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NOTIZIARIO Author(s): Luigi Sorrento, G. B. Palma and Oscar Màrffy Source: Aevum, Anno 6, Fasc. 1 (GENNAIO-MARZO 1932), pp. 205-221 Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Stable URL: http://www.jstor.org/stable/25818554 . Accessed: 16/06/2014 02:53 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Aevum. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.192 on Mon, 16 Jun 2014 02:53:59 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: NOTIZIARIO

NOTIZIARIOAuthor(s): Luigi Sorrento, G. B. Palma and Oscar MàrffySource: Aevum, Anno 6, Fasc. 1 (GENNAIO-MARZO 1932), pp. 205-221Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/25818554 .

Accessed: 16/06/2014 02:53

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NOTIZI ARIO

1. ? Medievalia. ? Nel nostro Discorso, Medio evo: il termine e il concetto, letto il 7 marzo 1931 e pubblicato nell'? Annuario dell* Uni versita Cattolica del Sacro Cuore, Anno Accad. 1930-31 ? (p. 45-95), vo lendo renderci conto del Medio Evo quale esso h nella realta, quale appare nella storia e immaginazione delle epoche seguenti, e come deve essere studiato e stimato oggi, abbiamo dato un saggio della storia del

Fespressione e del concetto, delPuso e del significato di esso (le mot et la chose, secondo dicono i Francesi) attraverso il tempo e lo spazio. Questa ricerca, che ci ha appassionato da anni, e venuta a coincidere con uno studio del collega O. Falco dell'Universita di Torino, in corso di

pubblicazione nella Civiltd mode ma di Firenze. Felice coincidenza, perche i nostri risultati vengono a concordare in piu punti, e segno anche questo di cio che abbiamo gia detto: che i tempi sono maturi oggi, in ogni campo, letterario, storico, giuridico, filosofico, per studiare e rivalutare il Medio Evo in profondita e in estensione con animo di uomini e di

dotti, sgombro da ogni preconcetto e pregiudizio. Fra Paltro, nel detto nostro Discorso, abbiamo passato in rassegna i

nuovi orientamenti e gli studi sistematici, che sono incominciati prima che altrove in Germania e in Francia, per una compiuta conoscenza della

latinita medievale che conduce alia thiorie de la connexite, formulata dal

Rumpf. Sicche, dopo tante fruttuose e ampie ricerche dei nostri tempi, non b piii lecito parlare di teoria spinta ad oltranza. Vincenzo Ussani ha da parte sua accennato al vanto di priorita che per tali ricerche si con

tendono tra loro la scienza tedesca e la scienza francese. E a proposito del nostro Paese ha detto: ? Senza voler entrare in cotesto dibattito, per

quello che riguarda F Italia, una ragione della nostra piu tardiva o piut tosto relativamente meno fervorosa partecipazione in origine a questo ordine di studi va ricercata nel fatto che gli eruditi di quei paesi furono naturalmente indotti a rintracciare con piu vivo interesse nel medioevo

quelle carte di famiglia che risalgono per noi ben piu alto di Carlo Magno e degli stanziamenti barbarici. Aggiungiamo che le nuove letterature

transalpine, meno inceppate nel loro sviluppo dalla tenace vitafita del Latino, furono piu precoci della nostra, e gli studiosi di quelle letterature, romanisti e germanisti, furono naturalmente portati a rivolgere la loro attenzione sulle manifestazioni coeve in lingua latina ?. Ben detto; ma, approfondendo la questione, si vede che la partecipazione italiana allo

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studio del cosiddetto Medio Evo c'e stata piu o meno in ogni tempo: la differenza consiste nella diversa visione che gP Italiani hanno avuta di

quella eta e nel di verso atteggiamento spirituale che hanno mantenuto di fronte ad essa, siccome abbiamo mostrato nel citato nostro scritto.

A ogni modo, P Ussani in sobrie e lucide pagine (v. Atti della Soc. I tal. per il progresso delle scienze, XIX Riunione, vol. I, Roma, 1931, p. 677-683) riassume i dati e i fatti della partecipazione italiana alle odierne

grandi imprese internazionali nel campo della latinita medievale. Rffa cendosi dalP opera settecentesca del Muratori e ottocentesca del De Rossi, egli parla degli studi e degli impulsi dovuti al Novati, dai quale, in col laborazione col Renier, son derivati gli Studi medievali (1904-1913), risorti a nuova vita (1923-27 e poi dai 1928 ad oggi); segnala le benemerenze scientifiche e nazionali del sempre piu operoso Istituto Storico Italiano; ricorda le rinnovate tradizioni di Padova nel campo lessicale per opera del compianto Andrea Gloria prima, e piu recentemente di alcuni egregi professori padovani, i quali, in una seduta del 22 febbraio 1920, fecero

riprendere dai R. Istituto Veneto Piniziativa del lessico medievale, nello stesso tempo che P Istituto di Studi catalani si accingeva alPesame e alia trascrizione delle carte latine della regione. La piu grande impresa di

questo genere e stata convogliata dalP Union Academique Internationale, alia quale partecipa attivamente P Italia, con officine per lo spoglio dei testi latini medievali sorte in seno alP Istituto Veneto, all' Accademia dei

Lincei, alia Scuola Normale Superiore di Pisa, alia Biblioteca della Facolta di Lettere delPUniversita di Roma; ed egualmente noi partecipiamo a un'altra impresa che si accinge a preparare edizioni delle traduzioni latine di Aristotele, grande impresa in un primo tempo promossa dalP Accademia di Cracovia, auspice Costantino Michalski, studioso di filosofia medievale, e ora assunta con un piano ridotto, ma concreto, dalla stessa Union. A

ragione conchiude P Ussani: ? V iniziativa non e italiana.... ma P Italia,

che era scientificamente ben preparata, ha avuto nella distribuzione del

Parduo compito una cospicua parte ?: propriamente sono stati assegnati* alia Scuola di Filosofia delP Universita di Roma i Magna Moralia e Po

litica, al prof. C. Marchesi e al Dr. E. Franceschini di Padova YEthica ad Nicomachum.

A tutto questo e da aggiungere ancora, quanto alPItalia, la Biblioteca di testi medievali dai titolo Orbis Romanus. Sorta in seno alia Universita Cattolica del Sacro Cuore e dedicata al suo primo Rettore conterra testi critici d* interesse letterario, storico, giuridico e filosofico, compresi pure quelli posteriori ai comuni limiti di chiusura del Medio Evo, quando quest! appartengano al clima storico e spirituale delPunita medievale. II

programma tecnico b stato reso pubblico nel cit. Annuario del 1930-31. Gia sono in corso di stampa presso la Soc. ed. ? Vita e Pensiero ? di Milano i primi testi letterari, ma si confida che i tempi, gli uomini e i mezzi permettano di svilippare ed attuare piani particolari e sistematici, in modo che si possa dare il posto dovuto ai testi mediolatini e che opere vicine per il tempo e il significato trovino vicinanza nella stampa e si

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succedano senza troppe interruzioni, tra i testi filosofici si stanno cu rando le opere dei filosofi italiani del Medio Evo; nel campo storico si

preparano anzitutto le leggende antoniane, la cui edizione avrebbe lo

scopo di ricondurre su una strada migliore gli studi del Santo di Padova, il testo critico del Liber pontijicalis, la Vita Silvestri che si collega stret tamente al ?Costituto di Costantino ?, e in seguito altre Vite e Leggende; speciali cure avranno i testi giuridici per le fonti, le glosse, i canoni, gli statuti dal sec. VI in poi.

