+ All Categories
Home > Documents > Norbert von Prellwitz (ed.), ANTOLOGIA complementare del ... Prellwitz_Norbert_Antologia... · 1...

Norbert von Prellwitz (ed.), ANTOLOGIA complementare del ... Prellwitz_Norbert_Antologia... · 1...

Date post: 12-Mar-2020
Category:
Upload: others
View: 6 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
36
1 Norbert von Prellwitz (ed.), ANTOLOGIA complementare del Modulo La poesia di García Lorca nel suo contesto letterarioa.a. 2015-16 schemi di analisi (si veda comunque la bibliografia metodologica) analisi: non è questione di classificare, ma di spiegare le funzioni nel singolo testo; in particolare l’incremento di significato attraverso elementi della composizione testuale che + caratteristica del testo poetico rispetto alla prosa. Il testo poetico in realtà non è parafrasabile se non per una sintesi di comodo; ma il testo poetico NON “dice praticamente che” ma spesso sviluppa un topos letterario, o combina più topoi, in un certo modo: in questo consiste l’originalità e la bravura del singolo poeta. 1) modello sintetico (base per l’esplicitazione di funzioni compositive e per l’interpretazione finale: Antonio Machado, «Tarde tranquila, casi» Tarde tranquila, casi con placidez de alma, para ser joven, para haberlo sido cuando Dios quiso, para tener algunas alegrías… lejos, y poder dulcemente recordarlas. (Soledades, LXXIV) 1 4 |6> A-e_I-a_____A-i [vocali con ictus e gruppi di assonanza; cf. i versi pari] 4 6 || [de | alma] E-e____A-a [iato obbligato x metrica corretta] 1 4 |6 8 10 A-a _O-e___A-a_E-o_I-o 1 34 |6> A-o_O-i_I-o_A-a 2 4 8 10|| E-a_U-a_ I-a_E-o 34 6 10||| E-U-e_____E-e____A-a tarde tranquila placidez - para - para - para - poder algunas alegrías schema sintattico [S: sost., Agg: aggettivo; V: Verbo; Avv.: avverbio; N: nome S+Agg | casi> xxxxx xxxx [segmenti] con S-de-S| xxxxxxx [unico verso senza segmentazione] para Vinf Agg| para Vinf-pas xxxxx xxxxxx
Transcript

1

Norbert von Prellwitz (ed.), ANTOLOGIA complementare del Modulo

“La poesia di García Lorca nel suo contesto letterario”

a.a. 2015-16

schemi di analisi (si veda comunque la bibliografia metodologica)

analisi: non è questione di classificare, ma di spiegare le funzioni nel singolo testo; in particolare

l’incremento di significato attraverso elementi della composizione testuale che + caratteristica del testo

poetico rispetto alla prosa.

Il testo poetico in realtà non è parafrasabile se non per una sintesi di comodo; ma il testo poetico NON

“dice praticamente che” ma spesso sviluppa un topos letterario, o combina più topoi, in un certo modo: in

questo consiste l’originalità e la bravura del singolo poeta.

1) modello sintetico (base per l’esplicitazione di funzioni compositive e per l’interpretazione finale:

Antonio Machado, «Tarde tranquila, casi»

Tarde tranquila, casi

con placidez de alma,

para ser joven, para haberlo sido

cuando Dios quiso, para

tener algunas alegrías… lejos,

y poder dulcemente recordarlas.

(Soledades, LXXIV)

1 4 |6> A-e_I-a_____A-i [vocali con ictus e gruppi di assonanza; cf. i versi pari]

4 6 || [de | alma] E-e____A-a [iato obbligato x metrica corretta]

1 4 |6 8 10 A-a _O-e___A-a_E-o_I-o

1 34 |6> A-o_O-i_I-o_A-a

2 4 8 10|| E-a_U-a_ I-a_E-o

34 6 10||| E-U-e_____E-e____A-a

tarde tranquila

placidez - para - para - para - poder

algunas alegrías

schema sintattico [S: sost., Agg: aggettivo; V: Verbo; Avv.: avverbio; N: nome

S+Agg | casi> xxxxx xxxx [segmenti]

con S-de-S| xxxxxxx [unico verso senza segmentazione]

para Vinf Agg| para Vinf-pas xxxxx xxxxxx

2

cuando N Vpas| para > xxxxx xx

Vinf Agg+S… Avv-loc xxxxxxxxx xx

TARDE tranquila

casi con PLACIDEZ

de ALMA

para SER

JOVEN para haberlo SIDO

cuando DIOS [unico agente esplicito]

QUISO

para TENER

Algunas [cf casi]

ALEGRÍAS LEJOS [per posiz. CASI : LEJOS]

& PODER [cf. il modale TENER; inoltre PODER : PARA potenziale : scopo]

DULCEMENTE RECORDAR

- LAS

TARDE . JOVEN : CUANDO: QUISO . LEJOS . RECORDAR- : paradigma del tempo

TARDE: lemma-simbolo in Machado : tempo lineare del giorno : tempo della vita dell'uomo

TRANQUILA . PLACIDEZ: DULCEMENTE: paradigma della quiete interiore; connotazione

positiva; eventuale rapporto con dinamismo JOVEN - ALEGRÍAS

ALEGRÍAS : unico oggetto nel testo; limitato dal quantificatore ALGUNAS; cf CASI

Rapporto implicito JOVEN [passato] - ALEGRÍAS

DIOS (+ quiso): destinatore meta-fisico dell'oggetto del desiderio

Verbi all'infinito: modalità del soggetto: essere > avere / potere

RECORDAR: passato nel presente cf. verbi al passato

2) modello sintetico

Juan Ramón Jiménez, Sonetos espirituales

OCTUBRE

3

1. Estaba echado yo en la tierra, enfrente

2. del infinito campo de Castilla,

3. que el otoño envolvía en la amarilla

4. dulzura de su claro sol poniente.

