NEO_paganinirockstar_presentazione.cdrPAGANINI ROCKSTAR LA
MOSTRA
Si tratta del laboratorio di un liutaio, dove è possibile scoprire
le caratteristiche dei diversi strumenti musicali presenti in
mostra: il violino, la chitarra acustica e la chitarra elettrica. I
ragazzi delle scuole potranno, in apposite postazioni, provare a
suonare gli strumenti e, tramite l'utilizzo di software
multimediali, sperimentare ed analizzare i suoni e la musica.
Il percorso della mostra è fondamentalmente tematico e suddiviso in
7 sezioni, dal talento al virtuosismo, dall'innovazione
all'espressività, dal mito all'aspetto personale e intimo, no al
confronto con il contemporaneo senza tralasciare le elaborazioni
della sua musica nel XX secolo.
LA COSTRUZIONE DEL PERSONAGGIO (sala 2a e 2b)
Il mondo della musica e del teatro viene rievocato da elementi
scenici dell'allestimento che servono ad esporre in maniera non
tradizionale, oggetti e documenti. Alcuni ight case (contenitori
utilizzati per il trasporto degli strumenti utilizzati nei
concerti) divengono vere e proprie vetrine, grandi quinte teatrali
riproducono scenari evocativi dell'epoca ottocentesca, e superci
composite di grandi dimensioni diventano pareti narrative che
attraverso l'accostamento di immagini, citazioni e testi,
approfondiscono la vita di Paganini e le tematiche delle singole
sale, costruendo connessioni tra diverse epoche e discipline, ad
esempio, le analogie tra virtuosismo musicale e sportivo,
l'improvvisazione in Paganini come nel jazz.
Questa è una sala immersiva, in cui le parole dei fans e della
critica internazionale testimoniano l'esplodere del mito al suo
apice.
LA MOSTRA
Per raccontare il personaggio Paganini si entra nella sua storia,
attraverso forti elementi scenici, grandi fondali, quinte teatrali,
l'esposizione di oggetti fortemente rappresentativi come la
chitarra, spartiti autogra, la famosa agenda rossa, proveniente
dalla Biblioteca del Congresso di Washington, il libro mastro dei
suoi conti ecc., che attraverso una messa in scena teatrale,
propongono al visitatore una tta serie di rimandi evocativi,
rafforzati dall'ascolto della musica e dalle proiezioni
visive.
IL TALENTO (sala 1) Questa prima sala mette in scena la musica di
Paganini e la sua straordinaria capacità di esecuzione attraverso
il confronto con la riproduzione di parole che scorrono e si
susseguono allo stesso ritmo, serratissimo, della musica. La
difcoltà di lettura mette lo spettatore in condizioni di cogliere
immediatamente le caratteristiche di velocità del brano ascoltato.
Come testimone musicale è stato scelto, per questa prima sala
Salvatore Accardo.
La sezione è divisa in due ambienti. Il primo riproduce un loggione
di teatro, dove il pubblico si dispone per vedere l'intervento
video di Morgan, che parla del rapporto tra fama e immagine dal suo
punto di vista. Il secondo ambiente è dedicato al tour italiano di
Paganini e attraverso le voci del suo pubblico, recitate da attori
e accompagnate da suggestive immagini, viene consacrato vera e
propria star.
VITA D’ARTISTA (sala 3) In questa terza area, la musica del
Capriccio 24 di Paganini viene spettacolarizzata utilizzando
immagini video del linguaggio corporeo ed interpretata da una
performance di Roberto Bolle.
PAGANINIMANIA (sala 4)
APPASSIONATO (sala 5)
Gianna Nannini in questa sezione racconta cosa vuol dire trovarsi
di fronte a un grande pubblico, le aspettative e le emozioni che
si
scatenano e come riesce a trasmetterle, travolgendo con passione
migliaia di persone. La sala racconta anche il lato più intimo e
fragile di Paganini e il suo rapporto con il dolore e la malattia,
lungo tutta la sua vita.
Le quattro pareti della sala sono completamente invase dalle parole
della stampa dell'epoca che, insieme alle voci dei cronisti
recitate da attori, immergono il visitatore nell'atmosfera di
euforia, fanatismo, ma anche dissenso, che attorniava la gura
controversa di Paganini.
L'Adagio del concerto n°4 è messo in scena attraverso i dettagli
video di persone intente all'ascolto del brano. I volti, piano
piano modicano la loro espressione comunicando sensazioni. Il
visitatore che, nella sala ascolta la stessa musica, condivide
empaticamente le stesse emozioni.
Qui sono esposti in 12 teche spartiti musicali, tutti riconducibili
all'eredità musicale di Paganini, che lo spettatore può scegliere
di ascoltare.
INCANDESCENTE COME JIMI HENDRIX (sala 7a e 7b)
PAGANINI SOUNDLAB E LABORATORIO DEL LIUTAIO (sale didattiche)
In questa ultima sezione, l'allestimento cambia registro. Si colora
e si rifà a suggestioni psichedeliche, creando un'atmosfera
adeguata alle multiproiezioni di materiali di repertorio, fotograco
e video, dedicate a Jimi Hendrix. Ivano Fossati racconta le
similitudini attraverso cui si può paragonare Paganini a Hendrix e
confrontare così le caratteristiche del modo di suonare e del porsi
di fronte al pubblico, il loro anticonformismo e lo spirito di
innovazione, caratteristiche per cui non è sbagliato chiamare
entrambi ROCKSTAR. La mostra si conclude con l'eccezionale
esposizione nella magnica Cappella del Doge di Palazzo Ducale del
celebre Cannone di Niccolò Paganini e della chitarra di Jimi
Hendrix accompagnata dall'ascolto diffuso di alcuni brani scelti
per l'occasione.
Paganini non fu solo tecnica, ma grande capacità espressiva.
DA MUSICA NASCE MUSICA (sala 6) Questa penultima sezione è dedicata
a quelli che sono considerati gli eredi del grande Maestro.
In un'area attigua al percorso sopra descritto, è stato allestito
uno spazio particolare e dedicato in particolare alle scuole.
narrative environments
PAGANINI ROCKSTAR LA MOSTRA
Mettere in mostra la musica non è facile, ma nemmeno impossibile.
Una delle strade percorribili è mettere in gioco i racconti,
numerosissimi, che Paganini ed Hendrix hanno ispirato in coloro che
hanno avuto la fortuna di assistere alle loro magìe. Allo stesso
tempo possiamo ascoltare i racconti delle rockstar di oggi, che
narrando la loro esperienza attualizzano e riattualizzano
continuamente i processi creativi (individuali e collettivi) e i
complessi percorsi organizzativi sottesi alla vita di una star
della musica rock.
Paganini e rockstar sono due parole ardite da accostare. Tuttavia,
nelle sale di Palazzo Ducale s'intende raccontare l'arte del grande
violinista genovese (1782-1840), osservata dalla prospettiva
musicale di oggi, un oggi forgiato anche dai suoni e dal genio di
un chitarrista afroamericano di Seattle, Jimi Hendrix (1942-1970).
Niente di apparentemente più distante.
Invece, proprio dalla vicenda artistica e biograca di Paganini
derivano elementi e caratteristiche che ancora oggi marcano il
percorso dei musicisti: la scoperta del talento, il virtuosismo, la
performance, l'immagine, il look, il tour, lo scatenamento di
fantasie ed entusiasmi del pubblico, il complicato rapporto fra
vita professionale e dimensione esistenziale privata, le
eredità...
Era il potere della loro aura potremmo dire. La meraviglia
suscitata dal virtuosismo di Paganini, così estremo, nuovo,
dirompente è pari allo stupore del pubblico della Hendrix
Experience proposta alla ne degli anni Sessanta: un'esperienza
determinante per il futuro del rock.
