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Per importanti comunicazioni si rimanda all’ultima pagina. PIL previsto di nuovo in calo nel 2016 per la recessione nei paesi della Costa Atlantica. Peggiorano la posizione fiscale e quella esterna con effetti negativi sugli spread. Nel 2015 l’attività economica in America Latina ha registrato una contrazione (-0,1%) per la prima volta dal 2009. Il risultato del 2015 riflette andamenti abbastanza divergenti della congiuntura nei diversi paesi della Regione. Alcuni, nello specifico Brasile (-3,8%) e Venezuela (-5,7%), hanno visto un ampio calo del PIL. Altri, nello specifico Colombia (+3,1%), pur frenando hanno continuato a crescere, altri ancora hanno accelerato (Messico +2,5% da +2,3%; Argentina +2,1% da +0,5%; Cile +2,1% da +1,9%; Perù +3,3% da +2,4%). Nel 2016 l’America Latina è attesa registrare nel suo complesso un nuovo e più accentuato calo del PIL (PIL previsto -0,5%), determinato ancora dalla debole domanda interna, mentre il commercio è visto sostenere la crescita seppur in misura minore rispetto al 2015. In quasi tutti i paesi il tasso tendenziale d’inflazione si è portato oltre il limite superiore della fascia obiettivo. I tassi d’inflazione sono attesi toccare il picco nella prima metà del corrente anno. Successivamente è prevista una decisa frenata. Le pressioni sui prezzi, unite a quelle sulle valute, hanno portato a generalizzati rialzi dei tassi d’interesse. Nella maggioranza dei paesi, il ciclo rialzista si è probabilmente concluso e nella seconda metà dell’anno dovrebbe iniziare una fase ribassista dei tassi. Nel corso del 2015 le valute latino americane hanno proseguito lungo il sentiero di deprezzamento intrapreso a partire da fine 2013. D’altra parte la quasi totalità delle valute appare ora sottovalutata. In prospettiva le spinte al deprezzamento potranno essere mitigate da una una congiuntura più favorevole per le materie prime, dagli effetti positivi delle politiche di aggiustamento in corso e dall’elevato premio offerto dai tassi domestici rispetto a quelli del dollaro. In quasi tutti i paesi il saldo commerciale è peggiorato, sebbene la debolezza della domanda interna abbia frenato le importazioni, e con esso quello corrente, nonostante i minori oneri per la renumerazione dei capitali investiti nel Paese. La volatilità del cambio e la congiuntura negativa del mercato delle materie prime stanno avendo effetti pure sulla parte finanziaria della Bilancia dei Pagamenti. Il peggioramento dei saldi visto nel 2015 riflette la frenata degli IDE nel minerario e degli investimenti esteri di portafoglio. La dipendenza della posizione esterna e di quella fiscale dalle entrate da materie prime e il fabbisogno di capitali esteri per finanziare i deficit di conto corrente rendono il merito di credito dei paesi dell’America Latina particolarmente vulnerabile nell’attuale fase congiunturale. Questa condizione ha portato nel corso del 2015 ad un generalizzato allargamento dei CDS spread e al rialzo dei rendimenti dei titoli obbligazionari. S&P ha tolto al Brasile l’investment grade lo scorso settembre (il rating è stato di nuovo tagliato lo scorso febbraio ed ora è pari a BB). Il Brasile si aggiunge così al Venezuela (da B- a CCC secondo S&P) tra i paesi oggetto di un taglio di rating nel 2015. S&P ha inoltre di recente introdotto un outlook negativo al rating BBB della Colombia. Nota America Latina 19 aprile 2016 Approfondimenti America Latina Intesa Sanpaolo Direzione Studi e Ricerche International Research Network Giancarlo Frigoli Economista Esempio
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Per importanti comunicazioni si rimanda all’ultima pagina.

PIL previsto di nuovo in calo nel 2016 per la recessione nei paesi della Costa Atlantica. Peggiorano la posizione fiscale e quella esterna con effetti negativi sugli spread.

Nel 2015 l’attività economica in America Latina ha registrato una contrazione (-0,1%) per la prima volta dal 2009. Il risultato del 2015 riflette andamenti abbastanza divergenti della congiuntura nei diversi paesi della Regione. Alcuni, nello specifico Brasile (-3,8%) e Venezuela (-5,7%), hanno visto un ampio calo del PIL. Altri, nello specifico Colombia (+3,1%), pur frenando hanno continuato a crescere, altri ancora hanno accelerato (Messico +2,5% da +2,3%; Argentina +2,1% da +0,5%; Cile +2,1% da +1,9%; Perù +3,3% da +2,4%).

Nel 2016 l’America Latina è attesa registrare nel suo complesso un nuovo e più accentuato calo del PIL (PIL previsto -0,5%), determinato ancora dalla debole domanda interna, mentre il commercio è visto sostenere la crescita seppur in misura minore rispetto al 2015.

In quasi tutti i paesi il tasso tendenziale d’inflazione si è portato oltre il limite superiore della fascia obiettivo. I tassi d’inflazione sono attesi toccare il picco nella prima metà del corrente anno. Successivamente è prevista una decisa frenata. Le pressioni sui prezzi, unite a quelle sulle valute, hanno portato a generalizzati rialzi dei tassi d’interesse. Nella maggioranza dei paesi, il ciclo rialzista si è probabilmente concluso e nella seconda metà dell’anno dovrebbe iniziare una fase ribassista dei tassi.

Nel corso del 2015 le valute latino americane hanno proseguito lungo il sentiero di deprezzamento intrapreso a partire da fine 2013. D’altra parte la quasi totalità delle valute appare ora sottovalutata. In prospettiva le spinte al deprezzamento potranno essere mitigate da una una congiuntura più favorevole per le materie prime, dagli effetti positivi delle politiche di aggiustamento in corso e dall’elevato premio offerto dai tassi domestici rispetto a quelli del dollaro.

In quasi tutti i paesi il saldo commerciale è peggiorato, sebbene la debolezza della domanda interna abbia frenato le importazioni, e con esso quello corrente, nonostante i minori oneri per la renumerazione dei capitali investiti nel Paese. La volatilità del cambio e la congiuntura negativa del mercato delle materie prime stanno avendo effetti pure sulla parte finanziaria della Bilancia dei Pagamenti. Il peggioramento dei saldi visto nel 2015 riflette la frenata degli IDE nel minerario e degli investimenti esteri di portafoglio.

La dipendenza della posizione esterna e di quella fiscale dalle entrate da materie prime e il fabbisogno di capitali esteri per finanziare i deficit di conto corrente rendono il merito di credito dei paesi dell’America Latina particolarmente vulnerabile nell’attuale fase congiunturale. Questa condizione ha portato nel corso del 2015 ad un generalizzato allargamento dei CDS spread e al rialzo dei rendimenti dei titoli obbligazionari. S&P ha tolto al Brasile l’investment grade lo scorso settembre (il rating è stato di nuovo tagliato lo scorso febbraio ed ora è pari a BB). Il Brasile si aggiunge così al Venezuela (da B- a CCC secondo S&P) tra i paesi oggetto di un taglio di rating nel 2015. S&P ha inoltre di recente introdotto un outlook negativo al rating BBB della Colombia.