5. Lento el arado, paralelamente

6. abría el haza oscura, y la sencilla

7. mano abierta dejaba la semilla

8. en su entraña partida honradamente.

9. Pensé arrancarme el corazón y echarlo,

10. pleno de su sentir alto y profundo,

11. al ancho surco del terruño tierno;

12. a ver si con romperlo y con sembrarlo

13. la primavera le mostraba al mundo

14. el árbol puro del amor eterno.

***********************************************

SCHEMA DEGLI ICTUS METRICI

1. oAo_Ao___Oo___ Eo_ __Eo > 5 accenti tutti su posizioni pari (modello basico dell’endecasillabo

2. oìoIo_ ____Ao____ ___ooIo || asse dominante in 6a

3. ooOo_ ___oIo___ _____ooIo > idem; enjambement

4. oUo____ooAo___Oo____oEo || idem, 1° quartina composta con 2 coppie semantiche di versi

5. Eo_oAo__Ao____Eo____Eo > 8

6. oIa__ao__Uo________ooIo>

7. Ao_Eo__oAo________ooIo >

8. ooAo____oIo____Ao___Eo || 8*

_____________________________________

9. oEo_oAe_____ooOo___Ao > 4_8

10. Eo_____oooI-----Ao___oUo []> 6+7

11. oAo_Uo_____ooUo____Eo || 4_8

4

12. oEo_____ooEo_____ooAo >

13. oìoEo________ooAo__Uo > 4_8

14. oAo_Uo______ooOo__Eo || 4_8

*************************************************

OCTUBRE

• EstAba echAdo yO en la tiErra, enfrEnte

• del infinIto cAmpo de CastIlla,

• que el otOño envolvIa en la amarIlla

• dulzUra de su clAro sOl poniEnte.

Primo verso 5 ictus (ritmo rallentato e regolare)

simmetria di vocali in ictus: A-A-O-E-E (rilievo a YO)

spezzatura forte tra preposizione e nucleo del complemento: enfrente / del infinito ecc.

2° verso: diversa simmetria, solo 3 ictus, I-A-I > rapporto semantico infinIto : CastIlla

serie fonico-semantica allitterante. estaba echado - en … - enfrente - envolvía en ….

serie fonico-semantica per assonanza + rima: Castilla - envolvía - amarilla (rapporto intrinseco

suggerito da rima Castilla - amarilla)

rilievo di DULZURA, unico ictus in U, oltre a separazione per spezzatura da AMARILLA

serie allitterazione + assonanza: campo -Castilla – claro

ecc. ( si può continuare per le altre strofe)

schema di temi fonici:

estAba echAdo yO en la tyErra, enfrEnte

del infinIto campo de CastIlla,

que el otOño enbolbÍa en la amarÍlla

dulzÚra de su clAro sOl poniEnte.

da proseguire.

Schema sintattico - semantico:

Estaba echado

YO en la TIERRA,

5

enfrente

del infinito CAMPO+de+Castilla,

que

el OTOÑO

envolvía en la amarilla

DULZURA

de su claro SOL poniente.

Lento

el ARADO,

paralelamente

abría el HAZA oscura,

abría el HAZA oscura,

y la sencilla

MANO abierta

dejaba la SEMILLA

en su ENTRAÑA

partida honradamente.

Pensé arrancar [YO] ME

el CORAZON

y echarlo,

pleno

de su SENTIR alto y profundo,

al ancho SURCO

del TERRUÑO tierno;

a ver

si con romper lo

y con sembrar lo

la PRIMAVERA le

6

mostraba al MUNDO

el ARBOL puro

del AMOR eterno

Estaba echado yo en la tierra || enfrente>

Vimp. [narraz.][spazio: modalità del soggetto][orizzontale][quiete]

Soggetto[enfasi: io][Uomo]

Luogo [natura][orizzontale][elemento: Terra]

Luogo> [posizione percettiva] [opposizione spaziale io-natura]

del infinito campo de Castilla ||

Specif. modif. [spazio] - Natura [vs uomo] [Terra] - specif. [nome connotato]

que el otoño envolvía en la amarilla>

deittico-oggetto [Natura - Terra]

soggetto [tempo- ciclo Natura] -[implicito ciclo vita]

modificatore [cromatismo tipico - connotazione sospesa]

il rapporto di rima crea rapporto Castilla : amarilla

[eventuale implicazione storico-critica]

dulzura de su claro sol poniente.||

modificatore [sensazione euforica d. soggetto] [connota amarilla]

specif. modif. [percez. ottico-cromatica] [implicazione positiva]

Natura [opposizione vs Terra: elemento Fuoco]

modificatore + azione [ciclo del giorno][spazio: verticalità alto>basso]

implicito rapporto con ciclo dell'anno [octubre] e ciclo della vita [Uomo]

dulzura modifica con connotazione soggettiva positiva la connotazione

abituale dell'immagine "tramonto"

Lento el arado, paralelamente>

modificatore: modalità dinamica vs estaba echado

soggetto: artificio [Uomo] [intervento su Natura]

modificatore spaziale [implicito: "infinito campo"] [artificio]

7

abría el haza oscura, y la sencilla>

azione [intervento dell'uomo sulla Natura]

modificatore [haza variante di Terra; oscura vs claro: non-luce vs luce]

modificatore [giudizio semplicità vs complessità; uomo "naturale"]

mano abierta dejaba la semilla>

sineddoche per Uomo; strumento

modificatore; paradigma abría - abierta [apertura vs chiusura:

rapporto Uomo - Natura] [implicito rapporto tra sencilla - abierta]

azione: fecondazione: ciclo della vita - ciclo della Natura

en su entraña partida honradamente.

spazialità [fuori - dentro] [personificazione Natura

>< sessualità nel rapporto Uomo - Natura]

modificatore: completa il paradigma "uomo naturale"

[implicita liceità del rapporto fecondativo]

