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newsletter 148 maggio 2017 · Il forum di bioetica vuole suscitare un interesse culturale sui...

Date post: 16-Feb-2019
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1 - Il forum di bioetica vuole suscitare un interesse culturale sui principi fondanti della bioetica e aprire il dibattito sui dilemmi etici dell’epoca moderna INDICE: Principi e Dilemmi di bioetica I desideri che diventano un diritto in una società senza guida e amorale generano il caos religioso, morale e civile, di Paolo Rossi Il mondo dei desideri, L'istinto, o comportamento innato. Struttura del desiderio Desideri irrazionali o bisogni Il desiderio fondamentale. L'uomo come desiderio di Dio Desideri innaturali che stravolgono il diritto. Lo Stato costringe a fare il male. Diritti contro natura Cultura della vita e diritti sociali Io sono la Verità. Il desiderio dell’amore Combattere contro i desideri della carne è dono dello Spirito Santo in noi. FORUM di BIOETICA NEWSLETTER n. 148 M AGGIO – 2017
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- Il forum di bioetica vuole suscitare un interesse culturale sui principi fondanti della bioetica e aprire il dibattito sui dilemmi etici dell’epoca moderna INDICE: Principi e Dilemmi di bioetica I  desideri   che  diventano  un  diritto   in  una  società  senza  guida  e  amorale  generano   il  caos  religioso,  morale  e  civile,  di  Paolo  Rossi  I l  mondo  dei  desideri ,  L ' istinto,  o  comportamento  innato.  Struttura  del  desiderio  

Desideri   irrazionali  o  bisogni  I l  desiderio  fondamentale.  L'uomo  come  desiderio  di  Dio  Desideri   innaturali  che  stravolgono  il  diritto.  Lo  Stato  costringe  a  fare  i l  male.  Diritti  contro  natura  Cultura  della  vita  e  diritti  sociali  Io  sono  la  Verità.   I l  desiderio  dell ’amore  Combattere  contro  i  desideri  della  carne  è  dono  dello  Spirito  Santo  in  noi .    

 

 

 

                       

 

                       FORUM  di  BIOETICA  

   NEWSLETTER  n.  148  

MAGG IO  –  2017        

 

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I  desideri  che  diventano  un  diritto  in  una  società  senza  guida  e  amorale  generano  il  caos  religioso,  morale  e  civile    

di  Paolo  Rossi  

A metà degli anni ’80 in Chiesa, ecumenismo e politica J. Ratzinger1 scriveva «Dobbiamo chiarirci che né la ragione né la fede promettono, a nessuno di noi, che un giorno ci sarà un mondo perfetto. Esso non esiste. La sua continua aspettativa, il gioco con le sue possibilità e prossimità è la minaccia più seria che incomba sulla nostra politica e sulla nostra società, perché di qui insorge fatalmente l’onirismo anarchico. Per il futuro della democrazia pluralistica e di uno sviluppo umanamente possibile di giustizia, è necessario riapprendere il coraggio di ammettere l’imperfezione e il continuo stato di pericolo delle cose umane. Sono morali solo quei programmi politici che suscitano questo co- raggio. Immorale è al contrario quell’apparente moralismo che mira ad accontentarsi solo del perfetto». Le parole di Ratzinger hanno sempre una densità non facile da capire e da praticare. In questo apparente elogio dell’imperfezione egli mette in guardia sui rischi di un moralismo predicato, ma tutt’altro che praticato. Solo chi si sforza giorno per giorno di essere coerente con i suoi ideali, nel nostro caso quelli del cattolicesimo popolare e democratico, sa quanto sia improbabile questa strada; soprattutto quando l’azione politica ti obbliga a costanti mediazioni per ottenere risultati concreti. Il coraggio dell’imperfezione rappresenta in filigrana il senso stesso della vita; la consapevolezza dei nostri limiti e di quello degli altri gruppi, e l’aperto confronto con tutti, se la posta in gioco lo merita. Se però è possibile capire che per Ratzinger non sarà la fede a rendere più facili le soluzioni che miglioreranno il mondo, è meno facile capire che non sarà nemmeno la ragione a realizzare tale obiettivo.

Il  mondo  dei  desideri  L'istinto,   o   comportamento   innato. Sono comportamenti automatici cioè non sono frutto di apprendimento né di scelta personale. L'istinto ha un rapporto piuttosto rigido con ciò che desidera e a cui mira, difficilmente ottenendo soddisfazione da un oggetto diverso. Caratteristiche peculiari dell'azione istintiva sono la mancanza di basi derivanti da esperienze passate, ma sembra essere un comportamento innato dell'animale, come se derivasse da una caratteristica insita nel suo patrimonio genetico, e che viene compiuta in modo del tutto analogo da diversi individui, spesso senza che ne sia chiaro lo scopo. Esempi di comportamento istintivo sono le migrazioni degli uccelli, l'attrazione sessuale umana ed animale, gli stessi meccanismi della nostra vita sociale, in realtà il quadro della

                                                                                                                         1 Benedetto XVI (Joseph Ratzinger) Chiesa, ecumenismo e politica. Nuovi saggi di ecclesiologia. Traduttore Sommavilla G., Babini E. San Paolo Edizioni luglio 1987

 

