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Neurofisiologia Lezioni del Prof. A. Sadile INDICE 1. LA MEMBRANA CELLULARE E I CANALI IONICI 10-04-08 2. IL NEURONE E LA TRASMISSIONE NEURONALE I 14-04-08 3. IL NEURONE E LA TRASMISSIONE NEURONALE II 15-04-08 4. IL NEURONE E LA TRASMISSIONE NEURONALE III 17-04-08 5. LE SINAPSI 21-04-08 6. IL SISTEMA MONOAMINERGICO 22-04-08 7. LA SOSTANZA RETICOLARE 28-04-08 8. IL SISTEMA DELLA RICOMPENSA (REWARD SYSTEM) 29-04-08 9. I RECETTORI SOMESTESICI 05-05-08 10. I SISTEMI SOMESTESICI 06-05-08 11. L’ARCO RIFLESSO E LE FIBRE MUSCOLARI INTRA ED EXTRA FUSALI 07-05-08 12. IL SISTEMA PIRAMIDALE 12-05-08 13. IL SISTEMA EXTRAPIRAMIDALE 13-05-08 14. LA VISIONE 21-05-08 scaricato da www.sunhope.it
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Neurofisiologia Lezioni del Prof. A. Sadile

INDICE

1. LA MEMBRANA CELLULARE E I CANALI IONICI 10-04-08

2. IL NEURONE E LA TRASMISSIONE NEURONALE I 14-04-08

3. IL NEURONE E LA TRASMISSIONE NEURONALE II 15-04-08

4. IL NEURONE E LA TRASMISSIONE NEURONALE III 17-04-08

5. LE SINAPSI 21-04-08

6. IL SISTEMA MONOAMINERGICO 22-04-08

7. LA SOSTANZA RETICOLARE 28-04-08

8. IL SISTEMA DELLA RICOMPENSA (REWARD SYSTEM) 29-04-08

9. I RECETTORI SOMESTESICI 05-05-08

10. I SISTEMI SOMESTESICI 06-05-08

11. L’ARCO RIFLESSO E LE FIBRE MUSCOLARI INTRA ED EXTRA FUSALI 07-05-08

12. IL SISTEMA PIRAMIDALE 12-05-08

13. IL SISTEMA EXTRAPIRAMIDALE 13-05-08

14. LA VISIONE 21-05-08

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15. L’UDITO 26-05-08

16. IL GUSTO 28-05-08

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Lezione 2 (14/04/2008)

“ Il neurone e la trasmissione neuronale”

(Le punte da calcio o “calcium spikes” costituiscono la capacità di alcune cellule fortemente inibite di emettere segnale, questa capacità è posseduta da alcuni neuroni quali i neuroni GABAergici). Nel sistema nervoso si stimano 50 – 100 miliardi di neuroni e per ogni neurone esistono 5 – 10 cellule di natura gliale. Questi neuroni posseggono dal punto di vista istologico uno o più nuclei e tutti gli organuli intracellulari (lisosomi, mitocondri, ribosomi) che appartengono a qualsiasi altra cellula. Il DNA di una cellula nervosa è identico a quello di tutte le altre cellule. Un epatocita, ad esempio, ed un neurone differiscono nella quota di DNA che viene espresso. Inoltre una cellula epatica esprime i geni per produrre le proteine plasmatiche ma una cellula piramidale della corteccia possiede ugualmente i geni per produrre le proteine plasmatiche ma essi non vengono espressi. Mentre in tutte le cellule dell’organismo viene espresso circa il 10 % del DNA, in un neurone ne viene espresso il 20 o 30 % a causa della complessità dello stesso neurone. Un neurone in più rispetto a una qualsiasi altra cellula possiede dei prolungamenti in ingresso e in uscita. I prolungamenti in ingresso sono i dendriti (d. primari, secondari, terziari etc.) che costituiscono un’arborizzazione tridimensionale molto densa, molto fitta. Il dendrite capta, riceve informazioni dall’ambiente tridimensionalmente. I prolungamenti in uscita sono detti assoni o neuriti o cilindrassi. Le cellule comunicano tra di loro attraverso proteine di superficie (ad esempio le CAM – cell adhesion molecules). Nel punto di contatto tra due membrane le cellule, anche non nervose, sviluppano delle specializzazioni funzionali dette giunzioni o gap junctions o sinapsi elettriche. La sinapsi, nel sistema nervoso, è la giunzione, il punto di articolazione tra due neuroni o tra un neurone ed una cellula effettrice (es. una fibrocellula muscolare liscia, una cellula ghiandolare o una fibra muscolare scheletrica). Nel sistema nervoso esistono vari tipi di sinapsi: sinapsi asso – somatica (tra assone e corpo cellulare), asso – assonica, asso – dendritica, dendro – dendritica. La sinapsi tra un alfa motoneurone spinale e una fibra muscolare scheletrica è diversa in quanto non coinvolge due neuroni, ma un neurone e un effettore periferico: è una sinapsi o giunzione neuromuscolare, detta anche placca motrice o motoria. La sinapsi neuromuscolare è visibile anche ad occhio nudo o a piccolo ingrandimento. Essa è di tipo chimico. In una sinapsi (di tipo chimico) sono distinguibili una porzione pre - sinaptica, una porzione post – sinaptica, e un vallo intersinaptico. La sinapsi neuromuscolare è una sinapsi stretta ovvero “tight”, in cui il vallo intersinaptico occupa uno spazio di 10 o poco più Angstrom. Alcune sinapsi tuttavia sono lasse. Il terminale pre - sinaptico nella giunzione neuromuscolare appartiene all’alfa motoneurone che appartiene al corno grigio ventrale del midollo spinale. Questo motoneurone emette potenziali d’azione ad una certa frequenza, da frazioni di Hertz fino a un massimo di 100 Hertz, che rappresenta una frequenza relativamente bassa rispetto a un semplice apparecchio elettronico. La parte del neurone che emette il potenziale d’azione è il monticolo assonico (axon hillock). Il motoneurone riceve informazione dai dendriti e da varie parti, integra le informazioni e prende la sua “decisione” nel monticolo assonico ove esistono canali per il Na+ voltaggio dipendenti. Il potenziale d’azione, una volta generato,

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deve arrivare all’effettore. L’assone può essere sia mielinizzato, sia nudo. Il rivestimento dell’assone nel caso del motoneurone citato è costituito di mielina e non è continuo ma interrotto dai “nodi di Ranvier”, dove l’assone manca di mielina ma è pieno di canali voltaggio dipendenti per il Na+. Il segnale generato a livello del monticolo assonico apparentemente “salta” da nodo a nodo (di Ranvier) ma in realtà il fatto elettrico si diffonde attraverso i liquidi extracellulari dal monticolo assonico, al primo, poi al secondo nodo di Ranvier etc. Ponendo elettrodi a livello dei nodi possiamo misurare la velocità della conduzione dell’impulso. Il rivestimento di mielina è costituito da lipidi complessi (sfingomieline) che vengono sintetizzati dalle cellule di Schwann (nel SNP) e dagli oligodendrociti (nel SNC). In alcune malattie, errori congeniti nel metabolismo delle sfingomieline fanno sì che questi lipidi non vengano sintetizzati o sintetizzati con una velocità differente. Nelle malattie demielinizzanti la conduzione viene rallentata perché la conduzione non sarà più saltatoria ma avverrà per contiguità, ossia l’eccitazione viaggia lungo l’assone nudo come viaggia la fiamma in una miccia di dinamite. Nel terminale pre – sinaptico c’è la continuazione del citoscheletro, in questa maglia di proteine fibrose si trovano vescicole sinaptiche, alcuni mitocondri, alcuni ribosomi che effettuano una sintesi proteica locale. Queste vescicole sinaptiche sono contenitori costituiti di membrana cellulare e contengono neurotrasmettitori. Nella giunzione neuromuscolare le vescicole sinaptiche contengono il neurotrasmettitore acetilcolina (nei vertebrati) o glutammato (negli invertebrati). In una specifica vescicola esiste un solo tipo di neurotrasmettitore. I neurotrasmettitori sono in numero di 10:

1. Acetilcolina 2. Dopamina 3. Adrenalina 4. Noradrenalina 5. GABA 6. Glicina 7. Serotonina 8. Glutammato 9. Aspartato 10. Istamina.

Nel SNC i terminali sinaptici contengono oltre al mediatore chimico (uno dei dieci sopraelencati) alcune vescicole, opache al microscopio elettronico, che contengono sostanze di natura peptidica (più di un centinaio) tra le quali encefaline, endorfine, sostanza P, VIP, gastrina, secretina etc. Nel SNC possiamo trovare vescicole che arrivano a contenere anche tre di questi peptidi definiti neuro - modulatori; ad esempio possiamo trovare la dopamina (trasmettitore principale) con associati ad essa: VIP, CCK e bombesina. Nelle vescicole possiamo trovare anche come co – trasmettitori (o neuro modulatori) angiotensina, vasopressina od ossitocina, sostanze che normalmente esplicano la funzione di ormoni, infatti la vasopressina agisce sulle funzioni di riassorbimento nel tubulo collettore del rene.

TRASMISSIONE SINAPTICA

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Nella terminazione sinaptica esistono i neurotrasmettitori cosiddetti “principali” e i neuromodulatori. Quando il potenziale d’azione raggiunge il terminale sinaptico, il potenziale d’azione depolarizza la membrana cellulare che va a -55 mV, si aprono i canali voltaggio – dipendenti ed entra il Ca2+. Possiamo usare degli antagonisti di questi canali e il Ca2+ non entra più e la trasmissione si blocca o possiamo neutralizzare il Ca2+ entrato grazie a sostanze che chelino il calcio (ossia lo sottraggano all’ambiente): EDTA ed EGTA. Il Ca2+ entrato nel terminale attiva delle chinasi che fosforilano le sinapsine che, una volta attivate, muovono le vescicole. Le vescicole si fondono con la membrana e liberano il neurotrasmettitore (ad es. acetilcolina) nel vallo sinaptico. La membrana post – sinaptica contiene recettori per l’acetilcolina che sono di due tipi: recettori nicotinici e muscarinici. I recettori nella giunzione neuromuscolare sono di tipo nicotinico. I recettori nicotinici sono complessi macromolecolari, posseggono uno ionoforo (dal greco feromai = trasportare), ossia un varco per il Na+. Dopo che l’acetilcolina si è legata al suo recettore nel sito isosterico (che lega il trasmettitore principale) il Na+ entra depolarizzando la membrana (fino a -55 mV). [I siti allosterici invece legano “altro”, i siti allosterici possono essere positivi o negativi: i positivi aumentano il numero di siti per il trasmettitore principale, i negativi diminuiscono il numero di siti per il trasmettitore principale]. Al livello di – 55 mV abbiamo un evento locale, senza soglia, graduato in ampiezza (più Na+ entra più ampio è l’evento). Nel muscolo questa depolarizzazione prende il nome di “potenziale di placca”. Quando i potenziali di placca sono legati alla liberazione casuale di pacchetti (quanta) di acetilcolina, questi eventi vengono detti MEPS (miniature enplate potentials, potenziali di placca in miniatura); quindi c’è una graduazione: potenziale in miniatura, potenziale di placca e apertura dei canali per il Na+ voltaggio – dipendenti che genera il potenziale d’azione. Quando si genera il potenziale d’azione l’eccitazione si propaga lungo tutta la membrana sarcolemmatica; si depolarizzano anche le membrane cellulari delle strutture intracellulari che contengono il Ca2+ (cisterne sarcoplasmatiche). Se le membrane di queste cisterne si eccitano si aprono canali per il Ca2+ voltaggio – dipendenti ad alta capacitanza che permettono la fuoriuscita del Ca2+ il quale permette la contrazione muscolare ossia lo scivolamento di actina e miosina (proteine fibrose). Il Ca2+ esce dai depositi perché l’eccitazione apre questi canali chiamati canali rianodici. Esistono diverse isoforme di questi canali rianodinici, esistono farmaci che bloccano alcune forme e non altre etc. Il Ca2+ deve rientrare nelle cisterne permettendo rilasciamento, completando così il processo muscolare. Se non c’è rilasciamento la contrazione muscolare diventa una contrattura. Un muscolo si può contrarre nuovamente solo se si è rilasciato. Nella trasmissione di tipo chimico, di cui il prototipo è la giunzione neuromuscolare, la liberazione del neurotrasmettitore (acetilcolina) determina a livello post – sinaptico prima degli eventi locali, lenti, (gli ionofori che si trovano nel recettore nicotinico permettono il passaggio di poco Na+) mentre a -55 mV devono aprirsi i “grossi cancelli del Na+” per determinare la punta del potenziale di azione. Nel muscolo questo si traduce in liberazione del Ca2+ dalle cisterne, nello scivolamento di actina su miosina, nella contrazione muscolare. Nel SNC non c’è l’effettore che determina l’azione del potenziale d’azione, si chiama ugualmente potenziale d’azione anche se l’evento non porta all’ azione (contrazione) ma porta ad altro.

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Lezione 3 (15/04/2008)

“ Il neurone e la trasmissione neuronale” (II parte)

Le sinapsi sono di due tipi: elettriche e chimiche. La sinapsi elettrica si può avere tra tutte le cellule (tra due cellule dell’epitelio intestinale, tra cellule di glia, del fegato). Le due membrane, addossate l’una all’altra, sviluppano specializzazioni funzionali, di tipo molecolari che permettono il passaggio di cariche elettriche legate a ioni: ioni H+, K+ etc. Se le cariche passano dalla cellula A alla cellula B, indifferentemente in entrambi i sensi le sinapsi si dicono non rettificate. Se le cariche passano da una cellula A ad una cellula B la sinapsi si dice rettificata, cioè a “senso unico”. Le specializzazioni funzionali sono complessi molecolari formati da monomeri che si chiamano connessine. Il passaggio di cariche attraverso una sinapsi elettrica è un passaggio non puntuale di cariche, non è discreto e perciò diffuso, riguarda una miriade di cellule. Le sinapsi di tipo elettrico sono filogeneticamente antiche, sono rappresentate in Anfibi, Pesci, ma permangono anche nel cervello umano, ove tuttavia sono più diffuse quelle di tipo chimico. Anche nel SNC umano ci sono sinapsi elettriche: tra i fotocettori della retina e nella corteccia limbica oltre ad altre ancora; esse servono a sincronizzare popolazioni numerose di cellule nervose in una certa modalità, cioè modificano l’eccitabilità in un numero elevato di neuroni, li preparano a rispondere di più; esercitano un’azione diffusa. Le sinapsi di tipo chimico (es. placca motrice) presentano una porzione pre, una post ed un’altra intersinaptica. La porzione pre – sinaptica appartiene, nel caso della giunzione neuromuscolare ad un α – motoneurone spinale, il quale a livello del muscolo si sfiocca in diramazioni e prende contatto con la fibra scheletrica la quale è multinucleata (a causa della fusione dei mioblasti fetali). Al terminale assonico di un motoneurone spinale di uomo ci sono tra l’altro vescicole contenenti acetilcolina. Tali vescicole si formano nel corpo cellulare, o anche solo dei moduli si formano nel corpo cellulare e poi vengono trasportati al terminale ove vengono assemblati. Questo trasporto si dice “flusso assonico”. Esiste un flusso assonico di tipo lento, uno di tipo rapido. Il lento riguarda grosse molecole (pezzi per costruire mitocondri, vescicole), il rapido riguarda molecole piccole. I motori di questo flusso sono microtubuli e neurofilamenti. La direzione del flusso è bidirezionale (sia anterograda sia retrograda), contrariamente al segnale elettrico, che nascendo nella regione del monticolo assonico, finisce al terminale assonico senza possibilità di ritornare indietro. La membrana assonica in periferia è rivestita di guaina mielinica, a livello dei nodi di Ranvier, la membrana assonale è scoperta e ricca di canali per il Na+ voltaggio – dipendenti, che consentono l’apparente “salto” del segnale elettrico. Quando il segnale elettrico arriva al terminale pre – sinaptico la membrana a questo livello si depolarizza si aprono canali per il Ca2+ voltaggio – dipendenti, il Ca2+ attiva delle chinasi che fosforilano substrati come le sinapsine e le vescicole sinaptiche si sbloccano e rotolano fino alla membrana cellulare, liberando il loro contenuto per esocitosi. Nel vallo intersinaptico le molecole di Ach (acetilcolina) si legano ai recettori per l’Ach (nicotinici in fibre muscolari, muscarinici prevalentemente in SNA e SNP). L’Ach presente nelle vescicole si forma da colina e acetato attivo, una colino - acetilasi (una sintetasi) acetila la colina. L’Ach liberata in quanta (e non in maniera non regolata) si lega ai recettori post

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– sinaptici specifici per l’Ach. I recettori nicotinici sono fatti da diverse subunità e contengono uno ionoforo per il Na+, come ad esempio nel recettore per il GABA esiste uno ionoforo per il Cl-. Il recettore nel momento in cui lega l’Ach, mostra anche i siti allosterici dove possono agire sostanze di tipo diverso. Quindi si apre il canale, entra nella fibra muscolare il Na+, la fibra si depolarizza fin quando non si raggiunge il valore di – 55 mV, valore critico al quale si aprono conduttanze per il Na+ voltaggio – dipendenti. Questo recettore possiede in un “punto critico” della sua molecola una sequenza breve, di pochi aminoacidi, che funziona da sensore, cioè è in grado di misurare il potenziale di membrana,per cui a -55 mV il sensore si modifica, cambia l’assetto tridimensionale, gruppi fosfato si espongono consentendo la formazione di un binario costituito di cariche negative (PO43-) su cui passa il Na+ anche in accordo col suo gradiente di concentrazione. A – 55mV si aprono questi canali per il Na+ ad alta capacitanza, entra molto sodio, e abbiamo la punta del potenziale d’azione. Il potenziale d’azione è un fenomeno “tutto o nulla” (se si arriva a – 55mV, si supera la soglia ed esso si esprime in tutta la sua grandezza) se non si raggiunge la soglia non si verifica, non è graduato in ampiezza, arriva a +35 mV; può essere però graduato in frequenza. Il potenziale d’azione può diffondersi in tutte le direzioni “senza decremento”; così si diffonde alla membrana sarcolemmatiche e alle membrane delle cisterne sarcoplasmatiche, che eccitate consentono l’apertura di conduttanze voltaggio – dipendenti per il Ca2+ (canali rianodinici) che consentono la fuoriuscita del Ca2+ con il risultato della contrazione, il Ca2+ rientra poi nuovamente nelle cisterne attraverso gli stessi canali rianodinici. Se la sinapsi è tra un terminale nervoso e una cellula ghiandolare (es. del pancreas esocrino), l’ “azione” sarà la secrezione. Se la sinapsi è tra un neurone e una fibrocellula muscolare di un’arteriola capillare, invece, il risultato sarà la contrazione della stessa fibrocellula liscia. L’Ach legata al recettore si stacca (perché ha una costante di dissociazione), può essere degradata da acetilcolinesterasi. Esistono farmaci che bloccano gli enzimi acetilcolinesterasici, che bloccano la degradazione e producono come risultato il fatto che l’Ach rimane di più nel vallo intersinaptico. Uno dei meccanismi per bloccare l’azione del trasmettitore è quello della degradazione enzimatica. La sinapsi neuromuscolare è una sinapsi primitiva perché permette depolarizzazione e potenziale d’azione, non può inibirsi. Nelle sinapsi del midollo spinale si può bloccare il passaggio di un impulso. Da un singolo assone si sfioccano diversi piccoli assoni, ognuno dei quali va a formare una piccola placca motrice. Quando si sfioccano le collaterali si ha una moltiplicazione dei potenziali d’azione condotti. Gli insiemi funzionali di un muscolo sono rappresentati dalle unità motorie; un’unità motoria è formata da un α – motoneurone, da un assone, dalle collaterali e dalle fibre muscolari che fanno parte di quell’unità motoria. Il numero delle fibre muscolari che compongono un’unità motoria dipende strettamente dal muscolo; in caso di muscoli che permettono motilità fini (muscoli della mano, laringei, estrinseci dell’occhio) l’unità motoria è costituita anche da una sola fibra muscolare; nel caso dei muscoli del dorso (gran dorsale ad esempio), un’unità motoria contiene centinaia di fibre muscolari. Nel muscolo le fibre muscolari possono essere quelle destinate al controllo del tono muscolare (fibre toniche) e quelle destinate ad attività fasiche (ossia ai movimenti volontari). Le fibre toniche vengono contratte in maniera continua ma non sono sempre le stesse, avviene un continuo reclutamento di nuove. Per esempio durante il sonno REM, il tono muscolare cala, crolla verticalmente e non è possibile eseguire movimenti; i movimenti in questo caso saranno convulsi. Nel muscolo abbiamo fibre muscolari extra ed

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intra fusali. Le fibre extrafusali sono coinvolte nel tono muscolare e nei movimenti, (costituiscono Il 70%), il rimanente 30 % ha funzione di sensore, sono recettori di stiramento. I fusi neuromuscolari sono fibre muscolari, allungate, polinucleate, che hanno sviluppato la capacità di rispondere all’allungamento (allo stiramento). Nell’ambito di questi recettori ci sono fibre intrafusali dove i nuclei sono in fila, allineati e le fibre sono dette a catena nucleare, mentre i nuclei sono ammassati invece nelle fibre a sacco nucleare. Le fibre a catena nucleare sono sensori di tipo tonico, sono di tipo fasico quelle a sacco nucleare. Le prime rispondono allo stiramento lento e prolungato, le seconde allo stiramento brusco e repentino (es. del riflesso patellare). Se mi metto in piedi, la gravità tende a piegarmi sulle ginocchia, ma ciò non succede perché i quadricipiti vengono distesi in maniera lenta e prolungata evocando un riflesso posturale che porta alla contrazione degli stessi muscoli che vengono stirati, cioè i muscoli anteriori (i quadricipiti) della coscia. La giunzione neuromuscolare è un dispositivo visibile a piccolo ingrandimento, ma nel SNC questo dispositivo è arricchito da specializzazioni funzionali che permettono alla sinapsi stessa di fare molte cose. Il meccanismo d’azione dei neurotrasmettitori è sempre lo stesso, sia che essi siano cosiddetto “eccitatori” sia che siano “inibitori”. Nel cervelletto le fibre del Purkinje fanno sinapsi coi nuclei profondi liberando GABA, che si lega ai recettori post – sinaptici. I recettori per il GABA sono di tre tipi (GABA A,B e C). GABA A GABA B sono recettori di tipo ionotropo (attivano il passaggio di ioni, sostanzialmente del Cl-, il quale entra secondo gradiente chimico e contro gradiente elettrico, generando una iperpolarizzazione nella membrana). La differenza tra i GABA A e GABA B è che il primo lascia passare 10 picoSiemens (pS) di corrente, mentre il secondo ne lascia passare 20 (pS); GABA C è un recettore metabotropo, in quanto attiva fatti metabolici intracellulari: mobilizzazione di Ca2+ dai depositi, mobilizzazione di IP3 (inositol – trifosfato). Oltre a Ca2+ e IP3 conosciamo come mediatori intracellulari il cAMP, il cGMP e il DAG (diacilglicerolo). Per ogni trasmettitore c’è una gamma di recettori diversi. Nel sistema nervoso abbiamo recettori nicotinici e recettori muscarinici per l’acetilcolina. I recettori muscarinici nel sistema nervoso sono 10 (Mu 1 ,Mu2 etc.). La serotonina, ad esempio, è un trasmettitore che si forma dal triptofano per azione dell’enzima triptofano decarbossilasi e possiede 22 recettori nel sistema nervoso; ciò significa che la stessa serotonina agendo su recettori diversi può determinare azioni diverse. L’acido glutammico, neurotrasmettitore, ha di particolare la presenza di due gruppi carbossilici; i recettori con i quali può agire sono sia ionotropici, sia metabotropici. Gli ionotropici possono essere di tipo non NMDA (tra cui AMPA, quisqualato, kainato, indicati collettivamente col nome AMPA, i quali fanno passare cariche positive, depolarizzano rapidamente la membrana), di tipo NMDA (N-metil-diaspartato), i quali posseggono uno ionoforo bloccato dal Mg2+. Per aprirsi il recettore NMDA deve essere liberato da questo tappo (Mg2+). La depolarizzazione della membrana attraverso i recettori AMPA toglie il tappo di Mg2+, cosicché se arriva un secondo impulso attraverso i canali NMDA entra il Ca2+. Le cellule nervose posseggono dispositivi per rilevare e tenere conto della coincidenza di eventi. Cioè non è un semplice semaforo, nel senso che arriva un segnale, si libera il tappo di Mg2+ e se arriva un secondo impulso, il Ca2+ può entrare nella cellula. Il calcio entrando nella cellula agisce fosforilando substrati ed è come se la cellula scrivesse in codice biochimico l’evento. I recettori per il glutammato sono sofisticatissimi. I recettori ionotropi lasciano passare direttamente o indirettamente ioni; i recettori metabotropici, attraverso modificazioni

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metaboliche intracellulari determinano modifiche a lungo termine nelle conduttanze ioniche stesse. Il mediatore che viene liberato può legarsi a diversi recettori (altamente specifici) per lo stesso neurotrasmettitore. Bastano quantità minime per far interagire il trasmettitore coi suoi recettori in quanto essi sono altamente specifici. La giunzione neuromuscolare è una sinapsi sempre eccitatoria, mai inibitoria. Nel SNC, i coni e i bastoncelli della retina sono a contatto sinaptico con le cellule bipolari, le quali sono a contatto con le cellule gangliari, i cui assoni formano le fibre del nervo ottico. Tra il fotocettore e la cellula bipolare c’è una sinapsi che funziona ad acido glutammico. Parlare di sinapsi esclusivamente eccitatoria e di sinapsi esclusivamente inibitoria è un termine riduttivo. Lo stesso glutammato al buio ha una funzione eccitatoria, alla luce, inibitoria. Al buio se ne libera molto che agendo sugli AMPA fa entrare Na+ nella cellula bipolare, la quale si depolarizza. Se la luce colpisce la retina, si libera meno glutammato perché il fotocettore si iperpolarizza e lo stesso glutammato, legandosi a recettori di tipo metabotropici attiva conduttanze per il K+ che esce dalla cellula bipolare la quale quindi si iperpolarizza. Non esiste una sinapsi eccitatoria o inibitoria; dipende tutto dal neurotrasmettitore, dal trasduttore, dal recettore e anche da altri fattori. Il sistema nervoso, in ultima analisi, controlla tutte le attività del corpo umano, non ci sono esempi di funzioni che non sono sotto il controllo del sistema nervoso.