Pensé arrancarme el corazón y echarlo, >

Pensé: azione: progetto interiore [implicita: volontà];

identificazione del soggetto percipiente con il contadino osservato;

analogia con azione "semina" . cuore = seme

corazón: connotazioni simboliche culturali; sede del sentimento

rapporto pensiero - sentimento [rapporto amore - generazione]

curioso rapporto (casuale?) tra estaba echado ed echarlo [asse dentro > fuori]

(quiete vs gesto dinamico cf violenza implicita in arrancarme

: gesto di autopenetrazione)

pleno de su sentir alto y profundo, >

modificatore: spazio dell'interiorità: ricchezza / pregnanza

asse verticale continuo [vs movimento sol]

8

Juan Ramín Jiménez, Cielo (1916) [si veda il testo oltre]

Verso libero, ma non troppo:

vv. 1 e 2: 7 + 4 = endecasillabo scisso in due segmenti;

v. 3: 9: misura tra le compatibili con l’endecasillabo: 5, 7, 9

v. 5: finale di sezione: endecasillabo normale, accenti in 4°, 6°, 10°.

2° sezion, introdotta da Y: v. 6 ancora un endecasillabo sesso schema del v. precedente

v. 7: il più lungo: 11 + 4

v. 8: endecasillabo con ictus in 3°, 6°, 10°

v. 9: endecasillabo; bisogna applicare lo iato de de | agua

il verso 6 si può leggere come endecasillabo se si divide parecí-as

ultima sezione: separata (presente vs passato precedente)

v. 10: 9; lentamente ha due ictus, come ttti gli avverbi in –mente

lv. 11: endecasillabo: accenti in 3°, 6°, 10°

v. 3 e 11: finali in antitesi: sin nombre – tu nombre

simile il nesso complementare olvidado (v. 1) mirado (v. 10) (cfr. anche olvidado – vago; vago . cansados)

vv. 7 e 9: legati da assonanza finale è-o (se la considerassimo una strofa, avrebbe il sistema derivato dal

romance: assonanza nelle sedi pari

altra assonanza tra finale della sezione 1. Indolentes e lentamente: è-e; nesso sematico rafforzato

inoltre: cielo anticipa l’assonanza é-o

cfr. l’assonanza in posizioni variabili tra calabra desesperanzadas (ictus su 10° per entrambe), agya

sistemi allitteranti (solo fonemi iniziali!):

vago, visto, viajero, visto (/b-/ in spagnolo)

palabra / perezosas (+ deses-peranzadas) paisaje: tutto nella seconda sezione

si veda il rapporto tra io e tu testuali nella 1° sezione. Te – mis (cansados ojos)

te – te – tu + [yo] the he mirado: antesi tra inizio e fine del componimento: trasformazione avvenuta

si delinea nel contrasto tra universo esterno (visto – sin nombre) e l’universo interno (mirado – nombre),

che include il sogno e la libertà dinamica vs apatia ed indolenza

9

Juan Ramón Jiménez, “Nocturno” [si veda il testo oltre]

Testo 112 che conlude il libro Diario de un poeta recién casado = Diario de poeta y mar, 1916)

1° v.: alessandrino (7 + 7) ; bisogna applicare iato tra raudo a / un

v. 3 ancora 7 + 7, v. 4: 7, v, 5: 11, v. 6: 7, v, 8: 7, v, 9: 9; v. 11: 7; v. 11. 11; v. 12: 11 applicandoo uato tra de |

él, ma più probabile 10, a formare coppia con la misura 10 dell’ultimo verso; così nell’ultima sezione la

dicotomia cuero vs alma è sottolineata dalla differenza del tipo metrico.

Si tenga conto della verticalità dell’asta del palo che collega il piano alto delle stelle orientanti la

navigazione e il piano basso del mare, che continua sulla vertical dell’abisso sottostante; impliciti altezza e

profondità spirituali.

le indicazioni del tempo rinviano a un tempo identico e ciclico (orologio) e alla continuità di hora tras nora;

cf. la conclusione “siempre […] eterno”.

Gerardo Diego, «Tren» (1922)

v. 1: 5 sillabe; v. 2: endecasillabo anomalo (4° e 7°), v. 3: endecasillabo normale; i due endecasillabifiniscono

in rima (antitesi semantica in questo caso), ma c’è anche l’assonanza í-o con il v. 1; così si segnala una

sezion diversa dalla seconda dobe in 3 vv. su 4 abbiamo l’assonanza è -a in posizione finale; nella terza

sezione c’è un ibrido: semra esserci un ritorno a í-o. Infine una quarta sezione viene segnata dall’assonanza

á-a (agua – ramas).

Il componimento di Diego scompone versi tradizionali in segmenti, ma la misura dominate è di sette sillabe,

duplica5te nel verso più lingo: Y arriba una bandada…. Comunque l’articolazione grafica rinvia anche al

genere della 2poesia visuale” (si veda).

Nel componimento successivo «Estética» è Facile riconoscere soluzioni analoghue. Per chi non conosca la

classicità,: cerchi regguagli su Parnaso e Pegaso (in spagnolo prounicato Pegáso).

Luis Cernuda, «Era un sueño, aire» (1932-33) composizione disenari, misura fissa, dove contano molto le categori sintattiche:

Eta

un sueño, aire / Tranquilo en la nada;

Al abrir los ojos Las ramas perdían.

Exhalaba el tiempo a) Luces vegetales,

b) Amores caídos, c) Tristeza sin donde.

10

Volvía la sombra; Agua eran

sus labios. a) Cristal, b) soledades,

c) La frente, d) la lámpara.

Pasión sin figura, Pena

sin historia; Como herida al pecho,

Un beso, el deseo.

[3 x è-o e cfr. precedenti v. 1 e v. 5]

No sabes, no sabes. ( cfr. sin nella str. 4, nada al v. 2, sin donde v. 4)

No sabes è in assonanza con aire (v. 1) e soledades (11). nesso semantico fra i tre termini.

