempo amiche. Veniva per ultima una ragazza sciupata e stanca, piena dei rancori e delle amarezze che le persone più importanti le avevano fatto provare. Dove è finito il suo sorriso?”.“Lì su quel treno viaggiava un bambino dall’aria intelligente con sua madre, suo padre e sua sorella; e insieme a lui viaggiava un giovane felice e spensierato, che non aveva tagliato il prato, con l’affetto di una famiglia calorosa”.“Lì su quel treno viaggiava una bambina per mano ai suoi genitori e un sorriso sulle labbra, e insieme con lei viaggiava un’altra bambina, poco più grande, seduta sulle ginocchia del-la madre, con aria triste e preoccupata, un po’ rassicurata solo dalla presenza della figura materna, e infine, una ragazza circondata da amiche con le quali sorrideva allegramente, con il viso marcato dalla voglia di vivere e di dimenticare la solitudine passata”.“Lì su quel treno viaggiava una bambina che da poco aveva respirato l’aria del mondo e già era gioiosa di vivere, spargendo sorrisi da tutte le parti; lì viaggiava una scolaretta che teneva per mano un’altra bimba, una bimba che si era trovata da poco in una casa nuova. Insieme giocavano tra i sedili in fondo al vagone; lì, si scorgeva anche una ragazza nel pieno dei suoi travagli di amori e di amicizie, contesa tra sentimenti divergenti e che cercava un po’ di pace tra i fogli del suo diario.”Assorto nei suoi pensieri, il passeggero solitario viene poi affiancato da un facchino, Lam-ps. Persona semplice e gentile, Lamps invita il visitatore ad aspettare l’arrivo del prossimo treno nel suo ufficio. Era questo costituito da una stanzetta piuttosto maltenuta con al centro un tavolino su cui erano sparse le poesie composte dall’uomo per la figlia invalida, Phoebe. Il viaggiatore, chiamato convenzionalmente Barbox, dal nome dell’etichetta delle sue vali-gie – in realtà il suo nome è Jackson – decide di fermarsi a Mugby Junction, alloggiando presso l’unico albergo della zona. In camera, ripercorrere il suo passato e rivede la sua vita all’orfanotrofio, relativamente alla scelta fatta riguardo al suo nome e alla data di nascita, all’insegnamento del catechismo, alle speranze prospettategli dai suoi professori. L’ultimo riferimento è al datore di lavoro, considerato come un padre.Riportiamo una parte del brano per dare un’idea al lettore di quanto indiretti siano i riferi-menti di Dickens, essendo, come si è detto, il testo puramente descrittivo. “Ti ricordi di me, Piccolo Jackson?” - “Come posso non ricordarmi di te? La mia prima im-magine sei tu. Fosti tu a dirmi ‘il tuo nome è Jackson’. Tu a dirmi che il 20 dicembre di ogni

anno ricorreva quel giorno di penitenza che gli altri chiamano ‘compleanno’. Delle due informazioni, la seconda era probabilmente più vera della prima”.[…] “E di me ti ricor-di, Piccolo Jackson?” chiese una voce stri-dula. - “Fin troppo bene. Facesti un giorno la tua fugace comparsa annunciando che la mia vita non sarebbe più stata uguale. Fosti tu a procurarmi quell’odioso lavoro nella galera degli ‘Eredi Barbox […]. Fosti tu a ordinare il mio compito, a stabilire il compenso […]. Altro non so; né son molto più di me stesso”. In classe abbiamo riflettuto sul significa-to di questo brano. Questo il commento di uno dei ragazzi: “ Barbox rivede la sua vita e si accorge che durante questa non ha mai preso delle decisioni libere ma è sem-pre stato indirizzato da altri su cosa fare e sulle scelte da prendere”.Un giorno, nel corso di una passeggiata, Barbox conosce accidentalmente Phoebe, la figlia di Lamps, giungendo proprio a casa sua. La ragazza è abituata a tenere costan-temente il viso appoggiato alla finestra, per sognare i luoghi che non potrà mai visitare scorgendo e seguendo con gli occhi i fumi delle locomotive.Il binario attraverso il quale Brabox giun-gerà ad una meta viene scelto insieme alla ragazza perché, dopo aver constato che per tutti la vita riserva delle amare sorpre-se – la stessa Phoebe è invalida perché caduta molto piccola dalle braccia della madre epilettica – egli si rende conto che se vuole essere utile a se stesso e agli altri, se vuole essere felice, deve far coincidere i suoi interessi con quelli della comunità cui appartiene.