Principi  e  Dilemmi  di  Bioetica  

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distruttività innata si adatta molto meglio alla storia che alla preistoria. Se l'uomo fosse dotato soltanto dell'aggressione biologicamente adattiva che egli condivide con i suoi antenati animali, sarebbe un essere relativamente pacifico. Invece, l'uomo si differenzia dagli animali perché è assassino; è l'unico primate che uccida e torturi membri della propria specie senza motivo, né biologico né economico e traendone soddisfazione . 2 La distinzione fra aggressione benigno-difensiva e maligno-distruttiva richiede un'ulteriore, più fondamentale distinzione: quella fra istinto e carattere, o, più precisamente, fra pulsioni radicate nelle esigenze fisiologiche (pulsioni organiche) e quelle passioni specificamente umane che affondano le radici nel carattere ("radicate-nel-carattere o umane"). Il carattere è la "seconda natura" dell'uomo, il sostituto dei suoi istinti scarsamente sviluppati, e che le passioni umane (il desiderio di amore, tenerezza, libertà, come la voluttà di distruzione, sadismo, masochismo, la brama di potere e di possesso) sono risposte a "esigenze esistenziali", a loro volta radicate nelle condizioni stesse dell'esistenza umana. In breve, gli istinti sono le risposte alle esigenze fisiologiche dell'uomo, le passioni condizionate-dal-carattere sono le risposte alle sue esigenze esistenziali e sono specificamente umane. Gli istinti sono una categoria puramente naturale, mentre le passioni-radicate-nel-carattere sono una categoria socio-biologica, storica. Sebbene non siano al servizio della sopravvivenza fisica, esse sono altrettanto forti - e spesso ancor più forti - degli istinti. Costituiscono la base dell'interesse che l'uomo ha per la vita, il suo entusiasmo, la sua eccitazione; sono la materia di cui sono fatti non solo i suoi sogni, ma l'arte, la religione, il mito, il dramma. L'uomo è alla ricerca del drammatico, dell'eccitante; se non riesce a ottenere una soddisfazione di livello superiore, crea per se stesso il dramma della distruzione. Struttura  del  desiderio  I desideri costituiscono la base della soggettività umana. Anche molti animali provano dei desideri, ma non ne sono coscienti nei modi tipici della specie umana. Proprio la consapevolezza dei desideri espone le persone alla consapevolezza della presenza del dolore nell’intera vita. I desideri (come le sensazioni o le emozioni) possono non essere coscienti, come nei casi in cui siamo molto concentrati nel fare qualcosa di impegnativo e ci scordiamo di un appuntamento per noi importante ma non immediatamente rilevante o non ci accorgiamo che si è spento il fuoco nel camino e l’ambiente è diventato freddo. Tuttavia, proprio le difese psicologiche rendono così massiccia e ingombrante la presenza di desideri inconsci. Un rumore strano in casa può farci scordare di togliere la pasta dal fuoco, ma chi riesce a non provare per anni il desiderio sessuale o a non interrogarsi sul mondo interiore dei figli non ha sicuramente avuto “troppi impegni”. In altre parole, i desideri non nascono dal nulla: quando sono razionali derivano da tutta la storia personale e da tanti eventi interni ed esterni del momento, mentre quando sono irrazionali costituiscono risposte difensive e quindi sono alterazioni o negazioni di altri desideri oppure sono costruzioni che ostacolano il contatto con il dolore risultante da altri desideri. Desideri irrazionali. Purtroppo, il desiderio di comandare e quello di ubbidire non sono gli unici desideri irrazionali che colorano l’esistenza quotidiana degli esseri umani. Sono tanti i desideri “incomprensibili” sperimentati dalle persone: il desiderio di sentirsi sempre e comunque “nel giusto”, il desiderio di sentirsi “normali” o “speciali” o anche “inadeguate” (e per quello “viste”), il desiderio di “far parte” di un gruppo per sfuggire da un senso di vuoto, il desiderio di stare “ai margini” (per sentirsi “diverse”), il desiderio di non sapere o il desiderio di esibire ciò che si sa, il desiderio di controllare gli altri e di avere potere sugli altri, il desiderio di “tirarsi su” quando c’è sofferenza, il desiderio di risparmiare (anche se non serve) o di spendere (anche se non serve), il desiderio di “fare da sé” anche se si ha

                                                                                                                         2 Erich Fromm. Anatomia della distruttività umana". ed. 1973

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bisogno di aiuto, il desiderio di ricevere “sostegno” anche quando non è necessario, il desiderio di desiderare ciò che desiderano tutti, il desiderio di “non pensare”, il desiderio di “realizzarsi”, di “evolvere” e così via. Inoltre spesso i desideri irrazionali sono addirittura percepiti come bisogni e ciò ci rende le persone capaci di compiere azioni distruttive per il terrore di sprofondare in antichi vissuti di rifiuto. Filosofi, sociologi, educatori, psicologi e psicoterapeuti hanno esaminato alcuni desideri irrazionali, ma in genere sono approdati a condanne o a diagnosi senza spiegare nulla. Nella realtà, i desideri (chiari o confusi, consci o quasi consci o inconsci) collegano ciò che siamo in un dato momento a ciò che faremo subito dopo. Se non avessimo desideri non faremmo nulla e per questo motivo il dialogo interno, in assenza di difese, presuppone sempre la consapevolezza di alcuni desideri. Purtroppo il dialogo interno spesso verte su banalità o pensieri che servono unicamente a bloccare la consapevolezza di desideri non soddisfacibili e quindi dolorosi. Se in molti casi i desideri sono disconosciuti, in altri casi sono costruiti per non mantenere il contatto con il dolore dovuto ad altri desideri insoddisfacibili. Il desiderio frustrato di un buon rapporto può quindi venir “schiacciato” dal desiderio (difensivo) di attuare vendette o di raccogliere prove per fare accuse o di esibire un disagio per pretendere delle attenzioni o di “liberarsi”, e così via. Purtroppo la semplice appartenenza alla specie umana in senso zoologico non rivela molto sulla nostra “umanità”: rivela che siamo capaci di provare desideri e di compiere azioni ad un livello di complessità impensabile per i cani ed i cavalli, ma che siamo anche capaci di provare desideri e di compiere azioni ad un livello di distruttività che cani e cavalli non possono nemmeno concepire. Un cane può affezionarsi ad un altro cane o ad un uomo e mostrare un desiderio di contatto elementare, ma sicuramente autentico. Una persona può compiere gli stessi atti, dichiarare il proprio amore, manifestarlo in modi molto complicati e ad un certo punto rivelarsi indifferente e crudele. Non è la coscienza a rendere “disumani” gli esseri umani, ma la loro capacità (difensiva) di mentire a se stessi: proprio tale capacità genera la normale e irrazionale falsità che contrassegna i dialoghi interni e i rapporti interpersonali e sociali. La capacità umana di costruire convinzioni non convincenti si associa quindi alla capacità di costruire desideri incomprensibili.

Il  desiderio  fondamentale  Qualsiasi bene può essere oggetto di desiderio, ma, ovviamente, lo è in modo speciale il sommo bene, quel bene che appaga pienamente l’uomo e lo rende perfettamente felice. Senonché c’è un bene (un fine ultimo) che è inconoscibile anche dalla ragione (dai filosofi) e un bene (un fine ultimo) che può essere conosciuto soltanto grazie a una speciale, divina rivelazione. San Tommaso pone esplicitamente la distinzione tra un bene (felicità) naturale e un bene (felicità) soprannaturale. "Esistono per l’uomo due tipi di beatitudine o felicità. La prima, proporzionata alla natura umana, l’uomo può raggiungerla mediante le risorse (per principia) della sua natura. La seconda, che sorpassa la natura umana, l’uomo può raggiungerla soltanto con la grazia di Dio (sola divina virtute), mediante una partecipazione della divinità. E poiché questa seconda beatitudine supera le proporzioni della natura umana, le risorse naturali di cui l’uomo dispone per ben operare secondo le sue capacità non bastano a indirizzare l’uomo alla predetta beatitudine. Perciò è necessario che da parte di Dio vengano elargite altre forze che indirizzino l’uomo alla beatitudine soprannaturale (ad beatitudinem supernaturalem), come dalle risorse naturali viene indirizzato, sia pure con l’aiuto di Dio, al fine connaturale (ad finem connaturalem), e queste nuove forze si dicono virtù teologali, sia perché hanno Dio per oggetto, essendo noi da esse indirizzati a Dio, sia perché sono infuse in noi da Dio soltanto" (S.T.I-II, q. 62, a. 1; cfr. III Sent., d. 27, q. 2, a. 2; d. 33, q. 1, a. 2, sol.).

