Date post: | 24-Mar-2016 |
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“Prima di giudicare (e per la storia in atto o politica il giudizio è l’azione) occorre conoscere e per conoscere occorre saperetutto ciò che è possibile sapere” (Antonio Gramsci) “Faremo il possibile per esporre in forma semplice e popolare, senzapresupporre la conoscenza nemmeno dei concetti più elementari. Vogliamo farci comprendere dagli operai.” (Karl Marx)
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a piccola e povera città
Le PubblicazioniLe Pubblicazionidi Piazza del Granodi Piazza del Grano
nel sito www.piazzadelgrano.org ! ineditinel sito www.piazzadelgrano.org ! inediti
La critica marxista deve porsi questa parola d’ordine: studiare, e deve respingere ogni produzione di scarto
e ogni arbitraria elucubrazione del proprio ambiente. (Lev Trotsky)
La cultura è organizzazione, disciplina del proprio io interiore, é conquista di coscienza
superiore. Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. (Gramsci)
Basta un profumo di rosa smarrito in un carcere perché nel cuore
del carcerato urlino tutte le ingiustizie del mondo. (Ho Chi Minh)
Sono come l’ingombro al centro di un incrocio,
dovrei svoltare e l’unica cosa che mi viene da fare è solo ridere
L'amore è la capacità di avvertire il simile nel dissimile.(T.W. Adorno)
Fin da quando era piccolina la bimba mi ha chiesto di raccon!tarle delle favole e io mi sono inventata storie di draghi, ecc.
Veniamo da molto lontano e andiamo molto lontano! Il nostro
obiettivo è la creazione di una società di liberi e di eguali. (Togliatti)
Alcuni piagnucolano, altri bestemmiano ma pochi si domandano: se avessi fatto anch’io
il mio dovere sarebbe successo ciò che è successo? Perciò odio gli indifferenti. (Gramsci)
Chi ha il cuore bambino vede da un'altra angolazione la realtà, perché
non volge gli occhi in basso ma li rivolge al cielo
“Siamo realisti, esigiamo l’impossibile”, può dare forse, più d'ogni altra argomentazione so!ciologica, filosofica o politica, una idea corretta della realtà cubana.
Siate tutti degli amministratori. Accanto a voi si troveranno i capitalisti stranieri, si arricchiranno accanto
a voi. Si arricchiscano pure; ma voi imparerete da loro ad amministrare. (Lenin)
L’Editoriale 3
Presunzione, arroganza, ignoranzale doti per essere un “manager globale”
DI SANDRO RIDOLFI
Gli americani, si sa, sono un popolo
fondamentalmente ignorante, che
supplisce alle gravissime carenze
culturali con la bovina convinzione
di vivere nel posto migliore, più ric!co, più libero e quindi più felice del
mondo. Essi non sanno che l’indice
di mortalità infantile degli Stati Uni!ti è più alto di quello della Malesia,
che l’indice di aspettativa di vita è in!feriore di 10 anni rispetto a quello eu!ropeo, che l’indice di livello scolasti!co è inferiore a quello di molti paesi
del terzo e del quarto mondo. Non
sanno che in molti altri paesi del
mondo, persino del terzo mondo, la
salute è un diritto che viene assicura!to dallo Stato con servizi sanitari
pubblici; non sanno che l’istruzione
è un diritto che viene assicurato a pa!rità di accesso dallo Stato con strut!ture di istruzione pubbliche; non
sanno che l’associazione sindacale,
l’associazione politica, l’espressione
del dissenso è un diritto di tutti i cit!tadini in molti Stati costituzional!mente garantito. Essi non sanno che
in molti Stati la libertà personale, la
riservatezza della corrispondenza
anche elettronica, l’inviolabilità del
domicilio, sono diritti costituzionali
che neppure le più gravi esigenze di
difesa nazionale possono violare o
anche solo compromettere. Essi non
sanno che un evento catastrofico co!me l’allagamento di New Orleans,
con le sue migliaia di morti, distru!zioni e devastazioni, può trovare pa!ragoni d’incuria e di mancanza di di!fese sociali solo in Paesi del profondo
terzo mondo estremamente poveri.
Essi non sanno che la discriminazio!ne razziale, il sequestro di persone,
la tortura, sono pratiche d’inciviltà
condannate sostanzialmente in tutti
i Paesi del mondo (anche se non in
tutti realmente rispettate). E così via.
