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NotiCum n. 10 - 2014

Date post: 06-Apr-2016
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NotiCum è il mensile della Fondazione CUM (Centro Unitario per la Cooperazione Missionaria fra le Chiese) dedicato al mondo della missione. Titolo del primo piano di questo numero, "Maria, stella dell'evangelizzazione".
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D iscepoli di Gesù in un tempo così diverso, cosi in- comprensibile, Papa Francesco ci invita a guardare Maria, imparare da Lei... Già ce lo raccomandava San Giovanni Paolo II: “Come gli apostoli dopo l’ascensione di Cristo, la Chiesa deve radunar- si nel Cenacolo «con Maria, la Madre di Gesù», (At 1,14) per implorare lo Spirito e ottenere forza e coraggio per adempie- re il mandato missionario”. Papa Francesco, ardente dello spirito giovane e mariano delle Chiese dell’America Latina, raccoglie e concretizza l’invito del suo predecessore. Nella esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” rilegge il Cantico di Maria e vi scopre alcune fondamentali caratteristiche della missione nei nostri giorni, sia che sia rivolta ai vicini come ai lontani. Scrive Papa Francesco: “Vi è uno stile mariano nell’attività evangelizzatrice della Chiesa. Perché ogni volta che guar- diamo a Maria torniamo a credere nella forza rivoluzionaria della tenerezza e dell’affetto. In lei vediamo che l’umiltà e la tenerezza non sono virtù dei deboli ma dei forti, che non hanno bisogno di maltrattare gli altri per sentirsi impor- tanti. Guardando a lei scopriamo che colei che lodava Dio perché «ha rovesciato i potenti dai troni» e «ha rimandato i ricchi a mani vuote» (Lc 1,52.53) è la stessa che assicura calo- re domestico alla nostra ricerca di giustizia. È anche colei che conserva premurosamente «tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19). Maria sa riconoscere le orme dello Spirito di Dio nei grandi avvenimenti ed anche in quelli che sembrano impercettibili. È contemplativa del mistero di Dio nel mondo, nella storia e nella vita quotidiana di ciascuno e di tutti. È la donna orante e lavoratrice a Nazareth, ed è anche nostra Signora della premura, colei che parte dal suo villaggio per aiutare gli altri «senza indugio» (Lc 1,39). Que- sta dinamica di giustizia e di tenerezza, di contemplazione e di cammino verso gli altri, è ciò che fa di lei un modello eccle- siale per l’evangelizzazione”. Giustizia, tenerezza, contemplazione, premura verso gli altri, sono virtù mariane, virtù concrete, indispensabili al missionario. Giustizia. La missione avrà sempre una connotazione ca- ritativa. Il missionario, però, che va verso popoli e persone che sempre più prendono coscienza di una storia di sfrut- tamento ed oppressione, che vogliono essere se stessi, si chiede cosa significa giustizia e se ne fa portatore con la parola, la vita, la denuncia, il sostegno di ogni giusta causa. Non chiude gli occhi. Per questo tanti missionari hanno rischiato e rischiano la vita. Tenerezza. È la parola che meglio esprime l’amore con- creto che muove l’evangelizzatore. Significa gentilezza, accoglienza, compagnia, compassione, perdono. Contemplazione. Non c’è missione senza contemplazio- ne, senza lo sguardo fisso su Gesù, quello della Croce, quello dell’Eucarestia, quello che il missionario incontra ferito sulle strade del mondo. Premura verso gli altri. Il missionario non è un colonizza- tore, è un cristiano disposto a lasciare la sua cultura, la sua storia, per assumere la cultura, la storia del popolo a cui vuole donare Gesù. Con la premura di Maria che: “si alzò e andò in fretta” (Lc 1.39). Maria “Stella della nuova evangelizzazione, aiutaci a risplendere nella testimonianza della comunione, del servizio, della fede ardente e generosa, della giustizia e dell’amore verso i poveri, perché la gioia del Vangelo giunga sino ai confini della terra e nessuna periferia sia priva della sua luce”. editoriale di Crescenzio Moretti ANNO 52 - n. 10 - OTTOBRE 2014 NotiCum IL VOLTO DELLA MISSIONE MARIA, STELLA DELL’EVANGELIZZAZIONE Periodico edito da Fondazione CUM - Lungadige Attiraglio, 45 - Poste Italiane spa - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Verona In caso di mancato recapito rinviare all’ufficio postale di Verona, detentore del conto, per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa - Taxe perçue
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D iscepoli di Gesù in un tempo così diverso, cosi in-comprensibile, Papa Francesco ci invita a guardare Maria, imparare da Lei...

Già ce lo raccomandava San Giovanni Paolo II: “Come gli apostoli dopo l’ascensione di Cristo, la Chiesa deve radunar-si nel Cenacolo «con Maria, la Madre di Gesù», (At 1,14) per implorare lo Spirito e ottenere forza e coraggio per adempie-re il mandato missionario”. Papa Francesco, ardente dello spirito giovane e mariano delle Chiese dell’America Latina, raccoglie e concretizza l’invito del suo predecessore. Nella esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” rilegge il Cantico di Maria e vi scopre alcune fondamentali caratteristiche della missione nei nostri giorni, sia che sia rivolta ai vicini come ai lontani.Scrive Papa Francesco: “Vi è uno stile mariano nell’attività evangelizzatrice della Chiesa. Perché ogni volta che guar-diamo a Maria torniamo a credere nella forza rivoluzionaria della tenerezza e dell’affetto. In lei vediamo che l’umiltà e la tenerezza non sono virtù dei deboli ma dei forti, che non hanno bisogno di maltrattare gli altri per sentirsi impor-tanti. Guardando a lei scopriamo che colei che lodava Dio perché «ha rovesciato i potenti dai troni» e «ha rimandato i

ricchi a mani vuote» (Lc 1,52.53) è la stessa che assicura calo-re domestico alla nostra ricerca di giustizia. È anche colei che conserva premurosamente «tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19). Maria sa riconoscere le orme dello Spirito di Dio nei grandi avvenimenti ed anche in quelli che sembrano impercettibili. È contemplativa del mistero di Dio nel mondo, nella storia e nella vita quotidiana di ciascuno e di tutti. È la donna orante e lavoratrice a Nazareth, ed è anche nostra Signora della premura, colei che parte dal suo villaggio per aiutare gli altri «senza indugio» (Lc 1,39). Que-sta dinamica di giustizia e di tenerezza, di contemplazione e di cammino verso gli altri, è ciò che fa di lei un modello eccle-siale per l’evangelizzazione”. Giustizia, tenerezza, contemplazione, premura verso gli altri, sono virtù mariane, virtù concrete, indispensabili al missionario. Giustizia. La missione avrà sempre una connotazione ca-ritativa. Il missionario, però, che va verso popoli e persone che sempre più prendono coscienza di una storia di sfrut-tamento ed oppressione, che vogliono essere se stessi, si chiede cosa significa giustizia e se ne fa portatore con la parola, la vita, la denuncia, il sostegno di ogni giusta

causa. Non chiude gli occhi. Per questo tanti missionari hanno rischiato e rischiano la vita.Tenerezza. È la parola che meglio esprime l’amore con-creto che muove l’evangelizzatore. Significa gentilezza, accoglienza, compagnia, compassione, perdono.Contemplazione. Non c’è missione senza contemplazio-ne, senza lo sguardo fisso su Gesù, quello della Croce, quello dell’Eucarestia, quello che il missionario incontra ferito sulle strade del mondo.Premura verso gli altri. Il missionario non è un colonizza-tore, è un cristiano disposto a lasciare la sua cultura, la sua storia, per assumere la cultura, la storia del popolo a cui vuole donare Gesù. Con la premura di Maria che: “si alzò e andò in fretta” (Lc 1.39).

Maria “Stella della nuova evangelizzazione,aiutaci a risplendere nella testimonianza della comunione,

del servizio, della fede ardente e generosa,della giustizia e dell’amore verso i poveri,

perché la gioia del Vangelogiunga sino ai confini della terra

e nessuna periferia sia priva della sua luce”.

editorialedi Crescenzio Moretti

ANNO 52 - n. 10 - OTTOBRE 2014

NotiCumIL VOLTO DELLA MISSIONE

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A Parma le saveriane sono ancora sotto chock e la direzione generale ha in-caricato sr Silvia Marsili di rispondere al flusso di telefonate di giornalisti e persone che chiedono informazioni e soprattutto il perché di tanta efferatez-

za. E il perché non si riesce a trovare nell’incredibile successione di morte avvenuta domenica 7 settembre nella missione di Kamenge, periferia di Bujumbura, capitale del Burundi. La comunità di suore saveriane dà una mano nella parrocchia dedicata al fondatore della famiglia saveriana mons. Guido Maria Conforti ed è guidata da questi missionari con sede a Parma. La comunità delle missionarie è composta da quattro suore: tre italiane anziane – sr Suor Lucia Pulici, 75 anni, suor Olga Raschietti, 83, sr Bernardetta Boggian 79 anni - e sr Clementine, di origine congolese. Ecco la dinamica, come ce la descrive sr Silvia Marsili. Domenica 7 settembre pomeriggio le suore si recano all’aeroporto per l’arrivo delle consorelle che rientrano dopo il capitolo generale svoltosi nelle settimane precedenti a Parma. Rimangono in casa

sr Lucia e sr Olga. Le altre due consorelle della comunità con le nuove arrivate tor-nano alla missione verso le 16 trovando la porta chiusa e nessuno che risponde alle chiamate. Cercano le suore nella vicina casa dei padri ma invano. Ritornano nella casa e notano un vetro rotto e una porta secondaria, sul retro dell’abitazione, aperta. Entrano e trovano sr Lucia e sr Olga in una pozza di sangue, sgozzate e con il cranio fracassato da una pietra. Nella missione scatta l’allarme e si mobilita tutto il quartie-re: inizia il via vai di polizia, rappresentanti del governo, arriva il nunzio, lo chock è fissato sui volti delle suore, dei padri e di quanti conoscono le missionarie, accorsi alla missione appena appresa la notizia. I corpi delle due suore vengono portati via. Arriva la sera, tutti tornano nelle loro case, le suore si ritirano nelle loro stanze. Di notte all’improvviso un urlo, che sembra provenire da dentro casa. Le suore non escono dalle loro stanze, chiuse a chiave. Si chiamano sui cellulari, l’unica a non rispondere è sr Bernardetta. Aspettano l’arrivo subitaneo dei padri saveriani. Solo allora escono dalle loro stanze, l’unica porta non chiusa a chiave era quella di sr Bernardetta, che trovano riversa sul letto, uccisa con le stesse modalità delle due consorelle nel pomeriggio. A Parma e a Kemenge non riescono a darsi pace per questa efferatezza e per questa successione incredibile di morte. Le tre suore saveriane uccise avevano alle spalle una lunghissima esperienza missionaria.