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Ai due tipi di felicità corrispondono logicamente due specie di desiderio: c’è un desiderio naturale per la felicità "naturale" e c’è un desiderio soprannaturale per la felicità "soprannaturale". In entrambi i casi, l’oggetto è Dio e anche l’appagamento avviene attraverso la “contemplazione”. "La perfetta beatitudine” dell’uomo consiste nella visione dell’essenza divina. Ora vedere Dio per essenza non è al di sopra soltanto della natura dell’uomo, ma di qualsiasi creatura" (S.T. I-II. q. 5, a. 5). Il grosso nodo da sciogliere per la teologia, che san Tommaso non affronta, è quello del rapporto tra il desiderio naturale e il fine soprannaturale. Posta la chiara distinzione tra natura e grazia, ne discende come logica conclusione un altrettanto chiara distinzione tra i due desideri, e tra il desiderio naturale e il fine soprannaturale. Fondamentalmente si tratta di modalità di essere e di operare che non solo sono chiamate a incontrarsi, compenetrarsi e integrarsi (secondo il principio dell’armonia), ma che comportano un’attitudine fondamentale (quella della potentia oboedientialis) da parte della dimensione (desiderio, bene) naturale per quella soprannaturale.

L'uomo  come  desiderio  di  Dio  

Vediamo ora come de Lubac 3 concepisca il rapporto natura/soprannaturale Per de Lubac la natura umana ha sì una sua consistenza autonoma, ma Dio, che l'ha creata prevedendo di destinarla al soprannaturale, ha immesso nel suo cuore il “desiderio” di qualcosa che essa non può prevedere, né possedere, né raggiungere con le sue sole forze, ma che solo l'iniziativa effettiva e storica di Dio può donare in modo saziante, cioè appunto il soprannaturale. Dio non era obbligato a creare: lo ha di fatto voluto. Non era obbligato ha creare questo particolare mondo e l'uomo: lo ha di fatto voluto. Non era obbligato a chiamare l'uomo ad una comunione intima con Sé, mediante la grazia soprannaturale: lo ha di fatto voluto. Ora l'uomo  tende  nella  direzione  a  cui  lo  inclina  il  desiderio. Se l'uomo non avesse il desiderio di un qualcosa, non potrebbe desiderare quel qualcosa, e ne considererebbe la mancanza come del tutto trascurabile. Se la creatura spirituale non avesse avuto che un fine naturale, non avrebbe avuto che il desiderio di tale fine puramente naturale, e non avrebbe avuto di che altro desiderare: il finito le sarebbe bastato, l'avrebbe saziata. Questo sarebbe stato possibile, lo abbiamo già detto. Ma così non è stato: così di fatto non è. Il fine che Dio ha liberamente scelto per le sue creature intelligenti è soprannaturale. A quale condizione allora il soprannaturale poteva interessare la creatura intelligente? A condizione che in essa ve ne fosse il desiderio: è tanto semplice! Se l'uomo non avesse in sé che il desiderio del finito, del finito si appagherebbe, e non saprebbe che farsene dell'Infinito. Ecco allora la tesi di de Lubac: dato che Dio ha di fatto voluto elevare l'uomo a Sé, all'Infinito, per spingere l'uomo a non accontentarsi del finito, gli ha posto nel cuore il desiderio dell'Infinito, il “desiderium naturale videndi Deum”. Il desiderio dell'Infinito non obbliga Dio, se non a ciò che Lui stesso ha scelto. Non è il desiderio di Infinito ad obbligare l'Infinito a concederci Sé stesso (quasi fosse un Fato, più forte dello stesso Zeus), ma è la scelta dell'Infinito di concedersi a noi, che gli ha fatto decidere di farsi desiderare. Il primum non è il mezzo (=il desiderio), ma il Fine. L'uomo ha dunque in sé il desiderio di qualcosa, che supera la sua natura, ha in sé il desiderium   naturale   videndi   Deum; che non è qualcosa di estrinseco al mio io, alla mia reale umanità, alla mia natura: "Questo desiderio non è in me un 'accidente' qualunque. Non mi proviene da qualche particolarità, forse modificabile, del mio essere individuale, o da qualche contingenza storica, con effetti più o meno transitori."

                                                                                                                         3 Henri De Lubac ((Cambrai, 1896 – Parigi, 1991) è stato un teologo francese. Il Mistero del Soprannaturale edizione riveduta e puntualizzata di Soprannaturale. Studio storico(1965); è uno dei più insigni teologi cattolici del Novecento, oltre che uno dei principali ispiratori del Concilio Vaticano II; egli godette delle simpatie di Giovanni Paolo II, che lo volle cardinale, ma fu invece oggetto di ostilità da parte di Pio XII e dei teologi di ispirazione neotomista.  

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È invece inscritto nel più profondo costitutivo della mia struttura umana, e di essa anzi è il centro e il cuore. Tutto l'umano desiderare è ultimamente mosso da questa aspirazione unitaria, da questa sotterranea, ma impetuosa spinta verso la felicità piena e infinita. A tal punto che la frustrazione di questo desiderio non ci lascerebbe affatto indifferenti, ma costituirebbe la principale fonte della nostra infelicità, del nostro tormento (l'inferno è 'luogo' di sofferenza appunto per la mancanza di quella visione di Dio, che è il cuore della felicità umana, ben più che per qualsivoglia forma di sofferenza particolare). Ne consegue che la natura umana è al tempo stesso, e paradossalmente, in sé definita, ma non in sé chiusa e compiuta; ha una struttura ontologica determinata, che tuttavia la protende ad aprirsi ad un compimento pieno oltre sé stessa.

