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Newslettergennaio

Date post: 07-Jul-2015
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1 Gennaio 2013 InPrimoPiano Newsletter 8 Scrivi il tuo futuro e non lasciare che il futuro scriva te. In questa Newsletter Lorenzo Muciaccia e Sara Fidanza si raccontano nel sud del mondo e come sempre vacancy eventi ed appuntamenti importanti Immergersi nella realtà, vivere in prima persona l’esperienza sul campo nei paesi del sud globale e mettere in pratica quanto appreso nel corso degli studi è un passo che molti studenti dei corsi di laurea in cooperazione allo sviluppo sono impazienti di fare. Per capire meglio la professione del cooperante vi proponiamo attraverso l’esperienza di chi è già stato sul campo, un’intervista con un ex studente del corso di laurea in Cooperazione e Sviluppo della Sapienza Università di Roma, Lorenzo Muciaccia, da poco tempo rientrato da una missione in Sud Sudan con Unity State INTERSOS - Humanitarian Aid Organization, partner UNHCR - Camp Management. La parola ai cooperanti: intervista a Lorenzo Muciaccia
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Scrivi il tuo futuro e non lasciare che il futuro scriva te.

In questa Newsletter Lorenzo Muciaccia e Sara Fidanza si raccontano nel sud del mondo

e come sempre vacancy eventi ed appuntamenti importanti

Immergersi nella realtà, vivere in prima persona l’esperienza sul campo nei paesi del sud globale e mettere in pratica quanto appreso nel corso degli studi è un passo che molti studenti dei corsi di laurea in cooperazione

allo sviluppo sono impazienti di fare. Per capire meglio la professione del cooperante vi proponiamo attraverso l’esperienza di chi è già stato sul campo, un’intervista con un ex studente del corso di laurea in Cooperazione e

Sviluppo della Sapienza Università di Roma, Lorenzo Muciaccia, da poco tempo rientrato da una missione in Sud Sudan con Unity State INTERSOS - Humanitarian Aid Organization, partner UNHCR - Camp Management.

La parola ai cooperanti: intervista a Lorenzo Muciaccia

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Insoci: Lorenzo, perché la scelta di fare il cooperante? E cosa ti ha spinto a fare un’esperienza in un Paese in piena emergenza umanitaria come il Sud Sudan.

Lorenzo: La scelta di fare il cooperante viene dai viaggi da me fatti fin da quando ero piccolo nei paesi del Sud del mondo, paesi nei quali sono giunto per la prima volta a contatto con le disuguaglianze e con la povertà. La passione per la scoperta di culture diverse dalla mia e l'interesse trovato nello studio nel corso di laurea in cooperazione internazionale, uniti ai viaggi di volontariato che già facevo per conto mio mi hanno portato alla scelta di voler fare il cooperante.

Insoci: Che tipo di incarico ti è stato assegnato dalla Ong con la quale sei partito?

Lorenzo: Intersos, l’Ong con la quale sono partito, mi ha fatto un contratto come Log is t i c O f f i ce r , o vve ro responsabile per la logistica all’interno di uno dei suoi settori di intervento. Il logista provvede a far si che ognuno abbia le componenti tecnico strumentali per svolgere il proprio lavoro, le mansioni sono varie, tra esse c’è la pianificazione delle missioni sul campo, lo stoccaggio e trasporto di materiali, la gestione delle va r i e bas i de l l o s t a f f ecc ecc . Ovviamente si fa quel che si può e spesso ci si trova ad occuparsi delle cose più disparate secondo le necessità del progetto.

Insoci: Quel è la tua formazione e quali sono stati i requisiti richiesti per la tua selezione?Lorenzo: Mi sono laureato alla Sapienza in Cooperazione e Sviluppo, oltre a ciò ho seguito molti corsi extra curriculari con varie ONG (approccio di quadro logico, amministrazione, progettazione) tra cui quella con cui sono partito, il corso in Humanitarian Management è stata un'occasione di conoscenza reciproca con INTERSOS e con il mondo delle emergenze in particolare. Come requisiti per la partenza mi sono stati richiesti: la conoscenza della lingua inglese, l’aver già fatto uno stage sul campo nella stessa regione in cui sarei andato, la volontà di avere una ca r r i e ra a l l ’ i n t e rno de l l a coope raz ione internazionale e, non ultima, una certa capacità di adattamento.

