+ All Categories
Home > Documents > Notazione_adiastematica_NEUMI

Notazione_adiastematica_NEUMI

Date post: 05-Dec-2015
Category:
Upload: michelerusso
View: 6 times
Download: 3 times
Share this document with a friend
Description:
Notazione_adiastematica_NEUMI
13
Paolo Fradiani La Notazione Neumatica
Transcript
Page 1: Notazione_adiastematica_NEUMI

Paolo Fradiani

La Notazione

Neumatica

Page 2: Notazione_adiastematica_NEUMI

7

Considerazioni sulla nascita della notazione musicale

La comparsa delle prime forme di scrittura musicale può essere interpretata come il segnale di una profonda mutazione nella percezione del mondo sonoro da parte dell’uomo occidentale. La possibilità di tradurre l’evento sonoro in oggetto visivo innesca infatti quel processo culturale che porterà progressivamente alla perdita della preminenza del senso dell’udito su quello della vista affidando la continuità del sapere a un supporto fruibile eminentemente con gli occhi. Conservazione e tradizione da ricordo e memoria diventeranno sempre più annotazione. Questo passaggio epocale è gravido di conseguenze che meritano una riflessione di carattere generale.

Nessuna forma di notazione musicale è in grado di descrivere minuziosamente la complessità dei parametri di un oggetto sonoro sino al punto da sostituirsi del tutto all’esperienza uditiva. Ogni notazione infatti presuppone a monte la scelta di alcuni parametri che vengono rappresentati dal tratto, mentre la traduzione di tutti gli altri aspetti viene affidata a regole di gusto convenzionali tramandate per lo più in forma orale. Ciò che viene trasferito sul supporto cartaceo è dunque la rappresentazione grafico-simbolica solo di alcune qualità o particolarità della realtà sonora mentre la rappresentatività delle grafie è garantita dalla rilevanza sociale del loro uso. E’ inoltre necessario che questi dati siano arricchiti da una quantità di condotte non rilevabili dalla notazione ma comunque presenti nello strato sociale entro il quale questa si è prodotta.

La produzione e ri-produzione musicale è del resto largamente influenzata dall’enfasi che inevitabilmente assumono i parametri notazionabili. La coscienza auditiva tenderà sempre più a concentrare l’attenzione verso quegli elementi sonori oggettivati in una forma grafica socialmente significativa rendendoli sempre più elementi caratteristici del sistema musicale stesso. Tra sistema musicale e sistema notazionale vi è dunque una interdipendenza e una influenza reciproca.

Ora, la storia della trasmissione scritta del canto gregoriano si distende lungo un arco di tempo così ampio che le condizioni contestuali di ricezione e decodifica dei vari sistemi sono cambiate notevolmente. Il passare dei secoli cancella quel supporto costituito dalle regole convenzionali e la stessa produzione e ri-produzione basata sul testo scritto verrà privata della maggior parte degli elementi che ne costituivano la cornice interpretativa originaria. La paleografia musicale nasce proprio per tentare di ricostruire il più possibile il panorama di quel mondo “non scritto” sulla base di uno studio oculato delle fonti a disposizione le quali, se ben interrogate, sono in grado di dirci molto più di quanto non sembri.

Distinzione tra codici adiastematici e diastematici

L’esigenza di mettere per iscritto le melodie per lungo tempo affidate alla sola memoria dei cantori si manifestò quasi contemporaneamente, in modo sorprendente, in tutta Europa, intorno al X secolo. La tradizione orale doveva restare comunque, a lungo, a supporto della notazione come appare chiaro dall’osservazione dei più antichi segni musicali, che rappresentano la melodia in modo assai rudimentale: da essi è possibile ricavare il numero delle note cantate su ciascuna sillaba, ma non gli intervalli sulle note stesse; i segni indicano solo il disegno melodico, vale a dire che i suoni si susseguono salendo, discendendo o all’unisono (e spesso questa indicazione non è data che per i