Desideri  innaturali  che  stravolgono  il  diritto  Lo  Stato  costringe  a  fare  il  male    La definitiva approvazione in Francia della legge che punirà chi cercherà di distogliere le donne dall’aborto è un nuovo segno che la soglia del totalitarismo è stata superata. Questa soglia viene superata quando lo Stato non solo permette il male ma anche obbliga a farlo e considera reato fare il bene. Quando lo Stato non solo ammette per legge deviazioni dal diritto naturale ma le impone, obbligando ad un diritto innaturale o contro-naturale. Quando diventano non negoziabili i principi contrari a quelli non negoziabili. Tutti vedono che questa soglia è stata superata ormai in molti casi. Lo era stata, per esempio, quando la Corte suprema americana aveva obbligato tutti gli Stati federati a contemplare per legge il matrimonio tra persone omosessuali. Lo era stata quando il Parlamento francese aveva approvato la legge Taubira sul “matrimonio per tutti” senza concedere l’obiezione di coscienza ai sindaci. Lo abbiamo anche visto quando in Italia è stata approvata la legge Cirinnà sulle unioni civili. Da quel momento, infatti, qualsiasi politica familiare sarebbe andata anche a vantaggio delle unioni civili. Nessuna amministrazione pubblica, da allora, può esimersi dal fare il male: tutte vi erano obbligate. Lo è stata, di recente in Italia, quando l’Ospedale San Camillo di Roma ha indetto un concorso per soli medici abortisti e quando una Asl di Treviso ha indetto un concorso per due posti di biologo che non facciano obiezione alla fecondazione artificiale. E’ da tempo che ci si è messi su questa strada. Nella storia le cose possono cambiare. Ma questo non ci esime da valutare le tendenze in atto che, da questo punto di vista, sono molto preoccupanti. Ammettiamo che vadano in porto le leggi attualmente giacenti al Parlamento italiano. Ne uscirebbe uno Stato che impone di fare il male: ai giornalisti, agli insegnanti, ai dipendenti pubblici, ai medici, ai farmacisti, agli infermieri... Pensiamo, per esempio, al disegno di legge sull’eutanasia attualmente in discussione alla Camera. Il medico sarebbe costretto a rispettare le Disposizioni anticipate di trattamento del paziente anche se il paziente stesso avesse cambiato nel frattempo idea, dimenticandosi di revocare la DAT, e se lui stesso, il medico, fosse eticamente contrario. Saremo obbligati ad uccidere, a diseducare i nostri ragazzi nelle scuole, a presentare l’omosessualità come cosa normale. Saremo obbligati. Lo saremo dal nostro Stato ed anche dall’Unione europea e dagli organismi internazionali. Nei giorni scorsi il Parlamento europeo ha chiesto di aumentare il finanziamento dell’aborto nel mondo per compensare i tagli della nuova amministrazione americana. Volgiamo lo sguardo attorno ma non vediamo una grande presa di coscienza della situazione. Veramente si crede di far fronte a questa situazione con il dialogo? Non ci è dato di sapere se ci sarà e quale sarà il livello oltre il quale i cattolici diranno di no e si tireranno fuori. Quale soglia dovrà essere superata perché si dica no allo Stato oppure no all’Europa? Molti si chiedono cosa fare. Certamente la prima cosa da fare è tornare a fare quello che si sarebbe dovuto fare; impegnarsi e battersi per i principi non negoziabili. A seguito del “caso San Camillo” ricordato sopra, il generale atteggiamento dei cattolici è stato di protestare perché così “viene snaturata la legge 194”. In questo modo i cattolici si sono atteggiati a difensori della legge che permette l’aborto. I cattolici hanno smesso da molto

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tempo di combattere contro quella legge ed ora se ne fanno paladini. È la logica del male minore che presenta il conto. I cattolici hanno anche ormai cessato di lottare contro lo stravolgimento della legge 40 sulla fecondazione assistita. Lo stesso dicasi per la Cirinnà. Ora,  la  prima  cosa  da  fare  è  ricominciare  a  combattere. Oltre a stare “dentro” combattendo, i cattolici dovrebbero però cominciare a pensare anche a costruire scialuppe di salvataggio e arche di Noè. Iniziative ed opere – scuole prima di tutto – libere perché viventi al di fuori dello Stato. Come fecero dopo l’Unità d’Italia, ma in forme nuove. Se l’obbligo a fare il male diventa istituzionale, bisogna tirarsi fuori il più possibile dalle istituzioni. Diritti  contro  natura  Nel mese di marzo ci sono stati fatti di cronaca, molti importanti, che hanno improvvisamente rimesso in circolo alcuni tabù culturali del nostro paese soprattutto in materia di bioetica. L’eutanasia. Il testamento biologico. L’aborto 4 . L’obiezione di coscienza. La maternità surrogata. Le adozioni gay. Per la prima volta è stata riconosciuta in Italia la possibilità per due uomini di essere considerati padri di bambini nati attraverso una pratica vietata grazie al cielo nel nostro paese: la maternità surrogata. Il giorno primo Fabiano Antoniani, Dj Fabo, tetraplegico e cieco dall’estate 2014 dopo un incidente stradale, ha scelto la via del suicidio assistito in Svizzera, accompagnato dal Radicale Marco Cappato, da ieri sotto indagine con l’accusa di “aiuto al suicidio”, nei giorni in cui il Parlamento italiano stava calendarizzando la data giusta per discutere in Aula la legge sul biotestamento, quando speriamo venga evitata la codificazione per legge della cultura eutanasica. Ancora qualche giorno prima, il 21 febbraio, prima che la Cgil falsificasse il caso di una donna padovana che avrebbe girato molti ospedali prima di poter abortire, la regione Lazio ha scelto di assumere ginecologi non obiettori per praticare interruzioni di gravidanza, promettendo incredibilmente di rescindere i contratti dei nuovi assunti nel caso in cui questi dovessero scegliere un domani di diventare medici obiettori, come lo è oggi circa l’ottanta per cento dei medici. L’impressione ricavata dalle notizie raccolte in questi giorni indica ancora una volta che buona parte dell’opinione pubblica tende a confondere un desiderio naturale o più spesso innaturale, per un diritto garantito dallo stato, cercando in tutti i modi di trasformare questioni che andrebbero confinate nella sfera del privato in dettami prescritti dalla legge. I desideri di ciascuno di noi stanno diventando diritti e ciò che dovrebbe rimanere nella sfera del privato rischia di trasformarsi in legge dello stato. 5 I diritti nascono da richieste di minoranze le quali riescono a ottenere consenso e promuovere un intervento dei parlamenti. Ma poiché questa è spesso una strada lunga, ecco che i singoli o le minoranze prendono la scorciatoia più facile: un tribunale o una corte suprema si trova sempre che

                                                                                                                         4 Ecco perché tanti medici sono obiettori Chiunque di voi assista personalmente ad una pratica abortiva attraverso lo schermo di un semplice ecografo smetterebbe immediatamente di criticare e di giudicare le migliaia di ginecologi obiettori che esistono nel nostro Paese, come avvenuto in questi giorni, poiché questi medici sono diventati tali per una loro privata crisi di coscienza, dopo aver praticato molti aborti ed aver visto con i loro occhi e provocato con il loro operato quella morte che di dolce non ha proprio nulla, con lo smembramento da vivo di un essere indifeso, non ancora venuto alla luce, e che non ha chiesto né di essere concepito, né di nascere, né tantomeno di morire. Durante l’intervento abortivo infatti si vede chiaramente il feto già formato e vivo, ben riconoscibile nella sua sagoma ridotta di bambino che, pur nella sua immaturità fisica, si difende in maniera esplicita, si allarma, si spaventa, spalanca la bocca in un grido silenzioso, il suo cuore accelera i battiti diventando molto tachicardico, e lui si agita e cerca di opporsi in ogni modo, allontanandosi e cercando di sfuggire a quel corpo estraneo entrato nel suo alveo, a quel tubo intruso che, dopo aver lacera- to il sacco amniotico ed aver succhiato tutto il liquido che lo avvolge e lo protegge, ha il solo scopo di frantumarlo, di inghiottirlo e di eliminarlo. 5 Aberrazioni giuridiche. Per la prima volta un tribunale italiano ha riconosciuto legalmente come genitore di due bambini nati grazie alla gestazione per altri anche il partner che non ha alcun legame genetico con i bambini. La decisione è stata presa dalla Corte d’appello di Trento lo scorso 23 febbraio. In particolare, la Corte ha riconosciuto un provvedimento straniero che stabiliva l’esistenza di un legame genitoriale tra due minori nati grazie alla gestazione per altri e il loro padre non genetico all’interno di un legame omosessuale. La gestazione per altri (GPA), o maternità surrogata, è quel procedimento in cui una terza persona rispetto alla coppia porta avanti la gravidanza. Esistono vari tipi di GPA: da quella tradizionale, che prevede l’inseminazione artificiale dell’ovulo della madre surrogata, che è quindi anche madre biologica del bambino; a quella gestazionale, in cui la madre surrogata si limita a portare avanti la gravidanza dopo che le viene impiantato nell’utero un embrione realizzato in vitro, che può essere geneticamente imparentato con i genitori committenti o provenire da donatori.