Ma questa drammatica ignoranza,
non colpisce in verità tutti gli strati
sociali. Ben altro e ben di più sanno i
ricchi e potenti componenti dei ri!stretti circoli oligarchici che domina!no il loro Stato dove il 5% della po!polazione possiede l’80% della ric!chezza nazionale. Questi padroni
sanno bene dell’ignoranza e dell’ar!retratezza alla quale condannano il
loro popolo, proprio per poterlo istu!pidire e quindi dominare ciecamen!te. Questi padroni conoscono e capi!scono l’importanza strategica di sac!cheggiare e importare da qualsiasi al!tra parte del mondo teste pensanti e
preparate dalle quali “estrarre” le ec!cellenze in tutti i campi, potendo
mettere a loro disposizione strumen!ti tecnici, tecnologici ed economici
in genere poderosi. E’ storia secolare
oramai che le migliori “teste” del
mondo riescono a esprimere appieno
le loro capacità nel ricco Paese nord
americano, ulteriormente arricchen!dolo di quella cultura che non è in
grado di produrre al suo interno. Ra!ramente è accaduto che un “testa
pensante” (o almeno ritenuta tale
all’importazione, salvo il legittimo
dubbio di un errore di valutazione a
monte) importata dagli Stati Uniti
per far crescere e arricchire quel Pae!se sia stata al contrario contaminata
dall’ignoranza endemica dello stesso
e sia divenuta, anziché intelligentis!sima, stupidissima. Eppure sembra
che, almeno in un caso, quest’evento
anomalo si è effettivamente verifica!to. Qualche anno fa gli Stati Uniti
hanno “rubato” al nostro Paese una
splendida mente manageriale, l’ec!cellenza stessa dell’imprenditoria
italiana, l’erede ideale del “mitico”
Valletta, il super manager della Fiat
Sergio Marchionne. Lo hanno “rapi!to” e con lui, o grazie a lui, si sono
“rubati” la più grande azienda indu!striale italiana. L’operazione, almeno
da questo punto di vista, è perfetta!mente riuscita per i padroni del
mondo, l’industria automobilistica
nord americana ha ripreso respiro e
quella italiana è stata definitivamen!te affossata. Il super manager, ora!mai amerikano, scorrazza però anco!ra per il nostro Paese, seminando a
generose manciate lezioni di econo!mia, minacce sindacali e perle di sag!gezza. L’ultima più geniale esterna!zione l’abbiamo scritta in copertina.
Battibeccando con il lupetto sindaco
di Firenze e autocandidato leader del
centrosinistra, il piccolo Matteo
Renzi, Sergio Marchionne ha defini!to Firenze una piccola e povera città.
Alla faccia! (direbbe Totò). E’ vero
che la Firenze di oggi che riesce a
esprimere come suo primo cittadino
niente meno che un Matteo Renzi di
passi indietro ne ha fatti e davvero
tanti (inciso: se molti vecchi e consu!mati politici sono indubbiamente da
rottamare, non è meno vero che a
volte i “pezzi” nuovi possono nascere
fallati e andrebbero rottamati da su!bito prima di metterli in circolazio!ne), ma definire Firenze piccola e po!vera, può affermarlo un bruto ameri!cano che confonde la città toscana
con l’omonima Firenze dello Stato
dell’Alabama (esiste davvero!). Se
Sergio Marchione è esperto di indu!stria automobilistica così come è fer!rato in storia, ecco svelato il mistero
della Panda (riciclando una vecchia
battuta dei tempi della mitica Duna:
“Vendesi Panda usata ottimo stato,
telefonare a Giovanni ore pasti”...
(Giovanni, mangia tranquillo!).
4
Le forme della DemocraziaLe “non dittature” popolaridi @barberini.it pagina 9
Spoleto nel mondoIl successo dello SpoletoFestivalArtdi Jacopo Feliciani pagina 13
Altro consumoRacconti di scelte differentidi Danilo Santi pagina 17
Dalla “triade” alla “diade”Il Principio della “Contraddizione”di Sandro Ridolfi pagina 21
La coseddetta “malattia mentale”I luoghi di cura “alternativi”di Giampiero Di Leo pagina 25
Teatro... cioèAuto-intervista di Roberto Ruggieria cura di Roberto Ruggieri pagina 29
L’autunno d’oroSe esistessero le ninfe dell’autunnodi Sara Mirti pagina 33
Festival di Venezia 2012Vincono due registi comunistia cura della Redazione pagina 37
IneditiFavole al femminiledi Isabella Caporaletti pagina 39
La listaa cura di Sandro Ridolfi pagina 43
Sommario del mese di novembre
Redazione: Corso Cavour n. 3906034 Foligno [email protected]
Autorizzazione: tribunale diPerugia n. 29/2009Editore: Sandro RidolfiDirettore Responsabile:Maria Carolina TerziSito Internet:
Andrea TofiStampa: GPT Srl Città di CastelloChiuso: 24 ottobre 2012Tiratura: 3.000 copiePeriodico dell’Associazione“Luciana Fittaioli”
Figli 5
Il diritto ad essere figlio
Articolo 155 del codice civile:"Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minoreha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativocon ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da en!trambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e coni parenti di ciascun ramo genitoriale"
Figli6
Un figlio viene portato via conmodalità forzose per essere re!
cluso in una sorta di “casa/prigione”da un padre crudele; una madrepiange disperata perché le hannoportato via il figlio. E’ questa la vi!cenda di straordinario dolore che siè consumata in una scuola di un pic!colo centro del padovano. Le imma!gini di quel dolore sono state divul!gate attraverso tutti i network pergiorni suscitando reazioni di sde!gno, rabbia, dolore, pietà. La dispe!razione andata in onda ha portatoistintivamente a colpevolizzare,senza se e senza ma, il padre, le for!ze pubbliche, gli assistenti sociali echiunque in video è apparso l’esecu!tore dell’arresto di un innocente. Lamadre è apparsa in questa vicendavittima, insieme al figlio, della cru!dele esecuzione di un provvedimen!to giudiziale voluta da un padre im!pietoso. La realtà dei fatti, però, eben diversa e molto più complessa diquella rappresentata dalla dispera!zione materna. Il provvedimentogiudiziale eseguito forzosamente èstato emesso dalla Corte di Appello
di Venezia nel mese di luglio 2012all’esito di una vicenda giudiziarialunga e complessa. Nel corso del giu!dizio la Corte ha accertato che, inve!ro, gli incontri tra il figlio e il padre“…erano stati del tutto sospesi periniziativa della madre nel 2010 e da al!lora rifiutati sino alle operazioni diconsulenza…” e ripresi per qualcheora in ambiente neutro. La stessaCorte ha definito il comportamentodella madre ambiguo, “…in questaambiguità continua a permettere albambino comportamenti irrispettosiverso gli adulti, che arrivano ad esse!re inaccettabili nei confronti del pa!dre”. La madre, ha specificato la Cor!