Page 3: Notazione_adiastematica_NEUMI

8

suoni rappresentati da una stessa unità grafica). I primi codici, infatti, contengono una notazione “in campo aperto” (detta anche adiastematica), cioè senza rigo, che presuppone pertanto la conoscenza della melodia da parte del cantore. Ma se nulla, o molto poco, quei segni ci dicono della melodia, essi sono insostituibili per la straordinaria accuratezza con la quale riportano le caratteristiche ritmiche ed espressive della melodia stessa. Non si pensi che, essendo questi agli inizi della scrittura musicale, si sia qui di fronte a tentativi più o meno riusciti: se non è dato, allo stato attuale degli studi, di valutare con sicurezza la questione dell’evoluzione e della perfettibilità delle notazioni “in campo aperto”, si deve comunque riconoscere che i codici più antichi sono anche ritmicamente più precisi.

La precisione nell’indicazione degli intervalli melodici (diastemazia) verrà solo più tardi, in momenti differenti a seconda delle varie regioni. In Aquitania (sud della Francia e attuale Spagna) la diastemazia viene abbozzata nel X secolo e diviene perfetta nell’ XI secolo attraverso il riferimento ad una linea tracciata a secco, al di sopra e al di sotto della quale venivano poste le note. La notazione, melodicamente imprecisa, “in campo aperto” sopravviverà però a lungo nei paesi germanici e resterà in uso in Svizzera fino al XV secolo.

Una visione sintetica della tradizione manoscritta del canto gregoriano si può così indicare in tre fasi:

1 - VIII secolo: tradizione puramente letteraria, dei soli testi dei canti senza alcuna notazione musicale

2 - X secolo: gli stessi testi con notazione in campo aperto

3 - dal X-XI secolo in poi: i segni musicali vengono tracciati con riferimento ad una linea, dapprima immaginaria, poi tracciata a punta secca, alla quale si aggiungono una o più linee, una delle quali viene spesso colorata per distinguere il grado sopra il semitono; la linea di colore rosso indica il Fa, quella di colore giallo o verde il Do, secondo il metodo diffuso da Guido d’Arezzo nell’ XI secolo.

Sulle tre fasi storiche sinteticamente indicate, si deve basare la restituzione critica dei canti, tenendo presente che al passaggio da una fase alla seguente corrisponde una inevitabile diminuzione della compattezza della tradizione, rispetto all’unanimità delle testimonianze e alla certezza delle lezioni proposte. I manoscritti su rigo sono necessari per noi che, a differenza degli antichi cantori, non conosciamo più le melodie trascritte sulle quattro linee classiche del tetragramma è insufficiente e incompleto, poiché con la diastemazia i codici hanno perso, almeno in gran parte, la possibilità di comunicarci, oltre agli intervalli musicali, le caratteristiche ritmiche ed espressive indispensabili per dare forma e vita a quelle melodie. Vero è che la distinzione corrente fra manoscritti “ritmici” e manoscritti “melodici” non corrisponde. In tutto, ai fatti, anche manoscritti diastematici fino ad oggi tenuti in scarsa considerazione, dal punto di vista ritmico, possono infatti contenere preziose indicazioni espressive nello stesso senso dei manoscritti adiastematici, più affidabili. Tuttavia, almeno ai fini didattici, è bene conservare questa classificazione sommaria e soprattutto distinguere i due significati di ciascun segno manoscritto; in altre parole le due informazioni fondamentali che ogni segno potenzialmente può offrire e cioè il significato melodico e il significato ritmico ed espressivo in genere.

Page 4: Notazione_adiastematica_NEUMI

9

Il neuma

Vengono chiamati “neumi” quei segni che dal IX al XIII secolo costituiscono la scrittura musicale e che attraverso varie trasformazioni divennero la base della notazione gregoriana classica tuttora in uso, detta notazione quadrata. Il temine “neuma” viene dal greco ����� (segno,cenno), ma prima di essere usato nel senso odierno fu messo in relazione con altre due parole greche cioè ������ (soffio, fiato) o ����: (melodia, formula melodica). Adesso sarà pertinente invece considerare brevemente l’origine dei nomi dei neumi, cioè quelle particolari denominazioni usate per definire i segni fondamentali o determinati gruppi di segni che riuniscono singoli elementi grafici.