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Lezione 4 (17/04/2008)

“ Il neurone e la trasmissione neuronale” (III parte)

La liberazione del neurotrasmettitore, qualunque esso sia, nello spazio intersinaptico è causata dall’ingresso di Ca2+ nel terminale pre – sinaptico ma a provocare l’entrata di calcio è il potenziale d’azione che, depolarizzando il terminale, fa aprire canali voltaggio – dipendenti per questo ione, il quale può così entrare. Ma perché in un quiz la risposta giusta è “l’ingresso del calcio nel terminale”? Perché il potenziale d’azione può arrivare e il calcio non entra se abbiamo bloccato i canali con dei loro antagonisti, oppure il canale si apre, il calcio entra ma esso può essere chelato da sostanze chimiche quali EDTA o EGTA. Quindi la risposta giusta alla domanda “Cosa fa liberare il neurotrasmettitore?” è “l’ingresso del calcio nella cellula nervosa”. Il GABA, formatosi dal glutammato per opera di una GAD (acido glutammico decarbossilasi) e la glicina, aminoacido di piccole dimensioni, sono due neurotrasmettitori “classicamente” inibitori. Se un trasmettitore ha un effetto eccitatorio o inibitorio non dipende solo dalla sua natura ma anche da altre cose; dipende: 1) dal tipo di recettore cui si lega il trasmettitore, 3) dal co - trasmettitore o neuro modulatore, 3) dal trasduttore (dal sistema che trasduce ossia mette in atto la risposta). [Tutto ciò perché Il glutammato si può legare a un suo recettore e non succede nulla a meno che quel recettore non è esso stesso un trasduttore o è collegato, attraverso le proteine G, ad un trasduttore.]; dipende altresì dai secondi messaggeri e dai terzi messaggeri.

Il concetto di terzo messaggero nasce dall’oncologia sperimentale. Studiando tumori sperimentali, i patologi trovarono dei geni che controllano la moltiplicazione cellulare, siccome questi geni erano associati a virus oncogeni, li definirono oncogeni. La cosa interessante per la fisiologia è che geni simili esistono in tutte le cellule . Nel nucleo di tutte le cellule esistono interruttori molecolari di sintesi proteica chiamati ad esempio fos, jun, zif. Se ad esempio su un neurone un input fa attivare un fos, poi un altro input ne fa attivare un altro (fos) si formano due mRNA che, nel citoplasma, fanno sintetizzare la proteina fos. Queste proteine tendono a dimerizzarsi. Se dimerizzano C – fos e Fra – 1 (appartenente alla famiglia di fos) attivano la sintesi proteica. Se dimerizzano invece C- fos e fos – b, il dimero rientra nel nucleo e si va a legare in un certo punto del DNA (es. nel sito AP1) e determina il blocco della sintesi proteica. Oltre agli oncogeni virali esistono anche gli oncogeni cellulari ( o proto – oncogeni o geni ad attivazione immediata).

I COTRASMETTITORI

In una sinapsi possiamo avere oltre a un trasmettitore principale (es. dopamina) anche dei co – trasmettitori (fino a tre). In alcune sinapsi è presente dopamina come trasmettitore principale e insieme ad essa e in vescicole di forma diversa, opache al M.E., possono esserci sostanze di natura peptidica quali CCK (frammenti diversi della sequenza aminoacidica del CCK), il VIP (peptide intestinale vasoattivo) e la bombesina. In altre sinapsi possiamo trovare la somatostatina come co – trasmettitore. I co – trasmettitori sono in numero circa di 100. I co – trasmettitori sono co - localizzati con un trasmettitore principale e possono essere co – rilasciati in alcune situazioni particolari quali l’alta

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frequenza di scarica. Un recettore NMDA è costituito da siti isosterici (per il glutammato) e una serie di siti allosterici (per altre sostanze). I siti allosterici sono una decina. In uno di questi siti si può legare la glicina. Vi sono siti per i protoni (H+), siti per i glucocorticoidi, siti per la spermina, la spermidina etc. I cotrasmettitori possono interferire con la trasmissione sinaptica agendo come ligandi in siti allosterici sia positivi (siti che legano peptidi che modificano la conformazione tridimensionale del recettore che fa esporre più siti isosterici) sia negativi (siti che legano peptidi che determinano modificazioni conformazionali tali da nascondere i siti isosterici). I neuromodulatori possono agire con legame a siti allosterici positivi e negativi. Esistono una decina di meccanismi con cui si può spiegare l’azione dei cotrasmettitori, la quale è essenzialmente un’ azione neuromodulatrice: possono, cioè, sia aumentare sia diminuire la risposta al neurotrasmettitore (principale). La possibilità di partecipazione di questi tre “coattori” (i tre neuro modulatori) esercita un effetto nella neurotrasmissione, essi possono essere rilasciati in tempi diversi e la loro liberazione inoltre dipende da quello che è successo un poco prima, un giorno prima o molto tempo prima. La neuromodulazione sarebbe anche un altro strumento che usa la sinapsi per “tenere conto” di quanto è successo prima. In alcune sinapsi il recettore e il trasduttore sono entità distinte e separate (il trasduttore può essere un canale voltaggio - dipendenti per il Ca2+, le due entità sono legate con proteine G che accoppiano le due entità) il co – trasmettitore quindi può legarsi al canale ionico o può disaccoppiare il canale dal recettore o si può legare a questa proteina (canale ionico) e occluderla o bloccarla in apertura. Nella membrana pre – sinaptica esistono trasportatori di neurotrasmettitori che sottraggono il neurotrasmettitore liberato dal legame col recettore: es. DAT (per la dopamina), SERT ( per la serotonina); NAT o NET (per la noradrenalina o norepinefrina). Se si prolunga l’azione del neurotrasmettitore sul recettore (bloccando una DAT, o bloccando la ricaptazione) accade che il recettore post – sinaptico si modifica e risponde di meno (disaccoppiandosi dai trasduttori, traslocando anche orizzontalmente nella membrana). Prolungandosi nel tempo, questo evento causa la diminuzione del numero dei recettori. In presenza di uno stimolo dopaminico costante, accade che vengono sintetizzati meno recettori per la dopamina. Il rilascio del neurotrasmettitore informa l’elemento post – sinaptico che deve modificare l’espressione genica. In presenza di stimolo dopaminergico costante, l’espressione genica rallenterà nell’elemento post – sinaptico con conseguente diminuita produzione di recettori. Esiste dunque un interplay (uno scambio di informazioni) tra il livello pre – sinaptico e il post sinaptico. Questo interplay è mediato dal rilascio da parte dell’elemento post – sinaptico di “fattori neurotrofici”. [Cohen negli anni ’70 stava studiando un veleno di serpenti che promuoveva l’arborizzazione dendritica, da questi studi si è giunti alla scoperta del NGF (nervous growth factor)]. Ma NGF è solo il capostipite di una famiglia, cui appartengono anche le neurotrofine. Le neurotrofine vengono captate dal terminale pre – sinaptico, il quale le manda al neurone da cui origina quel terminale, e ritornano al corpo cellulare per flusso retrogrado rapido. I fattori neurotrofici, giunti al corpo cellulare, agiscono sui loro propri recettori. I substrati per questi recettori sono della TRAK chinasi (chinasi in tirosina). Il fattore neurotrofico si va a legare alle Trak chinasi che, come una penna, attaccano in punti diversi di una proteina gruppi fosfato, producendo così proteine diverse. Il concetto è che la sinapsi non è un circuito stampato è struttura labile, instabile, plastica, che se viene usata sopravvive, se non lo è decade. C’è un scambio continuo di informazioni tra il pre e il post- sinaptico. Il post, ricevuti i segnali dal pre, produce più o meno recettori, il

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post, d’altro canto, invia informazioni al pre attraverso le neurotrofine etc. Uno dei meccanismi coinvolti nell’azione dei neuro modulatori è il blocco della ricaptazione del mediatore. DAT è normalmente bloccata da farmaci psicostimolanti e da droghe d’abuso (tra cui cocaina). Bloccando DAT, la cocaina blocca la ricaptazione della dopamina che resta più tempo nel vallo intersinpatico e agendo sui recettori produce i suoi effetti (euforia, iperattività). Poco dopo, per quelle modificazioni plastiche a breve termine, ci vuole sempre più cocaina altrimenti la risposta si riduce. Con l’uso prolungato di questa droga d’abuso si provoca oltre che la dipendenza, l’aumento di dopamina, che si auto ossida, produce radicali liberi i quali portano a morte cellulare coi meccanismi dell’apoptosi (con livelli medi di dopamina), a livelli maggiori di dopamina le cellule muoiono per necrosi. Nell’apoptosi muoiono pochi elementi, nella necrosi c’è una morte massiva di elementi. Vanno a morte perché si perdono proprietà della cellula, la cellula si gonfia e esplode, versando il suo contenuto all’esterno tra cui anche il calcio (presente in calcium stones, in reticolo endoplasmatico, in mitocondri) che in forma libera è potentissimo, è un potente mediatore cellulare, può attivare chinasi, enzimi, infatti per mobilizzare il calcio dai depositi ci sono dei sistemi di controllo a IP3, le calmoduline etc. che prevengono un’intempestiva liberazione dello ione. Anche i mediatori sono estremamente tossici per i neuroni circostanti se vengono liberati extracellularmente; inoltre essi hanno azione chemiotattica, fanno inbibire i tessuti cellulare perché i detriti attirano acqua. I macrofagi attirati attivano la proliferazione di elementi gliali che lasciano in situ una cicatrice. I cotrasmettitori possono bloccare la ricaptazione del neurotrasmettitore. Oltre a DAT è molto importante anche SERT (soprattutto per l’utilizzo relativo a psicofarmaci, i cosiddetti SSRI, farmaci che bloccano la ricaptazione della serotonina per elevare il tono dell’umore ed alleviare i segni della depressione). La dopamina può essere demolita dalle MAO A e B (mono - amino ossidasi), dalle COMT (catecol – ossi – metiltrasferasi). Ci sono sistemi complessi per demolire queste sostanze e naturalmente il cotrasmettitore, bloccando o facilitando, l’enzima (che distrugge il trasmettitore) può modificare il livello di quel dato trasmettitore e modificare la neurotrasmissione. L’ossido di azoto (NO) è un messaggero retrogrado. Si forma per azione di enzimi detti NO sintasi (di cui esistono varie isoforme). Esso si foma dall’arginina; è prodotto dal post – sinaptico, è captato dal pre – sinaptico e facilita il rilascio di sostanze di vario tipo. Anche gli endocannabinoidi (cannabinoidi endogeni, tra cui i derivati dalla Cannabis indiana, dalla Cannabis sativa) sono neuro modulatori. L’alcool ha influenza sulla neurotrasmissione poiché fludifica la membrana e incide sul rilascio del trasmettitore.

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Lezione 5 (21/04/2008)

“ Le sinapsi ”

La sinapsi è un’articolazione tra due neuroni o tra un neurone e un effettore. Esse possono essere o elettriche o chimiche. La direzione del flusso di informazioni nella sinapsi è unidirezionale (non a doppio senso) e ortodromico, cioè “in avanti”. Le sinapsi sono in un numero strabiliante rispetto ai neuroni. Quanti input sinaptici contattano ad esempio una cellula piramidale della corteccia visiva ? Sono 30.000. Questi ingressi sinaptici sono sul corpo cellulare, sull’assone o sui dendriti ( di primo, secondo e terzo ordine). Ognuno di questi ingressi sinaptici “non fa niente”: determina, su un pezzo di membrana cellulare, liberando un trasmettitore eccitatorio o inibitorio, una depolarizzazione o iperpolarizzazione locale. Il neurone integra tutti questi ingressi sinaptici, e facendo l’ “algebra” di tutti questi ingressi può cambiare la frequenza di scarica. Se questi input non sono sufficienti a cambiare la frequenza di scarica non succede niente. Ci sono alcuni neuroni dotati di conduttanze ioniche tali che si esprimono a bassa frequenza (1/2 Hz cioè un ciclo ogni due secondi). Alcuni altri neuroni sono capaci di esprimersi a frequenza elevata (100 Hz). Un neurone che già di base si esprime a livelli elevati ha molto spazio per ridurre la frequenza di scarica, viceversa un neurone che si esprime a bassa frequenza (1/2 Hz) ha un “vasto campo” di possibilità (da ½ Hz a 100 Hz) per aumentare la frequenza di scarica. Nella retina i coni e i bastoncelli sono collegati tramite delle cellule cosiddette “bipolari” alle cellule gangliari, i cui assoni costituiscono le fibre del nervo ottico. In condizioni di riposo (al buio), le cellule gangliari della retina si esprimono a livelli elevatissimi, perché, per le loro proprietà intrinseche, sono dotati di conduttanze ioniche sofisticate che sparano ad alta frequenza (al buio). I fotoni che cadono sulle cellule gangliari possono ridurre la loro frequenza di scarica. Dunque la luce abbassa la loro frequenza di scarica. Un simile paragone può essere fatto per le cellule dei nuclei profondi del cervelletto. La corteccia cerebellare è più semplice di quella cerebrale (è fatta di soli tre strati). L’entrata nella corteccia cerebellare è rappresentata da fibre muscoidi e fibre rampicanti. L’uscita è rappresentata dagli assoni delle cellule del Purkinje (pron. Purkigné). Questi assoni contattano i neuroni dei nuclei profondi del cervelletto, e li inibiscono attraverso la liberazione di GABA. GABA A e GABA B sono recettori ionotropici, attraverso di loro passa corrente legata allo ione cloro, che entra nella cellula secondo gradiente chimico e contro gradiente elettrico e la cellula si iperpolarizza. In condizioni di base (in caso di riposo dell’individuo) questi nuclei (profondi del cervelletto) sono molto attivi, (come le cellule gangliari della retina). Quando la cellula del Purkinje manda potenziali d’azione che fanno liberare con meccanismo calcio - dipendenti il GABA, entra il cloro, il neurone si iperpolarizza e la sua frequenza di scarica cambia. L’informazione consiste nella variazione della frequenza di scarica. Quando una cellula è fortemente inibita essa “sta zitta”, ma alcuni neuroni posseggono conduttanze per il calcio voltaggio – dipendenti che a -120 mV fanno depolarizzare il neurone che così emette “punte da calcio”. Questi segnali (potenziali d’azione) rappresentano il messaggio elementare nella comunicazione tra le cellule nervose. Sono come dei “bigliettini bianchi” che viaggiano da neurone a neurone. Dovremmo capire come un potenziale d’azione che viaggia ad

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esempio da un alfa motoneurone spinale a un muscolo significa “contrazione di certe unità motorie”, uno che invece viaggia lungo le fibre ottiche significa informazione visiva e così via. Se guardassimo queste fibre con un microscopio virtuale non vedremo nulla che differenzia un tipo di fibre da un altro. Se non vi fossero sinapsi, sarebbe come una circolazione “senza semafori”. Siccome le vie nervose sono fitte, dense, c’è bisogno di “regolare il traffico”. Quando il segnale parte da un alfa motoneurone spinale e arriva alle fibre muscolari di una certa unità motoria succedono diversi eventi: arriva il potenziale d’azione al terminale, entra calcio nel terminale, si ha l’esocitosi, si libera acetilcolina, si ha il potenziale di placca, si ha il potenziale d’azione, si libera il calcio dalle cisterne sarcoplasmatiche, si ha lo slittamento dell’actina sulla miosina, poi si ha la contrazione. Ognuno di questi eventi biochimici dura millisecondi, ma la somma di tutti questi tempuscoli genera il “ritardo sinaptico”. Quando il segnale arriva al terminale pre – sinaptico, esso si deve fermare, deve aspettare, perché se passasse liscio ci sarebbe il caos. La sinapsi chimica introduce il ritardo nella circolazione unidirezionale in avanti, questo ritardo dura un tempo variabile, che dipende dall’esperienza della sinapsi, cioè da quello che è successo prima nella sinapsi. Le sinapsi sono in grado di tenere conto di ciò che è successo poco prima, un’ora prima, un giorno prima e così via. Ognuno di questi elementi sinaptici ha la capacità di memorizzare, di tenere conto dell’esperienza.

Questa sinapsi è un dispositivo in grado di introdurre un ritardo variabile. Se noi stimoliamo una sinapsi ad alta frequenza, succede che le vescicole rilasciano per esocitosi tutto il loro contenuto, cioè si liberano i quanta dei neurotrasmettitori. Le vescicole sono vuote, a un certo punto quella sinapsi non risponde più, si dice che quella sinapsi si è abituata. Questi fenomeno si chiama abitudine. Se dopo un certo tempo, le vescicole si sono ricaricate di trasmettitore e andiamo a stimolare quella stessa sinapsi con un singolo impulso nervoso, succede che quella stessa sinapsi risponde a quella stimolazione bassa in maniera esagerata rispetto al livello di stimolazione. Se stimoliamo due sinapsi, (una che ha avuto un’esperienza di scarica di impulsi e una che non ha avuto scarica d’impulsi) lo stesso evento produrrà un piccolo effetto in quella che non ha fatto questa esperienza e un grosso effetto in quella che ha fatto l’esperienza. Si dice, cioè, che la risposta della sinapsi che ha fatto esperienza sarà potenziata. Questo fenomeno, non irreversibile, si chiama potenziamento a lungo termine (PTL) o LTP (long term potentiation), questo a dimostrazione del fatto che questa sinapsi è un dispositivo in grado di variare (abbassare ed aumentare)la sua efficacia, tant’ è vero che se la stimoliamo notevolmente a distanza di un giorno o una settimana è come se ricordasse, come se avesse memorizzato. Per questa scoperta Paul Greengard, Arvid Carlson ed Eric Kandel hanno ricevuto nel 2000 il Premio Nobel per la Medicina e Fisiologia. La sinapsi è in grado di variare la sua efficacia perché possiede una serie di meccanismi biochimici che glielo permettono: sono meccanismi sia presinaptici sia postisinaptici sia eterosinaptici. Un trasmettitore si può legare a recettori post-, pre- ed etero- sinaptici. Se il neurotrasmettitore si lega al recettore pre – sinaptico, quest’ultimo regolerà il rilascio del trasmettitore (meccanismo di feedback che serve a controllare la quantità di trasmettitore che si libera). I recettori possono stare anche sulle cellule di glia e sui vasi sanguigni (recettori etero – sinaptici). Quando una sinapsi è stretta (tight), il trasmettitore si lega a livello post – sinaptico e, se abbondante, a livello pre – sinaptico ed etero – sinaptico (sulle cellule di glia ad esempio). Nel SNC la maggior parte delle sinapsi sono lasse: il terminale pre – sinaptico è libero e con

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meccanismo Ca2+ dipendente libera trasmettitori che finiscono nello spazio intercellulare, nei liquidi extracellulari, diffonde, potendosi così legare a recettori su neuroni, su cellule di glia e sui vasi. Sui recettori presenti sui vasi i neurotrasmettitori mediano il flusso sanguigno e la permeabilità cambiando il calibro dei vasi. Nel tronco dell’encefalo c’è un numero limitato di neuroni che costituiscono il locus coeruleus (LC), struttura bilaterale costituita da un numero limitatissimo di neuroni (1.800 per lato nel roditore in cui sono stati contati). Essi sono in grado di innervare tutto il prosencefalo ossia il cosiddetto forebrain (corteccia cerebrale, corteccia limbica, corpi striati, talamo, ipotalamo) e anche il midollo spinale. Ciò avviene perché questi neuroni posseggono assoni (formati da una branca ventrale e una dorsale) con un branching (ramificazione) molto esteso. I terminali sono beanti (non sono a contatto stretto coi neuroni) liberano noradrenalina che agendo sui vasi provoca vasocostrizione, sulle cellule gliali (es. astrociti) attiva la glicogenolisi (liberazione di glucosio); sulle cellule nervose, attraverso i vari tipi di recettori della noradrenalina, controlla gli ingressi sinaptici, aumentando il rapporto segnale/rumore. (immaginate la nostra aula come una popolazione di neuroni: il docente è al numeratore, gli alunni al denominatore; se gli alunni stanno zitti, il docente pur parlando a bassa voce è in grado di fornire un rapporto numeratore/denominatore efficace; se il denominatore si alza come anche il numeratore succede che questo rapporto diminuisce). La noradrenalina agisce su questo meccanismo di base aumentando il rapporto segnale/rumore. Questo è il meccanismo elettrofisiologico alla base dei processi dell’attenzione. Aumentando il rapporto segnale/ rumore i neuroni che devono elaborare delle informazioni operano meglio. Nelle sinapsi di tipo lasso i neurotrasmettitori agiscono con funzione vasocostrittrice sui vasi, con funzione metabotropica sulle cellule gliali. La sinapsi è un meccanismo capace di adattarsi nel breve e nel lungo termine. Dei 22 recettori della serotonina, sono tutti trasduttori o recettori collegati a trasduttori del segnale. Esistono diversi livelli di trasduzione del segnale perché nelle reti nervose questi dispositivi sono in grado di tener conto dell’esperienza. Questi meccanismi spiegano funzioni più complesse come il linguaggio, l’apprendimento, la memoria, il carattere, la morale etc. Quando come nella malattia di Alzheimer, si perde la memoria, non solo si perde l’identità, la propria esperienza, ma si perde anche la morale, il sé. Per ognuno di questi neurotrasmettitori esistono dei farmaci che antagonizzano il mediatore sul recettore, altri farmaci che bloccano la ricaptazione, altri ancora che bloccano o facilitano la sintesi. Il livello di sofisticazione di cui dispone un singolo neurone è stato già trattato. Esistono farmaci che bloccano il NAT o NET (trasportatore della noradrenalina), bloccando la ricaptazione della noradrenalina, farmaci quali la reboxetina e la tomoxetina che vengono usati nella sindrome da disattenzione con iperattività la quale colpisce i bambini. Ognuno di questi trasmettitori è importante per capire come funzionano i farmaci. Nelle sinapsi dopaminergica, la proteina DAT sta nel plasmalemma e risucchia la dopamina nel terminale, nelle vescicole sinaptiche che contengono dopamina esiste un’altra proteina in grado di rimpacchettare la dopamina nelle vescicole del terminale pre – sinaptico: si chiama V-MAT (trasportatore vescicolare delle mono – amine che trasporta anche noradrenalina, serotonina etc.). L’isoforma V-MAT 2 è presente nel cervello (nelle sinapsi del SNC). V-MAT 1 sta nella ghiandola midollare del surrene (in cellule cromaffini). V-MAT 2 è il bersaglio delle anfetamine e delle anfetamine modificate (crack, exstasy). Queste sostanze bloccano l’ingresso di monoamine nelle vescicole, le fanno rimanere citosoliche e quindi possono più facilmente uscire dal terminale. Queste sostanze con un

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meccanismo in parte noto portano a morte i neuroni, venendo meno le funzioni sottese da questi neuroni. Molti di questi neuroni mediano il piacere, con la morte di questi neuroni si ha la cosiddetta anedònia (incapacità di provare gioia, piacere). Il “piacere” ha componenti corticali e sottocorticali (neuroni dopaminergici del mesencefalo mediale: VTA area tegmentale ventrale; oltre ad altri neuroni serotoninergici, noradrenergici etc.). Ma il piacere è un risultato di operazioni che implicano anche la corteccia. Perché il piacere sia integrato da funzioni di ricordo etc. è necessario il rapporto di questi neuroni con la corteccia.