Nota America Latina

19 aprile 2016

Approfondimenti

America Latina

Intesa Sanpaolo Direzione Studi e Ricerche

International Research Network

Giancarlo Frigoli Economista

Esem

pio

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1. L’Economia

1.1 La crescita

Nel 2015 l’attività economica in America Latina, una regione che contribuisce a quasi il 9% del PIL e a poco più del 5% delle esportazioni mondiali, ha registrato una contrazione (-0,1%) per la prima volta dal 2009 quando il PIL, a seguito della crisi finanziaria mondiale, era diminuito dell’1,3%. Il risultato del 2015 riflette andamenti abbastanza divergenti della congiuntura nei diversi paesi della regione. Alcuni, nello specifico Brasile (-3,8%) e Venezuela (-5,7%), hanno visto un ampio calo del PIL. Altri, nello specifico Colombia (+3,1%), pur frenando, hanno continuato a crescere; altri ancora hanno accelerato (Messico +2,5% da +2,3%; Argentina +2,1% da +0,5%; Cile +2,1% da +1,9%; Perù +3,3% da +2,4%).

Le economie dell’America Latina stanno risentendo del ciclo negativo delle materie prime, che costituiscono una importante quota delle esportazioni e delle entrate fiscali di molti paesi, della debolezza delle valute che alimenta pressione inflazioniste, delle politiche di aggiustamento fiscale e monetario rese necessarie dal calo delle entrate e dalla pressione sul tasso di cambio, dei maggiori costi di finanziamento interno ed esterno e, non ultime, di tensioni politiche interne.

Questi sviluppi hanno determinato un diffuso indebolimento della domanda interna, soprattutto quella di beni di investimento che sono diminuiti in termini reali in Brasile, Venezuela, Cile e Perù (nei primi due paesi il calo è stato a due cifre decimali). Sulla scia della contrazione della domanda interna, sono scese pure le importazioni, mentre le esportazioni in volume sono cresciute spinte dal guadagno di competitività determinato dell’ampio deprezzamento del cambio e dalla forza di alcuni importanti mercati di esportazione, su tutti gli Stati Uniti. Nel 2015 il commercio estero ha così dato un significativo contributo positivo al PIL (1,7pp).

America Latina: PIL 2015 (var. % a/a reale) America Latina: contributi alla crescita PIL Consumi

Famiglie Consu Stato

Invest.FL

Exp Imp

BR -3,8 -4,0 -1,0 -14,1 6,2 -14,1 MX 2,5 3,2 3,9 2,3 9,2 5,1 AG 2,1 0,8 8,4 3,0 -0,5 -1,5 CO 3,1 4,0 2,8 2,7 -0,6 4,0 VE -5,7 -6,5 -2,4 -12,5 -0,6 -12,1 CL 2,1 1,5 5,7 -1,5 -1,8 -2,9 PE 3,3 3,4 9,3 -5,1 3,2 2,4 2015 -0,1 -0,4 2,4 -5,3 4,7 -4,7 2014 1,3 2,0 2,7 -1,8 0,4 -0,6

4.0

1.3

-0.1

4.9

0.9

-1.8-0.9

0.4

1.7

-3-2-10123456

2004-13 2014 2015

PILDomanda InternaDomanda Estera

Fonte: Thomson Reuters Fonte: Thomson Reuters Datastream

1.2 Le prospettive

Nel 2016 l’America Latina è attesa registrare nel suo complesso un nuovo e più accentuato calo del PIL (variazione prevista -0,5%), determinato ancora dalla debole domanda interna, mentre il commercio è visto sostenere la crescita seppur in misura minore rispetto al 2015. Tutte e tre le principali economie della Costa Atlantica (Brasile, Argentina e Venezuela) saranno in recessione, penalizzate degli effetti negativi sulla domanda delle non più rinviabili politiche di aggiustamento degli ampi squilibri macro e dell’incertezza creata dai rivolgimenti politici interni in corso. Per il complesso delle economie del Pacifico è previsto un tasso di crescita sostanzialmente invariato rispetto al 2015: la contenuta accelerazione della dinamica del PIL attesa in Messico e Perù dovrebbe bilanciare la frenata prevista in Cile e Colombia, dove la

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domanda interna è attesa risentire delle misure fiscali in atto volte a compensare le minori entrate da materie prime.

L’America Latina è prevista ritornare su un sentiero di crescita nel 2017 (PIL +1,5%), spinto ancora dai paesi dell’Alleanza del Pacifico, visti crescere ad un tasso vicino al 3%, mentre nella Costa Atlantica dovrebbe terminare la fase recessiva.

Crescita del PIL (var. % in termini reali) Domanda (var. % in termini reali) 2015 2016P 2017P Brasile** -3,8 -3,8 0,0 Messico* 2,5 2,4 2,6 Argentina** 2,1^ -1,0 2,8 Colombia* 3,1 2,5 3,0 Venezuela** -5,7 -8,0 -4,5 Cile* 2,1 1,5 2,1 Perù* 3,3 3,7 4,1 America Latina -0,1 -0,5 1,5 Alleanza Pacifico* 2,6 2,4 2,8 Costa Atlantica** -2,8 -3,7 0,1

2015 2016P 2017PConsumi famiglie -0,4 -0,7 1,7Consumi Stato 2,4 0,4 1,1Invstimenti FL -5,3 -2,1 4,3Esportazioni 4,7 3,0 4,0Importazioni -4,7 -0,5 4,7PIL -0,1 -0,5 1,5Estero (contributo) 1,8 0,5 -0,3Interno (contributo) -1,9 -1,0 1,8Fonte: EIU, FMI, IIF, Thomson Reuters

(*) Paesi dell’Alleanza del Pacifico (**) Paesi della Costa Atlantica. (^) Dato preliminare dell’Ufficio Statistico che sta rivedendo le procedure di calcolo Fonte: EIU, FMI, IIF, Thomson Reuters

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2. La politica economica 2.1 Inflazione e politica monetaria Lo scorso anno, l’impatto sui costi dei beni importati dell’ampio deprezzamento dei tassi di cambio, gli aumenti dei prezzi di molti prodotti alimentari dovuti ai cattivi raccolti agricoli e gli aumenti di tasse e tariffe finalizzati a contenere i disavanzi pubblici, hanno più che contro-bilanciato gli effetti sull’inflazione della discesa dei prezzi degli idrocarburi determinando una generalizzata accelerazione dell’inflazione. In quasi tutti i paesi il tasso tendenziale si è portato oltre il limite superiore della fascia obiettivo. I tassi d’inflazione sono attesi toccare il picco nella prima metà del corrente anno, quando si dovrebbero esaurire gli effetti sui prezzi dell’ampio deprezzamento delle valute. Successivamente è prevista una decisa frenata dell’inflazione, aiutata anche da un favorevole effetto confronto. Le pressioni sui prezzi, unite a quelle sulle valute, hanno portato a generalizzati rialzi dei tassi d’interesse. Nella maggioranza dei paesi, il ciclo rialzista si è probabilmente concluso (nella seconda metà dell’anno dovrebbe iniziare una fase ribassista dei tassi). Qualche rischio al rialzo permane per il Messico, la cui politica monetaria è fortemente dipendente da quella degli Stati Uniti, e per la Colombia, dove i tassi reali d’interesse sono ampiamente negativi e le pressioni inflazionistiche restano consistenti.