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dia ragione anche alle richieste più strampalate o più urtanti contro il senso comune o la morale tramandata, in nome di qualche bene che tutti a parole apprezzano. La sentenza del Tribunale di Trento rafforza la convinzione che basta chiedere allo sportello giusto e si otterrà ciò che si vuole. Poi che i diritti sono sacri, quando in realtà sacro è solo l’egoismo. Quindi, che la libertà consiste nel principio: gli altri facciano ciò che credono purché non tocchino me. Alla fine, la conseguenza ultima riguarda la nostra identità: rifiutiamo di averne una collettiva, perché questa prevede beni collettivi e superiori, e ci rifugiamo nella sommatoria di tante individualità e minoranze. Eppure anche i figli dei gay invocano la mamma 6. Cultura della vita e diritti sociali Il Papa ha scelto di fare un passo indietro nella difesa della cultura della vita, mettendo i diritti sociali sullo stesso piano dei diritti non negoziabili. Per quanto riguarda i diritti sociali, l’effetto è quello del socialismo. Se i diritti sociali sono diritti inalienabili che tutti gli stati devono rispettare, allora legittimi sono solo gli stati socialisti, quelli dell’uguaglianza sociale. Per quanto invece riguarda i diritti di libertà individuale, l’effetto è quello del relativismo, di cui l’occidente è già avido spacciatore e consumatore. Se i diritti di libertà sono intangibili, e ogni individuo o gruppo ha i propri, allora non c’è più un bene comune. I diritti sociali hanno un grave problema: non si sa chi deve pagarli. I diritti di libertà ne hanno un altro: creano tensioni fra individui e gruppi. Tutti e due assieme hanno poi il problema che non vanno d’accordo: se io ho il diritto a non essere povero, tu non hai il diritto di diventare ricco. C’è il rischio di un fraintendimento: che il cristianesimo sia inteso come la religione dei diritti, anziché dei doveri dell’uomo verso Dio e verso gli altri uomini. Se si parte dai doveri, Dio ha un ruolo, perché è colui che li detta; se si parte dai diritti, Dio scompare: l’uomo basta a se stesso. Ma Cristo è crocifisso non perché qualcuno ha violato i suoi diritti a un giusto processo con l’avvocato difensore, ma perché ha adempiuto al suo dovere di rispettare il Padre. Il processo di secolarizzazione della società, specie sui temi bioetici, in realtà non è un tema solo dei nostri giorni e affonda le sue radici nel passat o. Ma la scelta di Papa Francesco di non spendersi nella difesa dei valori non negoziabili – e di fissare in cima all’agenda della chiesa la parola “misericordia” – potrebbe, avere degli effetti imprevisti sul tessuto politico e sociale del nostro paese. Almeno per il cristianesimo, ne sta avendo uno devastante. Se Dio è misericordia, allora Dio perdona, e se la misericordia viene prima del giudizio, allora Dio perdona preventivamente. Inoltre, se ogni norma deve essere valutata e applicata ‘con discernimento’, allora la norma generale, che poi è la norma stessa, perde efficacia. Con ciò scompare la nozione di atto intrinsecamente sbagliato o peccaminoso. Scompare la possibilità di giudicarlo. Scompare la nozione di norma morale assoluta. Si esce dal dominio del ‘sì sì, no no’ e si entra nel campo del soggettivo, del precario, del contingente, dello storico. ‘Veritas filia temporis’ al posto di ‘Io sono la verità’. Quando uno che dice che anche le più semplici parole di Gesù devono essere interpretate, perché non sappiamo se le ha dette, come le ha dette, con quali intenzioni le ha dette, perché,

                                                                                                                         6 I bimbi dei gay cercano la mamma biologica. Senza mettere in discussione le capacità genitoriali di una coppia omosessuale, ma il limite di quel ruolo è che non può completarsi da sé, per la carenza effettiva di uno dei due generi, per la innaturale sottrazione di un sentimento genetico che lascia comunque la sua impronta, e con tutto il suo carico emotivo e affettivo femminile che viene a mancare, sollevando questioni sulla futura strutturazione della identità del bambino, che non sono eludibili. L’utero in affitto prevede, fin dal concepimento, la programmazione di un neonato che sarà orfano della mamma fin dalla nascita, quando il primo istinto del bambino è quello di cercare il suo seno per nutrirsi, quel primo contatto post-natale che lo rassicura e lo gratifica, e al quale lui si affida, nella continuità del legame della sua vita intrauterina. Se una nuova figura assume stabilmente le funzioni materne, quell’istinto si affievolisce, pur restando addormentato e silente nell’inconscio, ma non muore, non scompare, anzi, emerge prepotentemente, ed altrettanto inconsciamente, nei momenti di difficoltà, di paura e di disperazione. Non a caso molti malati terminali, anche in età molto avanzata, in prossimità della morte invocano spesso la mamma, quella che li ha messi al mondo, quella che li ha rassicurati appena nati, quella che chiamavano nel dolore da bimbi, quando restavano soli, quando piangevano, quando erano smarriti e si sentivano abbandonati, l’unica con la quale hanno provato il loro primo istinto, quello indimenticabile e indelebile, il più forte della loro vita. L’età dell’innocenza. I bimbi dei gay reclamano la mamma di Melania Rizzoli. Libero 23 aprile 2017

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insomma, non c’era il registratore (che Dio lo perdoni!), allora è messa in questione anche la stessa idea di Rivelazione. Nietzsche non avrebbe potuto dire meglio 7. Io  sono  la  Verità  L’intervista del generale dei gesuiti Padre Sosa, per il quale le parole di Gesù andrebbero contestualizzate perché gli evangelisti non avevano con sé un registratore, per la sua assoluta incoerenza logica, non meriterebbe alcun commento teologico ma solo una risata. Ma, trattandosi di un intervento dell’attuale generale dei Gesuiti nel dibattito sull’interpretazione di un documento pontificio così problematico come l’Amoris laetitia, si rende necessario, per responsabilità pastorale nei confronti dei fedeli ai quali l’intervista è giunta attraverso i media internazionali, un richiamo al corretto rapporto del Magistero e/o della sacra teologia con la verità rivelata, quella con la quale Dio «ha voluto farci conoscere la sua vita intima e i suoi disegni di salvezza per il mondo» (Vaticano I, costituzione dogmatica Dei Filius, 1870).