In alcune sale i visitatori sono guidati da alcuni oggetti in
evidenza; questi servono a catalizzare i racconti e le musiche
secondo un celebre passo delle Lezioni americane di Calvino:
Del resto, sia Paganini sia Hendrix afdarono la loro arte e
l'espressione di sé come artisti a due oggetti certamente magici:
il violino costruito nel 1743 da Giuseppe Guarnieri del Gesù detto
Il Cannone per la potenza straordinaria del suono e la chitarra
elettrica Fender Stratocaster, un vero e proprio mito per
generazioni di giovani musicisti rock che elessero Jimi Hendrix a
proprio guru. I due strumenti erano di fatto prolungamenti della
loro anima oltreché del loro corpo.
Allo stesso tempo siamo convinti della necessità di alleggerire, e
in qualche caso sfatare le leggende più estreme, per dar più peso
alla componente umana del far musica, perché alla ne è lì che sta
la vera magia.
Ivano Fossati, Roberto Grisley, Raffaele Mellace
La sda della mostra consiste non soltanto nel far emergere i
numerosi punti in comune fra Hendrix e Paganini ma anche, forse
soprattutto, nel raccontare cosa signichi far musica per una
persona che ha il pieno controllo su ciò che suona e su come lo
suona. Un virtuoso, dunque.
Diremmo che dal momento in cui un oggetto compare in una
narrazione, si carica d'una forza speciale, diventa come il polo
d'un campo magnetico, un nodo d'una rete di rapporti invisibili. Il
simbolismo d'un oggetto può essere più o meno esplicito, ma esiste
sempre. Potremmo dire che in una narrazione un oggetto è sempre un
oggetto magico.
Quali sono, insomma, gli ingredienti per fabbricare una rockstar?
Provano a rispondere a questa domanda le rockstar di oggi,
raccontando la loro stessa vita e il rapporto con la musica. In
aggiunta, un danzatore del calibro di Roberto Bolle permette a ogni
visitatore di fare esperienza concreta del virtuosismo assistendo
ad una sua coreograa (composta a partire da una buona base di
improvvisazione) sopra il celeberrimo 24° Capriccio di
Paganini.
Hendrix e Paganini sono stati musicisti che hanno scatenato la
fantasia di coloro che li ascoltarono, e che, forse proprio per
questo, oltre che per la musica, ebbero fama di maledetti. Musica
portatrice di una sorta di fascinazione, che faceva cadere le
persone in loro potere, trascinandole in territori
inesplorati e dunque pericolosi.
OMBRA STATUETTA SU PARETE DI FONDO
Sala 1 narrative
PAGANINI ROCKSTAR LA MOSTRA
Prima ancora del violino, è lo strumento praticato dal padre, la
chitarra, a costituire la consuetudine quotidiana del giovane
talento. La chitarra è lo strumento da camera che richiama l'ambito
raccolto d'un fare musica che pervade ogni ambiente, attraversa e
oltrepassa le classi sociali. Dalle case più modeste ai palazzi
signorili, la voce della chitarra rappresenta una pratica assidua e
familiare, offre un intrattenimento senza pretese e sempre
disponibile, si propone come strumento di educazione alla musica
delle signorine di buona famiglia e al contempo come distrazione
creativa per dilettanti appassionati che la sera smettono i panni
delle rispettive professioni per dedicarsi alla musica. Risuona
nelle feste da ballo, in cui interpreta un repertorio di danze, di
ascendenza aristocratica o popolare, cui Niccolò contribuisce con
lavori come i Divertimenti carnevaleschi. Lavori destinati, ad
esempio, alle feste organizzate a Genova dal governatore francese,
il generale Milhaud.
Nella memoria collettiva Paganini è innanzitutto il suo talento di
violinista eccezionale, in grado di realizzare ciò che nessuno può
nemmeno lontanamente immaginare.
Il contatto col talento è a sua volta generativo: desta, risveglia,
suscita le potenzialità altrui. Lo testimoniano, in tutte le tappe
del grande tour europeo di Paganini, i musicisti geniali, più
giovani di una generazione, che ne ricevettero un'impressione
indelebile: Chopin (a Varsavia), Schumann (a Francoforte), Liszt (a
Parigi).
A questo repertorio cui occorrerà accostare la produzione destinata
al mercato degli appassionati, in cui spiccano i 43 Ghiribizzi
scritti a Napoli nel 1820, ma anche l'impegno nell'ambito di
forme
più classiche ed esigenti, che frutta la Sonata concertata per
violino e chitarra e una serie di ben 15 Quartetti.
Il talento necessita tuttavia di essere riconosciuto, reso
consapevole a se stesso, indirizzato, coltivato, fatto crescere.
Deve insomma attecchire in un terreno favorevole. E qui interviene
l'ambiente: la famiglia e la città in cui il bambino prodigio muove
i primi e i secondi passi.
Anche Paganini, come Mozart, ha alle spalle una gura paterna
cruciale. Certo, con molti distinguo. Non un Leopold Mozart,
musicista rafnato e uomo di mondo, compositore, autore d'un
trattato per violino, in grado di muoversi con savoir faire negli
ambienti di Corte, capace di organizzare per i gli un tour europeo
pluriannuale.
Tra gli appassionati, "dilettanti" come si chiamava allora chi non
suonasse per professione, conta un altro genovese illustre:
Giuseppe Mazzini. Come Paganini, anche Mazzini possiede una
chitarra realizzata a Napoli nel 1821 dal celebre liutaio Gennaro
Fabbricatore. Mazzini la porterà con sé nell'esilio londinese.
Proprio da Londra scriverà il 6 maggio 1841 alla madre rimasta a
Genova, chiedendole di fargli avere della musica «che aveva in casa
[…] mi pare che vi fosse, non so più se per questi strumenti [auto
e chitarra], qualche cosa di Paganini».
Nel talento – qualcosa di innato, irriesso, inconsapevole – sta
anche il mistero, il fascino del personaggio. È il talento a
renderlo un genio suo malgrado.
Il padre di Paganini è una persona semplice, un "ligaballe", cioè
imballatore, al porto di Genova. Non ha molte risorse, ma una virtù
essenziale nel nostro racconto: è «appassionato per la musica».
Benché non vi fosse probabilmente neppure troppo versato
(«d'orecchio disarmonico», lo ricorderà il glio), ama e pratica due
strumenti a pizzico: la chitarra e il mandolino. Ma soprattutto
individua precocemente in Niccolò un talento straordinario che
prende a coltivare con una ferocia che il virtuoso ormai adulto
rievocherà in termini quasi melodrammatici: «Non si può facilmente
immaginare un padre più severo di lui: quando non gli sembravo
abbastanza diligente, con la fame egli mi costringeva a raddoppiare
i miei sforzi, così che ebbi molto a patire sicamente, e la mia
salute cominciò a risentirne».
IL TALENTO
environments operas
Paganini è stato molto più d'un grande interprete.
La sua singolarità nell'Europa dell'Ottocento sta nel personaggio
che costruì con cura meticolosa, offrendosi in ostensione al
pubblico di ogni latitudine. Musica da vedere, non solo da
ascoltare.
Dalla Sicilia alla Scozia, dall'Irlanda alla Polonia (non riuscì
nell'intento di esibirsi in Russia e negli Stati Uniti), Paganini
non offriva soltanto l'incanto sonoro del suo violino, ma
contestualmente lo spettacolo della sua persona.
Il personaggio Paganini si alimenta della risonanza assicurata
dall'ampliamento del pubblico e dalla stampa, che confonde con
disinvoltura verità e nzione. Perché, al di là dell'immagine che
Paganini proponeva di sé, sono state anche le cose scritte e dette
su di lui a plasmarne il personaggio, a imporlo nell'immaginario
collettivo, a crearne il mito giunto no a noi.