Tasso di riferimento Inflazione Dic 16P Mar 16 Dic 15 Dic 14 Brasile 13,4 14,25 14,25 11,75 Messico 4,0 3,75 3,0 3,0 Argentina n.d. 29,875 24,0 20,125 Colombia 6,5 6,5 5,5 4,5 Venezuela n.d. 24 24,0 21,5 Cile 3,5 3,5 3,5 3,0 Perù 4,0 4,25 3,75 3,25

Mar 16 Dic 15 Dic 14 ObiettivoBrasile 9,4 10,7 6,4 4,5+/-2Messico 2,6 2,1 4,1 3+/-1Argentina* n.d. 14,3 23,9 20-25Colombia 8,0 6,8 3,7 3+/-1Venezuela n.d. 180,9 64,7 n.d.Cile 4,5 4,4 3,6 3+/-1Perù 4,3 4,4 3,2 2+/-1

Fonte: Thomson Reuters Datastream, Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo

(*) Il dato si riferisce al mese di ottobre 2015. Successivamente l’ufficio statisitico ha sospeso la pubblicazione delle statistiche dei prezzi ritenute poco credibili (istituti indipendenti hanno stimato il tasso d’inflazione attorno 30% a fine 2015) per adeguare il metodo di calcolo tenendo conto dei rilievi del FMI. Le nuove rilevazioni dovrebbero iniziare ad uscire il prossimo mese di giugno. Fonte: Thomson Reuters – Datastream, Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo

2.2 La politica fiscale Il calo delle entrate dovuto alla debolezza della crescita e alla congiuntura negativa del mercato delle materie prime (royalties, tasse sui redditi delle compagnie e dividendi costituiscono una voce importante del bilancio di numerosi paesi) hanno portato nel 2015 un generalizzato allargamento dei deficit di bilancio in rapporto al PIL. Per contenere la crescita dei disavanzi le Autorità hanno preso misure tese ad accrescere le entrate (aumenti delle imposte e delle tariffe sui servizi) e con tagli della spesa sia corrente che di investimento. I governi hanno tuttavia accettato un allargamento del deficit in rapporto al PIL per non penalizzare eccessivamente l’economia. Questa politica ha determinato un allargamento del debito pubblico in rapporto al PIL che, tuttavia, nella maggioranza dei paesi resta inferiore al dato medio dei Peers.

Debito Pubblico/PIL 2015 Dinamica del rapporto deficit pubblico/PIL Paese* Peers** Brasile (BB+) 73,7 66,4 Messico (BBB+) 54,0 45,0 Argentina (B-) 56,5 70,5 Colombia (BBB) 49,4 45,0 Venezuela (CCC) 48,8 70,5 Cile (AA-) 17,1 52,5 Perù (BBB+) 23,1 45,0

2014 2015 2016PBrasile -6,0 -10,3 -8,7Messico -4,6 -4,1 -3,5Argentina (*) -4,1 -7,4 -6,4Colombia -1,8 -2,8 -3,1Venezuela (*) -15,2 -18,7 -24,5Cile -1,5 -2,3 -3,0Perù -0,3 -2,2 -2,2

Note: (*) Dato per lo specifico paese (**) Dato medio per i paesi di pari rating. Fonte: FMI

(*) Per Argentina e Venezuela i conti pubblici risultano poco trasparenti. Questi due paesi hanno spesso fatto ricorso a misure non convenzionali di finanziamento del deficit e imputato una quota significativa della spesa su veicoli fuori bilancio. Fonte: FMI

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2.3 Il tasso di cambio e la posizione esterna

Nel corso del 2015 le valute latino americane hanno proseguito lungo il sentiero di deprezzamento intrapreso a partire da fine 2013. L’attuale fase di perdita di valore della moneta riflette sia fattori congiunturali - quali il peggioramento della ragione di scambio determinato dal calo dei prezzi delle materie prime esportate, la debolezza delle economie, il rafforzamento del dollaro USA a seguito dall’inizio della fase restrittiva di politica monetaria da parte della Fed e, infine, i problemi che a causa delle tensioni politiche sta incontrando in alcuni paesi (Argentina, Brasile e Venezuela) l’attuazione delle politiche di aggiustamento degli squilibri macro - sia altri di natura più strutturale - nello specifico l’elevato disavanzo corrente della bilancia dei pagamenti e la scarsa disponibilità di capitali sull’interno per finanziare lo sviluppo. Nel recente passato questi fattori più strutturali, che implicano una elevata vulnerabilità ai flussi di capitali dall’estero, erano rimasti in secondo piano grazie all’abbondante liquidità e alla elevata propensione al rischio sul mercato internazionale dei capitali. In epoca recente, l’atteggiamento degli investitori internazionali verso le economie emergenti è diventato meno positivo rendendo così più problematica la copertura del fabbisogno finanziario esterno.

Nel primo trimestre 2016 la condizione di ipervenduto, il contenuto recupero dei prezzi delle materie prime e, soprattutto, le indicazioni da parte delle Fed che i tassi USA saliranno meno di quanto precedentemente temuto hanno favorito un generale rimbalzo delle valute dei paesi emergenti, incluse alcune valute latino americane. Il recupero non ha riguardato le valute dei paesi a struttura finanziaria più debole.

Il Venezuela ha annunciato a marzo 2016 la svalutazione del cambio ufficiale (da 6,3 a 10 verso il dollaro) per l’acquisto di prodotti essenziali, che resta comunque assai lontano dalle quotazioni sul mercato non ufficiale. Il peso argentino ha continuato a deprezzarsi dopo che a metà dicembre la nuova amministrazione ha deciso di lasciare fluttuare liberamente la valuta che era chiaramente sopra valutata.

Nel breve periodo i fattori negativi evidenziati continueranno a pesare sulle valute dell’America Latina. In prospettiva le spinte al deprezzamento potranno essere mitigate da una congiuntura più favorevole per le materie prime, dagli effetti positivi delle politiche di aggiustamento in corso e dall’elevato premio offerto dai tassi domestici rispetto a quelli del dollaro. La quasi totalità delle valute appare d’altra parte sottovalutata.