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Lezione 6 (22/04/2008)

“ Sistema nervoso centrale: sistemi monoaminergici ”

Alla base del cervello ci sono delle strutture notevoli e importantissime che passano quasi inosservate, tra cui dei gruppi dei neuroni che hanno delle funzioni chiave. Andando dall’avanti all’indietro, alla base del cervello, c’è il nucleo baso - cellulare di Meynert, costituito da un gruppo limitato di neuroni che innervano la corteccia cerebrale, la corteccia limbica e varie strutture prosencefaliche. Il trasmettitore usato da questi neuroni (gruppo colinergico baso – cellulare di Meynert) è l’acetilcolina. L’acetilcolina che opera in questa regione è più sofisticata, può interagire con diversi recettori. Nella placca muscolare il recettore per l’acetilcolina è di tipo nicotinico (possiede uno ionoforo per il sodio). Nel SNC sono presenti oltre a recettori nicotinici, vari recettori muscarinici (10 tipi) e recettori metabotropici. I neuroni del gruppo baso – cellulare di M. innervano molto a causa della loro ricca arborizzazione; ci sono delle tossine, tra cui mostarde azotate che, iniettate in questi neuroni, distruggono questi neuroni. Nei roditori sono stati costruiti modelli genetici per lo studio genetico della malattia di Alzheimer dove soprattutto i neuroni colinergici sono distrutti. Questi neuroni (colinergici) sono molto importanti per le funzioni superiori, le funzioni cognitive. Procedendo in senso rostro – caudale abbiamo, alla base del cervello, due gruppi di neuroni: uno mediale e uno laterale, quelli laterali (substantia nigra) (di tipo dopaminergico) sono famosi perché se degenerano causerebbero il morbo di Parkinson, essi innervano lo striato dorsale. La porzione dorsale del corpo striato corrisponde a nucleo caudato, putamen e globo pallido. Le funzioni che sovrintendono questi nuclei sono implicate nel tono muscolare, nei movimenti e nell’attenzione motoria. Attenzione motoria è quell’esercizio superiore che ci permette ad esempio di intagliare un veliero su di una piccola superficie. La porzione ventrale degli striati (nucleus accumbens = che è sdraiato al di sotto dello striato dorsale) ha una funzione limbica, ove per limbico si intende la motivazione, il piacere legato ad un atto motorio, la gratificazione, la pregnanza emotiva di un atto. Lo striato (dorsale e ventrale) è fatto da neuroni mediamente spinosi e GABAergici. Questi neuroni, prevalentemente di proiezione proiettano al mesencefalo, al globo pallido e da qui al talamo, dopo sinapsi con altri neuroni GABAergici. La minima parte costituita dai neuroni rimanenti è costituita da interneuroni di vario tipo. Questi neuroni GABAergici di proiezione, hanno un corpo cellulare grande, un’arborizzazione dendritica notevole, assoni che fuoriescono dallo striato, ma sull’arborizzazione dendritica arrivano input a glutammato dalla corteccia frontale, molti ingressi modulatori a dopamina, a serotonina. In questi neuroni GABAergici, coesistono anche neuromodulatori diversi: met – enkefalina, leu – enkefalina, dinorfine, endorfine (morfine endogene, ne esistono del tipo α, β, γ) casumorfine (peptidi oppiacei derivati dal latte) etc. (Le endorfine agiscono sui recettori di tipo Mu, le enkefaline agiscono su recettori di tipo δ ed ε, le dinorfine su recettori di tipo κ). Il concetto è che queste sostanze modulatrici, nello striato, agiscono sulla trasmissione a glutammato in vario modo, con sostanze diverse, agendo su recettori diversi etc. Il 90% dei neuroni striatali sono neuroni mediamente spinosi a GABA con un’arborizzazione dendritica estesissima su cui c’è un interplay, un concorso di influenze di vario tipo, che serve a

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controllare queste uscite verso il mesencefalo e lo striato. I neuroni dopaminergici della substantia nigra interagiscono con la parte dorsale dello striato; la neurodegenerazione di questi neuroni, sulla cui natura non si è del tutto d’accordo, detti meso - striatali (mesencefalo - striatali), porta al Parkinson, questi neuroni interagiscono coi neuroni GABAergici dello striato dorsale permettendo di modulare finemente il tono muscolare, i movimenti volontari e l’attenzione motoria. La lesione dei questi neuroni porta al Parkinson, perché la morte dei neuroni porta alla degenerazione degli assoni e dei terminali, quindi assenza di dopamina, ma i recettori per la dopamina presenti sui neuroni GABAergici dello striato, in assenza del mediatore, si up- regolano (si regolano verso l’alto, aumentano). La neurotrasmissione regola attraverso i fattori neurotrofici l’espressione genica delle proteine che costituiscono i recettori. In assenza di dopamina, si sintetizzano più recettori per la dopamina, così la membrana dei neuroni GABAergici diventa super - sensibile alla dopamina. Una delle terapie più utilizzate nella terapia del Parkinson è l’impiego di di-iidrossi-fenilalanina, precursore della dopamina, substrato della Dopa – decarbossilasi. La dopamina somministrata per os, per via parenterale, o endovenosa, non potrà attraversare la barriera emato – cerebrale; la dopamina data perifericamente dà effetti collaterali cardio-vascolari, la dopamina è substrato di un altro enzima che porta alla noradrenalina che ha effetti vasocostrittori sulle arteriole precapillari, ed ha anche effetti cardiaci. Diversi decenni or sono è stata ideata una strategia facendo aumentare la dopamina in cervelli di parkinsoniani, utilizzando la DOPA, che oltrepassata la barriera emato - cerebrale viene trasformata in dopamina e agisce sui recettori dopaminergici up- regolati che si abbassano di numero e la situazione si regolarizza. Non solo si dà la DOPA che attraversa la barriera emato – cerebrale ma bisogna utilizzare un farmaco che perifericamente non trasformi la DOPA in dopamina, per evitare i suoi effetti cardio – vascolari. La dopamina, somministrata in tal modo, ha anche altre funzioni (funzione neurotrofica); agendo su cellule astrocitarie induce la formazione di fattori neurotrofici. Questo è anche il motivo del grande successo di un’altra terapia: l’inserimento nello striato di minipompe, costituite da cellule cromaffini della midollare del surrene, che poste nella teca cranica a livello degli striati, possono produrre dopamina, dopo essere state modificate grazie all’ingegneria genetica. L’utilizzo di cellule staminali a tal fine, ha soppiantato questa pratica. Nel mesencefalo, nella parte laterale esiste un gruppo di neuroni che innervano lo striato; nella parte più mediale c’è la VTA (formata da neuroni dopaminergici che innervano il nucleus accumbens, il nucleo della banda diagonale del Broca, e la corteccia prefrontale). I neuroni della VTA (area tegmentale ventrale) costituiscono il sistema meso – cortico (corteccia prefrontale) – limbico (porzione ventrale dello striato). Questi neuroni controllano i movimenti e le funzioni cerebrali superiori. Procedendo verso dietro troviamo i neuroni del rafe, essi utilizzano la serotonina, sono delle strutture filogeneticamente molto antiche, che quindi svolgono delle funzioni essenziali. Ognuno dei 22 recettori per la serotonina è esso stesso un trasduttore o è collegato con un sistema di trasduzione. Sistema colinergico baso – cellulare di Meynert, sistema dopaminergico dell’area tegmentale ventrale, sistema serotoninergico, sistema noradreneregico (del locus coeruleus). Tutti questi gruppi sono alla base del cervello, sono filogeneticamente antichi e molto protetti da urti e insulti. Il quinto gruppo, che non sta alla base del cervello ma un po’ più sopra, è costituito da neuroni che originano dalla parte posteriore dell’ipotalamo ove esistono neuroni istaminergici, che utilizzano istamina, mediatore che si forma dall’istidina per azione

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dell’enzima istidin – decarbossilasi. Altri gruppi sono sotto indagine, perché non tutti sono d’accordo che questi neuroni che controllino le attività cerebrali come quelli appartenenti ai cinque gruppi summenzionati. Tutti questi sono neuroni sono molto controllati all’origine e a livello di terminale; dall’assone si staccano collaterali che vanno a fare sinapsi sul corpo cellulare o sui dendriti, potendo inibire a feedback negativo lo sparare di questi neuroni, alcune proteine di membrana servono a stoppare l’attività di questi neuroni: DAT, NAT, SERT, per l’acetilcolina ne esistono diverse di proteine. Per ognuna di queste proteine esistono farmaci o droghe d’abuso che agiscono su di essi. C’è un altro sistema dello sparare di questi neuroni e sta sul terminale: quando la serotonina viene liberata a livello dei terminali, questa serotonina può venire fermata, non interagire col recettore, venendo captata dal recettore pre – sinaptico (feedback presinaptco). Un altro sistema è rappresentato dagli endocannabinoidi (cannabinoidi endogeni); si pensava che essi fossero i recettori per i TCH (cannabinoidi sintetici). Gli endocannabinoidi sono sostanze quali l’anandamide, che si formano dall’acido arachidonico. Si chiamano endocannabinoidi perché si uniscono agli stessi recettori per i cannabinoidi sintetici (CB1, CB2 e CB3). Quando si libera dopamina essa agisce anche sui recettori presinaptici, attiva cascate biochimiche, attiva enzimi per cui si ritaglia anandamide dall’acido arachidonico e così si riduce il rilascio della dopamina. Questo meccanismo è stato verificato anche per altri trasmettitori (serotonina etc.). Le droghe d’abuso agiscono su recettori al posto di sostanze che il nostro organismo produce di per sé: i cannabinoidi sono prodotti dal cervello, dai testicoli etc. Le droghe d’abuso provocano un meccanismo di gratificazione che è stampato nel cervello di tutti i mammiferi.

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Lezione 7 (28/04/2008)

“ La sostanza reticolare ”

Alla base del cervello ci sono dei gruppi dei neuroni, poco numerosi, ma strategici: sono il gruppo colinergico baso cellulare di Meynert; il gruppo dopaminergico dell’ATV; il gruppo serotoninergico del rafe e quello noradrenergico del locus coeruleus. La substantia nigra è coinvolta nel controllo motorio. Dalla parte posteriore dell’ipotalamo originano un gruppo di neuroni che utilizzano istamina. Tutti questi neuroni innervano tutto il prosencefalo e il midollo spinale grazie al loro “branching”. Tali neuroni sono inseriti in quella che si chiama sostanza reticolare (substantia reticularis), già conosciuta alla fine dell’800 da Ramon y Cajal e Camillo Golgi. I nuclei della sostanza reticolare non sono cosi ben visibili come quello di Edinger Westphal o del Becthrew o altri. Nel tronco dell’encefalo ci sono nuclei (porzioni di sostanza reticolare) che controllano il respiro o il circolo (centro cardio - acceleratore, cardio - inibitore, vasomotore etc.) non così ben visibili come quelli di Edinger – Westphal, di Bechtrew etc. A occhio nudo questi nuclei di sostanza reticolare non si vedono, si è scoperta la loro esistenza osservando gli effetti prodotti dopo stimolazione di queste zone. In questa sostanza reticolare oltre a questi neuroni, esistono neuroni serotoninergici, colinergici, ad aceticolina etc; essi sono incorporati (enbedded) nella sostanza reticolare essi però non hanno nulla a che vedere con la sostanza reticolare. Questi neuroni (della sostanza reticolare) utilizzano glutammato e dopamina. Cinquant’anni dopo le scoperte di Golgi e Cajal, i quali individuarono l’anatomia di questa sostanza reticolare, Giuseppe Moruzzi e Orazio Magoun (nel 1948) diedero spiegazione della fisiologia della sostanza reticolare. Moruzzi e Magoun avevano calato un elettrodo stimolante in quella che poi fu chiamata sostanza reticolare di un animale anestetizzato e posto in un apparecchio stereotassico, e con una breve corrente continua, osservarono, dopo aver posto elettrodi a livello della corteccia, che la qualità dell’attività elettrica cerebrale cambiava. Si abbassò l’ampiezza delle onde ma aumentò la frequenza. Fenomeno detto desincronizzazione (tipica della veglia e del sonno con sogni). Moruzzi e Magoun osservarono che la stimolazione della sostanza reticolare aveva svegliato l’animale. Moruzzi e Magoun capirono che la sostanza reticolare stimolata elettricamente, trasmetteva informazioni alla corteccia attraverso un nodo, un relais (i nuclei intralaminari del talamo). Facendo lesione irreversibile dei nuclei intralaminari del talamo, facendo passare una corrente con una certa caratteristica, essi si coagulano. La stimolazione della sostanza reticolare, coi nuclei intralaminari lesi, non porta a desincronizzazione nell’EEG; oppure si può iniettare nei nuclei intralaminari sostanze che bloccano reversibilmente la trasmissione degli impulsi: la TTX o la procaina (anestetico locale); in questi animali che ricevono stimolazione della sostanza reticolare non si ha desincronizzazione corticale. Il talamo possiede nuclei a proiezione aspecifica (i nuclei intralaminari del talamo: proiettano a tutta la corteccia indistintamente); i nuclei a proiezione specifica: corpo genicolato laterale il quale trasmette alla corteccia visiva; il corpo genicolato mediale che proietta alla corteccia uditiva; il nucleo ventro – postero – mediale (NVPM) e il nucleo ventro – postero – laterale (NVPL ) i quali proiettano alla circonvoluzione post- rolandica informazioni sulle sensibilità generali. Il talamo possiede dei relais che ricevono informazioni sensitivo - sensoriali e le proiettano a zone specifiche della corteccia cerebrale, specializzate ad elaborare quella data modalità sensitivo –

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sensoriale. Esistono nuclei a proiezione specifica, aspecifica e anche nuclei limbici, che ad esempio ricevendo informazioni sul gusto le proiettano alla corteccia limbica (costituita di allocortex: corteccia a tre strati). Ognuno dei sei strati della corteccia cerebrale (neocortex: visiva, uditiva, motoria, delle sensibilità etc.) dà un contributo cellulare, neuronale a delle strutture verticali dette colonne. Queste colonne sono visibili con tecniche di imaging funzionale. Se stimoliamo la cute di un polpastrello di un macaco, nella post – rolandica contro laterale, si accendono strutture verticali corrispondenti alla zona stimolata. La corteccia motoria (pre – rolandica) contiene rappresentate le unità motorie (l’area corrispondente ai muscoli grandi dorsali è poco rappresentata a differenza ad esempio dei muscoli laringei o degli estrinseci dell’occhio; infatti un unità motoria dei muscoli estrinseci dell’occhio è formata da una singola fibra muscolare. La colonna diventa l’elemento di una struttura più complessa detta modulo: più colonne si possono attivare o disattivare attraverso connessioni pre - sinaptiche preesistenti: queste connessioni sono i moduli. Le colonne sono come gli elementi di un team, i quali comunicano tra di loro, cioè i giocatori si passano la palla per esempio. La palla non si passa all’avversario, la palla se la passano metaforicamente tra di loro certe colonne; ossia quelle che controllano quelle unità motorie che permettono un certo movimento. Le colonne che controllano un certo movimento si passano delle determinate informazioni. Le colonne sono formazioni verticali, statiche ma da sole non spiegano nulla. Più colonne si possono assemblare e disassemblare in un tempuscolo sia per permettere il movimento sia per permettere l’elaborazione delle immagini, del gusto etc. Un altro principio generale che ci permette di capire come controlliamo i muscoli e le informazioni in ingresso è rappresentato dal fatto che nella corteccia cerebrale ci sono delle mappe (corrispondenza tra il centro e la periferia) che generalmente vengono definite somatotopiche. Se stimoliamo con la superficie cutanea e possiamo registrare i potenziali evocati dalla corteccia possiamo ripercorrere la mappa. Si vede ad esempio che nel lobo parietale (circonvoluzione post – rolandica) di entrambi i lati c’è la mappa somatotopica che è una mappa deformata, nel senso che ad esempio un cm2 di dorso presenta una minore densità di recettori (numero di recettori per unità di superficie) rispetto a quelli presenti nei polpastrelli; inoltre il potere di risoluzione (capacità di discriminare due punti distinti) dei recettori dei polpastrelli è maggiore di quello presente nei recettori del dorso. Nell’area visiva primaria (area V1 o area 17 di Brodmann) c’è la mappa delle retine. I coni che permettono la visione fotopica (la visione dei colori) e la discriminazione di due punti sono nella porzione centrale della retina; i bastoncelli, situati nelle porzioni laterali della retina, ci permettono la visione crepuscolare (scotopica) e ci permettono di raccogliere informazioni visive dai campi laterali. I fotocettori retinici sono rappresentati nell’area visiva primaria e senza la corteccia non saremmo in grado di discriminare. La corteccia uditiva (in lobo temporale; circonvoluzione temporale superiore) contiene la mappa delle lunghezze d’onda perché vengono recepite nell’orecchio interno dalla coclea. Nella corteccia uditiva del lobo temporale viene rappresentata la coclea (tubicino che si avvolge su se stesso): formata da una rampa vestibolare e da una rampa timpanica, divise da una lamina su cui poggiano le cellule cocleari (interne ed esterne), che muovendosi verso l’alto vanno a contattare la membrana tectoria: così si genera il segnale. Il DO e il SI fanno entrare in massima risonanza alcuni punti della coclea in maniera diversa l’una dall’altra. Questo è il modo con cui quale suono attiva quali neuroni. Anche le onde sonore diventano quale tipo di

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neurone viene stimolato. Nella corteccia ci sono aree specifiche dove colonne e moduli specifici raccolgono informazioni da varie modalità sensitivo- sensoriali e controllano certe unità motorie. Queste mappe sono: sproporzionate (ad es. nella mappa retinotopica la parte centrale è rappresentata di più). Queste mappe non sono circuiti fissi, ma sono dinamici, plastici; nel senso che sono neuroni che si attivano o si disattivano con delle connessioni sinaptiche, la cosa più effimera che c’è in quanto sono costituite da proteine. Se un orecchio si allena a distinguere le note, le mappe uditive saranno molto elaborate, raffinate e perciò plastiche. Se un soggetto viene colpito da un colpo apoplettico (emorragia cerebrale, infarto cerebrale) viene meno l’apporto di ossigeno e glucosio e migliaia e migliaia di neuroni muoiono; si perde la capacità del linguaggio; ma essa non è una cosa irreversibile; poiché le mappe motorie, sensitive etc. non sono uniche ma sono multiple, e in caso di lesione vengono reclutate mappe accessorie che si trovano in altre parti. In caso di paresi, i muscoli della mano non mandano segnali alle cellule nervose; ciò che il medico può fare è attivare passivamente i muscoli della mano lesa. Il fatto che queste mappe siano plastiche si basa sulla conoscenza dello scambio di fattori neurotrofici in rapporto alla trasmissione sinaptica. Moruzzi e Magoun scoprono che la sostanza reticolare comunica attraverso i nuclei intralaminari con tutta la corteccia cerebrale. I neuroni colinergici, istaminergici, serotonergici, dopaminergici etc comunicano con la corteccia cerebrale ma non attraverso i nuclei intralaminari del talamo. Mentre la sostanza reticolare accende in maniera diffusa la corteccia cerebrale e la prepara a lavori specifici e alle risposte motorie, i sistemi dopamergico, noradrenergico, istaminergico, se vengono stimolati, non fanno sì che si desincronizzi la corteccia cerebrale. Da un lato la sostanza reticolare sveglia la corteccia cerebrale, ma come tiene conto delle informazioni dall’ambiente? C’è nel cervello un orologio di rete. Le cellule del nodo SA di Keith e Flack sono in grado di emettere segnale, per cui se tagliamo tutte le fibre nervose del cuore, mettendolo in opportune condizioni, questo cuore non perde la capacità di eccitarsi. Queste cellule mio – epiteliali sono organizzate sotto forma di sincizio e queste cellule sono collegate da sinapsi di tipo elettrico, ma posseggono un corredo di conduttanze ioniche piuttosto sofisticato. Questa capacità di segnare il passo, di fare da pace – maker è legato ad un equilibrio tra conduttanze ioniche per qualche ione: potassio, sodio, calcio, magnesio. E’ un equilibrio dinamico variabile nel tempo. Questo è legato a proprietà intrinseche, non sono proprietà di rete. Di rete significa che più elementi devono cooperare perché certi neuroni facciano il segnapassi. Un circuito elementare è fatto da un neurone A e un neurone B. Se il secondo neurone ha una collaterale che ritorna sul primo neurone o su un interneurone inibitorio; questi segnali vanno a inibire il primo neurone. Questa è una tipica proprietà di rete. Il secondo che risponde inibisce il primo. Nel talamo e nella corteccia cerebrale ci sono elementi organizzati in rete per cui vi è un clock talamo - cortico - talamico che gira a 40 Hz (40 cicli al secondo) che permette il sonno, la veglia, l’attenzione. Questo clock è attivo sempre, quando dormiamo e quando stiamo svegli. Le alterazioni di questo clock sono associate a psicosi, a depressioni endogene, a grosse alterazione dell’elaborazione delle informazioni. Oltre a questa gabbia (nuclei) fatta di fibre in cui ci sono neuroni reticolari che comunicano con la corteccia attraverso i nuclei intralaminari del talamo, c’è questo clock di rete talamo – cortico – talamico. Questi consentono di elaborare informazioni in ingresso, in uscita, per esercitare l’attenzione sensitivo – sensoriale e l’attenzione motoria.