Insoci: Dopo la tua esperienza, ritieni che ci siano delle lacune da colmare nel sistema universitario italiano nell’ambito della formazione in cooperazione allo sviluppo?Lorenzo: Una maggiore attenzione alle tecnologie, come l’utilizzo di Office (che ad ora è un’attività extracurriculare per gli studenti) oppure alcuni corsi per l’utilizzo del GIS, strumento la cui conoscenza è molto richiesta nel settore dell’ emergenza. Tra le altre competenze richieste e molto utilizzate c’è la scrittura di report in lingua.

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Insoci: Quali sono gli aspetti ai quali non ci si abitua mai anche col passare dei mesi quando si lavora sul campo? E quali sono i momenti più belli?Lorenzo: Con il passare del tempo ci si abitua a molte cose: dalla mancanza di energia elettrica a quella di acqua corrente. Per quanto mi riguarda, avendo prestato servizio nel corso della stagione secca, ho avuto qualche difficoltà con l’alimentazione ed in particolare con il reperimento di verdure o ortaggi, quasi assenti nello stato dove risiedevo.Più in generale, quando si è sul campo, il lavoro diventa la parte principale della vita e l’umore va di pari passo con l’andamento di quest’ultimo. I momenti migliori sono stati senz’altro legati alla crescita dei campi rifugiati che stavamo costruendo: settimana dopo settimana c rescevano e s i agg iungevano costruzioni grazie al lavoro dei vari team. Devo dire che questa è stata un’emozione impagabile.

Insoci: Prospettive per il futuro: ritorno sul campo, continuare a studiare, o altro? Da che cosa è motivata la tua scelta?Lorenzo: Tornato dalla missione ho scelto di intraprendere studi supplementari e di specializzarmi ulteriormente. Una settimana dopo essere tornato ho seguito la summer school “the Civilian Personnel of Peace-Keeping and Peace-Building Operations” presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Presso lo stesso istituto ho fatto domanda per il master MA “Human Rights and Conflict Management”, vincendo la borsa di studio alla memoria di “Gualtiero Fulcheri”. Ho in programma di ripartire per Giugno al termine delle parte didattica del master con uno dei placement offerti dalla Scuola Superiore.Ho scelto di continuare la mia formazione accademica con un duplice scopo: avere una maggiore competenza specifica sul tema dei diritti umani e la gestione dei conflitti ed essere in grado, grazie al titolo di studio, di poter accedere a tutte quelle vacancy che richiedono un master.

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Stage presso Action AidActionAid seleziona per la sede di Milano uno stagista da inserire nell’Unità Individuals.La persona selezionata si occuperà in particolare di: - Ricerca spazi pubblicitari gratuiti; - Attività di promozione di AA; - Monitoraggio della concorrenza; - Collaborazione nella stesura di testi e traduzioni;- Partecipazione ai progetti dell’Unità in Area Marketing e Fundraising; - Collaborazione nella produzione delle cartelline dell’adozione a distanza Info

Stage in progettazione euorpea e Redazione ad AgoravoxAgoravox (www.agoravox.it), tra i più grandi portali di giornalismo partecipativo in Europa offre una posizione tirocinio nella sede di Napoli, da febbraio 2013, nell’area della progettazione europea e uno nella redazione.

Requisiti richiesti: laureando (in debito della sola tesi di laurea) o laureato magistrale da non oltre 12 mesi, ottima conoscenza della lingua inglese, conoscenza della lingua francese (preferibile) e buon utilizzo degli applicativi del pacchetto office. Completano il profilo per la sezione progettazione europea una buona conoscenza dei Fondi Europei e delle tecniche di progettazione unita ad una forte motivazione al lavoro di squadra e sul campo. Completano il profilo per lo stage in redazione un forte interesse verso il giornalismo e l’informazione e una forte motivazione al lavoro in redazione e sul campo.

Per candidarsi inviare il proprio CV aggiornato all’indirizzo [email protected], specificando nell’oggetto “Stage Progettazione AgoraVox 2013”, entro il 15 gennaio 2013.