Di fronte a questa parte del racconto è sor-to spontaneo il pensiero secondo il quale non sempre c’è bisogno di un dottore per curare l’anima: “ I dottori e le medicine sono utilissimi per curare le ferite ester-ne di un uomo; le ferite dell’anima, quelle psicologiche, possono essere curate solo da noi, con la forza dell’anima interiore. Ognuno ha dei momenti brutti nella vita ma bisogna avere la forza di rialzarsi e combat-tere. La migliore medicina è l’aiuto sponta-neo e sincero di un amico o di una persona a cui teniamo molto, che con la sua sola presenza può essere la migliore medicina del mondo.”Dunque, il legame tra Phoebe e Barbox diventa tanto profondo che insieme deci-dono quale binario debba essere indagato: il settimo, quello alla fine del quale Barbox aveva trovato il piccolo strumento da re-galare alla ragazza. Durante il viaggio, il viaggiatore per Nessun Luogo continua intensamente a pensare alla ragazza, che gli aveva fatto capire le potenzialità del-la bontà e generosità, capaci di guarire quanto un dottore. Una sensazione nuova lo invade, quella sensazione che pervade chi si stacca dalla persona amata. Dopo una breve sosta in un albergo, Barbox opta per una breve passeggiata: mentre guarda le persone attorno a lui, intuisce che ogni uomo è parte di un tutto più grande, di cui egli si può sentire una parte. Passano le ore, e, all’improvviso, una manina si infila nella sua e una vocina gli ripete di essersi persa. Polly, così si chiama la bambina, è in realtà la figlia della precedente compagna di Barbox, Beatrice, scappata con il miglio-re amico di lui. La donna adesso verte in gravi condizioni economiche e, per chiede-re aiuto, ha fatto in modo che la figlia avvi-cinasse proprio Barbox. Beatrice racconta la sua triste storia, la sua convinzione di essere oppressa da una maledizione per il male che lei e l’attuale marito hanno fatto a Barbox. Egli li perdona e chiede di poter tenere ancora un giorno Polly con sé, per regalarle un pomeriggio pieno di regali e sorprese.Il comportamento di Barbox è prova di grande generosità. Indirettamente Dickens sembra voler far riflettere il lettore se sia un atteggiamento comune approfittarsi di una persona buona. Tale domanda è stata rivolta alle ragazze. Ecco alcune delle loro risposte: “ Secondo me è vero che ci si approfitta delle persone più buone, sempli-cemente perché si tende a dire: tanto è buono e non dice nulla”.“A volte può venire spontaneo approfittarsi di una persona molto buona, ma non cre-do si faccia con cattiveria, ma perché si sa che ci si può contare sempre, essendo

guito viene riportata a campione la loro risposta unanime: “ Le direi di non farsi più sentire, e le direi che se l’è cercata. Anche se un po’ mi dispiacerebbe”.A Mugby Junction vive anche Ezechiele, l’addetto al reparto ‘Ristoro – viaggiatori. La sua dote è la capacità di ignorare le persone che chiedono un’ordinazione. Direttrice del Ristoro è una donna, chiamata solo La madama. La donna è entrata a far parte della storia di Mugby il giorno in cui essa ha aggredito verbalmente un viaggiatore, che, dopo essere stato ignorato per troppo tempo, decise di servirsi da solo. Presso lo stesso reparto lavora anche il signor Sniff, con il compito di preparare panini e cavare i tappi dalle bottiglie. Sua peculiarità è l’atteggiamentto sempre servizievole verso i clienti, considerato eccessivo e sconsiderato dalla Madama. Questa, desiderando allargare i suoi orizzonti di lavoro, decide di recarsi in Francia per farsi un’idea della ristorazione locale. Al ritorno, la donna racconta ciò che i suoi occhi sono stati costretti a sopportare: cibi e bevande serviti con cura e precisione, personale sempre gentile verso i viagggiatori, qualità eccellente delle pietanze. Come hanno reagito i ragazzi di fronte a un simile scenario?“ Viaggiando abbastanza, mi è capitato spesso di essere ignorata in un ristoro viaggiatori o di mangiare male. Nel primo caso, reagisco facendomi notare in tutti i modi; solo una volta mi è capitato di reagire male e dire agli interessati che avrebbero fatto meglio a cambiare lavoro. Nel caso il pasto sia cattivo, non mangio e resto indifferente: in fondo non è colpa loro se quello che servono è di qualità scadente.”“ Se all’estero venissi aggredita verbalmente in un locale, potrei avere due reazioni dif-ferenti. Molto probabilmente se non fossi da sola, ma con qualche amica, mi divertirei a prendere in giro chi mi ha offesa e prima di uscire anche io direi: ‘a mai più arrivederci’. Se invece mi accadesse da sola e se l’offesa non fosse troppo pesante, sicuramente reagirei offendendo chi mi ha trattato male o comunque potrei diventare anche molto aggressiva”.“ In questo racconto, vengono messi a confronto due tipologie di servizio ristorazione: quella francese, precisa e puntuale, gradita alle persone che intraprendono viaggi in treno, e quella di Mugby, dove accade l’opposto: il personale di servizio ritiene indegno quello che devono fare di professione. A mio parere l’episodio rappresenta due possibilità che ci si offrono oggi, specialmente nell’ambito lavorativo: da una parte persone che sono contente di ciò che fanno e del ruolo che ricoprono; dall’altra, persone insoddisfatte, che per ripicca si relazionano male con gli altri”.