IL CORDOGLIO DI CUM, MISSIO E UFFICIO NAZIONALE

NotiCUMn.10 - ottobre 2014

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TRE SAVERIANE UCCISE IN BURUNDI

La morte domenica 7 settembre a Kemenge. Colpiscono la dinamica e l’efferatezza riversata sulle anziane missionarie

MARIA, STELLA DELL’EVANGELIZZAZIONEprimo piano

MISSIONARIE DI MARIA SAVERIANEVIA OMERO 4

43123 PARMA

SIAMO VICINI ALLA FAMIGLIA SAVERIANA PER LA PERDITA DELLE SORELLE MISSIONARIE DI MARIA SUOR LUCIA, SUOR OLGA E SUOR BERNARDETTE UCCISE IERI IN BURUNDI NELLA SUPREMA TESTIMONIANZA DI UNA VITA DONATA PER LA CAUSA DEL VANGELO E PER IL BENE DEI PIÙ POVERI. AFFIDIAMO LE LORE ESISTENZE ALLA MISERICORDIA DEL PADRE CELESTE INVOCANDO NELLA LUCE DELLA FEDE CONFORTO E CONSOLAZIONE PER I FAMILIARI E LE CONSORELLE TUTTE. FONDAZIONE MISSIO, DIREZIONE NAZIONALE POM, UFFICIO COOPERAZIONE MISSIONARIA CEI, CUM

MITTENTE:FONDAZIONE MISSIO VIA AURELIA 79600165 ROMADa sinistra: sr Bernardetta Boggian, sr Olga Raschietti e sr Lucia Pulici

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Parole di Vangelodi Giandomenico Tamiozzo

INSIEME CON MARIA, LA MADRE DI GESÙ

S i legge nel libro degli Atti, che, dopo l’ascensione di Gesù al cielo, gli apostoli ritornarono a Gerusalemme e “salirono al piano superiore (il cenacolo) dove abi-tavano. C’erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Barto-

lomeo e Matteo, Giacomo di Alfeo e Simone lo Zelòta e Giuda di Giacomo. Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la ma-dre di Gesù e con i fratelli di lui” (Atti 1,13s). Com’era stata presente alla vita di Gesù, così Maria continuò a restare vicina ai discepoli del Suo Figlio, la piccola comunità di credenti che aveva aderito alla fede cristiana. Il testo sopra citato è l’ultimo riferimento biblico che noi conserviamo di Maria, dal punto di vista cronologico, fatta eccezione di quel brano dell’Apocalisse di san Gio-vanni, dove si parla di una “donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. Era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto” (Ap. 12,1s). Secondo gli esegeti, questa donna rappresenta il popolo santo dei tempi messianici e quindi la chiesa perseguitata, ma probabilmente Giovanni pen-sava anche a Maria, la nuova Eva, la madre del Messia, quella madre che il discepolo amato aveva ricevuto in custodia da Gesù morente sulla croce, e che prese con sé in casa sua, probabilmente a Efeso, dove Giovanni fu il patriarca delle sette chiese a cui indirizzò le rispettive lettere contenute nei primi capitoli dell’Apocalisse, l’ultimo libro della Bibbia.Insieme con Maria, la madre di Gesù: potrebbe essere questo il leit motive del posto di Maria nella missione della chiesa di sempre, fin dagli inizi, quando Gesù aveva cominciato a raccogliere i suoi primi discepoli. Maria fu accanto a Gesù nei momenti salienti della sua vita pubblica, come lo era stata durante tutti i trent’anni di vita na-scosta, mistero di umiltà e di esemplare fedeltà nella quotidianità della vita. Maria mostrò Gesù ai pastori e ai Magi, come continua oggi a fare la Chiesa diffusa nel mondo intero e chiamata a evangelizzare e servire soprattutto i poveri e gli umili della terra; Maria, con Giuseppe, presentò Gesù al tempio, come oggi continua a presentare la chiesa al Dio Altissimo, perché sia “tutta dedita alle cose del Padre” e

alla causa del Regno; Maria, con Giuseppe, difese il Bimbo divino perseguitato e minacciato di morte da Erode timoroso di perdere il suo potere, e continua a difen-dere anche oggi coloro che credono nel suo Figlio Benedetto, minacciati e braccati dalla furia di chi ancora non ha capito che la chiesa non esiste per fare paura, ma per servire e aiutare; Maria si preoccupò del Suo figlio, quando la gente lo pensava “fuori di sé” per il suo insegnamento e per i miracoli che compiva, e oggi continua a preoccuparsi di quanti si impegnano a coltivare e diffondere la sapienza di Cristo e a prendersi cura di quei malati ai quali tante volte Gesù ha ridato salute e conforto; Maria era certamente accanto al Figlio e ai suoi discepoli assieme a quel gruppo di donne, che seguivano Gesù nel suo itinerario di predicatore itinerante e lo assiste-vano con i loro beni (cfr. Lc. 8,1ss); Maria fu ancora vicina a chi aveva bisogno di quel primo segno miracoloso di Gesù alle nozze di Cana, per il quale intercedette presso il Figlio, a gioia di tutti i convenuti, e a consolidamento della fede iniziale dei primi discepoli, e continua oggi il suo ruolo di prima tra gli intercessori presso il Cristo, il Signore degli impossibili. La missione di Maria raggiunse il suo apice - che fu anche il suo momento più keno-tico e drammatico, come gli aveva predetto il profeta Simeone (“una spada ti trafig-gerà l’anima”) - quando rimase vicina alla croce del Redentore, sfidando gli esecutori di quella impietosa e ignominiosa condanna a morte dell’Unico Giusto, e condivise il dolore del frutto del suo grembo, in modo eroico, divenendo così compartecipe, in prima persona, di quel mistero di redenzione a cui ogni credente è chiamato a prendere parte, memore di quanto scrive Paolo ai Colossesi: “Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai pati-menti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col. 1,24).Insieme con Maria, la madre di Gesù: la Chiesa non può fare missione da sola, ha bisogno di questa madre e maestra che ha visto con i suoi occhi la metodologia apostolica di Gesù e meditava sugli eventi di quella Vita che non solo fu esemplare per tutti, ma, una volta donata, divenne sorgente e fermento di salvezza per tutti.

NotiCUMMARIA, STELLA DELL’EVANGELIZZAZIONE

primo piano

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LUCIA, OLGA E BERNARDETTA

D omenica 7 settembre Lucia Pulici e Olga Raschietti, missionarie saveriane a Kamenge, impe-gnate nella pastorale e in un centro di formazione per donne, vengono trovate senza vita dalle consorelle, che si erano assentate dalla comunità. Una morte violenta, dovuta a un’aggressione

fatta con arma da taglio e con pietra. Poi nella notte, nella casa delle suore vigilata dalla polizia, la terza vittima: Bernadetta Boggian. La sofferenza si mescola allo sconcerto: le sorelle erano ben volute dalla popolazione locale, che sta esprimendo in tante forme la partecipazione a questo evento luttuoso. Ma anche la riconoscenza: “La Congregazione - ha dichiarato Giordana Bertacchini, da poco eletta direttrice generale - esprime gratitudine verso queste sorelle che, nonostante la salute fragile, hanno chiesto di ritor-nare in missione e hanno dato la loro vita fino alla fine”. Il loro tutto nel Tutto di Dio: una realizzazione pie-na del tema del Capitolo da poco concluso. La carità della preghiera - anche per chi ha compiuto questo gesto insensato - chiedono le saveriane, che già nella serata di domenica si sono raccolte nella cappella della Casa Madre, mentre lunedì la convocazione è stata nella cattedrale di Parma, dove il vescovo mon-signor Enrico Solmi ha presieduto l’Eucaristia di suffragio. E proprio il Vescovo, che da subito si è messo in contatto con la Casa Madre delle Saveriane e ha manifestato - anche tramite un tweet - la vicinanza e la solidarietà di tutta la comunità diocesana, nell’affidare al Signore Risorto queste sorelle, ha chiesto anche la loro intercessione per risvegliare la nostra fede, troppo spesso sopita, e per far crescere la fede e la pace nel Burundi. Per quella gente per cui si sono spese senza risparmiarsi.Donne forti nella fede, anche se indebolite nel fisico; consapevoli dei loro limiti, ma anche dell’essenzia-le della missione. Significative le loro testimonianze, nell’imminenza del rientro in Burundi: «Sono ormai sulla soglia degli ottant’anni. Nel mio ultimo rientro in Italia, le superiore erano incerte se lasciarmi ripartire. Un giorno, durante l’adorazione, pregai: ‘Gesù, che la tua volontà sia fatta; però tu sai che desidero ancora partire’. Mi vennero limpidissime in mente queste parole: ‘Olga, credi di essere tu a salvare l’Africa? L’Africa è mia. Nonostante tutto, sono però contento che parti: va’ e dona la vita!’. Da allora, non ho più dubitato». Così Olga Raschietti, nel luglio del 2013.Stessa eco nelle parole di Lucia Pulici, che nell’ottobre scorso, si era così espressa: «Adesso sto tornando in Burundi, alla mia età e con un fisico debole e limitato, che non mi permette più di correre giorno e notte come prima. Interiormente però credo di poter dire che lo slancio e il desiderio di essere fedele all’amore di Gesù, per me concretizzandolo nella missione, è sempre vivo. La missione mi aiuta a dirgli nella debolezza: ‘Gesù, guarda, è il gesto d’amore per te’ ».Bernadetta Boggian: «Nonostante la situazione complessa e conflittuale dei Paesi dei Grandi Laghi, mi sembra di percepire la presenza di un Regno d’amore che si va costruendo, che cresce come un granello di senape, di un Gesù presente donato per tutti. A questo punto del mio cammino continuo il mio servizio ai fratelli africani, cercando di vivere con amore, semplicità e gioia».Granello che ora, marcito sotto terra, è destinato a portare frutti abbondanti.

Nelle loro parole il segno della missione

n.10 - ottobre 2014

di Maria Cecilia Scaffardi - direttrice “Vita Nuova” (Parma)

Sr Olga Raschietti

Sr Bernardetta Boggian

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NotiCUM

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rubriche

MARIA, STELLA DELL’EVANGELIZZAZIONE

C arissimo missionario e missionaria,tu attraversi mari e oceani, percorri chilometri e chilometri per incontra-re gente; quasi sempre sei ben accolto e ti è permesso di vivere tra popoli

diversi. Ma che vai a fare? Che cosa porti? Chi ti manda? È vero, qualche scuola, qualche ospedale e un po’ di denaro fanno comodo. Sai, la tua faccia sorridente è simpatica, i tuoi aiuti sono apprezzati, ma forse la gente si aspetta altro. Quello che manca e spesso dimentichiamo è questo: annuncia con le parole e con il cuore che nelle città e nelle periferie del mondo è possibile costruire umanità, realizzando una ‘vita buona per tutti’; dì con coraggio che nonostante guerre, violenze e so-prusi il Dio della Vita non ci ha abbandonati e non è stanco di stare in mezzo a noi. Anch’io ho fatto fatica a convincermi di ciò, quante volte ho pensato di dover dire ‘parole assurde’. Per questo, ti prego, non scoraggiarti e racconta di un Dio molto umano. Egli, come noi, sente pena delle persone e questo lo spinge ad agire con misericordia e bontà. È un Dio libero e sovrano, che non si inquadra nei rigidi sche-mi della nostra ortodossia; non è un Dio calcolatore che somma diritti e doveri nel suo bloc-notes. A Dio ciò che interessa è la Vita; quando c’è in gioco la Vita Egli si lascia commuovere e condurre. Questo amore è molto simile a quello che troviamo presente nelle parabole di Gesù. È l’amore del Padre che accoglie a braccia aperte il figlio che se n’è andato di casa. È l’amore di un pastore che passa notte e giorni alla ricerca della pecorella smarrita. È l’amore di una donna che mette sottosopra la casa per trovare quella moneta necessaria per vivere (Mt 15). Caro discepolo e discepola missionaria di Gesù, tu pellegrino che vieni da lontano, metti nella tua bisaccia il Libro Sacro e parlaci di un:- Dio divinità materna, dal suo grembo siamo nati e alle sue cure materne siamo af-fidati, come dice il profeta Osea: “Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore; ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare” (Osea 11,4). - Dio donna di casa, che prepara pane fresco per i suoi figli: “A che cosa rassomiglierò il regno di Dio? È simile al lievito che una donna ha preso e nascosto in tre staia di fari-na, finché sia tutta fermentata” (Lc 13,20-21).- Dio, come una chioccia che ci colloca al sicuro sotto le sue ali protettrici: “Gerusa-lemme, Gerusalemme… quante volte ho voluto raccogliere i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto” (Mt 23,37-38).Poi, accanto al testo sacro, poni queste piccole perle di persone mistiche; esse dan-no valore e preziosità ad ogni uomo e donna che incontri.“Dio, fornaio-donna, / io sono il tuo pane vivente. / Forte, scura, Dio, Fornaio-donna, / io sono la tua fetta umile, soffice / a cui tu devi dare forma. / Io sono il pane che cresce, / ben impastato / da divine e nodose nocche, / dalle tue calde mani di terra. / Io sono il pane ben impastato” (Bozarth-Campbell)“Dal seno divino, dove sembra che Dio stia sempre sostenendo l’anima, / di lì scorrono torrenti di latte che recano sollievo a tutti gli uomini” (S. Teresa d’Avila)E tu, viandante del Dio della Vita, non tacere mai. A tutti coloro che incontrerai nel tuo cammino, nelle piazze o sulle strade, nei paesi o nelle città, sul treno o in autobus, alla scuola o in fabbrica, in casa o in comunità, dì, con la tua presenza e con il tuo lavoro che di tutti tu sei fratello e sorella. E così, ancora una volta, Dio si impietosirà dell’umanità e manifesterà il suo volto d’amore-misericordia.

di don Felice Tenero - Già missionario Fidei Donum in Brasile

Racconti di un Fidei Donum

n.10 - ottobre 2014

VERSOSACROFANOIn vista del Convegno Missionario Nazionale che si terrà nel prossimo mese di novembre (20-23) a Sacrofano (Roma), continuano le lettere – dialogo di Felice Tenero con i perso-naggi biblici che sono le icone del convegno: Mosè, Gesù, San Paolo e Giona...