Vacancy e stage

Oltre la crescita. Ripensiamo il futuroDalla Scuola oltre la crescita

“Oltre la crescita. Ripensiamo il futuro” è un lavoro collettivo realizzato al termine del percorso della Scuola oltre la crescita, organizzato da Libertà e Giustizia (Circolo di Roma) e la Rete Internazionale delle Donne per la Pace, con la partecipazione di diversi addetti/e ai lavori, studenti/esse, cittadini/e. Il percorso, articolato in 8 incontri (da gennaio a luglio 2012) ha rappresentato un’importante occasione per sviluppare un percorso di conoscenza, riflessione e consapevolezza aperto a cittadini/e su questioni che poco sembrano essere approfondite dai grandi media, in particolare la necessità e l’urgenza di pensare a un diverso paradigma economico e di società rispetto a quello attuale. Un nuovo paradigma che rigetta il mantra della crescita economica a tutti i costi e considera i limiti ecologici dello sviluppo.Il documento finale di questo percorso è stato scritto da cittadini/e, come noi, che sentono l'esigenza di farsi delle domande su vari temi collegati alla questione di andare oltre la crescita, di come i nostri comportamenti quotidiani e abitudini influenzano l’ambiente globale, per cercare una risposta che possa portarci oltre una crescita considerata esclusivamente in termini economici.Coloro che sono interessati a far avere un feedback su questo lavoro possono scrivere a Federica [email protected]

Da questo step, con le promotrici della Scuola, sarà rilanciato il percorso nel 2013.

Iniziativa in evidenza

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Senior fundraising assistant L’UNHCR seleziona per la sede di Roma la figura di assistente fundraising. Coloro che sono interessati potranno inviare la propria candidatura entro il 17 gennaio 2013.Info

Responsabile di progettoOxfam Italia seleziona Responsabile di progetto per Haiti. Requisiti: 3 anni di esperienza nella gestione di progetti di cooperazione in contesti difficili. Info

Web Writer (scrittore per contenuti on line), Portland, Oregon, U.S.AMercy Corps, agenzia umanitaria globale che gestisce operazioni di soccorso e di sviluppo in più di 40 paesi, è alla ricerca di uno stagista con abilità di scrittura, un giornalista motivato ed appassionato dei nuovi media interattivi. Lo stage, oltre ad essere un’esperienza di giornalismo digitale, permette di essere un membro attivo di sensibilizzazione e sostegno al lavoro dell’organizzazione in tutto il mondo. Info

45 borse di studio per il Collegio D'EuropaIl Ministero degli Affari Esteri ha aperto il bando per la selezione di candidati interessati ad ottenere borse di studio per Collegio D'Europa. Deadline: 15 gennaio 2013Info

Concorso europeo indetto dal Comitato Europeo Economico e SocialeIl Comitato Europeo Economico e Sociale ha indetto un bando aperto ai cittadini dell’Unione Europea (compresa la Croazia che aderirà all’UE nel 2013) dai 18 ai 30.Per partecipare al concorso gli interessati dovranno realizzare un video su ciò che l’Europa significa per le nuove generazioni.Info

Concorso Borsa di Studio “Gianfranco Imperatori”L’Associazione Civita bandisce per il terzo anno il concorso Borsa di Studio “Gianfranco Imperatori”, in ricordo del fondatore e Segretario Generale dell’Associazione. Il Bando prevede l’assegnazione di una Borsa per ricerche relative al rapporto cultura/economia, alla valorizzazione e gestione del patrimonio culturale, alle implicazioni economiche, etiche e sociali delle attività che afferiscono al mondo dei beni culturali. Le domande andranno presente entro il 15 febbraio 2013 Info.

Bando aperto dall’UNAR- Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali L’UNAR della Presidenza del Consiglio dei Ministri promuove un Bando per tutti gli iscritti alla Rete NEAR invitandoli a realizzare:

Bandi

Borse di studio e concorsi

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a) il nuovo logo dell’ufficiob) uno slogan contro tutte le discriminazioni per i nuovi gadget.Info

Il Direzionale DGCS approva le linee guida dei nuovi bandiIl Direzionale della DGCS del MAE ha approvato un documento di intenti che delinea sommariamente i principi chiave che ispireranno i futuri “avvisi pubblici” per il finanziamento di progetti promossi dalle ONG, quelli a valere sul capitolo di spesa 2181. Per il 2013 si tratta di circa 20 milioni di euro. Info