I fedeli cattolici (sia Pastori che fedeli) sanno che la verità che Dio ha rivelato agli uomini parlando per mezzo dei Profeti dell’Antico Testamento e poi con il proprio figlio, Gesù (Ebrei,

1, 1), è custodita, interpretata e annunciata infallibilmente dagli Apostoli, ai quali Cristo ha conferito la potestà di magistero autentico per l’evangelizzazione e la catechesi. Agli Apostoli Cristo ha detto: «Chi ascolta voi, ascolta me; chi disprezza voi, disprezza me. E chi disprezza me, disprezza Colui che mi ha mandato» (Luca, 10, 16). Il valore di verità della dottrina degli Apostoli e dei loro successori (i vescovi con a capo il Papa) dipende quindi interamente dal valore di verità della dottrina di Cristo stesso, l’unico che conosce il mistero del Padre: «La mia dottrina non è mia ma di Colui che mi ha inviato» (Giovanni, 7, 16).

Padre Sosa, prigioniero com’è dell’ideologia irrazionalistica (pastoralismo, prassismo, storicismo) è allergico alla parola “dottrina”, ma non si rende conto che con questa sua stolta polemica offende non solo la Chiesa di Cristo ma Cristo stesso. Tanto è essenziale la potestà di magistero (munus docendi), che Cristo ha conferito agli Apostoli unitamente alla potestà di amministrare i sacramenti della grazia (munus sanctificandi), con i quali gli uomini possono essere santificati, cioè uniti ontologicamente (non solo moralmente) a Cristo, e in Lui, nell’unità dello Spirito, a Dio che è il solo Santo. Dice infatti Gesù agli Apostoli: «Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Matteo, 28, 20). E per provvedere alle necessità spirituali dei fedeli, con la costituzione gerarchica della Chiesa, Cristo ha conferito agli Apostoli anche la missione pastorale (munsu regendi). Si capisce allora che non si può pensare a riforme “pastorali” della Chiesa in contrasto con la dottrina dogmatica e morale, come vorrebbe padre Sosa, con l’alibi delle presunte ispirazioni di un fantomatico “Spirito”, che certamente non è lo Spirito di Gesù (quello che «ex Patre Filioque procedit») perché contraddice frontalmente la sua dottrina e i sui comandamenti, anche lì dove Gesù ha parlato in modo definitivo e inequivocabile, com’è il caso del matrimonio naturale, che è indissolubile perché Dio così lo ha istituito «fin dal principio». Non serve a niente – tanto meno all’edificazione della fede dei cattolici di oggi – sostenere con argomenti pseudo-teologici, ossia con la propaganda rivoluzionaria, le riforme dottrinali di una immaginaria “Chiesa di Bergoglio”: i fedeli sanno benissimo che la “Chiesa di Bergoglio” non esiste e non può esistere, perché Dio ha voluto solo la Chiesa del Figlio suo, la Chiesa di Cristo, Verbo Incarnato e Capo del Corpo Mistico, sempre presente per essere l’unico Maestro, Sacerdote e Re per ogni generazione, fino alla fine dei tempi. Nemmeno serve l’alibi pseudo-teologico di una nova e “aggiornata” interpretazione della Scrittura, capace di contraddire perfino le «ipsissima verba Christi» e capace poi di

                                                                                                                         7 La società dei desideri non può diventare la società dei diritti. Chiacchierata con Pera di Claudio Cerasa Il Foglio 2 Marzo 2017

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squalificare come “fondamentalisti” quanti nella Chiesa (non solo i teologi come Carlo Caffarra ma anche i Papi come san Giovanni Paolo II) stanno al significato ovvio e vincolante degli insegnamenti biblici. Noi cattolici sappiamo di dover leggere l’Antico e il Nuovo Testamento alla luce della dottrina della Chiesa, perché è proprio della Chiesa che ci ha dato la Sacra Scrittura, garantendone l’ispirazione divina, ed è essa che ne fornisce l’interpretazione autentica, ogni qual volta un’interpretazione è necessaria per renderne comprensibile il messaggio salvifico agli uomini di un determinato contesto storico-culturale. Noi cattolici, a differenza di Lutero e di tutti quei protestanti che ne hanno seguito la metodologia teologica (radicalmente eretica), non ci basiamo sull’illogico principio della «sola Scriptura» e del «libero esame», e non vediamo alcun motivo logico di opporre la Bibbia al Magistero e il Magistero alla Bibbia. Noi cattolici abbiamo motivo di credere, al di là di ogni ragionevole dubbio, all’autorità dottrinale della Chiesa che ci ha consegnato la Sacra Scrittura, assicurandoci del fatto che essa è veramente la «parola   di  Dio», in quanto Dio stesso ne è l’autore principale e gli agiografi, che hanno scritto sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, ne sono gli autori secondari o strumentali.  8  Il  desiderio  dell’amore  La parola di Giussani su Cristo, la parola che ce lo ha testimoniato presente, si compì nell’introdurci alla Chiesa, perché la Chiesa è il luogo dove Cristo continua a essere misteriosamente presente, in modo sacramentale ma reale, e dove è possibile incontrar-Lo, coinvolgere la nostra vita con la Sua. Don Giussani ci introdusse nella Chiesa e ci fece scoprire che era nostra madre, dalla quale non potevamo più staccarci; nostra madre che dovevamo amare con tutte le nostre forze. Quante volte don Giussani ha ricordato che per la Chiesa si doveva soffrire: bisognava  soffrire  nella  Chiesa  e  per  la  Chiesa,  per  tutto  ciò  che  di  imperfetto,  di  equivoco,  di  erroneo  inevitabilmente  vi  è  presente  a  motivo  della  sua  dimensione  anche  umana.  Noi non vogliamo una Chiesa nuova a tutti costi, noi non vogliamo una Chiesa che abbia delle formulazioni più consone o accoglibili dall’orrenda mentalità anticattolica che domina la vita del mondo e con la quale la Chiesa di oggi rischia di accordarsi 9. Noi vogliamo la Chiesa di Cristo, la Chiesa che viene generata e rigenerata ogni giorno dallo Spirito, attraverso la Parola di Dio, attraverso i sacramenti, attraverso la vita di carità; la Chiesa appartenendo alla quale si deve soffrire per lei, sempre con letizia. Soffriamo per la grande confusione che domina l’odierna vita ecclesiale, in cui si rincorrono voci e affermazioni equivoche, quando non chiaramente erronee. Non si può dire, per esempio, che non siamo certi della Parola del Signore perché a quel tempo non c’erano i registratori e perché si ha l’idea della Parola di Dio come un testo meramente umano che dev’essere sottoposto alla contestualizzazione della cultura.