C arissimo Giona, ti hanno invitato a Sacrofano – Roma – al IV Convegno Missionario Ita-liano, come persona illustre e famosa. Leggo sul giornale di oggi la tua

vicenda. Il titolo suona così: «Il profeta clandestino» e racconta di te all’inizio, quando un anno fa hai cominciato a raccogliere segni, piccoli suggerimenti li chiamavi, che sembravano dire: vai a Milano, la metropoli ti aspetta, aspetta proprio te. Ma tu, che vendevi polli al mercato qui in provincia, a Milano manco ci pensavi.Pensavi alla Grecia, questo sì, al sole, a come lì magari i polli li avresti venduti meglio, mica son tutti vegetariani in Grecia. Lì volevi metter su un grosso alle-vamento.Poi, sotto la porta di casa, trovasti il biglietto per Milano. E a quel punto hai avu-to paura e te la sei data a gambe. Il giornalista non racconta qui come cavolo hai fatto a imbarcarti a Brindisi e ritrovarti a Milano. Volevi andare in Grecia. E alla polizia portuale hai detto: “Sono italiano, io!”, ma hai la faccia da straniero tu. Avranno pensato che eri un clandestino, un povero Cristo, e perciò via, spe-dito a Milano. Fatte le pratiche per il riconoscimento, ti aspettavi l’espulsione, o i lavori forzati, o l’elemosina. In mezzo a quei clandestini sbattuti qua e là, fatti schiavi, hai trovato della cattiveria. Li hanno incattiviti, dici. Si trattano male anche tra loro. Gli albanesi ce l’hanno con i pakistani, qualcuno si mena, i mu-sulmani pregano.Insomma dentro la nebbia di Milano sei finito più povero di prima. Hai vissuto nelle stazioni della metropolitana, sei andato in piazza del Duomo a dire a chi passeggia: “Accogliete lo straniero, che forse vi libera”. Attendevi i cambiamen-ti, hai aspettato, aspettato… Ti ha trovato sfinito il giornalista, sul ciglio della tangenziale. Sembrava che dormissi, eri quasi morto, un tossico magari. Si è avvicinato, avevi una smorfia. Ha voluto sapere, non volevi parlare, dicevi solo: “La catastrofe non viene, non viene la catastrofe…”.Giona, sei andato a dire parole strane… Ché, volevi diventare famoso?Sei uno straniero Giona! Ti avranno capito? Forse sì o forse no!Caro Giona, una domanda rimane aperta: sarà che ti sei convertito al punto da gioire con il tuo Dio e con tutti quelli che ritrovano la libertà e la vita? Oppure sei rimasto imbronciato nel tuo egoismo, bruciando nel calore della tua propria frustrazione.

IV CONVEGNO MISSIONARIO NAZIONALE“ALZATI, VA’ A NINIVE, LA GRANDE CITTÀ”

programma

Giovedì 20 novembre USCIRE• Nel pomeriggio: Arrivi e sistemazione• Liturgia della Parola e Inaugurazione del Convegno

• “Fu rivolta a Giona questa Parola del Signore”RELAZIONI BIBLICHE:“Alzati, e va’ a Ninive” – Là dove Dio chiama

S. E. Mons. Ambrogio Spreafico“Passando in mezzo a loro, se ne andò” – Missione oltre i confini

Suor Antonietta Potente• Interventi in sala• Cena – Serata di presentazione tra i partecipanti Venerdì 21 novembre INCONTRARE• Preghiera del mattino• “Ninive era una città molto grande”

ANALISI SOCIOLOGICA:“Annunciare nella città, oggi”. Rilettura/analisi contributi della fase preparatoria alla luce della situazione socio-culturale attuale

Prof. Aloisi Tosolini, filosofo e pedagogista RELAZIONE ANTROPOLOGICA:

"Stare a Ninive”: la città luogo d’incontro con la Grazia (tra crisi e opportunità)Proff. Mauro Magatti e Chiara Giaccardi, sociologi e docenti universitari

• Interventi in sala• Pranzo• Nel pomeriggio: laboratori di studio e di proposta pastorale• Celebrazione Eucaristica• Cena – Serata con proposta di animazione

Sabato 22 novembre DONARSI• Preghiera del mattino • “Tu sei un Dio misericordioso e clemente”

RELAZIONE TEOLOGICO - PASTORALE: “Il Dio del per-dono”: dono ricevuto e testimonianza cristiana attiva nella città e nel mondo

P. Gustavo Gutierrez• Interventi in sala • Celebrazione Eucaristica • Pranzo • Nel pomeriggio: “Tu hai ascoltato la mia voce”

TESTIMONIANZE E VOCI DALLA MISSIONE • Cena – Serata di spettacolo e cultura Domenica 23 novembre RIPARTIRE • Preghiera del mattino • "Annunzia loro quanto ti dirò"

PER UN RINNOVATO IMPEGNO MISSIONARIO "LONTANO" E "AI LONTANI" DELLE NOSTRE COMUNITÀ CRISTIANE

Linee e orientamenti pastorali a cura della Commissione Episcopale per l'Evangelizzazione dei Popoli e la Cooperazione tra le Chiese

• Conclusioni• Celebrazione eucaristica finale e Mandato Missionario per le Chiese che sono in Italia

SACROFANO - ROMA 20-23 NOVEMBRE 2014

www.cmsacrofano.it

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NotiCUM

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MARIA, STELLA DELL’EVANGELIZZAZIONE n.10 - ottobre 2014

grandi temi

“M entre andavano per la strada…”. È un versetto che dice molto sullo stile di Gesù e sul quale ho meditato a lungo negli anni della missione. È significativo che il verbo andare sia al plurale. L’annuncio del Vangelo, così come l’ha pensato Gesù, non è qualcosa per perso-

ne isolate, ma è anzitutto comunione, cioè è una questione d’amore. L’amore esige l’altro, il fratello e la sorella. La comunione indica anche percorsi di relazione, di attenzione all’altro, di cura. E allora il verbo al plurale è molto più che una semplice questione grammaticale, ma più che altro esistenziale, spirituale. Stiamo bene al mondo quando amiamo qualcuno, quando andiamo per le strade della vita con qualcuno al fianco, quando ci sentiamo amati da qualcuno, ci sentiamo importanti per qualcuno e quando, allo stesso tempo, diamo importanza con il nostro amore a qualcuno. L’andare di Gesù per le strade è prima di tutto questo camminare assieme, che dice della condivisione con qualcuno di un percorso e che questo percorso diventa vuoto se fatto da solo.

MENTRE ANDAVANO PER LA STRADA…di Paolo Cugini - Diocesi di Reggio Emilia - Già fidei donum in Brasile

Sappiamo poi, leggendo i Vangeli, che la compagnia di Gesù non era solo costituita da dodici uomini, ma anche da donne. Realiz-ziamo la nostra umanità in un rapporto di reciprocità. L’incontro dell’uomo con la donna e della donna con l’uomo e del genere nel senso più ampio possibile, non è solo un problema di finalità, di progettualità, ma di umanità. C’è un’attrazione reciproca che non può essere ostacolata, ma va accompagnata per il nostro bene esistenziale, spirituale. L’umanità soffre quando questo in-contro non avviene o quando è ostacolato per motivi culturali, spirituali (?), ecclesiali (?), pre-concettuali. L’annuncio del Vange-lo come incontro nella reciprocità, come cammino verso l’altro, come attenzione al genere è una buona notizia per il mondo. Il cammino significa lentezza, tempo disponibile per dialogare, ascoltare, rispondere. Camminare con gli amici e le amiche signi-fica darsi tempo per conoscersi e farsi conoscere. Quante volte ho percorso le strade della Bahia in bicicletta o a piedi assieme alle persone che incontravo nelle comunità. Incontri casuali, dia-loghi semplici e senza troppe pretese, ma allo stesso tempo mol-to profondi e sentiti. Gesù ha permesso ai suoi amici e amiche di conoscerlo camminando con loro. Si è dato il tempo per questo, per l’ascolto e la conoscenza dell’altro. Evangelizzare passa an-che per questo piccolissimo, ma significativo dettaglio. Un dato visibile nell’attività pubblica di Gesù è quello di dirigersi a Geru-salemme. Per il resto cammina con i suoi discepoli e discepole. Mentre cammina entra nei villaggi che incontra, spiega la Parola e guarisce le persone ammalate. Si percepisce una grandissima libertà di movimento e nessuna istituzionalizzazione. Anzi, se volgiamo proprio dirla tutta fino in fondo, sono evidenti le pole-miche di Gesù con il potere religioso, con le istituzioni religiose. Non c’è in tutto il Vangelo una sola parola positiva sulle istituzio-ni religiose: è un caso, un dettaglio, o un’indicazione program-matica?Mentre camminava con i suoi discepoli e discepole Gesù ha an-nunciato il Regno di Dio, regno di pace, di giustizia, di comunio-ne. Ha realizzato questo annuncio spiegando la Parola, curando gli ammalati, condividendo la vita quotidiana con coloro che lo seguivano. Questo c’insegna che è difficile (impossibile?) annun-ciare il Vangelo senza rimanere coinvolti nelle vicende umane, senza cioè incarnarsi, sporcarsi le mani. È il Vangelo che lo esi-ge. E allora, come si fa ad annunciare il Vangelo ai poveri senza denunciare i corrotti di turno? Anche perché dove ci sono dei poveri, la storia ce lo insegna, trovi dei corrotti, delle persone che ne hanno sfruttato altre per i propri interessi. Il testo preso come riferimento della riflessione dice che anda-vano per la strada. Gesù con la sua comunità ha annunciato la buona notizia sulla strada, mentre andavano, in cammino. Non si sono stabilizzati. Gesù non ha costruito una struttura per acco-gliere la sua comunità e dei luoghi sacri per celebrare i suoi riti. La strada è luogo d’incontro non di persone che scegliamo, ma che semplicemente incontriamo. La strada dice di una costan-te disponibilità alla novità dell’altro. Gesù ha evangelizzato non parlando sempre alle stesse persone per tutta la durata della sua vita pubblica, ma a quelle che incontrava nel cammino. È dalla strada che Gesù ha guardato il mondo, la storia, il suo tempo. Il punto che Gesù sceglie per guardare il mondo non è di poco conto. Sarebbe stato tutto un altro Vangelo se Gesù avesse an-nunciato il Regno dal palazzo del re. Lo ha annunciato dalla stra-da. Forse è per questo che è venuta fuori quella roba strana che anche oggi facciamo fatica a capire e a vivere.