te, “…non ha saputo tutelarlo fino adassumere immotivati atteggiamentidi evidente maleducazione, disprez!zo, minacce, aggressività e violenzafisica”. Per tali ragioni il Collegio giu!dicante ha evidenziato “la necessitàdi un allontanamento del minoredalla madre, fino ad aiutarlo a cre!scere, imparare, e non certo da ulti!mo, a resettare e riassestare i proprirapporti affettivi in ambiente conso!no al suo stile di vita, accogliente especificatamente preparato a tratta!re le sue involontarie problematicheche, anche comportamentali, equidi!stanti dai genitori e nel contempoad entrambi ugualmente vicino”.
Documento psico-forense sull!alienazione genitorialeUn documento a firma dei più grandi esperti italiani inmateria.«Di fronte al dilagare delle polemiche e delle discussioniintorno al caso del bambino allontanato dalla madre aCittadella riteniamo opportuno, in qualità di esperti edocenti universitari in psicologia giuridica ed in psichiatriaforense, specie dell!età evolutiva, autori di pubblicazioni suquesti argomenti, compiere alcune precisazioni in nomedelle buone prassi e delle fondamenta scientifiche delnostro operato. Quello che stampa e TV hanno divulgatoha rappresentato il punto finale di un percorso psicologica-mente violento, a partire da una situazione fortementepatologica e patogena, il quale ha determinato una reazio-ne che è stata oggetto di troppi commenti estrapolandoladal contesto che l!ha generata. La manipolazione sensa-zionalistica del reale e la costruzione di una “verità” e diuna “storia” a partire dall!enfatizzazione di alcuni suoi fram-menti rappresentano una forzatura della quale rischia dirimanere vittima proprio il bambino che si intende proteg-gere. In accordo con il recente comunicato dell!As-socia-
zione Italiana dei Magistrati per i minorenni e per la fami-glia e con il comunicato dell!Unione Nazionale CamereMinorili del 13.10.12, sottolineiamo la grave violazione alivello giornalistico della normativa a tutela del diritto allaprivacy dei minori (Carta di Treviso), essendo stati divulgatidati ed immagini che hanno facilmente portato all!identifi-cazione del bambino coinvolto secondo modalità lesivedella sua dignità e del suo diritto alla riservatezza. Va chia-rito che la professione dello psicologo giuridico e/o dellopsichiatra forense dell!età evolutiva si fonda su metodolo-gie e su criteri di valutazione consolidati da un!abbondanteletteratura scientifica e considera sempre prioritario l!inte-resse superiore del minore e la tutela dei suoi diritti relazio-nali. Per questo, riteniamo che talune pubbliche afferma-zioni rese in questi giorni da chi si è occupato della vicen-da possano ingenerare pericolose confusioni, errori di giu-dizio e generalizzazioni. Gli interventi di protezione rivoltiad un bambino possono infatti a volte richiedere azionivolte a rendere esecutiva una decisione giudiziaria, quan-do si ravvisino condizioni di emergenza e di rischio didanno a partire da gravi disfunzioni nelle relazioni familiari.
Figli contesi
DI IOLANDA TARZIA
Figli 7
I giudici hanno, pertanto, dispostoche “…i genitori daranno attuazionea questo provvedimento…” e si atter!ranno “… scrupolosamente e puntual!mente alle frequenze, agli orari di vi!sita, al programma educativo… inmancanza di spontaneo accordo edesecuzione le decisioni del caso e leattuazioni delle disposizioni sarannoadottate dal padre affidatario, chepotrà avvalersi, se strettamente ne!cessario, dell’ausilio del servizio so!ciale e della forza pubblica”. Il prov!vedimento della Corte d’Appello,dunque, descrive una realtà in cui ilrapporto del figlio con la madre el’ambiente familiare della stessa co!