Verso la fine del X secolo, dunque in un’epoca in cui tutti i neumi delle varie zone e regioni si differenziano dal punto di vista della forma grafica, appaiono determinate denominazioni di singoli segni: possiamo seguire il loro sviluppo storico attraverso le tavole dei neumi che indicano i nomi classici. In particolare si può osservare che alcuni manoscritti italiani tramandano nomi che nelle regioni di lingua tedesca, che troviamo riportata in una ventina di codici: si tratta della stessa terminologia che usiamo oggi. Bisogna anche considerare che i teorici medievali fanno uso raramente di questi termini il cui impiego è pertanto provato dalle tavole neumatiche stesse, più che dai testi letterali medievali.

Va ancora sottolineato un fatto: i neumi usati per designare i singoli segni neumatici derivano dalle forme neumatiche proprie della notazione sangallese, largamente diffusa nei paesi di lingua tedesca.

Nome Neuma corrispondente

(S.Gallo) Neuma quadrato del XV

sec. Segni moderni

Virga

Punctum

Pes (o Podatus)

Clivis

Scandicus

Climacus

Torculus

Page 5: Notazione_adiastematica_NEUMI

10

Porrectus

Come esempio si pensi al piccolo neuma chiamato apostropha (o semplicemente stropha), di cui si tratterà in seguito: il suo nome corrisponde a quello del segno usato nella scrittura letteraria, l’apostrofo, appunto, che Isidoro di Siviglia descrive, nel suo primo libro di etimologie, come “piccolo semicerchio aperto verso sinistra”. Ebbene soltanto l’apostropha sangallese corrisponde a questa descrizione; tuttavia il nome si è generalizzato e vale per i segni corrispondenti delle altre notazioni che pure non hanno la stessa forma. Le tavole dei neumi sono state sommariamente distinte in due versioni: tabula brevis e tabula prolixior. Esse contengono talvolta differenti denominazioni (flexa al posto della clivis, podatus al posto del pes): la ragione è stata indicata, in alcuni casi, nell’esigenza di adattare il nome stesso ad un testo in versi, dunque con un numero prefissato di sillabe.

Origine dei neumi

Il problema dell’origine dei neumi è forse destinato a rimanere insoluto. Mancano infatti i presupposti fondamentali per far luce sulla questione: non sappiamo con certezza in quali manoscritti si possono individuare i primi neumi, né siamo a conoscenza della loro forma. Quando, nel IX secolo, ricoprono interi codici, i neumi presentano già fin da allora molteplici forme, grafie differenti, da un codice all’altro, ed è difficile provare che una grafia sia più antica di un’altra. Riportiamo pertanto le principali ipotesi sul problema, in estrema sintesi, soffermandoci soltanto sulla teoria più diffusa, dovuta alla scuola di Solesmes.

Teoria dell’origine dai segni ecfonetici1 bizantini

Questa tesi fa derivare la notazione neumatica latina dai segni ecfonetici bizantini. La notazione ecfonetica consiste in una serie di segni aggiuntivi al testo sacro per facilitarne la cantillazione; il significato del termine ekphonesis è: pronuncia distinta, proclamazione o lettura ad alta voce, non più parola soltanto, ma ancora non canto. Questi segni, tuttavia, si differenziano dai neumi poiché non costituiscono una vera e propria notazione musicale e riguardano solo determinate parti del testo: si trattava, in sostanza, di adattare le formule melodiche all’inizio e alla fine di un periodo, di un inciso o, in genere, di gruppi di parole, mentre la cantillazione intermedia veniva eseguita “semplicemente”, in un certo senso come si esegue ancor oggi la lectio solemnis. Si capisce perciò come questa notazione appaia il più delle volte incompleta e comunque non costituisca un sistema definito. A questa teoria si oppone un argomento di ordine cronologico: se anche i segni di cantillazione si possono far risalire ad un periodo anteriore (fine IV secolo), la loro diffusione e il loro completo sviluppo si hanno solo a partire dal X-XI secolo, quando i segni neumatici hanno già una loro storia.

