Nicola Martocchia Diodati – Luca Verzichelli
SELEZIONE E CARRIERA DEI GOVERNANTI ITALIANI:
NUOVE PROSPETTIVE DI RICERCA
CIRCaP Occasional Paper
n. 2/2017
Luca Verzichelli insegna Scienza Politica all’Università di Siena. Si occupa di processi
decisionali, istituzioni politiche ed elite in Europa. È membro dell’Executive Committee
dell’European Consortium for Political Research e co-direttore della Rivista Italiana di Politiche
Pubbliche.
Nicola Martocchia Diodati è PhD Candidate nel programma di Dottorato in Political Science
and Sociology alla Scuola Superiore Normale di Pisa. Si occupa di leadership, elezioni ed
elite politiche.
Page intentionally left blank
Selezione e carriera dei governanti italiani:
Nuove prospettive di ricerca
Abstract
L’articolo torna sul classico tema della classe eletta di governo, soffermandosi sul caso
Italiano. L'argomentazione di partenza è la seguente: a dispetto di una ampia disponibilità
di dati e di una importante tradizione di lavori teorici ed empirici sulla classe politica,
siamo ancora a corto di interpretazioni adeguate relative a due fenomeni che mostrano
mutamenti rilevanti nell’attuale fase storica: l’auto-selezione e la carriera dei governanti.
Al fine di colmare il gap interpretativo, è necessario costruire dati più solidi sotto il
profilo informativo, utili in una prospettiva diacronica e comparata, e confacenti
all’utilizzo di metodologie di indagine innovative. L’articolo illustra la costruzione di un
nuovo data set sui governanti italiani che possiede queste caratteristiche e focalizza
l'importanza di ogni singola posizione ricoperta dai membri della classe di governo. Una
breve descrizione del data set mostra le opportunità offerte da questo strumento per
sviluppare nuove elaborazioni e analisi adeguate rispetto alle domande più recenti.
Esplorando i principali elementi di differenziazione emersi tra i governanti italiani
dell’ultima fase storica, l’articolo illustra poi alcune nuove possibili questioni di ricerca,
condotte con l'ausilio di strumenti metodologici innovativi per questo ambito di studi,
come la sequence analysis. Si tratta di una prospettiva di ricerca promettente per aggiungere
conoscenze robuste circa le dinamiche di selezione e carriera della classe di governo.
Circap Occas iona l Paper s
2
1. Introduzione. Le trasformazioni nella formazione dei governi contemporanei
La selezione della classe politica di governo rappresenta un momento chiave nella
definizione delle élite politiche (Putnam 1976). Ma, più in generale, si tratta di un aspetto
della vita politica che molti considerano un fattore capace di influenzare altri fenomeni
fondamentali, ad esempio la competizione elettorale o la definizione delle strategie
partitiche (Downs 1957; Laver e Shepsle 1996).
Nell’esplorazione del fenomeno, la letteratura ha tradizionalmente considerato come
attori principali le organizzazioni partitiche intese come singole unità. L’evoluzione della
scienza politica ha tuttavia da tempo cominciato a considerare i partiti come oggetti di
analisi complessi, inquadrando i processi di formazione del governo come esiti di una
serie di influenze originate da azioni individuali e non collettive (per analisi teoriche al
riguardo, cfr. Gamson 1961, Buchanan e Tullock 1962, Tirole 1996). Questa evoluzione
ha portato a distinguere gli studi sulle élite di governo “classiche” di matrice europea, per
lo più basate sulle interazioni tra i partiti e sulle scelte interne ai loro gruppi dirigenti, e gli
studi legati alla tradizione dell’individualismo metodologico, di stampo nord-americano,
incentrati sulla somma delle preferenze e sulle strutture di opportunità. Nel periodo più
recente, la ricerca comparata ha mostrato ampie intersezione tra questi due filoni di
ricerca: il ruolo dei partiti, intesi come istituzioni di mediazione fondamentale nella catena
di deleghe nella quale è inserito il momento della selezione ministeriale, si sovrappone ad
una serie di altre variabili legate alle ambizioni personali, così come ai vincoli istituzionali
presenti nei diversi sistemi. Si può ben dire, dunque, che il processo di selezione e de-
selezione del personale di governo sia oggi un oggetto centrale nell’agenda di numerosi
cultori della scienza politica comparata provenienti da approcci teorici assai diversi
(Dowding e Dumont 2008).
Un ulteriore elemento evolutivo da tenere in considerazione è l’impatto del processo
di personalizzazione politica (Karvonen 2010; Blondel e Thiebault 2010) che comporta
vari effetti a livello di sistema. Tra questi, la così detta presidenzializzazione delle democrazie
parlamentari (Poguntke e Webb 2005), che ha determinato una crescente attenzione al
ruolo e al comportamento della leadership politica in questo tipo di sistema di governo.
Manin (1997) aveva efficacemente sintetizzato tale fenomeno, sostenendo che gli elettori
tendono in misura crescente a votare per un leader e non più per un partito od una
piattaforma programmatica, mentre altri avevano sottolineato gli effetti della
personalizzazione politica anche nello studio della competizione interpartitica
(Groseclose 2001).
SELEZIONE E CARRIERA DEI GOVERNANTI ITALIANI
3
Allargando il campo rispetto alla dimensione elettorale della personalizzazione,
Poguntke e Webb hanno posto al centro dell’analisi, accanto alla capacità dei leader di
drenare consenso, anche il rafforzamento del suo rilievo istituzionale. Essi identificano
infatti tre dimensioni – quella elettorale, quella governativa e quella relativa alla leadership
partitica – in ognuna delle quali si è potuto osservare un incremento dell’autonomia
personale dei leader ed una maggiore accessibilità alle risorse da parte degli stessi.
All’interno del partito, la crescita di autonomia del leader determina la
concentrazione dei poteri in precedenza detenuti da organismi collegiali o oligarchici. A
questo si aggiunge naturalmente la progressiva riduzione del potere in mano agli attivisti
e alle arene partitiche intermedie: forte del proprio potere, il leader si rivolge direttamente
alla base o, sempre più spesso, direttamente all’elettorato circa le proposte
programmatiche che dovrebbe effettuare l’organizzazione. Inoltre, i cambiamenti
organizzativi che hanno riguardato anche le modalità di selezione della leadership del
partito, con la tendenza ad ampliare il selettorato partitico attraverso modalità come le
elezioni primarie, ha reso ancor più “personale” la delega tra base elettorale e leadership.
Peraltro, tale fattore appare connesso a quanto sosteneva Manin, portando a sovrapporre
le proposte di policy dell’organizzazione con l’immagine stessa del leader (Garzia 2014).
In funzione della trasformazione riscontrata nelle ricerche sopracitate, è oggi
necessario considerare come principale attore di ogni governo parlamentare la figura del
primo ministro (o capo dell’esecutivo) che seleziona e delega, con vincoli diversi a
seconda delle circostanze politiche e dei poteri conferitigli, specifiche attività a differenti
ministri, affinché questi ultimi possano proporre, controllare ed implementare azioni di
policy sulle quali il governo, ed in particolare il suo primo esponente, verrà poi valutato
dai cittadini nelle elezioni successive (Dowding e Dumont 2008).
Accanto al progressivo rafforzamento dell’immagine e, in qualche misura, delle
facoltà del capo di governo, altri fattori lavorano a favore di un mutamento nella
dinamiche di selezione e carriera del personale di governo. La persistenza di maggioranze
di coalizione in molte democrazie parlamentari difende la natura collegiale degli esecutivi,
e comunque provoca un allargamento della squadra di governo a figure di controllore
partitico, magari collocate in un ordine gerarchico inferiore rispetto ai titolari della delega
(Thies 2001, Verzichelli 2008). Inoltre, i delegati che operano su aree di policy specifiche
possono aver interesse a deviare rispetto al proprio mandato, o semplicemente
interpretarlo in modo creativo, generando ulteriori problemi nella linea di comando basata
sulla capacità monocratica del Chief Executive. Nella terminologia utilizzata dagli studiosi,
Circap Occas iona l Paper s
4
si tratta di incentivi al ministerial drift, spinti da cause molto diverse (fazionalismo e
resistenza partitica, valori e idee proprie del delegato, strategie di massimizzazione del
proprio capitale politico, ecc.). Questo quadro sembra ulteriormente complicato dalla
natura complessa delle politiche pubbliche: sempre più spesso i ministri vengono reclutati
per le proprie caratteristiche di esperto, e il relativo stock di capitale politico di queste
figure dovrebbe rafforzare la loro fedeltà rispetto al mandato ricevuto. Sappiamo però
che questa argomentazione trova un limite nella volontà dei ministri di realizzare le
proprie idee e di capitalizzare sulla propria capacità di policy maker, che spesso li porta a
entrare in diretta competizione con il principale politico. Si tratta di un ulteriore
problema rispetto alla delega lineare, con conseguenze sulle future scelte del governo, e
sulla carriera dei ministri stessi.
Insomma, le questioni su come debba funzionare e cambiare il processo di
formazione del governo sono rimaste più che mai rilevanti, e necessarie per ipotizzare dei
mutamenti nei pattern di selezione e carriera ministeriale. Rovesciando il quadro, si può
anche dire che tali questioni illuminano anche un angolo visuale privilegiato per indagare
l’influenza e l'effettiva autonomia della leadership nella ridefinizione complessiva dei
sistemi di governo.
Rispetto a tale questioni, la disponibilità di candidati per le cariche di governo e le
preferenze degli attori che hanno il compito di selezionare tali cariche cambiano
continuamente. Nell'ambito della selezione dei ministri, per esempio, l’attore al centro del
processo può porsi l'obiettivo di implementare specifiche politiche, procedendo così a
selezionare i propri agenti in funzione della vicinanza ideologica e politica. Potrebbe,
invece, mirando esclusivamente alla rielezione propria e degli agenti stessi, delegare gli
uffici a persone in grado di far percepire il governo come l’esecutivo più dinamico e
capace, in grado di governare l’agenda politica e di tenere una elevata iniziativa di policy.
O ancora, potrebbe scegliere una prospettiva mista, scegliendo diversi tipi di agenti con
modalità mutevoli di delega, anche in funzione del suo effettivo controllo (l'esempio
paradigmatico al proposito è la diversa estensione del controllo politico su ministri del
proprio partito rispetto a quelli degli altri partiti di una coalizione).
Ma la descrizione della complessità che si cela dietro il processo di selezione
ministeriale non si esaurisce certo qui. Una volta chiarita la rilevanza del problema, lo
scopo di questo lavoro è semplicemente quello di sistematizzare i dati relativi ad un caso
di studio potenzialmente utile, ed offrire un nuovo approdo metodologico per testare le
ipotesi sul cambiamento recente. Qui presentiamo i dati sul personale ministeriale italiano
SELEZIONE E CARRIERA DEI GOVERNANTI ITALIANI
5
raccolti dal CIRCaP nell’ambito del network Selection and Deselection of Political Èlites
(SeDePE), ritenendo che essi possiedano interessanti potenzialità esplicative circa
l’evoluzione delle carriere dei governanti. Le domande affrontabili con questo tipo di dati
possono presupporre l’utilizzazione di approcci teorici e di strumenti di indagine inediti
per questo settore dello studio delle élite politiche. Ci proponiamo in particolare di
focalizzare una nuova metodologia di analisi dei percorsi individuali, nata per l’analisi
delle successioni genetiche in biologia ma particolarmente utile per lo studio delle carriere
politiche.
L’articolo si struttura nel modo seguente: nella prossima sezione torneremo sulla
letteratura rilevante riguardante le carriere politiche nei sistemi parlamentari, ponendo
attenzione alle problematiche relative al mutamento della classe di governo in Italia.