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Lezione 8 (29/04/2008)

“ Sistema della ricompensa”

Già nei disegni a matita di Ramon y Cajal si evidenzia l’aspetto della sostanza reticolare che è quello di un reticolo di fibre nelle cui maglie sono localizzati neuroni che utilizzano alcuni glutammato, alcuni dopamina. Alla fine degli anni ’40 Giuseppe Moruzzi e Orazio Magoun scoprirono una delle funzioni fondamentali della sostanza reticolare. Inserendo elettrodi stimolanti nella sostanza reticolare e facendo passare una corrente continua osservarono che l’attività elettrica corticale cambiava aspetto. La stimolazione della sostanza reticolare produceva desincronizzazione dell’attività elettrica corticale. Quest’effetto era mediato dai nuclei intralaminari del talamo, essi sono nuclei a proiezione aspecifica (proiettano su tutta la corteccia cerebrale indistintamente e prevalentemente queste fibre fanno sinapsi coi i neuroni del IV strato della corteccia). L’attivazione della corteccia cerebrale è solo la funzione principale della sostanza reticolare. (RAS = sostanza reticolare ascendente). Alla base del cervello, incorporate nella sostanza reticolare esistono gruppi di neuroni (locus coeruleus, gruppo colinergico baso – cellulare di Meynert etc.). Su alcuni testi è riportato che tutti questi nuclei fanno tutt’uno con la sostanza reticolare, ma ciò non è vero. La sostanza reticolare agisce sulla corteccia cerebrale attraverso i nuclei intralaminari del talamo. Facendo lesione sui nuclei intralaminari del talamo, Moruzzi e Magoun facevano scomparire quest’effetto della sostanza reticolare sulla corteccia. Tutti i neuroni citati prima, anche se “en passant” fanno sinapsi coi nuclei intralaminari del talamo, hanno un arborizzazione estesissima, innervano la corteccia cerebrale, la limbica e anche il talamo. Il fatto che ci siano delle sinapsi en passant coi nuclei intralaminari del talamo non significa che i neuroni serotonergici, dopaminergici, noradrenergici etc. operino attraverso i nuclei intralaminari del talamo. Se disponiamo di una serie di neurotossine relativamente specifiche (la 6 idrossidopamina, le mostarde azotate nei neuroni colinergici) con cui possiamo ledere in maniera specifica questi neuroni, facciamo morire tutti questi neuroni e tutto il resto rimane integro, possiamo quindi vedere il contributo specifico di quel sistema. La sostanze reticolare rimane integra anche se leviamo neuroni dopaminergici. Il fatto che la sostanza reticolare e questi neuroni alla base del cervello sono separati è una cosa importantissima, non è una cosa di poco momento. Alla base del cervello ci sono diversi gruppi di nuclei noradrenergici; il LC, nel ratto, non è l’unico dei nuclei noradrenergici (è fatto da 3.600 neuroni in totale). Il LC innerva tutto il nevrasse (corteccia cerebrale, corteccia limbica, striato, talamo, ipotalamo, midollo spinale). Questo LC innerva tutto il prosencefalo grazie al fatto che gli assoni si dividono in un fascio ventrale e in un fascio dorsale e con l’arborizzazione terminale contattano neuroni, cellule di glia e vasi sanguigni attraverso delle sinapsi di tipo lasso, per cui la noradrenalina, non venendo a contatto coi recettori post - sinaptici immediatamente, naviga, si diffonde nello spazio intercellulare, ha effetti su cellule di glia e sui vasi. Sui vasi la noradrenalina media la vasocostrizione, agisce sui recettori noradrenergici di vario tipo, utilizzando vari trasduttori, regola il calibro dei vasi, regola il flusso, l’apporto di glucosio, ossigeno etc.; anche la dopamina, liberata dai sistemi meso – striatali e meso – cortico - limbico ha effetti sul

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calibro dei vasi e sul flusso. Sugli astrociti la noradrenalina attiva la glicogenolisi (per cui si mobilizza glucosio utilizzato dalla cellula gliale e anche dalla cellula nervosa). Per quanto riguarda la noradrenalina, dipende dai recettori e dai trasduttori quale effetto produce. Fa cose diverse ma sostanzialmente aumenta il rapporto segnale/rumore. Diminuendo il rumore al denominatore, anche rimanendo costante il segnale che sta al numeratore, questo rapporto migliora e quindi il neurone può elaborare le informazioni in ingresso con maggiore efficienza. I neuroni noradrenergici del LC svolgono funzioni diverse. I nuclei noradrenergici desincronizzano l’attività elettrica cerebrale è vero ma i nuclei noradrenergici non sono il LC. Il LC è uno dei nuclei noradrenergici ma fa parte di quei gruppi di neuroni della base del cervello. La sostanza reticolare è compenetrata da questi neuroni che utilizzano trasmettitori particolari. C’è un altro argomento forte per dire che la sostanza reticolare è una cosa e questi nuclei sono un’altra. Le fibre di tutti questi neuroni viaggiano per giungere alla corteccia cerebrale, ammassati in una struttura anatomica quale è il medial forebrain bundle (fascio prosencefalico mediale). In esso non viaggiano fibre della sostanza reticolare. Quali sono le funzioni di questi nuclei che stanno alla base del cervello ? Molte di queste funzioni sono argomento di ricerca perché in questi neuroni ci sono molte proteine bersaglio di alcuni farmaci coinvolte nella cura della depressione. Il grande interesse verso questi neuroni è datato a metà degli anni 60. (1964). All’università di California, uno psicologo chiamato James Olds fa una scoperta per caso quando ad occidente si studiava il comportamento operante, ad Est, il condizionamento classico alla Pavlov. Studiando i ratti albini, aveva inserito, nel cervello degli elettrodi stimolanti per studiare il comportamento. Sulla parete della gabbia erano poste delle luci, per dare dei segnali e una o due leve; se l’animale poneva la zampetta sulla leva, otteneva acqua o cibo. Avendo inserito l’elettrodo nel fascio prosencefalico mediale, fa passare un po’ di corrente (auto stimolazione, sistema di ricompensa), dopo la quale l’animale si eccitava. Se l’animale poneva la zampa su di una levetta si chiudeva un circuito e passava corrente attraverso la medial forebrain bundle; per caso l’animale batte sulla leva, poi successivamente avviene tutto questo con una frequenza elevatissima. Significa che l’animale impara che battendo sulla leva riceve stimolazione alla medial forebrain bundle. Olds apre uno squarcio su un campo enorme: l’animale batte con una frequenza tale per cui si disinteressa completamente di qualsiasi altra cosa: se l’animale per accedere alla leva deve passare attraverso un pavimento fatto da barrette di metallo attraverso cui passa la corrente che genera dolore in lui, supera questo ostacolo pur di autostimolarsi. Questo fenomeno è stato definito self - stimulation (ICSS = intra cranial self stimulation). Se ci sono delle femmine in calore, vicino a questa levetta, l’animale si disinteressa anche di questo pur di autostimolarsi, fintanto che l’animale muore o per inedia o per ictus cerebrale. Olds si interrogò se questa cosa riguardava solo i gatti od anche altri mammiferi. Un neurobiologo spagnolo, José Delgado, a metà degli anni Sessanta, opera sotto anestesia un toro inserendo degli elettrodi senza fili nel fascio prosencefalico mediale. L’animale durante un corrida è pronto per attaccare, ma ricevuto il segnale da parte di Delgado, il toro cambia idea, rallenta, si piega sulle ginocchia, si sdraia, come se stesse in sollucchero, ciò causa reazioni neurovegetative nel toro. Questa è la prova che anche nel cervello del toro questo sistema di stimolazione attiva il sistema neurale della gratificazione (reward sistem). Ciò interessa anche l’uomo. Un neurochirurgo, Giuseppe Amantea, facendo operazioni neurochirurgiche per l’epilessia, utilizzò dei microelettrodi senza anestesia in alcuni punti del medial forebrain

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bundle, facendo stimolazione con questi elettrodi, riceveva risposte dai pazienti quali: sento delle musiche belle, vedo bei colori etc. Dopo quarant’anni di ricerche circa possiamo concludere che nel cervello di tutti gli animali, nella profondità del cervello, ci sono delle strutture la cui stimolazione evoca il senso del piacere. Ma per stimolare questo sistema bisogna ricorrere all’impiego di questi elettrodi ?. Questi elettrodi sono stati utilizzati per evidenziare un sistema, così come lo Sherrington scoprì con la rigidità da cerebrazione il sistema gamma. Se questo sistema reward sta nel cervello di tutti noi, come viene stimolato? Fisiologicamente può essere stimolato con stimoli sensitivo – sensoriali “normali”. Noi possiamo essere contenti leggendo un bel libro, guardando un bel panorama, sentendo una bella musica. Questa gioia è mediata da questo sistema. Stimoli di natura diversa possono direttamente e indirettamente, stimolare il sistema della ricompensa, ad esempio evocando la memoria. Anche attingendo all’esperienza, semplicemente pensandoci possiamo evocare il piacere. Questo sistema si attiva durante questi ricordi. Durante l’esposizione a questi stimoli questo sistema si accende, consuma più ossigeno, più glucosio, si attiva il sistema di ossido – riduzione, tutti processi che possiamo rilevare con la PET, con la NMR etc. ovvero con sistemi non invasivi. Le zone di cervello che consumano molto ossigeno vengono colorate in rosso, bianco, quelle consumano meno vengono colorate in giallo, blu etc. Questo sistema ha dei punti chiave alla base del cervello. Questo sistema reward ha dei ruoli chiave in questi nuclei. Il più importante è quello a dopamina, il quale innerva il nucleus accumbens (la branca meso – limbica) e la corteccia prefrontale. Se al macaco facciamo vedere un’immagine di banana o di mela, questi neuroni da un ciclo al secondo, fanno delle sparate di potenziali d’azioni “fasiche”, cioè non in maniera continua. Utilizzando neurotossine specifiche l’animale diverrà anedonico, apatico, abulico. Ciò accade negli uomini quando utilizzano miscele di anfetamine, quali exstasy, crac, che hanno come bersaglio il VMAT – 2 (quello presente nel cervello= trasportatore vescicolare di monomine). VMAT – 1 è presente nelle cellule cromaffini della midollare del surrene. Normalmente nelle vescicole dei terminali sinaptici a monoamina questa proteina risucchia la monoamina nelle vescicole, che una volta rimpacchettata può essere riutilizzata, se invece blocchiamo con queste anfetamine questa proteina non si ha più il risucchio nelle vescicole, questa sostanza diviene citosolica e diffonde al di fuori del terminale, in secondo luogo è tossica e porta a morte prima per apoptosi poi per necrosi questi terminali. Per cui questi soggetti sono anedonici, apatici etc. Queste strutture sottocorticali da sole non bastano, bisogna accedere alla corteccia ove sono presenti i “cassetti della memoria”. I ricordi sono distribuiti non c’è un posto del cervello ove si conservano le memorie; per provare piacere a cose vissute, viste, bisogna accedere a gran parte del cervello. L’accensione del sistema del reward avviene alla base del cervello attraverso i nuclei colinergici, serotoninergici ma dopaminergici principalmente, tuttavia bisogna accendere tutto il cervello (non solo la neocorteccia ma anche la limbica: allocorteccia dell’ippocampo; corteccia rinale, peririnale, cingolata, piriforme, prepiriforme). Il sistema della ricompensa ha delle componenti essenziali senza delle quali non si può accendere e queste strutture sono localizzate alla base del cervello; per l’espletamento di questa funzione c’è bisogno del nucleus accumbens, della corteccia limbica e di zone nella corteccia cerebrale. Una funzione principale è l’attivazione della gioia. Questo sistema riguarda anche la tristezza: sono due aspetti dello stesso fenomeno. Mentre nell’animale la struttura essenziale è quella che sta alla base del cervello, è filogeneticamente antica, è protetta, nell’uomo

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c’è bisogno di più, non solo di questi pochi neuroni. Come fanno gli stimoli, visivi, gustativi ad attivare il sistema del piacere ? Attraverso la sostanza reticolare, perché i sistemi comunicano tra di loro. Funzioni di questi gruppi di neuroni sono argomento di ricerca. Il nostro cervello non è un computer, perché non si comporta con tutto alla stessa maniera. Nel cervello umano non c’è solo l’aspetto cognitivo delle informazioni, ci sono gli aspetti emotivi, motivazionali, di cui un computer non è in grado di tener conto. Il cervello umano può ad esempio mentire, a differenza di un computer. Se dieci persone guardano una foto, avranno tutte una risposta diversa a quell’impressione. Quali sono i sistemi che permettono al cervello di analizzare in maniera “umana” le informazioni ?. 1. il sistema dell’attenzione per cui noi possiamo non considerare le cose, ad esempio dicendo non mi interessa guardando una foto. 2. Ci sono delle strutture limbiche in grado di valutare gli aspetti non cognitivi dell’informazione: la paura, l’ansia, l’emotività, l’interesse. Se ho un interesse focalizzato questo guiderà la mia ricerca.

N.B. Lo striato ventrale (nucleus accumbens) è coinvolto in questo sistema. Lo striato ventrale ha un “guscio” di natura limbica e un “nocciolo” di natura motoria. Il pallido ventrale è coinvolto nelle uscite motorie. Esso ha neuroni di tipo GABAergico che proiettano al talamo (circuito fronto – striato- talamo- pallido- corticale) coinvolto nell’attivazione ed inibizione dei movimenti.

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Lezione 9 (05/05/2008)

“ Recettori somestesici”

Nella profondità del nostro cervello, nella profondità delle strutture di tutti gli esseri viventi, è “embedded” un meccanismo che ci muove, ci fa operare verso l’allontanamento del dolore o la ricerca del piacere. Un essere vivente alla base della scala filogenetica sarà mosso solo dalla ricerca del cibo, a differenza dell’uomo. L’uomo è più sofisticato che oltre a un obiettivo visibile, si muove per un obiettivo, non visibile, futuro. Questa è una ricompensa mentale, sono obiettivi non visibili, dei progetti, e ciò accade in tutte le culture. Il sistema del reward ci fa capire le basi biologiche delle tossicodipendenze. Queste sostanze tossiche agiscono su recettori che noi possediamo in gonadi, cervello, intestino. Se abbiamo i recettori vuol dire che essi sono stati costruiti per ricevere sostanze che sono normalmente presenti nel nostro organismo. I THC agiscono sui recettori CB1, CB2 e CB3 su cui agiscono gli endocannabinoidi (tra cui l’anandamide, che deriva dall’acido arachidonico). Le basi biologiche delle tossicodipendenze si fondano sull’esistenza del sistema neurale del piacere e sul fatto che sono presenti recettori per sostanze che abbiamo nel nostro stesso organismo e che si combinano con le sostanze tossiche. Come fa il nostro cervello a rendersi conto delle variazioni dell’ambiente esterno e interno ?. Nel nostro cervello ci sono dispositivi in grado di rilevare variazioni dell’ambiente esterno e interno. Questi dispositivi sono i recettori sensoriali (cosa diversa dai recettori molecolari che legano, mediatori chimici, quali ormoni, interleuchine etc.). Questi recettori sono strutture sensoriali. Noi possediamo una miriade di corpuscoli microscopici in grado di rispondere allo stimolo adeguato. Il termocettore risponde alla variazione di temperatura, il barocettore alla variazione pressoria. (corpuscoli di Pacini, Meissner, Krause etc.). Il recettore è polarizzato a riposo (differenza di potenziale circa -70 mV). Cosa succede quando lo stimolo adeguato colpisce il recettore ?. I recettori si dividono in tre tipi: I, II e III tipo. In un recettore di I tipo (Pacini), la struttura recettoriale e la fibra che convoglia i segnali elettrici sono un tutt’uno. Nel muscolo il 70% delle fibre muscolari sono extra – fusali, cioè strutture polinucleate che servono al tono muscolare e ai movimenti. Il 30 % rimanente ha una funzione di recettore, di sensore; esse sono fibre intrafusali, stanno all’interno dei fusi neuromuscolari, queste fibre sono in grado di rispondere allo stimolo adeguato che è lo stiramento. La fibra a riposo è polarizzata a -70 mV ma se noi stiriamo questa fibra, la membrana è fatta in modo tale per cui con lo stretching entra sodio, e la fibra si depolarizza. Ci sono due tipi di fibre intrafusali : le fibre a catena e le fibre a sacco nucleare. La fibra intrafusale è allungata e polinucleata. I nuclei sono posti in serie, se i nuclei sono ammassati, la fibra è a sacco o a valigetta nucleare. La fibra a sacco risponde allo stiramento brusco e repentino; quella a catena nucleare risponde allo stiramento lento e prolungato. La fibra a sacco nucleare è fasica, quella a catena nucleare è tonica. Se vengono stirate entra sodio nella fibra e a livello della fibra intrafusale si genera un fatto elettrico locale, graduato in ampiezza, si propaga con decremento e può essere sommato ed è chiamato depolarizzazione. Nella giunzione neuromuscolare è chiamato potenziale di placca, PPSE, sono tutti sinonimi. A livello del recettore questa depolarizzazione è definita potenziale di recettore o anche potenziale

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generatore. Generatore del potenziale d’azione. Se lo stiramento è debole, non succede nulla, se lo stiramento è notevole si raggiunge la soglia del – 55mV, entra sodio grazie alle conduttanze voltaggio – dipendenti nella fibra intrafusale e si genera un segnale, un potenziale d’azione. Se isoliamo la fibra muscolare intrafusale si genera il potenziale d’azione. Siccome la fibra intrafusale è avvolta da una fibra nervosa, questa fibra nervosa raccoglie il segnale elettrico generato e lo trasporta (f. anulospirale), da cui parte una fibra del gruppo Ia (la classificazione delle fibre nervose più usata tiene conto del diametro delle fibre, della presenza della guaina mielinica e della velocità di conduzione). Le fibre nervose che raccolgono il segnale dai fusi neuromuscolari sono fibre del tipo Ia, queste fibre entrano nel midollo spinale attraverso le radici posteriori, ove c’è la presenza del ganglio della radice dorsale (corpi cellulari di cellule bipolari, cellule a T). Il prolungamento periferico di queste cellule raccoglie segnali dalla periferia, l’altro prolungamento invia segnali al midollo spinale. Le fibre intrafusali sono esempi di recettori di I tipo. Nei tendini esistono gli organi muscolo tendinei del Golgi. Mentre le fibre intra - fusali rispondono entrambe allo stiramento, gli organi muscolo - tendinei del Golgi rispondono sia alla contrazione sia allo stiramento e sono posti in maniera diversa rispetto alle fibre extra - fusali. I primi in parallelo, i secondi in serie. Nelle articolazioni ci sono dei recettori articolari, del I tipo, che sparano a una certa frequenza in maniera tonica, quando cambia la posizione di questa articolazione altri recettori sparano in maniera fasica. La posizione di un’articolazione viene segnalata anche dai recettori muscolari e tendinei (lo spostamento di un’articolazione implica il cambiamento della lunghezza dei muscoli che quivi si inseriscono). Questi dispositivi sono dei meccanismi microscopici che rispondono a uno stimolo, la variazione di quello stimolo fa cambiare la frequenza di scarica. All’estremità del martelletto del medico, è applicato uno spillo, con cui si possono stimolare i corpuscoli del Pacini, si attivano delle conduttanze ioniche, si depolarizza la fibra, e il segnale entra nel midollo spinale attraverso il ganglio della radice posteriore del midollo spinale. Questi dispositivi funzionano come dei trasduttori, trasformano un tipo di energia in un altro tipo. Il Pacini trasduce l’energia meccanica in un fatto biolettrico: diventa potenziale d’azione. La fibra intrafusale trasduce lo stimolo in potenziale generatore poi in potenziale d’azione. Il requisito di tutto questo è la polarizzazione a riposo, la depolarizzazione locale genera un segnale che entra nel midollo spinale attraverso le cellule a T del ganglio della radice posteriore. Attraverso vie polisinaptiche questi segnali raggiungono attraverso vie diverse il cervello. Noi conosciamo i sistemi somestesici (della sensibilità generale). Questi sono il sistema spino – talamico e il sistema lemniscale. I due sistemi sono specializzati in cose diverse, hanno due domini distinti. Lo spino – talamico si occupa della sensibilità tattile, termica e dolorifica, il sistema lemniscale si occupa di tatto – pressione e di vibrazione. Entrambi sono polisinaptici nel senso che l’uno e l’altro comprendono quattro neuroni, in cui il primo è comune a entrambi i sistemi (l neurone a T nel ganglio della radice posteriore); il secondo neurone sta nel caso dello spino – talamico, nel midollo spinale (nella sostanza grigia dorsale). Questo secondo neurone ha un assone che si incrocia, passa dall’altro lato e prosegue verso l’alto fino al talamo. Il 3° neurone sta nel talamo. Nel sistema lemniscale invece il primo neurone, entrato nel midollo spinale sale lungo i funicoli dorsali fino ai nuclei di Goll (gracile) e Burdach (cuneato) [2° neurone]; questi nuclei sono il punto di origine dei lemnischi, da sinistra si va a destra e da destra si va a sinistra (nel talamo). [3°neurone]. Questi due sistemi hanno domini differenti, utilizzano vie polisinaptiche diverse. Il

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lemniscale, giunto al talamo fa sinapsi coi nuclei a proiezione specifica NVPL (per arti e tronco) e NVPM (per faccia e testa: dominio trigeminale). Le informazioni che vengono dalla faccia non passano attraverso il midollo spinale ma attraverso il ganglio di Gasser. Il NVPL e il NVPM proiettano nel lobo parietale, nella circonvoluzione post – rolandica (parietale ascendente) ove c’è l’area somestesica primaria ovvero mappa somatotopica ovvero l’homunculus. Questa mappa somestesica è sproporzionata perché le parti del corpo che hanno una sensibilità maggiore con maggiore densità di recettori sono rappresentate di più; è caratterizzata da plasticità (le varie colonne si possono organizzare tra di loro rafforzando o inibendo le sinapsi preesistenti; sono in copie multiple, nel senso che quelle accessorie possono essere reclutate in caso di bisogno. Le mappe accessorie vengono reclutate attraverso i meccanismi delle connessioni sinaptiche; le sinapsi si possono rafforzare, si possono reclutare colonne e moduli che erano silenti. La metà del corpo di sinistra proietta alla parietale ascendente di destra e viceversa, ma come facciamo a sentire il nostro corpo un tutt’uno, perché esiste uno scambio di informazioni tra i due emisferi, che avvengono attraverso le fibre dei neuroni callosali (neuroni del corpo calloso). I neuroni callosali connettono la corteccia di un lato con quella dell’altro in maniera specifica. L’area visiva primavia (V1 o area 17) comunica con la controlaterale attraverso i neuroni callosali, che ci permettono di cucire le due metà del campo visivo che altrimenti sarebbero separate. Le parti esterne delle retine (le temporali) finiscono senza incrociare; la nasale di destra va a sinistra e viceversa; c’è un mosaico, che viene “ricucito” dai neuroni callosali; ciò vale anche per la sensibilità. I neuroni callosali si sviluppano per plasticità negativa (esempio dello scultore che togliendo la materia fa emergere la forma).[La plasticità positiva è rappresentata dall’esempio della plastichina]. I neuroni di un lato sono connessi con quelli dell’altro lato alla nascita. Dopo la nascita si ha un’azione di cesello per cui gran parte di queste connessione vengono tagliate, solo alcuni neuroni di un lato si connettono con alcuni dell’altra parte; viene fuori una rete più povera ma più efficiente. Con l’attività sinaptica i contatti usati sono quelli che persistono, si rinforzano e sopravvivono, gli utilizzati di meno sono quelli che recedono. I corpi cellulari muoiono per apoptosi, ma le connessioni che vengono usate sopravvivono attraverso il meccanismo dei fattori neurotrofici (NT- A;B;C, NGF, che agiscono su chinasi in tirosina); con questo meccanismo il fattore neurotrofico viene captato dall’elemento pre – sinpatico, agisce sulle Trak chinasi che effettuano i loro lavoro. Questo meccanismo (delle connessione callosali nel caso della corteccia visiva) è stato molto studiato da un fisiologo italiano, Giorgio Innocenti. Riguarda anche connessioni motorie sensibilità generali etc.