                                                                                                                         8 Antonio Livi. Gesù (non) dixit Il gesuita che offende Cristo. NBQ 24/02/17 9 La crisi che scuote la Chiesa da cinquant’anni dipende in gran parte dal «crollo della liturgia. Eppure non possiamo chiudere gli occhi di fronte al disastro, alla devastazione e allo scisma che i moderni sostenitori di una liturgia viva hanno causato, tanto da rimodellare la liturgia della Chiesa secondo le loro idee. Hanno dimenticato che l’atto liturgico non è solo una preghiera, ma anche e soprattutto un mistero in cui si realizza per noi qualcosa che non possiamo comprendere completamente, e che dobbiamo accettare e ricevere nella fede, nell’amore, nell’obbedienza e nel silenzio adorante. Questo è il vero significato della partecipazione attiva dei fedeli. Non si tratta soltanto di un’attività esteriore, di una ridistribuzione di ruoli o funzioni nella liturgia, bensì di una ricettività intensamente attiva: la ricezione è in Cristo e con Cristo, l’umile offerta di sé nella preghiera silenziosa, e un atteggiamento pienamente contemplativo. La grave crisi di fede, non solo tra i fedeli, ma anche e soprattutto tra molti sacerdoti e vescovi, ci ha resi incapaci di comprendere la liturgia eucaristica come un sacrificio, come l’identico atto, compiuto una volta per tutte da Gesù Cristo, rendendo presente il Sacrificio della Croce in modo incruento, ovunque nella Chiesa, nei vari tempi, luoghi, popoli e nazioni. Spesso assistiamo alla tendenza sacrilega di ridurre la santa Messa a un semplice pasto conviviale, alla celebrazione di una festa profana e a un’autocelebrazione della comunità o, peggio ancora, a un intrattenimento mostruoso contro l’angoscia di una vita che non ha più alcun significato o contro la paura di incontrare Dio faccia a faccia, perché il suo sguardo rivela e costringe a guardare con verità la bruttezza della nostra interiorità. Ma la Santa Messa non è un intrattenimento. Essa è il sacrificio vivente di Cristo, morto sulla croce per liberarci dal peccato e dalla morte per rivelarci l’amore e la gloria di Dio Padre. Molti credono e affermano a gran voce che il Vaticano II ha suscitato una vera e propria primavera della Chiesa. Tuttavia, un numero crescente di ecclesiastici stanno considerando questa «primavera» come un rigetto, una rinuncia al suo retaggio plurisecolare, o addirittura come una sfida radicale al suo passato e alla sua Tradizione. Cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti. Studi Cattolici. n 674, 244-249. 2017. Edizione Ares

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Consegnare la Parola alla cultura, non a coloro che hanno la responsabilità di leggerla, di approfondirla e di proclamarla, è perfetto luteranesimo. Come non si può dire che Marco Pannella «è ispiratore di una vita più bella non solo per l’Italia, ma per questo nostro mondo, che ha bisogno più che mai di uomini che sappiano parlare come lui» e addirittura augurarsi che il suo spirito «ci aiuti a vivere in quella stessa direzione» "Il Marco pieno di spirito continua a soffiare"…"Io mi auguro che lo spirito di Marco ci aiuti a vivere in quella stessa direzione" "Marco ispiratore di una vita più bella non solo per l'Italia, ma per questo nostro mondo, che ha bisogno più che mai di uomini che sappiano parlare come lui". Così ha sostenuto in un discorso pubblico, nella sede del Partito Radicale, l'Arcivescovo Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia della vita. Chieste le sue dimissioni 10 “C'è l'urgenza di sottrarre i credenti alla violenza delle gerarchie ecclesiastiche” Pannella all'Unità, molto tempo prima che morisse. Chissà se il monsignore lo sa. Chi ha vissuto in Italia (e non sulla luna) sa bene che Pannella, con la grande battaglia (vinta da lui e dai radicali) sull’aborto ha causato la non-nascita di 7 milioni di italiani e con la sua grande battaglia (vinta da lui e dai radicali) sul divorzio ha messo le premesse giuridiche perché migliaia di famiglie italiane si decomponessero come la neve al sole. Non si può, contro le decisioni del Concilio di Trento e contro la tradizione storiografica migliore – non solo della Chiesa –, affermare che Lutero è un riformatore. Lutero è all’origine di tutti i degradi della modernità, compreso il razionalismo, compreso il fideismo, ma soprattutto comprese le grandi ideologie totalitarie che hanno immiserito la vita dell’Occidente. Eppure, un certo numero di istituti di scienze religiose di alcune diocesi italiane hanno inserito subito un corso o un seminario su Lutero riformatore. Ritengo che questa situazione rischi di essere veramente di grande prova per il popolo cristiano e per tanti pastori. Chi guida dovrebbe agire per eliminare almeno i più grandi di questi equivoci con iniziative anche disciplinari, ma soprattutto dovrebbe rispondere alle domande legittime di tanti (e non solo di quattro cardinali), rendendo più chiaro il cammino nel vivere questo momento della Chiesa, anche per noi vescovi che nelle periferie abbiamo scelto di vivere, accompagnando i cristiani ad affrontare drammi che non sanno risolvere da soli. Un’ultima cosa vorrei ricordare alla fine di questa per me faticosissima sottolineatura delle ragioni di dolore per la Chiesa. Georges Bernanos e Giorgio La Pira, due giganti della cultura e dell’impegno sociale dei cristiani, hanno posto in primo piano una cosa su cui molti, oggi, soprattutto fra gli ecclesiastici autorevoli, dovrebbero riflettere: uno degli elementi terribili della storia, della vita e della cultura occidentale è stata la rabbia dei poveri, l’ira dei poveri. Io credo che bisogna considerarlo, perché i poveri non si irritano perché non sono aiutati a superare la loro povertà, ma perché sono abbandonati a sé stessi nella ricerca che precede e condiziona tutti gli aspetti della vita: il problema del senso, della verità, della bellezza e della giustizia della vita. La Chiesa tradisce la sua missione quando non si cura di portare a tutti gli uomini – che sono tutti poveri – la Parola che salva: forse l’ira della gente è più vicina di quanto noi pensiamo.11 Ma   perché   il   diavolo   odia   tanto   la   vita   nascente?.   Sarah ha parlato così in Francia il giorno dell’Annunciazione, il 25 marzo, di fronte a quasi 2000 persone radunante in occasione dell’anniversario della morte del servo di Dio Jerome Lejeune 12. Il dragone dell’apocalisse che “sta davanti alla donna incinta, pronto a divorare suo figlio” è “un prototipo della cultura della morte”. Ma il paragone è anche con la lotta fra Davide e Golia, che somiglia a quella del movimento pro-life contro il “potere mediatico e finanziario, pesantemente armato e protetto dall’armatura delle false certezze e delle

                                                                                                                         10 “Chiediamo le dimissioni di Mons. Vincenzo Paglia dal suo ruolo di Presidente della Pontificia Accademia per la Vita e di Cancelliere dell’Istituto Giovanni Paolo II per la famiglia. Abbiamo assistito con sgomento alle dichiarazioni rese da Mons. Vincenzo Paglia sulla figura di Marco Pannella. La Nuova Bussola Quotidiana Pro Vita Onlus e Notizie Pro Vita,Chiesa e post concilio, Nuovo emporio cattolico totus tuus Federvita Piemonte e Valle d’Aosta, Cooperatores Veritatis 11 mons. Luigi Negri. Soffrire nella Chiesa per la Chiesa. Studi Cattolici n 673, 2017 pag. 169 12 Jérôme J. L. Marie Lejeune (Montrouge, 1926 – Parigi 1994) è stato un genetista, pediatra e attivista francese, scopritore della causa della sindrome di Down, proclamato servo di Dio dalla Chiesa cattolica.