Teoria dell’origine dai segni sintetici ebraici

Il riferimento principale viene fatto al sistema ebraico di segni: mnemotecnica (Taamim). Si tratta di grafie poste nei libri liturgici ebraici corrispondenti sia ad un sistema di punteggiatura letteraria o, piuttosto, salmodia del testo (flexa, cadenza mediante, cadenza finale) sia ad un procedimento mnemotecnico per richiamare un’intera formula melodica. La forma di alcuni di questi segni ha forti

1 dal greco ekph�n�sis, esclamazione, pronunzia]. Notazione ecfonetica, sistema di notazione basato su accenti e segni convenzionali che vengono posti sopra il testo da cantare e che, diversamente dai neumi, indicano il succedersi di formule melodiche prefissate.

Page 6: Notazione_adiastematica_NEUMI

11

somiglianze con quella dei neumi. Ma anch’essi, come i segni ecfonetici bizantini, non costituiscono un vero sistema di notazione, quanto una specie di stenografia2: il principio su cui sono sviluppati è ben diverso da quello che regge la scrittura neumatica, di natura analitica più che sintetica.

Teoria dell’origine dai segni grammaticali

Questa teoria considera i segni grammaticali nel loro insieme, composto sia dagli accenti tonici, sia dai segni propri della prosodia, ai quali possono aggiungersi altri segni come, ad esempio, l’apostrofo. Questo orientamento ipotizza due forme originarie di notazione, l’una legata al rito romano-gregoriano e fondata su neumi-accenti, l’altra propria del rito gallicano, basata esclusivamente su punti. La prima sarebbe derivata dagli accenti tonici della lingua latina, la seconda dai segni prosodici indicanti la lunghezza della vocale. Mentre la prima forma di notazione si sarebbe diffusa in Italia, Germania e nella Gallia settentrionale, nonché in Inghilterra attraverso i viaggi missionari degli anni 594-604, la seconda si sarebbe formata in Aquitania in un periodo incerto, ma prima del pontificato di Gregorio Magno. Altre notazioni si sarebbero sviluppate dalla commistione di quelle due forme originarie. La difficoltà maggiore di questa teoria sta nell’impossibilità, di fatto, di poter far risalire ad un’epoca tanto remota delle forme di notazione. Vero è che possediamo numerosi frammenti di libri liturgici di un’epoca precedente il X secolo; ma studi approfonditi hanno dimostrato, da un lato, che i casi isolati di neumi che raramente si incontrano in questi frammenti sono il risultato di aggiunte posteriori, dall’altro che quei neumi di cui si può presupporre la contemporaneità ai libri del IX secolo, presentano ancora forme embrionali, poco sviluppate.

Teoria dell’origine dagli accenti grammaticali

E’ la più antica teoria ed è quella che ha avuto maggiori consensi e diffusione, soprattutto grazie alla scuola di Solesmes3, alla quale si deve anche l’approfondimento della teoria stessa. Essa presenta affinità con la teoria precedente, pur restringendo, almeno come base, l’origine dei neumi fondamentali, cioè virga e punctum, all’accento acuto e grave ; dalla combinazione dei due segni derivano altri neumi come ad esempio pes, clivis e porrectus. L’origine dei neumi, in tal modo, si trova in segni essenzialmente musicali, quali si possono considerare i segni degli accenti, espressione di quella sottile melodia (cantus obscurior), assai varia quanto ad intervalli e sfumature, che la voce umana esprime specialmente nella declamazione. Dalla melodia oratoria deriva appunto la notazione oratoria. In epoca più recente si è allargato il campo di osservazione, all’interno di questa teoria, ad altri segni usati nei testi letterari: i segni di abbreviazione , i segni di contrazione , il punto interrogativo . Tutti mostrano particolari analogie non solo grafiche, ma anche di significato con i neumi propri di questa o quella scuola. E’ interessante notare che l’accoglimento della teoria più verosimile sulle origini del repertorio gregoriano, quella cioè della formazione del repertorio in terra franca, avrebbe rilievo positivo anche relativamente a questa teoria dell’origine dei neumi e comunque che le due teorie potrebbero appoggiarsi l’una a l’altra. L’argomento storico, insieme a quello paleografico, permetterebbe di comprendere quella che fu l’elaborazione delle notazioni neumatiche nel corso del IX secolo, in