Riflessioni sul senso dell’evangelizzazione

S fogliando alcuni quotidiani di Shanghai (in lingua inglese...), dove mi trovo all’inizio di agosto, sono attirato da un articolo che non mi sarei aspettato, ma che non mi stupisce. Il giornalista sta facendo notare che negli ultimi

anni vi è stato un certo aumento di ingressi nei seminari cristiani. Di fronte al dato, svolge alcune considerazioni, che in fondo sono le stesse che sta facendo il visitatore delle grandi città della Cina.Shanghai presenta al centro una selva di grattacieli di incredibile altezza. La gui-da spiega che giustamente avendo poco terreno a disposizione, si è costretti a svilupparsi in altezza. Ma lo stesso si nota a Pechino, dove gli spazi sono più ampi, l’estensione della città è molto superiore: anche qui crescono i grattacieli, e i maggiori superano anche i trecento metri. Ci dicono che l’alloggio medio in tali grattacieli è di 50/80 metri quadrati, e i prezzi sono molto alti in rapporto allo stipendio di un lavoratore: che è come dire che pochi se li possono permettere. I

grandi magazzini sono poi tappezzati da scritte che ricordano gli stilisti non certo cinesi: Prada, Gucci, Armani... Non è un breve soggiorno che ci dà il diritto di trarre delle conseguenze: ma la prima immagine che si coglie non fa pensare a un paese di socialismo avanzato, dove l’uguaglianza e il dominio della classe operaia (o contadina, cioè la classe su cui puntò Mao per dare inizio alla sua rivoluzione) appaiano immediatamente all’occhio del visitatore.Ma torniamo alla notizia letta nei giornali di Shanghai, di cui parlavo all’inizio. Il giornalista rimane convinto del valore dei grandi principi del socialismo: sostan-ziale uguaglianza tra le persone e quindi superamento della divisione in classi sociali, migliore distribuzione dei prodotti e delle ricchezze, rapporti che si po-trebbero definire “fraterni” fra gli individui.E a questo punto si compiace della nuova situazione, cioè dell’aumento degli in-gressi nei seminari. Mette in risalto una certa analogia tra i grandi principi del so-cialismo e i grandi principi del cristianesimo, e nota che l’ aumento della presenza cristiana potrebbe aiutare i socialisti a ritrovare quello slancio iniziale che stanno perdendo.Un cristiano finisce per pensare la stessa cosa: l’eventuale ritorno di alcuni principi del socialismo (non intendo qui entrare nel vecchio e mai risolto dibattito se l’a-teismo sia o no essenziale al socialismo) potrebbe aiutare i cristiani a ritrovare al-cuni dei grandi principi sociali del cristianesimo, spesso solo affermati nelle note encicliche sociali dei papi.

SOCIALISMO E DOTTRINA SOCIALE CRISTIANAdi Maurilio Guasco

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Calendario attività 2014

7 settembre – 11 ottobre68° CORSO AFRICA E MADAGASCAR - 98° CORSO AMERICA LATINA E CARAIBICorsi per partenti: sacerdoti, religiose/i e laici. 28 settembre – 4 ottobreCORSO PER SACERDOTI E RELIGIOSE/I NON ITALIANI CHE OPERANO NELLA CHIESA IN ITALIA - 2° livelloCorso rivolto a chi già opera da qualche anno nella Chiesa italiana per promuo-verne la formazione permanente. 17 – 19 ottobreRIELABORARE L’ESPERIENZA MISSIONARIA - WEEK-END PER LAICI RIENTRATINUOVO

2 – 8 novembreCORSO PER MISSIONARI/E RIENTRATI (in collaborazione tra CIMI-SUAM-USMI)Seminario rivolto a fidei donum, religiose/i e laici.

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MARIA, STELLA DELL’EVANGELIZZAZIONEn.10 - ottobre 2014attività

I l CUM dedica due corsi a operatori (preti, religiosi e religiose) che, da congrega-zioni o diocesi, verranno inseriti a lavorare nella pastorale in Italia. Questi corsi, per alcuni, sono obbligatori per entrare a far parte del sistema assistenziale pre-

visto dalla Chiesa in Italia. Ecco alcune testimonianze di corsisti.

YAMILETH BOLANOS Sono comboniana della Costa Rica e sono da poche settimane arrivata a Padova, dove lavorerò con i giovani del GIM, il nostro Gruppo Impegno Missionario. Prima di arrivare in Italia ho lavorato in Perù per 3 anni e in Etiopia per 12. Gli ultimi 5 li ho pas-sati nel mio Paese e in Messico, nell’animazione vocazionale. Sono qui al CUM per ca-pire un po’ in quale contesto di Chiesa e di società mi sto inserendo. Io penso che per essere missionaria serva un cuore aperto, che sa mettersi in gioco, che sa aprirsi agli altri, che sa dare e ricevere. I momenti più belli della mia vita missionaria sono stati quando sono riuscita a stabilire relazioni significative con la gente. Questo è successo in particolare in Etiopia. Anche quando non sapevo perfettamente la lingua locale ho imparato che l’amore ha un linguaggio che capiscono tutti. Il linguaggio dell’ac-coglienza, della condivisione della vita e delle fatiche, delle speranze non ha bisogno di molti traduttori. È stata una condivisione molto significativa per me, ho percepito che era molto più quello che ricevevo che quello che riuscivo a dare. Adesso sono qui in Italia! Ho percepito una Chiesa (quella italiana) che vuole ridefinirsi, cercando di trovare nuove strade per essere significativa. Questa crisi può dare opportunità magari inaspettate, facendo nascere qualcosa di nuovo. Questo nuovo deve comun-que essere aperto alla diversità delle culture e alle persone che vengono in Italia. La Chiesa Cattolica è universale anche nel piccolo; se dimentichiamo questo, non si va da nessuna parte.

DUMITRU PETROVANSono prete della Romania, originario della diocesi di Orada. Sono prete da 12 anni e in Italia da due. Prima ho studiato a Roma, conseguendo una licenza in missiologia, otto anni fa. Sono rientrato in Romania e il mio vescovo mi ha inviato come missionario fi-dei donum in Ucraina, nella parte che confina con la Romania. Molti rumeni vivono in

OPERATORI NON ITALIANI CHE OPERANO NELLA PASTORALE IN ITALIA

L unedì 15 settembre nel pomeriggio mons. Nunzio Galantino, segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, ha fatto visita alla Fon-dazione CUM incontrando i 40 corsisti che si stanno preparando per la

missione in America Latina e in Africa. Mons. Galantino ha ricordato il con-cetto geografico e teologico di missione. Il concetto geografico è il concetto con il quale siamo stati abituati a vedere la missione; il concetto teologico è il concetto sul quale papa Francesco punta: laddove c’è domanda, bisogno, lì è terra di missione. Se questo è vero, la domanda, il bisogno sta dovunque, dice mons. Galantino. Questo passaggio dal concetto geografico al concetto teologico di missione sta giustificando presso alcuni un calo di tensione per la missio ad gentes, e questo è veramente una cosa brutta! Continuamente si sente dire “la missione sta qui”, e questi discorsi, continua il segretario gene-rale della CEI, sono una sorta di paravento per mantenere un “quieto vivere”, non darsi troppa pena per le cose. Chi, invece, è capace di sognare un impe-gno ad gentes è anche capace di vivere con intensità dentro casa sua, ma chi non ha passione forte per un mondo “più largo” difficilmente si spende a casa sua. “Quando si cerca di spiegare - continua mons. Galantino - la diminuzione del numero di missionari aggrappandosi al fatto che molte diocesi nel sud del mondo sono meno bisognose di operatori pastorali e, dall’altro, sono aumentati i bisogni nelle nostre diocesi, dico che il problema è un altro: è caduta la passione per la missione”. “Stare qui o altrove non è la stessa cosa, e il calo numerico di gente disponibile a spendersi lontano va indubbiamente di pari passo con l’ap-piattimento della nostra pastorale qui in Italia”.

MONS. GALANTINO AL CUM

questa parte di territorio ucraino, lungo il fiume Tisa. Tra la Chiesa rumena e la Chiesa ucraina c’è collaborazione, che si concretizza anche inviando dei preti in questa zona. Oggi la situazione ecclesiale è migliorata e non c’è più bisogno di personale perché il clero locale è cresciuto. Sono rientrato e ho chiesto al mio vescovo di poter fare un’e-sperienza in Italia. Sono arrivato nella diocesi di Verona, parrocchia di Villafranca, dove seguo pastoralmente i romeni greco cattolici (di rito bizantino). Ho trovato una bellis-sima accoglienza sia da parte della comunità romena sia da parte dei cattolici italiani. Il mio compito è di facilitare l’integrazione, di aiutare pastoralmente i romeni, e lo fac-ciamo con incontri, celebrazioni, visite alle famiglie, cercando di non perdere tradizio-ni e riti. Un appuntamento molto sentito è la festa nazionale romena, che è sempre occasione per far scoprire anche agli italiani tradizioni e culture della Romania. Sentiamo la crisi, ma la Chiesa deve essere sempre in crisi, perché così viene obbligata a esser sempre in cammino, a cercare sempre strade nuove, pensarsi, rivalutarsi. Il cor-so al CUM è interessante, anche perché ci sono persone da tutte le parti del mondo, e davvero c’è la possibilità di scambiare esperienze e vissuti di Chiesa. Io ho portato la mia esperienza di missionario in Ucraina. Tutti pensavano a una terra poverissima: invece la parte di Ucraina che confina con la Romania è ricca, dà possibilità di lavoro e molti romeni sono emigrati lì. La fede è ancora molto viva e radicata, nonostante decenni di comunismo abbiano fatto di tutto per sradicarla.

MARTIN GROGUEArrivo dalla Costa d’Avorio, sono sacerdote da 14 anni. Prima dell’esperienza in Italia, ero responsabile della pastorale sanitaria in Costa d’Avorio e con la fondazione “Ser-vi Sofferenti” mi occupavo nel mio Paese dei sacerdoti malati, anziani e in difficoltà. Sono venuto in Italia per studiare pastorale sanitaria al Camillianum, ho una licenza in pastorale sanitaria. Adesso sto finendo un dottorato e allo stesso tempo, prima di rientrare nel mio Paese, sto dando una mano nella diocesi di Catanzaro, nella parroc-chia di Muggiano. Questo corso al CUM mi ha fatto prendere coscienza del fatto che sono missionario in Italia, vedo l’Italia come terra di missione, dove non solo condurre una pastorale, ma portare la mia vita, i miei valori, il mio modo di vivere e leggere il Vangelo. Sono colpito dall’accoglienza che ricevo tutti i giorni. Qualcuno mi diceva: «stai attento, in Italia vedono male gli stranieri». Per me non è stato così. Ci sono del-le difficoltà, certo, non tutti ti accolgono alla stessa maniera, ma quando tu parli del Vangelo e dei valori che contiene, il colore della pelle ha poca importanza. Penso che noi africani sappiamo portare un modo diverso di vivere la vita: in questo periodo di crisi profonda di lavoro, il pericolo di perdere la speranza, di rinchiudersi in se stessi è grande. Noi africani sappiamo vivere con poco e sappiamo condividere quello che ab-biamo. Viviamo la vita puntando sulla relazione, sappiamo chiedere aiuto e sappiamo spartire quel poco che abbiamo. Sono nato così, nel mio villaggio si faceva così, cerco di fare così anche a Catanzaro e nella mia esperienza in Italia.

P.A.