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nuove leggi contro la vita”. L’aborto è un “sacrilegio orribile e criminale” anche se molti non lo pensano poiché sono “anestetizzati”. Lejeune spiegava: “Se qualcuno vuole attaccare davvero il Figlio dell’uomo, Gesù Cristo, esiste solo un modo: attaccare i figli degli uomini. Il cristianesimo è l’unica religione che dice: “Il tuo modello è un bambino”, il bambino di Betlemme. Se ti viene insegnato a disprezzare i bambini, allora non ci potrà essere cristianesimo in questo paese”. Perciò “nessuno può essere insensibile e indifferente di fronte all’obbligo assoluto di difendere i non nati”, perché questa “è intimamente legata alla difesa di tutti i diritti umani. Infatti implica la convinzione che la vita di un essere umano è sempre e comunque sacra e inviolabile”, innanzitutto quella “del tuo prossimo”. Per questo, oltre a battersi con le parole, Lejeune accolse tanti malati e handicappati. Chiamato a una missione dal piccolo affetto dalla sindrome di Down che gli disse “professore ci devi salvare, perché ci vogliono uccidere e noi siamo troppo deboli per difenderci da soli”.13  Combattere  contro  i  desideri  della  carne  è  dono  dello  Spirito  Santo  in  noi.    Quanto infatti afferma: La carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito ha desideri contrari alla carne (Gal 5, 17), non pensare riguardi soltanto lo spirito dell'uomo. Infatti, perché tu sappia che tale compito spetta allo Spirito Santo, in un altro passo dice l'Apostolo: Se, infatti, avrete vissuto secondo la carne, voi morirete; se, invece, con l'aiuto dello Spirito, avrete fatto morire le opere della carne, vivrete (Gal 5). A queste parole già si esaltava l'uomo, quasi che con il proprio spirito gli sia possibile far morire le opere della carne. Se, infatti, avrete vissuto secondo la carne, voi morirete; se, invece, con l'aiuto dello Spirito avrete fatto morire le opere della carne, vivrete. Dimostraci, o Apostolo, di quale spirito si tratta. Anche l'uomo, infatti, ha uno spirito confacente alla propria natura, per la quale è uomo. L'uomo consta appunto di corpo e di spirito. E proprio a riguardo dello spirito dell'uomo è stato detto: Nessuno conosce l'intimo dell'uomo se non lo spirito dell'uomo che è in lui (1 Cor 2, 11). Io noto quindi che anche l'uomo ha un suo spirito confacente alla propria natura e da te sento dire: Se, invece, avrete fatto morire le opere della carne, vivrete. Desidero sapere con quale spirito; con il mio, oppure con lo Spirito di Dio? Ascolto, infatti, le tue parole, e tuttora, a causa dell'ambiguità del senso, sono assai perplesso. Poiché, quando si parla dello spirito, ora si tratta dello spirito dell'uomo, ora si tratta dello spirito dell'animale; come è stato scritto che, a causa del diluvio, perì ogni carne che aveva in sé spirito di vita (Gn 6, 17; 7, 22). Inoltre, per questo, è detto spirito sia quello dell'animale, sia quello dell'uomo. Talvolta anche il vento è detto spirito, come si trova nel Salmo: Fuoco, grandine, neve, ghiaccio, spirito di bufera ( Sal 148, 8). Usandosi dunque sotto molti rapporti il termine spirito, a quale spirito ti sei riferito, o Apostolo, che debba far morire le opere della carne? Al mio, oppure a quello di Dio? Ascolta ciò che segue, e vedi di intendere; si è sollevata una questione a causa delle parole che seguono. Avendo detto infatti: Se, invece, con l'aiuto dello Spirito, avrete fatto morire le opere della carne, vivrete, subito soggiunse: Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio (Rm 8, 13-14).

Tu operi se ti lasci guidare; ed operi rettamente se ti lasci guidare dallo Spirito buono. Pertanto, da ciò che ti ha detto: Se con l'aiuto dello Spirito, avrete fatto morire le opere della carne, ti risultava imprecisato di quale spirito si trattasse, ma, quanto alle parole che vengono dopo, apri   la   tua   intelligenza   al   Maestro,   riconosci   il   Redentore. In realtà egli, il  Redentore,   ti  ha  dato   lo  Spirito  per   il  quale   tu  possa   far  morire   le  opere  della   carne.  Tutti quelli, infatti, che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. Non sono figli di Dio se non sono guidati dallo Spirito di Dio. Se, invece, sono guidati dallo Spirito di Dio, combattono, perché hanno un potente sostenitore. Infatti, mentre lottiamo, Dio non sta a guardarci come il popolo guarda i gladiatori. Il popolo può mostrare la sua preferenza verso un gladiatore, ma non lo può aiutare se corre pericolo.14

                                                                                                                         13 Sarah nel segno di Lejeune: "Combattere l'aborto", di Benedetta Frigerio. NBQ 4 aprile 2017. 14 sant’Agostino. Discorso 128

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La Parola ai lettori Tutti coloro che ricevono questa newsletter sono invitati ad utilizzare la opportunità offerta dal forum per far conoscere il proprio pensiero su quanto letto o sollecitare ulteriori riflessioni ed ampliare la riflessione. La corrispondenza potrà essere inviata all’indirizzo qui specificato: [email protected] Tutte le newsletter precedenti sono archiviate con l’indice analitico degli argomenti nel sito: http://www.nuovainformazionecardiologica.it La newsletter è inviata automaticamente secondo la mailing list predisposta, chi non desidera riceverla può chiedere di essere cancellato dalla lista. Chi volesse segnalare altri nominativi di posta elettronica è pregato di fare riferimento all’indirizzo qui sopra riportato per la corrispondenza

Comitato di redazione

Dott. Cleto Antonini, (C.A.), Aiuto anestesista del Dipartimento di Rianimazione Ospedale Maggiore di Novara;

Don Pier Davide Guenzi, (P.D.G.), docente di teologia morale presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, Sezione parallela di Torino; e di Introduzione alla teologia presso l’Università Cattolica del S. Cuore di

Milano e vice-presidente del Comitato Etico dell’Azienda Ospedaliera “Maggiore della Carità” di Novara.

Don Michele Valsesia, parroco dell'Ospedale di Novara, docente di Bioetica alla Facoltà Teologica dell'Italia Sett. sez. di Torino

Prof. Paolo Rossi, (P.R.) Primario cardiologo di Novara Master di Bioetica Università Cattolica di Roma

 


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