2 Tecnica di scrittura manuale che si attua mediante l'uso di segni convenzionali per l'abbreviazione di sillabe, parole o frasi 3 Piccolo centro della Francia noto per la celebre abbazia benedettina, fondata intorno al 1010 e divenuta, nell’Ottocento centro della rinascita del canto gregoriano. Ai benedettini di Solesmes si deve infatti il vasto movimento di restaurazione che, iniziato nel 1833, sfociò nella nuova edizione del corpus delle melodie gregoriane, ufficialmente approvata e adottata dalla Chiesa nel 1904. Da ricordare in questo senso l’opera di P. Guéranger, J. Pothier, A. Mocquereau (fondatore della Paléographie musicale, 1889, raccolta dei più importanti codici gregoriani in edizione critica), B. Pitra, G. Molitor, A. Schibiger, P. Ferretti, G. Suñol e J. Gajard.

Page 7: Notazione_adiastematica_NEUMI

12

seno ad una vera e propria civiltà del libro che creò un nuovo tipo di scrittura letteraria, la carolina4.

L’importanza della liturgia, del canto liturgico, in una civiltà di questo tipo, doveva portare a ricercare un sistema pratico di scrittura musicale, tanto più necessario se si voleva sostituire un nuovo repertorio, il gregoriano, a quello antico, il gallicano. Dall’insieme dei segni grammaticali venne elaborato un primo sistema di notazione, la paleofranca5, dalla quale derivano tutte le altre, pur con le caratteristiche proprie di ciascuna; gli elementi accessori delle scrittura letteraria assunsero il significato di suoni musicali. La scelta fu imposta dalla natura stessa dei segni, ad esempio per l’accento acuto e grave, oppure venne suggerita per analogia. Un altro aspetto di questa teoria è la considerazione del ruolo che può essere stato svolto nella scelta di determinanti segni grafici della mimica di un direttore di coro nel tracciare la melodia attraverso il movimento delle mani (Chironomia). Alla base del sistema si trova l’intenzione di tradurre una melodia mediante il gesto e di fissare il gesto per mezzo di segno grafico: il nuema è un gesto “inchiostrato” sulla pergamena. Dunque, nello scriptorium del IX secolo, grammatici, musici e amanuensi avrebbero elaborato alla creazione della notazione musicale.

La famiglie neumatiche

Le melodie sono state scritte attraverso differenti procedimenti di notazione: nella medesima epoca coesistono vari sistemi grafici propri di questa o quella zona. Già nell’apparire delle prime testimonianze neumatiche, i singoli segni mostrano forme chiaramente differenziate secondo le varie regioni di provenienza. Una delimitazione di queste regioni non è possibile attraverso comuni criteri storici o geografici, ma viene solitamente fatta da studiosi, segnatamente dai paleografi, in apposite mappe neumatiche che indicano la diffusione delle varie notazioni in rapporto alle varie regioni e soprattutto ai più importanti scriptoria, i centri storici esistiti nel medioevo, solitamente annessi alle biblioteche non solo dei monasteri, ma anche dei capitoli cattedrali e delle scuole vescovili. L’insieme dei codici notati attraverso un determinato sistema di notazione definisce la famiglia neumatica, che è il risultato della diffusione di quel particolare tipo di notazione. La molteplicità delle notazioni porta ad alcune considerazioni: ai cantori di una regione era familiare una notazione e, di conseguenza, l’uso di un libro di canto di provenienza straniera aveva come