Nella str. 4, che sarebbe l’ultima, + 1 coda, è particolarmente elaborata l’orchestrazione fonica: allitterazione in p-, assonznze in é-o, parallelismi, 9 sostantivi, nessun verbo.

11

Federico García Lorca, “Romance sonámbulo” (1924), – María de Lourdes Martini

[sintesi comunque ampliabile]

La clave de Romance sonámbulo está en los dos primeros versos, puesto que el poema se realiza por la

dislocación de los atributos de objetos y personajes a otros objetos y personajes:

Verde que te quiero verde. / Verde viento. Verdes ramas.

El color verde, de que el poeta quiere impregnar todo el poema, le viene de la naturaleza verde de las

ramas (3ª frase), el cual se había desplazado con anterioridad mental a viento (2ª frase) y de ahí a la

presentación inicial (1ª frase): la técnica de la dislocación de atributos informa todo el poema, sea en la

línea central de la anécdota, sea en los pormenores.

Intentemos organizar la anécdota del poema a través de lo expresado por el poeta con ambigüedad al

suprimir nexos lingüísticos, creando así la atmósfera de misterio, necesaria al desarrollo trágico del tema:

Primera estrofa: Aparece un personaje femenino caracterizado con irrealidad (verde carne, pelo verde, /

con ojos de fría plata.) y que se sitúa sin conectarse con su circunstancia (las cosas la están mirando / y ella

no puede mirarlas.).

Segunda estrofa: El poema se alarga en la descripción del encuadre espacio-temporal (noche y paisaje con

monte), animado en la imagen gato garduño que se eriza como presintiendo la proximidad de alguien.

Sugerida esa posibilidad, el poeta vuelve a su protagonista femenina, situada todavía, como en la primera

estrofa, sin conexión con su circunstancia, a lo que se junta ahora un dato nuevo (soñando en la mar

amarga.).

Tercera estrofa: Hay un diálogo entre dos hombres, uno mayor, a quien el más joven, el “mocito”, se dirige

llamándolo “compadre”: el más joven propone el cambio de su situación actual por la de su compadre, de

lo cual se concluye lo inestable y lo peligroso de su manera de vivir (vengo sangrando, / desde los puertos

de Cabra.). Por último, el joven pide que le deje “subir al menos/ hasta las altas barandas”, elemento

común entre él y la muchacha.

Cuarta estrofa: Mientras suben los dos compadres, el poeta vuelve al marco escénico de la anécdota

(noche / madrugada).

12

Quinta estrofa: En lo alto, se da entre los hombres el diálogo que expresa o, mejor, que apenas expresa el

vínculo sentimental entre los dos jóvenes; y, a través de la referencia a la larga espera en que se ponía la

muchacha, la sugerencia de una tragedia consumada o a consumarse (¡Cuántas veces te esperó! / ¡Cuántas

veces te esperara, / cara fresca, negro pelo, / en esta verde baranda!).

Sexta estrofa: Mientras se conoce la muerte de la muchacha (seis primeros versos), la guardia civil,

relacionada con la manera peligrosa de vivir del joven, golpea la puerta de la casa.

Resumiendo todo el poema, diremos ser así su metasemia:

MANERA DE VIVIR DEL JOVEN

determina

CAMBIO DE VIDA EN LA FAMILIA DEL COMPADRE

El análisis del texto nos evidencia que ello se da gracias a la dislocación de los atributos de unos elementos

a otros. Empecemos por la observación del diálogo entre los dos hombres, nudo de todo el poema.

Dividimos de un lado lo que caracteriza la vida del compadre mayor; y de otro, lo característico del joven:

MUNDO DEL PADRE

MUNDO DEL JOVEN

casa ==== caballo

espejo ==== montura

manta ==== cuchillo

morir decentemente en la cama de acero con las sábanas de holanda. ==== venir sangrando desde los

puertos de Cabra; la herida desde el pecho a la garganta; la sangre que rezuma y huele alrededor de la faja.

El protagonista joven quiere cambiar lo suyo por lo que caracteriza la vida del compadre. Y el

momento en que, a causa del comportamiento del joven, ocurre la tragedia (muerte de la muchacha), se da

el cambio en el mundo vital del compadre:

1. Pero yo ya no soy yo. / Ni mi casa es mi casa.

13

2. ¡Cuántas veces te esperó! / ¡Cuantas veces te esperara, / Cara fresca, negro pelo, / Em esta verde

baranda!

3. Sobre el rostro del aljibe, / Se mecía la gitana, / Verde carne, pelo verde, / Con ojos de fria plata,

A lo largo del poema, a través de la discontinuidad de tiempo en que se presentan sus materiales, se da el

desplazamiento de atributos de unos elementos a otros no caracterizados por tales atributos:

1. verdes ramas > verde viento > pelo verde;

2. (muchacha) gitana > luna gitana;

3. las cosas la están mirando / y ella no puede mirarlas. (y no al revés);

4. La higuera frota su viento (en vez de “El viento frota la higuera”);

5. niña amarga > mar amarga.

Queda establecido lo siguiente:

a) El poema tiene como materia básica lo de caber a personajes no preparados las contingencias vitales de

otros personajes: lo trágico de la vida del joven que le sobrepasa y alcanza a la muchacha y

consecuentemente a su padre.

b) A nível semántico, ello se actualiza en la dislocación de atributos de A a B, etc.

La nueva estructuración de la combinatoria semántica, absurda a nivel denotativo (pelo verde), expresa el

desorden o la desorganización de lo anteriormente establecido. Ello adquiere mayor expresividad poética

con el dístico que aparece al comienzo del romance (v. 3-4) y al final (los dos últimos versos), cuya lectura

puede hacerse con respecto a la vida del joven: mar / montaña, elementos asociados a nivel sintagmático

con “los puertos de Cabra”, “mi caballo” y “mi montura”, pero asociados in absentia con la cultura gitana.