Il segretario generale della CEI lunedì 15 settembre ha fatto visita ai corsistidi Paolo Annechini

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MARIA, STELLA DELL’EVANGELIZZAZIONE n.10 - ottobre 2014

Dondi, R.D. Congo, 1 settembre 2014

C arissimi, l’impegno nel settore scolastico è stato fin dall’inizio della Missione di Dondi una scelta moralmente obbligata, un investimento necessario per as-sicurare ai nostri giovani un’apertura al futuro e al Mondo. Partiti, oltre dieci

anni or sono, con una piccola Scuola (di paglia e fango, naturalmente) siamo arrivati oggi a gestire un complesso scolastico che coinvolge oltre 800 ragazzi e ragazze, dalla Scuola Materna alla sesta Elementare. Per anni le cose sono andate avanti abbastanza bene; quest’anno, purtroppo, i risultati sono stati deludenti: solo il 45% dei finalisti ha superato l’esame di ammissione alle Scuole Secondarie.È suonato un chiaro segnale d’allarme. Una serie di interrogativi su tutto il sistema educativo, sia da parte degli Insegnanti, sia da parte delle Famiglie. L’introduzione della Scuola Materna non ha ancora prodotto risultati significativi. Quest’anno ci è arrivato il dono di una Volontaria esperta educatrice. Speriamo in un salto di qualità.Ma siamo di fronte a un grosso problema sociale e culturale. Qui tutti vivono dell’a-gricoltura e i campi sono lontani da casa, magari varie ore di cammino. Troppo spesso i genitori se ne vanno nei campi dal lunedì al sabato, lasciando i ragazzi con gli zii e i nonni (nei casi migliori) o, purtroppo, semplicemente in balia di se stessi. La dura fatica quotidiana della sopravvivenza produce effetti collaterali dolorosi proprio nei ragazzi che si dovrebbero sostenere: assenze prolungate dalla Scuola, vagabondaggio, mal-nutrizione, e parecchie maternità precoci. Ormai l’Anno Scolastico nuovo è alle porte. Insieme con i genitori dovremo affrontare seriamente questa sfida enorme.Le cose sono andate meglio con le Scuole Secondarie. Anche perché la Missione, da anni ormai, ha messo in piedi un Internato (una specie di collegio residenziale) per una trentina di ragazzi e ragazze, per rispondere a molte situazioni di emergenza. La più grave è stata circa sette anni fa. A pochi chilometri da Dondi, un’incursione dei banditi del Movimento LRA aveva seminato morte e distruzione nel vicino territorio di Faradje, facendo fuggire un mare di gente e lasciando parecchi orfani senza alcun sostegno. Le Autorità civili avevano chiesto alla Missione di Dondi di accogliere oltre una sessantina di ragazzi e ragazze vittime di questa violenza. Passato il periodo più critico, molti ragazzi sono poi rientrati nei loro villaggi. Un buon numero sono rimasti in Missione.Provocati anche da questa emergenza, nel 2009 i padri hanno aperto la Scuola Secon-daria con alcune opzioni: Veterinaria, Informatica e Ragioneria. Una scelta moderna e intelligente, e oggi i risultati sono lì a testimoniare la bontà dell’intuizione di allora.Quest’anno si trattava di superare una sfida delicata e pericolosa: la Scuola, nonostan-te sei anni di funzionamento, non è ancora stata riconosciuta dal Ministero e i nostri ragazzi sono stati costretti a presentarsi come “autodidatti”. Non vi dico le acrobazie per riuscire ad ottenere i testi ufficiali dell’Esame di Stato; le malizie di alcuni ispettori che ci hanno costretto a pagare doppiamente le tasse di iscrizione; e poi l’incertezza infinita per scoprire i risultati, pubblicati solo su Internet! Finalmente, anche con l’aiuto di un giovane Deputato originario della nostra Zona, siamo riusciti a scoprire la realtà: Tutti promossi! Ecco i nomi della squadra che ha aperto in positivo la Storia dell’”Istitu-

to Comboni”, i finalisti che hanno superato l’Esame di Stato, corrispondente alla nostra Maturità: Julien, Marcelline, Marie, Jean Bosco, Alfred, Daniel, Xavier.Anche l’opzione Veterinaria, riconosciuta dallo Stato come distaccamento di un Istitu-to poco distante da Dondi, ha dato risultati pieni e positivi: l’anno 2013 ha prodotto 5 diplomati e quest’anno altri 3. Ma poi bisogna andare oltre e trovare soluzioni per una formazione professionale. Allora siamo andati a cercare nelle città più vicine delle Scuole che possano offrire garanzie di formazione umana e morale oltre che intellet-tuale: dalla Pedagogia alla Meccanica; dall’opzione Letteraria al Taglio e Cucito, dalla Muratura alla Medicina. Ma, se si vogliono ottenere risultati buoni, la scelta di una scuola di qualità implica anche la scelta della Residenza in Collegio. E questo significa, purtroppo spese non indifferenti: tra cibo e vestiti, libri, medicine, viaggi e tasse ci vogliono circa 500 euro all’anno per ogni ragazzo.Si tratta di un impegno pesante, ma non ci possiamo sottrarre. Il ricordo di quello che ha fatto il nostro Fondatore San Daniele Comboni, ben oltre centocinquanta anni or sono, ci ha tolto ogni dubbio sulla opportunità di una scelta del genere. Nelle città vi-cine di Aru, Mahagi, Logo, Ariwara e Watsa abbiamo trovato da sistemare una quindi-cina di giovani. Qui al centro di Dondi ne abbiamo circa una trentina che frequentano le Scuole Secondarie. Oltre a studiare seriamente, devono darsi da fare in parecchie attività: campi, allevamenti, lavori di manutenzione… Il tutto sostenuto da una di-sciplina assai severa, sotto gli occhi di Padre Romano e suor Antoinette. Ogni anno, a settembre, si riparte con fiducia. Sicuri che il Signore ci darà i mezzi necessari per realizzare quel progetto profetico che il Comboni ci ha indicato da tempo: “Salvare l’Africa con l’Africa”!State bene e vogliatevi bene. Un caro saluto a tutti.

p. Gianni Nobili - missionario comboniano

SCUOLE PER LA VITALa formazione come base per un futuro migliore

lettere

Juba, Sud Sudan, ottobre 2014

C arissimi, sto cercando di trovare fondi per mettere in piedi un grande sogno, che tutti i reli-giosi e missionari del Sud Sudan di ben 43 congregazioni - con il sostegno dai vescovi del Sud Sudan - vorrebbero si realizzasse a Juba, la capitale del Paese. Un centro di formazione umana

e spirituale “healing and peace building”. Un lavoro importante che dobbiamo fare tutti insieme per uscire dai tanti blocchi e traumi che la gente vive da oltre 40 anni di guerra vissuta in precedenza. E ora anche con un conflitto latente in questi ultimi 8 mesi con oltre 1 milione e mezzo di cittadini interni che hanno perso tutto e si sono spostati in altri Stati per trovare sicurezza e cibo. 400 mila rifugiati nei Paesi vicini e quasi 100 mila che vivono nei campi delle Nazioni Unite nelle città princi-pali per paura di ritorsioni e violenze da parte dell’etnia nemica. È una missione grande e unica. Ma è molto importante se vogliamo davvero toccare i cuori e le vite della gente per costruire un futuro per questa nuova nazione tra le più povere al mondo. Se vuoi darci una mano, ti propongo di com-prare e di organizzare se puoi una presentazione di un libro “SERVITORI DEL VANGELO” che abbiamo fatto a molte mani noi Comboniani e Comboniane del Sudan e Sud Sudan per celebrare i 150 anni del Piano della Rigenerazione dell’Africa di San Daniele Comboni. Salvare l’Africa con l’Africa… era il suo motto. E così abbiamo pensato di rileggere la storia di Comboni e il suo piano attraverso la storia della metà dell’Ottocento per arrivare ai giorni nostri, attraverso la vita e la missione di molte centinaia di Comboniani e Comboniane che hanno vissuto in Sudan e Sud Sudan sulle sue orme e portando avanti il Piano della Rigenerazione. E così è uscito un bel libro che vorremo far conoscere

SERVITORI DEL VANGELOIl sogno della creazione di un nuovo centro di formazione umana e spirituale a Juba, nel Sud Sudan

SUD SUDAN

R.D. CONGO

anche in Italia. Lo abbiamo già stampato in 3500 copie in inglese con le Paoline a Nairobi e abbiamo già esaurito la prima edizione. Alla fine di agosto 2014 è uscito anche in italiano con Dissensi Edi-zioni. Per presentarlo possono essere a disposizione alcuni missio-nari comboniani in Italia che vi potranno parlare del Sud Sudan e della situazione di oggi che purtroppo non sta trovando ancora una soluzione alle migliaia di morti degli 8 mesi scorsi. E il dialogo tra i leaders delle due etnie più grandi non riesce a decollare nella giusta direzione per dare un futuro alle giovani generazioni e una meritata pace alla popolazione che ha sempre visto guerra in que-sti ultimi 50 anni.

p. Daniele Moschettiprovinciale Sud Sudan - Missionari Comboniani

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NotiCUMAfrica

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IL RUOLO DELL’INSEGNANTE NELLA REALTÀ AFRICANA

R iunita al Forum di Dakar nel 2000, la Comunità internazionale si era data come obiettivo prioritario del ventennio successivo la formazione di massa, non senza prima aver constatato come rimanesse preoccupante la situazio-

ne scolastica nell’Africa sub-sahariana. Nuovi sforzi dovevano quindi essere messi in cantiere per affrontare il problema, non ultimi un programma di reclutamento massiccio degli insegnanti e la stesura di nuovi percorsi di formazione per gli stessi. Ma come fare? La congiuntura economica particolarmente grave espressa nei piani di aggiustamento strutturale non dava allora, come oggi del resto, grandi speranze di poter usufruire di mezzi finanziari idonei a rispondere alla “fame” di insegnanti professionalmente preparati sul Continente, per cui nuove forme di insegnamen-to spontaneo erano apparse all’orizzonte su iniziative di autoformazione popola-re gestite da nuove categorie di insegnanti, leggi i cosiddetti “maestri comunitari”, organizzate su base volontaristica, oggi si direbbe sussidiaria, in alternativa alla figura classica dell’insegnante funzionario statale di onerosa sostenibilità econo-mica. Niente di nuovo sotto il sole, comunque, visto che la “politica” educativa delle Chiese cristiane, di quella cattolica in particolare, in assenza delle strutture statali da sempre avevano fatto dell’alfabetizzazione “dal basso” uno dei capisaldi della propria presenza sulla colline africane. Questo però, se da un lato ha risposto piena-mente alle preoccupazioni di un’alfabetizzazione quantitativa di base arrivando a toccare quasi tutte le famiglie di una determinata zona, dall’altra ha lasciato aperta tutta una serie di problemi legati alla qualità dell’insegnamento e degli insegnanti, dimostrando come non basti più la buona volontà degli operatori scolastici, spesso improvvisati, senza il sostegno di politiche specifiche e adeguate messe in atto dai

Governi locali. Come si può ben capire, la sfida è enorme, e i grandi numeri sono lì a dimostrarlo: secondo le proiezioni demografiche del UNDP (United Nations De-velopment Programme), nel 2015 l’Africa conterà 180 milioni di minori in età scola-re, il che significa che negli ultimi 15 anni la popolazione scolastica è cresciuta del doppio rispetto al quindicennio 1985-2000. Certo, non tutti i Paesi sono uguali e ci sono delle differenze di cui tener conto, ma questi numeri ci dicono per esempio che la sfida della scolarizzazione totale entro il 2020 nei Paesi CEDEAO (Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale) può restare un programma velleitario se gli Stati non adottano politiche di sussidiarietà adeguatamente finanziate dal-la comunità internazionale e dalle organizzazioni private di sviluppo sociale. Per quanto riguarda il reclutamento degli insegnanti, questi numeri ci dicono poi che nell’insegnamento pubblico quattro milioni di operatori dovranno essere in servi-zio nelle scuole disperse nei quattro angoli del Continente entro l’anno prossimo, ossia un numero sei volte superiore al quindicennio precedente per i Paesi aderenti alla CEMAC (Comunità Economica e Monetaria dell’Africa Centrale). Relativamen-te alla pluralità del “corpo” insegnante, la tendenza globale maschera comunque evidenti disparità tra i vari Paesi; in Ciad, in Congo e in Camerun, per esempio, gli insegnanti pagati dai genitori autogestiti degli scolari sono la maggioranza rispet-to agli insegnanti sul libro paga dello Stato. Questo significa che grandi energie si muovono sul Continente, energie che hanno assoluto bisogno di essere sostenute e coordinate in maniera democratica dopo che la stragrande maggioranza dei Paesi africani è uscita dalla lunga stagione dominata dal Partito unico a servizio di inte-ressi economici preoccupati di soffocare qualsiasi anelito di libertà. In tale prospet-tiva, ed essendo ancora poco solide le libere organizzazioni sociali di collegamento con i poteri pubblici, il ruolo degli insegnanti resta in Africa di prioritaria importan-za: in un mondo sempre più interdipendente e tecnologicamente invasivo a tutti i livelli sono loro che offrono gli strumenti educativi per garantire la “partecipazione” responsabile di tutti alla vita collettiva della società. In questo la Chiesa è stata pro-feticamente maestra investendo moltissimo nella formazione, pagando anche un prezzo altissimo in vite umane pur di assicurare la sua presenza e la sua vicinanza alle popolazioni locali.