4 La minuscola carolina o scrittura di cancelleria è uno stile di scrittura creato durante la rinascita carolingia avvenuta sotto il regno di Carlo Magno nei secoli VIII e IX.Messa a punto per la prima volta nel monastero benedettino di Corbie, trasformando la minuscola corsiva, allora usata dai notari in varie versioni regionali, in una nuova scrittura caratterizzata da una forma regolare delle singole lettere e dall'eliminazione delle legature e delle abbreviazioni. Fu prima adottata dai grandi monasteri per la trascrizione delle sacre scritture, poi fu insegnata nelle scuole vescovili e monastiche e quindi utilizzata dalle pubbliche amministrazioni per tutti gli atti ufficiali. Venne a sostituire il particolarismo grafico dei secoli VII e VIII. È una dalle canonizzazioni delle scritture semicorsive e semplificava in particolare i caratteri "a" e "t" per poter distinguerli in maniera più semplice. La grafica elegante e la forma dei caratteri più accurata. Fu molto importante perché facilitò la trascrizione di testi classici agli amanuensi, semplificò notevolmente la comunicazione internazionale e diede una nuova spinta alla rinascita e diffusione della cultura nei secoli altomedievali. Nel corso del tardo medioevo fu affiancata da altri due tipi di scrittura, la scrittura notarile e la scrittura corsiva che prese il sopravvento sulle altre due. La minuscola carolina rimase comunque in utilizzo per i libri e gradualmente si trasformò diventando infine la littera textualis. La minuscola cadde poi in disuso nel basso medioevo in favore della scrittura gotica, per poi venire ripresa dai primi umanisti come Coluccio Salutati e Poggio Bracciolini (che la credevano scrittura degli antichi Romani): fece così da base alla minuscola umanistica rotonda, che a sua volta fece da modello per i primi caratteri da stampa, che si sono poi evoluti fino ai caratteri tutt'ora usati.

5 Durante il IX secolo si assiste ai primi tentativi di scrittura musicale: segni posti sui margini di testi, spesso strofe di poesia classica. Si tratta della cosiddetta scrittura paleofranca.

Page 8: Notazione_adiastematica_NEUMI

13

presupposto l’appropriazione di un differente tipo di scrittura o la traduzione dei segni grafici estranei alla notazione conosciuta; così pure è lecito supporre che alla diffusione di una notazione abbia contribuito la fondazione di nuove comunità monastiche. Si distinguono solitamente le notazioni pure dalle notazioni miste. Le prime hanno origine nei più importanti centri scrittori: l’abbazia di S. Gallo, in Svizzera, è una delle più note di queste scuole di notazione. La scrittura sangallese ebbe lunga vita e larga diffusione grazie alla sua limpidezza, ma, nel tempo, subì delle trasformazioni dovute all’allontanamento dal luogo di origine e dall’assunzione di particolarità proprie delle regioni vicine, mutandosi così in una notazione mista. Altri importanti centri scrittori insieme alle regioni in cui si trovano diffuse varie notazioni sono indicate nella mappa neumatica riportata qui di seguito.

Page 9: Notazione_adiastematica_NEUMI

14

1 - Notazione primitiva

2 - Notazione nonantoliana

3 - Notazione di Novalesa

4 - Notazione milanese

5 - Notazione dell'Italia centrale

6 - Notazione beneventana

7 - Notazione inglese

8 - Notazione di S.Gallo

9 - Notazione tedesca

10 - Notazione metense

11 - Notazione del nord della Francia

12 - Notazione di Chartres

13 - Notazione aquitana

14 - Notazione visigorica

15 - Notazione catalana

Page 10: Notazione_adiastematica_NEUMI

15

Page 11: Notazione_adiastematica_NEUMI

32

La liquescenza

Il fenomeno della liquescenza nasce dalla particolare conformazione fonetica di alcune sillabe e della loro articolazione: tocca direttamente la corretta pronuncia e l’intelligibilità della parola latina, pertanto costituisce un aspetto essenziale del canto gregoriano. Questa complessità nell’articolazione fa prendere, agli organi vocali, una posizione transitoria che diminuisce e soffoca il suono. E’ evidente che tale fenomeno si manifesta unicamente al passaggio sillabico e non all’interno di un melisma; verrà dunque coinvolta l’ultima nota del neuma. Tale difficoltà si manifesta in particolar modo nei seguenti contesti:

a) incontro di due o tre consonanti (non con-fun-den-tur Domine); b) dittonghi7 au, ei, eu (gau-dete, elei-son; eu-ge); c) lettera j (nell’uso della Vaticana sempre i) fra due vocali (allelu-ia): in questo caso si effettua

una sorta di “anticipazione”, dovendo pronunciare la ”i” come se appartenesse alla sillaba precedente. E’ ciò che accade anche nel contesto alla seguente lettera d):