Il colonnello inglese Archibald Montgomery Maxwell, che conobbe
Paganini a Genova nel febbraio 1815, lo giudicò «il personaggio più
eccentrico, più stravagante e più strano che abbia mai visto e
sentito nel panorama musicale». Lo impressionarono «la sua lunga
gura, il collo lungo, il viso allungato e la fronte alta; il volto
scavato e pallido, i grandi occhi neri, il naso aquilino, i capelli
neri, che sono lunghi». Il tutto contribuiva a farne «la persona
più straordinaria che abbia mai visto».
La testa, la fronte, le sopracciglia, il naso, le labbra, il mento,
la «corona di capelli neri che ricadono a ciocche sulle spalle»; le
smore del viso, l'aspetto sofferente; le movenze, la postura sul
palco, la presa del violino, gli inchini frenetici rappresentano
gli ingredienti essenziali di questa eccezionalità del
personaggio.
Un'eccezionalità che prestò da subito il destro alla leggenda nera,
«gotica» di Paganini, alimentata dall'aspetto e dai comportamenti
stravaganti, ma anche dalle fake news, diffuse in diverse
varianti,
secondo cui il violinista aveva ucciso l'amante e proprio
l'esercizio forzato durante la prolungata carcerazione l'aveva reso
quel virtuoso senza paragoni. Anche lo zampino del diavolo, maestro
di chissà quali segreti, entrò in gioco in questa narrazione, tanto
più che – per pura casualità ma non senza conseguenze – Paganini
aveva inaugurato la propria carriera con le variazioni Le streghe.
Da qui al soprannome di Hexenmeister, "maestro delle streghe",
attribuitogli in Germania, il passo è davvero breve.
Anzi, del suo personaggio, che naturalmente non si sovrappone al
Paganini privato come ce lo mostra la corrispondenza.
Paganini si propone come personaggio caratterizzato da un negativo
fascinoso, selvaggio e fantastico. Magnetico, seducente e
inquietante, capace di attrarre e respingere con uguale intensità.
Tanto più che un'immagine simile contrasta con l'arte sublime del
violinista, che si materializza appena l'archetto tocca le
corde.
Stravagante al massimo grado, il personaggio Paganini rappresenta
per il suo pubblico l'incarnazione stessa dell'artista romantico,
proteso a superare il limite, a salpare impavido verso l'ignoto.
Forse ancor più rappresenta l'incarnazione del personaggio
romantico, come quello, nuovissimo e destinato a grande fortuna,
proposto da John William Polidori nel suo romanzo Il vampiro nel
1819, l'anno stesso in cui il principe Metternich sente Paganini a
Roma, ispirando al musicista il progetto del grande tour europeo.
«Era un morto venuto fuori dalla tomba, un vampiro con il
violino?», si chiederà dopo aver assistito a una sua esibizione il
poeta Heine.
LA COSTRUZIONE DI UN PERSONAGGIO
Sala 2a narrative
La stagione del tour italiano sancisce il riconoscimento del valore
straordinario dell'artista da parte del pubblico e dei colleghi,
che intrattengono con Paganini rapporti che attraversano una vasta
gamma di atteggiamenti, dalla rivalità aperta all'ammirazione,
dall'emulazione alla collaborazione cordiale.
Durante il tour italiano il talento di Paganini acquista anche il
crisma dell'ufcialità. L'artista è in rapporti, non sempre
semplici, con le autorità. Nel 1818 il riuto di concedere un bis al
Teatro Carignano di Torino («Paganini non ripete!») gli costa
l'annullamento d'un concerto. È nominato accademico larmonico a
Bologna e a Roma. Suona per il re di Sardegna Vittorio Emanuele I,
cui dedica tre quartetti, e per il principe Metternich, che lo
invita a Vienna.
In questi anni Paganini si produce in un celebre sda con il
violinista francese Charles- Philippe Lafont alla Scala. Fa musica
da camera col cèco Franz Krommer e con l'italiano Mauro Giuliani.
Incontra il tedesco Ludwig Spohr, evitando di farsi sentire da lui.
Suona in pubblico col polacco Karol Lipinski. Si esibisce in
concerto con diverse cantanti, tra cui la leggendaria Giuditta
Pasta.
Per quindici anni Paganini percorre con successo tutta la Penisola:
Milano, Pavia, Torino, Saronno, Genova, Padova, Venezia, Trieste,
Udine, Ferrara, Piacenza, Cremona, Parma, Mantova, Bologna,
Firenze, Lucca, Pistoia, Siena, Roma, Napoli, Palermo, Perugia,
Livorno...
Il 29 ottobre 1813 l'affermazione nel primo concerto tenuto al
Teatro alla Scala inaugura un nuovo capitolo nella vicenda umana,
artistica e professionale di Paganini.
Il ritorno alla Scala nel 1827 concluderà simbolicamente la
stagione dell'affermazione italiana, preludio del più ambizioso
progetto europeo avviato pochi mesi più tardi.
Sviluppa un'amicizia duratura con Gioachino Rossini, di cui
dirigerà al Teatro Apollo di Roma la prima rappresentazione
dell'opera Matilde di Shabran. Durante il carnevale romano
partecipa a una mascherata con Rossini e Massimo d'Azeglio. A temi
da opere rossiniane Paganini si ispirerà per diverse, importanti
serie di variazioni.
Nel 1827 ottiene l'ambita onoricenza ponticia dello Speron d'Oro,
che gli permetterà di fregiarsi da allora in avanti del titolo di
cavaliere.
A questi anni risale anche un numero considerevole di composizioni
importanti, a cominciare dalle variazioni Le Streghe scritte per i
concerti scaligeri del 1813.
Campeggia al cuore di questa stagione la pubblicazione dell'opus
maximum paganiniano, la raccolta dei 24 Capricci usciti a Milano
per l'editore Giovanni Ricordi nel 1820.
Sono anni tumultuosi anche sul piano sentimentale, con ricadute
ingenti anche sulla biograa del violinista. L'affaire con Angelina
Cavanna lo conduce a una breve detenzione genovese e una lunga
vertenza legale. La relazione con Antonia Bianchi, interrotta
all'avvio del tour europeo, lo renderà padre. Superati da poco i
trent'anni, lasciatosi alle spalle gli esordi nella Genova francese
e il servizio pur
prestigioso alla Corte di Lucca, il violinista trova nel trionfo
milanese la conferma della nuova strada intrapresa: la carriera da
virtuoso free lance. Un ruolo inedito per il musicista che,
affrancato dai vincoli del servizio cortigiano, ha di fronte a sé
l'orizzonte promettente di poter attraversare l'Italia e l'Europa
che escono allora dalle Guerre napoleoniche.
Anche Achille, glio unigenito di Paganini, è dunque frutto di
questa intensa stagione italiana.
VITA D’ARTISTA
Sala 2b narrative
PAGANINI ROCKSTAR LA MOSTRA
Fu in realtà lo stesso Paganini, senza mai scrivere una sola riga
di teoria, a rivelarlo nell'opera a stampa che inaugura il suo
catalogo: i 24 Capricci composti e dedicati agli artisti, le uniche
pagine per violino solo pubblicate e fatte circolare dal musicista.
Dedicati «agli Artisti», confratelli dell'arte musicale,
quintessenza di difcoltà e ben presto consacrati come il simbolo
stesso del virtuosismo strumentale, grazie anche alla molta musica
altrui che ispirarono.
Il virtuosismo procede innanzitutto da un dato naturale: un talento
innato, frutto di abilità musicali eccezionali e qualità
psicomotorie fuori dall'ordinario.
Questo virtuosismo "trascendentale", per prendere in prestito il
termine da Liszt, che a Paganini si ispirò direttamente, va in
realtà ben oltre il Genovese.
Il virtuosismo è spettacolare perché mette in scena una vera e
propria coreograa: quella disegnata dagli arti dell'esecutore (le
mani, le braccia, l'intera persona).