BANDO – NED finanzia progetti sul rafforzamento delle istituzioni democratiche ll National Endowment for Democracy (NED) è una delle principali organizzazioni internazionali che forniscono grant alle ONG in tutto il mondo per promuovere la democratizzazione e il rafforzamento delle istituzioni democratiche. NED finanzia ONG tra cui le organizzazioni civiche, associazioni, media indipendenti e altre organizzazioni simili, incoraggia le candidature di organizzazioni che lavorano in ambienti diversi, tra cui le democrazie di recente costituzione, paesi semi-autoritari, società fortemente repressive e dei paesi in fase di transizione democraticaEntro il 18 gennaio 2013 possono chiedere finanziamenti coloro che mirano a:

• Promuovere e difendere i diritti umani e dello Stato di diritto• Sostenere la libertà d'informazione e di media indipendenti• Rafforzare le idee e valori democratici• Promuovere la responsabilità e la trasparenza• Rafforzare le organizzazioni della società civile• Rafforzare processi politici democratici e delle istituzioni• Promuovere l'educazione civica• Supporto risoluzione democratica dei conflitti• Promuovere la libertà di associazione• Rafforzare un ampio economia di mercato

Info

Geography game: how well do you know the world?Un gioco per scoprire quanto conosci bene il mondo…Info

Master: formazione o disoccupazione?La Laurea? Non basta ci vuole il Master. Il Master? Non basta ci vuole l'MBA. continua….Info

Numeri dal mondo degli stage

L’articolo analizza i risultati di un’ indagine condotta dall’ Isfol e "Repubblica degli stagisti" nel 2011. Ogni anno in Italia vengono attivati circa 400.000 stage. Quasi un tirocinante su cinque ha in attivo una media di tre stage (18,9%); gli intervistati (circa 3.000 stagisti italiani) sostengono che sia più facile trovare un primo, un secondo e un terzo stage, che un primo lavoro.

Info

Articoli

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Sono i feticci che regolano le nostre vite. Il mondo degli spiriti è nel nostro, solo che non tutti possono vederlo”.

Dal registratore riascolto le parole di Etienne, un anziano del villaggio che si è offerto di farmi da guida. La sua voce sovrasta il canto di un gallo e il rumore del passo secco di Ibra che è appena entrato nella capanna. Ibra è mio padre. E io ho un nuovo nome. Ora mi chiamo Adjandibo Bassene, all’anagrafe Sara Fidanza, ma per i bambini di Seleky sono “Ellulum-Tangal” che in lingua diola significa “Bianca-Caramelle”.

“Se sono infrante delle regole il feticcio ti prende. Non importa dove tu sia. Possono ammalarsi i tuoi cari e tu per purificarti devi fare dei sacrifici. Di vino di palma o animali: un pollo e se si tratta di una cerimonia importante un bue.” Prendo appunti ma non troppi, non voglio che i racconti di Etienne siano distratti dal mio scrivere e così lascio che il piccolo apparecchio appoggiato sul pavimento di terra battuta registri il sonoro di quelle ricerche che mi hanno portato fin qui, in questo villaggio sperduto tra la foresta e le risiere della Casamance, nel sud del Senegal. Quando sono partita non sapevo cosa avrei fatto. E credo che in fondo sia stato meglio

così: a volte bisogna lasciarsi guidare dalla corrente e poi, pretendere di portare un pacchetto-progetto già fatto da casa è più sbagliato che incoerente.Ho vinto una borsa di studio della cattedra di Antropologia dello Sviluppo e nonostante avessi letto libri su culture e popoli del posto non avevo capito quanto importante fosse la religione tradizionale per la popolazione. Più che non avevo capito, forse, non l’avevo percepito. È stato solo dopo aver trascorso qualche giorno al villaggio che ho compreso che in qualsiasi discorso, l’aspetto sacro, permeava ed era in grado di regolare ogni questione. Ma cosa vuol dire sacro? E come si lega il rispetto della natura a tale antica religione? Queste alcune delle domande della ricerca etnografica che ho realizzato sul campo. Per riscoprire quel legame intangibile che unisce gli esseri umani e l’ambiente fisico circostante ho trascorso qualche settimana ospite nella capanna di un anziano signore, Ibra, uno zio della famiglia presso la quale abito nella cittadina di Ziguinchor.