Tassi di cambio vs USD Tasso di cambio effettivo reale 2016P 18/04/16 Var. 2016 Var. 2015 Brasile 3,8 3,61 -7,2 48,8 Messico 17,0 17,3 2,7 17,2 Argentina 14,5 14,2 13,3 52,9 Colombia 2920 2980 -2,0 31,6 Venezuela* n.d. 1000 n.s n.s Cile 650 670 -4,6 16,8 Peru 3,2 3,28 -1,1 14,6 (*) Tasso di cambio sul mercato non ufficiale denominato. Il tasso di cambio fisso per i beni essenziali dopo la svalutazione del marzo scorso è stato fissato pari a 10 VEB : 1 USD . Fonte: Thomson Reuters. Previsioni: Consenso Thomson Reuters e Intesa Sanpaolo

Feb 16 Media 10a Valutazione Art IV FMI (*)

Brasile 69,2 88,7 Sotto Messico 81,6 100,1 Sotto Argentina 65,0 60,0 n.d. Colombia 67,8 91,9 Sotto Venezuela 860,4 179,4 n.d. Cile 88,6 97,2 Sotto Perù 97,5 99,0 In linea (*) Scarto tra cambio reale effettivo attuale e cambio di equilibrio calcolato dal FMI Fonte: FMI, Thomson Reuters

Il deprezzamento delle valute ha effetti molteplici sulle economie latino americane, alcuni positivi, altri negativi. Nello specifico si registra un incremento degli incassi in valuta locale dalle esportazioni che compensa, almeno in parte, il calo delle quotazioni delle materie prime. Inoltre si determina un guadagno di competitività che è tuttavia parzialmente eroso dai maggiori costi dei prodotti importati e dai probabili aumenti salariali richiesti a fronte dell’accelerazione dell’inflazione. Inoltre, la struttura delle esportazioni è fortemente sbilanciata verso le materie prime (notevole eccezione il Messico dove le esportazioni di prodotti manifatturieri hanno un peso nettamente preponderante) che, in quanto espresse in dollari, non sono sensibili a variazioni del tasso di cambio. Per cui, il deprezzamento del cambio nominale ha corretto

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passate condizioni di sopravalutazione del cambio reale effettivo rispetto al suo valore di equilibrio, ma nella maggior parte dei paesi il saldo commerciale è peggiorato (sebbene la debolezza della domanda interna abbia determinato un calo delle importazioni) e con esso quello corrente, nonostante i minori oneri per la renumerazione dei capitali investiti nel Paese. Notevole eccezione il Brasile (che ha una relativamente ampia esposizione al manifatturiero, seppur inferiore a quella del Messico) e ha inoltre beneficiato del calo delle importazioni a seguito della debolezza della domanda interna.

Saldo corrente (USD miliardi) Struttura esportazioni (quote %) Saldo commerciale Saldo corrente 2015 2014 2015 2014 Brasile 17,7 -4,0 -58,9 -91,3 Messico -14,5 -2,6 -32,4 -24,1 Argentina -0,5 5,9 -15,9 -8,1 Colombia -14 -4,6 -18,9 -19,6 Venezuela 1,5 27,2 1,5 27,2 Cile 3,5 6,3 -4,8 -3,3 Perù -3,2 -1,4 -8,4 -8,1

Agricoli Minerari Oil ManifatturieroBrasile 36 22 9 42 Messico 3 12 12 85 Argentina 39 21 7 40 Colombia 10 70 65 20 Venezuela 3 94 94 3 Cile 8 56 1 36 Perù 20 64 12 16

Fonte: EIU Fonte: Uffici statistica nazionali

La volatilità del cambio e la congiuntura negativa del mercato delle materie prime stanno avendo effetti pure sulla parte finanziaria della Bilancia dei Pagamenti. Il peggioramento dei saldi visto nel 2015 in Brasile e Colombia riflette la frenata degli IDE nel minerario e degli investimenti esteri di portafoglio. Il Messico sta invece beneficiando di consistenti investimenti diretti nel manifatturiero, soprattutto nel settore auto, più che controbilanciati però dalla contrazione degli investimenti esteri di portafoglio. Il saldo finanziario dell’Argentina è migliorato nella prima metà dello scorso anno grazie agli swap in valuta con la Cina e al favorevole confronto con il 2014 quando sul dato degli IDE pesò la contabilizzazione del disinvestimento (causa nazionalizzazione) di Repsol nella compagnia petrolifera nazionale YPF. Tutti i paesi hanno registrato una calo delle riserve valutarie nel 2015.

Saldo finanziario e variazione riserve valutarie (USD miliardi)

Posizione Finanziaria Internazionale Netta (USD miliardi)

2015 2014 Var. riserve 2015 Brasile 53,1 89,8 -5,9 Messico 33,8 57,9 -1,6 Argentina 14,3 9,5 5,5 Colombia 9,2 10,1 -0,2 Venezuela n.d. n.d. n.d. Cile 4,9 4,9 -1,7 Perù 10,2 6,8 -0,7

2015 2014 2008Brasile -468 -793,0 -243,7Messico -418 -426,7 -344,3Argentina n.d. 73,9 57,3Venezuela n.d. 146,8 126,7Colombia -123,5 -117,9 -54,0Cile -45,1 -35,7 -29,8Perù -63 -61 -30,3

Fonte: Banche centrali Fonte: Thomson Reuters – Datastream

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3. Mercati finanziari e agenzie di rating

La dipendenza della posizione esterna e di quella fiscale dalle entrate da materie prime e il fabbigno di capitali esteri per finanziare i deficit di conto corrente rendono il merito di credito dei paesi dell’America Latina particolarmente vulnerabile nell’attuale fase congiunturale. Questa condizione ha portato nel corso del 2015 ad un generalizzato allargamento dei CDS spread e a rialzo dei rendimenti dei titoli obbligazionari. Alcuni paesi appaiono meglio attrezzati di altri. E’ il caso del Cile, che ha un debito estero contenuto e una posizione fiscale solida. Colombia, Messico e Perù stanno perseguendo politiche di consolidamento fiscale e di aggiustamento dei tassi che dovrebbero alimentare la fiducia degli investitori e sostenere la valuta nel medio termine. Pure l’Argentina, sotto la nuova amministrazione, ha fatto passi visti con favore dai mercati (cfr segue).

CDS spread e rating Rendimenti benchmark decennali

0 100 200 300 400 500

Brasile (BB)

Messico (BBB+)

Argentina (B-)*

Venezuela (CCC)

Colombia (BBB/N)

Cile (AA-)

Peru (BBB+)

Apr-14 Apr-15

9

12

15

18

3

4

5

6

7

8

9

10

apr-13 apr-14 apr-15 apr-16

MXCOCLPEBR scala destra

(*) per Argentina rating debito valuta locale Fonte: S&P

Fonte: Thomson Reuters

Il deterioramento delle finanze pubbliche e i crescenti dubbi, dato il quadro politico domestico, sulla capacità delle Autorità di riportare i conti dello Stato hanno indotto S&P a togliere al Brasile l’investment grade lo scorso settembre (il rating è stato di nuovo tagliato lo scorso febbraio ed ora è pari a BB). Il Brasile si aggiunge così al Venezuela (da B- a CCC secondo S&P) tra i paesi oggetto di un taglio di rating nel 2015. S&P ha inoltre di recente introdotto un outlook negativo al rating BBB della Colombia.