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Lezione 10 (06/05/2008)

“ Sistemi somestesici e odologia ”

L’odologia (dal greco οδοσ = via, cammino) indica il percorso che fanno i segnali per arrivare al SNC, ed è importante perché in questa maniera, in clinica, lo specialista può fare un’ipotesi di diagnosi. Abbiamo visto che i sistemi somestesici sono due, il sistema lemniscale e il sistema spino – talamico, entrambi sono polisinaptici; interessano quattro sinapsi; il primo neurone è comune, perché quale che siano i recettori specifici che raccolgono i segnali, per entrare nel midollo spinale incontrano nel ganglio della radice dorsale le cellule a T; queste cellule a T nel caso dello spino – talamico fanno sinapsi con il secondo neurone che sta allo stesso livello del midollo spinale nella sostanza grigia delle corna dorsali; questo neurone ha un assone che va verso l’alto e raggiunge il terzo neurone nel talamo; [il terzo neurone non è unico, c’è un bersaglio specifico e due aspecifici]. Abbiamo quindi tre bersagli talamici per le informazioni spino – talamiche: uno specifico NVPL (tronco e arti), NVPM(bacino trigeminale) e due bersagli aspecifici, nel senso che i primi sono i nuclei intralaminari del talamo, di tipo aspecifico e a proiezione che, una volta attivati, accendono tutta la corteccia cerebrale, un altro (nucleo reticolare del talamo) aspecifico e non a proiezione non proietta alla corteccia cerebrale ma funziona da regolatore, interruttore, regola il flusso di informazioni che dai relais talamici specifici vengono proiettate alla corteccia; il nucleo reticolare del talamo decide, come un vigile, di far passare o bloccare informazioni che vanno dal NVPL alla parietale ascendente. Nel sistema lemniscale, il 1° neurone è nel ganglio della radice d il 2° neurone non si interrompe nel midollo spinale ma salendo per i cordoni posteriori, prende sinapsi nei nuclei di origine dei lemnischi (nei nuclei gracile e cuneato); questi neuroni coi loro assoni incrociano e terminano sinapticamente nel talamo nei nuclei NVPL; i nuclei VPM, presenti anch’essi nel talamo, raccolgono, invece, informazioni dal territorio o bacino trigeminale. Il NVPL raccoglie informazioni dal tronco e dagli arti organizzate somatotopicamente. Entrambi sono nuclei talamici (relais) a proiezione specifica: proiettano al lobo parietale, circonvoluzione parietale ascendente (post - rolandica); c’è un branching minimo: singoli neuroni del NVPL e NVPM proiettano con un singolo assone a colonne somatotopiche: c’è una corrispondenza molto precisa. Questi due sistemi hanno due domini differenti: il lemniscale compete tatto, pressione e vibrazione (detta anche pallestesia); lo spino - talamico ha competenza tattile, termica, dolorifica. Ci sono pazienti in cui le informazioni tattili giungono al talamo e si fermano lì; se le informazioni non fossero smistate alla corteccia cerebrale, saremmo in grado di elaborare un informazione primitiva, grossolana, definita protopatica. La sensibilità protopatica non sarebbe quindi dominio dello spino – talamico. L’informazione giunge al talamo attraverso il sistema lemniscale e lo spino – talamico; fermandosi al talamo, il talamo introduce una elaborazione primitiva e grossolana, per poter affinare questa sensibilità noi abbiamo bisogno della corteccia cerebrale nell’uno e nell’altro caso; in un paziente con sindrome talamica, in cui sono interrotte le connessione talamo – corticale, egli non sarà in grado (per meningioma, infarto cerebrale etc.) di dire che i punti da noi stimolati sono un unico punto oppure sono due punti diversi. La capacità discriminatoria

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sia spaziale che di intensità è di competenza della corteccia; l’aggettivo utilizzato per descrivere la capacità discriminante della corteccia è definito epicritico. La funzione epicritica è una funzione corticale nel caso dell’uno e nel caso dell’altro sistema. Lemniscale è epicritico. Spino – talamico è protopatico. Non è vero. Protopatico è il livello talamico; epicritico è il livello corticale. Per testare l’altra funzione del lemniscale si eccita il diapason e si fanno vibrare i bracci o si prende il piede e lo si fa eccitare vicino a una sporgenza ossea e si fa vibrare e noi sappiamo distinguere il punto; perché un diapason lo possiamo eccitare in maniera diversa; oppure quando battiamo il diapason vicino al braccio in maniera diversa avendo due stimolazioni diverse; possiamo usare il diapason per avere stimolazione più forte o più leggera; il soggetto sano è in grado di discriminare due intensità; ciò è possibile a patto che vi sia l’integrità della parietale ascendente controlaterale. Il talamo quindi è la sede di una prima elaborazione seppur grossolana di informazioni convogliate sia dal sistema lemniscale sia dal sistema spino – talamico. Nel caso dello spino – talamico, la competenza è quella della sensibilità tattile, termica e dolorifica. Due provette riempite con acqua riscaldata a 24 e 40 °C: due livelli di stimolazione diversa; esploriamo e stimoliamo la cute con due livelli diversi; con un certo tipo di domande il paziente può dirci quale è il punto stimolato, quale è più caldo: se le connessioni talamo – corticali sono integre il paziente sarà in grado di discriminare la diversità. Un paziente con talamo funzionante ma sconnesso da corteccia non sarà in grado di discriminare la diversità dei due stimoli. I due sistemi somestesici hanno competenze diverse; hanno percorsi diversi; hanno il livello talamico in entrambi i casi e a livello corticale entrambi permettono la discriminazione. La cosa importante da dire è che il sistema lemniscale ha come penultimo neurone il NVPL e il NVPM, l’ultimo appartiene alla corteccia (colonne somestesiche). Nel caso dello spino – talamico il terzo neurone talamico non è unico i bersagli sono tre: il bersaglio specifico: NVPL (per tronco e arti) e NVPM (per il trigemino); quali sono i bersagli non specifici ?. 1. I nuclei intralaminari del talamo (nuclei talamici a proiezione aspecifica). Il talamo è un complesso di nuclei; il modo più comunemente utilizzato per suddividere i nuclei talamici è quello di fare riferimento alle proiezioni: i nuclei a proiezione aspecifica ricevono informazioni e le proiettano a tutta la corteccia cerebrale es. i nuclei intralaminari del talamo che ricevono informazioni dallo spino – talamico e dalla sostanza reticolare. Gran parte del talamo è a proiezione specifica: il NVPL (proietta al lobo parietale: circonvoluzione parietale ascendente come il NVPM); il genicolato mediale raccoglie informazioni uditive e le proietta al lobo temporale (circonvoluzione temporale superiore) il corpo genicolato laterale raccoglie informazioni visive e attraverso le radiazioni del Gratiolet le proietta al lobo occipitale (area visiva primaria, sui labbri delle scissure calcarine). Ci sono nuclei limbici che proiettano ad aree di allocorteccia (sia ippocampo che zone diverse di corteccia libica quale la c. rinale, la c. peririnale, la c. del cingolo, la corteccia piriforme, prepiforme ed altre). Oltre ai nuclei di proiezione ci sono nuclei che non ricevono informazioni ma proiettano (nel senso che ricevono da corteccia e proiettano alla corteccia: nuclei di congiunzione). Il più famoso è il pulvinar: il quale raccoglie informazioni dalla corteccia occipitale visiva e trasferisce informazioni visive alla circonvoluzione parietale posteriore (situata al confine col lobo occipitale) la cui competenza è l’attenzione visuo – spaziale (la capacità del cervello umano di localizzare gli oggetti nello spazio). Se, con un proiettile, un’emorragia, un angioma o un meningioma, la parietale posteriore (diversa da destra a sinistra) subisce una lesione, in

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questo soggetto apparentemente tale zona sarà normale, nulla visibile alla NRM, ma per esempio ad un occhio attento è visibile una zona di necrosi, dovuta a una angioma calcificato; questa persona potrebbe fare continuamente incidenti stradali. Il talamo possiede nuclei a proiezione specifica, nuclei a proiezione aspecifica, nuclei limbici (i quali trasferiscono informazioni a zone della corteccia limbica); altri sono nuclei di nuclei di congiunzione cortico - corticale di cui ce ne sono diversi, tra cui il pulvinar, e riguardano l’udito, le sensibilità generali. Se al buio mettete le mani in tasca siete in grado di riconoscere monete, oggetti, abilità che normalmente non viene utilizzata, ma cosa ci permette di affinare la sensibilità di questo sistema al punto tale di riconoscere una monetina da un'altra etc. ? Sono queste connessioni cortico – corticali, la S.R.A. (sostanza reticolare ascendente) e il complesso delle funzioni attentive. Anche le macchine sono in grado di fare ciò ma solo il cervello umano è capace di aumentare o diminuire la capacità discriminatoria. Se siamo bombardati da informazioni dobbiamo evitare di impegnare il sistema o quando necessario dobbiamo focalizzarci su alcune cose; questo è compito dell’attenzione. Il sistemi attentivi sono due: uno posteriore che riguarda tutte le sensibilità sensitivo – sensoriali, l’anteriore riguarda l’attenzione motoria (stare attenti a come si pronuncia ad esempio certe vocali quando siamo impegnati in una conferenza). Nuclei intralaminari del talamo sono a proiezione aspecifica; sfiorando la cute del dorso, si accende tutta la corteccia cerebrale; le informazioni tattili attraverso i nuclei intralaminari vengono proiettate a tutta la corteccia cerebrale. Allo stesso tempo siamo in grado di capire che è una mano, che dobbiamo svegliarci. Questa stimolazione aspecifica è mediata da queste proiezioni che interessano tutta la corteccia cerebrale. C’è un altro nucleo che riceve le informazioni spino – talamiche ma non le proietta alla corteccia cerebrale: è il nucleo reticolare del talamo. Qui il termine reticolare non deve far pensare alla sostanza reticolare. Allora cosa fa il nucleo reticolare del talamo?. Il nucleo reticolare del talamo è un nucleo talamico: attraverso i relais talamici specifici quali il NVPL, il NVPM che mandano informazioni alla corteccia parietale ascendente, il CGM che manda informazioni alla temporale superiore (sono informazioni specifiche che riguardano modalità specifiche), queste informazioni però non passano alla cortecce specifiche in maniera continua; se facciamo l’esempio digestivo, dobbiamo introdurre, masticare, deglutire, non ci abboffiamo. La stessa cosa avviene con le informazioni. Le informazioni specifiche passano dal talamo alla corteccia lentamente perché devono essere elaborate, “digerite”. Il nucleo reticolare del talamo regola questa trasmissione dai relais talamici specifici alle cortecce cerebrali specifiche e come fa? E come se fosse un vigile che blocca e fa ripartire le informazioni. Il nucleo reticolare talamico è fatto di neuroni GABAergici che posseggono conduttanze per il calcio voltaggio – dipendenti che, attraverso un’iperpolarizzazione, normalmente ricevono un blocco del traffico; entra calcio e partono “calcium spikes” che sono il “go” per il passaggio delle informazioni dai relais talamici specifici alle cortecce cerebrali specifiche. Il nucleo reticolare talamico è un interruttore che regola il passaggio dei potenziali d’azione che convogliano informazioni dai relais talamici specifici alle cortecce cerebrali specifiche. Il nucleo reticolare talamico fa parte di quel clock di rete talamo – cortico – talamico. E’ importantissimo capire che le informazioni spino – talamiche, raccolte in periferia da recettori, che percorrono certe strade, si occupano di tre cose importanti. Ci sono 2 livelli di elaborazione, il livello talamico, il livello corticale e c’è addirittura una diversificazione: una parte delle informazioni va attraverso il NVPL e il NVPM e vengono elaborate a livello

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della parietale ascendente; altri due imputs ai nuclei intralaminari del talamo, con cui influenzano l’attività di tutta la corteccia cerebrale, un altro attraverso il nucleo reticolare talamico con cui influenzano tutte le altre motorietà. Anche in questo caso questi sistemi hanno due domini: un lato sinistro e un lato destro che vengono integrati dalle connessioni callosali e da alcune connessioni minori chiamate sistemi commessurali. Il talamo attraverso al sensibilità protopatica parteciperebbe alla coscienza; il paziente con sindrome talamica sente dolore ma non è in grado di localizzare il dolore

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Lezione 11 (07/05/2008)

“ Arco riflesso e fibre muscolari intra ed extra fusali”

In realtà il cervello fa molte cose in parallelo, simultaneamente. Il 70% delle fibre muscolari (extrafusali) partecipano a tono muscolare e movimenti, il 30 % rimanente sono i fusi neuromuscolari: sono sensori che rilevano la lunghezza dei muscoli. Il 70% sono quindi organizzate in unità motorie; divisibili in fasiche (muscoli volontari) e toniche (un certo numero di fibre muscolari sono continuamente in contrazione ma non sono sempre le stesse; le toniche vengono reclutate continuamente attraverso un turnover continuo). Le unità motorie toniche non sono sempre le stesse; c’è un ricambio continuo, le fasiche ricevono segnali dal sistema piramidale e permettono movimenti fasici. Nel muscolo si cono dei sensori (fusi neuromuscolari). Qui il recettore è la fibra muscolare intrafusale: ce ne sono due tipi a catena e a sacco o a valigetta nucleare. Essendo fibre muscolari che derivano dalla condensazione di mioblasti, hanno più nuclei; se i nuclei sono ammassati sono a sacco, se sono uno in fila all’altro sono a catena. Entrambi questi recettori rilevano come stimolo adeguato lo stiramento. Qual’ è la differenza?. La fibre a catena nucleare rispondono allo stiramento lento e prolungato (recettore tonico) la fibra a sacco è un recettore fasico (stiramento brusco e repentino). Nell’uno e nell’altro caso, dalla polarizzazione a riposo di – 70 mV la depolarizzazione cambia la struttura di proteine canale le per il sodio, la fibra si depolarizza e si ha un potenziale locale, graduato in ampiezza, senza soglia, con decremento, può essere sommato nello spazio e nel tempo e si chiama depolarizzazione o potenziale di recettore (potenziale locale che si evidenzia, si estrinseca a livello del recettore). E’ potenziale generatore perché è in grado di generare un potenziale d’azione quando lo stiramento è tale per cui entra sodio tanto che il potenziale di membrana arriva a -55 mV valore che fa aprire conduttanze per il sodio voltaggio - dipendenti che portano al potenziale d’azione. Quando il potenziale d’azione si genera esso si propaga in tutte le direzioni invariato, senza decremento, si propaga lungo tutta la fibra intrafusale, se questa fibra non fosse avvolta da fibre nervose a spirale, rimarrebbe localizzato lì. Queste fibre Ia sono di grosso diametro, mielinizzate, fanno capo a un neurone il cui corpo cellulare si trova nel ganglio della radice posteriore. Se il corpo cellulare sta nel ganglio della radice posteriore, con queste 2 diramazione a T (una diramazione periferica va alla fibra intrafusale, l’altra entra nel midollo spinale) si tenderebbe a dire che la diramazione periferica si comporta come un dendrite, quella che entra nel midollo si comporta come un assone, invece non è così. C’è questo corpo cellulare dove ci sono le informazioni per fare tutte le proteine di questo tubicino che raccoglie le informazioni dal recettore e le convoglia nel midollo spinale. Le cellule a T nel ganglio della radice posteriore sono eterogenee e polifunzionali: rappresentano il punto comune di ingresso nel midollo spinale per informazioni di vario tipo: a proposito dei sistemi somestesici ci sono cellule a T che raccolgono informazioni dal Pacini (potenziali d’azione per il tatto – pressione), attraverso queste cellule passano informazioni riguardo la sensibilità spino – talamica; nel ganglio della radice posteriore vi sono altre cellule a T con altre funzioni (per esempio le informazioni che vengono dalle fibre intrafusali passano per il ganglio della radice posteriore vanno allo stesso livello spinale, e la diramazione della cellula a T che entra nel midollo spinale fa sinapsi allo stesso livello midollare nella sostanza grigia nella parte anteriore dove troviamo gli alfa motoneuroni). Nel midollo spinale c’è una rete di elementi: motoneuroni alfa che innervano le fibre extrafusali, i motoneuroni gamma che innervano le fibre muscolari intrafusali

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e una serie di interneuroni (internuciali) che con un piccolo corpo cellulare con collegamenti brevi collegano vari elementi dello stesso livello midollare o tra livello superiore e inferiore. C’è un network in cui giocano questi 3 attori principali. La fibra che viene dalla cellula a T contatta il motoneurone alfa, l’assone esce dal midollo spinale per le radici anteriori, va al muscolo, qui l’assone si sfiocca in diverse collaterali e contatta ogni singola fibra muscolare extrafusale. (l’insieme di alfa motoneurone, assone e terminale con le varie fibre cui si collega costituisce l’unità motoria). I muscoli fini ad esempio i muscoli estrinseci dell’occhio (l’oculomotore comune che innervano il retto superiore, il retto inferiore, il retto interno, l’abducente, il retto esterno, il trocleare), sono fatti da unità motoria con una sola fibra muscolare. Nella corteccia motoria (lobo frontale, circonvoluzione prerolandica) le zone più rappresentate sono quelle con muscoli con molte unità motorie che includono poche fibre muscolari (laringei), poco rappresentate quelle ad esempio del grande dorsale. La fibra muscolare intrafusale, la fibra Ia con la cellula a T del ganglio della radice posteriore, l’alfamotoneurone, l’assone che esce, le fibre extrafusali rappresentano la base elementare, neurale di un fatto essenziale nel controllo dei muscoli detto riflesso (arco riflesso). (5 componenti). Il gastrocnemio della rana ad esempio, se viene espunto, tirato, esso si contrae per le sue proprietà elastiche; se il muscolo sta nel suo contesto (lo stiramento porta alla contrazione del muscolo stesso). Questo è un riflesso monosinaptico in cui le componenti sono cinque: recettore ossia la fibra intrafusale; branca afferente che trasporta i segnali generati dal fuso al midollo spinale; gli alfa motoneuroni; ossia la branca efferente dal midollo alla periferia muscolare (assoni degli alfa); effettore: traduce le risposta (fibre muscolari extrafusali). Siccome i recettori di stiramento sono di due tipi, esistono due esempi di riflessi in cui sono coinvolti l’uno e l’altro. Riflesso tonico: stiramento dei quadricipiti che fanno attivare le fibre intrafusali; partono segnali che entrano nel midollo spinale, attivano motoneuroni collegati a fibre extrafusali toniche, si ha così che lo stiramento lento e prolungato dei quadricipite della coscia porta a contrazione dei medesimi muscoli. Riflesso da stiramento di tipo fasico: riflesso patellare (rotuleo) ma altri ancora. La rotula è inserita nel tendine del quadricipite della coscia. Stirando il tendine del quadricipite, stiriamo il muscolo, attiviamo quei recettori di stiramento brusco e repentino (a sacco nucleare), si generano potenziali locali, che diventano potenziali d’azione e attraverso fibre Ia entrano nel ganglio, si mettono in contatto con alfa motoneuroni fasici collegati con fibre muscolari extrafusali del quadricipite della coscia; lo stiramento brusco e repentino porta alla contrazione brusca e repentina del quadricipite della coscia: si produce estensione della gamba sulla coscia. I riflessi possono essere di tipo fasico e di tipo tonico, ma ne esistono di diverso tipo. Lo svelamento di questi riflessi attraverso tecniche (colpo del martelletto) potrebbe portare alla domanda: ma il riflesso allora non esiste?. Il riflesso nelle diverse persone ha un diverso livello di espressione (da molto a poco pronunciato). Quello che è importante è la simmetria; il riflesso dovrebbe essere uguale sia a destra sia a sinistra. Qual è il significato di questo riflesso? Un riflesso di tipo tonico o fasico è un segmento, fa parte di un tutto che è molto complesso che ci permette di stare in piedi, di camminare, di ambiare direzione etc. Durante l’andatura c’è un alternanza di azione di muscoli antagonisti ed agonisti, se si contraggono gli anteriori della coscia, si rilassano i posteriori della coscia. C’è un meccanismo spinale, semplicemente midollare che ci consente di camminare. Noi non camminiamo solo per meccanismo spinale, ma questa è la base elementare. Come si inseriscono i gamma motoneuroni in questo?. Sia alfa che gamma motoneuroni sono neuroni molto grossi, con corpo cellulare con molti dendriti disposti nei tre piani dello spazio, su queste “antenne” convergono informazioni (nel caso degli alfa sono informazioni che vengono dal primo neurone [della corteccia pre – rolandica]; in realtà è interposta una rete; dalla corteccia motoria partono in realtà informazioni di rete che non convergono direttamente sull’alfa

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motoneurone, ma in realtà sugli interneuroni). Su questi alfa vengono anche informazioni dai gamma motoneuroni, da altri alfa motoneuroni attraverso collaterali che terminano su dendriti etc. Meccanismo a feed – back negativo. Lo stesso segnale lanciato dall’alfa motoneurone torna indietro perché bisogna scolpire i movimenti, mentre gli alfamotoneuroni mandano segnali in periferia bisogna ridurre il rumore che origina dagli alfamotoneuroni circostanti. Se vanno su altri alfamotoneuroni essi vengono inibiti, se vanno sullo stesso motoneurone, significa che escludono l’ingresso di informazioni da parte di altri alfamotoneuroni. Questo meccanismo è talvolta mediato da cellule del Renshaw. Questi interneuroni vengono contattati dalle collaterali assoniche degli alfamotoneuroni. Inibizione di alfa da parte degli alfa che manda segnali alle fibre motorie può essere diretta o indiretta. I mediatori usati possono essere GABA oppure glicina. Che ruolo ha il gamma motoneurone? Il gamma innerva le fibre muscolari intrafusali, l’alfa innerva le extrafusali. Cosa succede in caso del gamma. Il gamma innerva le extrafusali, se lo stimoliamo non succede nulla; il gamma per le sue proprietà intrinseche legate all’architettura, al corredo di conduttanze ioniche, al riposo è molto attivo, per cui se lo espungiamo, lo coltiviamo in condizioni particolari, esso continua a sparare a frequenze elevate. Se un potenziale d’azione dura una decina di millisecondi (10 ms circa), possiamo avere 100 Hz al massimo di frequenza in un neurone, alcuni neuroni si esprimono anche a 1,5 Hz, ma non si va al disopra di 100-200 Hz. Se il gamma motoneurone è tendenzialmente molto attivo tenderebbe a innervare ripetutamente le intrafusali (quelle a catena e quelle a sacco nucleare, le toniche e le fasiche), esistono due popolazioni di motoneuroni: i gamma 1 e i gamma 2. Cosa succede quando il gamma – motoneurone bombarda la fibra muscolare intrafusale?. Succede che la sensibilità del recettore al suo stimolo adeguato aumenta. Qual è lo stimolo adeguato per la fibra intrafusale a catena nucleare? Lo stiramento lento e prolungato. Qual è lo stimolo adeguato per la fibra intrafusale a sacco nucleare? Lo stiramento brusco e repentino. Sulla base di informazioni di vario tipo che convergono su di esso, il gamma - motoneurone regola la sensibilità del recettore, fibra intrafusale, allo stiramento. Se il gamma spara ad alta frequenza i recettori diventano molti sensibili allo stiramento, se i gamma sparano meno il muscolo diventa poco sensibile allo stiramento. Occorre un riferimento storico al fenomeno della rigidità da decerebrazione. Lord Sherrington smascherò il sistema gamma dopo aver anestetizzato un gatto e lo osservò avere zampe estese, collo in opistotono, coda rizzata: fece tagli al livello dei collicoli: sopra, sotto e a livello dei collicoli, ove passano fibre che trasportano informazioni che vanno al midollo spinale che regolano l’equilibrio tra muscoli gravitari e antigravitari. C’è un controllo sovraspinale sul sistema gamma, Sherrington ne ipotizzò l’esistenza: in conclusione il sistema gamma, ossia i motoneuroni gamma sono un livello spinale, innervano le fibre muscolari intrafusali ma il tono gamma è controllato (basti considerare nella patologia umana la sindrome spastica e tante altre patologie neurologiche) da influenze sovraspinali, duali, facilitatorie e inibitorie ma non simmetriche (ugualmente facilitatorie e inibitorie) ma prevalentemente inibitorie. Se noi rimuoviamo con questo taglio i motoneuroni gamma si liberano dalla inibizione, sparano ad alta frequenza le fibre intrafusali diventano più sensibili allo stiramento e se questo succede nell’uomo si ha la sindrome spastica: tono muscolare abnormemente aumentato, incapacità di compiere i movimenti, riflessi esagerati in maniera abnorme. In patologia umana ci sono molte condizioni diverse che portano allo stesso risultato. Ci sono strutture che partecipano al controllo sovraspinale sul sistema gamma, controllo di tipo duplice ma prevalentemente inibitorio e che sono i nuclei della base, la sostanza reticolare pontina, il cervelletto, alcune zone specifiche corticali (sulle mappe sono zone + e zone -: ci sono delle zone la cui stimolazione produce una facilitazione sul sistema gamma e zone che producono un’inibizione sul sistema gamma). Un processo infiammatorio,

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degenerativo, un angioma, un tumore benigno, uno maligno interessa una parte del sistema nervoso inevitabilmente se si sviluppa in una zona che influenza un’azione facilitatoria sul sistema gamma quest’azione sarà diminuita cioè si rompe un equilibrio tra forze diverse dove già normalmente prevalgono quelle inibitorie. Patologie umane di natura complet diversa portano come ris finale alla sindrome spastica (soggetto, che sta su una sedia, non si può muovere, è estremamente ipertonica e con riflessi esagerati). In animali da laboratorio, per dimostrare che questa spasticità è di natura riflessa possiamo tagliare le fibre Ia, succede che si rompe l’arco riflesso, l’informazione dai muscoli non arriva al midollo spinale, succede che il tono muscolare cade: i muscoli da che erano ipertonici, si rilassano completamente. Con un iniezione locale di un anestetico locale in un nervo, si ha blocco parziale, temporaneo, reversibile della trasmissione degli impulsi e l’animale (anche l’uomo) scioglierà la sua spasticità, può muovere i muscoli.