Alia generale fioritura di studi medievali, accanto alia Germania e alia Francia, e entrato dunque a collaborare il nostro Paese. Al Medio Evo mira pure una parte della varia attivita delFAccademia d* Italia. Non rimane indietro F Inghilterra. Oltre alle attivita inglesi che si conoscono, n ha, di questi giorni, notizia che la Societa per le ricerche arturiane, fondata a Oxford tre anni or sono e avente come suo organo la rivista

Arthuriana, ha esteso il campo della sua attivita, ubbidendo certamente alle nuove correnti dei tempi e prendendo il titolo di The Society for the Study of Mediaeval Languages and Literature. Questa ora chiama a raccolta da ogni paese gli studiosi di lingue e letterature medievali e annunzia un giornale che iniziera le sue pubblicazioni al piu presto pos sibile nel '32, sotto un consiglio di redazione costituito dai professori A. Ewert, H. G. Fiedler, C. Foligno, J Fraser, C. T. Onions.

Mentre diamo il benvenuto a questa nuova Societa del vecchio mondo

europeo, ecco che la nostra attenzione e attirata da un altro importantis simo annunzio che ci viene dalP America: la fondazione di un Institut dfEtudes Medievales, 1931-32, in Ottawa, dopo quello attivo (Institute of Mediaeval Studies) di Toronto. Vuole Y Istituto di Ottawa concorrere an zitutto al rinnovamento che si va operando nei programmi e nei metodi delP istruzione superiore nel Canada. Non e senza insegnamento per noi

la voce che cMnviano gli studiosi di un paese di straordinaria espansione economica, i quali si propongono con nobile e fervoroso sforzo di dare anche uno straordinario prestigio alle loro Universita e ai loro istituti scientifici, avvalendosi degli scambi ormai incessant! colP Europa nel

campo delle scienze, delle arti, del pensiero e della religione. Per rinno varsi sicuramente e fondamentalmente, essi incominciano col proclamare che lo studio storico del Medio Evo, in particolare della filosofia cristiana

medievale, e un terreno propizio per i necessari rinnovamenti. Particolar

mente (dicono, dal punto di vista filosofico e teologico gli studi medie vali saranno fecondi e insieme pratici. Assentiamo e plaudiamo, avendo

anche noi detto nel nostro Discorso che un medievalista, degno di questo

nome, come pure ogni qualsiasi studioso di filologia e filosofia, non puo rimanere nelle strettezze di un manuale, se vuole conoscere lo spirito delle dottrine medievali e penetrare nella genesi e nella forza fecondatrice della spiritualita del Medio Evo.

II nuovo Institut ufficialmente rimane legato alle altre Facolta univer

sitarie, ma e tuttavia autonomo. Novita di esso, da prendere ad esempio da chi combatte la solita fabbrica di diplomi (come tutti i salmi finiscono in

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gloria, cosi tutti gli studi ed istituti universitari, ahime, conducono a

pergamene o attestati cartacei!), novita dunque e questa: che Ylnstitut non mira a conferire alcun grado accademico, ma ? il serait heureux de former

quelques travailleurs qui, en plus de leurs publications, porteraient le benefice de leur formation scientifique aux Universites, Seminaires, Sco lasticats, Colleges ?. Per vero non grande e il numero di studiosi prepa rati ad editare testi medievali specialmente filosofici, nonostante il nobile sforzo rappresentato da famose Collezioni, quali Beitrdge zur Geschichte der Philosophie des Mittelalters, Archives d'histoire doctrinale et litteraire du moyen-dge, Bibliotheca Franciscana scholastica medii aevi, Bibliothtque Thomiste, Philosophes Beiges. Approviamo, per questo, che nel Programma dei corsi delP Istituto, accanto alle discipline filosoiiche e religiose, siano

prescritti due anni di paleografia, oltre agP insegnamenti di letteratura nazionale e storia delParte; una lacuna pero ingiustificata b la mancanza di cattedre di filologia romanza e di latino medievale.

Significativa anche quest'ahra novita dell' Istituto di Ottawa: ? Outre les etudiants medievalistes, V Institut accueillera a ses cours des auditeurs

libres, desireux d' approfondir leur culture generale ?. Cultura generale: brutta e abusata parola per se stessa, ma la cosa sarebbe piu che mai

perniciosa se la cultura generale fosse senza una base, quale h comune

mente oggi, fondata, cioe, sulla ignoranza della cultura medievale. Noi

vorremmo che Istituti del genere di quelli lodevolissimi del Canada si diffondessero nelle Universita e aprissero le porte a quanti studenti fre

quentano le Facolta di lettere e filosofia e di giurisprudenza, che nel Medio Evo e il fondamento del mondo moderno, pur con tutti i rivolgi menti e le antitesi dei tempi posteriori. Luigi Sorrento

2. ? Un nuovo periodico sulla storia della Compagnia di Gestl. ? Non pochi sono i periodici editi dai Padri d. C. d. G. che trattano occasionalmente di questa o quella parte della sua storia. Come

h noto, sin dai 1894 FOrdine viene man mano pubblicando la collezione dei Monumenta Historica Societatis lesu, che raccoglie le fonti riguar danti Porigine e la prima evoluzione della Compagnia. Mancava pero un

periodico propriamente detto, il quale si prefiggesse di trattare in forma scientifica argomenti e questioni storiche circa le Costituzioni, la legisla zione e le varie opere dell'Ordine; un periodico che pubblicasse alcune delle fonti posteriori alle origini e a noi piu vicine, o inedite o assai

rare; e contenesse una rassegna bibliografica dei libri e degli articoli d'indole storica, riguardanti la Compagnia di Gesu.

A questo intento si e opportunamente pensato di dar vita al nuovo

periodico che uscira per la prima volta il 20 gennaio 1932 col titolo: Archivum Historicum Societatis lesu (1).

La redazione del periodico sara a Roma, e avra collaborator! i piu

(1) Mentre questo fascicolo va in macchina riceviamo il I fascicolo del quale riparleremo.

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valenti storici delFOrdine (senza pero escludere gli esterni) appartenenti alle varie nazioni. Percid, oltre alia lingua latina, saranno usate Pitaliana, la francese, Pinglese, la portoghese, la spagnuola e la tedesca.