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Nota America Latina

19 aprile 2016

Intesa Sanpaolo – Direzione Studi e Ricerche 8

4. Le prospettive dei singoli paesi

Brasile Previsioni macro PMI manifatturiero e servizi

2014 2015 2016P 2017P PIL 0,1 -3,8 -3,8 0,0 Inflazione media 6,3 9,0 8,7 6,1 Deficit Stato/PIL -6,0 -10,3 -8,7 -8,5 Debito Stato/PIL 63,3 73,7 76,3 80,5 Saldo corrente/PIL -4,3 -3,3 -2,0 -1,5 Debito estero/PIL 23,0 30,6 33,6 33,0 Import cover 13,7 17,6 17,0 16,1 Fonte: FMI, EIU, Banca centrale

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mar-13 mar-14 mar-15 mar-16

manifatturieroservizi

Fonte: Thomson Reuters

Il quadro congiunturale e le prospettive

Nel 2015 il PIL è diminuito del 3,8% in termini reali (+0,1% nel 2014). I dati congiunturali più recenti segnalano una persistente debolezza del ciclo. Nel 1° trimestre 2016 la produzione e la domanda di veicoli sono cadute entrambe del 28% mentre la produzione manifatturiera ha registrato un calo superiore al 10%. Il PMI manifatturiero (46) e servizi (36,9) si trovavano a marzo 2016 ben al di sotto del valore critico di 50. La fine del lungo ciclo rialzista delle materie prime, che costituiscono con i derivati della lavorazione delle stesse quasi i tre quarti delle esportazioni, ha evidenziato gli squilibri del modello di sviluppo seguito dal Brasile e ha reso non più rinviabili gli interventi di consolidamento fiscale e le riforme del sistema economico, troppo rigido e protetto. Questi interventi, che nel breve termine hanno effetti depressivi sull’economia, richiedono una forte determinazione politica che la coalizione alla guida del Paese ormai da più di dodici anni (prima con Lula da Silva ora con Dilma Rousseff,) molto frammentata e ora di fatto paralizzata da una inchiesta per fatti di corruzione che sta coinvolgendo i vertici del Paese e dalla procedura di impeachment di cui è oggetto il Presidente, non ha. Le previsioni più recenti indicano un ulteriore ampio calo del PIL quest’anno (-3,8% per il FMI e il consenso dell’indagine della Banca centrale) e una economia sostanzialmente ferma nel 2017.

Politica monetaria e tassi

Il tasso tendenziale d’inflazione, dal picco del 10,7% toccato lo scorso gennaio, ha iniziato un processo di rientro (9,4% a marzo) che dovrebbe portare lo stesso a chiudere l’anno attorno al 7%. Nonostante l’attesa frenata dell’inflazione, gli spazi di manovra della Banca centrale per allentare la politica monetaria quest’anno appaiono limitati. La più recente indagine della Banca centrale presso le istituzioni finanziarie indica il tasso di riferimento Selic al 13,40% a fine 2016 dall’attuale 14,25%, seguito da una discesa più marcata nel 2017 (a 12,25%). Negli ultimi mesi vi è stata una significativa revisione al rialzo delle aspettative sui tassi dovuta alle preoccupazioni riguardo il possibile impatto negativo che il deterioramento del clima politico, con i conseguenti ritardi delle misure di stabilzzazione, potrebbe avere sul tasso di cambio. Secondo la maggioranza degli analisti, il recupero del rapporto di cambio verso il dollaro visto nelle ultime settimane (BRL/USD da 4 ad inizio anno a 3,70 attuale) non appare sostenibile. Nonostante il miglioramento del saldo di conto corrente, sul cambio pesano i minori flussi di capitale sia per IDE che investimenti di portafoglio scoraggiati dalle incerte prospettive dell’economia e dalle incertezze riguardo la direzione che sta prendendo la gestione del Paese. Le ultime previsioni di consenso indicano il cambio BRL/USD a 3,80 a fine 2016 e a 4,0 a fine 2017.

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19 aprile 2016

Intesa Sanpaolo – Direzione Studi e Ricerche 9

Messico Previsioni macro ISM

2014 2015 2016P 2017P PIL 2,3 2,5 2,4 2,6 Inflazione media 4,0 2,7 2,9 3,0 Deficit Stato/PIL -4,6 -4,1 -3,5 -3,0 Debito Stato/PIL 49,5 54,0 54,9 54,9 Saldo corrente/PIL -1,9 -2,8 -2,6 -2,6 Debito estero/PIL 33,3 38,7 45,9 46,4 Import cover 5,4 5,0 4,7 4,6 Fonte: FMI, EIU

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manifatturiero

Servizi

Fonte: Banca centrale

Il quadro congiunturale e le prospettive

Nel 2015 la crescita del PIL ha accelerato al 2,5%, dal 2,3% del 2014. La sostenuta domanda dagli USA e l’ampio deprezzamento del cambio hanno spinto la domanda di manufatti esportati, con ricadute positive sull’occupazione, i salari e la domanda interna. L’economia comincia inoltre a beneficiare delle recenti riforme tese a liberalizzare e aumentare la competitività di settori prima eccessivamente regolamentati e protetti. Questi interventi hanno favorito nuovi investimenti nel settore idrocarburi, nella generazione elettrica e nelle telecomunicazioni e aumentato la competitività nel settore finanziario. I dati congiunturali e quelli prospettici segnalano una dinamica sempre sostenuta dei settori più dipendenti dalla domanda estera, come il manifatturiero, e una stabilizzazione della parte servizi, più influenzata dalle componenti interne. L’indicatore IMEF delle aspettative degli imprenditori del settore manifatturiero (analogo all’ISM negli USA e al PMI europeo), era pari a 51,6 a marzo 2016, confermandosi sopra il livello critico di 50 per il 20° mese consecutivo. L’indicatore della fiducia dei consumatori, pari a 89,6 a marzo 2016, il livello più basso dallo scorso agosto, ha segnalato che il deprezzamento del cambio e i rialzi dei tassi cominciano ad influenzare le decisioni di spesa delle famiglie. Il basso prezzo del petrolio costituisce inoltre un disincentivo agli investimenti nell’importante settore idrocarburi, con conseguente rischio di sorprese negative per questa componente della domanda. Nel suo recente rapporto sul paese la Banca centrale ha tagliato di mezzo punto rispetto alle precedenti previsioni il range di stima della crescita del PIL sia nel 2016 (al 2-3%) che nel 2017 (al 2,5-3,5%).

Politica monetaria e tassi

Il tasso tendenziale d’inflazione, pari al 2,6% a marzo, si trova nella parte bassa della fascia obiettivo (3+/-1). Il rialzo del tasso core (al 2,9% a marzo, il livello più alto da 12 mesi) e le pressioni sul cambio hanno tuttavia portato la Banca centrale a muoversi in modo più aggressivo del previsto dietro la Fed USA. Il tasso di riferimento a partire dallo scorso dicembre è stato alzato a più riprese, dal 3% all’attuale 3,75%. La forza del dollaro, il crollo del prezzo degli idrocarburi, la minore propensione dei capitali internazionali ad investire nei mercati emergenti e l’attività di copertura da parte di imprese e di investitori non residenti delle posizioni in titoli messicani hanno determinato un nuovo ampio deprezzamento del cambio. Il peso ha perso il 17% del proprio valore verso il dollaro nel 2015, portandosi oltre i 17 MXN : 1 USD. Nell’ultimo anno il cambio reale effettivo si è così deprezzato di oltre il 10%, accentuando la condizione di sottovalutazione evidenziata dal FMI nel rapporto Art IV dello scorso novembre. Con quasi la metà delle passività con l’estero che riguardano investimenti di portafoglio, le prospettive di recupero della valuta dipendono fortemente dal ritorno della propensione al rischio sul mercato internazionale dei capitali e dallo spread dei tassi verso gli USA.