Se va bene è merito di Altri, se va male mi inseguono [i familiari]

Longo

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Lezione 12 (12/05/2008)

“ Il sistema piramidale”

Le informazioni che vengono dai muscoli, dai fusi neuromuscolari e dagli organi muscolo – tendinei del Golgi entrano nel midollo spinale attraverso i gangli delle radici dorsali, fanno contatto sinaptico con gli alfa motoneuroni e stabiliscono il riflesso; queste informazioni vanno verso l’alto attraverso i cordoni posteriori e vanno al cervelletto. L’alfa motoneurone spinale è componente di una rete cui partecipano interneuroni e gamma motoneuroni; l’alfa motoneurone che innerva le fibre extrafusali (toniche e fasiche), rappresenta il secondo neurone del sistema piramidale; il primo neurone è rappresentato dal neurone che sta nella corteccia controlaterale, lobo frontale, circonvoluzione pre – rolandica; , il secodno o sta nelle corna grigia anteriori del midollo o nei nuclei dei nervi cranici. Il sistema piramidale è fatto di 2 neuroni. Se dobbiamo muovere i muscoli della mimica facciale, si devono attivare dei nervi cranici, attraverso il primo neurone che sta nella corteccia cerebrale. Il primo neurone era formato da alcune migliaia di cellule giganti dette cellule di Betz; con l’avvento dell’imaging funzionale abbiamo potuto vedere le cellule di Betz funzionano come avvio, sono il grilletto (trigger), la bacchetta del direttore d’orchestra. Questa orchestrazione coinvolge diverse aree cerebrali. Quali sono le zone attivate da questo avvio?. Si accendono I neuroni dell’altro lato, i neuroni della parietale ascendente che ricevono informazioni, il cervelletto, i gangli della base. Il sistema piramidale e il sistema extrapiramidale sono descritti separatamente nei testi, ma simultaneamente, in parallelo nel cervello avvengono cose diverse. Per compiere un certo movimento volontario c’è bisogno di un tono muscolare, il tono muscolare cade in casi quali il sonno REM. Se un soggetto è sveglio l’attività elettrica è desincronizzata (ampiezza bassa e frequenza elevata) idem quando dorme e sogna; durante il sonno non REM (ad onde lente) l’attività elettrica sarà fortemente sincronizzata (migliaia di neuroni emettono segnali all’unisono: come se allo stadio un gran numero di persone urlassero qualcosa: tutti i segnali si sommano e vengono fuori onde di grande ampiezza e bassa frequenza: onde lente o spindols . Dal tracciato elettrico cerebrale non possiamo distinguere un soggetto che è sveglio da uno che dorme e sogna; abbiamo bisogno del tracciato elettrico dell’attività muscolare: che in un soggetto sveglio è molto fitta, mentre il soggetto che fa sonno REM avrà un tracciato elettromiografico piatto. Il tono muscolare consiste nell’attivazione di unità motorie toniche (turnover continuo); durante il sonno REM non si possono compiere movimenti volontari. Perché non sarebbe opportuno parlare separatamente di sistema piramidale e di sistema extrapiramidale? Perché il controllo dei movimenti volontari e il controllo del tono sono paralleli, simultanei. Come avviene tutto questo? E che c’entra il cervelletto?. Quando gli ordini partono dalle cellule gigantocellulari del Betz, queste informazioni vanno anche ai gangli della base: costituiti di una parte dorsale che include i nuclei caudato, putamen e pallido; la parte ventrale è la parte limbica. La dorsale (come d’altronde la ventrale) è fatta per il 95% da neuroni mediamente spinosi GABAergici, l’altro 5% è costituito da interneuroni di vario tipo. I GABAergici sono neuroni di proiezione che per l’appunto proiettano al mesencefalo e al pallido, e dal pallido al talamo. Proiettano al mesencefalo (porzione laterale) ove si

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trovano i corpi cellulari di neuroni dopaminergici; la porzione più laterale è detta substantia nigra, con corpi cellulari che hanno assoni che fanno sinapsi coi neuroni mediamente spinosi GABAergici dello striato dorsale (sistema meso-striatale). Se questi neuroni della substantia nigra che proiettano alla striato dorsale degenerano, abbiamo il morbo di Parkinson. I mediali dell’ATV proiettano in parte allo striato ventrale e in parte alla corteccia prefrontale. Abbiamo le 2 branche meso – limbica (accumbens) meso – corticale (dal mesencefalo alla corteccia). I neuroni GABAergici dello striato sia dorsale che ventrale proiettano al mesencefalo perché fanno un feedback negativo: da un lato abbiamo questo input dopaminergico dal mesencefalo allo striato, di ritorno c’è feedback negativo a GABA. Una parte va al pallido e dal pallido al talamo. C’è un loop fronto – striato – pallido – talamo – corticale. Dalla corteccia frontale neuroni a glutammato fanno sinapsi coi neuroni GABAergici dello striato dorsale, questi neuroni GABAergici, cambiando la loro frequenza di scarica, liberano a livello dei terminali GABA e determinano iperpolarizzazione, quindi inibizione, siccome questa inibizione si esercita su un altro neurone GABAergico che sta nel pallido, si traduce in disinibizione, I neuroni GABAergici del pallido fanno sinapsi con neuroni eccitatori del talamo i quali sparano sulla corteccia e si apre questo loop. Se non c’è l’input dalla corteccia allo striato, non si ha questo “circuito”. Continuamente possiamo avere passaggio o blocco di informazioni in questo loop fronto – striato – pallido – talamo – corticale. Nello striato dorsale ci sono i moduli motori per controllare il tono muscolare e l’attenzione motoria. Quando le cellule del Betz lanciano l’avvio questi segnali vanno a varie zone di corteccia e a strutture sottocorticali, quindi si accende lo striato, alcuni nuclei talamici, e attraverso il ponte si accende il cervelletto. Perché? Questa è la domanda principale. Le cellule del Betz lanciano un segnale per attivare le unità motorie ma per fare qualsiasi movimento non dobbiamo stare continuamente a pensare (esempio di una firma, del camminare, fatto quasi automatico). Se dalla corteccia prefrontale (dalle cellule del Betz) parte l’avvio per l’orchestrazione esso finirà per attivare dei moduli motori che stanno stampati in varie parti del cervello (nella corteccia motoria, nello striato dorsale; in piccolo nel talamo e nel ponte, stanno soprattutto nel cervelletto). Il cervelletto possiede stampati gli algoritmi [da Muhammad ibn Mūsā al-Khwārizmī, (in arabo: یمزراوخ یسوم نب دمحم رفعج وبا ) (Corasmia o Baghdad, 780 circa – 850 circa) è stato un matematico, astronomo, astrologo e geografo persiano.] motori (la sequenza delle istruzioni per potere attivare delle unità motorie). (Nel computer è la sequenza di informazioni che serve per poter effettuare delle cose). Nello sport molti movimenti sono automatici, per movimenti volontari si intende l’avvio. Di volontario c’è l’avvio, una volta avviato tutto procede attraverso queste strutture altrimenti non saremmo capaci nemmeno di camminare. I segnali per parlare partono dal piede di una certa circonvoluzione frontale, (da una zona detta area di Broca). Si accendono questi due centri (del Broca che sono pari) i quali danno l’avvio. A mano a mano che l’ideazione procede, il Broca traduce, però ugualmente si accende il Broca, si accende lo striato dorsale, si accende il cervelletto. Con un cervelletto non funzionante bene si è disartrici. Le mappe motorie sono sproporzionate, la sinistra è più sviluppata perché gran parte degli homo sapiens sono destrimani, però a sinistra è anche più sviluppato statisticamente il Broca; ciò accade in nove persone su dieci. Se un paziente viene alla nostra osservazione perché si sospetta un ictus, non può muovere il braccio destro, ha dei segni facciali molto chiari, il che indurrebbe a pensare a una lesione a destra che significa che è interessata la parte sinistra del cervello. Se invece la lesione è a

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sinistra, è aspettabile la lesione del centro del linguaggio, egli potrebbe smentirci, in un caso su 10, mostrandoci la sua disapprovazione, egli parla, Il soggetto ha quindi il Broca di destra dominante. Ciò è importante in clinica e in neurochirurgia. Si fanno, in caso di ictus, interventi di rivascolarizzazione. Si fa uno shunt (una collaterale) con un vaso preso da un'altra parte del corpo per superare l’ostacolo. Quando il neurochirurgo si prepara a fare questo ponte deve sapere se il centro del Broca domina a destra o a sinistra; in 9/10 è a sinistra, se per caso opera a sinistra ed è tutto il contrario? Il sistema più semplice, per ovviare a questa difficoltà è quello di incannulare le 2 carotidi con un butterfly collegato a siringhe contenenti un tiobarbiturico, un anestetico reversibile ad azione rapida: in 9 casi su dieci, il soggetto parla perché il Broca è attivo a sinistra e allora si comincia dal lato destro; si interroga il paziente, si chiede come ti chiami , quale è il tuo numero di telefono, e si inietta il barbiturico a destra; mentre se, parlando, smette di parlare, significa che egli parla perché utilizza il Broca di destra, così il neurochirurgo capisce la situazione e come si deve comportare. Si comincia al lato di destra che statisticamente non è attivo e poi si va all’altro lato. Il controllo dei movimenti volontari riguarda i muscoli laringei e i faringei per il linguaggio. Basandosi su esperienze di analisi di Imaging funzionale sappiamo che il Broca ci permette di articolare il linguaggio. Nel lobo temporale il centro di Wernicke ci permette di capire il significato delle parole. La lesione del centro di Broca in emisfero dominante porta ad afasia motoria, cioè il soggetto non parla, non è incapace di articolare le parole ma comprende però il significato, la lesione del centro di Wernicke porta ad afasia sensoriale (incapacità di comprendere il significato delle parole, pur in una certa misura il soggetto è capace di articolare il linguaggio). Il controllo dei movimenti volontari si esplica attraverso 2 neuroni: il primo in corteccia prefrontale, il 2° o nei nuclei motori dei nervi cranici o in colonne grigie anteriori del midollo spinale. È importante ricordare che il 1° ha funzione di avvio che coinvolge strutture corticali, sottocorticali e cervelletto. Questi sistemi funzionano in parallelo: in parallelo si deve avere il controllo del tono muscolare e delle attività motorie che ci permettono i movimenti. Tutto ciò che facciamo lo facciamo come un pilota automatico; un sistema così complesso deve procedere così altrimenti non potremmo camminare, né parlare etc. Mentre attiviamo i movimenti dobbiamo controllare altresì l’equilibrio di muscoli antagonisti ed agonisti (regolazione della postura, del corpo nello spazio). Relazione di equilibrio tra muscoli gravitari ed antigravitari. Aprendo i due emisferi e guardando la faccia mediale abbiamo molte zone motorie accessorie (coinvolte nei movimenti), zone ad esempio utilizzate per pensare a cosa noi facciamo. Un atleta, pensando a cosa fare (un salto) attiva questa aree motorie accessorie. Nella corteccia cerebrale sono stati scoperti neuroni “mirror”. In una situazione sportiva un gruppo di atleti si concentra a fare salto in lungo, quelli che aspettano di entrare in campo pensano ai movimenti che debbono fare sulla base dei movimenti che l’atleta fa in quel momento. Alcuni neuroni si accendono quando l’atleta pensa a quei movimenti, non quando li fa. Questi neuroni sono stati scoperti di recenti da un gruppo di fisiologi di Parma (tra cui Giacomo Rizzolatti). Nei bambini autistici questi neuroni specchio non funzionano. Per effettuare un movimento c’è bisogno della volontà di partenza. Come fa la nostra volontà ad attivarle cellule di Betz?. Se noi andiamo a studiare quali sono le zone di cervello che utilizzano più ossigeno, più glucosio, le cellule del Betz si attivano prima del movimento, ma non siamo in grado di dire cosa succede in quelle zone, come accade con l’udito, la visione etc. Per

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avere un’idea di cosa succede in realtà possiamo ricorrere lontanamente a delle simulazioni al computer.

ALTRI CAPITOLI

[I tre bersagli dello spino - talamico: uno specifico NVPL (tronco e arti), NVPM(bacino trigeminale); due bersagli sono aspecifici, nel senso che uno sono i nuclei intralaminari del talamo, di tipo aspecifico e a proiezione che, una volta attivati, accendono tutta la corteccia cerebrale, un altro (nucleo reticolare del talamo) aspecifico e non a proiezione, (non proietta alla corteccia cerebrale); funziona da regolatore, interruttore, regola il flusso di informazioni che dai relais talamici specifici vengono proiettate alla corteccia; il nucleo reticolare del talamo decide, come un vigile, di far passare o bloccare informazioni che vanno dal NVPL alla parietale ascendente.]

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Lezione 13 (13/05/2008)

“ IL SISTEMA EXTRAPIRAMIDALE”

Il controllo dei movimenti volontari è permesso dalla compenetrazione di sistemi che operano in parallelo. Il sistema extrapiramidale è formato da varie aree di corteccia cerebrale, dai nuclei della base, dalla sostanza reticolare e dal cervelletto. Quello che opera il sistema extrapiramidale è conosciuto dalla patologia: corea di Huntington, morbo di Parkinson; senza di queste non ci sarebbe stato quel filone di ricerca che ha portato a tutto questo. Il morbo di Parkinson è una patologia dal sistema dopaminergico (componente meso – striatale); nella realtà clinica il processo neurodegenerativo che colpisce i neuroni della substantia nigra non sempre è così netto per cui il parkinsoniano oltre ad avere ipertono, tremore, ha anche problemi cognitivi e di memoria; ciò sta a significare un coinvolgimento di strutture corticali, non innervate dal sistema meso – striatale (striato dorsale) ma dal meso – corticale che origina dai neuroni dell’area tegmentale ventrale (VTA o ATV). Se degenerano i neuroni meso – striatali, i terminali vengono meno e i recettori post – sinaptici per la dopamina, che si trovano sui neuroni GABAergici mediamente spinosi dello striato aumentano di densità (esempio di up- regulation ed esempio di supersensibilità da denervazione, fenomeno per prima osservato nella giunzione neuromuscolare quando il muscolo denervato sviluppava supersensibilità all’acetilcolina ossia tutta la membrana diventava affastellata di recettori colinergici nicotinici per l’acetilcolina. Nel Parkinson, nei neuroni mediamente spinosi GABAergici dello striato, mancando l’apporto di dopamina, si ha l’up – regulation di questi recettori, perché aumenta l’espressione genica di queste proteine. Se questa responsività dei recettori per la dopamina alla stessa aumenta notevolmente questo porta a gravi disturbi. Gli interventi che hanno avuto successo nelle passate decadi sono: apporto di dopamina esogena (attraverso la somministrazione di un precursore: L- DOPA, che entrata nel cervello viene decarbossilata a dopamina; aggiungendo a questa un inibitore che non passi la barriera emato – encefalica, si impedisce la formazioni di dopamina perifericamente; la quale sia da sola sia trasformata in catecolamine può avere grossi effetti cardiovascolari. DBH (dopamina beta idrossilasi) perifericamente trasforma la dopamina in noradrenalina; ciò ha effetti sia sul cuore sia sui vasi. 2. Introduzione nel cervello di cellule cromaffini della midollare del surrene, che modificate geneticamente producono solo dopamina e non catecolammine in un secondo momento. 3. Attraverso l’utilizzo di cellule staminali. Così l’eccesso di dopamina trasforma l’up – regulation, gli elementi GABAergici non sono più così tanto responsivi alla dopamina, ma la risposta si attutisce. L’obiettivo è di ridurre la iper - responsività di questi elementi neuronali su cui i recettori dopaminergici sono up- regolati. Il sistema extrapiramidale serve a controllare il tono muscolare e i movimenti automatici. (durante la deambulazione facciamo oscillare le braccia in maniera ritmica, cosa che non accade in un malato di Parkinson il quale cammina come un burattino, perché ha perso questa funzione). Altra struttura che fa parte del sistema extrapiramidale è il cervelletto. Il controllo dei movimenti volontari è un controllo di avviamento, perché noi non pensiamo secondo per secondo i muscoli da attivare; le istruzioni per questi movimenti sono in varie parti della corteccia cerebrale, nei

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moduli dello strato dorsale e nel cervelletto. Il cervelletto è una specie di “pilota automatico”,ma fa qualcosa in più; tra la corteccia cerebrale e il cervelletto, attraverso il talamo, c’è scambio continuo di informazioni; quando, come risultato della nostra ideazione, decidiamo di espletare un certo programma motorio succede che dalla corteccia cerebrale partono sottoforma di segnali elettrici informazioni che vanno al 2° neurone (nucleo di un nervo cranico o corna anteriori del midollo spinale) contemporaneamente “per conoscenza” queste informazioni vanno al cervelletto che è informato degli ordini che vanno in periferia. Cambia la lunghezza dei muscoli quando questi si contraggono, attraverso i sensori, viene informato il cervelletto. Abbiamo tre sensori nei muscoli: due sono costituiti dai fusi neuromuscolari tonici e fasici, i quali rispondono all’allungamento dei muscoli; il terzo sensore è costituito dagli organi muscolo tendinei del Golgi (allungamento e accorciamento). Le informazioni vanno al midollo attraverso i gangli della radice posteriore; attraverso i cordoni posteriori vanno al cervelletto. Nel cervelletto non ci sono i 6 strati come nella corteccia cerebrale, ma tre strati che ricevono 2 imputs (fibre muscoidi e fibre rampicanti) (mossy and climbing fibers ing.). Il cervelletto riceve informazioni dalla corteccia e dalla periferia, così ha la visione diretta immediata di quello che si doveva fare con quello che è stato eseguito: vengono paragonati gli ordini corticali con l’esecuzione periferica. Il cervelletto fa operazione di comparazione: se c’è una disparità interviene in maniera “sottrattiva” ovvero dicendo “no no no!”. Il cervelletto estrinseca le sue decisioni attraverso le cellule del Purkinje, le quali contattano i neuroni dei nuclei profondi del cervelletto utilizzando GABA (fa entrare cloro e uscire potassio) si iperpolarizzano i neuroni dei nuclei profondi del cervelletto. La cellula del Purkinje esprime un no. Il cervelletto o lascia andare o dice no. Se interviene non può accelerare o decelerare; può semplicemente dire no con l’iperpolarizzazione mediata dal GABA. Sottrazione nel senso dello scultore, il quale per fare emergere una figura da un blocco di materia deve sottrarre materia; lo scalpello è l’iperpolarizzazione, la materia è data dall’elevata frequenza di scarica dei neuroni dei nuclei profondi del cervelletto, che a riposo, in condizioni di base emettono potenziali d’azione ad alta frequenza. Lo scalpello è l’IPSP del neurone di Purkinje. C’è uno scambio continuo tra corteccia cerebrale e corteccia cerebellare. L’invio di informazioni dalla corteccia motoria alla corteccia cerebellare serve non solo a reclutare gli algoritmi motori (la serie di istruzioni per reclutare le diverse unità motorie) ma anche a controllare l’esecuzione, la coordinazione e la finezza dei movimenti. Altrimenti tutto questo non sarebbe possibile. In clinica per verificare queste funzioni cerebellari ci sono dei test che vengono definiti di diadococinesia, cioè, per esempio, ad occhi chiusi si dice tocca la punta del naso con la punta dell’indice, e se il cervelletto non funziona bene uno può infilarsi un dito in un orecchio ad esempio. Il cervelletto, per fare questo lavoro non ha bisogno solo delle informazioni che vengono dai muscoli, non bastano, ha bisogno di informazioni multiple, che vengono dalle articolazioni, il cervelletto non si basa sulle informazioni visive, ha bisogno a occhi chiusi dell’informazione sulla posizione delle articolazioni. Questi sensori delle articolazioni rispondono a e trasmettono informazioni sulla posizione delle articolazioni al cervelletto, il quale conosce la lunghezza dei muscoli, ha informazioni sulla posizione, tutto ciò non basta, altre informazioni nutrono il cervelletto, dai muscoli del collo, dall’apparato vestibolare dell’orecchio, il cervelletto ha bisogno di informazioni sulla posizione del capo sul tronco. Due informazioni dagli apparati vestibolari vengono trasmesse al cervelletto: accelerazione lineare e accelerazione angolare, ciascuna coi