Successivamente procederemo ad una succinta presentazione del dataset e all’analisi
descrittiva delle informazioni in esso presenti. Nella quarta sezione, infine, presenteremo
le caratteristiche e le potenzialità della sequence analysis e dell’optimal matching algorithm nello
studio delle carriere politiche, discutendo l’eventuale applicabilità di queste ultime ai dati
collezionati in SeDePE. Le conclusioni del paper metteranno a fuoco le questioni emerse
e le ipotesi da testare nel proseguo della ricerca.
2. La selezione ministeriale in Italia. Nuove prospettive di indagine
Le problematiche sollevate dalla recente letteratura circa il processo di
autonomizzazione della figura del primo ministro nel partito e nell’esecutivo, e da quella
sul declino organizzativo dei partiti, incoraggiano dunque ad indagare molteplici aspetti
relativi alla trasformazione delle élite governative. Il caso italiano appare particolarmente
interessante, in una ottica di esplorazione aperta a vari tipi di ipotesi.
Un primo scenario di cambiamento "lineare" e diacronico presupporrebbe
l'affermazione di una nuova generazione di governanti, figli dei mutamenti culturali e di
sistema partitico avvenuti dopo il 1994. Il condizionale è d'obbligo. Anzi, si può forse
parlare di una pura ipotesi "di scuola", avendo già una sufficiente conoscenza
dell'andamento incerto e contradditorio della classe di governo della così detta seconda
repubblica (Verzichelli 2010; Cotta e Marangoni 2015). Tuttavia, i segnali di mutamento
rispetto alla fase storica precedente ci sono, e vanno interpretati. In particolare,
dobbiamo considerare le ipotesi di un cambiamento coerente con le argomentazioni che
hanno tenuto banco in questo ventennio, quelle della presidenzializzazione e quella di un
governo maggioritario, costruito su coalizioni parzialmente o totalmente alternative.
Circap Occas iona l Paper s
6
Una strada in qualche modo parallela conduce verso un’altra "meta" a lungo evocata
durante gli anni novanta: la selezione di un personale politico capace di sviluppare
processi decisionali adeguati ai tempi. Questa aspettativa comporta ipotesi di lavoro
basate sull'aumento complessivo delle competenze di dei ministri come policy makers, una
diversa strutturazione dei requisiti di selezione, più aperti ad elementi di conoscenza
tecnica, ed una riduzione della circolazione interna delle stesse personalità attraverso più
ruoli di governo.
Calibrando in modo diverso il peso dei fattori che agiscono sui processi di selezione
e carriera dei governanti, possiamo costruire interessanti variazioni sul tema, che
enfatizzano il ruolo di diverse variabili in gioco. L'alternanza di governi appoggiati su
coalizioni opposte e strutturalmente diverse tra loro ci spinge a prefigurare una rotazione
tra vari gruppi di governanti, da quelli identificabili come la "squadra del presidente", ai
puri "controllori di partito", infine a forme di delega miste, magari collegate al ruolo di
altre figure istituzionali come la presidenza della repubblica. Data la fluidità del sistema
partitico degli ultimi venti anni, è del tutto plausibile l'ipotesi di modelli di reclutamento
significativamente diversi tra i partiti, e comunque maggiormente instabili rispetto al
passato.
Inoltre, alla luce dei mutamenti accaduti, è plausibile attendersi cambiamenti nella
dinamica della carriera ministeriale: da un lato, i governi maggioritari e del premier dovrebbero
assicurare un tempo medio di permanenza più lungo all’interno di una specifica delega.
Tuttavia, il fenomeno della persistenza all’interno dell’area di governo dovrebbe ridursi,
con abbandoni più frequenti legati a fattori esplicativi diversi. Tra questi, il ruolo
maggiore del premier come selezionatore, e probabilmente anche il minor incentivo a
rimanere in posizioni ministeriali di relativa importanza.
In questo quadro si pone un terzo filone di ricerca rilevante, che è quello della
maggiore rilevanza dei livelli di territoriali sub- e sovra-nazionali nella strutturazione delle
carriere politiche. La ricerca comparata in Europa ha già estratto molte evidenze rilevanti
al riguardo (Stolz 2009, Pilet et al. 2014) e il caso italiano offre aspettative importanti di
variazione, soprattutto per il peso acquisito dalle cariche apicali nei governi regionali e
delle grandi città.
Da tutto ciò, sprigiona una questione sino ad oggi mai considerata in Italia, vista
anche l’età media tradizionalmente elevata dei governanti: esiste un destino diverso dalla
definitivo declino politico per gli esponenti della classe di governo che decidono o sono
costretti a disimpegnarsi? Torneremo solo incidentalmente, alla fine dell’articolo, su
SELEZIONE E CARRIERA DEI GOVERNANTI ITALIANI
7
questa domanda, che tuttavia può offrire indicazioni a molti dei puzzles che abbiamo
rapidamente presentato si qui.
Ma procediamo con ordine, tornando alle interpretazioni legate alla teoria delle élite:
secondo i classici, le esperienze politiche e professionali accumulate nel tempo dagli
individui costituiscono uno degli aspetti fondamentali da considerare nel processo di
selezione del personale governativo. Diventare ministro è infatti ancora il coronamento
di una carriera politica iniziata molti anni addietro, passata per tappe fondamentali come
l’approdo in parlamento o la nomina al vertice di una struttura pubblica.
Durante il XX secolo è stata proprio l’elezione in una delle camere a rappresentare la
caratteristica individuale essenziale per l’accesso alle cariche di governo nei sistemi
parlamentari (Blondel 1991; Strøm 2000). Non necessariamente tale esperienza ha
costituito garanzia di acquisizione di capacità e competenze professionali in specifiche
aree di policy, rimanendo molti candidati ministeriali dei politici in carriera generalisti, che
aspirano appunto ad un qualsiasi ruolo governativo. Tuttavia, la funzione di “principale”
ricoperta dall’arena legislativa nei confronti di quella governativa ha imposto in molte
realtà il background parlamentare come condizione determinante per entrare nel circuito
di governo.
L'elevata influenza dell'esperienza parlamentare sulla carriera dei ministri è stata a
lungo presentata come una costante nelle democrazie europee. Eppure, il grado di fusione
tra le due arene può variare significativamente da paese a paese e nel corso del tempo,
come mostrato da Andeweg e Nijzink (1995). La nomina a ministro a seguito di una
elezione parlamentare dipende infatti da molteplici fattori, come le imposizioni
costituzionali che regolano la possibilità di coabitazione tra i due differenti incarichi e la
natura politico o tecnica del governo. Relativamente alle limitazioni costituzionali, è
possibile identificare tre modelli: il cumulo di mandati obbligatorio (es., in Irlanda o nel
Regno Unito) che vincola il novero dei ministri ai parlamentari in carica; il cumulo
permesso (es. Italia, Spagna e Germania) secondo cui non vi è obbligo (o divieto) di
detenere e mantenere l’incarico parlamentare ai fini della nomina governativa; il divieto
esplicito di cumulo tipico di sistemi non parlamentari (es. Svizzera e Stati Uniti) ma
presente anche in alcuni parlamentarismi (Lussemburgo) nei quali, per accettare la
nomina di membro del Governo, un parlamentare è obbligato a rassegnare le proprie
dimissioni.
Sappiamo che il grado di fusione tra arena legislativa e arena governativa è
influenzato sensibilmente anche dal tipo di governi. In passato, gli studi comparati hanno
Circap Occas iona l Paper s
8
messo in evidenza la relativa politicizzazione di alcuni esecutivi per la cura dell’ordinaria
amministrazione (care-taker cabinets) nei quali la presenza di parlamentari tra le file del
governo poteva diminuire anche drasticamente, venendo bilanciata da manager privati e
pubblici, o da esperti provenienti dal mondo accademico (Dogan 1989; De Winter 1991).
Più recentemente, la tendenza ad assumere ministri con caratteristiche diverse rispetto al
background partitico-parlamentare si è consolidata anche al di fuori di questo tipo di
esecutivi (cfr. Costa Pinto et al. 2017), ed è frequente il ricorso a tecnici che affiancano i
politici puri per esempio nei dicasteri economici (Weiner e Hallerberg 2012), e in quelli
relativi alle politiche ad alto livello di investimento tecnologico.
Altri fattori vanno tuttavia considerati per analizzare le dinamiche di allocazione
degli uffici ministeriali. Ad esempio, la capacità di influenza delle organizzazioni
partitiche nel processo di presentazione e selezione dei candidati-ministri o sottosegretari.
La possibilità di condizionare l’appoggio politico in funzione di una determinata
allocazione di uffici ministeriali rappresenta una delle possibilità che un leader partitico si
trova a perseguire a seguito (o in precedenza) di un passaggio elettorale. Infatti, se nel
caso di governi monopartitici gli attori preposti alla contrattazione durante il processo di
allocazione degli incarichi governatici possono essere le fazioni interne ad un unico partito
pigliatutto, nel caso di governi di coalizione gli incarichi ministeriali vengono distribuiti tra
i diversi partiti che formalmente fanno parte della maggioranza di governo. La rilevanza
del processo di contrattazione interpartitico risulta evidente a fronte del fatto che la
distribuzione degli incarichi governativi tra i partiti spesso riflette la distribuzione dei voti
ottenuti da questi ultimi alle elezioni (Gamson 1961, Golder 2006) con una particolare
attenzione alle “piccole componenti” in grado di esercitare il loro potenziale di ricatto
(Sartori 1976).
Un ulteriore aspetto in grado di condizionare la scelta dei propri delegati da parte del
primo ministro è l’insieme delle caratteristiche sociografiche ed attitudinali di ciascun
potenziale membro del governo. Variabili quali la rappresentanza territoriale e linguistica
possono essere fondamentali nel gioco della formazione di governo in sistemi politici
particolarmente compositi, ma anche la questione anagrafica e quella di genere hanno
ultimamente rappresentato dei fattori in grado di indirizzare una decisione del primo
ministro in funzione dell’immagine pubblica del governo. Tra le caratteristiche
individuali, rientrano ovviamente aspetti quali l’energia e la competenza dei ministri,
fattori che, a fronte dell’aumento di rilevanza dei media, risultano in grado di influenzare
il giudizio e la valutazione a posteriori dell’operato del governo. Infatti, tenendo presente
SELEZIONE E CARRIERA DEI GOVERNANTI ITALIANI
9
che l’elettore delega i politici alla gestione della cosa pubblica per far fronte a problemi di
capacità, competenza e azione collettiva (Strøm 2003) e che i ministri possono apparire
maggiormente accountable grazie a sempre più inovativi mezzi di comunicazione, la
competenza e la dinamicità dei potenziali membri del governo possono risultare fattori
decisivi nella rendicontazione del governo di fronte all’elettorato (Dowding e Dumont
2008).
Guardando in prospettiva comparata al processo di selezione della classe ministeriale
nelle democrazie parlamentari, il caso italiano ha rappresentato per lungo tempo un
esempio singolare, con esecutivi deboli ed instabili ma, contestualmente, stabili
preferenze degli elettori e dell’élite politica e governativa (Verzichelli 2009, 79). Infatti,
nonostante la bassa durata media (undici mesi) dei governi italiani durante la Prima
Repubblica, la formazione dei governi è rimasta sotto il controllo della leadership
partitica (per lungo tempo, quella democristiana). La particolare condizione di pluralismo
polarizzato che ha caratterizzato il sistema partitico italiano durante la prima fase
repubblicana (Sartori 1976) ha infatti permesso alla DC di sfruttare la propria posizione
pivotale nello spazio politico, mantenendo le redini del processo di formazione delle
coalizioni di maggioranza e anche del processo di formazione dei governi.