La materia sara molteplice: vi saranno trattate questioni sulla interna

organizzazione e sulle Costituzioni della Compagnia: sulPazione svolta in difesa e propagazione della fede, sui ministeri sacri a vantaggio delle anime, sulPopera educatrice della gioventii, su quella scientifica e lette raria dei suoi scrittori; e infine sulle relazioni delFOrdine colle varie autorita ecclesiastiche e civili.

II genere del periodico sara tra quelli oggettivamente storici e non

polemici. La materia verra distribuita in cinque sezioni: brevi monografie o

articoli storici; fonti o inedite o rarissime; brevi testi e note; prospetti bibliografici e finalmente cronaca del movimento scientifico relativo alia storia della Compagnia.

I due fascicoli che si pubblicheranno ogni anno (20 gennaio e 20 giugno) avranno ciascuno non meno di 176 pagine, cosi da formare in sieme un discreto volume.

II periodico, la cui istituzione riuscira particolarmente utile agli stu diosi di storia e ad ogni persona colta sara diretto dal Padre Pietro Leturia S. I. e avra Pufficio di direzione e di redazione in Borgo S. Spi rito, 5 a Roma. Porgiamo al nuovo periodico e ai suoi organizzatori i migliori fraterni auguri.

3. ? Osservazioni sul testo siciliano del secolo XIV "

II libro dei vizi e delle virtti ". ? H manoscritto del Libro dei vizi e delle virtu della Biblioteca Comunale di Palermo (segn. 4, Qq. 41) e membranaceo e consta di 128 carte. Sulla prima porta lo stemma del monastero di San Martino delle Scale di Palermo; e questa e la sua provenienza. II titolo: Catechismo in lingua siciliana, rimonta ad epoca recente, come pure recente e la rilegatura. Vincenzo Di Giovanni, primo a darne notizia (1), e Giacomo De Gregorio, che piu tardi lo pubblico per intero (2), limitandosi, nella prefazione, a ripetere quanto aveva detto il Di Giovanni, P hanno creduto della prima meta del secolo XIV.

Ma non e probabile (3). NelPanno 1384 fu fatto un catalogo dei 400 e piu codici che esiste

vano nella biblioteca del monastero di San Martino delle Scale col titolo: Hii sunt libri Monasterii sancti Martini quesiti et inventi in eodem Mona sterio. Anno Domini MCCCLXXXIIII, VII Inditionis, e questo catalogo manoscritto esisteva ancora nella biblioteca del monastero nel 1781, quando

(1) Cfr. FiloL e lett. siciL - Studi. - Palermo, 1871, p. 108 e sgg.

(2) // libro dei vizii e delle virtu, testo siciliano inedito del sec. XIV, Palermo, M. Amenta, 1892.

(3) Cfr. pure E. Monaci, Di una antica scritiura siciliana, nei Rendi conti dellAccademia dei Lincei, 19 febbr. 1893, p. 118 e sgg.

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Aegyptus - Anno VI - 14

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il cassinese Salvatore Di Blasi lo pubblicava con annotazioni in una Lettera a Monsignor D. Giov. Agostino Gradenico Casinese, vescovo di Ceneda (1).

Orbene, al n. 113 di questo catalogo troviamo le seguenti parole: ? item liber unus qui dicitur de viciis et virtutibus vulgariter scriptum incipit: Kisti su...

11 Di Blasi credette perduto il codice, di cui fu presa nota nel 1384 al n. 113 del catalogo.

II Di Giovanni, poco curandosi di questa dichiarazione del Di Blasi e fisso sempre ad attribuire i testi siciliani, che gli capitavano fra le mani, ad un tempo remoto, anche per questo testo si h ingegnato di darlo al secolo XIV, anzi, spingendosi piu in la, ha affermato dover vedere in

questo lo stesso codice, di cui si parla nel catalogo della biblioteca del

monastero, compilato nel 1384. ? II codice ? egli dice ? della Biblioteca Comun. di Palermo, del

quale parliamo, e appunto quello stesso notato nello antico catalogo al n. 113 col titolo de viciis et virtutibus e col cominciamento: kisti su; cominciamento che il Di Blasi non vide nella prima faccia, si che il cre dette altro codice,. senza avvedersi che appunto dopo le prime carte, a c. 5, cominciano li dudichi articuli di la jidi con le parole Quisti sunu, che corrispondono alle parole iniziali del cod. di n. 113; il quale prima che fosse stato ri legato, come oggi si vede, dovette a caso offrire per primo al bibliotecario del sec. XIV questa stessa faccia che oggi e 5a ?.

Quindi, secondo il Di Giovanni, il Blasi, perche non avrebbe visto nel codice, che oggi possediamo, il principio con le parole: kisti su, che il Di Giovanni ha trovato corrispondere a quelle del capitolo V, non lo credette quello segnato a n. 113 dai compilatore del catalogo del sec. XIV.

II De Gregorio fa ogni sforzo, anch'egli, per difendere Fantichita del codice del Libro dei vizi e delle virtu, pur vedendo quanto la sua lingua si allontani dalP antico siciliano della Vita di S. Onofrlo, della Quaedam Profetia, delle Rime Trapanesi, delle Costituzioni Benedettine ecc. Sic come, di fatti, qua e la nel testo si vede b\Y u protonico delFant. sicil. sostituito Yo, come per es.: donaturi (p. 109, r. 20) (2) e dunaturi (p. 100, r. 18), prodicza (p. 76, r. 36) e prudicza (p. 76, r. 34) ecc; e Yi protonico delPa. s. sostituito dalP*, come per es.: mesura (p. 41, r. 23) e misura

(p. 41, r. 22), religiosi (p. 226, r. 8) e riligiost (p. 226, r. 5), nettigga (p. 193, r. 12) e nitigga (p. 192, f. 17), defendi (p. 87, r. 37) e difendi (p. 60, r. 18), secunda (p. 176, r. 28) e sicundu (p. 217, r. 23) ecc, il De Gregorio, per salvare capre e cavoli, rimontando a\Yo, u ed dXVe, I del latino clas sico ed al loro riflesso romanzo q ed e, dice che la base che rispecchia

(1) Opuscolt dl autori siciliani, t. Ill, Palermo, 1781, p. 88 e sgg. (Bibl. Comun. di Palermo).

(2) Mi avvalgo della trascrizione del ms. fatta da G. De Gregorio per rendere piu facili i confronti, segnando con p la pagina e con r il rigo.

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il testo del Libro dei vizi e delle virtu e quella, in cui q, e non avevano decisamente subito P ultima evoluzione. Non si capisce affatto, quando aggiunge: ? Ne con cid si viene implicitamente ad affermare che due risoluzioni diverse dei medesimi suoni esistessero nello stesso tempo: esistevano q, e piu chiusi che non indicassero questi segni, e tanto da farsi in genere considerare u, it ma non sempre, ne decisamente come oggi ?.