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recettori che rispondono all’uno e all’altro tipo di accelerazione. Noi abbiamo una serie di canali semicircolari, canali ossei e canali membranosi in cui circola un liquido. I canali semicircolari sono strutture pari, sono orientati in senso orizzontale, sagittale e coronale. I due canali orizzontali rispondono ai movimenti del capo da destra a sinistra e viceversa; per stimolare i canali coronali, bisogna agitare la testa ad angolo, per stimolare i canali sagittali, bisogna andare davanti all’indietro e viceversa. Il liquido nei canali, che ha inerzia, si muove in senso opposto e va stimolare…………………..……In queste strutture ci sono due recettori, rappresentati da cellule simil - epiteliali in grado di fungere da trasduttori meccano – elettrici; cioè rispondono allo stimolo meccanico e lo trasformano in segnale bioelettrico. Ci sono due tipi di recettori, cellule simil - epiteliali con delle cilia (plur. di cilium) , orientate a scalare, c’è un cilium principale detto chinociglio e una serie di ciglia più corte che vanno a scalare, quando il liquido, muove in una direzione, sposta queste ciglia e la deformazione meccanica di queste cilia si trasforma in un fatto elettrico, prima è evento senza soglia, graduato in ampiezza, potenziale di recettore o generatore, e può diventare potenziale d’azione, che prende la strada delle fibre del nervo vestibolare, la prima stazione è rappresentata dal ganglio dello Scarpa, da qui questi potenziali vanno oltre. Quando si gira la testa si ha accelerazione angolare. Altri recettori, cellule simil - epiteliali con cilia, simili a questi hanno cilia non libere, incorporate in una sostanza gelatinosa, in corrispondenza dell’estremità delle cilia ci sono gli otoliti, concrezioni di carbonato di calcio, sovrastate da una membrana (recettori di accelerazione lineare). (esempio dell’ascensore che salendo, abbassa la membrana e porta gli otoliti a stimolare le cilia). Gli otoliti generano un segnale locale, detto potenziale generatore che può diventare potenziale d’azione. Come fa il potenziale generatore a diventare potenziale d’azione?. Questo è un esempio di recettore di II tipo (non come il Pacini ove la stessa struttura che risponde alla pressione si modifica e genera il potenziale d’azione) Qui gli enti sono due la cellula simil – epiteliale e la fibra nervosa lungo cui viaggia il potenziale d’azione. Alla base di questi recettori si vedono vescicole sinaptiche contenenti glutammato. Con meccanismo calcio - dipendente si libera glutammato, i recettori su cui agisce questo glutammato sono su terminazioni nervose volgarmente dette terminazioni dendritiche, benché dendritiche non sono, le quali hanno recettori per il glutammato, l’interazione con il glutammato genera potenziale d’azione che viaggia lungo delle fibre nervose fino al ganglio dello Scarpa. In questo ganglio ci sono cellule bipolari col loro corpo cellulare, pertanto questa fibra non è un dendrite, la porzione periferica raccoglie glutammato e genera segnale, la porzione centrale lo porta ai neuroni dei nuclei vestibolari, esattamente a quelli dell’altro lato, i segnali vanno in tre direzione principali: cervelletto, midollo spinale e attraverso il fascicolo longitudinale mediale (FLM) questi segnali contattano i nuclei oculomotori (III oculomotore comune, IV trocleare, VI abducente) poiché quando spostiamo la testa per mantenere fisso il campo visivo sulle retine, bisogna associare i movimenti degli occhi altrimenti non mantengo costante la visione? Questi segnali vanno in tre direzioni: ai nuclei oculomotori(III, IV, VI) al nucleo del cervelletto predisposto a questa funzione…………………. e al midollo perché vanno informazioni per i muscoli del collo. Il cervelletto, ogni istante, attraverso queste informazioni , viene informato della posizione del capo sul tronco e degli spostamenti in una o nell’altra direzione. Dipende da in che senso spostiamo la testa (in direzione del chinociglio o nella direzione opposta); solo in una direzione viene segnalato lo spostamento, le informazioni che vengono da destra e da sinistra vengono integrate. Il

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cervelletto riceve informazioni dai recettori vestibolari, delle quali tiene conto; riceve altresì informazioni dai muscoli oculari; i recettori che informano il cervelletto a partire dai globi oculari sono i recettori muscolari, i fusi neuromuscolari. Il cervelletto ha bisogno di sapere qual è l’equilibrio tra questi muscoli per capire qual è la posizione dei globi oculari nelle orbite; il cervelletto riceve informazioni dalla corteccia cerebrale. Il cervelletto viene continuamente bombardato: (dalla corteccia cerebrale per sapere quali ordini sono partiti per la periferia muscolare, dai globi oculari, dai recettori vestibolari, dai muscoli del collo, del tronco, degli arti, il tutto per fare una cosa essenziale: “mantenere la postura”. Cioè equilibrio tra i muscoli gravitazionari e gli antigravitazionari, gli antagonisti e gli agonisti. La postura è la posizione del corpo nello spazio come possiamo osservare dai ginnasti, dai pattinatori, dagli scalatori, che non hanno una posizione verticale. Tutto ciò come prerequisito per fare i movimenti, senza questo tono e questo equilibrio di tono faremmo soltanto movimenti inconsulti. Il cervelletto è importante nel linguaggio, gli algoritmi per modificare la colonna di aria che sale su dai polmoni e ci permette di parlare stanno nella corteccia cerebrale, nello striato dorsale e nel cervelletto, non potremmo parlare senza il cervelletto, lo sappiamo da tante patologie nella sclerosi multipla uno dei primi segni ad apparire è la disartria; il cervelletto possiede il controllo delle funzioni neurovegetative, è esperienza comune sapere che in barca o in motoscafo si possono talvolta avere nausea, vomito, conati di vomito. Il cervelletto è la sede dell’apprendimento motorio. Tutti quanti abbiamo scritto nel DNA la capacità di camminare, non tutti però sanno calciare come lo sanno fare alcuni individualisti, così come non tutti sanno suonare il violino come pochi sanno fare. A parte le cose essenziali per la vita, ci sono le cose che si possono acquisire: alcune cose si possono acquisire con l’esercizio, queste cose vengono scritte nella corteccia motoria, in varie zone della corteccia cerebrale, in striato dorsale, in talamo e nel cervelletto. Il cervelletto è la sede della memoria motoria, inoltre il cervelletto è implicato in funzioni cognitive, di solito attribuite a strutture filogeneticamente più recenti, quali la corteccia frontale (la quale occupa nei primati umani i 2/3 della corteccia totale). Su che si basa questo concetto delle funzioni cognitive del cervelletto?. Dall’imaging funzionale, se a un soggetto facciamo vedere una chiave e poi vediamo le variazioni del consumo di ossigeno, dei nutrienti durante questo esercizio, fare vedere la chiave influenza le funzioni della corteccia cerebellare. Se diamo la chiave ad un soggetto, egli la tocca, sente il peso, la superficie; la prova che il cervelletto è implicato in funzioni cognitive è che se diciamo la parola “chiave” il che è un fatto puramente astratto (il soggetto deve pensare e vedere la chiave), il cervelletto modifica il consumo di ossigeno, di glucosio lo stato di saturazione di emoglobina. [acquisizione recente di circa quindici anni fa].

N.B. Nella fase REM è come fare girare indietro un nastro, l’attività elettrica della corteccia è indistinguibile da quella di un soggetto sveglio, per dire se un soggetto dorme e sogna oppure sta sveglio, lo si può capire solo dall’osservazione diretta o dal tracciato elettromiografico (basta sentire il tono muscolare). Una delle funzioni attribuite ai sogni è infatti la rielaborazione delle esperienze precedenti, rielaborazione che serve ad assestare le conoscenze precedenti, a fare un po’ di “pulizia nei cassetti”, durante il sonno infatti noi siamo capaci di esercitare una funzione tipica della veglia: l’attenzione.

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Lezione 14 (21/05/2008)

“LA VISIONE”

L’occhio è un sistema diottrico centrato. La luce quando colpisce l’occhio deve superare una serie di barriere: la cornea (che non è omogenea; ha una superficie anteriore, un corpo e una superficie posteriore: già contiamo dunque 3 mezzi rifrangenti); l’umor acqueo, il cristallino (3 strati); il corpo vitreo (fatto di mucopolisaccaridi ed è immunologicamente sequestrato: gli elementi del corpo vitreo non sono conosciuti alle cellule immunocompetenti per cui se per qualche motivo si ha un’infrazione del corpo vitreo gli elementi del corpo vitreo vengono a contatto con le cellule immunocompetenti e si possono scatenare reazioni autoimmuni). Superato il corpo vitreo la luce va sulla retina. Gli strati della retina sono una decina. I recettori retinici sono i coni e i bastoncelli. I coni stanno nella parte centrale, i bastoncelli nella porzione periferica. Essi sono trasduttori fotoelettrici: trasformano l’energia dei fotoni (dei quanta di luce) in energia bioelettrica. I coni sono responsabili della visione fotopica, i bastoncelli della scotopica. I coni permettono la visione dei colori, la lettura e la distinzione di due punti separati, i bastoncelli sono più sensibili alla luce (sono deputati alla visione crepuscolare). Un cono si mette in contatto sinaptico con una cellula bipolare, la quale si mette in contatto con una cellula gangliare. Si dice che i coni hanno le vie “private”: un cono, una cellula bipolare, una cellula gangliare. Ci sono invece decine di bastoncelli che convergono su una cellula bipolare (vie comuni). Essi sono recettori del terzo tipo (fotocettore, cellula bipolare, cellula gangliare). Nei fotocettori ci sono delle proteine coniugate, fatte di una porzione proteica e di una porzione prostetica chiamate rodopsine; però nei coni ci sono proteine simili che servono a trasdurre la visione dei colori fondamentali. In condizioni di base (al buio) le cellule gangliari della retina, che portano i potenziali d’azione alle cellule nervose scaricano ad alta frequenza. Ci sono cellule gangliari del tipo X, Y e W. Ci sono cellule che sparano a frequenza elevata, media e bassa. Se le cellule gangliari sparano continuamente, i fotocettori sono polarizzati a circa – 60 mV (perché c’è una inward current molto elevata per lo ione sodio; per cui a riposo entra molto sodio nel fotocettore). Il fotocettore è collegato attraverso una sinapsi chimica con una cellula bipolare, il mediatore è il glutammato. A riposo c’è un rilascio continuo di glutammato il quale si legherà a recettori sulla membrana della cellula bipolare (recettori di tipo AMPA). Il legame coi recettori AMPA, fa entrare sodio nella cellula bipolare, la quale si depolarizza, in questo modo, siccome la cellula bipolare è collegata alla gangliare, viene facilitata la frequenza di scarica delle cellule gangliari. A riposo, le cellule gangliari, a causa delle conduttanze ioniche spara continuamente a riposo, se la cellula bipolare si depolarizza questo non ostacola la cellula gangliare che continua a sparare come può sparare potenzialmente. Quando i fotoni colpiscono il fotocettore, avviene una reazione fotochimica (trasformazione cis – trans del retinale, per cui la conduttanza del sodio, si blocca o rallenta, rallenta l’ingresso di sodio nel fotocettore, ne consegue che il fotocettore tende a iperpolarizzarsi). (E’ la prima volta che incontriamo un recettore che invece di depolarizzarsi si iperpolarizza). Nei recettori incontrati finora polarizzati a riposo a un livello in media di -70 mV, ma con grosse variazioni da recettore a recettore, la

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depolarizzazione poteva portare a potenziali di recettore, ossia potenziali generatori, e quindi in grado poi di generare potenziali d’azione. In condizioni di riposo, questo recettore è polarizzato a -60 mV, la stimolazione, ossia i quanta di luce, iperpolarizzano il fotocettore. La luce quindi non depolarizza i fotocettori. Se la luce colpisce la retina, il glutammato si riduce e per ragioni solo in parte note, questo glutammato, cambia recettore, (non si lega agli AMPA), ma al recettore metabotropico, collegato a conduttanze per gli ioni potassio. Il potassio esce dalla cellula bipolare e la stessa si iperpolarizza. L’iperpolarizzazione rappresenta un freno sulla frequenza di scarica delle cellule gangliari. Abbiamo questo SI, NO. La cellula depolarizzata al buio permette il firing delle gangliari, la luce iperpolarizzando le cellule bipolari, frena il firing delle stesse. I potenziali d’azione che viaggeranno lungo gli assoni delle cellule gangliari (lungo le fibre del nervo ottico) convogliano l’informazione visiva sottoforma di variazione della frequenza di scarica. Esistono canali di comunicazione orizzontale rappresentati dalle cellule amacrine, cellule orizzontali, cellule di Bergman etc. Le cellule amacrine della retina sono 11 (tipi), distinte grazie a vari criteri: 1° criterio (odologico): cosa la cellula amacrina collega con che cosa (bipolari tra di loro; gangliari tra di loro; recettori con cellule gangliari; cellule bipolari con cellule gangliari, ma ci sono anche situazioni più complesse per cui “tutto è collegato con tutto”). 2° criterio: i contati sinaptici possono essere eccitatori o inibitori (a acetilcolina, a glutammato, a dopamina). 3° criterio: in base ai neuromodulatori: quale cotrasmettitore coesiste con quale trasmettitore; 4° criterio: si basa sui recettori; 5° criterio: trasduttore. 6° criterio: terzi messaggeri (proto oncogeni; ossia interruttori di sintesi proteica). Ciò spiega la varietà delle cellule amacrine: possono collegare tutto con tutto, e ci sono vari tipi di cellule amacrine. I collegamenti orizzontali e verticali fanno capire la complessità del network nella retina. E’ schematico dire: la sequenza: fotocettore, cellula bipolare, cellula gangliare. Non possiamo prevedere se facciamo cadere un raggio laser su certi fotocettori il risultato generato, non possiamo capire il risultato nella cellula gangliare il quale dipende dalla elaborazione di rete. Il meccanismo del bianco – nero e del colore, non è spiegato sufficientemente dalle azioni della rodopsina (costituto di una porzione proteica: opsina e una parte non proteica: retinale). Il retinale deriva dalla vitamina A. L’ipovitaminosi A causerà incapacità della vista, soprattutto per quanto riguarda la visione crepuscolare. Su cosa si basa il meccanismo elementare della visione: meccanismo dei canali centro on – centro off. Scandagliando la retina con un fascio di luce laser (fasci molto ristretti), possiamo rilevare vari punti centro on, nel senso che stimolando questi canali le parti laterali vengono inibite (con meccanismo della inibizione laterale, mediato dalla popolazione delle cellule amacrine. Il meccanismo dell’inibizione laterale è presente anche nella corteccia sensitiva ove per localizzare la stimolazione tatto – pressione di un certo punto, siamo in grado di distinguere due punti vicini grazie all’inibizione laterale perché la parte centrale stimolata inibisce le parti laterali. Se scandagliamo la retina con questo fascio laser, troviamo una serie di punti la cui stimolazione porta alla inibizione delle parti periferiche: questo è il meccanismo elementare con cui vediamo una stella nel cielo o un punto bianco su una lavagna nera. La luce riflessa dal punto cade sulle retine e stimola dei canali centro on che inibiscono le porzioni laterali, in questa maniera vediamo un puntino con i margini netti, altrimenti vedremo un alone. Possiamo così vedere una linea, una figura. Nel caso di una linea, essa è fatta da una serie di punti bianchi ognuno dei quali stimolerà un centro on. Il canale centro off ci permette di vedere un punto nero su uno

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sfondo bianco (la parte centrale non viene stimolata e vengono stimolate le porzioni periferiche). Sono i canali centro on e centro off il meccanismo elementare della visione. Ma come facciamo a vedere i colori?. Anche la visione dei colori si basa sui canali centro on e centro off. La retina è un mosaico molto fitto nella porzione centrale e molto meno denso nelle porzioni periferiche con tutta una serie di interruttori che ci permettono di vedere in bianco e nero e a colori. Nei coni, responsabili della visione dei colori, ci sono dei pigmenti particolari, ognuno dei quali assorbe massimamente a una certa lunghezza d’onda. Secondo la teoria tricromatica di (Young)-Helmoltz lo spettro comprende tre bande: onde elettromagnetiche di lunghezza breve, intermedia e lunga; oppure il rosso, il giallo-verde e il blu. C’è un cono per ogni ambito di lunghezza d’onda. Come è che i colori si basano sui can centro on centro off?. Ci sono 6 canali per colori e altrettanti per i centro off:

1. Centro on per il rosso, centro off giallo-verde;

2. Centro on per il rosso, centro off per il blu;

3. Centro on per il blu, centro off per il rosso;

4. Centro on per il blu, centro off per il giallo-verde;

5. Centro on per il giallo-verde, centro off per il rosso;

6. Centro on per il giallo-verde, centro off per il blu;

Quindi abbiamo enumerato 6 canali, poi abbiamo altri sei canali per il centro off. Quindi abbiamo dodici canali, per il bianco nero solo una coppia di canali. Poi esistono le innumerevoli gradazioni. L’occhio umano non è molto abile nel rilevare le var. del grigio Se ci sono questi canali per i colori e il bianco-nero come facciamo noi a vedere? I segnali dalla retina viaggiano lungo pattern spazio – temporali lungo le fibre del nervo ottico (che sono assoni delle cellule gangliari). Pattern temporali nel senso di variazioni di frequenza di scarica nel tempo. Siccome il nervo ottico è un cavo con varie fibre, pattern significa che quelle fibre che raccolgono segnali da certi punti della retina porteranno i potenziali d’azione con una certa frequenza, diversa per esempio dalla frequenza lungo quegli assoni che raccolgono informazioni da punti della retina con diverse coordinate. La retina non è un recettore, è un mosaico di interruttori on – off, per il bianco-nero ed i colori, che traducono questi messaggi sottoforma di variazioni di frequenza di scarica. Noi abbiamo la visione binoculare, il falco o l’aquila controllano i globi oculari indipendentemente: non scambiano informazioni attraverso il corpo calloso: vedono a 360 °. Noi a 180 °. La base della visione è la citoarchitettura. Come sono rappresentate le retine nei centri nervosi. La prima struttura nervosa che incontrano sono i CGL, ove già c’è la rappresentazione retinotopica. Poi c’è l’area V1. Le porzioni temporali (laterali) proiettano allo stesso lato, le porzioni Interne (nasali), incrociano a livello del chiasma e proiettano dall’altro lato. Nel CGL e nella V1 abbiamo questa interposizione: dovremmo vedere a segmenti, vediamo in maniera continua grazie alla cucitura operata dai neuroni callosali. Il CGL è un relè a 6 strati, grazie alle radiazioni del Gratiolet proietta alla area visiva primaria. Quando l’immagine cade sulla retina essa cade capovolta, ma viene raddrizzata perché il sistema è fatto in maniera tale che le porzioni inferiori della

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retina corrispondono alle porzioni superiori di CGL e area V1. Le informazioni che viaggiano sottoforma di potenziale d’azione in parte vanno a centri nervosi che mediano il riflesso fotomotore (la pupilla si restringe aumentando la quantità di luce) e d’accomodazione (arco riflesso che media questi due riflessi). Nella V1 c’è la rappresentazione retinotopica, la cucitura avviene sulla linea mediana. In area 17, 18, 19 ci sono colonne e moduli (validi per tutta la corteccia). La visione basata sulle aree visive primarie sarebbe impossibile: mentre scorrono immagini sullo schermo, l’imaging funzionale ci rivela che si accende tutto il cervello: partecipano alla visione una cinquantina di aree cerebrali (escluse le aree associative). Dalle cellule gangliari della retina, c’è un procedimento seriale (in serie, come nel modello digestivo), alle aree visive primarie, cambia tutto, perché le informazioni sottoforma di potenziali d’azione vanno a tutto il cervello (corteccia frontale, lobo parietale, lobo temporale, a tutto il cervello). Perché c’è bisogno di 50 aree ?. Dalla cellula gangliare all’area visiva primaria si procede in serie, dall’area visiva primaria si procede in parallelo: contrasto, luminanza, brillanza, movimento; sono vari i componenti delle immagini che vanno analizzate. Ci sono ensembles di neuroni che contemporaneamente ad altri si occupano di vari aspetti dell’immagine. Quando si arriva alla V1, tutte le varie componenti dell’immagine vengono distribuite (si guadagna in velocità: esempio della distribuzione di compiti in un aula). Simultaneamente si fanno molte cose diverse. Questa è la potenza dell’occhio umano (non inteso solo come analizzatore periferico ma come tutto il meccanismo della visione). L’occhio umano è imbattibile rispetto al più veloce dei computer. Reverse engineering (ingegneria all’incontrario) si fonda sulla potenza dell’occhio umano. Una parte delle info della V1 attraverso il pulvinar (nucleo talamico di connessione cortico – corticale) vengono trasferite al lobo parietale (circonvoluzione parietale posteriore) per l’attenzione visuo – spaziale.

RIASSUMENDO

Occhio come sistema diottrico centrale; fotocettori retinici; canali verticali e canali orizzontali; la cellula gangliare può aumentare e ridurre la sua frequenza di scarica; centro on – centro off (meccanismo elementare); percorso dei potenziali d’azione (CGL e V1); da V1 sottoforma di potenziali d’azione che viaggiano a molte parti del cervello dove le varie componenti di un’immagine vengono scomposte ed elaborate simultaneamente con grande velocità; una parte di informazioni vanno a centri nervosi che spiegano i riflessi alla luce e all’accomodazione; attraverso il pulvinar, le informazioni vanno alla parietale posteriore permettendo la localizzazione degli oggetti nello spazio . La visione è una funzione di tutto il cervello (50 aree vengono coinvolte).