Lo patético de todo el poema se expresa, finalmente, en los dos últimos versos (El barco sobre la mar. / Y el

caballo en la montaña), por la confrontación de desorden / orden, es decir, el mundo (vuelto) verde / el

mundo de las cosas en su lugar (barco @ mar, caballo @ montaña.

El enfoque que orienta esta lectura del Romance sonámbulo no desconoce la importancia de otros

elementos en la obtención de lo poético. Ahí se incluye la ambigüedad con que le poeta elude la muerte de

la gitana, aludiendo a ella a través de un doble proceso matafórico-metonímico: muerte @ sueño (Sobre el

14

rostro del aljibe, / se mecía la gitana.); signos sensoriales de muerte (Verde carne, pelo verde, / con ojos de

fría plata.)

Hay también coherencia entre lo fónico y lo semántico:

a) El poeta enfatiza el color verde al repetir el semema cuatro veces (3 verde, 1 verdes), reiterando la

oclusiva bilabial sonora /b/ y la vocal / e /:

“Verde que te quiero verde. / Verde viento. Verdes ramas.”, en la primera y última estrofas del poema, y la

variante “Verde que te quiero verde, / verde viento, verdes ramas.”, en la quinta estrofa, donde el poeta, al

reemplazar puntos por comas, produce un texto más rápido para traducir el clímax del romance;

b) emplea sibilantes en la caracterización de la atmósfera femenina: “Con la sombra en la cintura / ella

sueña en su baranda”, y “Ella sigue en su baranda, / ... / soñando en la mar amarga”;

c) alarga la imagen de monte @ gato garduño con la repetición de nasales y oclusivas en la misma

imagen, traduciendo con ello el moverse arrastrado del animal, lo felino;

d) emplea la vocal más aguda / i /, la vocal abierta / a/ y la vibrante / r/ para expresar la acuidad y

agresividad de aquel animal: “eriza sus pitas agrias”;

e) subraya la claridad simbólica de los barandales a través del empleo de la sola vocal / a /: “hasta las

altas barandas,” y “hacia las altas barandas.”

Otros elementos colaboran en la caracterización del poema como un romance sonámbulo: tiempo

discontinuo, el pronombre ella (6º verso) por niña amarga o la gitana, que son referencias que sólo

aparecen al final del poema (5ª y 6ª estrofas) y la ausencia de verbos dicendi. La cohesión de todos los

elementos favorece la lectura propuesta.

15

Antonio Machado, «Tarde tranquila, casi» (Soledades, 1903 / 1907)

Tarde tranquila, casi con placidez de alma,

para ser joven, para haberlo sido cuando Dios quiso, para tener algunas alegrías… lejos, 5

y poder dulcemente recordarlas.

Antonio Machado, «Y podrás conocerte» (Soledades, 1903 / 1907)

Y podrás conocerte, recordando del pasado soñar los turbios lienzos, en este día triste en que caminas

con los ojos abiertos.

De toda la memoria, sólo vale 5 el don preclaro de evocar los sueños.

Antonio Machado, «¿Mi corazón se ha dormido?» (Humorismos, fantasías, apuntes, 1899-1907)

¿Mi corazón se ha dormido? Colmenares de mis sueños,

¿ya no labráis? ¿Está seca la noria del pensamiento,

los cangilones vacíos, 5 girando, de sombra llenos?

No, mi corazón no duerme. Está despierto, despierto.

Ni duerme ni sueña, mira, los claros ojos abiertos, 10

señas lejanas y escucha a orillas del gran silencio.

16

Antonio Machado, Todo pasa» / «Caminante» (Campos de Castilla, 1907-17)

Todo pasa y todo queda, pero lo nuestro es pasar, pasar haciendo caminos,

caminos sobre la mar.

***

Caminante, son tus huellas 5 el camino, y nada más;

caminante, no hay camino, se hace camino al andar. Al andar se hace camino,

y al volver la vista atrás 10 se ve la senda que nunca

se ha de volver a pisar. Caminante, no hay camino, sino estelas en la mar.

Antonio Machado, «La calle en sombra» ( Soledades, Galerías y otros poemas, 1899-1907).

La calle en sombra. Ocultan los altos caserones el sol que muere; hay ecos de luz en los balcones.

¿No ves, en el encanto del mirador florido, el óvalo rosado de un rostro conocido?

La imagen, tras el vidrio de equívoco reflejo, 5 surge o se apaga como daguerrotipo viejo.

Suena en la calle sólo el ruido de tu paso; se extinguen lentamente los ecos del ocaso.

¡Oh, angustia! Pesa y duele el corazón… ¿Es ella? No puede ser… Camina… En el azul la estrella. 10

17

Miguel de Unamuno, «La vida de la muerte» (Rosario de sonetos líricos, 1911)

Oír llover no más, sentirme vivo; el universo convertido en bruma y encima mi conciencia como espuma en que el pausado gotear recibo.

Muerto en mí todo lo que sea activo 5 mientras toda visión la lluvia esfuma,

y allá abajo la sima en que se suma de la clepsidra el agua; y el archivo de mi memoria, de recuerdos mudo

el ánimo saciado en puro inerte, 10 sin lanza, y por lo tanto sin escudo

a merced de los vientos de la suerte; este vivir, que es el vivir desnudo, no es acaso la vida de la muerte?

Miguel de Unamuno, «Nuestro secreto» (Rosario de sonetos líricos, 1911)

No me preguntes más, es mi secreto, secreto para mí terrible y santo,

ante él me velo con un negro manto de luto de piedad, no rompo el seto

que cierra su recinto, me someto 5 de mi vida al misterio, el desencanto huyendo del saber y a Dios levanto

con mis ojos mi pecho siempre inquieto. Hay del alma en el fondo oscura sima

y en ella hay un fatídico recodo 10 que es nefando franquear; allá en la cima brilla el sol que hace polvo el sucio lodo,

alza los ojos y tu pecho anima; conócete mortal, mas no del todo.