Ma il virtuosismo è spettacolare anche perché mette in scena
l'esecutore e la sua performance per provocare di proposito la
meraviglia, tenendo gli spettatori il ato sospeso davanti al
rischio sempre incombente dell'errore, dell'incertezza, dello
scacco della magia.
Il virtuosismo è improvvisazione, l'abilità misteriosa forse più in
grado di affascinare il pubblico, in grado di stabilire una
sintonia empirica e immediata tra il virtuoso e il suo pubblico di
quel momento preciso.
Il virtuosismo è inne seduzione, potere di soggiogare e insieme
inquietante (perché ai più incomprensibile) vittoria sulle leggi
della natura: tanto incredibile da venir letta come patto col
diavolo.
Paganini è il virtuoso per eccellenza. Non per nulla già
nell'Ottocento il suo nome indica per antonomasia i virtuosi di
qualsiasi strumento: "il Paganini del pianoforte", "il Paganini del
auto", "il Paganini del clarinetto", "il Paganini del contrabbasso"
…
Rappresenta una categoria che accomuna Paganini alle più audaci
esperienze performative di ieri e di oggi, nel jazz, nel rock, ma
anche nella danza e nella vasta galassia delle performing
arts.
Il segreto del virtuosismo di Paganini venne investigato
assiduamente durante tutta la vita del violinista. Il trattato di
Guhr L'Arte di suonare il violino di Nicolò Paganini esposto in
questa sala tenta precocemente di darne conto.
Il virtuosismo è anche esaltazione della sicità stessa del
virtuoso: la voce, per i cantanti, le mani per i virtuosi di
qualsiasi strumento, simbolo della capacità dell'uomo di compiere
l'incredibile.
Il virtuosismo è tensione a oltrepassare il limite tramite la
velocità: la sda che pone è vincere la pesantezza, la stessa forza
di gravità. Il virtuoso è dunque la personicazione del concetto
stesso di leggerezza e agilità… Agisce sul senso stesso
dell'istante, dell'attimo fuggente, modicandolo.
IL VIRTUOSO
environments operas
PAGANINI ROCKSTAR LA MOSTRA
Impressionante è il numero di città, dalle grandi capitali ai
centri minori, in cui si esibisce in centinaia di concerti. Non
solo di fronte alle grandi platee dei teatri, ma anche in privato.
A ne dicembre 1829 il corrispondente da Francoforte
dell'«Allgemeine musikalische Zeitung» riferisce che «Paganini è di
nuovo qui, ma non darà alcun concerto, bensì suona volentieri e non
di rado in circoli privati quartetti e sonate, anche di Beethoven.
Inoltre si è fatto ascoltare gratuitamente nel nostro museo».
La fama di Paganini, che, con 45 primavere alle spalle, ha ormai
raggiunto la piena maturità, è stata preparata dall'attività
concertistica in Italia e dalla diffusione della raccolta
rivoluzionaria dei Capricci usciti nel 1820, mentre il repertorio
costruito negli anni italiani costituisce una solida base che il
musicista arricchirà a ogni tappa del tour europeo, in relazione
specica ed esatta con ciascuna di esse. A Vienna e Berlino compone
serie di variazioni sugli inni nazionali all'epoca in vigore
(rispettivamente la difcilissima Maestosa sonata sentimentale e le
Variazioni su "God save the King"); in Polonia la Sonata
"Varsavia", basata su una mazurka del direttore del conservatorio
locale, Józef Elsner, maestro di Chopin; per l'ultimo concerto a
Dublino St. Patrick's Day, variazioni su un tema popolare
irlandese. Segni d'un dialogo puntuale e attento con il pubblico di
fronte al quale il virtuoso si trova di volta in volta a
esibirsi.
Non meno impressionante è la schiera di musicisti d'ogni calibro
che non si lasciano sfuggire l'occasione di ascoltarlo, ricavandone
un'impressione spesso importante, di cui hanno lasciato traccia nei
loro scritti. In alcuni avrà lasciato un segno che si trasmetterà
nella loro creatività e nella loro stessa esperienza di interpreti
e compositori. Ascoltarono con interesse Paganini Schubert (a pochi
mesi dalla morte), Clara e Robert Schumann, Liszt, Mendelssohn,
Meyerbeer, Spontini... Berlioz concepì per lui la Sinfonia per
viola e orchestra Harold en Italie. Il Genovese non l'eseguì, ma
ricambiò con un dono generoso accompagnato da un'eloquente
manifestazione di stima ("Beethoven spento, non c'era che Berlioz
che potesse farlo rivivere").
6 marzo 1828. Paganini parte per Vienna. Rientrerà in Italia solo
nell'ottobre 1834.
Una prima tranche di tre anni (marzo 1828 – febbraio 1831) vede
Paganini a Vienna (per cinque mesi), Praga, Varsavia e in oltre 40
città della Germania, che copre a tappeto. Tra Germania e Polonia
si esibirà in ben 102 concerti.
Il 24 febbraio 1831 Paganini giunge a Parigi, nelle parole di Marie
et Léon Escudier, suoi biogra, «il punto luminoso verso il quale si
rivolgono gli sguardi di tutti gli uomini di cui l'Europa ha
proclamato il genio: il focolaio splendente che attira tutti gli
spiriti innamorati della fama e della gloria; il crogiuolo dove
fermentano e si puricano le grandi creazioni; l'autorità sovrana,
accettata e riconosciuta dall'Europa intera, che giudica in ultimo
grado tutti i talenti, che distrugge o consolida tutte le
reputazioni». Fu effettivamente proprio Parigi a consacrare
Paganini come inaggirabile fenomeno continentale.
Ma anche polemiche per il prezzo dei biglietti e per
l'atteggiamento spesso poco condiscendente dell'artista, che ad
esempio non accetta tutti i concerti di benecenza che gli vengono
richiesti. E la diffusione – in funzione polemica, ma nel contempo
utile sul piano pubblicitario – della leggenda nera del Paganini
uxoricida, galeotto, colluso con le forze del male.
Ovunque pubblico numeroso che l'attende, l'acclama, l'accoglie con
scene da delirio. Eco straordinaria della stampa che prepara,
segue, commenta, amplica le esibizioni, facendo rimbalzare le
notizie da un angolo all'altro d'Europa.
Ingentissimi sono poi i guadagni che, grazie a una gestione
oculatissima né senza trattative anche aspre, la tournée europea
frutta a Paganini. Gli introiti relativi al solo 1829 ammontano,
secondo i calcoli di Andreas Lange, a 54.000 talleri, pari a oltre
un milione di Euro odierni.
Inizia così la seconda fase del tour, il triennio1831-34, in cui il
virtuoso si dividerà, in un'agenda frenetica di esibizioni, fra
Parigi, Londra, l'Inghilterra, la Scozia e l'Irlanda.
I sei anni e mezzo della tournée europea rappresentano la
consacrazione denitiva del virtuoso sulla grande scena
continentale.
Quasi prolungamento del tour europeo e frutto indiretto dell'enorme
esperienza maturata in Europa con tante compagini orchestrali sarà
il Progetto di regolamento dell'Orchestra Ducale di Parma, stilato
all'indomani del rientro in Italia (1835).
PAGANINIMANIA
PAGANINI ROCKSTAR LA MOSTRA
Scrive uno dei primi biogra, Giancarlo Conestabile, «se pur
talvolta avveniva, ch'ei nel dar concerti si presentasse sotto
l'aspetto solo delle difcoltà, negar non poteaglisi di esser
padrone, quando voleva, dell'uman cuore, su di che non importa
attendere il giudizio degli intelligenti, non valgono artistiche
investigazioni, bastando solo di udir la voce di un popolo, che
come a Vienna, a Lipsia ed altrove seguitò col pianto l'ascolto dei
suoi melanconici adagi».