Intanto risulta dalPesame dei testi autentici in antico siciliano che la vera e dialettale risoluzione di &, u, d sia stata nel primo periodo del Pant, sicil. sempre u in qualsiasi posizione e non mai o, che fu bensi

adoperato in secoli posteriori da persone dotte in forme pulite ed eleganti. Qualche esempio: Rime Trapanesi (1) iudiciu (I, 2), suprana (I, 4),

punitii}, 26),furtuna (III, 11), muriri (III, 2); Costituzioni Benedettine (2) humanitati (I), cuntrastari (I) discipuli (V), sunari (VII); Vita di S. Ono frio (3) dunau e truvaj (159 r.), purtatu, ururi (155 r.), culonna (158 v.); Quaedam Profetia (4) curuna (I), culuri (II) ecc. V e atono del basso latino si rispecchia nelPant. sicil. in / e non in e, come vorrebbe il De

Gregorio; e questo e, come o, e adoperato assai piu tardi in forme ita

lianeggianti: Vita di S. Onofrio: piccatu (155 v.), viramenti (156 r.), sutirrari e spavintatu (156 v.), simana (165 v.), signuri (156 v.); Costitu zioni Benedettine: infermi (IX), chillararu (VII), licturi (II), prigamu (II), minuri (II); Rime Trapanesi: tirannu (I, 5), liuni (I, 6), sicundu (I, 10), virra (I, 10), tribunu (I, 13); Quaedam Profetia: pirsuni (I. 49, 50), Mis sina (17); Evang. pirkistu

* per-eccu-istu,

E evidente, quindi, che, trovando in questa scrittura caratteri fonetici

ignoti al primo periodo, dobbiamo almeno credere che essa sia stata

copiata nella fine del secolo XV o nel principio del XVI, quando queste mutazioni, sostituzioni, ripuliture ed italianeggiamenti cominciavano a farsi avanti nel dialetto.

Anche in questa scrittura, come nel Rebellamentu di Sichilia, troviamo la congiunzione e scritta e isolata, laddove avremmo dovuto trovare et, ed e staccata, dove avremmo dovuto trovare est o estj.

Si avverte che, accanto a questi fatti juniori si riscontrano, ed in numero di gran lunga superiore, le forme corrispondenti alia grafia del Pant, sicil., di guisa che siamo con sicurezza indotti a credere che queste forme piu moderne e piu scarse di fronte alle piu antiche sieno intro

dotte dagli amanuensi aua e la nel secolo XV o nel principio del XVI

seguendo Puso del loro tempo. Ed a questo appartiene infatti la scrittura del testo del Libro dei vizi

e delle virtu in semigotico molto chiaro. Giunti qui, potremmo fermarci e ne avremmo a sufficienza per dire

(1) In Arch Stor. Sicil., n. s., a. XLII.

(2) In Arch. Stor. Sicil., n. s., a. XXXVII.

(3) In Arch. Stor. Sicil., n. s., a. XXXIV.

(4) In Arch. Stor. Sicil., n. s., a. II.

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che il codice che possediamo non e quello del n. 113 del catalogo del

1384; ma v'e ancora altro.

In questo catalogo si riscontrano, come vedemmo, due parole: kisti su, con cui sarebbe incominciato il testo del codice. E queste parole appunto bastano a farci dire che il testo, che oggi si possiede, diversa mente di come vorrebbe il Di Giovanni, non e quello del 1384.

Ammesso pure quello che dice il Di Giovanni, che kisti su corri

sponde al quisti sunu con cui comincia il quinto capitolo, pure esiste una differenza tra kisti su e quisti sunu.

II gruppo Qu, infatti, rimane nelPant. sicil. intatto davanti ad a: Cost. Bened. : quali (I, III, V, VI), quandu (I, II), quatru (VIII); Rime Trapanesi quali (III) ecc. Nelle forme dei pronomi dimostrativi composte con * eccum riscontriamo che Pelemento labiale cede innanzi ad e, i, ma

impedisce che la gutturale passi in palatale; Thes. Paup. kista (29 v.) con la forma abbreviata sta (S. Gregorio, 54 r.); Cost. Bened. ktssa (81 v.); Vita di S. Corrado kistu (p. 361); Quaed. Prof, killu (39); S. Greg. killi (4 v.) plur. dei tre generi; di fronte al tosc. che ha sempre serbato Pelemento labiale e al napol. che Pha sempre perduto (cfr. D'Ovidio IV, 152, 172 e Zingarelli XV, 229). II pronome relativo, corrispondente a qui, quae, quod, e ki in Vita di S. Onofrio (155 r.), Vita di S. Greg. (64 r.), Rime Trap. (II, 1, 14, 19) e passim (1).

In generale possiamo dire che -a ed -o di base romanza manten

gono Pelemento labiale, ma -e ed -/ lo respingono (cfr. anche Zingarelli XV, 227).

La terza pers. plur. del verbo ? essere ? h su atono e non sunu:

Vita di S. Onofrio (156 v.), Costit. Bened. (intr. VI-IX), Quaed. Prof. (3). II codice, quindi, del Libro dei vizi e delle virtii che oggi si possiede,

non h quello di cui fu presa nota nel 1384, perche in tal caso si sarebbe dovuto trovare kisti su nella prima carta, come Pha letto il Di Blasi e non Quisti sunu nella quinta; e volendo dar retta al Di Giovanni po tremmo credere il manoscritto della Bibl. Comun. di Palermo, al massimo, una copia di epoca a noi vicina, dove gli amanuensi, tra Paltro, secondo

la grafia del loro tempo, mutarono kisti su in Quisti sunu.

G. B. Palma

(1) In chtncu (Consuet. c. 76 r.), sicil. moder. 6incu, forma di larga ragione, potremmo spiegare P-a da una influenza di quattru (Vita di S. Onofrio, c. 156 r. e altrove), come crede il Menendez Pidal (Manual. El. ? 89), il Baist (Grober, Grundriss2 1, 89) e il Savj-Lopez a proposito delPa. nap. cinco (Zeitschr. fur rom. Phil. XXX, 38). Lo Zauner (Altspan. El. 25) crede che si tratti di -o da ue. Io propenderei a credere col Sal vioni (Spig. sicil., s. 5a e 6a), che si tratti d'uno speciale trattamento fonetico della formula ?ue, trattamento analogo a quello che la combi nazione atona ui subi a formola interna. Se ci da ragione ayculi

' aquile9

(Vita di S. Onofrio), lo stesso non possiamo dire per sangui (Rebell. c. 104 r.), nel sicil. moderno sempre sangu.

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4. ? L'origine, lo sviluppo e le caratteristiche della lingua magiara (*).