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Lezione 15 (26/05/2008)

“La via acustica”

Quando parliamo di udito parliamo di onde sonore. L’onda sonora è caratterizzata da lunghezza d’onda, da una frequenza e da una ampiezza. Frequenza e lunghezza d’onda sono due concetti affini. Ad una lunghezza d’onda corta corrisponde una frequenza elevata. Se usiamo il piede di un diapason, battendolo su un malleolo possiamo valutare la sensibilità vibratoria (pallestesia) competenza del sistema lemniscale. Se prendiamo un diapason che emette un DO, questo può essere di ampiezza elevata o di ampiezza corta (facendo vibrare con maggiore o minor forza un diapason). Nei due casi la frequenza d’onda è la stessa. I recettori dell’udito non sono come i fotocettori retinici (le onde luminose attraverso un sistema diottrico centrato cadono sulla retina e stimolano coni e bastoncelli, ma, nel caso dell’udito c’è un’intermediazione meccanico – idraulica, perché le cellule recettrici che trasformano le onde sonore in segnali bioelettrici sono le cellule cocleari del Corti. Ne esistono di due tipi: le cellule cocleari interne e le cellule cocleari esterne. Le cellule cocleari interne trasformano le onde sonore in segnali elettrici. Questi recettori sono dei trasduttori meccano – elettrici, perché sono cellule simil – epiteliali, che somigliano alla lontana ai recettori vestibolari di accelerazione angolare, cellule simil - epiteliali, fornite di cilia, che se deformate generano un segnale a livello di cellula cocleare interna che è un potenziale generatore. Come fa il sistema ad attivare questi sistemi meccanoelettrici. Le onde sonore possono stimolare le cellule cocleari interne per via aerea e per via ossea (esempio del telefono che si sente sia sull’orecchio sia appoggiandolo sulla regione mastoidea). Le onde sonore, attraversano il dotto cocleare e incontrano al fondo del dotto la membrana timpanica, che vibra, la membrana timpanica trasmette la sua vibrazione alla membrana che chiude la finestra ovale, attraverso martello, incudine e staffa. La vibrazione della membrana timpanica può essere modulata, non è una struttura rigida, fissa. Qual è il meccanismo che usiamo per far si che la membrana timpanica non scoppi? Noi detendiamo, facciamo rilassare la membrana timpanica. Invece se si è in un ambiente sonoro basso, noi tendiamo l’orecchio, “appizziamo” l’orecchio, cioè tendiamo la membrana timpanica in modo di essere in grado di massimizzare la percezione. C’è già un meccanismo periferico a livello della membrana timpanica in grado di attutire o acuire la percezione dei suoni. Le onde sonore fanno vibrare la membrana timpanica, che si trasmettono alla membrana della finestra ovale, tramite la catena degli ossicini. Se c’è un processo di otite media, le articolazioni sono anchilosate, la catena è fissa e si perde questa possibilità di trasduzione meccano - idraulica. Quando la membrana timpanica fa vibrare la membrana della finestra ovale, questa membrana contiene un liquido, esempio del sasso lanciato nel lago. La vibrazione della finestra ovale crea delle onde nei liquidi dell’orecchio interno che si trasmettono fino alla coclea (lat. chiocciola), somiglia a una piramide di profilo, la si può svolgere e viene fuori un condotto che normalmente è avvolto su sé stesso dalla base all’apice (elicotrema). Le onde lunghe (in ampiezza) arrivano fino all’elicotrema, le onde brevi si fermano alla base della coclea. C’è una prima distribuzione spaziale delle onde sonore, non si fermano come onde ma come liquido. Se svolgiamo questa coclea e

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vediamo il dotto, nel dotto individuiamo tre comparti: la rampa vestibolare, la rampa timpanica e la rampa media; la rampa media contiene le cellule cocleari. Queste onde (di liquido) si trasmettono alle tre rampe e si crea una condizione di squilibrio tra le due rampe: vestibolare e timpanica. Ciò deforma la membrana su cui poggiano le cellule cocleari, la quale sussulta verso l’alto, queste cilia vanno a conficcarsi contro la membrana tectoria. Qui inizia il fatto meccanico perché le cilia, confliccandosi contro la membrana tectoria, si deformano e, deformandosi, attivano delle conduttanze ioniche, per cui, deformandosi, c’è un passaggio di ioni, normalmente le cellule cocleari interne,come quelle di tutto l’organismo, sono polarizzate a riposo, siccome le cilia delle cellule cocleari interne pescano nei liquidi della rampa media, e questi liquidi contengono molto potassio, succede che queste cellule sono normalmente iperpolarizzate e se registriamo con degli elettrodi tra le fibre del nervo acustico registriamo dei segnali definiti potenziale microfonico. La trasduzione meccano - elettrica si traduce in una modulazione di questo potenziale microfonico. Come avviene tutto questo? Le cellule cocleari interne cambiano la loro polarizzazione, avendo un fenomeno senza soglia, graduato in ampiezza, cioè un potenziale di recettore, o generatore di potenziale d’azione. In maniera simile alle cellule vestibolare di accelerazione lineare ed angolare; come il potenziale generatore fa nascere il potenziale d’azione?. Alla base delle cellule cocleari interne sono visibili delle vescicole contenenti acido glutammico e neuromodulatori (il gene collegato alla calcitonina). Il potenziale generatore che si evidenzia nella cellula cocleare fa liberare glutammato che si lega ai recettori sulle terminazioni nervose alla base delle cellule cocleari interne, le quali fanno capo a neuroni bipolari localizzati nel ganglio acustico del Corti. Qui ci sono i corpi cellulari di neuroni gangliari con due terminazioni (centrale che lungo il nervo acustico va al tronco dell’encefalo e periferica che in senso lato è dendritica, ma non è dendrite, è come se lo fosse: raccoglie i segnali elettrici generati a livello delle cellule ciliate interne del Corti attraverso la liberazione di glutammato, il legame coi recettori del glutammato etc. Come vengono codificate le onde sonore ? Attraverso un meccanismo spazio – temporale: se un diapason a un DO crea onde che si fermano all’apice della coclea, e un diapason che genera un SI genera onde che si fermano alla base della coclea Onde brevi si fermano alla base, onde lunghe arrivano fino all’apice della coclea con tutte le tipologie intermedie. La membrana basilare che sta nel dotto cocleare non si eccita ugualmente per tutte le lunghezza d’onda, ma si eccita massimamente in un ambito ristretto di lunghezze d’onda. Le onde brevi eccitano massimamente la membrana basilare che sta alla base della coclea mentre le onde lunghe eccitano massimamente la membrana basilare all’apice della coclea. Se vengono eccitati punti diversi della coclea si ecciteranno cellule cocleari che stanno a livelli diversi di questa coclea. I segnali generati dalle cellule cocleari interne vanno al ganglio del Corti ove c’è la mappa cocleotopica (punti diversi della coclea eccitano massimamente certi neuroni bipolari gangliari). La lunghezza o frequenza d’onda ha un codice spaziale che, eccitando punti diversi della coclea, eccita cellule gangliari differenti. La lunghezza d’onda è codificata in questa maniera. Come è codificata L’ampiezza. I punti della coclea eccitati massimamente sono gli stessi. Che cosa cambia ? Cambia la frequenza di scarica che lungo le terminazioni periferiche delle cellule gangliari del Corti arrivano fino al ganglio poi lungo il nervo acustico al tronco dell’encefalo. Quindi la codifica è spazio – temporale. Se stimoliamo un diapason, e lo stimoliamo di fronte, da un lato o dall’altro, eccitiamo

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entrambe le membrane timpaniche: significa che l’audizione e biauricolare. Se una sorgente sonora è posizionata alla destra entrambi i canali saranno stimolati, ma ci sarà una sfasatura arrivano prima le onde sonore di destra; il sistema nervoso ha dei meccanismi per localizzare la sorgente sonora. Come fa il SN? Ci sono dei neuroni che misurano la latenza, la differenza tra i due segnali che vengono dai lati, ci sono poi dei riflessi che inducono ad esempio il movimento del capo. Sulla membrana basilare ci sono cellule cocleari di due tipi: interne ed esterne. Se le cellule cocleari interne hanno funzioni di trasduttori meccano- elettrici, le cellule cocleari esterne hanno funzione modulatoria, possono attutire la trasduzione meccano – elettrica o la possono massimizzare, le cocleari esterne, ci permettono di disinteressarci di quello che sentiamo. Entrambe poggiano sulla membrana basilare e sono sovrastate dalla membrana timpanica. Se accorciamo le cocleari esterne aumentiamo il contatto della membrana timpanica con le cellule cocleari interne. Se allungo le cellule cocleari esterne, riduco la probabilità delle membrana tectoria stimoli le cilia. L’accorciamento delle cellule cocleari esterne è permesso dalla loro depolarizzazione, l’allungamento dalla iperpolarizzazione delle cocleari esterne. Se il segnale elettrico è depolarizzazione/iperpolarizzazione, chi fa depolarizzare ed iperpolarizzare le cellule cocleari esterne?. Sono dei segnali nervosi venienti da fibre nervose di varia origine, nelle cellule cocleari esterne ci sono delle proteine fibrose che accorciandosi con la depolarizzazione permettono di attutire la percezione dei suoni, mentre l’allungamento di queste stesse proteine ha l’effetto opposto. Sono le prestine, classe di proteine fibrose. Le prestine, attraverso la depolarizzazione e l’iperpolarizzazione, permettono di modulare la lunghezza delle cellule cocleari esterne, e quindi di modulare la trasduzione meccano - elettrica che avviene attraverso le cellule cocleari interne.

Quale strada fanno i segnali per arrivare ai centri nervosi ?. Ricapitolando le caratteristiche principali delle onde sonore sono lunghezza d’onda ed ampiezza, entrambe hanno diversi sinonimi. L’onda sonora fa vibrare la membrana timpanica prima, la membrana della finestra ovale dopo, attraverso la catena degli ossicini, la vibrazione della membrana della finestra ovale genera onde nei liquidi dell’orecchio interno, siccome i liquidi sono incompressibili, questa pressione nei liquidi viene scaricata a livello della finestra rotonda, queste onde che si generano si trasmettono alle rampe vestibolare e timpaniche della coclea e si distribuiscono in maniera asimmetrica per cui si crea uno squilibrio di pressione dinamica tra queste due rampe il che porta alla deformazione della membrana basilare che continuamente sussulta, siccome su essa poggiano sia le cellule cocleari interne ed esterne; le cilia delle cellule cocleari interne vanno ad urtare nelle maglie del tessuto di cui è composta la membrana tettoria; le cellule cocleari interne sono recettrici ed iperpolarizzate a riposo; c’è molto potassio all’esterno, il fatto meccanico, di deformazione delle cilia delle cocleari interne modula la iperpolarizzazione delle cellule cocleari interne, a riposo se noi registriamo con un apparecchio acustico, registriamo un rumore di fondo (potenziale microfonico). La modulazione del potenziale microfonico, con meccanismo calcio - dipendente, fa liberare glutammato dalle vescicole che stanno alla base delle cocleari interne. Il glutammato con alcuni neuropeptidi fa generare un segnale dotato di soglia, non graduato in ampiezza (potenziale d’azione): sulla membrana delle terminazioni nervose alla base delle cocleari interne. Queste terminazione nervose raccolgono i potenziali, che viaggiano verso il

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ganglio del Corti percorrono il nervo acustico e vanno ai nuclei cocleari omolaterali nel tronco dell’encefalo. In un soggetto integro, le onde colpiscono entrambe le membrane e entrambi i canali, quando si giunge ai neuroni dei nuclei cocleari già c’è uno scambio di informazioni tra i neuroni cocleari c’è questa capacità di misurare il tempo per localizzare la fonte, da qui i segnali vanno in varie direzioni: essenzialmente vanno al corpo genicolato mediale (con struttura a strati). Qui c’è la mappa cocleotopica, la mappa delle lunghezze d’onda. Il CGM proietta al lobo temporale (circonvoluzione temporale superiore). Che cosa c’è in questa circonvoluzione ? La mappa cocleotopica, viene rappresentata tutta la coclea, se svolgiamo la membrana basilare (più spessa alla base, è più sottile all’elicotrema). Questa membrana basilare che risponde massimamente a certe lunghezze d’onda è rappresentata nella circonvoluzione temporale superiore. Immaginate che in un macaco avete sistemato una serie di elettrodi, ove generando delle note pure, possiamo verificare i potenziali evocati uditivi in un certo punto della mappa, poi vibrando i vari diapason, con lunghezze d’onda progressive (da lunghe a brevi), si eccitano punti diversi della circonvoluzione. Cosa succede quando eccito lo stesso diapason con un’intensità diversa (lo stesso DO a diversa intensità)? E’ sempre lo stesso punto della mappa cocleotopica, della membrana basilare, sono gli stessi neuroni del ganglio del Corti, gli stessi neuroni dei nuclei cocleari che si eccitano massimamente fino ai relais talamici e alla mappa cocleotopica. Non cambiano i punti della mappa che rispondono di più. Usando diverse intensità i punti eccitati sono sempre gli stessi ma cambia (a livello della coclea cambia la frequenza di scarica, come cambia a tutti i livelli fino alla circonvoluzione temporale superiore), in circonvoluzione temporale superiore i potenziali evocati uditivi sono sempre lì ma hanno un’ampiezza diversa. Nella circonvoluzione temporale superiore abbiamo la mappa della coclea (cocleotopica, delle lunghezze d’onda, dei toni). Lunghezze d’onda e frequenze vengono codificate con meccanismo spazio temporale. Siccome abbiamo la audizione biauricolare, come fanno le due cortecce a comunicare tra di loro ? Attraverso le connessioni callosali. Possiamo essere attenti, poco attenti, iperattenti, il meccanismo che ci permette di ascoltare è sempre lo stesso, ma come avviene la modulazione, attraverso il sistema attentivo posteriore, che si basa su una serie di aree corticale, esterne (sempre nel lobo temporale), utilizzano la S.R.A., utilizzano i gruppi di neuroni noti che stanno alla base del cervello. Anche nel caso dell’udito ci sono nuclei talamici di connessione cortico – corticali (il pulvinar nel caso della visione), tuttavia meno conosciuti del pulvinar. Ascoltare una musica, una conversazione può essere rilevato anche da un dispositivo meccanico, ma cosa da significato a quello che ascoltiamo, una musica può ricordare cose spiacevoli e piacevoli, l’orecchio tiene conto non solo delle parole delle note, ma del contesto, della componente emotiva. Di questo si occupa il sistema limbico (striato ventrale, accumbens, e aree corticali tipo, corteccia rinale, peririnale, cingolata etc.). Nella percezione sensitivo – sensoriale bisogna tener presente questa regola: il cervello umano va al di là: non legge solo le note, le parole, mette il contesto, dà una valenza. La percezione delle onde sonore, nell’uomo ha anche significato importante: nella comprensione delle parole: in collegamento con la temporale superiore c’è l’area di Wernicke la cui lesione determina l’afasia sensoriale (incapacità di comprendere il significato delle parole. In persone con queste area lesa, il soggetto è in grado di parlare, ma non capisce. Questa è una struttura pari, come quella nel lobo frontale (area del Broca); ci sono dei nodi importanti in una rete di comportamenti che rappresenta l base

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neurale nel linguaggio. Questo è detto linguaggio secondario. Il linguaggio primario è quello condiviso anche con i primati non umani. Gli umani sono in grado di usare il linguaggio secondario. (Se potessimo vedere il cervello mentre uno parla, non si attivano solo Wernicke e Broca, contemporaneamente si accendono quelle zone motorie che permettono di modulare la corrente d’aria che sale dai polmoni. In 9 casi su 10 Broca e Wernicke sono dominanti a sinistra, Broca e Wernicke anche durante il linguaggio dei sordomuti si accendono, perché in questo modo codifichiamo i segni in parole. C’è un isola La Gonera [Canarias], da cui partì Colombo qui ci sono rilievi verticali ove i contadini comunicano con un fischio lungo e a bassa frequenza, si è visto che anche in questo caso si accendono i centri di Broca e Wernicke, non ci aspetteremmo che durante un fischio si accendano queste aree così come quando parliamo, il Broca trasforma i segnali in parole, emettiamo il fischio ma pensiamo al comando vocale, così come sentiamo il fischio e lo trasformiamo in comando vocale.

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Lezione 16 (28/05/2008)

“Il gusto”

I sapori fondamentali sono quattro: dolce, amaro, acido e salato, sui vostri testi c’è anche l’umami. Come li percepiamo? Attraverso dei chemocettori in papille gustative, sulla faccia interna delle guance; questi recettori sono del 2° tipo (1° tipo: Pacini, muscolare intrafusale; il recettore di 2° tipo: cellule cocleari interne del Corti, c’è il trasduttore e la fibra nervosa che raccoglie il segnale elettrico e sono due entità distinte e separate; cellule similepiteliali vestibolari che rispondono allo stimolo di accelerazione lineare ed accelerazione angolare; anche i chemocettori gustativi). Una cosa è il trasduttore chemo - elettrico una cosa è la fibra nervosa che è un’entità distinta e separata. Questi chemocettori trasformano l’energia chimica in energia bioelettrica che poi diventa segnale, a livello del chemiocettore come sono segregate questi dolce amaro acido e salato?. Dolce e amaro condividono un meccanismo. Acido e salato condividono un altro meccanismo. Tra l’interno e l’esterno di questo chemocettore c’è una differenza di potenziale, per cui i chemocettori sono polarizzati a riposo. L’acido sono H+(idrogenioni), il salato ioni sodio. I protoni e gli ioni sodio condividono come meccanismo delle conduttanze ioniche, nella membrana del chemocettore ci sono delle proteine che fungono da conduttanze ioniche per H+ e sodio ioni. Quando beviamo qualcosa di leggermente più acido, gli idrogenioni attraversano queste proteine: entrano cariche positive che riducono la polarizzazione a riposo. L’altro meccanismo è condiviso per il dolce (es. saccarina) e l’amaro (es. chinino), non ci sono conduttanze ioniche coinvolte, ci sono proteine recettoriali; quando la proteina recettoriale per il dolce e l’amaro si attiva un meccanismo che nei chemiocettori porta all’attivazione di sistemi di trasduzione che si chiamano gusto(to)cine, per analogia con quanto succede coi recettori retinici, la trasduzione fotoelettrica porta all’attivazione di proteine trasduzionale chiamate transducine, qui esistono le gusto(to)cine. Per una via o per l’altra, protoni e sodio ioni, portano all’ingresso di cariche negative e riduzione della polarizzazione di riposo (depolarizzazione) a livello di recettore questa depolarizzazione è definita potenziale di recettore o potenziale generatore. Nel caso del dolce e dell’amaro che coinvolge legame della sostanza col recettore, attivazione di gustotocine, giungiamo allo stesso risultato. Riduzione del valore del potenziale a riposo. Abbiamo un fenomeno elettrico locale, senza soglia, che si propaga con decremento che si può sommare che si chiama potenziale di recettore. Generatore di potenziale d’azione. Se questi chemocettori stanno nelle papille gustative, come il potenziale di recettore, diventa potenziale d’azione? In microscopia elettronica, alla base dei chemocettori si vedono delle vescicole contenenti il glutammato, ci sono anche delle vescicole opache in M.E. che contengono neuromodulatori, il peptide collegato (al gene) della calcitonina. Già nelle cellule cocleari interne del Corti e dei recettori vestibolari abbiamo incontrato il glutammato. Il potenziale di recettore se raggiunge i 15 mV, con meccanismo calcio - dipendente fa liberare glutammato che si lega anche ai recettori per il glutammato che stanno sulle fibre nervose che sono in contatto con i chemiocettori. Questo fa generare il potenziale d’azione. Tra le altre caratteristiche si propaga senza decremento, fino al NTS come lo

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registriamo in partenza così alla fine: 3 cavi conducono questi segnali (glosso - faringeo, faciale e vago). Via cavo arrivano al NTS. C’è un problema non risolto: ci sono recettori specifici per dolce, amaro e salato o tutti sono in grado di rispondere a questi 4 sapori fondamentali ? Problema ancora controverso. I segnali elettrici non si fermano al NTS vanno verso l’alto: alcuni al talamo, altri bypassano il talamo. Quelli che non si fermano al talamo vanno all’insula (allocorteccia). L’insula è un nodo, un crocicchio di informazioni che vengono da diverse parti, intanto c’è un dominio gustativo insieme a un dominio olfattivo, lì convergono anche informazioni di altro tipo. Se noi registriamo l’attività elettrica dall’insula (struttura pari), mentre facciamo cadere diverse soluzioni di diverso sapore sulla lingua, e poniamo elettrodi nella circonvoluzione post – rolandica (parietale ascendente) dove c’è la mappa somatotopica, i potenziali elettrici evocati dove li rileviamo? Nella parietale ascendente c’è anche una porzione di questa corteccia che rappresenta la bocca e la lingua. Se le gocce sono alla temperatura corporea e immaginando che le gocce effluiscano e non cadano dall’alto. Se i chemocettori vengono esposti al dolce etc. senza pressione, senza variazione di temperatura i potenziali elettrici evocati sono nell’insula. Le informazioni gustative scevre da variazioni di temperatura, di tatto – pressione stanno nell’insula, tant’è vero che anche l’insula può essere affetta da condizioni patologiche. Se entrambe le insule non funzionano il soggetto presenta ageusia. Le informazioni gustative vengono elaborate a livello dell’insula. Cosa c’entra la mappa somatotopica?. Una soluzione insapore la cui temperatura è diversa dalla corporea, la lingua è in grado di dire se è calda o fredda, anche poggiando uno spillo. Queste informazioni di vibrazione, temperatura, dolore e tatto – pressione, attraverso il NVPM ( che raccoglie dal bacino trigeminale) che proietta al lobo parietale alla circonvoluzione parietale ascendente. I potenziali che possiamo evocare nella parietale ascendente sono quelli relativi a tatto – pressione non c’entrano niente col gusto. Per fare questo lavoro c’è questo circuito non stop che va dal NTS (nucleo del tratto solitario) al………. , altre informazioni dal NTS si interrompono al talamo nel NVPM, alcune si fermano in nuclei limbici i quali proiettano a corteccia limbica (piriforme, prepifirorme, cingolata, rinale, peririnale). A cosa serve il coinvolgimento della corteccia limbica ? Queste cortecce limbiche producono una miriade di aromi. La prima funzione di queste cortecce limbica è quella di generare una miriade di sensazioni, aromi che noi associamo ad alcuni eventi, ciò accade anche per l’udito ad esempio. Il NTS manda info non – stop alle insule, al talamo: NVPM e nuclei limbici e manda anche informazioni “en passant” a strutture implicate nel sistema del piacere: strutture corticali e sottocorticali (nuclei dopaminergici dell’ATV che operano di concerto con strutture posteriori, nuclei a serotonina e a noradrenalina); nel gusto è implicato anche il gusto del piacere. Se noi assaggiamo una bevanda già bevuta prima, noi evochiamo il ricordo di qualcosa. A livello limbico si ha questo mescolamento di informazioni specifiche, cognitive, con è gradevole, non lo è. Se uno ricorda che una bevanda è stata seguita da una diarrea prolungata o da un mal di pancia, la commistione di queste informazioni specifiche cognitive con fatti aspecifici avviene a livello limbico. Il gusto è un ottimo esempio per dire quello che ho detto. Anche gli animali imparano ad associare una sostanza amara con le conseguenze negative di quello che segue. Se succede qualcosa se lo ricorda per tutta la vita, se noi anestetizziamo quell’animale e facciamo cadere sulla lingua una goccia di quella soluzione, senza la corteccia cerebrale, ma con strutture sottocorticali funzionanti, la frequenza cardiaca accelera, ha delle risposte neurovegetative che

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anche sotto anestesia, l’animale ricorda che quella è una cosa che fa male. Nel caso dell’olfatto esiste il codice spazio – temporale, la cosa interessante è che noi possediamo 600 geni per varie sostanze odorose, sembra un fatto aneddotico ma significa che noi siamo predisposti alla nascita per rivelare e rispondere ad almeno 600 sostanze odorose [Linda B. Buck insieme a Richard Axel, ha vinto il premio Nobel per la Medicina nel 2004, per le sue ricerche sui recettori olfattivi e sul funzionamento del sistema olfattivo]. In immunologia una domanda di molti anni fa era: possediamo gli anticorpi per tutti gli antigeni presenti in natura, così come siamo attrezzati a rispondere con 600 geni a sostanze odorose. Noi non siamo pronti al momento di costruire anticorpi contro gli antigeni presenti in natura. Abbiamo nel nostro corredo genomico la possibilità di conoscere 600 odori. Questo modello immunologico vale per l’olfatto e anche per il linguaggio. Utilizzando l’imaging funzionale che in persone costrette ad acquisire più di un linguaggio, la rapidità con cui un bambino acquisisce una o più lingue madri, alla nascita siamo attrezzati per parlare lingue diverse, così come accade con gli anticorpi. Si pensava che il linguaggio fosse il risultato di un puro apprendimento. Noi disponiamo alla nascita di informazioni che ci permette di parlare lingue diverse. Questo viene modulato dalla cultura, dall’ambiente etc. La genetica ed epigenetica si compenetrano a vari livelli. Possediamo un corredo genetico che ci facilita e ci predispone a questo , ma nel caso dell’immunologia, dell’olfatto e del linguaggio è qualcosa in più.

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Linda B. Buck è una neurobiologa statunitense nata a Seattle nel 1947.

Si laureò nel 1975 in microbiologia e psicologia all'University of Washington a Seattle. Nel 1980 terminò il dottorato in Immunologia all'University of Texas Southwestern Medical Center.

Insieme a Richard Axel, ha vinto il premio Nobel per la Medicina nel 2004, per le sue ricerche sui recettori olfattivi e sul funzionamento del sistema olfattivo.

Richard Axel (New York, 2 luglio 1946) è un medico statunitense, vincitore del Premio Nobel per la medicina nel 2004.

Dopo aver conseguito la laurea in medicina presso la John Hopkins University School of Medicine a Baltimora nel 1970, divenne, dapprima professore di patologia e biochimica presso la Columbia University e, successivamente, ricercatore presso l'Howard Hughes Medical Institute nella medesima università. È tuttora operante nello stesso istituto.

Dopo essersi distinto conseguendo numerosi riconoscimenti e premi, tra cui il New York City Mayor's Award for Excellence in Science and Technology (1997) ed il Gairdner Foundation International Award for Achievement in Neuroscience (2003), è stato insignito del premio Nobel per la medicina congiunto con la biologa Linda B. Buck per le scoperte nel campo dei recettori olfattivi e del funzionamento del sistema olfattivo. Studiando la ricezione olfattiva nei mammiferi e nella Drosophila melanogaster (il comune moscerino della frutta), Axel ha scoperto una incredibile somiglianza tra specie che porta a credere che i principi basilari della discriminazione degli odori si siano conservati per 500 milioni di anni.

Bibliografia [modifica]

Buck Linda e Richard Axel, 1991, "A Novel Multigene Family May Encode Odorant Receptors: A Molecular Basis for Odor Recognition." Cell 65:175–183.

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