Queste pagine introducono a una dimensione intima, privata
dell'uomo, gura romantica anche al di là del personaggio inscenato
per il pubblico e della sua leggenda.
E tuttavia Paganini non smise mai di accarezzare la prospettiva del
matrimonio, autentico miraggio cui probabilmente attribuiva la
soluzione a quella solitudine che lamentava, scrivendo all'amico
Germi, come un peso intollerabile.
Meditazioni liriche come il giovanile Andantino per chitarra sola
qui esposto: pentagrammi annotati con nonchalance sul retro d'una
carta contenente altre inezie.
Nel tour europeo e nei sei anni scarsi che gli restarono da vivere
Paganini si accompagnò sempre col glio Achille, di cui aveva
ottenuto l'afdamento a Vienna nel 1828. Achille crebbe così col
padre dai tre anni alla vigilia dei quindici. Adorato da Paganini,
che non se ne separò quasi mai, accudito amorevolmente, sottoposto
al regime d'una vita girovaga e alle sue conseguenze, faceva da
interprete, incantava le ammiratrici del virtuoso, costituì per gli
ultimi tre lustri il maggior motivo di gioia di Paganini, la
principale consolazione in tempi sempre più duri.
Alla solitudine si associa la malattia. Conformazione sica e salute
di Paganini sono state da subito oggetto d'indagine, con l'intento
di carpire il segreto d'un virtuosismo inspiegabile. Nel 1831 il
dottor Francesco Bennati pubblica sulla «Revue de Paris» uno studio
acuto, la Notizia siologica su Paganini. Minata già dall'infanzia,
la salute del violinista subisce un'involuzione considerevole con i
quarant'anni, quando gli viene diagnosticata una patologia
classicata come silide. L'intera maturità trascorre in cure
costanti, in cui il rimedio – alte dosi di mercurio, l'Elisir
purgativo Leroy, dagli effetti collaterali devastanti – si rivela
probabilmente peggiore del male. La malattia e il suo contrasto
diventano un'ossessione, l'impegno quotidiano del virtuoso
ipocondriaco. Dal 1837 il deterioramento delle condizioni di salute
costringerà Paganini a interrompere l'attività.
Paganini non è solo l'esaltazione del virtuosismo sfrenato, la
spettacolarizzazione della musica e del musicista.
Il segreto del suo successo sta in parte signicativa nella capacità
di commuovere no alle lacrime – lo confessava persino l'altrimenti
imperturbabile Rossini –, di scuotere le platee con la nezza del
sentire: mandarle in estasi, per dirlo con la stampa
dell'epoca.
«Melanconici adagi», come quelli proposti a Vienna che, ammetteva
lo stesso Paganini, «producono dell'effetto; uno fece piangere e
l'altro col titolo di Religioso fece l'udienza contrita».
Amori, salute, viaggi, paternità sono un quadrifoglio di temi
decisivi per questo racconto.
La tumultuosa vita sentimentale è stata indagata dalla stampa
coeva, dai biogra, dal cinema. La passione per le donne, spesso
giovanissime, senza distinzione di classe sociale, latitudine,
ambiente, è una costante. Relazioni spesso fugaci, non sempre
indolori. All'avvio della carriera lo scandalo Cavanna gli frutta
l'incriminazione per rapimento di minorenne, qualche giorno di
carcere e una lunga causa. La relazione più stabile, con la
cantante Antonia Bianchi, che gli dà un glio, è tempestosa e
naufraga all'inizio del tour europeo.
Per buona parte dell'esistenza – quella più rilevante per l'artista
e il suo mito – Paganini fu on the road. Nelle condizioni che
viaggiare prima della diffusione della ferrovia comportava. Senza
particolari lussi, nonostante il benessere raggiunto. Per Marie e
Léon Escudier, «Paganini ostentava una completa indifferenza verso
i comfort della vita; il suo bagaglio era sempre composto dagli
stessi oggetti: un violino, un Guarneri di considerevole valore,
chiuso in una cassa molto malridotta e consumata che gli serviva al
tempo stesso come cassaforte, una valigia da notte e una
cappelliera: ecco tutto il suo bagaglio da viaggio». Unici
accorgimenti: attrezzare la carrozza per scrivere musica e
difendersi dal freddo, sempre temutissimo.
APPASSIONATO
environments operas
PAGANINI ROCKSTAR LA MOSTRA
Un'esplosione di creatività, un mondo di musica cui Paganini non
partecipa direttamente ma che deve l'esistenza alla sua esibizione
e all'impressione suscitata dalla sua musica.
Il confronto più serrato avvenne però sul terreno più denso di
valori musicali e problemi tecnici: la raccolta di Capricci
dedicata già dallo Paganini stesso ai colleghi «Artisti». Risulta
di grande interesse il compositore proteso a superare i limiti
tecnici dello strumento per sprigionarne musica audace, dagli
orizzonti inauditi: una sollecitazione che innesca un agonismo
fecondissimo presso autori altrettanto geniali.
Nel cuore dell'Ottocento vedono così la luce, monumentale omaggio
al libro paganiniano, gli studi di Schumann, Liszt e Brahms.
Il virtuoso diventa così il riferimento di lavori come le
popolarissime Variations Brillantes in Mi maggiore op. 40 del
violinista austriaco Joseph Mayseder, dedicate appunto a
Paganini.
Il fantasma di Paganini non smette d'inquietare i colleghi anche
ben oltre la generazione romantica, scomparsi rivali e testimoni
dei suoi trion. Il Novecento ne ribadisce infatti la persistenza
del mito e l'efcacia come riferimento musicale.
Johann Nepomuk Hummel pubblica a Londra le Recollections of
Paganini, un centone di memorie paganiniane; Franz Liszt esce a
Parigi e a Vienna con la Grande fantasia di bravura sulla
"Campanella"; Chopin, il violinista Heinrich Wilhelm Ernst, il
pianista genovese Carlo Andrea Gambini compongono variazioni sul
tema del Carnevale di Venezia.
Nel 1840, l'anno della morte di Paganini, il pittore austriaco
Josef Franz Danhauser, inviato tre anni prima a Parigi dal
costruttore di pianoforti viennese Conrad Graf, realizza, con la
tela Liszt al pianoforte, una sorta di capriccio gurativo di tema
musicale. Il pianista virtuoso suona con gli occhi ssi al busto di
Beethoven, al centro d'una cerchia di ascoltatori d'eccezione: ai
piedi del pianoforte si trova la contessa Marie d'Agoult, compagna
di Liszt; alle spalle di quest'ultimo, seduti, Alexandre Dumas
padre e George Sand, a lungo compagna di Chopin; in piedi, Berlioz,
Rossini e Paganini.
Compare come personaggio in Carnaval di Robert Schumann; ormai nel
Novecento Franz Lehár gli dedicherà l'intera operetta
omonima.
Né la voce di Paganini si è afevolita nella contemporaneità. Ce lo
ricorda il più importante lavoro cameristico di Azio Corghi, Animi
Motus per quartetto d'archi ed elettronica, di cui viene esposto in
mostra l'autografo: una composizione il cui tema – la vittoria del
segno creativo dell'esistenza sull'implacabile trascorrere del
tempo – è particolarmente adatto a coronare questo vitalissimo
percorso paganiniano.
L'ideale salotto romantico ricreato dall'artista simboleggia bene
la prossimità tra musicisti (e letterati) nell'Europa romantica.
Una prossimità che nel caso di Paganini si tradusse ben presto –
già all'epoca della trionfale tournée europea – in un fenomeno
notevolissimo: la risonanza che Paganini e la sua musica trovarono
presso i colleghi, esposti tanto quanto le platee di profani alla
manifestazione folgorante di un virtuosismo dal fascino
irresistibile.
Ancor più spesso è la sua musica a ispirare i colleghi, con
particolare predilezione per i Capricci e altre pagine
d'ineludibile suggestione, come il Rondò nale del Secondo concerto,
"La campanella".