?* E innegabile che nonostante la ricchissima letteratura

ungherese la lingua magiara e poco conosciuta ancora nei paesi delPOc cidente colto. Causa di cio e certo e la situazione della lingua magiara stessa (essa e circondata da un mare di lingue diverse) e il fatto che

per lo scarso numero de" suoi parlanti in confronto a quello degli italiani, degli inglesi, dei francesi, dei tedeschi, essa non e una di quelle lingue cosi dette mondiali, e quindi non un mezzo di comunicazione fra le diverse nazioni.

La lingua magiara appartiene al ramo ugro-finnico delle lingue sci

tiche e turaniche ossia uralo-altaiche che traggono tale nome dalle mon

tagne degli Urali, un giorno sede primitiva di questa razza. Essendo staccato il popolo magiaro

? gia circa due mila anni fa ?

dalle razze affini, la sua lingua subi naturalmente molti cambiamenti in

seguito ai contatti con altri popoli, cosi che la somiglianza con le lingue di origine comune vieppii si affievoli; contrariamente a quanto avvenne

per le lingue romanze, che, pur essendosi sviluppate, molto piu tardi, in

lingue indipendenti, lasciano riconoscere gli elementi comuni con mag gior facilita.

Costo quindi indagini lunghe e faticose la ricerca dell" origine della nostra lingua e solo nel corso del secolo XIX alcuni scienziati insigni riuscirono a determinarne con certezza irrefutabile le affinita con altre.

E da rilevare che i primi, che osservarono tale parentela, non furono

linguisti, ma un medico di Amburgo nel secolo XVII, Martino Fogel, e un astronomo, Giovanni Sajnovics, padre gesuita, che a scopo di osserva

zioni astronomiche si era recato nel territorio dei Lapponi, ove, essendosi

accorto di rassomiglianze fra la parlata dei Lapponi e quella magiara, pubblico in proposito una dissertazione nel 1770 intitolata ? Demonstratio idioma Hungarorum et Lapponum idem esse ? (Copenhagen).

Della questione stessa s"occupo piu tardi pure Samuele Gyarmathy in un saggio, stampato a Gottingen nel 1799 dal titolo: ? Affinitas linguae

hungaricae cum linguis finnicae originis, grammatice demonstrata ?.

Seguendo tali tracce indicate dal Sajnovics e dal Gyarmathy un altro scienziato ungherese, Antonio Reguly, linguista ed etnografo, raccolse

nei suoi viaggi fatti attraverso i paesi rispettivi, dati preziosi, che contri

buirono a chiarire il problema della parentela ugro-finnica della lingua

magiara. II Reguly si reed nel 1837 in Finlandia, che tutta percorse e della quale, con Paiuto di un medico svedese che ben conosceva quella

terra, apprese la lingua. Penetro poi piu lontano verso Nord-Est, e

s'impadroni magistralmente delle lingue e dei costumi dei Lapponi ed

(*) Diamo volentieri questo largo riassunto di una conferenza tenuta alia nostra Universita dal ch.mo prof. Oscar Marffy di Budapest, che sta ora svolgendo un corso pratico di lingua e letteratura ungherese ai nostri

studenti, assai frequentato ed apprezzato. [N d. R.)

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NOTIZIA RIO

Estoni, e finalmente, nel 1843, ihtrapreso, col contributo dell* Accademia

Ungherese delle Scienze, un nuovo viaggio, partito da Pietroburgo, giunse alle regioni del fiume Ural delle montagne degli Urali, fino alle frontiere della Siberia, ove ebbe occasione di conoscere da vicino i Voguli, popolo orientale finnico-ugrico, molto affine al magiaro, e fin da quel tempo molto diminuito di numero. II Reguly vi raccolse molto materiale lessicale e pur canzoni popolari. Progredendo si spinse poi sino alie terre degli Ostiachi e dei Ceremissi, donde ridiscese alia regione di Casan. Studio anche la lingua dei Ciuvassi e ritornato finalmente in Ungheria Reguly elaboro il ricco materiale raccolto.

Sui dati preziosi forniti dai Reguly continuarono due altri scienziati nel campo puramente teorico le ricerche intorno alia parentela ugro-fin nica. L'uno, Paolo Hunfalvy, capo bibliotecario delPAccademia Ungherese delle Scienze, nei suoi saggi pubblicati fra 1864-75 stabili precisamente il posto della lingua magiara nel gruppo finnico-ugrico, dimostrando che essa e la piu vicina a quella dei Voguli ed Ostiachi; Paltro, Giuseppe Budenz, di origine tedesca (1836-1892), il piu insigne studioso nostro intorno alia linguistica comparativa, risolse definitivamente il problema. II Budenz giunto, a 22 anni, in Ungheria, si senti subito legato ad essa da una grande simpatia, ed in breve tempo con fervore e talento ecce zionale si rese padrone della nostra lingua. In riconoscimento della sua

grande opera scientifica fu nominato nel 1873 professore air Universita di Budapest per la linguistica comparata ugro-finnica. II frutto piu co

spicuo delle sue profonde ricerche durate ben oito anni e il ? Dizionario

comparativo magiaro-ugro ? (Magyar-ugor osszehasonlito szotar) per il

quale PAccademia ungherese conferi alPautore il gran premio. II Hunfalvy e il Budenz fondarono nel 1862 la rivista ? Nyelvtorteneti

kdzlemenyek ? (? Pubblicazioni di storia di lingua ?), in cui pubblicarono tra Paltro ampie discussioni con un altro studioso di fama mondiale, Ar minio Vambery, il quale

? avendo percorso, vestito da Dervish, il paese dei Turcomanni, e Chiva, Bocara, Samarkand, PAfganistan e la Persia,

(vale a dire le parti delPAsia abitate da razze turco-tartare), ? affermo

la stretta parentela turco-magiara. Ma tale ipotesi venne pienamente

confutata dalle prove incontestabili del Hunfalvy e del Budenz, i quali fondarono le loro argomentazioni parte sulPidentita delle parole, usate ancora nella patria avita, fra condizioni primitive, parte sulla concordanza dei suffissi verbali e nominali.

In seguito, le ricerche della parentela ugro-finnica vennero continuate ed estese ai particolari piu minuti, grazie alPattivita della Societa della

Linguistica Magiara, fondata nel 1903, la quale pubblica pure una rivista intitolata ? Magyar Nyelv > (Lingua Magiara) il cui direttore e oggi lo scienziato benemerito Giuseppe Szinnyei, autore delP opera ? Linguistica comparata magiara ? (? Magyar nyelvhasonlitis ?), del Dizionario finnico magiaro (Finn-magyar szotar), di una grammatica finnica con speciale riguardo a quella magiara e di numerosi altri lavori del genere.

Edito dalPAccademia Ungherese delle Scienze e apparso il Dizionario

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notiziario

etimologico magiaro (Magyar etimologiai szotar), vasto e perfetto lavoro

di due altri studiosi professori, Zoltin Gombocz e Giovanni Melich.