Ci siamo conosciuti durante lo scorso Ottobre, alle cerimonie dell’iniziazione dei giovani uomini di Seleky. Nella vita di un individuo questo rito rappresenta il passaggio simbolico dall’età infantile a quella adulta ed è caratterizzato da un periodo di permanenza nella foresta durante il quale gli anziani fanno apprendere ai giovani i segreti dell’universo maschile diola. Proprio quell’anno, dei nipoti della famiglia avrebbero preso parte alle cerimonie e così accompagnandoli ho potuto conoscere gli altri membri del clan che risiedono al villaggio. Ibra sembra molto felice della mia presenza in casa, dice che non aveva mai mangiato con un “bianco” e che la mia cucina moderna non è male anche se preferisce riso e pesce. Nelle lunghe passeggiate Etienne mi insegna a riconoscere alcune piante della foresta utilizzate nella medicina tradizionale e trascorro quasi l’intera giornata facendo interviste agli anziani e alle donne. Ho stilato una serie di domande che propongo in ogni colloquio e a queste se ne aggiungono sempre molte altre che mi vengono in mente durante i racconti degli intervistati. Il lavoro procede bene anche se è un peccato che non parli la lingua locale e che abbia bisogno di qualcuno che traduca in francese.

La religione tradizionale, definita non correttamente animista, prende il nome di “avasena” e crede in un dio creatore dal quale ha avuto origine ogni elemento. Lo spirito di un antenato del clan funge da intermediario per entrare in comunicazione con dio e le preghiere si svolgono all’interno di piccole capanne basse fatte di paglia e fango all’interno delle quali si svolgono sacrifici e libagioni. Queste, in termini moderni chiamate “feticci” (“bachin”), sono custodite da anziani, donne e uomini, legati in via parentale allo spirito che vi dimora. Dagli spiriti provengono molte interdizioni che possono essere riassunte nell’appellativo “Gnei-Gnei” che vuol dire “proibito” e forse è questo quel senso di sacro che permea di sé gli aspetti della loro vita comunitaria. In teoria, i diola del Mof Evvi, sono una popolazione anarchica e quello che noi chiamiamo il loro “re” in realtà è una “grande guida spirituale” (esyl, in lingua locale) che ha il dono di far scendere la pioggia ma è svincolato dal potere politico. Ed è questa la grande importanza che nella zona riveste la spiritualità: le interdizioni che derivano dalla sfera religiosa sono sempre rispettate dai membri della

La parola ai cooperanti: la storia vissuta da Sara Fidanza

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comunità ed è per tale motivo che non servono leggi scritte, polizia o carceri per assicurare una vita tranquilla e serena ai membri del villaggio. Esiste un patto, tra natura e uomini, che tutti devono rispettare: questo è sacro e su tale principio si basa la cultura della popolazione. Su credenze condivise e sul rispetto di leggi invisibili che fanno di questa gente un popolo onesto, ecologista, socievole e rispettoso del prossimo senza bisogno dei nostri sviluppati metodi di controllo sociale o di repressione. Considerazioni del genere mi hanno spinta oltre. Tornata a Ziguinchor, cittadina capitale della Casamance, mi sono interrogata a lungo su cosa significhi essere “sottosviluppati” perché dopo essere stata a contatto di quel piccolo universo armonico che è Seleky ho messo in discussione la valenza teorica del “nostro” modello di sviluppo.Terminati gli esami della facoltà di Cooperazione e Sviluppo Internazionale della Sapienza e dopo aver trascorso un periodo di studio in Africa ho pensato che in fondo, questo sviluppo per il quale studio, non è sempre e solo positivo. Bisogna riconoscere che vivere con meno di due dollari al giorno è davvero difficile e alienante ma…utopicamente parlando è anche vero che in un mondo senza soldi, in fondo, saremo tutti ricchi.

Allora ho riflettuto sulla corsa smodata che quotidianamente in “occidente” siamo costretti a fare. Corsa al lavoro, corsa a casa, corsa a fare la fila alla posta, al supermercato, corsa bloccati nel traffico. Ho pensato ai miei futuri figli che trascorreranno ore in aule dove non verrà insegnato loro il rispetto per la natura, la fiducia nel prossimo, la comprensione dei problemi dell’altro, l’amore. Ho pensato alle guerre fatte in nome dei soldi e alle bombe che il tg dice portino democrazia. Ho pensato alle multinazionali e ai diritti di proprietà sul gene di semi che i contadini indiani non si possono più scambiare. Ho pensato che certi anziani che riscuotono la pensione minima e pagano un affitto hanno più o