stituisce una sorta di prigione emoti!va da cui il minore deve essere allon!tanato; una realtà in cui il figlio nonha un rapporto con il padre; una re!altà in cui il padre è colui che si batteaffinchè al figlio sia restituita la li!bertà emotiva e sia data la possibilitàdi scegliere se avere anche un padreaccanto. Questo provvedimento po!teva essere attuato volontariamentedalla madre ma così non è stato; anzi,la stessa ne ha reso impossibile l'ese!cuzione per ben due volte, oltre aproporre ricorso per ottenerne la so!spensiva. Per tali ragioni nella matti!nata del 10 ottobre scorso, avendo laCorte di Appello di Venezia rigettato
il detto ricorso, l'ufficio minori hapreso contatti con i servizi sociali delcomune, incaricati dell’esecuzionedel provvedimento, per eseguire im!mediatamente l'intervento. L'assi!stente sociale, dopo aver contattato ilpadre del minore e lo psichiatra con!sulente tecnico della Corte d'Appello,ha ritenuto di procedere all'esecuzio!ne individuando, d'intesa con il me!dico, l'area antistante la scuola qualeluogo più idoneo per l'interventoperché considerato neutro rispettoalla casa familiare. Il resto della vi!cenda è fin troppo noto. Quella anda!te in onda sono, dunque, solo unaparte delle violenze che quel figlio hadovuto subire e, da quanto si leggenel provvedimento della Corte di Ap!pello di Venezia, non sono neppure lepiù devastanti. Le violenza con cuiun figlio è stato allontanato dallamadre è stata resa nota e fortementecondannata dall’opinione pubblica;non altrettanto nota, invece, è la vio!lenza con cui quello stesso figlio erastato allontanato dal padre. Certo èche la madre che non è vittima, in!sieme al figlio, della crudele esecu!zione di un provvedimento giudizia!le. Il provvedimento della Corte diAppello di Venezia, infatti, è statoadottato per tutelare quel figlio pro!prio dai comportamenti di una ma!dre che, volendo alienarlo dal padre,stava gravemente danneggiando ilbenessere psico!fisico del bambino.
Azioni che richiedono specifiche competenze ed un coordina-mento tra i diversi operatori chiamati ad occuparsene. In que-sta prospettiva, il problema del quale si discute, riguardo lamaggiore o minore fondatezza del fenomeno noto come “alie-nazione genitoriale”, ci pare mal posto. La comunità scientifi-ca è concorde nel qualificare le dinamiche psicologiche checonducono all!alienazione di un genitore come un disturbodella relazione e non come un disturbo individuale: un disfun-zionamento familiare al quale contribuiscono tre soggetti: ilgenitore “alienante”, quello “alienato” ed il figlio, ciascuno conle proprie responsabilità e con il proprio contributo che puòvariare di caso in caso. Per tale motivo, andrebbe evitato iltermine “sindrome di alienazione genitoriale”, nota con l!acro-nimo PAS, come proposto da Gardner, in quanto il fenomenoin questione non corrisponde ad una “sindrome” clinica; risul-ta preferibile sostituirlo con il termine “Alienazione Parentale”,con il quale sarà probabilmente introdotto nel DSM V tra i“Disturbi Relazionali”. Il dibattito sull!esistenza o meno dellaPAS appare però, in questa prospettiva, del tutto fuorviante,come se l!esistenza del costrutto giustificasse gli interventi ariguardo e la sua insussistenza li dovesse escludere. I dati
che emergono dagli studi e dalla pratica peritale sul campoconvergono infatti nell!indicare che l!alienazione parentale rap-presenta un fattore di importante rischio evolutivo per l!instau-rarsi di diversi disturbi di interesse psicopatologico. Sebbeneessa non determini necessariamente ad un!evoluzione psico-patologica in età adulta, ne è spesso l!anticamera e comunquerisulta essere un minaccioso ed invasivo fattore di disagio e/odi disturbo a causa dei profondi conflitti di lealtà che nel figliosi sviluppano. Non è quindi in discussione la necessità di inter-venire, sul piano psicosociale e giudiziario, allorquando si rea-lizzi l!esclusione immotivata di un genitore dalla vita di un figlionon legata a comportamenti realmente maltrattanti o trascu-ranti da parte del genitore stesso, ma a partire da induzionidirette o indirette provenienti dall!altro genitore. Possono quin-di rendersi necessari, al fine di tutelare la salute mentale diun minore, interventi preventivi volti ad evitare il radicamentodella sua situazione e/o ad attenuarne gli effetti dannosi,rivolti anche alle problematiche presenti nei genitori. Si trattainoltre di tutelare i diritti relazionali dei soggetti coinvolti ed inquesto senso l!alienazione parentale rappresenta una condi-zione di interesse non solo clinico, ma giuridico e sociale.
Figli8
Purtroppo, il provvedimento è arri!vato quando il danno sul figlio eragià stato fatto. L’unica vittima diquesta vicenda è il figlio. Lui è unadelle tante vittime prodotte dalleostilità e dal rancore fra genitori cheun sistema giuridico, lento, attentopiù a valutare le ragioni e le lacunedei coniugi che l’interesse e le emo!zioni dei figli ed incapace di metteresullo stesso piano i diritti delle ma!dri e i diritti del padre nonostantel’introduzione del regime di affida!mento condiviso, ha dimostrato dinon essere in grado di tutelare. Tem!po fa scrissi delle mie personali ri!flessioni sul diritto di “essere mam!mo” in una realtà socio!giuridica!
culturale nella quale il desiderio/bi!sogno di un padre di essere partecipealla vita di un figlio non è ancoraconsiderato legittimo e naturale co!me quello della madre, in cui sonoancora sempre i soli diritti del padread essere vagliati, giudicati, sintetiz!zati ed infine formalizzati in unprovvedimento giudiziale, mentre ilruolo, le qualità e i diritti della ma!dre non sono mai – o quasi ! messi indiscussione; in cui “[….] Al padre èancora riservato se non sempre, spes!so ! il ruolo di non protagonista nellavita e nella crescita del figlio. Se ciòsia giusto o meno non è dato saperloper certo a nessuno se non a quel fi!glio cui solo spetterebbe il diritto di
decidere se avere, sempre e comun!que, come compagno del proprioviaggio, il padre. Certamente non do!vrebbero essere le ostilità fra coloroche quel figlio hanno generato a deci!dere se un padre potrà accompagnar!lo nel viaggio che lo porterà a diven!tare Uomo. Certamente quelle ostilitàe la mancanza di un padre accantorenderanno più difficile a quel figlio ilcammino per diventare un Uomo”. E’,dunque, questo diritto del figlio equesto desiderio/bisogno del padre,certamente contrastati dalla madre,che nella vicenda de qua il provvedi!mento della Corte di Appello di Ve!nezia ha voluto tutelare da una pree!sistente forzata reclusione emotiva.