Nella loro indagine sulla composizione e sul processo di formazione degli esecutivi
nel primo trentennio repubblicano (1948-1976), Calise e Mannheimer (1982) giungevano
alla conclusione che la selezione della classe governativa italiana fosse caratterizzata da: a)
un’origine prevalentemente parlamentare della classe ministeriale; b) una particolare
attenzione alla rappresentanza regionale oltre che partitico/fazionistica; c) un sistema di
incenti selettivi dati dal potere di patronage degli uffici ministeriali; d) una consuetudine nel
mantenere separati gli incarichi governativi da quelli di leasership partitica. Se l’origine
parlamentare della compagine ministeriale rimane una caratteristica presente in ampia
parte dei sistemi politici europei (Andeweg e Nijzink 1995), come d’altronde la creazione
di incentivi selettivi dati dal potere di patronage degli uffici ministeriali, l’attenzione alla
rappresentanza regionale e la consuetudinaria incompatibilità tra incarichi governativi e
partitici erano peculiarità non già del sistema italiano, quanto di un partito fazionale e
territorialmente composito come la DC.
La rappresentanza regionale nel governo tra i ministri democristiani è apparsa in
quelle prime esplorazioni fortemente correlata alla forza elettorale locale del partito
(Calise e Mannheimer 1982, 55-57) e la capacità esplicativa della varaibile "consenso
elettorale territoriale" non è scomparso, secondo studi più recenti, nemmeno all'indomani
Circap Occas iona l Paper s
10
dell'implosione della DC (Amoretti 2002). Tuttavia, come rilevava proprio questo ultimo
lavoro, l'indebolimento di un modello incentrato su un solo partito e la scomparsa (dal
1993) del voto di preferenza, aveva finito per indebolire l'argomentazione di un processo
di selezione "guidato" esclusivamente dal potere territoriale dei leader partitici.
La seconda peculiarità colta da Calise e Mannheimer, ovvero la netta separazione tra
leadership di governo e leadership di partito, è certamente imputabile alla particolare
struttura interna della DC – che Sartori (1971) definiva un “coacervo di fazioni”. Il
sistema autonomo di sotto-partiti che ha caratterizzato la vita della Democrazia Cristiana
ha ovviamente avuto una influenza determinante anche nella gestione e nella formazione
dei governi della Prima Repubblica, sia in funzione della grandezza delle fazioni e della
maggioranza che governava il partito (Mershon 2001), che in funzione della capacità di
tali fazioni di stringere relazioni con altre fazioni e altri partiti al fine di modificare la
composizione dei governi (Sartori 1971). Insomma, la netta separazione tra leadership di
partito e di governo che ha caratterizzato il modus operandi della DC sembrava una scelta
quasi obbligata, tuttavia in grado di rendere quello italiano un sistema ancor più peculiare
in Europa - e dunque utile da studiare in una prospettiva comparata. Se infatti nel
panorama delle democrazie meno frammentate la componente del partito esclusa dal
governo è solitamente la minoranza sconfitta al congresso, nel caso italiano era proprio la
leadership di maggioranza a rimanere fuori dagli incarichi esecutivi. Tale condizione ha
portato i governi a maggioranza democristiana ad avere all’interno del parlamento un
controaltare molto rilevante in grado di condizionare e l'esecutivo, secondo il modello
denominato “governo al guinzaglio” (Cotta 1996, 21).
Un altro fattore che ha caratterizzato il processo di selezione dei governanti italiani
nella Prima Repubblica è la già citata stabilità governativa che, unita a quella strutturale
(Calise e Mannheimer 1982), ha permesso di identificare la presenza di una “superélite”
ministeriale durante il primo trentennio della storia repubblicana, corrispondente al
“nucleo di governo” riscontrato da Dogan (1979) nella Terza e nella Quarta Repubblica
francese. La superélite si consolidava grazie ad una quota particolarmente elevata (in
media 57,7%) di governanti confermati da un governo all'altro, che finivano per
collezionare una numerosità sufficientemente elevata di incarichi ministeriali tale da
assicurare continuità all’azione governativa: più di 1/3 dei ministri era stato presente in
più di quattro governi, e tra questi circa il 45% in più di sette.
La crisi della Prima Repubblica e dei suoi principali attori partitici ha però interrotto
quella stabilità consolidatasi dal 1945 in poi, provocando un ricambio eccezionale della
SELEZIONE E CARRIERA DEI GOVERNANTI ITALIANI
11
classe politica (Verzichelli 1998), oltre che una trasformazione radicale delle condizioni
ambientali in grado di influenzare le modalità di selezione del personale governativo.
Negli anni passati è stato così possibile analizzare gli elevati tratti di cambiamento del
processo di selezione della compagine ministeriale nel periodo successivo al 1994
(Verzichelli 2009), Nello specifico, si sono osservati un aumento delle competenze
specifiche dei ministri, una leggera decrescita della provenienza parlamentare e una
radicale inversione di tendenza circa la consuetudine di dover passare per un
sottosegretariato prima di diventare ministro. Inoltre, il ruolo del Primo Ministro è
diventato, come visto in precedenza, sempre più rilevante nel processo di selezione dei
propri collaboratori, rendendo più diretta la delega Presidente del Consiglio- ministro
della Repubblica.
La presentazione del dataset, oggetto della prossima sezione, servirà anche ad
evidenziare alcuni dei cambiamenti già messi in luce (Verzichelli 2009) prendendo in
considerazione anche i governi successivi al Prodi II, che hanno affrontato la recente fase
di crisi economica, e il periodo di ulteriore destrutturazione del sistema partitico iniziato
con le elezioni del 2013. In questo modo sarà possibile evidenziare meglio le eventuali
inversioni di rotta rispetto alle modalità di selezione del personale governativo successivo
alla Prima Repubblica oppure confermare i trend già evidenziati nel primo quindicennio
della Seconda Repubblica.
3. Uno sguardo alla struttura della base dati SeDePE
L'archivio SeDePE-Italia contiene informazioni sulle caratteristiche socio-politiche e
sulle traiettorie individuali di carriera dei ministri, viceministri e sottosegretari presenti nei
banchi del governo tra il 1976 ed il 20171. La struttura del dataset si compone di tre
principali sezioni:
a) Informazioni “istituzionali” su Governo, Ufficio ed incarico governativo;
b) informazioni “individuali” circa la personalità, la carriera professionale e le
attività di ciascun membro del governo;
c) informazioni “politiche” relative alle esperienze politiche (istituzionali e
partitiche) che il governante ha ricoperto negli anni.
Le informazioni contenute nell’archivio e l’ampiezza dell’arco temporale considerato
consentono di analizzare in modo dettagliato la trasformazione dei governanti attraverso
case studies approfonditi sui cambiamenti dei loro percorsi di carriera e analisi cross-section su
1 Al momento della chiusura di questo articolo si sta procedendo al completamento dei dati relativi al terzo governo della XVII legislatura (Gentiloni).
Circap Occas iona l Paper s
12
ampi gruppi di individui. Inoltre, inserendosi questa base dati in un progetto
internazionale, i dati consentiranno di intraprendere studi comparati estensivi su questo
fondamentale segmento di classe politica2.
Le informazioni “istituzionali” riguardano, in primo luogo, il tipo di governo di cui il
singolo ministro può fare parte (V.04): governi di maggioranza monocolore, governi di
minoranza mono-partitici e di coalizione, coalizioni minimum winning oppure oversized,
governi tecnici e governi di transizione. In secondo luogo, per quanto invece concerne le
caratteristiche dell’officio, SeDePE classifica i settori di policy (V11) standardizzandoli
attraverso una griglia predeterminata, le eventuali peculiarità di una delega in funzione
dell’aggregazione in un solo incarico di differenti aree di policy (V10, V12, V13).
Rispetto all’incarico governativo, l’archivio SeDePE contiene informazioni circa il
nome dell’incaricato (V05) e la posizione ministeriale (V09). Viene poi presa in
considerazione la durata del mandato, codificando sia la data d’ingresso (V07) che la data
di uscita (V08) dall’incarico ministeriale. Le variabili relative alle motivazioni
dell’abbandono dell’incarico (V14, V15, V16) permettono di specificare se l’uscita dal
gabinetto è stata causata da fattori collettivi o sistemici (es. caduta del Governo) oppure
individuali (es. scandalo finanziario).
Le informazioni sui caratteri individuali di ciascun governante considerano il genere
(V17), la data di nascita (V18), l’eventuale data di morte (V19), il luogo di nascita (V20,
V21), il grado di istruzione raggiunto (V22), il campo di studi universitari (V23),
l’università frequentata (V22), la principale occupazione prima dell’incarico governativo
(V25) e l’eventuale expertise che l’incaricato possiede nelle materie di cui va ad occuparsi
(V44). Sono state inoltre raccolte informazioni riguardanti la famiglia dell’individuo quali
l’eventuale presenza all’interno di governi precedenti dei relativi più prossimi (V28), lo
stato civile al momento dell’incarico (V29) ed il numero di eventuali figli (V30).
Successivamente alla codifica delle informazioni istituzionali e individuali si è
proceduto alla raccolta di quelle informazioni che abbiamo denominato “politiche”. Il
dataset raccoglie a questo proposito informazioni sull’affiliazione del governante ad
organizzazioni politico/economiche/sociali (V27), la membership in un partito e la più alta
posizione ricoperta all’interno di quest’ultimo prima dell’incarico (V33). Sono stati
considerati inoltre gli incarichi ricoperti istituzionalmente a livello locale (V34), regionale
2 I dati su cui si basa questo contributo sono stati costruiti sulla base del libro codice discusso nel network SeDePE, che si ripromette di procedere alla raccolta di dati strutturati e comparabili in numerosi regimi democratici. Il codebook completo del dataset è disponibile su www.sedepe.net.
SELEZIONE E CARRIERA DEI GOVERNANTI ITALIANI
13
(V35), parlamentare (V36, V37) ed europeo (V38), ponendo attenzione a differenziare in
funzione del ruolo ricoperto nelle diverse arene istituzionali, e quindi separando elezione
nell’arena legislativa esecutiva e l’incarico collegiale o monocratico. Rispetto agli eventuali
incarichi istituzionali regionali, nazionali ed europei, vengono inserite nell’archivio anche
informazioni riguardanti la durata complessiva di tali incarichi (V40 – V43).
Come vedremo, tali variabili sono adatte ai fini di uno studio delle carriere politiche
attraverso metodologie quali la sequence analysis. L’ultima variabile presente, l’incarico
ricoperto dopo la fine del mandato governativo (V45) è utile, in particolare, a
comprendere la stabilità strutturale e quindi l’effettiva persistenza di una superélite sul
modello di quella trattata da Calise e Mannheimer (1982).
In ultima analisi, le potenzialità di questo archivio consentono di disegnare uno
studio aggiornato ed innovativo sulle caratteristiche dei governanti italiani durante un
lungo arco temporale. Se considerate assieme al patrimonio di dati raccolte presso il
CIRCaP nei decenni precedenti, tali informazioni permettono di sviluppare progetti di
ricerca ancora più ambiziosi, per esempio una comparazione sistematica delle
trasformazioni nei profili della classe politica di governo e parlamentare.
5. Alcune evidenze empiriche
Veniamo ad una prima esplorazione dei dati oggi presenti nell’archivio SeDePE-
Italia. È utile partire dalle evidenze emerse nei lavori del passato, illustrandole attraverso
dati aggiornati. L’indagine che segue muove dunque una finalità confermativa, per
cercare di individuare eventuali collegamenti tra i mutamenti occorsi nella configurazione
del personale di governo e le ampie proposizioni sopra congetturate.