d) lettere m, g tra due vocali (la g deve essere seguita da e o da i: cla-mor; re-ges). Gli antichi notatori evidenziano il fenomeno liquescente mediante una modifica del segno neumatico, con l’impiego quindi di grafie specifiche. I recenti studi sulla liquescenza non si sono tuttavia limitati a constatare la presenza di particolari grafie, al contrario, è stata ricercata una logica ed una coerenza nel loro impiego. Il problema si manifesta in modo evidente laddove è possibile verificare un’alternanza nell’uso di una grafia liquescente all’interno di simili contesti di ordine fonetico. In altre parole, ad una stessa articolazione sillabica che porta, a volte, una grafia liquescente, può altre volte sostituirsi ad una grafia non liquescente. Tale constatazione non è in contraddizione con quanto sopra affermato, al contrario, risponde ad una sottile quanto solida logica che impedisce la schematizzazione del fenomeno liquescente. Quest’ultimo, infatti, va sempre posto in relazione ad un preciso contesto, che non interessa solamente le qualità fonetiche delle sillabe interessate, ma coinvolge, come si avrà modo di constatare, le specifiche caratteristiche di ordine melodico e ritmico.

7 unione di due vocali in una sola sillaba

Page 12: Notazione_adiastematica_NEUMI

33

Le lettere

In molti manoscritti i segni neumatici sono attorniati da lettere, sigle e abbreviazioni. Una notizia di Ekkehart IV cronista di S. Gallo, morto nel 1036, attribuisce a Romanus, il cantore inviato da Roma a S. Gallo verso il 790, l’introduzione dell’uso di queste lettere dette pertanto lettere romaniane o anche, spesso indicate come litterae significativae. Se la notizia è leggendaria, il significato delle lettere sangallesi è storicamente accertato grazie alla spiegazione contenuta nella famosa epistola di Notker, monaco di S. Gallo, morto nel 912, a frater lantbertus: la sua contemporaneità alle fonti più antiche ne fa un documento di importanza fondamentale soprattutto per il ruolo che ha avuto nella scoperta del significato ritmico dei segni, degli episemi, innanzitutto, nonché delle grafie neumatiche stesse. Questo breve trattato ci è stato conservato, in forma completa o abbreviata, in undici manoscritti che datano dal 1000 fino al XV secolo. Il manoscritto 381 di S. Gallo, fra i più antichi testimoni, è stato pubblicato da Dom Mocquereau in due tavole del tomo quarto della Paleographie Musicale, il volume che contiene il codice E, senz’altro il sangallese più ricco di lettere. A questo proposito, si devono distinguere le lettere di S.Gallo da quelle di Laon; non possediamo, infatti, alcuna spiegazione autentica delle lettere metensi, al significato delle quali si può, però, risalire con certezza attraverso lo studio comparativo che ne rivela la sostanziale affinità con quelle sangallesi. La presenza di Notker in un manoscritto del X secolo di provenienza metense, si spiega attraverso le relazioni esistite tra la scuola di Metz e quella di S.Gallo e chiarisce, al tempo stesso, quell’affinità di cui si diceva, nell’uso delle lettere delle due scuole. Soprattutto è importante distinguere le due categorie in cui le lettere possono essere raggruppate, in base all’indicazione di carattere melodico o ritmico che possono fornire.

Lettere con significato melodico

Altius – più elevato

Levare – più in alto

Sursum – in direzione dell’alto, più in alto

Inferius – oppure Iusum – discendere più in basso, più grave

Deprimatur – verso il grave

Equiliter – unisono, oppure relazione semitonale, ma anche indicazione di una ripetizione melodica

Page 13: Notazione_adiastematica_NEUMI

34

Lettere con significato ritmico

Celeriter – velocemente, rapido, fluido, spigliato

Tenere – trattenere, largo, allargato, allungato, contestualmente importante

Statim oppure Strictim – subito, di seguito, concatenamento immediato

Expectare – attendere, articolare, distinguere

Lettere che si trovano frequentemente in composizione con le precedenti

Mediocriter – mediamente, un poco soltanto

Valde – molto, assai

Bene – bene, eseguire la nota o la sfumatura implicata o il passaggio

Parvum – piccolo, un poco, ben poco; oppure Parum - meno