Fra gli italiani sono altamente degni di essere ricordati il compianto Emilio Teza, che per primo si occupo di lingua e letteratura magiara; S. E. Paolo Emilio Pavolini, profondo conoscitore di esse; Carlo Taglia vini, professore all" Universita di Budapest, che ha pubblicato saggi pre ziosi, e il compianto Alfredo Trombetti. glottologo di fama mondiale, che procedendo ulteriormenie, aveva affermato, grazie alle proprie geniali ricerche, una piu remota parentela fra le lingue ugro-finniche e le indo

europee (1). Le parole comuni nelle lingue ugro-finniche, che costituivano il

complesso primitivo della lingua ungherese, attestano la condizione di un popolo semplice, che viveva una vita patriarcale e attendeva all' alle vamento del bestiame ed alia caccia. A tale tesoro di parole appartengono i nomi dei componenti di famiglia; di qualche fenomeno della natura; i verbi indicanti le azioni riferentisi alia vita piu primitiva.

I primi elementi stranieri introdottisi nella lingua magiara datano circa dal secolo IV a. C, e precisamente dal tempo in cui il popolo ma

giaro, unito ancora agli altri popoli ugro-finnici, diveniva confinante coi

popoli iranici, cioe con gli antichi Persiani. Circa due millenni or sono, il popolo magiaro, staccatosi dalle regioni

occidentaii delle montagne degli Urali, ove ? come s'e gia detto ?

viveva in comunanza con i popoli di razza affine, si era incamminato

per necessita di espansione verso Sud-Ovest, attraverso regioni scono

sciute, in cerca di una nuova patria. Al suo originale tesoro di parole si

aggiunsero cosi, via via, durante parecchi secoli altre numerose parole. Ci6 avvenne allorquando il popolo magiaro nelle regioni del mar Caspio venne in contatto (nella valle del fiume Volga) col popolo bulgaro-turco, chiamato Ciuvassi, il quale per la maggior parte si fuse poi col popolo magiaro. In quelFepoca, cioe nei primi secoli dopo Cristo, appunto sotto Finfluenza di questa razza turca, la cultura dei Magiari subi un notevole

cambiamento, per aver esso appreso dai Bulgari-turchi Pagricoltura ed

altre particolarita relative alF allevamento del bestiame, a loro ancora

ignote del tutto. In tal modo si era arricchita la lingua ungherese di nuove parole innumerevoli, tra le altre di quella che significa mare, che

appunto in quel tempo il popolo magiaro aveva per la prima volta co nosciuto.

Nel secolo IX d. G il popolo magiaro, dopo le migrazioni di tanti secoli, mutato notevolmente nel suo modo di vivere, nei costumi, e nel

complesso delle sue parole, giunse nella regione dei fiumi Tibisco e Danubio ed ivi, in parte sul territorio delle antiche provincie romane, Pannonia e Dacia, costitui la sua patria nuova ormai e definitiva. Al Nord, sotto i piedi dei Carpazi, trovd grossi nuclei di abitanti di razza slava:

moravi, slovacchi, che impararono presto la lingua dei conquistatori e

(1) A. Trombetti, Elementi di Glottologia, Bologna, 1923.

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col tempo si unirono pienamente ad essi. Da questo popolo slavo apprese il magiaro una piu progredita agricoltura, la dimora stabile, gli elementi della vita civile, alcuni rami delFindustria e pure il Cristianesimo. Questo influsso di nuova cultura ? s' intende ? lascio le traccie anche nel pa trimonio della nostra lingua, nella quale, appunto, si trovano espressioni di molti concetti di origine slava. Anche il nome ? olasz ? con cui e chiamato Pitaliano nella lingua ungherese, e di origine slava: esso cor

risponde precisamente allo sloveno ? vlaSi, vlah ?. DalPinizio del regime monarchico, costituito da Santo Stefano, la vita

pubblica del popolo ungherese divenne stabile e conforme a quella degli altri stati d'Europa, e progredi nella cultura, particolarmente per Finflusso dei popoli finitimi, Pitaliano e il tedesco. Dai paesi di questi popoli ven nero in Ungheria molti preti per propagare il Cristianesimo ed insegnare nelle scuole allora fondate; in pari tempo ebbe grande influenza sulla nostra cultura d'allora anche quella latina delPepoca classica e medioe vale. In questi secoli dai 1000 fino al 1300 la lingua ungherese assorbi

gran numero di parole italiane, germaniche, latine. Fra quelle di origine italiana ricordiamo le seguenti: sekrestye (sagrestia), ostya (ostia), angyal (angelo), plebdnos (piovano), kdpldn (cappellano), bimbo (bimbo), kemeny (camino), pogdny (pagano), gyemdnt (diamante), talidn (italiano), kapitdny (capitano), borbely (barbiere), papa (papa), mama (mamma), cserkesz (cer chia), szerecsen (saraceno), kaszind (casino), gavaller (cavaliere), parade (parata), Francia (Francia), piciny (piccino), intrika (intrigo), kastely (ca stello), piskota (biscotto), tinta (tinta), torta (torta), tegla (tegola), trafik (traffico), torzsa (torso), gesztenye (castagna), piac (piazza), rekruta (recluta), istdllo (stalla), szamdr (somaro), paizs (pavese), dezsma (decima), dus (doge), e cosi via(l). Parole queste che dimostrano quanto abbiano gli Ungheresi appreso dalP Italia sotto ogni aspetto per la loro vita culturale di or son 800 anni. I nomi di alcune citta e borgate disperse in diverse regioni, ormai del tutto magiare del nostro paese, conservano ancor oggi i ricordi

degli italiani immigrati (ad es. Varad-Olaszi, Szepes-Olaszi, Olasz-Liszka,

ecc.) che gia in un lontano passato si erano stabiliti in Ungheria come

artisti, gente di mestiere, commercianti ecc. Nella lingua ungherese si infiltrarono pure altre parole turche. Capitarono in parte nelPepoca degli

Arpadi, nei secoli XII e XIII in cui si stanziarono i popoli di razza turca

(Cumani e Peccenegi), piu tardi, nei secoli XVI e XVII, sotto la. domina zione turca.

II fatto che la nazione ungherese pote produrre una letteratura tanto

ricca, tanto varia, deve attribuirsi in gran parte appunto alia ricchezza delle sue parole, ricchezza non dovuta, del resto, soltanto alPassimilazione di elementi stranieri, ma pure alia costituzione sana, viva e fiorente della

lingua stessa che ampliava anche da se il proprio patrimonio lessicale, grazie alia facilita e alia varieta della formazione delle parole ed alia

(1) A. Korosi, Influssi lombardi e toscani nel lessico ungherese. Rivista ? Corvina ? 1929.