MARTIRE DELL’APARTHEIDRientra finalmente in patria e raggiunge il Pantheon dei martiri dell’apartheid la salma del giornalista Nat Nakasa, morto nel lontano 1965 quando era in esi-lio negli Stati Uniti. Le spoglie del giornalista sono state inumate a Durban cin-quant’anni dopo la sua morte, e di questo avvenimento il governo di Pretoria ha voluto farne un simbolo forte per ricordare a tutti cosa è stata la tragedia dell’a-partheid e cosa significhi ancora nel cuore di ogni sudafricano. Nato nel 1937 a Durban, Nakasa era diventato a 27 anni il primo editorialista nero a firmare arti-coli sul Rand Daily Mail, un giornale molto diffuso all’epoca. Penna brillante e po-liticamente impegnata, Nakasa vince nel ’64 una borsa di studio ad Harvad, ma le autorità sudafricane dell’epoca si rifiutano di concedergli il passaporto, offrendo-gli in alternativa un salvacondotto con l’obbligo di non fare più ritorno in patria. Nakasa espatria e si trova ben presto al confronto con il razzismo negli Stati Uniti. Il 14 luglio del 1965 viene ritrovato morto! Oggi, dopo un lungo e determinato impegno della sua famiglia, Nat è finalmente tornato a casa con tutti gli onori.A

fricaNews

di Henry Piccoli

AFRICA DEL SUD

MARIA, STELLA DELL’EVANGELIZZAZIONE

APPELLO PER I RIFUGIATI DEL KATANGAA margine delle celebrazioni del 9 settembre per la Giornata Mondiale dell’A-iuto umanitario che ricorre ogni anno il 19 agosto, da Lubumbashi le Nazioni Unite hanno richiamato la comunità internazionale a porre maggior impe-gno nel risolvere la crisi umanitaria in Katanga. Secondo l’OCHA, l’Ufficio di coordinamento degli Affari Umanitari dell’ONU, più di 500.000 persone sono sfollate nella zona dal giugno di quest’anno a causa degli attacchi dei Mai Mai e per i cruenti conflitti scoppiati a Pweto e a Kalemie, sul lago Tanganica. Più di 22 milioni di dollari sono stati messi a disposizione per venire incontro alle necessità dei profughi, tuttavia la sicurezza non è ancora garantita, sia per gli sfollati che per il personale umanitario impegnato nel progetto di soccorso. Seydou Amani, Responsabile dell’Ufficio Ocha nel Katanga, ha lanciato quindi un accorato appello ai combattenti nella zona perché non impediscano il pas-saggio dei mezzi che trasportano gli aiuti di prima necessità alla popolazione bisognosa di tutto, dispersa e nascosta sul territorio.

R.D. CONGO

di Ugo Piccoli

È sempre più ingente la necessità di reclutare nuovi insegnanti e di stendere nuovi percorsi di formazione per gli stessi

n.10 - ottobre 2014

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America Latina

AmericaLatinaNews

NotiCUMMARIA, STELLA DELL’EVANGELIZZAZIONE n.10 - ottobre 2014

I l 30 agosto si è celebrata la Giornata internazionale delle Vittime delle Sparizioni Forzate, e le organizzazioni e i movimenti sociali latinoamericani hanno commemorato le vitti-me degli ultimi anni e hanno chiesto verità e giustizia per i loro familiari.

Oltre alla scomparsa, che di per sé costituisce una grave violazione ai diritti umani delle vittime e dei loro familiari e un crimine di lesa umanità, la mancanza di volontà politica dei governi ha determinato una inesistente politica di ricerca effettiva delle vittime e di investigazione e condanna dei responsabili, violando così il diritto alla verità e generan-do impunità. Secondo le organizzazioni messicane e centroamericane con sede in Texas, anche se grazie alla perseveranza dei familiari delle vittime si sono registrati alcuni progressi, le azioni riportate dallo Stato messicano contrastano con le cifre allarmanti e variabili delle persone scomparse, cifre che nemmeno considerano le persone migranti scomparse at-traversando il Messico.

IN MESSICO SPARIZIONI FORZATE IN CRESCITAÈ incomprensibile come di fronte alla misura del problema, lo Stato messicano abbia indicato nel dossier presentato nel marzo 2014 al Comitato delle Nazioni Unite solo sei sentenze pronunciate per il delitto di sparizione forzata, di cui solo una per fatti avvenuti durante gli anni Settanta e solo 291 indagini aperte per scomparsa forzata tra il 2006 e il 2013. Durante l’attuale amministrazione non solo non sono diminuite le sparizioni forza-te, ma sono aumentate, al punto che in soli due anni si sono verificate il 60% di tutte le sparizioni avvenute durante l’amministrazione di Felipe Calderón.Queste organizzazioni chiedono la creazione di un meccanismo di ricerca transnazionale delle persone scomparse, che includa la ricerca di migranti scomparsi e la creazione di un meccanismo di investigazione delle persone responsabili delle sparizioni. Il Comitato Internazionale della Croce Rossa avverte come in tutto il mondo centinaia di migliaia di persone sono scomparse anche come conseguenza di un conflitto armato o di catastrofi naturali.

N el 1994 l’Unesco ha proclamato il 5 ottobre Giornata Mondiale dei Docenti, ri-cordando l’autorevole conferenza intergovernativa riunita a Parigi nel 1966 che aveva approvato la raccomandazione relativa all’importanza del persona-

le docente. In quella raccomandazione erano presentati i diritti e le responsabilità dei docenti, i criteri per la formazione iniziale, l’aggiornamento e le condizioni di lavoro.In America Latina e nei Caraibi sono oltre sei milioni gli insegnanti che si assumono la responsabilità di educare le nuove generazioni. Uno studio della Banca Mondiale, presentato a fine luglio 2014, sostiene che la mag-gioranza dei professori latinoamericani non offre istruzione di qualità ai suoi alunni in modo da prepararli a vivere in un mondo sempre più competitivo. L’indagine è stata effettuata in oltre 15.000 classi di 3.000 scuole primarie e secondarie di sette Paesi del continente. Nonostante un leggero incremento del numero dei bambini che sono iscritti alla scuola, la bassa qualità dei professori costituisce un limite perché l’America Latina raggiunga il livello delle nazioni più sviluppate. Lo studio della Banca Mondiale sottolinea che nessun Paese della regione, ad eccezione di Cuba, può considerare di alta qualità i suoi maestri in rapporto ai parametri mondiali. La ricorrenza del 5 ottobre offre alla società l’opportunità di riconoscere il generoso sforzo che portano avanti gli educatori e le educatrici, l’importanza cruciale del loro lavoro per raggiungere una educazione di qualità. Dal 2011 è attiva una strategia re-gionale che promuove l’adozione di politiche pubbliche orientate al consolidamento della professione attraverso il miglioramento della qualità della formazione iniziale, la creazione di opportunità di formazione continua, di carriere docenti che promuovano lo sviluppo professionale e offrano condizioni salariali e lavorative eque.

America Latina

Panoramica

FARE IL PROFFE IN AMERICA LATINA

GIUSTIZIA PER LE VITTIME DELLE SPARIZIONI FORZATE

Grandi feste per il centenario dell’inaugurazione del canale interoce-anico, considerato una conquista umana che ha modificato il com-mercio marittimo mondiale. I lavori iniziarono nel 1880 dall’impresa francese di Ferdinand Lesseps, nel 1902 gli USA comprarono i diritti della compagnia francese in fallimento. Gli USA hanno avuto il con-trollo del canale e di una frangia di 16 chilometri di larghezza fino al 31 dicembre 1999. Dal 2000 Panama ha riacquisito la sovranità sul territorio e sul canale e ha iniziato i lavori di ampliamento del cana-le, che consentiranno il passaggio di navi tre volte più grandi quelle attuali.

PANAMA

È scarsa la volontà politica di indagare sul fenomeno

In un dossier dal titolo “Tortura e altre violenze in Messico”, reso pub-blico all’inizio di settembre, Amnesty International sostiene che negli ultimi dieci anni le denunce per tortura sono aumentate del 600% in Messico. Il ricorso alla tortura sarebbe generalizzato da parte della polizia e delle forze armate e regnerebbe un clima di impunità e di tolleranza nei confronti di queste pratiche violente.

MESSICO

S i è svolto in Guatemala dal 16 al 20 giugno il Primo incontro di Pastorale indigena al quale hanno partecipato rappresentanti delle conferenze episcopali di El Salvador, Guatemala, Messico, Nicaragua, Costa Rica.

L’obiettivo dell’incontro è stato quello di riflettere sulla pastorale indigena e condividere le esperienze e le prospettive di lavoro delle varie conferenze episcopali perché l’evangelizzazione tenga in considerazione il riconosci-mento delle differenti culture indigene, la situazione di povertà e di esclusio-ne, l’insicurezza sociale e la crescente violenza, l’appropriazione indebita e lo sfruttamento delle terre indigene. Il riconoscimento della presenza significativa dei popoli indigeni nella regio-ne messicana e centroamericana costituisce un compito e una sfida per la Chiesa. La caratteristica della regione è una realtà socio culturale contraddi-stinta dalla importante presenza di popoli originari: tra gli altri in Costa Rica 8 culture e 6 lingue, in Guatemala 23 lingue e culture, in Messico 68 lingue.

PASTORALE INDIGENA CENTROAMERICANA

COLOMBIA, PERÙ: DATI ALLARMANTIIn alcuni Paesi le cifre degli scomparsi sono consistenti: in Colombia sarebbe-ro quasi 70.000 mentre in Perù tra 13.000 e 16.000. Secondo la Croce Rossa, quando una persona scompare, ci sono due tipi di vittime: quella che scom-pare e i suoi familiari, che vivono tra la speranza e la disperazione, nell’incer-tezza e nel dolore, anche per anni.Il diritto internazionale umanitario impone agli Stati l’obbligo di adottare tut-te le misure a disposizione per chiarire la sorte delle persone scomparse e informare le loro famiglie al riguardo.Per commemorare la Giornata internazionale delle vittime delle sparizioni, la Croce Rossa ha presentato una pubblicazione intitolata “Living with Absence: Helping the Families of the Missing”, nella quale sottolinea le molteplici neces-sità dei familiari e descrive come opera la Croce Rossa in questi casi.

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NotiCUMAsia

LAND GRABBING IN CAMBOGIAIn meno di 15 anni in Cambogia società agro-alimentari si sono appropriate di 2 milioni di ettari di terreno, sfrattando 770mila persone con la complicità delle istituzioni.Si tratta di circa il 6% della popolazione, soprattutto poveri di aree rurali ed urbane, e si ritrovano indifesi e senza tutele se decidono di contrastare gli sfratti. Nel 2012 grandi manifestazioni hanno costretto il governo a congelare nuove concessioni, e da allora le controversie legali da parte dei cittadini sono aumentate di oltre il 50%, per ora, però, senza portare a grandi risultati.