Le prime evidenze empiriche che riportiamo sono relative alla numerosità della
popolazione dei governanti. Come la tabella 1 illustra, il numero di cariche e il numero
assoluto di membri del governo relativi alla fase post-1994 è oggi tale da permettere un
confronto sistematico con la classe di governo della prima repubblica3. È tuttavia necessario
considerare gli elementi di discontinuità emersi nel periodo più recente, come la presenza
di due regimi elettorali diversi (il misto-maggioritario della fase 1994-2001 e il misto-
proporzionale a partire dal 2006), l'alternanza tra coalizioni di centro-destra e centro-
sinistra, il ricorso ai ministeri tecnici (Dini e Monti, mentre il governo semi-tecnico retto
da Ciampi nel 1993 è stato qui considerato nel primo periodo che si esaurisce con la XI
3 I dati dell’archivio SeDePE-Italia permettono in realtà soltanto la comparazione tra i governanti nominati a partire dalla VII legislatura (Governo Andreotti III). Per la fase precedente sono disponbili soltanto i dati CIRCaP sui ministri.
Circap Occas iona l Paper s
14
legislatura) e poi i governi di coalizione costruiti nella XVII legislatura dal Partito
Democratico con l’ausilio di componenti centriste e provenienti dal Centro-destra.
[TABELLA 1 CIRCA QUI]
La tabella offre una buona sintesi della diversa “struttura di opportunità”
rappresentanza dal percorso di selezione ministeriale negli ultimi decenni: agli elementi
già ricordati (rafforzamento della posizione di Presidente del Consiglio e del core executive
al cospetto dei ministri periferici) va aggiunta la diminuzione complessiva delle spoglie
disponibili, parzialmente bilanciata dall’introduzione della figura del vice-ministro che ha
dato un ulteriore effetto di segmentazione a questo gruppo di elite. Anche la continuità al
governo è diminuita, non solo in virtù della sopravvenuta alternanza tra coalizioni
avverse. In realtà, a dispetto dell’insistenza nella candidatura dei due premier della
stagione della seconda repubblica (Berlusconi e Prodi) la circolazione ministeriale è
cresciuta, elemento che rafforza l’ipotesi di un minor rilievo complessivo della carriera
ministeriale rispetto al ruolo di un ristretto novero di decisori.
Alcune delle dinamiche di trasformazione relative ai caratteri del personale di
governo meritano un approfondimento. In alcuni casi dovremo forse parlare di mancato
cambiamento: il turnover più marcato giunto dopo gli anni novanta non ha, per esempio,
inciso in modo drastico sull'età media, che sembra abbassarsi in modo evidente soltanto
con gli ultimi due esecutivi considerati, dopo lo shock elettorale del 2013, riassestandosi
per altro con l’avvento del governo Gentiloni che rappresenta sostanzialmente la
fotocopia del precedente, invecchiato di due anni e privato del giovane precedente premier
(Figura 1).
[FIGURA 1 CIRCA QUI]
Più in dettaglio, l’età media dei governanti ha mostrato una leggera seppur continua
crescita a partire dal governo Andreotti IV, passando da un livello poco superiore ai 53
anni nel periodo 1976-1992 ad una media di quasi 55 nel periodo 1994-2011.
Evidentemente, l’arrivo al governo di nuovi tipi di aspiranti ministro, il “tecnocrate” o il
“tecno-politico” inserito in diversi tipi di esecutivo, comporta elementi di difformità
evidenti, talvolta incentrati sull’improvviso invecchiamento dei governanti. Ad esempio,
se il governo Andreotti III, se composto in larga misura da rodati incumbents della politica
SELEZIONE E CARRIERA DEI GOVERNANTI ITALIANI
15
mostrava nel 1976 una media di 49,7 anni, il governo di Monti (2011), formato da una
totalità di esordienti, è invece il più anziano della serie, con una media vicina ai 60 anni.
La Figura 1 riporta anche l'interessante elemento della distanza anagrafica tra i due
sottogruppi dei membri del gabinetto in senso stretto e circuito più ampio dei governanti
(includente viceministri e sottosegretari). Tale distanza si è ridotta sensibilmente dopo il
1994, passando da un valore di circa 4,5 anni nel periodo 1976-1992 ad un valore non
superiore a 1,5 anni dell'ultimo ventennio. Come vedremo, la causa di tale cambiamento
può essere la trasformazione delle modalità di socializzazione politica e cooptazione delle
élite politiche (Verzichelli 2010). Infatti, se durante la prima parte della storia
repubblicana gli incarichi minori all’interno del governo erano un passaggio prodromico
alla carriera governativa dei politici italiani (Dogan 1989), a seguito dello shock del
periodo 1992-1994 si è assistito ad una inversione di tendenza: le cariche governative
minori non costituiscono necessariamente il punto di approdo nell’elite governativa, ma
possono invece essere appannaggio di politici già in carriera, giunti relativamente tardi al
governo, oppure anche di ex ministri che “circolano” all’interno dell’élite governativa.
Si è fatto spesso riferimento a due ulteriori aspetti del profilo sociografico dell'elite
in grado di dimostrare un qualche mutamento rispetto al passato: la rappresentanza di
genere e l'origine occupazionale dei governanti. Come sottolineato altrove (Verzichelli
2009), l’Italia non aveva visto negli ultimi decenni del XX secolo una crescita della
presenza femminile nei governi simile a quella verificatasi in altri paesi europei. Eppure,
nel periodo post-1994 è visibile un certo incremento (Figura 2).
[FIGURA 2 CIRCA QUI]
Il reclutamento femminile è infatti più che triplicato rispetto al periodo pre-1994,
passando da una media del 3% al 13.5% nei due decenni successivi. Nonostante il
“soffitto di cristallo” sia ancora ben presente ai vertici della politica italiana, è evidente
che negli ultimi anni la questione di genere ha acquistato un qualche rilievo nel
reclutamento ministeriale.
Per quanto attiene all’esperienza professionale che i membri degli esecutivi hanno
ricoperto prima della nomina governativa, i dati permettono di individuare quattro
principali background professionali della classe di governo dal 1976 ad oggi:
professionista partitico, settore privato (dipendente e imprenditore), dipendente pubblico
e, infine, sindacale. Nonostante l'elevata variabilità non riveli il predominio di un
Circap Occas iona l Paper s
16
background occupazionale, è possibile riscontrare nella serie storica della classe di governo
una stabile rilevanza dei background occupazionali del settore pubblico (in particolare, le
esperienze nella scuola, nell’accademia e manageriali nella dirigenza) e in quello privato
rispetto a carriere più squisitamente politiche. Infatti, se la carriera sindacale e nelle
organizzazioni non governative ha costituito una esperienza professionale antecedente
all’incarico ministeriale solo per circa il 5% dei membri dei governi, anche il background
puramente professionale-partitico non ha rappresento una cifra così rilevante dei
governanti italiani pre-1994, confermando la natura mista del professionismo politico
democristiano (Cotta 1979) rispetto ai partiti della sinistra, a lungo esclusi dalla sfera
dell’esecutivo. Osservando però la composizione dei governi di centro-sinistra della
Seconda Repubblica, pur nel sostanziale abbassamento dell’impatto delle variabili relative
alla socializzazione partitica, si può riscontrare una presenza più elevata di funzionari di
partito, in qualche misura frutto dell’arrivo nella sfera ministeriale di politici provenienti
dalla galassia post-comunista. Il background professionale-partitico è giunto infatti ad un
livello pari al 20% nel totale delle nomine nell’esecutivo.
[FIGURA 3 CIRCA QUI]
Questa analisi sui connotati socio-occupazionali dei governanti è tutt'altro che
esaustiva. Tuttavia, è già possibile evidenziare alcune direttrici di trasformazione, forse
inferiori alle aspettative di un modello alternativo di democrazia rappresentativa, ma non
certo irrilevanti sul piano dell'adattamento nella catena delle deleghe che connota il
parlamentarismo. Si tratta infatti di mutamenti collegati al minore rilievo del governo di
partito e ad una maggiore segmentazione tra i ruoli, che comporta il distacco di alcuni core
ministers ad alta visibilità, legati a filo doppio agli attori principali in campo, in primo
luogo il premier. Queste variazioni, in altre parole, potrebbero rafforzare gli assunti tipici
nella tesi dell'avvento di una democrazia del pubblico (Manin 1997) oppure di quella fondata
sulla presidenzializzazione delle democrazie parlamentari (Poguntke e Webb). Le variabili
inserite nella terza sezione dell'archivio SeDePE-Italia, contenente informazioni sulla
carriera politica dei ministri, sono in grado di segnalare i mutamenti di lungo periodo
nella circolazione del personale governativo, verificando più approfonditamente tali
congetture. Un primo fattore da indagare al riguardo, connesso ad un elemento ritenuto
centrale nelle modalità tradizionali di carriera in Italia (Calise e Mannheimer 1982, Dogan
1989), è l’assunto secondo il quale la compagine ministeriale venisse prevalentemente
SELEZIONE E CARRIERA DEI GOVERNANTI ITALIANI
17
selezionata tra i membri del parlamento, così da rendere la precedente elezione in una
delle due camere parlamentare quasi una conditio sine qua non per l’ingresso nell’arena
governativa.
Un qualche allontanamento dal modello originario era emerso con il reclutamento di
alcuni tecnici fin dagli anni settanta, e poi nell’ambito di gabinetti caratterizzati da un
mandato limitato come il governo Fanfani VI nel 1987 o lo stesso governo semi-tecnico
di Ciampi nel 1993. A vent’anni di distanza dalle prime elezioni svoltesi con il
Mattarellum, si può invece illustrare quella che sembra effettivamente essere stata, nel
periodo post-1994, una vera inversione di tendenza. Ai governi tecnici di emergenza e ai
tecnocrati che affiancano in modo stabile i leader politici, con compiti anche rilevanti
(Verzichelli e Cotta 2017), si aggiungono anche politici non transitati attraverso la fase
parlamentare della carriera, e reclutati direttamente dal livello regionale o dalla posizione
di sindaco di grande città. Anche gli ultimi governi insediatisi successivamente al governo
tecnico di Monti tendono a confermare tale scostamento rispetto al periodo precedente.
Complessivamente, il valore medio dei governanti facenti parte di una delle due camere al
momento della loro entrata nel governo si è abbassato, rispetto al periodo 1976-1993, di
circa il 30% (Figura 4). Tale cambiamento è ancora più interessante se collegato al
sostanziale rinnovamento della classe parlamentare avvenuto a metà anni Novanta
(Verzichelli 1998) e acquista ulteriore rilevanza esplicativa se consideriamo non solo le
dinamiche interpartitiche ma anche il processo di personalizzazione, che ha visto
nell’avvento dal 1994 di leader di governo in qualche misura “scelti” dall’elettorato un
evento determinante nella trasformazione della politica italiana4.
[FIGURA 4 CIRCA QUI]
Il passaggio da una selezione incentrata sull’iter politico-istituzionale ad una struttura
di opportunità più ampia e personalizzata può essere approfondito guardando ai caratteri
alternativi che i governanti portano al cospetto del classico background partitico-
parlamentare. Nell’archivio SeDePE non vi è una variabile specifica che identifichi la
“tecnicità” dei ministri, ma è possibile identificare come tecnici tutti i casi che soddisfano
due precise condizioni: totale mancanza di esperienza in istituzioni rappresentative
precedentemente alla nomina governativa e assenza di affiliazione partitica. Considerare
4 Per maggiore chiarezza, nella figura non sono stati inclusi i due governi puramente tecnici insediatasi durante l’arco di tempo considerato (governi Ciampi e Monti). Entrambi presentano un tasso di presenza tecnica al governo superiore al 95%.
Circap Occas iona l Paper s
18
tali condizioni permette di escludere alcune possibili distorsioni pure presenti in talune
analisi, che equivalgono alla figura dei “quasi tecnici” - personalità affiliate ad un partito
che però non hanno ricoperto incarichi istituzionali, o che sono usciti dalla vita
istituzionale.