Il diritto alla bigenitorialità del figlio minore è definitodalla legge in tema di affidamento condiviso con precisoriferimento alla trasformazione delle sue relazioni familia-ri in occasione della separazione dei genitori; in tale pro-spettiva, un approccio corretto e scientificamente fondatonel valutare le capacità genitoriali onde decidere le con-dizioni di custodia dei figli impone di considerare ladisponibilità da parte di ciascun genitore di rispettare ilruolo e le funzioni dell!altro. La comunità scientifica ritie-ne di doversi assumere la responsabilità di rilevare e pro-muovere buone prassi affinché ogni intervento di tutela,non solo in ambito clinico e forense ma anche psicoso-ciale, si dimostri idoneo alla piena tutela dell!infanzia. Atale proposito, si rende opportuno operare, nelle sedi dicompetenza, affinché tutte le persone coinvolte si assu-mano le responsabilità specifiche per ruolo e mandato(genitori, parenti, avvocati, periti, assistenti sociali, ope-ratori delle forze dell!ordine e della magistratura). La fina-lità è quella non solo di valutare correttamente le capaci-
tà genitoriali secondo protocolli conosciuti e condivisi maanche di ridurre il livello di conflitto troppo spesso nontrattato (o addirittura accentuato) in sede peritale. Comeè stato saggiamente suggerito da autorevoli giuristi, siauspica inoltre una riforma specifica della esecuzionecivile che preveda forme peculiari (da stabilire attraversouna collaborazione interdisciplinare) nella esecuzione deiprovvedimenti rivolti ad un minore, in modo che essisiano realizzate da soggetti esperti e secondo modalitàadeguate come avviene, per analogia, nella audizioneprotetta del testimone minore.» 15 ottobre 2012Renato Ariatti " Cristina Cabras " Giovanni Battista CameriniDaniela Catullo " Adele Cavedon " Sara CodognottoAntonietta Curci " Rubens De Nicola " Renzo Di Cori "Guglielmo Gulotta " Moira Liberatore "Tiziana Magro "Marisa Malagoli Togliatti " Daniela Pajardi " Patrizia Patrizi "Luisa Puddu " Severo Rosa "Ugo Sabatello " LucaSammicheli " Giuseppe Sartori " Gilda Scardaccione "Magda Tura Matteo "Villanova Laura Volpini " Georgia Zara
Democrazia 9
Il Primo Trebbiatore (Radiocronaca dell’Istituto Luce)“Alle otto del mattino del 27 giugno 1935 Mussolini arriva a Borgo Pasubio, nelcuore dell’Agro Pontino, appena bonificato, trebbia il grano nel podere che riportail numero 1.316. Il tempo trascorre veloce, impegnato nel lavoro. Alle nove, la sire!na avverte che è l’ora della colazione per i trebbiatori. Mussolini si avvia verso iltavolo disposto sotto il porticato per la colazione dei trebbiatori e dei macchinisti.Poco più in là occhieggia il classico forno dei trebbiatori sull’aia. Ma prima dellacolazione, il Duce vuole rendersi conto del lavoro compiuto. Si fa la conta dei sac!chi: ci sono già sette quintali di ottimo grano. Al Duce viene porto il foglio dellapaga: lo firma, soddisfatto e felice. La richiesta di un discorso viene seccamenteinterrotta dalla risposta del Duce: “Si lavora oggi, non si parla!”.
Le forme della Democraziale “non dittature” popolari
Democrazia10
Tramontati da tempo i regimi au!tocratici (re e imperatori) o teo!cratici (papa re e simili) nel lin!
guaggio comune siamo soliti definiredittature (più raramente diciamo ti!rannidi) i regimi non democratici,avendo come riferimento i sistemi digoverno basati su processi elettoraliperiodici per la scelta della classe diri!gente, sistemi identificati, non casual!mente, nelle attuali democrazie parla!mentari dell’occidente capitalista. Ilpassare del tempo, misurato in termi!ni di millenni, ha radicalmente modi!ficato il significato originario di talitermini. Nella scheda in basso rico!struiamo la nascita e il significato che,nei primi secoli della loro introduzio!ne, ebbero i termini “dittatore”, roma!no, e “tiranno”, greco, significato tut!t’affatto diverso da quello attualmentein uso, per non dire persino opposto.Del termine democrazia abbiamo par!lato in un precedente articolo sulla na!scita della democrazia ateniese (vedinumero 1, giugno 2012, Politeia),quando a quella forma di governo ve!