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19 aprile 2016

Intesa Sanpaolo – Direzione Studi e Ricerche 10

Argentina

Previsioni macro Indice fiducia consumatori 2014 2015 2016P 2017P PIL 0,4 2,1 -1,0 2,8 Inflazione media 37,6 n.d. n.d. n.d. Deficit Stato/PIL -4,1 -7,4 -6,4 -5,5 Debito Stato/PIL 45,1 56,5 60,7 60,9 Saldo corrente/PIL -1,4 -2,8 -1,7 -2,2 Debito estero/PIL 25,5 22,2 31,7 30,1 Import cover 4,7 4,1 4,3 4,9 Fonte: FMI, EIU

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mar-13 mar-14 mar-15 mar-16 Fonte: Thomson Reuters

Il quadro congiunturale e le prospettive

Il nuovo Governo dell’Argentina guidato da Mauricio Macri, che si è insediato lo scorso dicembre alla Presidenza del Paese, nei primi mesi del suo mandato ha preso alcuni importanti provvedimenti. L’Amministrazione ha trovato un accordo con gli investitori che non avevano accettato le proposte di ristrutturazione dei titoli oggetto del default del 2002 fatte in passato dal Governo argentino e che avevano beneficiato di una sentenza del Tribunale distrettuale di New York che imponeva all’Argentina di rimborsare in toto i titoli dagli stessi posseduti. Questo passo era indispensabile per permettere all’Argentina di tornare a raccogliere fondi sul mercato internazionale dei capitali. Inoltre, sono stati rimossi i controlli sul mercato dei cambi che mantenevano il cambio ufficiale sopravalutato e alimentavano un mercato non ufficiale dove il peso era scambiato ad ampio sconto e, inoltre, ostacolavano l’attività commerciale. Sono stati poi ampiamente tagliati i dazi sulle importazioni di soia che frenavano l’attività di trasformazione e esportazioni dell’importante settore agricolo. Infine, accogliendo gli inviti del FMI e di Istituti indipendenti, è stata avviata la riforma dell’ufficio statistico che ha tuttavia comportato la temporanea sospensione della pubblicazione dei dati dell’inflazione e del PIL con l’obiettivo di arrivare a rilevazioni più credibili.

A fine marzo l’Ufficio Statistico ha fornito stime preliminari del tasso di crescita nel 2015, indicato pari al 2,1%, spinto soprattutto dal settore agricolo (+6,4%). E’ probabile che le riforme in corso, le misure di consolidamento fiscale e l’ampio deprezzamento del cambio avranno nel breve un impatto negativo sulla domanda interna. Nel 1° trimestre 2016 la domanda di auto è diminuita del 22,8% a/a. Il PIL è previsto scendere dell’1% nel 2016. Successivamente il miglioramento del clima economico domestico dovrebbe portare ad una significativa accelerazione della crescita.

Politica monetarie e tassi

Da metà dicembre, il peso si è deprezzato di quasi il 50% verso il dollaro, portandosi a metà aprile a 14,50 ARS: 1 USD. Il nuovo regime di cambio flessibile ha portato all’azzeramento del gap tra il cambio ufficiale e il cambio sul mercato non ufficiale e l’Argentina è tornata ad accumulare riserve valutarie. Il Governo argentino si appresta a raccogliere 16,5 miliardi sul mercato internazionale dei capitali con l’emisissione di titoli a diverse scadenze (3, 5, 10 e 30 anni). Il prestito ha riscosso una domanda quattro volte superiore all’offerta. Una larga parte dell’incasso (circa 11 miliardi) servirà a finanziare il citato accordo coi creditori. Il resto servirà a rinpinguare le riserve valutarie e a finanziare il deficit corrente.

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19 aprile 2016

Intesa Sanpaolo – Direzione Studi e Ricerche 11

Venezuela Previsioni macro Inflazione e M2 (var. % a/a)

2014 2015 2016P 2017P PIL -4,0 -5,7 -8,0 -4,5 Inflazione media 62,2 121,7 482 1643 Deficit Stato/PIL -15,2 -18,7 -24,5 -25,0 Debito Stato/PIL 48,5 48,8 36,0 27,1 Saldo corrente/PIL 1,4 -7,6 -6,6 -2,5 Debito estero/PIL 24 19 14,8 12,4 Import cover (*) 4,3 4 4,3 4,6 (*) Il rapporto considera le sole riserve valutarie (stimate a fine 2015 pari poco più di 4 miliardi) ma non considera circa dieci miliardi di riserve auree e 40 miliardi di altre attività in valuta (inclusi crediti in valuta per forniture petrolifere a paesi amici comunque di dubbia esigibilità). Fonte: FMI, EIU

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Fonte: Banca centrale

Il quadro congiunturale e le prospettive

L’economia del Venezuela sta risentendo pesantemente dell’ampio calo del prezzo del petrolio in quanto gli idrocarburi contribuiscono alla quasi totalità delle esportazioni (94% in base ai dati ufficiali più recenti) e circa i due terzi delle entrate fiscali. Inoltre le passate misure di poltica economica di stampo dirigista quali le nazionalizzazioni, le restrizioni al commercio e i controlli sui prezzi e sul cambio hanno portato a carenze dal lato dell’offerta, a un’inflazione fuori controllo e a condizioni che scoraggiano l’iniziativa privata. Secondo dati preliminari forniti dalla Banca centrale il PIL è diminuito del 5,7% in termini reali nel 2015 dopo la contrazione del 4% registrata nel 2014. I consumi sono scesi del 6,5% e gli investimenti del 12,5%. Il tasso tendenziale d’inflazione ha accelerato al 180,9% a fine 2015, dal 68,5% a fine 2014. Il FMI prevede un’ulteriore marcata contrazione del PIL sia nel 2016 (-8%) che nel 2017 (-4,5%).

Politica monetaria e tassi

Nei primi mesi del 2015 è continuato il finanziamento monetario del deficit, che avviene soprattutto attraverso i prestiti della Banca centrale alla compagnia petrolifera statale PDVSA. A febbraio 2016 M2 cresceva ad un tasso superiore al 100%. Il crollo del prezzo del petrolio sta determinando una carenza di valuta e pressioni insostenibili sulle finanze pubbliche. A fine febbraio i prezzi dei carburanti sono stati interessati da un forte aumento (sino al 6000%, pur risultando ancora molto al di sotto dei prezzi di mercato).

Riguardo la posizione esterna, sulla carta le riserve e le altre attività in valuta, stimate attorno ai 50 miliardi di dollari, superano gli impegni a servizio del debito del prossimo triennio (stimati attorno ai 28 miliardi di dollari - 8 miliardi nel 2016 - a cui si aggiungono 6 miliardi di dollari di prestiti dalla Cina da saldare con forniture petrolifere). Gran parte delle attività sono però o smobilizzabili con difficoltà o di dubbia esigibilità (come i crediti ai paesi amici su passate forniture di petrolio).