Inoltre, poiché non tutti i ministeri hanno la stessa rilevanza pubblica, mediatica e
politica, abbiamo provveduto ad codificare in un’ulteriore variabile coloro che siedono in
cinque dei più rilevanti uffici governativi. Ciò consente un confronto tra il tasso di
tecnicità del governo in generale e dei core ministers, per capire se e quanto il primo
ministro tenda a delegare a personalità indipendenti i compiti considerati più delicati
all’interno del governo. Seguendo lo studio di Warwick e Druckman (2001) abbiamo così
categorizzato come salienti la presidenza del consiglio dei ministri, i ministeri
“economici” (ministeri delle finanze, bilancio e del tesoro, oggi integrati, e ministero del
lavoro), il ministero degli interni, il ministero degli esteri ed il ministero della giustizia.
[FIGURA 5 CIRCA QUI]
A differenza dell’expertise parlamentare della compagine ministeriale, in merito alla
tecnicità dei ministeri è possibile riscontrare una sensibile differenza nella collocazione
delle deleghe da parte dei presidenti del consiglio della Prima e della Seconda Repubblica.
Infatti, escludendo i governi tecnici insediatisi dagli anni Novanta, dopo la fine della
prima Repubblica si riscontra una crescita rilevante della presenta di tecnici al governo
rispetto al periodo pre-1994. Il tasso di tecnicità passa così da una media del 1,5% della
Prima Repubblica ad una del 7% nel post-1994. Se consideriamo esclusivamente i
ministeri che abbiamo definito salienti, la differenza è ancor più marcata. Dunque, negli
ultimi vent’anni la probabilità che i detentori delle deleghe ministeriali siano dei tecnici è
salita, soprattutto in relazione alle spoglie di governo più centrali.
Un secondo aspetto, tradizionalmente rimarchevole, da verificare rispetto alle
carriere dei governanti italiani è la circolazione della “superélite ministeriale”, ovvero quei
governanti in grado di persistere in posizioni di vertice per un lungo periodo dando
continuità all’azione esecutiva. La time series riportata nella Figura 6 conferma la
diminuzione del rinnovo del mandato governativo, oltre che un elevato aumento di
variabilità dei valori in seguito all’inizio della stagione dell’alternanza, evidenziando la
maggiore propensione oggi mostrata dai alcuni governanti a scalare l’inner circle
ministeriale senza proporsi prima come sottosegretari o ministri. Questo dato è
SELEZIONE E CARRIERA DEI GOVERNANTI ITALIANI
19
ulteriormente corroborato dal confronto tra la presenza continuativa dei sottosegretari e
dei ministri nei due periodi: fino al governo Andreotti VII (1991), i membri dell’esecutivo
che più facilmente mantenevano il proprio ruolo risultavano essere i ministri, mentre dal
1992 ad oggi le figure governative con più probabilità di conferma sono i sottosegretari
in attesa di una promozione che difficilmente li vedrà selezionati per un incarico
ministeriale subito dopo il mandato. Tra le cause di questo fenomeno non si può
escludere la maggiore libertà di party switching ingeneratasi nel sistema partitico fluido degli
ultimi anni, che favorisce l’adozione di strategie individuali office-seeking, tra le quali si può
annoverare la riconferma in governi con natura e sostegno politico diversi. La
formazione del governo Gentiloni, che riproduce (con la rimarchevole eccezione
dell’uscita del premier) l’antica pratica della riconferma ministeriale (in questo caso quasi
un governo fotocopia, come fu il secondo governo Spadolini nei primi anni ottanta) segna
tuttavia un nuovo punto di ritorno a quel processo di reclutamento incrementale tipico
dei gabinetti composti in corso di legislatura e senza variazioni rilevanti nella coalizione.
[FIGURA 6 CIRCA QUI]
Gli aspetti che abbiamo richiamato in questa analisi descrittiva permettono di
identificare una sensibile evoluzione delle caratteristiche dei governanti, oltre che
ipotizzare qualche cambiamento delle modalità di accesso alla élite governativa. Rispetto
alle consuetudini del secondo dopoguerra, sostanzialmente rispettate nel periodo 1976-
1993, la fase storica recente mostra tassi di variazione delle variabili prese in
considerazione tali da spingerci ad ipotizzare cambiamenti rilevanti nella struttura dei
pattern di carriera dei governanti italiani. Naturalmente, al fine di indagare simili processi
di mutazione è necessaria un’analisi più approfondita, in grado di permettere una
comparazione diacronica delle tipologie più frequenti di carriera. In questa prima
esplorazione dei dati, proponiamo di avvicinarci ad uno studio interpretativo attraverso
l’applicazione di metodologie utilizzate solo di recente nelle scienze sociali. A questa
finalità è dedicata la prossima sezione.
4. Una nuova prospettiva per lo studio delle carriere di governo: la sequence
analysis
Oltre alla descrizione di dati aggregati, l’archivio SeDePE-Italia ci permette di
effettuare due ulteriori analisi. In primo luogo, un’analisi delle carriere di ogni singolo
Circap Occas iona l Paper s
20
governante. Grazie all’utilizzo di specifiche tecniche statistiche, è possibile controllare
l’influenza della variabile temporale e di altre variabili ad essa collegate, spesso non tenute
in considerazione nelle scienze sociali, mostrando la ripetitività di determinate sequenze.
In secondo luogo, la struttura del dataset ci permette di considerare un individuo come
un’unica osservazione (prendendo in esame tutta la sua carriera) o invece come
osservazioni differenti (analizzando ogni nomina di una data personalità). Dunque,
questo archivio permette di applicare allo studio delle carriere politiche, oltre alle tecniche
di analisi utilizzate più fequentemente, anche le metodologie statistiche provenienti dal
settore medico/biologico, applicate più recentemente allo studio di fenomeni sociali. Tra
queste, focalizziamo qui l’attenzione su sequence analysis e optimal matching.
La Sequence analysis è una metodologia di analisi statistica utile a studiare i dati che
rappresentano una traiettoria. Nello specifico, tale tecnica studia una serie di stati o eventi
che definiscono un percorso individuale, considerando come unità una sequenza di dati
(ovvero di stati di diverse variabili) piuttosto che un intero stocasticamente generato da
un punto dopo l’altro (Abbott e Tsay 2000; Abbott e Macindoe 2004).
Se lo studio delle carriere politiche attraverso analisi multivariate su ciascun periodo
𝑡0 permette di rispondere alla domanda “chi sono i governanti?”, la sequence analysis
aggiunge informazioni utili per rispondere alla successiva domanda: “Come sono giunti a
ricoprire tale carica?”, prendendo in considerazione non solo i passaggi della carriera
politica attraverso i quali tali governanti sono giunti all’ufficio ministeriale, bensì anche la
dimensione temporale che ha caratterizzato tale percorso, fattore che spesso viene
ignorato.
La sequence analysis è, dunque, una metodologia utile per studiare in maniera
sistematica ed approfondita una popolazione di percorsi individuali e può essere utilizzata
per perseguire svariati obiettivi. In primo luogo, essa è utile per descrivere e
rappresentare le traiettorie degli individui che compongono la popolazione studiata, al
fine di individuare un trend o un modello generale di comportamento all’interno della
popolazione considerata.
Secondo, la Sequence analysis è utile per comparare e classificare le differenti tipologie
di comportamento riscontrabili nella matrice di dati raccolti. L’utilizzo di specifici
algoritmi di valutazione permette infatti di studiare le differenze presenti tra due o più
modelli di comportamento rilevati all’interno dei dati, così da comprendere quanto due
categorie di individui sono differenti, oltre che identificare le categorie più simili tra loro.
SELEZIONE E CARRIERA DEI GOVERNANTI ITALIANI
21
Una terza possibile utilità della sequence analysis è nella ricerca di specifici modelli
comportamentali esistenti corrispondenti alle tipologie predominanti all’interno della
popolazione indagata. L’identificazione di specifici pattern di comportamento diviene un
fattore centrale per lo studio dei cambiamenti di modelli di riferimento durante uno
specifico periodo. Infatti, in un arco temporale sufficientemente ampio – e data
l’esistenza di molteplici modelli dominanti in differenti periodi 𝑡𝑛 – diviene possibile
comprendere in quale momento e attraverso quali modalità si assistite alla sostituzione di
un modello dominante con un altro.
Il quarto obiettivo che l’utilizzo della sequence analysis può porsi è la ricerca di
spiegazioni causali per la definizione dei cluster dei modelli di comportamento rilevati.
Tale obiettivo può essere perseguito focalizzando sia i fattori ambientali e di contesto in
grado di modificare il comportamento degli attori, sia i cluster di comportamento
considerati come le variabili indipendenti in grado di spiegare le caratteristiche degli
individui.
Uno degli algoritmi che più spesso viene utilizzato contestualmente alla sequence
analysis per comprendere le differenze tra le diverse traiettorie seguite dai singoli
individui, per effettuare analisi di cluster e di regressione e per indagare le cause dei
principali modelli di comportamento è l’Optimal Matching Algorithm (Abbott 2001; Abbott
e Forrest 1986). Tale algoritmo identifica similarità tra i molteplici percorsi individuali
calcolando la distanza tra le singole traiettorie e scegliendo l’allineamento che comporta il
minor costo di inserimento, cancellazione e sostituzione necessari affinché le due
traiettorie risultino uguali (Mc Vicar Anyadike-Danes 2002).
Infatti, dati i diversi stati di ciascun individuo in ciascun periodo di tempo, l’Optimal
Matching Algorithm associa a ciascuna coppia di traiettorie un valore (indice di dissimilarità)
uguale alla somma di tutte le differenze tra le due sequenze (Blanchard et al. 2014). Viene
poi calcolato il costo da sostenere per ottenere due traiettorie identiche per ciascuna delle
operazioni possibili (inserimento, cancellazione e sostituzione). Infine, viene selezionata
la modalità più economica, per diminuire le differenze presenti tra le diverse traiettorie
individuali.
Il risultato ottenuto per ciascuna coppia di traiettorie possibili all’interno del dataset
viene così inserita all’interno di una matrice 𝑚×𝑚 avente per dimensioni tutte le possibili
traiettorie, per elementi la minore dissimilarità e per diagonale 0, in quanto identiche
sequenze hanno dissimilarità nulla. Definita la matrice delle distanze, sarà infine possibile
Circap Occas iona l Paper s
22
procedere con un’analisi dei cluster ed evidenziare così distinti modelli di comportamento
ed, eventualmente, anche indagare possibili relazioni causali.
L’applicazione di una simile metodologia di analisi ai dati dell’archivio SeDePE-Italia
permette di contribuire ad una innovazione radicale nello studio delle carriere politiche
italiane. Tale metodologia ci mette infatti in grado di identificare i differenti pattern di
carriera presenti lungo l’arco della storia repubblicana, parametrizzando un numero
elevato di variabili presenti nel dataset. Inoltre, essa rende possibile una valutazione delle
differenze presenti tra i percorsi precedenti all’incarico ministeriale che i governanti
italiani dei vari periodi storici considerati hanno effettuato.
Una simile comparazione diacronica può essere molto utile per comprendere
l’influenza di alcuni fattori strutturali ed esogeni rispetto alle carriere individuali. Sarebbe
così possibile individuare quali delle principali trasformazioni ambientali ha
maggiormente condizionato una trasformazione dei pattern di carriera dei governanti
italiani. Si pensi, ad esempio, al processo già citato di personalizzazione e
presidenzializzazione della politica, agli shock sistemico-partitici ed elettorali che ha
attraversato il sistema politico italiano (Cotta e Isernia 1996) ed alla diminuzione della
distanza politica tra i principali partiti presenti sullo schieramento politico (Budge et al.