niva attribuito un significato negativo,per alcuni persino dispregiativo. Para!dossalmente però, per quanto appres!so diremo, il termine democrazia nonsi è totalmente ribaltato dal negativoal positivo, come è avvenuto in sensoinverso per dittatore e tiranno, anzipotremmo dire che ancora oggi convi!vono due interpretazioni assai diffe!renti di questo termine: l’una “edulco!rata”, e perciò fortemente sospetta diipocrisia, che definisce democrazia la“libera a paritaria partecipazione ditutti i cittadini alla amministrazionedella cosa pubblica”; l’altra decisamen!te più “dura” e sincera, che attribuisceinvece a democrazia il senso materialedi “forza incontenibile della massa”. Inquesto inserto parleremo di questa se!conda forma di democrazia, così lon!tana dal politically correct (espressio!ne americana che significa dire ciò chesecondo le circostanze appare oppor!tuno e nascondere invece il propriopensiero sincero), ma così vicina nellarealtà di un tempo non solo passato,ma forse nuovamente presente. Primaperò dobbiamo fare un breve passo in!dietro e tornare alla definizione cheoggi comunemente diamo al terminedittatura.
Premesso che nel nostro linguag!gio politico democrazia è quellaforma di governo dello Stato ca!
ratterizzata dalla presenza di libere ele!zioni periodiche, usiamo definire ditta!ture le situazioni nelle quali non c’è piùappello al consenso elettorale e i gover!nanti detengono il potere a tempo in!determinato per diritto sostanzialmen!te divino (anche se, in genere, il dio cheli ha incoronati parla una lingua vicinaall’inglese). I dittatori (chiamiamoli“non elettorali” per distinguerli da quel!li “popolari” di cui parleremo più avan!ti) conquistano il potere con la forzamilitare e con quella stessa forza lo con!servano. In sostanza, dunque, usiamochiamare dittature i regimi governatida militari. Poiché appartiene al noto!rio che la caratteristica principale deimilitari è quella della scarsa preparazio!ne in qualsiasi campo culturale o scien!tifico, nonché della scarsa capacità digestire qualsiasi cosa che non sia ungrilletto da tirare, è un dato di fatto chei dittatori militari non sono altro chedei “pupi” nella mani di “pupari” assaipiù intelligenti e potenti che li utilizza!no per controllare situazioni non gesti!bili con i soli “giochi” elettorali e le “te!levisioni”. Le dittature militari centro esud americane manipolate dai pupari diWashington, come le dittature africanee del lontano oriente manipolate daipupari di Bruxelles, Londra o Parigi, nesono esempio, in alcuni casi, ancoraattuale.
DI @BARBERINI.IT
Il lato oscuro della democrazia:la “potenza della massa”
Dittatore si ritiene che fosse una magistratura straordinaria dell!epo-ca repubblicana romana che, tuttavia, difettava di due delle caratteri-stiche essenziali della collegialità e della elettività. Il dittatore nonaveva alcun collega e nominava come proprio subalterno il magisterequitum (comandante della cavalleria). Il dittatore non veniva elettodalle assemblee popolari, ma veniva dictus, cioè nominato, da unodei consoli, di concerto con l'altro console e con il senato. Alla dittaturasi faceva ricorso solamente in casi straordinari e il dittatore durava incarica fino a quando non avesse svolto i compiti per i quali era statonominato e, comunque, non più di sei mesi. Il dittatore era dotato disummum imperium, e cumulava in sé il potere dei due consoli. I piùnoti dittatori furono Cincinnato e Fabio Massimo. Dopo di allora la dit-tatura cadde in disuso. Successivamente Silla si fece eleggere ditta-tore dai comizi, ma questa nuova dittatura non corrispondeva a quellatradizionale, perché non aveva alcun limite temporale e non era basa-ta su una dictio. Giulio Cesare ripristinò la dittatura, ma la modificò efu designato per dieci volte consecutive a questa carica. Dopo l'as-sassinio di Cesare, Marco Antonio fece approvare una lex Antoniache abolì la dittatura e la espulse dalla costituzione repubblicana. Lacarica fu successivamente offerta ad Augusto, che la rifiutò ed optòinvece per la potestà tribunizia e per l'imperium consolare con le stes-se funzioni di dittatore ma senza doverne tenere il discutibile titolo.
Tiranno è il termine con cui si indicava nella Grecia dei secoli VII- VI a.C. chi si impadroniva del potere con sistemi rivoluzionari,opponendosi al re o al capo eletto, sostituendo al governo oligar-chico delle Città-Stato un personale dominio. Il tiranno, moltospesso otteneva il potere con l'appoggio delle classi popolari.Quindi governava senza stravolgere sostanzialmente le leggi e leistituzioni preesistenti. Inoltre promuoveva lo sviluppo dei commer-ci, delle opere pubbliche e dell'agricoltura, generalmente nell'inte-resse del popolo sottomesso ed in contrapposizione ai privilegidell'aristocrazia. I più noti tiranni furono Policrate di Samo, Clistenedi Sicione, Pisistrato ad Atene, Dionisio I di Siracusa. La tirannidecome forma di governo viene trattata per la prima volta nell!operadi Platone "La Repubblica". Il termine "tiranno" è di origine microa-siatica e significa letteralmente "signore". Nelle Storie di Erodoto,il termine "tùrannos" non ha ancora accezione negativa, ed è daintendersi come "signore della città”. Si ricorse alla figura del tiran-no a causa dei frequenti contrasti tra le ricche famiglie aristocrati-che dell'antica Grecia, che erano causa di guerre civili ed erano ilmotivo principale della crisi, e della decadenza, dell'aristocraziagreca. La tirannide ebbe successo perché i suoi rappresentantiseppero sfruttare il desiderio di riscossa sociale del popolo e delleclassi meno abbienti.