A partire da inizio marzo il Governo ha svalutato il cambio ufficiale valido per l’acquisto dei beni di prima necessità portandolo da 6,3 a 10 VEF per 1 USD. Inoltre ha unificato i due mercati Sidac (il mercato gestito dalla Banca centrale, strettamente regolamentato: le Autorità decidono l’ammontare offerto, i settori economici beneficiari ed il tasso di cambio di assegnazione) e Simadi dove privati ed aziende possono ottenere valuta da banche e uffici di cambio autorizzati ad un cambio libero con limiti quantitativi, in un unico mercato denominato Dicom dove il cambio è stato inizialmente fissato pari a 200 VEF : 1 USD e che in seguito variarà secondo le condizioni di mercato. Nonostante questa ennesima riforma del mercato valutario, la carenza di valuta ed i rapporti di cambio ufficiali irrealistici continuano ad alimentare un mercato non ufficiale dove gli scambi avvengono attualmente ad oltre 1000 VEB : 1 USD.

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19 aprile 2016

Intesa Sanpaolo – Direzione Studi e Ricerche 12

Colombia Previsioni macro Indice fiducia imprese

2014 2015 2016P 2017P PIL 4,4 3,1 2,5 3,0 Inflazione media 2,9 5,0 6,8 5,0 Deficit Stato/PIL -1,8 -2,8 -3,1 -2,7 Debito Stato/PIL 44,3 49,4 49,3 48,0 Saldo corrente/PIL -5,2 -6,5 -6,0 -4,3 Debito estero/PIL 27,0 36,9 42,6 41,4 Import cover 7,5 8,7 9,0 8,4

Fonte: FMI, EIU

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feb-13 feb-14 feb-15 feb-16 Fonte: Thomson Reuters Datastream

Il quadro congiunturale e le prospettive

Nel 2015 la crescita del PIL ha frenato ulteriormente portandosi al 3,1%, dal 4,4% nel 2014, anche se quella della Colombia si è confermata tra le economie più dinamiche in America Latina. La congiuntura negativa del mercato degli idrocarburi, i ripetuti rialzi dei tassi d’interesse, le misure di aggiustamento fiscale, l’accelerazione dell’inflazione e la perdita di valore della moneta stanno avendo effetti negativi sulla fiducia dei consumatori e sulla domanda interna sia di beni di consumo che di investimento. Nel 1° trimestre 2016 i consumatori pessimisti hanno nettamente superato gli ottimisti (indice pari a -20,1). La fiducia degli imprenditori sta invece mostrando una maggiore tenuta (indice pari a 25,4 a febbraio il livello più alto dallo scorso agosto), sostenuta soprattutto dagli ordini dall’estero: questi ultimi stanno beneficiando del rafforzamento della competitività delle merci esportate, determinato dall’ampio deprezzamento della moneta. La debolezza della domanda interna del settore privato è in parte bilanciata, oltre che dall’attesa crescita delle esportazioni di manufatti, dagli investimenti pubblici in abitazioni e in infrastrutture. Una ulteriore spinta verrà dalla ripresa produttiva nell’importante raffineria di Cartagena, chiusa nel 2015 per lavori di ristrutturazione e espansione. La crescita del PIL è prevista dal FMI frenare attorno al 2,5% nel 2016 per poi accelerare al 3% nel 2017 (rispetto ad un potenziale stimato pari al 4%), quando l’economia è attesa ricevere una spinta dalla congiuntura più favorevole per il mercato degli idrocarburi ed il Paese dovrebbe cominciare a beneficiare dell’impatto positivo su alcune attività degli accordi con la guerriglia. La Banca centrale ha indicato per il PIL nel 2016 un range di espansione molto ampio (1,5%-3,2%).

Politica monetaria e tassi

Il tasso tendenziale d’inflazione, pari all’8% a marzo 2016, si trova dal febbraio 2015 al di sopra del limite superiore della fascia obiettivo (2%-4%). Gli effetti del deprezzamento del cambio e della siccità sui prezzi si sono ormai per la maggior parte manifestati. Il tasso tendenziale è visto frenare verso il 6% alla fine del corrente anno. La Banca centrale ha alzato a più riprese il tasso di riferimento, portandolo al 6,5% a marzo 2016 dal 4,5% ad inizio 2015. Nonostante sette rialzi consecutivi, restano rischi al rialzo. Infatti i tassi reali d’interesse sono negativi e le pressioni inflazionistiche sono ancora forti. Nel corso del 2015 il peso colombiano, come altre valute latinoamericane, è stato interessato da nuove pressioni ribassiste, perdendo un terzo del proprio valore rispetto al dollaro e chiudendo l’anno a 3150 COP : 1 USD. Successivamente il cambio ha recuperato, spinto dal rimbalzo del petrolio, riportandosi a metà aprile a ridosso di 2900 COP : 1 USD. Durante l’attuale fase di turbolenza valutaria le Autorità non hanno contrastato le spinte al deprezzamento ma hanno lasciato slittare il cambio per favorire l’aggiustamento dell’economia al mutamento dello scenario esterno, nello specifico al peggioramento della ragione di scambio delle materie prime esportate. Il cambio reale effettivo nell’ultimo anno si è deprezzato di un ulteriore 20%, portandosi ben al di sotto della media di lungo periodo. Sebbene il cambio sia sottovalutato, la sua dinamica dipende fortemente dagli idrocarburi.

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Intesa Sanpaolo – Direzione Studi e Ricerche 13

Cile Previsioni Macro Indice IMACEC

2014 2015 2016P 2017P PIL 1,9 2,1 1,5 2,1 Inflazione media 4,4 4,3 4,1 3,0 Deficit Stato/PIL -1,5 -2,3 -3,0 -3,0 Debito Stato/PIL 15,1 17,1 19,8 22,5 Saldo corrente/PIL -1,3 -2,0 -2,1 -2,7 Debito estero/PIL 57,8 65,0 69,7 68,9 Import cover (*) 5,8 6,4 6,3 5,7 (*) Le riserve non includono i Fondi Sovrani Fonte: FMI, EIU

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Il quadro congiunturale e le prospettive

Nel 2015 la crescita del PIL è stata pari al 2,1%, leggermente superiore all’1,9% del 2014. La spinta è venuta principalmnete dai consumi pubblici (+5,7%) mentre i consumi privati hanno frenato (da +2,4% a +1,5%) e gli investimenti sono risultati di nuovo in calo (-1,5% dopo -4,2% nel 2014). Questa componente sta risentito del clima meno favorevole determinato da alcune riforme che hanno comportato maggiori oneri fiscali e salariali per le imprese e del peggioramento della congiuntura delle materie prime che ha frenato gli investimenti nel minerario. Per quanto riguarda l’offerta, la produzione agricola è cresciuta del 5,6%, beneficiando di condizioni climatiche più favorevoli, mentre attività di pesca e minerario hanno registrato una contrazione.