“Ho trovato questo raccontino di una comicità unica. Non mi sono mai ritrovata a ridere tanto leggendo un libro. Tutto quello che è descritto accade oggi realmente ed è proprio questo che mi diverte, perché penso anche a cosa farei io, se mi trovassi in mezzo a simili personaggi.”Protagonista dell’ultimo dei racconti che compongono Mugby Junction, è un personag-gio molto particolare, il segnalatore: dalla carnagione olivastra, la barba scura e le soprac-ciglia singolarmente folte, è un uomo anche introverso, condizionato dal suo lavoro, che non richiede molte parole.A questo punto ci si può chiedere quanto un’attività possa influenzare o imprimere un ritmo alla vita di ciascuno di noi:“Non è tanto il lavoro in sé che condiziona la vita, ma la vocazione che si ha e che porta a fare un certo lavoro. A questo proposito mi vengono in mente i business-man, uomini appassionati di economia che seguono sempre gli anda-menti della borsa; gli scienziati, che guardano ogni cosa sotto il profilo scientifico per il loro amore verso la scienza. Poi penso a me stessa: il mio senso di giustizia, l’orrore per i crimini, la passione per la legge in sé, hanno fatto nascere il sogno di diventare giudice e, allo stesso tempo, mi portano a valutare ogni cosa con la maggiore equità possibile”.“La routine del lavoro può dar forma alla vita, perché ripetere ogni giorno gli stessi movi-menti sicuramente modifica la vita dell’uomo, influenzandone anche le abitudini e i com-portamenti”.“Il segnalatore a mio avviso viene descritto come un uomo particolarmente marcato dai segni della solitudine probabilmente per sottolineare come un lavoro possa cambiare il modo di vivere ma anche il modo di apparire di una persona. Oggi le possibilità di lavoro sono aumentate, insieme anche alla possibilità di studio, quindi reputo più giusto e ade-guato far sì che sia la vita e la personalità di una persona a dare vita al lavoro”.“ Il segnalatore è costretto a lavorare in un casello isolato e lontano dalla luce del sole. Non ha molte occasioni per comunicare e le azioni che deve compiere sono poche e ripetitive. Ciò ha influenzato il suo stile di vita, che gli ha reso superfluo essere socievole. Si è adattato alla routine del suo lavoro, lasciando così che questo plasmasse la sua vita. Ciò non è assolutamente sensato perché ognuno di noi dovrebbe gestire la vita autono-mamente e improntarla allo stile che più è consono al suo animo. Il lavoro non deve con-dizionare la vita perché, altrimenti, altre componenti molto importanti come la famiglia, i rapporti con gli amici e, in generale, con gli altri, sarebbero trascurati”.Ciascun alunno si è confrontato prima con se stesso e il testo di Dickens, poi con il resto della classe.

Bibliografia: C. Dickens, Mugby Junction, a c. di R. Bonadei, Pordenone 1991 - C. Dickens, Mugby Junction, London 2005

Prof.ssa Alessandra Tugnoli e ragazzi della IV Liceo

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questa persona molto disponibile. A me è capitato di contare di più o approfittarmi di un ragazzo molto buono, perché comunque mi faceva qualsiasi favore e mi assecon-dava in tutto, anche se magari ora non lo considero più.”“Personalmente mi considero la croceros-sina di tutti (e tutti me lo dicono) e non tendo ad approfittarmi delle persone buo-ne. Molti lo fanno. E’ spiacevole essere sempre disponibili e poi non ricevere nulla, quindi tendo a dare e a volere nella stessa misura. Molti vogliono e basta. E bisogne-rebbe riflettere di più su ciò che si fa, per-ché per una persona che è generalmente buona e non può fare a meno di esserlo, è davvero deludente sentire che gli altri si approfittano di lei. Ma pochi riflettono.”Ai ragazzi, invece, è stato chiesto se si sarebbero comportati come Barbox, per-donando l’ex compagna e il vecchio amico e offrendo loro un aiuto economico. Di se-

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