Democrazia 11
Per restare più vicini al!la nostra area geograficabasterà ricordare la dit!tatura del generalissimoFrancisco Franco, co!mandante delle truppemercenarie spagnole inAfrica, che nel 1939, sot!to la guida degli agrari edella chiesa cattolicaspagnola, ha abbattuto,con la violenza militare,il governo repubblicanolegittimato da un esitoelettorale, imponendodecenni di dittatura mi!litare e di polizia allaSpagna. Molti anni piùtardi, nel 1967, altri mi!litari, peraltro non piùgeneralissimi ma sem!plici colonnelli, mani!polati dagli Stati Unitid’America, rovesciaro!no il governo democraticamenteeletto della Grecia, imponendo unalunga dittatura militare e di polizia.Alcuni di questi governi dittatorialisono caduti travolti dalla contesta!zione popolare; la grande maggio!ranza, in verità, si è invece più sem!plicemente estinta per avere esauritoquel compito di emergenza (a volteanche assai lunga, si veda Pinochetin Cile o Videla in Argentina) che gliavevano assegnato i pupari, tornatiin grado di gestire con altri strumen!ti, detti democratici, il loro dominio.I tempi correnti sembrano rendereassai improbabile un ennesimo ri!corso a metodi di governo militare,sostanzialmente in tutte le parti delmondo anche le più arretrate e pove!re (si veda il caso della Birmania!Myanmar). Assai più alto è invece ilrischio del ritorno di un’altra formadi dittatura “non dittatura”, ovverodi “democrazia dittatoriale” basatasul vasto e forte consenso della mas!sa. Per giungere al presente, occorrerichiamare e analizzare eventi analo!ghi non molto remoti.
Parlando dell’Italia parleremodel fascismo, ma analogo, pernon dire identico, discorso po!
tremmo farlo per il nazismo tedesco(di quando in quando lo richiamere!mo). Partiamo dell’assunto che saràanche la conclusione di questo in!serto: il fascismo (lo stesso vale per
il nazismo) “non” è stata una dittatu!ra, sicuramente nel senso sopra de!scritto delle dittature dei pupi mili!tari. Il fascismo (come il nazismo) èstata una forma di governo sostan!zialmente “democratica” in quantoindiscutibilmente caratterizzata dauna vasta e convinta partecipazionepopolare. Una “demo!crazia” (te!stualmente dal greco: “potenza delpopolo”) in quel significato di “forzaincontenibile della massa” sdegno!samente e con radicale ostilità av!versata dai grandi filosofi greci dellanuova classe borghese nascente,Platone e Aristotele. Il fascismo (co!me il nazismo) non ha, infatti, con!quistato e poi conservato il poterecon la forza delle armi. In ambedue icasi l’esercito, la polizia, i carabinie!ri reali, ovviamente a livello di verti!ci di comando, hanno sempre presoe tenuto le distanze sia dai movi!menti della “massa”, che dagli stessicapi. La ridicola parodia della “mar!cia su Roma”, dell’ “Armata Branca!leone” delle camice nere, si sarebberisolta in una fuga disordinata sel’esercito reale avesse avuto ordini intal senso e persino in una situazioneumanitaria se lo stesso esercito nonfosse intervenuto per fornire allabanda carnevalesca, armata di pochivecchi moschetti, fucili da caccia ecoltelli, persino un sostengo alimen!tare dal momento che i fascisti era!no giunti alle porte di Roma senza
nessuna organizzazione logistica.Ad aprire le porte al fascismo (e inGermania al nazismo) furono in ve!rità i vertici delle classi dominanti:la casa reale, i banchieri e soprattut!to gli agrari, ma anche gli industrialie la piccola borghesia disastrata dal!la guerra e terrorizzata dall’insorge!re di un forte e pericoloso antagoni!smo operaio con l’occupazione dellefabbriche e la nascita delle forme diautogestione (i consigli di fabbrica).Assunto il potere per delega degli al!lora potenti, ambedue i movimentihanno poi trovato un crescente con!senso popolare, assolvendo anzitut!to a una funzione di ordine e di sicu!rezza.
Il Duce italiano, così come il Fu!hrer tedesco, impersonavano,con evidente diversa teatralità, il
modello immaginario del cittadinomedio italiano o tedesco. Il “primotrebbiatore”, dell’immagine di coper!tina, il “primo muratore” e, non gua!sta mai, il “primo amante”, altro nonerano che il pessimo modello idealedella maggioranza della popolazio!ne. Certamente c’erano oppositori,ma quelli “veri”, e dunque assai po!chi, ben presto finirono al muro, nel!le carceri o in esilio, quelli “ideologi!ci” rapidamente si adeguarono, bensìmantenendo distanze formali dai ri!spettivi regimi, ma pur sempre in at!tesa di ritornare al potere.