Molto tempo dopo la stagione romantica il pianoforte solo ritorna
ad appropriarsi di Paganini con due lavori nati durante la II
Guerra mondiale, le Variazioni per due pianoforti di Witold
Lutosawski e la Sonatina canonica di Luigi Dallapiccola.
Popolano la prima metà del secolo la popolarissima, immaginica
Rapsodia per pianoforte e orchestra
del maturo Rachmaninov, su cui Michel Fokine realizzò una
coreograa, così come le fantasmagorie sinfoniche della Paganiniana
di Alfredo Casella e le Variazioni orchestrali di Boris
Blacher.
DA MUSICA NASCE MUSICA
PAGANINI ROCKSTAR LA MOSTRA
La rivista Rolling Stone lo classica nel 2011 come il più grande
chitarrista rock di tutti i tempi. Dal 1992 il suo nome fa parte
della Rock and Roll Hall of Fame. La sua immagine, assai più
trasgressiva del suo reale carattere, che dai più viene descritto
come gentile e pacato, è diventata una vera e propria icona. Le
riprese discograche dei suoi brani sono innumerevoli, soprattutto
in ambito jazz. Da anni anche molti esponenti della musica colta e
strumentisti di ambito classico rielaborano le sue
composizioni.
James Marshall Hendrix (Seattle 1942 – Londra 1970) attraversa alla
velocità di una cometa il periodo più rivoluzionario, fantasioso,
discusso ed esplosivo della creatività nell'industria musicale: la
seconda metà del novecento. In pochissimi anni lascia un segno
incancellabile, attraverso il suo stile compositivo e il suo
virtuosismo inedito. E' ispiratore a tutt'oggi di un grandissimo
numero di musicisti in tutto il mondo. La sua musica e il suo mito
sono globali, avendo ormai da tempo travalicato anche le frontiere
più lontane. "Vorrei essere il primo chitarrista a suonare il blues
su Venere" dichiara lui stesso nel 1968.
Devozione è il termine esatto per descrivere l'atteggiamento dei
fan nei confronti di Jimi Hendrix. Qualcosa paragonabile, nel
medesimo periodo, solo ai casi di Elvis Presley, dei Beatles e dei
Rolling Stones, che trasforma l'insieme di musica, messaggio,
immagine e fascino nel prodotto emotivo nale di una vera dottrina
per milioni di ammiratori in tutto il mondo.
Quella di J. H. è una sorta di inedita genialità che passa da un lo
e si inoltra, a partire dalla chitarra, attraverso effetti
elettronici ancora allo stato pionieristico e sperimentale:
distorsori del suono, riverberi, echi, non certo paragonabili per
afdabilità a quelli di oggi. C'è una visione innovativa e insieme
compositiva in tutto questo, come c'è nell'apparente
impenetrabilità di molta musica atonale che Jimi Hendrix mostra di
apprezzare.
Lo stile chitarristico di Hendrix sta alla musica come Jerome David
Salinger alla letteratura e Tennessee Williams al teatro? Verrebbe
da pensare di sì: tutte e tre le innovazioni in un determinato
momento fanno cambiare il linguaggio, e cambiare il linguaggio
signica voltare pagina per sempre.
Se i termini virtuoso e innovatore potessero innestarsi l'uno
nell'altro avremmo forse la denizione perfetta per Jimi Hendrix,
che ama essere musicalmente obliquo, non facilmente decifrabile e
tecnicamente poco afferrabile. D'altro canto gli piacciono Charlie
Parker, Miles Davis e Igor Stravinskij. Inoltre è attratto dai
musicisti come lui, che consumano letteralmente tutto di sé davanti
al pubblico. Ha espressioni di vera ammirazione per il
autista/sassofonista jazz Roland Kirk, che come
lui agisce completamente fuori dagli schemi bruciando della sua
stessa passione visionaria.
La musica di Jimi Hendrix vanta una effettiva estetica personale.
E' uno dei musicisti nell'ambito pop/rock più saldamente fedele al
proprio stile. Eppure le sue canzoni appaiono puntate da subito
verso il futuro, in una direzione che forse Jimi non ha del tutto
chiara davanti agli occhi ma che il suo istinto, in qualche modo,
vede. Essere più avanti del proprio tempo è il destino/dovere degli
artisti.
Hendrix al suo apparire dà subito prova di un talento compositivo
libero e superiore che chiarisce di non voler utilizzare le
abituali, spesso stucchevoli, convenzioni di tanta musica rock. Per
questo sia la struttura che la costruzione armonica di molte sue
canzoni non sembrano rifarsi a qualcosa di già sentito.
Apparentemente J.H. attraversa gli anni incandescenti della sua
breve carriera con l'incoscienza di chi si lascia trasportare da un
enorme successo di pubblico. Sembra non curarsi troppo di ciò che
gli accade intorno ma è solo costantemente concentrato sui
cambiamenti della propria musica, al lavoro giorno dopo giorno.
Suona con tutti e frequenta le jam session nei club dovunque si
trovi, anche quando è ormai una star mondiale.
INCANDESCENTE COME JIMI HENDRIX
Sala 7a - rockstar narrative
environments operas
PAGANINI ROCKSTAR LA MOSTRA
Per la tastiera, i piroli e la mentoniera (introdotta nell'uso solo
a partire dal secondo Ottocento) sono invece impiegati legni duri
quali l'ebano, il palissandro, il bosso e il giuggiolo.
Nel complesso tuttavia la pratica artigianale e la dotazione di
base sono rimaste pressoché invariate da secoli, così come la
tecnica costruttiva che vuole, per ogni strumento di qualità, una
lavorazione condotta esclusivamente dalle mani del liutaio.
La scelta non è ovviamente casuale: l'acero è un'essenza forte e
dura, dagli effetti estetici molto gradevoli, grazie alle sue
profonde amme (marezzature); l'abete rosso, invece, è dotato di una
bra elastica e regolare la quale, grazie alla sua struttura
sico-chimica, garantisce la migliore trasmissione delle onde
sonore.
Gli attrezzi utilizzati da un liutaio sono oggetti semplici,
espressione di una pratica antica, e non differiscono da quelli di
cui si serve un falegname, un intagliatore o un intarsiatore.
La progettazione e il design del violino riettono precise
competenze matematiche e architettoniche, mentre la sua
realizzazione dimostra l'altissimo livello raggiunto dagli
artigiani italiani rinascimentali.
Un liutaio impiega circa 200 ore a costruire un violino:
sensibilità musicale, precisione, passione sono ingredienti
indispensabili per la riuscita di un buon pezzo.
IL VIOLINO
Ogni violino è diverso da un altro e la resa sonora di ognuno varia
seppure in minima misura in base a come è stato costruito: ma è
anche vero che risente in maniera determinante anche della
personalità del violinista, con il quale si instaura un rapporto di
stretta intimità.
Le corde erano anticamente in budello, poi gradualmente sostituito
dall'acciaio a partire dai primi decenni del Novecento.
Il violino è una straordinaria “macchina” per produrre suoni e fare
musica, in cui ogni minimo dettaglio, perfettamente calibrato, è
studiato con uno scopo preciso.
Se Paganini usava chiamare affettuosamente il suo violino “il mio
cannone violino” per la profondità e intensità di suono, non è
scontato che dallo stesso strumento un altro violinista possa
trarre analoghi risultati.
Ad eccezione delle corde, tutti gli elementi sono in legno: la
cassa armonica è costituita di due diverse essenze: l'acero per il
fondo, le fasce e il ricciolo, l'abete rosso per la tavola
armonica, entrambi opportunamente stagionati.
Sino a tempi recenti, il repertorio era piuttosto ridotto, con
pochi arnesi – scalpelli, seghe, sgorbie, lime, pialle e coltelli –
strumenti d'uso, ma già di per sé preziosi, che facevano parte del
corredo stesso del liutaio. Per questo venivano trattati con cura,
riparati e conservati con una attenta manutenzione e spesso
trasmessi di generazione in generazione.