18

Miguel de Unamuno, «A mi buitre» (Rosario de sonetos líricos, 1911)

Este buitre voraz de ceño torvo que me devora las entrañas fiero y es mi único constante compañero

labra mis penas con su pico corvo. El día en que le toque el postrer sorbo 5 apurar de mi negra sangre quiero

que me dejéis con él solo y señero un momento, sin nadie como estorbo.

Pues quiero, triunfo haciendo mi agonía mientras él mi último despojo traga 10 sorprender en sus ojos la sombría

mirada al ver la suerte que le amaga sin esta presa en que satisfacía

el hambre atroz que nunca se le apaga.

19

Juan Ramón Jiménez, «Octubre» (Sonetos espirituales, 1914-15)

Estaba echado yo en la tierra, enfrente del infinito campo de Castilla, que el otoño envolvía en la amarilla

dulzura de su claro sol poniente.

Lento el arado, paralelamente 5 abría el haza oscura, y la sencilla

mano abierta dejaba la semilla en su entraña partida honradamente.

Pensé arrancarme el corazón y echarlo, pleno de su sentir alto y profundo, 10

al ancho surco del terruño tierno;

ver si con romperlo y con sembrarlo la primavera le mostraba al mundo el árbol puro del amor eterno.

Juan Ramón Jiménez, «Otoño» (Sonetos espirituales)

Esparce octubre, al blando movimiento del sur, las hojas áureas y las rojas,

y en la caída clara de sus hojas se lleva al infinito el pensamiento.

¡Qué amena paz en este alejamiento 5 de todo, ¡oh prado bello, que deshojas tus flores, oh agua, fría ya, que mojas con tu cristal estremecido el viento!

¡Encantamiento de oro! ¡Cárcel pura, en que el cuerpo, hecho alma, se enternece, 10 echado en el verdor de una colina!

En una decadencia de hermosura. la vida se desnuda, y resplandece la escelsitud de su verdad divina.

20

Juan Ramón Jiménez, «Cielo» (Diario de un poeta reciencasado = Diario de poeta y mar, 1916)

Te tenía olvidado, cielo, y no eras más que un vago existir de luz, visto ––sin nombre––

por mis cansados ojos indolentes. 5 Y aparecías, entre las palabras

perezosas y deseperanzadas del viajero, como en breves lagunas repetidas de un paisaje de agua visto en sueños…

Hoy te he mirado lentamente, 10 y te has ido elevando hasta tu nombre.

«Nocturno» (Diario de un poeta reciencasado = Diario de poeta y mar, 1916)

El barco, lento y raudo a un tiempo, vence al agua, mas no al cielo.

Lo azul se queda atrás, abierto en plata viva, y está otra vez delante.

Fijo, el mástil se mece y torna siempre 5 horario en igual número de la esfera

a las estrellas mismas, hora tras hora negra y verde.

El cuerpo va, soñando, 10 a la tierra que es de él, de la otra tierra que no es de él. El alma queda y sigue,

siempre, por su dominio eterno.

21

Juan Ramón Jiménez, «Intelijencia, …» (Eternidades, 1918)

¡Intelijencia, dame el nombre exacto de las cosas!

... Que mi palabra sea la cosa misma

creada por mi alma nuevamente. 5

Que por mí vayan todos los que no las conocen, a las cosas;

que por mí vayan todos los que ya las olvidan, a las cosas...

¡Intelijencia, dame 10 el nombre exacto, y tuyo

y suyo, y mío, de las cosas!

Juan Ramón Jiménez, «Vino primero,…» (Eternidades, 1918)

Vino, primero, pura, vestida de inocencia; y la amé como un niño.

Luego se fue vistiendo de no sé qué ropajes; y la fui odiando sin saberlo 5.

Llegó a ser una reina, fastuosa de tesoros...

¡Qué iracundia de yel y sin sentido!

... Mas se fue desnudando. Y yo le sonreía. 10 Se quedó con la túnica

de su inocencia antigua. Creí de nuevo en ella.

Y se quitó la túnica, y apareció desnuda toda.. 15. ¡Oh pasión de mi vida, poesía

desnuda, mía para siempre!

22

Gerardo Diego, «Tren» (Imagen, 1922)

Venid conmigo

Cada estación es un poco de nido

El alma llora porque se ha perdido

Yo ella como dos

golondrinas paralelas

Y arriba una bandada de estrellas mensajeras

El olvido deposita sus hojas

en todos los caminos Sangre Sangre de aurora

Pero no es más que agua

Agitando los arboles llueven llueven silencios

ahorcados en las ramas

Gerardo Diego, «Estética» (Imagen)

A Manuel de Falla.

Estribillo Estribillo Estribillo El canto más perfecto es el canto del grillo

Paso a paso se asciende hasta el Parnaso

Yo no quiero las alas de Pegaso

Dejadme auscultar el friso sonoro que fluye la fuente

Los palillos de mis dedos repiquetean ritmos ritmos ritmos en el tamboril del cerebro

stribillo Estribillo Estribillo El canto más perfecto es el canto del grillo

23

Pedro Salinas, «Presagios» 1 / 2 (Presagios, 1923) *

l

Posesión de tu nombre, sola que tú permites, felicidad, alma sin cuerpo.

Dentro de mí te llevo porque digo tu nombre,

felicidad, dentro del pecho. «Ven»: y tú llegas quedo; «vete»: y rápida huyes.

Tu presencia y tu ausencia sombra son una de otra,

sombras me dan y quitan. (¡Y mis brazos abiertos!) Pero tu cuerpo nunca,

pero tus labios nunca, felicidad, alma sin cuerpo, sombra pura.

2

El alma tenías tan clara y abierta, que yo nunca pude

entrarme en tu alma. Busqué los atajos

angostos, los pasos altos y difíciles... A tu alma se iba

por caminos anchos. Preparé alta escala

—soñaba altos muros guardándote el alma— pero el alma tuya

estaba sin guarda de tapial ni cerca.