L’indice composito IMACEC, considerato una buona proxy dell’andamento del PIL poiché è costruito con il 90% delle sue componenti sulla base della matrice input-output, ha mostrato un passo di crescita tendenziale nel bimestre gennaio-febbraio 2016 pari all’1,7%, in accelerazione rispetto al +1,2% del 4° trimestre 2015, sostenuto dai servizi. La produzione manifatturiera e quella minaria sono invece scese (-1,6% e -4,8% rispettivamente nel 1° bimestre). La debolezza degli investimenti dovuta alla congiuntura negativa nel minerario e al ritracciamento delle costruzioni (dopo la forte crescita vista nel quadriennio 2011-14) continuerà a pesare sull’economia nei prossimi mesi mentre i consumi sono attesi risentire dei tagli dell’occupazione nel minerario e dell’impatto negativo sul reddito disponibile della relativamente alta inflazione. La Banca centrale ha di recente tagliato la sua previsione del range di crescita del PIL nel 2016 a 1,25-2,25% da 2-3% precedente.

Politica monetaria e tassi

Con l’inflazione oltre il limite superiore dalla fascia obiettivo del 2%-4% (a marzo il tendenziale era pari al 4,5%), la Banca centrale nel comunicato dopo la riunione di metà aprile non ha escluso (anche se con toni meno forti che nella riunione di marzo) la possibilità di nuovi rialzi dei tassi nei prossimi mesi, dopo quelli operati a partire dallo scorso ottobre, che avevano portato il tasso di riferimento dal 3% all’attuale 3,5%. Dopo essersi deprezzato di un ulteriore 16% nel corso del 2015 (a CLP 709 : 1 USD), penalizzato dalla perdita di ragione di scambio determinata dal calo del prezzo del rame e dalla contrazione degli investimenti diretti e di portafoglio, nei primi mesi del 2016 il peso ha messo a segno un contenuto recupero (+6% a 660 CLP : 1 USD a metà aprile). Il cambio reale effettivo, che si è deprezzato del 5% nell’ultimo anno, è al di sotto della sua media di lungo periodo (86 a febbraio rispetto a 98, dato medio decennale) e risulta sottovalutato secondo il FMI. Questa condizione fa prevedere un apprezzamento nel medio periodo, in uno scenario di ripresa del prezzo del rame e di maggiore propensione al rischio sul mercato internazionale dei capitali.

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Intesa Sanpaolo – Direzione Studi e Ricerche 14

Perù Previsioni Macro Indice attività economica

2014 2015 2016P 2017P PIL 2,4 3,3 3,5 4,5 Inflazione media 3,2 3,5 3,1 2,5 Deficit Stato/PIL -0,3 -2,2 -2,2 -1,4 Debito Stato/PIL 20,7 23,1 25,3 25,5 Saldo corrente/PIL -4,0 -4,4 -3,9 -3,3 Debito estero/PIL 32,8 35,6 37,8 36,4 Import cover (*) 15,4 16,3 15,5 14,6 .(*) Le reserve non includono le attività in valuta dei Fondi Sovrani Fonte: FMI, EIU

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feb-13 feb-14 feb-15 feb-16 Fonte: Banca centrale

Il quadro congiunturale e le prospettive

Grazie al balzo registrato nell’ultimo trimestre dell’anno (+4,7% tendenziale), la crescita del PIL nel 2015 ha sorpreso al rialzo (+3,3% rispetto al +2,4% nel 2014) pur restando lontana dal passo medio visto nel decennio 2005-14 (+6,2%) quando l’economia del Perù aveva beneficiato, oltre che del lungo ciclo rialzista del mercato delle materie prime esportate, di condizioni di finanziamento esterno favorevoli. L’elevato peso di agricoltura e pesca (superiore al 6%) e minerario (12%) nell’economia aggiunge volatilità alla crescita. Lo scorso anno vi è stato un aumento sostenuto delle attività di pesca (+40,8%) e del minerario (+13% grazie ai metalli in particolare il rame) che hanno più che bilanciato il calo del manifatturiero (-0,2%) e delle costruzioni (-1,2%). Dal lato della domanda si è registrata una dinamica sostenuta dei consumi pubblici (+5,4%) in un anno pre-elettorale, mentre gli investimenti sono diminuiti (-5,1%) per il secondo anno consecutivo riflettendo la debolezza delle costruzioni e il completamento di importanti progetti di sfruttamento delle risorse minerarie. Nel bimestre gennaio-febbraio 2016 la crescita del PIL è rimasta sostenuta (+4,2%). Il minerario continuerà a dare una spinta alla crescita. Grazie ai bassi costi di estrazione, il Perù, terzo produttore di rame nel mondo, in una fase di prezzi bassi è in grado di togliere quote di mercato ad altri paesi (su tutti al Cile). La Banca centrale prevede che il PIL registrerà un aumento del 4% nel 2016 e del 4,6% nel 2017.

Le elezioni Presidenziali vedono due candidati (Keiko Fujimori e Pablo Kucynski), su posizioni centriste e con un programma di continuità con le precedenti gestioni che mettono l’accento sulle riforme economiche, la semplificazione fiscale, la lotta alla corruzione e gli investimenti pubblici in infrastrutture, affrontarsi nel ballottaggio il prossimo 5 giugno.

Politica monetaria e tassi

Nel 2015 il SOL peruviano si è deprezzato di un ulteriore 15% sul dollaro portandosi a 3,40 PEN : 1 USD. A metà aprile 2016 il cambio verso il dollaro era in live recupero (sotto 3,30). La perdita di valore della moneta ha alimentato pressioni inflazionistiche con il tendenziale pari al 4,3% a marzo 2016, oltre il limite superiore della fascia obiettivo (2% +/-1). Per contrastare queste spinte la Banca centrale ha portato il tasso di riferimento al 4,25% dal 3,25% di un anno fa. Nell’ultima riunione la Banca centrale, che vede l’inflazione frenare nella seconda metà dell’anno, ha lasciato i tassi invariati mentre ha aumentato il coefficiente di riserva. Le Autorità con una economia dollarizzata sono intervenute per contrastare le spinte al deprezzamento. Inoltre il Perù lo scorso febbraio ha ottenuto dalla Banca Mondiale una linea di credito per complessivi 3 miliardi a cui eventualmente attingere per sostenere le finanze pubbliche. Il merito di credito del Paese resta tuttavia alto (rating BBB+) in un confronto regionale e di recente il Perù ha raccolto senza difficoltà 1 miliardo di euro ad uno spread di 295pb sopra il tasso swap.

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Nota America Latina

19 aprile 2016

Intesa Sanpaolo – Direzione Studi e Ricerche 15

Intesa Sanpaolo Direzione Studi e Ricerche - Responsabile Gregorio De Felice Tel 02 8021 + (3) Tel 02 879 + (6) International Research Network - Responsabile Gianluca Salsecci 35608 [email protected] Economista - America Latina, CSI e MENA Giancarlo Frigoli 32287 [email protected] Economista - Asia Emergenti Silvia Guizzo 62109 [email protected] Economista - CEE e SEE Antonio Pesce 62137 [email protected] Economista - Commercio e Industria Wilma Vergi 62039 [email protected] Economista - Banche e Mercati Davidia Zucchelli 32290 [email protected]

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