2006).
L’utilizzo della Sequence Analysis e dell’Optimal Matching Algorithm facilita inoltre
l’approfondimento dei casi devianti rispetto ai pattern di carriera istituzionalizzati durante
gli anni, al fine di indagare l’effettiva tenuta dei cluster. In questo senso, la diffusione dei
ministri tecnici in governi “politici”, come abbiamo visto un fattore di distinzione
rilevante tra la Prima e la Seconda Repubblica, rappresenta un puzzle particolarmente
interessante da investigare utilizzando questo approccio.
In sostanza, l’applicazione della Sequence Analysis e dell’Optimal Matching Algorithm
rappresenta una innovazione considerevole nello studio delle élite politiche. I risultati
ottenuti da ricerche nel campo sociologico (Salamela-Aro et all 2011; Abbott e Hrycak
1990), incoraggiano un esercizio come il nostro, e ci spingono a cercare un qualche
valore aggiunto applicando detti metodi allo studio del caso italiano. Di nuovo, si tratta di
un esercizio esplorativo: il vero passaggio verso una più robusta conoscenza delle
dinamiche di carriera ministeriale si potrà avere quando lo studio avrà raggiunto una più
completa dimensione di comparazione diacronica e/o cross-country.
Torniamo allora ai dati, con una prima applicazione esplorativa di sequence analysis sui
pattern di carriera dei governanti italiani nell’ultimo quarantennio repubblicano. Come
SELEZIONE E CARRIERA DEI GOVERNANTI ITALIANI
23
sottolineato in precedenza, uno dei vantaggi principali dell’applicazione di tale tecnica è la
possibilità di identificare specifici pattern di carriera e considerare come uniche
osservazioni i singoli percorsi individuali. Tuttavia, prima di procedere allo studio dei
percorsi individuali dei governanti, è utile prendere in considerazione l’aggregato dei dati
a nostra disposizione.
[FIGURA 7 CIRCA QUI]
La figura 7 presenta l’evoluzione delle distribuzioni delle principali cariche politiche
nelle carriere dei governanti italiani a partire dal 1976, distinguendo tra i ministri e
sottosegretari che hanno prestato servizio nella Prima Repubblica e quelli che lo hanno
fatto dopo il 1994. Questo permette di comprendere, con un primo sguardo d’insieme,
sia i principali pattern di carriera che la rilevanza di ciascuna carica della classe di governo
repubblicana. Ciò ci mette in grado di apprezzare visivamente la magnitudine del
cambiamento nei percorsi di carriera ministeriale imposto al sistema politico italiano a
partire dal 1994.
Se, da un lato, il cronogramma evidenzia come il cursus honorum della classe
governativa post-1994 sia iniziato (per molti) con esperienze istituzionali della prima
repubblica, d’altro lato esso fotografa nitidamente come, in gran parte, la classe di
governo della Prima Repubblica abbia completamente abbandonato l’impegno politico
nazionale, e non solo per sopravanzati limiti di età. Infatti, considerando l’incidenza della
quota di ministri deceduti nella figura, si rileva come l’uscita dalla scena pubblica della più
gran parte dei ministri della prima repubblica non può essere attribuito a fattori naturali.
Facendo un passo avanti, riportiamo in Tabella 2 una analisi descrittiva delle carriere
dei governanti italiani basata sulla sequence analysis: i governanti della Prima Repubblica
evidenziano un numero maggiore di elementi di carriera all’interno dell’inner circle (ovvero
il numero delle singole cariche ricoperte, senza tenere in considerazione il tempo
trascorso all’interno di ciascun ufficio). Le possibili cariche che definiscono la presenza o
meno all’interno dell’inner circle sono tutte quelle, governative o legislative, che uno stesso
individuo può ricoprire all’intero dell’arena politica nazionale.
Osservare una carriera attraverso gli elementi di cui essa si compone consente di
evidenziare la variazione nella numerosità delle cariche che ha connotato il personale di
governo nei due periodi in esame. La Tabella evidenzia infatti una maggiore propensione
dei membri degli esecutivi della Prima Repubblica a vivere una carriera formata da
Circap Occas iona l Paper s
24
numerosi incarichi rilevanti a livello nazionale: se più del 50% delle carriere nel periodo
1994-2017 si compone di uno o due elementi (evidenziando quindi la rilevanza di carriere
di breve durata), più del 65% dei governanti della Prima Repubblica mostra invece tre o
più assunzioni di carica a livello nazionale, sia a livello parlamentare che governativo. Un
simile dato è certamente influenzato dalla minore durata dei governi della Prima
Repubblica rispetto alla Seconda. Difatti, nonostante le due popolazioni si equivalgano, il
ricircolo all’interno dell’inner circle durante la Prima Repubblica è maggiore rispetto al
periodo post-1994. Tuttavia, anche considerando questo elemento, la porosità dell’inner
circle nel periodo più recente rimane evidente.
A conferma, la tabella rileva come tra coloro che hanno avuto fino a cinque
esperienze al livello nazionale, i governanti della Prima Repubblica hanno trascorso più
tempo all’interno delle istituzioni rispetto a quelli del periodo 1994-2017. Considerando
l’intera carriera dei governanti italiani tra il 1976 ed il 20135 e prendendo in
considerazione solo quelli che hanno avuto al massimo cinque incarichi politici a livello
nazionale, i governanti che hanno prestato servizio all’interno del governo
esclusivamente durante la Prima Repubblica hanno trascorso mediamente il 39% della
loro carriera all’interno dell’inner circle, mentre quelli che hanno proseguito od intrapreso
la loro carriera governativa durante la Seconda Repubblica hanno avuto incarichi politici
di livello nazionale per il 19% della loro carriera.
Contrariamente a quanto osservato in precedenza, per quanto riguarda i governanti
con una presenza all’interno dell’inner circle maggiore di cinque elementi, coloro che
hanno avuto incarichi anche dopo il 1994 hanno trascorso, in media, molto tempo
all’interno del panorama politico nazionale (49% della carriera) avvicinandosi al dato
analogo relativo alla Prima Repubblica (56%). Vi è dunque un elemento di continuità nel
pattern di circolazione interna all’agone politico nazionale in una porzione significativa
dei governanti anche se, dopo il 1994, questa componente tende a ridursi e non è
necessariamente legata alle cariche centrali di governo.
[TABELLA 2 CIRCA QUI]
Osservate le distribuzioni aggregate utili a differenziare le carriere dei governanti
italiani, è ora possibile considerare l’intero percorso di carriera di questi ultimi,
5 In particolare, per rendere la misura di permanenza il più affidabile possibile, sono stati eliminati dal computo del tasso di permanenza all’interno dell’inner circle gli elementi categorizzati come ‘troppo giovane’ e ‘deceduto’.
SELEZIONE E CARRIERA DEI GOVERNANTI ITALIANI
25
sviluppando una prima analisi attraverso l’utilizzo della sequence analysis. Come già detto,
tale tecnica offre la possibilità di organizzare le sequenze in funzione di un criterio di
massima similarità, dopo aver definito la matrice dei costi ed applicato l’optimal matching
algorithm.
Abbiamo quindi definito quattro principali cluster tra tutte le carriere dei governanti,
così da essere in grado di osservare graficamente tali carriere secondo uno specifico
ordine. Le carriere dei governanti italiani vengono così rappresentate attraverso un
indexplot, ovvero una rappresentazione delle unità sequenziali che procede iteramente,
dividendo le diverse sequenze in modo da creare categorie sempre più omogenee e
distinte dalle altre (Monticelli 2014).
Per quanto riguarda la Prima Repubblica, è possibile riscontrare una elevata
continuità nel pattern di carriera per un’ampia parte degli individui considerati. Infatti, la
parte superiore della Figura 8 evidenza come la maggior parte dei governanti della Prima
Repubblica abbia sviluppato una sequenza di carriera incentrata sull’ingresso in uno dei
due rami del parlamento, su di una successiva permanenza nelle aule parlamentari per
almeno la durata di alcuni governi e poi l’approdo ad una carica governativa nei banchi
del governo. Da sottolineare, però, che la frequenza del passaggio attraverso la posizione
di sottosegretario non sembra essere così rilevante già nella prima fase analizzata:
soltanto in un decimo dei casi si osserva infatti un passaggio diretto tra la nomina a
sottosegretario e quella a ministro. In questo senso, vi è una certa somiglianza il periodo
post-1994, anche se la percentuale decresce ulteriormente: nel periodo post-1994 solo il
6,78 % dei ministri mostrano la sequenza sottosegretario-ministro.
[FIGURA 8 CIRCA QUI]
Se i due cluster rilevati tra carriere individuali della Prima Repubblica (rappresentati
nella parte superiore di Figura 8) rendono evidente una struttura di carriera simile e
prevedibile in un’ampia parte degli individui considerati, dopo il 1994 i percorsi
individuali si fanno più frammentati e meno omogenei. Infatti, detenere un ufficio di
governo appare sempre di più come un evento temporalmente limitato e non come il
punto di arrivo di una carriera che ha visto come passaggio (quasi) obbligato l’elezione in
Parlamento. Ricordiamo al proposito che solamente il 49,7% dei governanti nominati
dopo il 1994 mostra incarichi parlamentari prima di giungere al Governo, mentre nella
fase precedente tale percentuale era giunta al 75,2%.
Circap Occas iona l Paper s
26
Inoltre, la Figura 8 mostra inoltre che, per ampia parte dei governanti italiani del
periodo post-1994, l’esperienza ministeriale non è l’ultima esperienza politica a livello
nazionale prima dall’uscita dall’interno dell’inner circle, bensì un passaggio in grado di
rafforzare ulteriormente la propria credibilità politica e aumentare la possibilità di
rimanere all’interno dell’elite nazionale come deputato o senatore. L’approdo ad una
carica ministeriale si trasforma così in un trampolino di lancio per lo sviluppo ed il
rafforzamento ulteriore della carriera all’interno dell’inner circle. Nonostante il ruolo
propulsivo dell’esperienza governativa, la parte inferiore della Figura rivela come la
carriera di ampia parte dei membri dei governi nell’ultimo scorcio storico risulti
particolarmente frammentata, come mostra l’inesistenza di un chiaro pattern di carriera e
l’assenza di linearità evolutiva. Infatti, contrariamente alla già osservata prevedibilità di
comportamento durante il primo quarantennio della storia repubblicana, le sequenze
individuali dei governanti post-1994evidenziano l’impossibilità dei governanti italiani di
progettare e perseguire carriere unicamente unidirezionali, ed il venir meno della
sequenza tipica: ‘elezione in parlamento / nomina a sottosegretario / promozione a
ministro’. Se l’impossibilità di una continua permanenza all’interno della sfera governativa
è chiaramente influenzata dalla sopraggiunta alternanza al governo tra più schieramenti
politici, si può anche osservare una frequente interruzione delle sequenze a seguito di
incarichi al di fuori dell’arena politica nazionale. Questo è un elemento che permette di
sottolineare come la permanenza all’interno dell’inner circle non sia più una conditio sine qua
non per il mantenimento di un elevato livello di influenza politica. Tale frammentarietà
può essere determinata da differenti fattori, e sarebbe erroneo associarla esclusivamente
ad un ritorno alle occupazioni precedenti o, più in generale, ad una fuoriuscita dalla sfera
politica. Infatti, l’aumento di rilevanza delle cariche monocratiche locali (sindaco,
presidente di regione) e delle cariche a livello europeo possono aver rappresentato
elementi rilevanti nella costruzione di carriere ‘in/out inner circle’.