Te busqué la puerta estrecha del alma, pero no tenía,

de franca que era, entradas tu alma. ¿En dónde empezaba?

¿Acababa, en dónde? Me quedé por siempre

sentado en las vagas lindes de tu alma.

24

Pedro Salinas, «Far West» (Seguro azar, 1929) *

¡Qué viento a ocho mil kilómetros! ¿No ves cómo vuela todo? ¿No ves los cabellos sueltos

de Mabel, la caballista que entorna los ojos limpios 5 ella, viento, contra el viento?

¿No ves la cortina estremecida,

ese papel revolado y la soledad frustrada 10 entre ella y tú por el viento?

Sí, lo veo. Y nada más que lo veo. Ese viento

está al otro lado, está 15 en una tarde distante

de tierras que no pisé. Agitando está unos ramos sin dónde,

esta besando unos labios 20 sin quién.

No es ya viento, es el retrato de un viento que se murió sin que yo le conociera,

y está enterrado en el ancho 25 cementerio de los aires

viejos, de los aires muertos.

Sí le veo, sin sentirle. Está allí, en el mundo suyo, viento de cine, ese viento. 30

25

Pedro Salinas, «Pensar en ti esta noche» (Razón de amor, 1936)P* Salinasconmigo,

extensamente, el ancho mundo.

El gran sueño del campo, las estrellas, callado el mar, las hierbas invisibles,

sólo presentes en perfumes secos, todo,

de Aldebarán al grillo te pensaba. 5

¡Qué sosegadamente se hacía la concordia entre las piedras, los luceros,

el agua muda, la arboleda trémula, todo lo inanimado, 10

y el alma mía dedicándolo a ti! Todo acudía dócil a mi llamada, a tu servicio,

ascendido a intención y a fuerza amante. Concurrían las luces y las sombras 15

a la luz de quererte; concurrían el gran silencio, por la tierra, plano, suaves voces de nubes, por el cielo,

al cántico hacia ti que en mi cantaba. Una conformidad de mundo y ser, 20

de afán y tiempo, inverosímil tregua, se entraba en mí, como la dicha entera cuando llega sin prisa, beso a beso.

Y casi dejé de amarte por amarte más, 25

en más que en mí, inmensamente confiando ese empleo de amar a la gran noche errante por el tiempo y ya cargada

de misión, misionera de un amor vuelto estrellas, calma, mundo, 30

salvado ya del miedo al cadáver que queda si se olvida.

26

Rafael Alberti, «Si mi voz muriera en tierra» (Marinero en tierra)

Si mi voz muriera en tierra, llevadla al nivel del mar y dejadla en la ribera.

Llevadla al nivel del mar y nombradla capitana 5 de un blanco bajel de guerra.

¡Oh mi voz condecorada con la insignia marinera:

sobre el corazón un ancla y sobre el ancla una estrella 10 y sobre la estrella el viento

y sobre el viento la vela!

27

Rafael Alberti, «El ángel de los números» (Sobre los ángeles, 1927-28)

Vírgenes con escuadras y compases, velando las celestes pizarras.

Y el ángel de los números, pensativo, volando 5 del 1 al 2, del 2

al 3, del 3 al 4.

Tizas frías y esponjas rayaban y borraban la luz de los espacios. 10

Ni sol, luna, ni estrellas, ni el repentino verde del rayo y el relámpago,

ni el aire. Sólo nieblas.

Vírgenes sin escuadras, 15 sin compases, llorando.

Y en las muertas pizarras, el ángel de los números, sin vida, amortajado

sobre el 1 y el 2, 20 sobre el 3, sobre el 4.

28

Rafael Alberti, «5» (Sobre los ángeles, 1927-28)

Cinco manos de ceniza quemando la bruma, abriendo cinco vías

para el agua turbia, para el turbio viento. 5

Te buscan vivo.

Y no te encuentran. Te buscan muerto. No muerto, dormido.

Y sí. 10

Y sí, porque cinco manos cayeron sobre tu cuerpo

cuando inmóvil resbalaba sobre los cinco navegables ríos que dan almas corrientes, voz al sueño. 15

Y no viste. Era su luz la que cayó primero. Mírala, seca, en el suelo.

Y no oíste. Era su voz la que alargada hirieron. 20 Óyela muda, en el eco.

Y no oliste. Era su esencia la que hendió el silencio. Huélela fría, en el viento.

Y no gustaste. 25 Era su nombre el que rodó deshecho.

Gústalo en tu lengua, muerto.

Y no tocaste. El desaparecido era su cuerpo

Tócalo en la nada, yelo. 30

29

Rafael Alberti, «El ángel bueno» (Sobre los ángeles)

Vino el que yo quería, el que yo llamaba.

No aquel que barre cielos sin defensas, luceros sin cabañas lunas sin patria, 5 nieves.

Nieves de esas caidas de una mano, un nombre

un sueño una frente. 10

No aquel que a sus cabellos

ató la muerte.

El que yo quería.

Sin arañar los aires, sin herir hojas ni mover cristales. 15

Aquel que a sus cabellos

ató el silencio.

Para, sin lastimarme, cavar una ribera de luz dulce en mi pecho y hacerme el alma navegable. 20

30

Rafael Alberti, «Amaranta» {Cal y canto, 1929)

... calzó de viento... Góngora.

Rubios, pulidos senos de Amaranta, por una lengua de lebrel limados. Pórticos de limones desviados por el canal que asciende a tu garganta.

Rojo, un puente de rizos se adelanta 5 e incendia tus marfiles ondulados. Muerde, heridor, tus dientes desangrados,

y corvo, en vilo, al viento te levanta.

La soledad, dormida en la espesura, calza su pie de céfiro y desciende 10

del olmo alto al mar de la llanura.

Su cuerpo en sombra, oscuro, se le enciende, y gladiadora, como un ascua impura, entre Amaranta y su amador se tiende.