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chiara comprensione delle stesse. Quale sviluppo formidabile ci si mani

festo, se, partendo dal testo ungherese piu antico del cosi detto Discorso

fanebre delFinizio del duecento (1), passiamo attraverso i secoli successivi, in cui presto apparvero composizioni liriche, epiche, drammatiche, vaste

opere religiose e scientifiche, e giungiamo ai nostri giorni, in cui molti

capolavori moderni della letteratura ungherese son ormai noti in ogni paese del mondo e i lavori drammatici di autori ungheresi vengono reci tati sulle scene delle maggiori nazioni dell* Occidente!

Fu necessaria, naturalmente, un* attivita incessante, un lavoro con

tinuo di due secoli circa, perche si potesse arricchire la nostra lingua di nuove parole, nuove diciture, rendendola, cioe piu duttile, piu atta ad

esprimere nuove idee, perche si potessero appagare le esigenze della cultura umana avanzata. Tale attivita fu iniziata da Francesco Faludi,

padre delFOrdine dei Gesuiti, nella meta del secolo XVIII. Egli avendo vissuto parecchi anni a Roma come confessore in S. Pietro, senti forte

mente il bisogno di rinfrescare la parlata ungherese, arretrata di fronte alle lingue romanze. Ma Pattivita sistematica di rinnovamento della lingua magiara si affermo decisamente solo alia fine del settecento, ed e legata al nome di Francesco Kazinczy (1759-1831) e de' suoi continuatori. Gia a quelPepoca molti dei nostri scrittori, lagnandosi della scarsita del patri monio linguistico, avevano rilevata la necessita ormai urgente di creare

parole e frasi nuove che bene esprimessero le idee ed i concetti nuovi delP Occidente colto. Essi cercarono percio di supplire a tale difetto in diversi modi, in parte riprendendo parole antiche e dialettali e adattandole a senso nuovo, in parte anche adoperando radici di parole quali parole indipendenti e creando composti irregolari, finalmente aggiungendo suf fissi di lingue straniere a parole magiare, e tentando tradurre in modo servile frasi straniere.

Tale movimento ebbe ripercussioni fortissime. I cosi detti ? neologi ?, cioe riformatori, seguirono le tracce del Kazinczy, ma gli ? ortologi ?, difendendo i diritti della lingua tradizionale, rifiutarono energicamente le innovazioni; molti altri, aborrendo dalle esagerazioni dei seguaci di

Kazinczy non ammisero che le innovazioni piu moderate. Sorse quindi una lotta letteraria fra gli scrittori, lotta che talvolta fu combattuta in termini non troppo cortesi. Ma alia fine il Kazinczy e i suoi seguaci trion farono nel dibattito, e oggi la riforma, approvata pure dalP Accademia

Ungherese delle Scienze, si puo dire pienamente attuata.

Questo movimento per la rinnovazione linguistica coincide col rin

giovanimento della nazione ungherese nel campo della cultura e della

politica creato da Szechenyi e da Kossuth. Non dobbiamo poi dimenticare che sebbene Paccennata riforma abbia portato molti eccessi e numerose

(1) Le prime parole di lingua magiara si trovano inserite nel testo latino del diploma di fondazione delPAbbazia Benedettina a Tihany, dal secolo XI.

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formazioni errate, queste vennero in seguito via via eliminate, in maggior parte merce lo sviluppo sano della lingua stessa e grazie anche ai lavoro solerte di purificazione degli scienziati. Questa azione, che mira ad eli minare dalla nostra lingua parole e frasi non corrispondenti alia pura magiarita, viene diretta dalPAccademia Ungherese delle Scienze. II comi tato per la linguistica delP Accademia fondo nel 1872 a questo fine la rivista Magyar nyelvbr (? Custode della lingua magiara >), e ne affidd la redazione prima allo scienzato benemerito Gabriele Szarvas, a cui piu tardi succedette Sigismondo Simonyi. Oggi la rivista e diretta dal pro fessore Giuseppe Balassa. Alia purificazione della lingua ha inoltre con tribuito molto lo studio della parlata popolare cosicche si puo affermare, che ormai la lingua magiara prende posto con tutto diritto accanto alle

lingue indo-europee, cosi per forza di espressione come per ricchezza e f lessibilita. Essa conta oggi 122.000 parole all* incirca, ed h parlata da

presso a poco 8 milioni entro i confini dell" Ungheria mutilata e da 4 milioni di magiari all* incirca, rimasti nei territori staccati ? secondo il trattato di Trianon ? dalla patria avita.

Esaminiamo ora brevemente il carattere e la costruzione della lingua ungherese.

Le caratteristiche, che spiccano in una lingua viva, sono la pronuncia e Paccento; due elementi, che danno la melodia della parlata corrente. Chi ode la prima volta una lingua straniera, pur non comprendendo nulla del suo contenuto, si fa un'idea di essa soltanto in base agli elementi musicali della pronuncia. Ci sono da rilevare tre note caratteristiche della

pronuncia della lingua magiara. Esse sono:

1. L'alternarsi delle vocali e delle consonanti; e, insieme, la man canza delPaffollamento delle consonanti, frequente nelle lingue germaniche ed in quelle slave; e la mancanza della consonante gutturale aspirata ch,

per cui la pronuncia del magiaro diventa dolce e facile. Parole come Pflicht, Rache, Pfropf, Strafe, prszt, pity, drg, ecc. non esistono nella lingua ungherese, che possiede, d'altro canto, piacevoli palatali, come gy,

ty, es. dgyuf hattya (1). 2. L'altra proprieta e Padattamento armonioso delle vocali, legge che

ricorre pure nelle lingue affini, ad es. nel finnico e nel turco. Tale adat tamento consiste in cio che, tranne poche eccezioni, nelle parole ungheresi si hanno solo le vocali basse: a, a, o, u, e le alte: e, 6, ii. Percio i suf fissi ed affissi che si aggiungono ai nomi, ai verbi, ecc. hanno di solito due o tre forme, le quali mutano di vocali a seconda delle parole a cui vengono congiunti, p. es. ad ad-ds, kir kir-es, hoz hoz-om, kot-om.

3. La terza caratteristica della pronuncia ungherese consiste nel di verso cader delPaccento. Nella lingua ungherese essendo essa lingua

(1) Quest'ultima consonante del resto si trova (come nota il prof. Ta gliavini) nel dialetto friulano, per es. c' ase. (? La lingua ungherese ?, saggio pubblicato nel volume ? Ungheria ?, Roma, Istituto Orientale, 1929).

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notiziario

agglutinante, Faccento tonico cade sempre sulla prima sillaba del voca bolo. L'accento tonico dunque nelF ungherese fa F impressione di un movimento ondeggiante in cui Fonda piu forte e la prima sillaba alia quale succedono onde sempre meno grandi. Al contrario nel francese si accentua sempre Fultima sillaba del verbale, quindi Fonda in esso si alza alia fine della parola, per ts.frater nite, prononciation. (1).