meno lo stesso potere d’acquisto di Ibra. Solo che Ibra vive in una comunità che lo aiuterà sempre e la sera esce, lascia aperta la porta della sua capanna e con altri anziani si siede vicino ai baobab e mentre parla guarda le stelle. E, secondo me, se non l’avessero convinto di essere povero, lui, non ci si sarebbe mai sentito. Ho immaginato che il sorriso di un bambino che scarta un regalo si spegnerà non appena la tv gli mostrerà la nuova versione del suo ormai insignificante e freddo pezzo di plastica metallizzata. E allora sono giunta a una conclusione: in questo sistema siamo spinti a lavorare per ottenere del denaro che servirà a comprare cose che ci renderanno felici. Ma non potremo mai essere felici davvero o felici per sempre perché tutto ciò che compreremo un giorno diventerà vecchio, passato di moda, e la nostra contentezza dovrà essere stimolata da un nuovo oggetto. E ci sarà sempre un oggetto migliore del nostro o qualcuno più ricco cosicché noi anche se avremo abbastanza soldi saremo comunque insoddisfatti e spinti a comprare di meglio. Negli schemi di economia le rette sono infinite e non si

pensa a un termine per la crescita, indi, se seguiamo questo modello sviluppato sul denaro non saremo mai felici.

È una trappola, bisogna stare attenti: non voglio credere di poter essere felice solo se ho la possibilità di assecondare tutti i bisogni indotti che traboccano dai mass media. Il modello sistemico impone una prospettiva di crescita economica che deve essere distinta dallo sviluppo che studio. O meglio: non voglio che lo sviluppo che studio corrisponda ai modelli di crescita professati dal sistema in cui vivo. Da questa considerazione di base si sviluppa la seconda ricerca che ho svolto al villaggio. Una ricerca nuova, che mette in discussione paradigmi, le modalità di partecipazione, l’obiettivo stesso dell’inchiesta. Ho pensato a una ricerca che avesse dovuto far riflettere la popolazione: un incontro tramite cui comprendere quali idee sono associate al termine “sviluppo” e “modello di vita occidentale". Così ho immaginato una riunione collettiva in cui “testare” l’eventuale presenza di spirito critico nei confronti dello sviluppo. Quel giorno, all’assemblea al villaggio, hanno partecipato circa settanta persone. E io non ero più Adjandibo, né Sara, né bianca-caramelle, ero uno strumento che sarebbe servito alla gente per capire che è da loro che deve derivare il modello di sviluppo in cui credere.

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All’inizio ho presentato alcune domande aperte tramite le quali i partecipanti si sono appropriati del discorso proposto: abbiamo tracciato insieme le potenzialità della comunità, i bisogni, le aspirazioni, i mezzi disponibili e poi abbiamo compilato insieme un questionario collettivo il cui obiettivo non era la raccolta di dati ma di riflessioni, domande, punti interrogativi. Ho avanzato domande provocatorie come “A cosa saresti disposto a rinunciare per avere più soldi?” oppure “Pensi che lo sviluppo si tradurrà nella perdita della vostra cultura tradizionale?”. Più che ottenere risposte tale indagine mira a far sviluppare un sentimento critico nei confronti di uno “sviluppo” del quale tanto si sente parlare ma che per niente siamo messi in grado di definire. “Perché dovremo rinunciare a qualcosa per ottenere più soldi?” è questa una delle “contro-domande” che mi sono state fatte e dalle quali posso dire di aver raggiunto l’obiettivo della mia ricerca. Ora che la voce di Etienne si diffonde dal registratore ripenso a quel che è stato senza smettere mai di mettermi in discussione. È lo stesso sviluppo, in fondo, che mi permette di riascoltarlo, lo stesso che mi permette di scrivere sul pc in questo momento.

In conclusione quello che vorrei trasmettere ai tanti giovani che vogliono intraprendere questa strada nel mondo della cooperazione internazionale è di essere consapevoli che siamo strumenti che possono aiutare le popolazioni che soffrono ma che dobbiamo fare di tutto per non contagiarli con il lato “malato” dello sviluppo. Per questo bisogna chiedersi in prima persona qual è lo sviluppo che vogliamo? E soprattutto non dimentichiamoci che quei popoli che sono stati definiti sottosviluppati, in realtà, hanno molto altro da insegnarci.

Sara Fidanza

L’ illustrazione in copertina è di Noma Bar

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