Nelle vetrine sono esposti i vari elementi, tra gli oltre settanta
che compongono lo strumento: tavola armonica, fondo, tastiera,
ponticello, manico, piroli, corde, mentoniera.
Il suo design e le sue proporzioni sono il frutto della cultura
umanistica italiana del tardo Rinascimento: sebbene si possa
identicare nel cremonese Andrea Amati (1505-1577) il primo grande
liutaio costruttore di violini, l'idea e la progettazione
potrebbero più verosimilmente risalire ad un ignoto e colto
suggeritore, forse legato a quei circoli umanistici lombardi
permeati di cultura leonardesca e neoplatonica.
Un discorso a parte meritano le vernici utilizzate per la cassa
armonica, a base di olii, alcool, resine vegetali e pigmenti
secondo le antiche ricette della tradizione, spesso custodite
gelosamente dai liutai: il loro impiego, oltre a contribuire alla
resa estetica dello strumento, incide sulle sue proprietà
sonore.
GLI ATTREZZI DEL LIUTAIO
Come accade anche in altri settori, con la Rivoluzione Industriale
entrano nell'uso attrezzi più sosticati.
Ai primi dell'Ottocento lo sviluppo dell'industria pesante modica
la lavorazione dell'acciaio, precedentemente forgiato a mano,
indispensabile per tutti i ferri da taglio; e con la tornitura
meccanizzata vengono introdotti nuovi strumenti, come i morsetti a
vite o i cursori di registrazione della lama della pialla per
esempio, un tempo impossibili da realizzare con altrettanta
accuratezza.
Non solo violinista: Paganini suonava anche il mandolino e
soprattutto la chitarra.
La chitarra di Paganini esposta in mostra, discendente diretta di
quelle già impiegate in età barocca, è di piccole dimensioni e il
suono deriva dalla vibrazione delle corde, amplicata dalla cassa di
risonanza.
Niente a che vedere con la chitarra di Jimi Hendrix.
A partire dalla ne degli anni Venti del Novecento, con la nascita
delle prime orchestre jazz e blues, la chitarra comincia ad
assumere proporzioni maggiori e ad essere amplicata con l'ausilio
di pick-up, dispositivi elettromagnetici in grado di trasformare le
vibrazioni delle corde in impulsi elettrici.
Le soluzioni che adotta per la tecnica violinistica saranno poi
determinanti anche nello sviluppo di quella chitarristica.
In questo modo la chitarra elettro-acustica può raggiungere una
maggiore potenza sonora e trovare il suo spazio all'interno degli
ensemble polistrumentali dell'epoca.
Les Paul, noto chitarrista americano, conduce le sue
sperimentazioni in tal senso già a partire dagli anni Trenta e poi
nell'immediato dopoguerra, senza tuttavia riuscire a persuadere la
Gibson, già all'epoca una delle più importanti case di produzione
di strumenti musicali, a credere nel suo progetto.
La vera rivoluzione, la novità che trasforma radicalmente lo
strumento, è quella apportata alla ne degli anni Quaranta da Leo
Fender, che immette sul mercato un nuovo modello di chitarra
solid-body, in cui il suono è generato esclusivamente da
dispositivi elettromagnetici.
Stratocaster e Telecaster, nelle mani di musicisti di ogni età ed
estrazione, diventano vere e proprie icone della musica rock.
Nei decenni successivi, le ricerche si indirizzano su una forma di
chitarra a corpo pieno, priva cioè di cassa armonica.
Il modello brevettato da Fender, estremamente sobrio nel design e
di semplice costruzione, consente la produzione industriale su
vasta scala e a prezzi decisamente accessibili.
LA CHITARRA ELETTRICA
PAGANINI ROCKSTAR LA MOSTRA
Per questo nella mostra è stato inserito uno spazio di
sperimentazione sonora.
Il SOUNDLAB nasce dall'idea che, per capire e quindi apprezzare la
musica, sia necessario sollecitare un ascolto consapevole.
A questo proposito, l'area del Sound Lab è strettamente
complementare allo spazio dedicato alla liuteria: la possibilità di
prendere in mano uno strumento, magari per la prima volta, capire
come è stato costruito e quali leggi matematiche e siche presiedono
al suo funzionamento consente di riportare il suono alla
concretezza materiale del mezzo che lo produce.
In un tempo dominato dalla realtà virtuale, è importante offrire la
possibilità di concentrarsi sull'oggetto – il violino, la chitarra
- e sulla sua capacità di tradurre il gesto in suono e quindi in
pensiero musicale.
Tutto questo ha l'obiettivo di sollecitare la curiosità nei
confronti della musica e dei suoi meccanismi interni, che è stimolo
indispensabile a ogni successivo approfondimento; e, allo stesso
tempo, di suggerire l'intima correlazione tra creatività e metodo,
tra estro e studio.
Questo consente di riportare l'attenzione sulle potenzialità
espressive di ogni strumento e sulle corrispondenze a distanza tra
grandi musicisti di tutte le epoche.
L'ascolto non può che prendere le mosse dalla capacità di
distinguere i suoni, di riconoscerli e metterli tra loro in
relazione: è questo il primo passo – una sorta di grammatica di
base – per cogliere la complessità di un impasto timbrico,
individuare una linea melodica, confrontare tonalità, dinamiche e
risultati espressivi nelle molteplici versioni di uno stesso
brano.
Comparare i virtuosismi di Paganini e quelli di Hendrix, modulare i
volumi, manipolare i suoni può far attingere con immediatezza a una
conoscenza più diretta e intuitiva della loro musica.
Giocare con le tracce separate di un brano polistrumentale può
essere il modo più efcace per capire quanto è importante in un
gruppo – sia esso orchestra o rock band – l'equilibrio d'insieme e
quanto, nell'era della riproducibilità del suono, possano essere
determinanti le scelte operate in sede di post- produzione.
Soundlab narrative
environments operas
MONITOR
Soundlab narrative
environments operas
1849
1847
PAGANINI ROCKSTAR LA MOSTRA
«Un vaso di fiori sulla finestra di un harem» Francesco Hayez
1881
1840
Sala 2a - LA COSTRUZIONE DEL PERSONAGGIO Intervista: Morgan
Sala 2b - VITA D’ARTISTA
Sala 3 - IL VIRTUSISMO Performance di Roberto Bolle
Sala 4 - PAGANINIMANIA
Corridoio B - SOUNDLAB
Sala 6 - DA MUSICA NASCE MUSICA
Sala 7a e 7b - INCANDESCENTE COME JIMI HENDRIX Intervista: Ivano
Fossa
Cappella - L’ARTISTA IN CONCERTO
sala 1
sala 3
sala 4
sala 7b
operas
sala 3
sala 4
sala 7b
Videoinstallazione
DESCRIZIONECONCEPT ESPOSITIVO
L’insieme dei ightcase e la sua collocazione nello spazio vogliono
ricreare l’idea di una mostra in divenire, di accogliere lo
spettatore in uno spazio non denito, nel «retro-palco», nel luogo
in cui si consumano le riessioni interiori degli artisti prima
della loro performance.
Il concept espositivo per tutti gli oggetti «sici» della mostra
«Paganini Rockstar» prevede l’uso di «ightcase» a rafforzare l’idea
di teatro esploso che si sviluppa lungo l’intero percorso di
visita. Il ightcase è uno strumento di conservazione e trasporto di
oggetti tipico degli eventi contemporanei, come i concerti, che
viene usato in modo non convenzionale per esporre e conservare
oggetti e documenti con l’intenzione di portarli metaforicamente
all’oggi.