Un terzo fattore degno di nota è la differenza tra i percorsi di carriera seguiti da
coloro che hanno iniziato la loro carriera dopo il 1994 e coloro che invece già durante la
Prima Repubblica avevano ricoperto incarichi a livello nazionale. Se si prendono in
considerazione le carriere dei secondi, infatti, si può riscontrare come esse appaiano, per
struttura, simili a quelle dei governanti che avevano ricoperto incarichi governativi nei
primi decenni della repubblica.
Dopo aver osservato le differenti sequenze di carriere tra la Prima Repubblica ed il
ventennio successivo, al fine di comprendere appieno se tali carriere siano cambiate
SELEZIONE E CARRIERA DEI GOVERNANTI ITALIANI
27
profondamente è importante evidenziare ulteriori ed eventuali differenze anche nelle
modalità con cui sono terminate le carriere individuali dei governanti tra i due periodi
storici. A questo proposito, si è proceduto ad adattare il data set SeDePE focalizzando
l’ultimo incarico governativo di ciascun membro della classe di governo.
Quanto emerge dalla prima analisi su quello che potremmo denominare il “paradiso”
degli ex governanti (tabella 3) appare in linea con quanto già osservato sulle sequenze
individuali, sebbene le differenze in questo caso non appaiano così marcate. Infatti, la
stragrande maggioranza (90% per la Prima Repubblica e 75% per il periodo successivo)
dei governanti ha proseguito la propria carriera all’interno delle istituzioni politiche
nazionali. Allo stesso tempo sono triplicati, passando dal 3% al 10%, i membri del
governo che, terminato il loro mandato esecutivo, non sono stati eletti o nominati per
nuovi incarichi politici e sono invece approdati a diversi tipi di cariche pubbliche (2,3%
per la Prima Repubblica e 7,2% per la Seconda) o private (0,7% per la Prima Repubblica
e 2,8% per la Seconda).
[TABELLA 3 CIRCA QUI]
Come già osservato, la lunghezza della carriera all’interno dell’inner circle aveva
rappresentato, da un lato, un fattore discriminante tra i periodi pre- e post-1994 e,
dall’altro, un aspetto rilevante nel processo di identificazione dei vari cluster di carriera. Di
conseguenza, al fine di comprendere più a fondo l’esistenza di una relazione tra le
caratteristiche delle carriere ed il posizionamento alla fine dell’incarico di governo,
consideriamo la lunghezza della carriera ministeriale come variabile interveniente. In
primo luogo, all’aumentare della lunghezza della carriera all’interno dell’inner circle,
aumenta la probabilità di persistenza all’interno delle arene politiche nazionali. Tuttavia,
la percentuale di governanti che prosegue la propria carriera all’interno delle arene
nazionali è sensibilmente maggiore nella Prima Repubblica. Una ulteriore evidenza è la
sostanziale inversione di tendenza rispetto alla possibilità di proseguire la carriera
individuale all’interno di istituzioni politiche subnazionali e sopranazionali: se difatti
durante la Prima Repubblica tale fattispecie era prerogativa dei membri del governo con
brevi esperienze all’interno dell’inner circle, dopo il 1994 si osserva una relazione positiva
tra durata della presenza nell’inner circle e possibilità di proseguire la propria carriera in
istituzioni locali o sopranazionali. Fattore che peraltro avevamo già ipotizzato in
precedenza commentando la frammentarietà delle carriere governative nella seconda
Circap Occas iona l Paper s
28
repubblica. L’ultimo aspetto da sottolineare è relativa alla percentuale di membri della
classe di governo che continuano la propria carriera nel settore pubblico o privato, che
dopo il 1994 è sensibilmente aumentata.
5. Conclusioni
In sintesi, una sensibile differenza emerge tra i governanti della Prima Repubblica e
quelli dell’ultimo scorcio storico, sia in merito alla struttura della loro carriera che
riguardo alla prospettiva posizione occupata successivamente all’esperienza governativa.
Tuttavia si tratta di una differenza che risente della natura multidimensionale del
fenomeno “carriere politiche”, e che sicuramente si lega allo stato magmatico del sistema
di opportunità generato dalle mille incertezze che ancora pendono sul sistema politico
italiano. La formazione alla fine del 2017 del gabinetto Gentiloni, costruito sulla quasi
totale conferma di una squadra precedente, ma al netto della fuoriuscita del suo leader, è
forse la migliore immagine per raccontare l’incertezza che in questi tempi aleggia sui
delicati meccanismi del sistema politico: elementi necessari di innovazione si mescolano a
soluzioni largamente ispirate dalla tradizione, senza che nuovi pattern di carriera riescano
ad affermarsi.
Le prime evidenze che derivano dall’ analisi descrittiva sostenuta in questo articolo
mostrano le elevate potenzialità del dataset SeDePE sui governanti italiani, e rappresenta
un primo passo per lo sviluppo di ulteriori domande di ricerca a cui è possibile
rispondere attraverso l’utilizzo dell’analisi delle sequenze.
La struttura delle carriere all’interno dell’inner circle sembra essere oggi intrecciata, in
modo diverso rispetto al passato, con alcune caratteristiche del personale e con le stesse
traiettorie seguite dai vari membri della classe di governo. L’appartenenza a specifiche
organizzazioni partitiche muta, mentre il milieu partitico perde importanza. Inoltre, altre
caratteristiche personali come l’expertise tecnica ed il legame personale con il principal sono
divenuti elementi evidenti nella stratificazione delle carriere ministeriali.
Infine, la maggiore complessità dei pattern di carriera in uscita sembra dovuta alla
più accentuata capacità di de-selezione da parte dei principali, ma anche ai dis-incentivi
selettivi che spingono gli esponenti della classe di governo verso altri lidi, in particolari il
governo delle regioni e delle città. Ma, come abbiamo visto, non possiamo neppure
escludere che una più generale situazione di minore appeal della navigazione all’interno
della carriera ministeriale, senza un vero obbiettivo come policy maker o esponente
dell’inner circle, si sia verificata anche in Italia.
SELEZIONE E CARRIERA DEI GOVERNANTI ITALIANI
29
L’analisi esplorativa mostra dunque che le ipotesi di mutamento dei percorsi di
selezione e carriera dei governanti costruite su personalizzazione, presidenzializzazione e
impatto della natura multilivello del sistema politico debbono essere perfezionate e
rafforzate. E che la combinazione di tecniche descrittive ed esplicative come l’analisi delle
sequenze può tornare molto utile in questo lavoro, contando su serie di dati
sufficientemente dettagliate e strutturate in modo adeguato.
Circap Occas iona l Paper s
30
Riferimenti bibliografici
Abbott, A., & Forrest, J. (1986). Optimal Matching Methods for Historical Sequences.
Journal of Interdisciplinary History , 16 (3), 471-494.
Abbott, A., & Hrycak, A. (1990 ). Measuring Resemblance in Sequence Data: An
Optimal Matching Analysis of Musicians' Careers. American Journal of Sociology , 96
(1), 144-185 .
Abbott, A., & Macindoe, H. (2004). Sequence Analysis and Optimal Matching
Techniques for Social Science Data. In M. A. Hardy, & A. Bryman (A cura di),
Handbook of Data Analysis. London: Sage.
Abbott, A., & Tsay, A. (2000). Sequence Analysis and Optimal Matching Methods in
Sociology. Sociological Methods & Research , 29 (1), 3-33.
Amoretti, U. (2002), Da Andreotti a Berlusconi: la rappresentatività territoriale dei governi italiani,
1976-2001. In Rivista italiana di scienza politica, Vol. 32 (2), pp. 269-304
Andeweg, R., & Nijzink, L. (1995). Beyond the two-body image: Relations between
ministers and MPs. In H. Doring (A cura di), Parliaments and Majority rule in Western
Europe (p. 152-179). Campus: Mannheim Centre for European Studies.
Bartolini, S., & D'Alimonte, R. (A cura di). (1995). Maggioritario ma non troppo. Le elezioni
politiche del 1994, la campagna elettorale, l'offerta politica, il voto: un'analisi dettagliata per
comprendere l'evoluzione del sistema politico in Italia. Bologna: Il Mulino.
Berlinski, S., Dewan, T., & Dowding, K. (2012). Accounting fot Minister. Scandal and Survival
in British Government, 1945-2007. Cambridge: Cambridge University Press.
Blanchard, P., Bühlmann, F., & Gauthier, J.-A. (2014). Advances in Sequence Analysis:
Theory, Method, Applications. London: Springer.
Blondel, J. (1991). Cabinet Government and Cabinet Ministers. In J. Blondel, & J.-L.
Thiébault (a cura di), The profession of government minister in Western Europe. London:
Macmillan.
Blondel, J. e J.L. Thiebault (a cura di) (2010), Parties and Citizens. The personalization of
leadership, London, Routledge.
Buchanan, J. M., & Tullock, G. (1962). The Calculus of Consent. Logical Foundations of
Constitutional Democracy. Ann Arbor: Michighan University PRess.
Budge, I. et al (2006). Mapping Policy Preferences II: Estimates for Parties, Governments & Electors
in the OECD, EU and Central and Eastern Europe 1990-2003. Oxford: Oxford
University Press.
Calise, M., & Mannheimer, R. (1982). Governanti in Italia. Un Trentennio Repubblicano (1946-
1976). Bologna: Il Mulino.
Clarke, H. D., Sanders, D., Stewart, M. C., & Whiteley, P. (2004). Political Choice in Britain.
Oxford: Oxford University Press.
SELEZIONE E CARRIERA DEI GOVERNANTI ITALIANI
31
Costa Pinto, A. M. Cotta e P. Tavares de Almeida (2017), Non partisan ministers in European
governments, in pubblicazione.
Cotta, M. (1996). La Crisi del Governo di Partito all'Italiana. In M. Cotta, & P. Isernia, Il
Gigante dai Piedi d'Argilla. Le Ragioni della Crisi della Prima Repubblica: Partiti dagli Anni
'80 a Mani Pulite (p. 11-52). Bologna: Il Mulino.
Cotta, M., & Isernia, P. (1996). Il Gigante dai Piedi d'Argilla. Le Ragioni della Crisi della Prima
Repubblica: Partiti dagli Anni '80 a Mani Pulite. Bologna: Il Mulino.
Cotta, M. e F. Marangoni (2015), Il governo, Bologna, Il Mulino.
Cotta, M. (1979), Parlamento e Classe politica in Italia, Bologna, Il Mulino.
Cotta, M. e F. Marangoni (2015), Il Governo, Bologna, Il Mulino.
De Sio, L. (2010). Competizione e spazio politico. Bologna: Il Mulino.
de Winter, L. (1991). Parliamentary and party pathways to the cabinet. In J. Blondel, & J.-
L. Thiebault (A cura di), The profession of government minister in Western Europe.
London: Macmillan.
Dogan, M. (1979). How to Became a Cabinet Minister in France. Career Pathways, 1870-
1978. Comparative Politics (4), 1-25.
Dogan, M. (1989). Pathways to Power: Selecting Rulers in Pluralist Democracies. London:
Westview PRess.
Dowding, K., & Dumont, P. (A cura di). (2008). The Selection of Ministers in Europe: Hiring
and firing. London: Routledge.
Downs, A. (1957). An economic theory of democracy.
Duverger, M. (1951). Les parties politiques. Paris: Libraire Armand Colin.
Gamson, W. (1961). A Theory of Coalition Formation. American Sociological Review , 26,
587-601.
Garzia, D. (2014). Personalization of Politics and Electoral Change. Basingstoke: Palgrave
Macmillan.
Golder, S. N. (2006). The logic of pre-electoral coalition formation. Columbus: Ohio University
Press.
Groseclose, T. (2001). A Model of Candidate Location When One Candidate Has a
Valence Advantage. American Journal of Political Science (4), 862-886.