AsiaNews

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MARIA, STELLA DELL’EVANGELIZZAZIONE

NUOVA CAMPAGNA PER ASIA BIBIIl “Pakistan Christian Congress” ha lanciato una nuova campagna internazio-nale per il rilascio di Asia Bibi, la donna cattolica condannata a morte per bla-sfemia in Pakistan. L’obiettivo è depositare petizioni al Congresso degli Stati Uniti, all’Unione Europea, al Consiglio Onu per i Diritti Umani, a Ong come Amnesty International e Human Right Watch, per fare pressione sul governo del Pakistan per abrogare la legge sulla blasfemia e rilasciare Asia Bibi, condan-nata a morte nel 2009 e il processo di appello è in corso davanti all’Alta Corte di Lahore.

n.10 - ottobre 2014

I minori sono le più indifese vittime dei conflitti armati. Non solo in termini di violenza e di insicurezza, ma anche per quel che riguarda il diritto all’infanzia, al futuro, e all’istruzione. Questo autunno, per molti bambini di Siria, Gaza e di vaste aree dell’Iraq, non ci sarà la

riapertura delle scuole.Molti di loro, soprattutto siriani, sono sfollati o profughi, e non sempre nei campi per rifu-giati ci sono risorse e possibilità organizzative tali da improvvisare scuole. Chi invece ha de-ciso di non lasciare la propria casa, spesso non ha nemmeno più una scuola a cui rivolgersi.A Gaza come nelle città siriane, gli edifici scolastici, quando non sono stati distrutti o dan-neggiati o utilizzati come basi dei gruppi armati, vengono spesso occupati dalle comunità di sfollati. Spesso è una scelta obbligata: i campi profughi sono sovraffollati o versano in condizioni precarie, e gli unici rifugi possibili per chi non viene ospitato in abitazioni private restano i parchi, gli edifici abbandonati o le scuole.Ad Erbil, una delle città irachene più interessate dal conflitto con l’esercito del califfato (Isis),

C on la Finlandia, la Corea del Sud è la “superpotenza” dell’istruzione nel mon-do. Lo afferma una ricerca sostenuta dal prestigioso settimanale The Econo-mist, dal titolo di “The Learning Curve”. La ricerca coinvolge solo 40 nazioni e

comprende le economie emergenti. Questi due Paesi occupano i primi due posti perché tengono in grande considerazione i loro docenti, considerati professionisti insostituibili per la formazione dei giovani, e colonne portanti dell’organizzazione sociale e della crescita economica. Il riconoscimento sociale del professore è uno dei punti-chiave su cui insiste questa ricerca, che vede al secondo posto il Giappo-ne, al terzo Singapore, al quarto Hong Kong e Cina: un podio quasi completamen-te asiatico. A chiudere la classifica è però, ancora l’Asia, con l’Indonesia. Il successo dei modelli di insegnamento asiatici, almeno nelle nazioni dalle eco-nomie in buona salute, si deve anche probabilmente alla cultura e al rispetto per la categoria dei docenti. Un discorso ancor più vero per la Cina, dove per tradizione, a partire dalla figura di Confucio, il “Maestro” venerato come divinità, gli insegnanti sono trattati con i guanti bianchi. A loro è dedicata persino una festa che si celebra il 10 settembre.Negli ultimi anni però il dibattito sull’istruzione si è riacceso, in merito soprattut-to agli “insegnanti provvisori”: circa 15 milioni di docenti, molti non qualificati, mandati a lavorare nelle aree più povere del Paese. Non dipendono dallo Stato, percepiscono uno stipendio di poche centinaia di yuan al mese, non godono di previdenza sociale né assistenza sanitaria, ma si fanno carico dell’istruzione di centinaia di bambini delle aree rurali. All’inizio, negli anni ‘50 e ‘60, erano conside-rati una categoria autorevole, ma oggi, con l’obbligatorietà scolastica e le riforme, agli occhi degli abitanti dei villaggi hanno perso rispettabilità: bloccati a vivere nelle campagne, continuano a percepire uno stipendio più basso rispetto ai col-leghi statali. Pechino ha promesso più volte di riformare questa professione per permettere anche agli insegnanti provvisori di accedere al posto fisso attraverso un esame di stato. Promessa mai mantenuta: ora si attende il 2015.

Panoramica

SCUOLA: I MODELLI DI ECCELLENZA ASIATICI

QUANDO MANCANO SCUOLE E MAESTRI

UNA DIFFICILE RICOSTRUZIONEPer ricostruire Gaza dopo il conflitto con Israele ci vorranno più di 6 miliardi di euro. Sono le previsioni del comitato centrale di Fatah, par-tito del presidente Abu Mazen. Le stime sono state poi confermate anche da Ong sul territorio.Solo per rimettere in piedi i 17 mila edifici danneggiati dai bombar-damenti israeliani serviranno 2 miliardi di euro; per il settore dell’e-nergia ci vorranno più di 190 milioni di euro, dopo che l’unica cen-trale della Striscia è stata colpita nel conflitto. Se l’embargo contro la Striscia verrà rimosso, ci vorranno almeno 5 anni per la ricostruzione. In caso contrario, non è possibile prevedere quali saranno i tempi.

LA LOTTA ALL’ANALFABETISMO In Bangladesh solo il 67% dei 157 milioni di abitanti sa leggere e scri-vere: lo ha affermato il ministro dell’istruzione, ammettendo così di non aver raggiunto l’obiettivo del 100% di alfabetizzazione entro il 2014, come promesso in campagna elettorale dal suo partito. Sono mancati, afferma il governo, i fondi necessari ad avviare i progetti.Gli attivisti invece puntano il dito contro la mancanza di piani ade-guati: è mancato, affermano, un reale impegno politico.

Gaza, Siria, Iraq: nel dramma del conflitto armato ai minori viene negato anche il diritto all’istruzione

PALESTINA

BANGLADESH

AsiaNews

più di mille scuole non sono state riaperte perché occupate dagli sfollati. A rac-contarlo è Daniele Grivel, capo missione umanitaria dell’Ong italiana Intersos in Iraq, che riporta la drammatica situazione degli sfollati. Le agenzie internazionali hanno avviato programmi di educazione informale nelle tende e istituito doppi turni nelle scuole ancora agibili, ma i cooperanti ammettono di non poter coprire tutte le esigenze. Non ci sono solo i bambini: anche gli adolescenti non frequentano scuole o corsi professionali. Il rischio è che un’intera generazione perda anni di scuola, con pesanti conseguenze sulla crescita culturale e sociale dell’intero Iraq. La situazione di Erbil non è isolata: in tutto il Paese si contano ormai 2 milioni milioni di sfollati. Nel solo Kurdistan, sono circa 190 mila i bambini che non potranno andare a scuola. Nella provincia di Dohuk le scuole non sono state riaperte. Qui, secondo l’Unicef, almeno 600 edifici sono stati trasformati in dormitori. L’Onu stima che la metà degli sfolla-ti sia in età scolare. Per i piccoli che non sono scappati il rischio è di finire in una scuola islamista controllata dall’Isis. A Gaza i bombardamenti israeliani di questa estate hanno abbattuto anche molte scuole; altre sono pericolanti, altre ancora occupate dagli sfollati. Per garantire le lezioni ai circa 241 mila studenti, sono stati organizzati doppi turni, con insegnanti e studenti che si alterneranno nelle scuole disponibili. In Siria, dopo oltre 3 anni di conflitto interno, è com-promesso il futuro di un’intera generazione: ormai almeno 3 milioni di bambini hanno dovuto abbandonare il percorso scolastico. Una scuola su cinque è inu-tilizzabile, mancano libri, banchi, servizi igienici e in molte aree del Paese non ci sono insegnanti disponibili, perché a loro volta sono fuggiti. Con la Siria anche i Paesi limitrofi (Giordania, Turchia, Libano) sono messi a dura prova: nei campi di accoglienza non ci sono aree per accogliere gli studenti e non c’è personale competente per insegnare.La Croce Rossa Italiana, insieme al network di ong italiane AGIRE, ha lanciato un appello per una raccolta fondi. Oltre a garantire ripari, acqua, cibo e medicine, i soldi raccolti serviranno a fornire kit scolastici nelle aree più colpite da questi conflitti.

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NotiCUMn.10 - ottobre 2014

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“VOLATE ALTO! NON SI VEICOLI L’ODIO CON LA RELIGIONE”

A lbania, terra di dialogo e di pacifica convivenza tra le religioni. Non è una semplice constatazione, tratta da fredde statistiche. Si tratta, piuttosto, della storia di un popolo che sulle sofferenze

patite nel corso dei secoli - dall’occupazione ottomana fino alla procla-mazione per legge dell’ateismo di Stato durante il regime comunista (unico caso in tutto il mondo) - ha costruito, non senza fatica, un clima di reciproco rispetto e di collaborazione tra le diverse religioni e deno-minazioni cristiane. Ed è proprio questo uno degli aspetti che ha portato Papa Francesco a visitare, domenica 21 settembre, il Paese delle aquile. Ha invitato il popolo albanese a volare alto, a guardare l’aquila stampata sulla bandiera nazionale. Nell’udienza generale del 17 settembre papa Francesco riguardo la visita in Albania ha specificato: «Ho deciso di visita-re questo Paese perché ha tanto sofferto a causa di un terribile regime ateo e ora sta realizzando una pacifica convivenza tra le sue diverse componen-ti religiose». Per questo uno dei momenti principali del viaggio è stato l’incontro con i leader di altre religioni e confessioni cristiane, dove ha esortato il mondo a non veicolare l’odio attraverso la religione: «Nessuno può usare il nome di Dio per commettere violenza! Uccidere in nome di Dio è un grande sacrilegio!», ha detto il Papa.

UN LEGAME FORTEL’Albania è un Paese in prevalenza musulmano. In assenza di statisti-che certe, le stime del 2014 indicano i musulmani al 56,4%, i cattolici al 15,9%, gli ortodossi al 6,8%, i bektashi (confraternita islamica di de-rivazione sufi) al 2,1%, altre religioni al 5,7%, non specificato al 16,2%. Nonostante numeri così diversificati, racconta Gentiana Skura, docente di dialogo interculturale e interreligioso all’Università di Tirana, «in nes-sun momento della sua storia il popolo albanese ha vissuto episodi di con-flitto religioso. Anche negli anni antecedenti al comunismo, la convivenza interreligiosa è stata caratterizzata da pacifica armonia. È un valore molto importante per la nostra nazione, sebbene sotto la dittatura comunista ci fosse un conflitto aperto nei confronti delle autorità religiose». Basta pen-sare che «nel maggio 1967 furono distrutti 2.169 istituti religiosi, in seguito trasformati in edifici pubblici». Senza dimenticare la feroce persecuzione

Europa

MARIA, STELLA DELL’EVANGELIZZAZIONE

Papa Francesco ha visitato l’Albania domenica 21 settembre. Si è rivolto ai giovani albanesi e al mondo intero