In generale la lingua ungherese h pure caratterizzata dalla tendenza ad un'estrema semplicita. Ad es. non si ha in essa la distinzione di generi nei vocaboli, ragion per cui esiste un unico articolo, che resta invariable nei diversi casi; invece, cid che e piu iogico, la parlata ungherese fa distinzione. fra Fuomo da una parte, e Fanimale o un oggetto d'altra parte, rilevando in tal modo la dignita e Fintelligenza, cioe Fessenza superiore delPumanita; per es. se io dico in ungherese ? lo lo vedo ?, debbo esprimere in diverso modo, secondo che si tratta di un uomo o di un animale.

Per indicare chiaramente i rapporti di luogo, di tempo, di origine, ecc. il magiaro raggruppa tutti gli avverbi secondo tre domande: dove, indica 10 stato (stato in luogo) ; da dove, indica il punto di partenza (moto da luogo); per dove, indica la direzione (moto a luogo).

L'uso del singolare in luogo del plurale e molto esteso nella lingua magiara. Cosi dopo qualunque numerale si mette il singolare; Fungherese dice: dieci uomo, molta casa, invece di molte case, mentre Fitaliano adopera il singolare, solo quando c'e un nome collettivo, p. es. molta

gente. II magiaro parte da quella riflessione che il numerale stesso gia esprime la pluralita delle persone e degli oggetti, ritiene quindi superfluo di porre dopo di esso in plurale il sostantivo. Usa inoltre il singolare nel caso che si tratti di oggetti, component! un gruppo unito, p. es. rac

cogliere fiore, e non fiori, comprare frutto, mela, e non frutta, mele, ecc. Pur quando voglia indicare le parti del corpo che si completano in un

paio, Fungherese dice: mi duole il piede, Focchio, ecc. mentre, quando si parla espressamente di una di queste, allora usa la deter mi nazione con

la parola metd; per es. egli e zoppo a metd piede, egli e cieco a metd occhio, ecc.

La coniugazione risulta semplice e chiara, contando solo tre tempi: 11 presente, il passato, il futuro. Oggidi la lingua ungherese non adopera piu gli altri tempi usati in antico; non esistono di fatto che tre modi: V indicativo, che esprime la realta, il congiuntivo, che esprime lo scopo ed il comando e F esortazione (la funzione delF imperativo h assorbita dai congiuntivo), e finalmente il modo condizionale, che serve anche da ottativo. La coniugazione e inoltre tanto concisa, che pud esprimere mediante un'unica forma cid per cui occorrono nelle altre lingue due, tre, e quattro parole; p. es. la frase noi ti abbiamo veduto; ted. wir haben dich gesehen, fr. nous vous avons vu, viene espressa nelF ungherese con

(1) V. Balassa I6rzef, A magyar nyelv.

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una sola parola: lattunk. Cosi anche le frasi causative, p. es. lo faccio chiamare in ungherese si esprimono con una parola: elhivatom; mandb a prenderlo

=> elhozatta. Domina, inoltre, generalmente nella parlata un

gherese moderna la tendenza ad eliminare possibilmente le forme com

poste della coniugazione, a diminuire i verbi con desinenza ? ik ?, che

divergono in qualche modo dalla coniugazione regolare, ad evitare la

coniugazione passiva, estranea alForecchio magiaro. Si hanno invece due

specie di coniugazione: la soggettiva e Foggettiva a seconda che Foggetto a cui Fazione si riferisce sia una persona o cosa determinata, oppure inde

terminata. L'ungherese si esprime diversamente se dice: scrivo la lettera

(? irom a levelet ?) o ? scrivo una lettera ? ? irok egy levelet ?, ? levelet irok ?. Altri mezzi di semplificazione: la non espressione della persona con

pronome personale, uso del resto che esiste appunto anche nella lingua italiana (p. es. ? vedo ? = latok ? vediamo ? == latunk); F omissione del verbo ausiliare & e sono, es. la chiesa (e) bella; le case (sono) alte. La

negazione si esprime alcune volte in doppie parole, come in italiano, es.

? io non ho ricevuto nessana lettera ?, ? noi non abbiamo fatto niente ?, in ungherese ? Nem kaptam semmifile levelet ? ? Nem tettiink semmit ?. Si hanno pure composti del genere di certi italiani: kemenysepro (spazza camino), dugohuzd (levatappi), dllomdsfdndk (capostazione), tdviratkezbesites

(recapito telegrammi), ecc. Altre caratteristiche di semplicita dominano le proposizioni (periodi);

Fungherese ad es., non conosce Padattamento dei tempi nei periodi (con secutio temporum) che esiste nella lingua italiana, continuazione del latino

(io credo che cio sia facile; io credevo che cio fosse facile). Nessuna lingua rispetto alia collocazione delle parole e piu libera

della lingua ungherese specie se si faccian confronti con Fordine assai complesso delle parole proprio della lingua tedesca e del francese in cui le parole mutano di posto secondo i diversi sensi. Sotto questo aspetto pure F italiano si avvicina alF ungherese, in quanto permette una certa

liberta nel collocare i vocaboli nella proposizione. In ungherese c'e una

sola regola che si deve osservare assolutamente, cioe che quella parte della proposizione che si vuol maggiormente far risaltare, deve porsi immediatamente dinnanzi al verbo. Le altre parti della proposizione pos sono tanto precedere quanto seguire quel gruppo formato dalla parola rilevata e dal verbo.

Infine contrariamente alF italiano, i cui dialetti, anche se non lontani tra loro, tanto sono diversi, la lingua ungherese ha pochissimi gruppi di dialetti e neppure differenti fra di loro e dalla lingua letteraria in tal

grado da rendere difficile ai parlanti di farsi reciprocamente comprendere. Come il viso e lo specchio delPanima, cosi anche la lingua e mani

festazione espressiva del carattere di una nazione. Nella parlata italiana, signoreggia la variazione armoniosa delle vocali, corrispondente al senso melodico del suo popolo; nella lingua francese si osserva Feleganza leggera, caratteristica di quel popolo; Faccuratezza minuziosa, inerente

alia razza germanica, risulta, fra altro, anche dalla coniugazione e dalla

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costruzione della lingua tedesca; il risultato del senso di praticita del Y inglese si rivela in cid, che esso tende a rendere quanto piu semplice la sua parlata rinunziando perfino alle finezze della coniugazione parti

colareggiata. La lingua magiara invece e caratterizzata da una mentalita

chiara, logica, da una semplicita, derivante dalla calma, propria della razza turanica.

E noi magiari siamo fieri di questa bella lingua, la curiamo con pia affezione, di fronte all'allettamento di culture straniere, quale unico tesoro

portato con noi dalla patria primitiva. Questa nostra lingua perfezionan dosi dopo lunghi secoli, creo una letteratura ricca, fiorita, la quale trionfo e acquistd riconoscimento al nome magiaro oltre i confini della nostra

patria, fra tutte le nazioni colte. Ma da questa miniera d'oro ricchissima i popoli del mondo hanno attinto poco finora, appunto per mancanza della conoscenza della nostra lingua.

Oscar Marffy

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