Rafael Alberti, «La paloma» (Entre el clavel y la espada, 1939-1940)

Se equivocó la paloma, se equivocaba

Por ir al norte fue al sur, creyó que el trigo era el agua.

Creyó que el mar era el cielo 5 que la noche la mañana. Que las estrellas rocío,

que la calor la nevada. Que tu falda era tu blusa,

que tu corazón su casa. 10 (Ella se durmió en la orilla, tú en la cumbre de una rama.)

31

Jorge Guillén, «Perfección» (Cántico, 1928-1950)

Queda curvo el firmamento. Compacto azul, sobre el día. Es el redondeamiento

Del esplendor: mediodía. Todo es cúpula. Reposa. 5

Central sin querer, la rosa.

A un sol en cénit sujeta. Y tanto se da el presente Que el pie caminante siente

La integridad del planeta. 10

Jorge Guillén, «Beato sillón» (Cántico)

¡Beato sillón! La casa corrobora su presencia con la vaga intermitencia

de su invocación en masa

a la memoria. No pasa 5 nada. Los ojos no ven, saben. El mundo está bien

hecho. El instante lo exalta a marea, de tan alta,

de tan alta, sin vaivén 10

32

Jorge Guillén, «Muerte a lo lejos» (Cántico)

Je soutenais l'éclat de la mort toute pure.

Valéry

Alguna vez me angustia una certeza, Y ante mí se estremece mi futuro.

Acechándolo está de pronto un muro Del arrabal final en que tropieza

La luz del campo. ¿Mas habrá tristeza 5 Si la desnuda el sol? No, no hay apuro Todavía. Lo urgente es el maduro Fruto. La mano ya lo descorteza.

...Y un día entre los días el más triste Será. Tenderse deberá la mano 10 Sin afán. Y acatando el inminente

Poder diré sin lágrimas: embiste, Justa fatalidad. El muro cano Va a imponerme su ley, no su accidente

Jorge Guillén, «Hacia el poema» (Cántico) *

...mi corazón de trovar non se quita Juan Ruiz

Siento que un ritmo se me desenlaza De este barullo en que sin meta vago,

Y entregándome todo al nuevo halago Doy con la claridad de una terraza,

Donde es mi guía quien ahora traza 5 Límpido el orden en que me deshago

Del murmullo y su duende, más aciago Que el gran silencio bajo la amenaza.

Se me juntan a flor de tanto obseso Mal soñar las palabras decididas 10

A iluminarse en vívido volumen. El son me da un perfil de carne y hueso.

La forma se me vuelve salvavidas. Hacia una luz mis penas se consumen.

33

Vicente Aleixandre

A DON LUIS DE GÓNGORA (1927) ¿Qué firme arquitectura se levanta

del paisaje, si urgente de belleza, ordenada, y penetra en la certeza

del aire, sin furor y la suplanta? Las líneas graves van. Mas de su planta 5

brota la curva, comba su justeza en la cima, y respeta la corteza

intacta, cárcel para pompa tanta. El alto cielo luces meditadas

reparte en ritmos de ponientes cultos, 10 que sumos logran su mandato recto.

Sus matices sin iris las moradas del aire rinden al vibrar, ocultos,

y el acorde total clama perfecto.

A FRAY LUIS DE LEÓN (1928) ¿Qué linfa esbelta, de los altos hielos hija y sepulcro, sobre el haz silente

rompe sus fríos, vierte su corriente, luces llevando, derramando cielos?

¿Qué agua orquestal bajo los mansos celos 5 del aire, muda, funde su crujiente

espuma en anchas copias y consiente, terso el diálogo, signo y luz gemelos?

La alta noche su copa sustantiva

árbol ilustre yergue a la bonanza, 10

total su crecimiento y ramas bellas.

Brisa joven de cielo, persuasiva, su pompa abierta, desplegada, alcanza

largamente, y resuenan las estrellas.

Así, entra con pies desnudos. Entra en el hervor, en la plaza. Entra en el torrente que te reclama y allí sé tú mismo.

¡Oh pequeño corazón diminuto, corazón que quiere latir para ser él también el unánime corazón que le alcanza!

34

Luis Cernuda, «Era un sueño, aire» (Donde habite el olvido, 1932-33)

Era un sueño, aire Tranquilo en la nada;

Al abrir los ojos Las ramas perdían.

Exhalaba el tiempo Luces vegetales, Amores caídos, Tristeza sin donde.

Volvía la sombra; Agua eran sus labios. Cristal, soledades,

La frente, la lámpara.

Pasión sin figura, Pena sin historia;

Como herida al pecho, Un beso, el deseo.

No sabes, no sabes.

35

Miguel Hernández, «¿No cesará este rayo que me habita…?»

(El rayo que no cesa, 1934-35)

¿No cesará este rayo que me habita el corazón de exasperadas fieras y de fraguas coléricas y herreras

donde el metal más fresco se marchita?

¿No cesará esta terca estalactita 5 de cultivar sus duras cabelleras

como espadas y rígidas hogueras hacia mi corazón que muge y grita?

Este rayo ni cesa ni se agota:

de mí mismo tomó su procedencia 10 y ejercita en mí mismo sus furores.

Esta obstinada piedra de mí brota y sobre mí dirige la insistencia

de sus lluviosos rayos destructores.

Miguel Hernández, «Por tu pie…» (El rayo que no cesa, 1934-35)

Por tu pie, la blancura más bailable, donde cesa en diez partes tu hermosura,

una paloma sube a tu cintura, baja a la tierra un nardo interminable.

Con tu pie vas poniendo lo admirable 5 del nácar en ridícula estrechura, y donde va tu pie va la blancura, perro sembrado de jazmín calzable.

A tu pie, tan espuma como playa, arena y mar me arrimo y desarrimo 10 y al redil de su planta entrar procuro.

Entro y dejo que el alma se me vaya por la voz amorosa del racimo: pisa mi corazón que ya es maduro.

36


Recommended