S i legge che in questo anno 2014 – nonostante le coraggiose operazioni in atto – sono morti nel Mediterraneo 1800 migranti! Torniamo a chiederci, dov’è l’Europa? Come diceva il San-to Padre, dobbiamo dichiararla tristemente una “non-Europa”? Non vorremmo mai questo;

vogliamo vedere l’Europa casa dei popoli e delle Nazioni. Casa, non “albergo” dove i più ricchi e potenti possono meglio alloggiare; casa rispettosa delle storie diverse, mano che accompagna, non che schiaccia arrogante e matrigna. L’Europa ha un’origine cristiana: il Vangelo ha fatto sin-tesi di ogni contributo ed ha ispirato una cultura umanistica ammirevole, patrimonio di cui ha bisogno l’intera umanità che, nonostante tutto, guarda ancora all’Europa con speranza. Prove di tale accoglienza si sono moltiplicate in questa difficile crisi migratoria in tante diocesi, parrocchie, congregazioni religiose, associazioni di volontariato e cooperative lungo tutto il nostro Paese. Dietro l’invito del Santo Padre, a un “supplemento di ospitalità” - rilanciato insieme da Caritas e Migrantes - sono state accolte ben 4.000 persone, tra cui minori non accompagnati. Anche questa vicenda di ospitalità prova che la Chiesa è “esperta” di umanità, come affermava Paolo VI nella sua storica visita all’ONU. E di questo umanesimo concreto faremo oggetto di preghiera, di riflessione, di esperienze, di prospettive pastorali e culturali, nel Convegno Ecclesiale di Firenze nel prossimo anno, di cui sta per essere pubblicato il documento preparatorio. Tornando al nostro amato Paese, (…) come Pastori dobbiamo testimoniare che serpeggia una depressione spirituale che non solo fa soffrire chi ha perso il lavoro o i giovani che non l’hanno an-cora trovato, ma che debilita le forze interiori e oscura il futuro. Fino a quando? Chiediamo a tutti i responsabili della cosa pubblica, a coloro che hanno risorse finanziarie o capacità imprenditoriali, di fare rete “super partes” poiché la gente è stremata e non può attendere oltre. Il disagio, lo si sa,

IN ITALIA LA GENTE È STREMATAIl duro monito del card. Bagnasco, presidente della CEI, al Consiglio Permanente dei vescovi italiani

verso tutto ciò che avesse anche un semplice rimando alla religione. «Questa guerra aperta - afferma Skura - fece sì che molte persone coltivassero la propria fede di nascosto. Avvenne così che svariate comunità religiose si rafforzarono e, al contempo, aumentava il rispetto reciproco tra co-munità di fede diversa. La minaccia del regime comunista le rese più unite. Numerosi testi di autorità religiose cristiane e musulmane testimoniano il forte rapporto che legava le diverse comunità di fede, malgrado il rischio di morte».

QUATTRO VALORIQuello albanese, spiega Genard Hajdini, segretario generale del Consiglio interreligioso dell’Al-bania (Irca), è un vero e proprio “modello” di convivenza che poggia sostanzialmente su quattro valori «inscritti nel carattere del Paese»: «La parola data, l’ospitalità e/o la generosità, il coraggio, la famiglia». Questi valori «rimandano al nostro dna, alla nostra storia»: «Noi rispettiamo tutti e pre-ghiamo perché ci sia pace nel nostro Paese e tra la nostra gente». Ma «non solo tra noi…». Ciò vale anche per l’ospite, per lo straniero: «Noi lo chiamiamo miku (amico di famiglia); lo proteggiamo da chiunque, così come abbiamo protetto gli ebrei nella seconda guerra mondiale, dove nessuno di loro è stato ucciso o arrestato in Albania per essere consegnato ai nazisti». Sintesi di tutto ciò è lo slogan che accompagna anche le attività dell’Irca: «Far festa alle persone”, secondo il «co-mandamento dell’amore» che insegna ad «amare Dio e il prossimo come se stessi». I diversi leader religiosi, spiega ancora il segretario generale, «in modo sincero, si stringono la mano, si sorridono e si fanno visita durante le rispettive festività».

IL MESSAGGIO FONDAMENTALEIl fatto che ci siano dialogo e convivenza pacifica, riflette Altin Hysi, segretario generale del-la Società biblica interconfessionale dell’Albania, «non significa che non vi siano differenze tra le varie religioni o tra le diverse denominazioni confessionali». Tuttavia, «per diversi motivi», que-ste differenze «non sono state fonte di conflitto all’interno del popolo. La popolazione ha trovato il modo di vivere e lavorare insieme a prescindere della religione o della denominazione religiosa di appartenenza. Sebbene appartengano a religioni diverse, gli albanesi hanno sempre percepito la necessità di lavorare e operare congiuntamente, per esistere in quanto popolo e nazione». Il mes-saggio fondamentale è che è possibile essere diversi e non combattersi a vicenda. Sta forse qui il segreto dell’Albania che ha attirato l’interesse di papa Francesco.

Tratto da Agensir

più perdura e più lascia il segno negli animi, fissa abitudini non sem-pre positive, è brodo di coltura non del meglio. L’occupazione difficile e il fisco predatorio, la burocrazia asfissiante e la paura diffusa di fare passi sbagliati, tutto concorre a non creare lavoro nei vari settori del pubblico e del privato, non stimola l’inventiva, non trattiene i giovani nel Paese. Questi, come emigranti forzati, forti della loro intelligenza e preparazione, tentano la fortuna altrove.

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talismi e violenze. Dopo una prima riflessione sui valori dell’illuminismo e la crisi post-moderna dell’Occidente, il testo descrive la situazione di donne immigrate in alcuni paesi europei e, in particolare, in Italia, per concludere con un breve dizionario delle correnti islamiche odierne e l’impegno della stessa autrice nel Parlamento italiano in difesa delle donne e contro l’avanzata dell’estremismo islamico.

Joumana HaddadHo ucciso ShahrazadMilano – Arnoldo Mondadori – 2011 A partire dal desiderio di modificare i pregiudizi di occidentali sulla donna araba, l’autrice ricostru-isce i limiti e i rischi dell’oscurantismo arabo che va diffondendosi; attraverso la propria biografia smonta i preconcetti e offre spazio al confronto e alla diversità. Un invito ad uscire dagli stereotipi e cercare, singolarmente e in gruppo, la vera identità delle persone superando ogni pregiudizio e

ogni opinione infondata.

Philippe FalardeauMonsieur Lazhar DVD – Milano – Officine Ubu; Roma – RAI Cinema : 01 Distribution – 2013Bachir Lazhar, immigrato a Montréal dall’Algeria, diventa insegnante in una classe sconvolta dalla scomparsa macabra e improvvisa della maestra. Un film che, con linguaggio semplice e naturalista, mette lo spettatore di fronte a questioni esistenziali come la vita e la morte, i sensi di colpa, il rischio di espulsione per gli immigrati, la solitudine familiare dei bambini, l’insegnamento come iniziazione

e trasmissione di una passione più che di un sapere. Malgrado le differenze, tra studenti e insegnante nasce un rapporto profondo: Bachir impara ad amarli e a farsi amare e l’anno scolastico si trasforma in un’elaborazione co-mune del dolore e della perdita e in una riscoperta del valore dei legami e dell’incontro.

Tutto il materiale segnalato è disponibile al prestito presso il “Cedor” - Centro di documentazione della Fondazione Cum

P arlare di insegnamento e di educazione in questo pe-riodo di guerre ci rimanda a una riflessione più ampia e profonda sul concetto di persona, di umanità e di di-

ritti. Di fronte a terrorismo e persecuzione che sembrano so-praffare principi che forse davamo per acquisiti, presentiamo una bibliografia che apre alla discussione su tolleranza, in-tegrazione culturale, rispetto delle culture, dialogo tra civiltà.

Jean Sellier e André SellierAtlante dei popoli d’Oriente. Medio Orien-te, Caucaso, Asia CentraleMilano – Casa Editrice il Ponte – 2010 Questo testo ridefinisce la geografia dell’O-riente unendo Medio Oriente, Caucaso e Asia Centrale. Lo smembramento dell’U-

nione Sovietica ha reso possibile la revisione di criteri geografici e antropologici per ricostruire così la storia e conoscere il presente di queste popolazioni e di queste aree, così determinanti all’inizio del nostro secolo. Uno studio dell’Oriente come crocevia etnico che apre alla comprensione di conflitti attuali. Il volume è corredato da cartine, tabelle e una bibliografia con suggerimenti di letteratura in lingua italiana.

Souad SbaiL’inganno. Vittime del multiculturalismo Siena – Cantagalli – 2010 L’autrice, di origini marocchine, vive in Italia e difende il diritto degli individui, soprat-tutto delle donne, contro il prevalere di discriminazioni di genere ammantate da

tradizioni culturali, rifiutando le posizioni di un multicul-turalismo che, in nome del rispetto di culture altre, ab-bandona le donne di origini arabe immigrate in Europa ad abusi e violenze. Testo di denuncia di una visione che, secondo l’autrice, contribuisce alla crescita di fondamen-

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I n un recente breve viaggio in Cina, sono stato col-pito da varie cose, ma qui vorrei ricordarne solo due. I termini che tornano spesso sulla bocca del-

la guida sono pace e armonia. La cosa non dovreb-be stupire, dal momento che siamo nel paese dove hanno maggiormente attecchito le filosofie confu-ciane e buddiste. E in quelle filosofie quei termini trovano un posto privilegiato. Anzi, la interminabile via che attraversa tutto il centro di Pechino si chiama “Via della lunga pace”. Interrogata, la guida dice che se non si tratta di una realtà, almeno è una speranza. Ma vi è un’altra espressione che viene usata dalla guida, quando parla di Matteo Ricci: “il nostro gran-de amico”. In effetti, se si legge la biografia di Matteo Ricci, si possono trovare le ragioni per cui la guida usa quell’espressione, e anche le ragioni della gran-de stima che i cinesi, a partire dall’imperatore, eb-bero per il gesuita giunto in Cina all’inizio del ‘600. Poco tempo dopo il suo arrivo, ebbe inizio quella che viene ancora oggi ricordata come la contro-versia sui riti cinesi. Ricci aveva profondo il senso della possibile inculturazione del cristianesimo nei vari contesti in cui veniva predicato, altri missionari restavano ancorati ai metodi del tempo, che però sarebbero durati fino al XX secolo: il cristianesimo è talmente incarnato nella cultura occidentale che chi vuole aderire allo stesso cristianesimo deve prima diventare culturalmente occidentale. Inutile oggi stare a chiedersi cosa sarebbe successo se Roma avesse dato ragione al missionario gesuita, e non lo avesse invece sconfessato. La storia non si fa con i

se: e la storia dell’annuncio cristiano in Cina ci mette di fronte al modello seguito da Matteo Ricci e all’al-tro antitetico. Rimane il fatto che l’imperatore cine-se, che Ricci non ebbe mai occasione di incontrare, fece dono al missionario di un pezzo di terra su cui, tra l’altro, il missionario potesse preparare la propria tomba.Chi va a Pechino può quindi andare su quella tomba a rendere omaggio al grande protagonista della sto-ria missionaria della fine del secolo XVI e l’inizio del XVII. Ma visitando quella tomba ci si accorge di un dettaglio non insignificante. La tomba è in mezzo a un prato, circondata da diversi edifici; e quegli edifi-ci sono la sede della scuola dei capi del comunismo cinese. Non ho parlato con nessuno di loro, e non so se use-rebbero per il Ricci la stessa espressione che usa la nostra guida: “il nostro grande amico”. Ma tenuto conto che oltre l’80% dei cinesi è ateo, mi viene in mente uno strano pensiero. Se uno mette nelle ta-sche di un ignaro personaggio un qualcosa di radio-attivo, questi senza accorgersene viene tutto colpito dalle radiazioni.La tomba di Matteo Ricci si trova dentro le strutture che ospitano la scuola dei capi del comunismo cine-se. Chissà che il missionario gesuita non stia com-pletando l’opera iniziata tanto tempo fa: allora non riuscì a convertire l’imperatore, magari oggi riesce a spedire del materiale radioattivo (leggasi annuncio evangelico) fra le materie di insegnamento dei com-pagni cinesi.

L’opinione

MATTEO RICCI E IL PARTITO COMUNISTA CINESE

di Maurilio Guasco

SpazioCedor

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Noticum è un’iniziativa editoriale con la quale il CUM vuole raccontare mensilmente al pubblico italiano la missione, i missionari italiani, la vita del CUM. Attraverso

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ImpaginazioneFrancesca Mauli

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MARIA, STELLA DELL’EVANGELIZZAZIONEn.10 - ottobre 2014

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