Hallerberg, M. e J. Wehner (2012), The Educational Competence of Economic
Policymakers in the EU, Global Policy, n. 3, pp. 9-15.
Karvonen, L. (2010). The Personalisation of Politics. A Study of Parliamentary Democracies.
Colchester: ECPR Press.
Klingemann, H.-D., Volkens, A., Bara, J., Budge, I., & McDonald, M. D. (2006). Mapping
Policy Preferences II: Estimates for Parties Governments & Electorsin the OECD, EU and
Central and Eastern Europe 1990-2003. Oxford: Oxford University Press.
Circap Occas iona l Paper s
32
Laver, M., & Shepsle, K. A. (1996). Making and breaking governments: Cabinets and legislatures
in parliamentary democracies. New York: Cambridge University Press.
Manin, B. (1997). The principles of representative government. New York : Cambridge
University Press.
McVicar, D., & Anyadike-Danes, M. (2002). Predicting successful and unsuccessful
transitions from school to work using sequence methods. Journal of the Royal
Statistical Society. Series A: Statistics in Society , 165 (2), 317-334.
Mershon, C. (2001). Party factions and coalition government: portfolio allocation in
Italian Christian Democracy. Electoral Studies , 20 (4), 555-580.
Monticelli, L. (2014). Scalatori o prigionieri del mercato del lavoro? Uno studio sulle traiettorie
occupazionali dei giovani laureati italiani. Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Brescia.
Panebianco, A. (1982). Modelli di Partito. Organizzazione e Potere nei Partiti Politici. Bologna: Il
Mulino.
Pilet, I.B., F. Tronconi, P. Onate, L. Verzichelli (2014), Career patterns in multilevel systems,
in: K. Deschaouwer e S. Depaw (a cura di), Representing the People A Survey Among
Members of Statewide and Substate Parliaments, Oxford, Oxford University Press, pp.
209 - 226
Poguntke, T., & Webb, P. (2005). The Presidentialization of Politics. Oxford: Oxford
University Press.
Putnam, R. D. (1976). The comparative study of political élites. Englewood Cliffs: Prentice-
Hall.
Salmela-Aro, K., Kiuru, N., Nurmi, J.-E., & Eerola, M. (2011). Mapping pathways to
adulthood among Finnish university students: Sequences, patterns, variations in
family- and work-related roles . Advances in Life Course Research , 16, 25-41.
Sartori, G. (1971). Proporzionalismo, frazionismo e crisi dei partiti. Rivista Italiana di
Scienza Politica , 1 (3), 629-656.
Sartori, G. (1976). Party and Party System. A Framework for analysis. Cambridge: Cambridge
University Press.
Stolz, K. (2009). Towards a regional political class? Professional politicians and regional institutions
in Catalonia and Scotland Manchester: Manchester University Press.
Stokes, D. E. (1963). Spatial Models of Party Competition. The Americal Political Science
Review , 57 (2), 368-377.
Stokes, D. E. (1992). Valence Politics. In D. Kavanagh (A cura di), Electoral Politics.
Oxford: Clarendon Press.
Strøm, K. (2000). Delegation and Accountability in Parliamentary Democracies. European
Journal of Political Research , 37 (3), 216-289.
SELEZIONE E CARRIERA DEI GOVERNANTI ITALIANI
33
Strøm, K. (2003). Pariamentary Democracy and Delegation. In K. Strøm, W. C. Muller,
& T. Bergman (A cura di), Delegation and Accountability in Parliamentary Democracy.
Oxford: Oxford University Press.
Thomassen, J. (2005). The european voter. Oxford : Oxford University Press.
Tirole, J. (1996). A Theory of Collective Reputation . The Review of Economic Studies , 63
(1), 1-22.
Thies, M. (2001), Keeping tabs on partners. The logic of delegation in coalition government. In
American Journal of Political Science, Vol. 45, n. 3, pp. 580-598.
Verzichelli, L. (1998), Parliamentary elites and the Italian transition, in “European Journal of
Political Research”, Vol. 34, pp.121-150.
Verzichelli, L. (2002). Da un ceto politico all’altro. Il mutamento nel personale legislativo
italiano (1992-2001). In R. D'Alimonte, & S. BArtolini (A cura di), Maggioritario
finalmente?, (p. 319-362). Bologna: il Mulino.
Verzichelli, L. (2008), Portfolio allocation, in K. Strøm, W. Müller e T. Bergman (a cura di),
Cabinets and Coalition Bargaining: The Democratic Life Cycle in Western Europe, Oxford,
Oxford University Press, pp. 237-268.
Verzichelli, L. (2009). Italy: the difficult road towards a more effective process of
ministerial selection . In K. Dowding, & P. Dumont (A cura di), The Selection of
Ministers in Europe. Hiring and firing (p. 79-101). New York: Routledge.
Verzichelli, L. (2010). Vivere di Politica. Come (non) cambiano le carriere politiche in Italia.
Bologna: Il Mulino.
Verzichelli, L. e M. Cotta (2017), Italy: Shades of technocracy. In Costa Pinto, Cotta e Tavares
de Almeida (2017).
Warwick, P. V., & Druckman, J. N. (2001). Portfolio Salience and the Proportionality of
Payoffs in Coalition Governments. British Journal of Political Science , 31 (4), 627-649.
CIRCaP Occas iona l Paper s
34
Appendice
Tabella 1. Posizioni ministeriali incluse nell’archivio SeDePE-Italia (1976-2017)
1976-1994 1994-2017 Tot.
Posizioni di Ministro 530 356 886 Posizioni di Vice-Ministro 62 62
Posizioni di Sottosegretario 986 742 1728
Numero di governi 18 14 32
N totale di Ministri nominati 141 195 336
N medio ministeri disponibili (inizio di ogni governo)
21,3 16,8 19,3
N medio ministri (inizio di ogni governo)
27,5 22,9 25,5
N medio componenti governo (inizio di ogni governo)
79,9 73,0 76,9
SELEZIONE E CARRIERA DEI GOVERNANTI ITALIANI
35
Figura 1. Età media dei governi, ministri e sottosegretari (1976-2017)
CIRCaP Occas iona l Paper s
36
Figura 2. Presenza femminile nei governi (1976-2017)
SELEZIONE E CARRIERA DEI GOVERNANTI ITALIANI
37
Figura 3. Esperienza professionale precedente alla nomina governativa (1976-2017)
CIRCaP Occas iona l Paper s
38
Figura 4. Provenienza parlamentare dei membri dell’esecutivo (1976-2017)
.45
.55
.65
.75
.85
.95
pro
porz
ion
e p
resenza
And
reot
ti3
And
reot
ti4
And
reot
ti5
Cos
siga
1
Cos
siga
2
Forla
ni
Spa
dolin
i1
Spa
dolin
i2
Fanfa
ni5
Cra
xi1
Cra
xi2
Fanfa
ni6
Gor
ia
DeM
ita
And
reot
ti6
And
reot
ti7
Am
ato1
Cia
mpi
Ber
lusc
oni1
Din
i
Pro
di1
D’A
lem
a1
D’A
lem
a2
Am
ato2
Ber
lusc
oni2
Ber
lusc
oni3
Pro
di2
Ber
lusc
oni4
Mon
ti1
Letta
1
Ren
zi1
Gen
tilon
i
governi tecnici parlamentari eletti
già parlamentari
SELEZIONE E CARRIERA DEI GOVERNANTI ITALIANI
39
Figura 5. Tasso di presenza di tecnici al governo (1976-2017)
CIRCaP Occas iona l Paper s
40
Figura 6. Tasso di rinnovo di sottosegretari e ministri (1976-2017)
SELEZIONE E CARRIERA DEI GOVERNANTI ITALIANI
41
Figura 7. Cronogramma delle carriere dei governanti (1976 – 1993, 1994 – 2017)
CIRCaP Occas iona l Paper s
42
Tabella 2. Numero elementi di carriera e tasso permanenza in inner circle (1976-2017)
1976-1994 1994-2017
1 elemento 12.50 36.83
% carriera in inner circle 7.01 7.59
2 elementi 22.22 24.19
% carriera in inner circle 34.51 19.94
3 elementi 38.66 24.81
% carriera in inner circle 48.49 32.06
4 elementi 11.35 6.47
% carriera in inner circle 52.37 34.33
5 elementi 6.72 4.47
% carriera in inner circle 52.55 44.41
6 elementi 1.62 2.00
% carriera in inner circle 59.99 50.84
7 elementi 2.31 0.62
% carriera in inner circle 64.68 60.93
8 elementi 0.93 /
% carriera in inner circle 66.88 /
9 elementi 0.46 0.62
% carriera in inner circle 56.25 69.95
10 elementi 0.23 /
% carriera in inner circle 71.87 /
N 432 649
SELEZIONE E CARRIERA DEI GOVERNANTI ITALIANI
43
Figura 8. Indexplot delle carriere dei governanti (1976 – 2017)
CIRCaP Occas iona l Paper s
44
Tabella 3. Posizione dopo ultimo incarico ministeriale (1976-2017)
1976-1994
Lunghezza carriera 1/5 5/10 10/15 15/20 20/35 25/30
Politica livello nazionale 79.43 88.89 97.32 94.26 95 100 Politica sub/sopra-nazionale 2.84 1.08 0.34
Partito/ org. internazionale 0.71
0.44 Settore Pubblico 9.93 1.63 0.34 0.88 Settore Privato
0.54
0.66 5
Ritirato/Altro 7.09 7.86 2.01 3.75
1994-2017
Lunghezza carriera 1/5 5/10 10/15 15/20 20/35 25/30
Politica livello nazionale 59.6 85.97 87.13 88.24 85.71 100 Politica sub/sopra-nazionale 2.49 0.6 1.49 2.94 2.38
Partito/ org. internazionale 1.75 0.9 0.99 1.96 2.38 Settore Pubblico 10.47 4.48 3.96 1.96 2.38 Settore Privato 4.99 1.19 0.99 0.98
Ritirato/Altro 20.7 6.87 5.45 3.92 7.14
CIRCaP Occasional Papers
Seconda Serie/Second Series
La collana dei CIRCaP Occasional Papers costituisce uno strumento per la diffusione della ricerca svolta dai membri del centro o presentata nei seminari organizzati presso lo stesso, o anche dei lavori sottoposti autonomamente alla redazione, che abbiano rilevanza per le linee e per i progetti di ricerca
perseguiti presso il CIRCaP.
La nuova serie, lanciata nel 2017, prosegue idealmente il percorso degli Occasional papers pubblicati dal CIRCaP tra il 1999 e il 2011. Come la serie precedente, questa nuova collana è disponibile on-line
presso il sito del CIRCaP (www.circap.org )
Le proposte per la pubblicazione degli Occasional Papers sono sottoposte a una procedura di revisione anonima. La redazione vaglia le proposte e le sottopone, nel caso esse risultino rilevanti per gli scopi
della collana, a uno o più lettori anonimi.
_______________________
The CIRCaP Occasional Papers series is an instrument for the dissemination of research conducted at the centre. Moreover, the series will host the papers discussed during the seminars held at the centre, or
those submitted autonomously to the editorial team, which are relevant to the research projects pursued at CIRCaP.
The new series, launched in 2017, ideally resumes the tradition of the Occasional papers published by CIRCaP between 1999 and 2011. Accordingly, works published under this series will also be available
on-line at the CIRCaP website (www.circap.org).
The papers submitted to the CIRCaP Occasional Papers series will be peer-reviewed. The editorial team examines the submissions and, in case they fit the editorial line of the series, they will be
forwarded for evaluation to one more anonymous reviewers.
Redazione/Editorial Team (2017-2019)
Francesco Marangoni
Francesco Olmastroni
Federico Russo
Luca Verzichelli
Le proposte devono essere inviate a / Proposals must be sent to: [email protected]