2. Flight narrativo (colore bianco) 3. Flight narrativo-interattivo
(colore bianco)
Nella sezione «Hendrix» il ightcase è stato concepito di colore
giallo come le pareti (colore RAL da denire) per distaccarsi
visivamente dall’esposizione paganiniana.
SPECIFICHE TECNICHE
Di seguto le speciche di funzionamento delle tre tipologie.
1. Flightcase espositivo. Questo ightcase è realizzato in colore
nero con proli in alluminio. E’ composto funzionalmente da due
parti: il contenitore e il coperchio. Il contenitore ospita le
«teche espositive» collocate all’interno di uno schiumato
protettivo sagomato in base alle loro dimensioni. Le teche sono
identiche tra loro, sebbene abbiano caratteristiche diverse in base
alle esigente dei prestatori (normali, blindate, climatizzate e
tutte le loro eventuali combinazioni). Solo la parte superiore
delle teche è realizzata in vetro e tutti gli oggetti (nella
maggioranza bidimensionali) sono visibili dall’alto. Le teche
appoggiano su un piano intermedio in materiale traforato per
massimizare la circolazione dell’aria . Poiché alcune teche
necessitano di una manutenzione ordinaria per la sostituzione della
cartuccia per il trattamento dell’aria, la base del ightcase
presenta uno sportello apribile frontalmente per facilitarne
l’ispezione. Al di sotto del piano di appoggio
delle teche è presente uno spazio libero ed aerato per ospitare
eventuali apparecchiature elettroniche e multimediali. Inoltre le
teche presentano dei piedini di appoggio regolabili in modo da
poterle esporre tutte alla stessa altezza. (ovvero con il vetro a
lo dello schiumato protettivo) Il coperchio ha la funzione di
raccontare i contenuti del ightcase. Deve essere sempre tenuto
aperto con un angolo di apertura di circa 95 gradi. L’interno del
coperchio si presenta come un riempimento schiumato dentro al quale
è collocata una plafoniera led su cui vengono collocati i testi su
pellicola per retroproiezione. Il pannello superiore del ightcase,
ovvero il fondo del coperchio, deve essere realizzato in un
materiale idoneo per sostenere la plafoniera LED e, nel caso del
iughtcase narrativo, il monitor. Il coperchio ha la funzione di
«raccontare» attraverso i testi e le didascalie gli oggetti esposti
in ciascun ightcase raccontando le storie e i principi di curatela
che li raggruppa.
2. Flightcase narrativo. Strutturalmente e funzionalmente identico
al ightcase espositivo, presenta nel coperchio l’aggiunta di un
monitor in cui un video racconta, attraverso gli interventi degli
storici, altre storie che caratterizzano la sala. Il monitor è
trattato come i testi e, quindi, inserito all’interno dello
schiumato sagomato in base alla sua dimensione. Il pannello di
fondo deve essere forato in 4 punti secondo lo standard VESA in
modo da potere sostenere il monitor nella posizione indicata dal
progetto con 4 viti ed eventuali distanziatori.
3. Flightcase narrativo-interattivo Strutturalmente e
funzionalmente identico al ightcase narrativo, presenta nella base
un monitor interattivo atto allo sfogliamento dei documenti
esposti. Il monitor è appoggiato su un supporto afnché possa essere
posizionato
a lo delle teche contenenti i documenti. Al di sotto del supporto è
posizionato il PC in cui è installato il software per
l’interattività. Come in tutti i ightcase, il piano di appoggio è
realizzato in materiale traforato al ne di consentire un’areazione
adeguata.
TECHE
1. Flightcase espositivo (colore nero)
Il progetto utilizza i ightcase in 3 modalità e 3 colori.
SISTEMA AUDIO
Tutti gli oggetti esposti sono collocati all’interno delle teche su
degli appositi supporti (in base alle richieste dei prestatori) che
li sosterranno e li posizioneranno il più vicino possibile al vetro
protettivo al ne di migliorarne la visibilità. L’illuminazione di
tutti gli oggetti è prevista all’interno della teca.
E’ previsto, sul fronte del ightcase, l’inserimento di due jack
audio da 3,5 mm in modo che i visitatori possano utilizzare, se
vogliono, gli stessi auricolari che utilizzano per i propri
telefoni cellulari.
Nei ightcase narrativi sono presenti due cufe audio di colore rosso
posizionate al lato del ightcase ed evidenti al pubblico.
BASE FLIGHTCASE narrative
M D
environments operas
Amplicatore Marshall 100 watt 591 x 528 x 283mm
Pedale WOX ???
Sonata concertata 215 x 580 mm
Quartetto per archi foglio 1 200 x 300 mm
Quartetto per archi foglio 2 200 x 300 mm
Quartetto per archi foglio 3 200 x 300 mm
Quartetto per archi foglio 4 200 x 300 mm
Ghiribizzi per chitarra 200 x 295 mm
Le Streghe 240 x 320 mm
Nota manoscritta sda 20 x 30 cm
Divertimenti carnevaleschi 220 x 300 mm
Capriccio N. 5 220 x 615 mm
Capriccio N. 24 220 x 615 mm
Progetto regolamento Orchestra Ducale 290 x 385 mm aperto
Account book 10.16 x 19.05 cm
Smart offerta ingaggio 225 x 180 mm
Red Notebook 11.43 x 17.78 cm
Letters 13.97 x 24.13 cm
Gennaro Fabbricatore Chitarra Paganini 37 x 98 cm
Libro mastro dei conti 41,5 x 54 cm
Brahms Op. 35 34.1 x 52.2 cm aperto
Liszt Grande Fantasie 32.7 x 51.8 cm aperto
Azio Corghi Animi Motus 365 x 254 mm foglio
Rachmaninov 19.3 x 27.6 cm aperto
Lutoslawski Variations 34 x 48 cm apertoCasella
divertimento per orchestra 18.5 x 27 cm aperto
Schumann Studien fur das Pianoforte 33.2 x 26 cm chiuso
Dallapiccola 32 x 47 cm aperto
Liszt Grandes Etudes 31.5 x 51.8 cm aperto
Mayseder Variationes Brillantes 32 x 47.5 cm aperto
Hummel Recollection of Paganini 34.7 x 49 cm aperto
Ferri chirurgici
Statuetta Dantan 12 x 12 x h30 cm circa
Blacher Orchestervariatioten 21 x 29 cm aperto
Campanella 225 x 580 mm
Guhr L'arte di suonare il violino 33,5 x 25,5 cm chiuso
S7b_F01 200 x 60 cm
S01_F03 150 x 60 cm
S01_F02 150 x 60 cm
S02_F02 150 x 60 cm
S03_F01 150 x 60 cm
S03_F04 150 x 60 cm
S03_F02 150 x 60 cm
S03_F03 150 x 60 cm
S01_F01 150 x 60 cm
S02_F01 150 x 60 cm
S06_F05 80 x 60 cm
S06_F03 80 x 60 cm
S06_F12 80 x 60 cm
S06_F06 80 x 60 cm
S06_F10 80 x 60 cm
S06_F07 80 x 60 cm
S06_F02 80 x 60 cm
S06_F09 80 x 60 cm
S06_F11 80 x 60 cm
S06_F01 80 x 60 cm
S06_F04 80 x 60 cm
S05_F01 150 x 60 cm
S06_F08 80 x 60 cm
S03_F05 150 x 60 cm
SALA 1
TECHE CLIMABOX
S06_T08 600x500 mm
S03_T08 400x500 mm
DIPINTI
Ritratto di Paganini Patten 180 x 135 cm circa inclusa
cornice
Prospetto case chiuso Prospetto case aperto Sezione CC
A
A
Prospetto laterale con sportello anteriore aperto
Sezione DD _ sportello anteriore aperto
D
D
B B
con sportello anteriore aperto Prospetto laterale Sezione DD _
sportello anteriore aperto
D
D
FLIGHTCASE
MDF
FOAM
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