Democrazia12
Così accadde che in Italia i poteristraordinari al primo ministro Mus!solini, in quel momento a capo di unpiccolo partito da poco uscito da ungrande insuccesso elettorale, venne!ro votati dalla grande maggioranzadelle forze così dette liberali del!l’epoca, con nomi che poi diverran!no illustri nel dopoguerra così detto“liberato dalla dittatura fascista”:Enrico De Nicola, poi Capo Provvi!sorio dello Stato, Giovanni Gronchi,poi Presidente della Repubblica, Al!cide De Gasperi, poi primo ministroa vita della Repubblica, e ancoratanti altri. La grande maggioranzadegli italiani ben presto abbracciòin “massa” il fascismo, assorbendo!ne con sincero entusiasmo tanto ilati goliardici, quanto quelli violen!ti, nazionalisti e razzisti. A bombar!dare con il gas all’iprite gli etiopi, asaccheggiare le case e imprigionaredonne, bambini e vecchi sloveni, amassacrare intere comunità greche,a consegnare ai tedeschi gli ebreiitaliani dalla cui case prelevavanogiocattoli e monili da riportare ai lo!ro amati bambini e alle loro rispet!tabili mogli, non furono solo o tantoi gerarchi fascisti, ma soldati di levaitaliani, onesti e miti cittadini e con!tadini divenuti belve feroci nellaconquista del pane, perché in fondodi quello si trattava.
Il fascismo (così come il nazismo)non è caduto per l’opposizione ola rivolta popolare, né per il ri!
pensamento di quei poteri forti chegli avevano aperto le porte del go!verno, è caduto per la sconfitta mili!tare che, in Italia, venne persino an!ticipata con l’armistizio segreto el’opportunistica presa di distanzedalla “passata dittatura” con l’arre!sto e il confino al Gran Sasso di Mus!solini. In Germania il popolo tede!sco andò assai oltre e difese fino allafine, fino al sacrificio dell’ultimo ra!gazzo in grado di tenere in manoun’arma, la vita del Fuhrer. La Ger!mania ha pagato a lungo (anche sesempre tropo poco) la resistenza di!sperata alla sconfitta militare e allafine del mitico “Terzo Reich”; l’Italiaha rapidamente cambiato camicia ela grande massa del popolo fascista,sotto la guida della millenaria Chie!sa Apostolica Romana, ha indossatosubito quella democristiana. Milita!
ri, poliziotti, carabinieri, ma anchemagistrati, insegnanti, funzionaripubblici di provata fede fascista, benpresto giurarono fedeltà alla nuovaRepubblica e lo fecero in certo senso“giustamente”, poiché non si tratta!va in verità di una nuova Repubblica“anti fascista”, ma più semplicemen!te dello stesso Stato, ancorché senzapiù il re, “post fascista”. Nel 1946 ilMinistro della Giustizia Palmiro To!gliatti, capo del Partito Comunistatornato alla legalità e rientrato inItalia dopo venti anni dall’esilio, pro!mulgò l’amnistia per tutti i cittadinicompromessi con il “cessato” regimefascista che non si erano macchiatidi crimini “particolarmente” efferati;fu un’amnistia generale perché di!versamente non sarebbe stato possi!bile governare un’Italia senza ex fa!scisti, perché equivaleva a direun’Italia senza italiani.
E’ ora tempo di tirare alcuneconclusioni; “alcune”, ovvia!mente, perché la materia è as!
sai più ampia e complessa per averela pretesa di riassumerla e risolverlain queste brevi pagine che voglionocostituire un semplice invito alla ri!flessione. Il fascismo, come afferma!to in apertura, non fu una dittatura,bensì una forma di democrazia po!polare che, al più, potremmo defini!re “deteriore”, il così detto “latooscuro” della coscienza popolare,perché si fondò e visse sulla ampia econsapevole condivisione di un po!polo spesso incolto, sicuramente
spaventato e soprattutto affamato. Il“lato oscuro” però, proprio perché ènascosto e spesso solo formalmentenegato, è sempre vivo e in agguato,sicché può riemergere in ogni luogoe in ogni tempo, seppure sicuramen!te con manifestazioni esteriori di!verse. L’Italia di oggi è in piena crisieconomica, sotto pressione dellacompetitività deteriore delle cosìdette nuove democrazie post sovie!tiche, interessata da una invasionedi potenziali masse di disperati delsud sempre più povero del mondo.L’Italia è l’unico Paese dell’occidentecapitalista (né si rinvengono prece!denti almeno nella storia più recen!te) il cui governo non è stato elettodemocraticamente. In tutti i Paesidell’Europa, tanto più in questa si!tuazione di crisi drammatica, i go!vernanti si sono sottoposti alla veri!fica elettorale, la disastrata Greciaper ben due volte consecutive; l’Ita!lia no. Al primo mietitore Mussolini,al sagrestano infido Andreotti, alricchissimo “escortiere” Berlusconi,si è oggi sostituito un contabile tri!ste e maleaugurante, anche lui peròforte di un vasto consenso popolare.Il Paese è “salvo”. Certo c’è la reces!sione, la crisi della produzione, la di!soccupazione, la caduta dello statosociale, ma siamo fuori dal baratro,così afferma il Capo delegato a pen!sare per il popolo, per la massa, nonbisogna disturbare il manovratorecosì bravo, serio e generoso... maquesto, in fondo in fondo, non è fa!scismo?
Spoleto 13
Quando, nel marzo del 1962, Giovanni Candente invitò Alexander Calder a partecipare al!l’evento “Sculture nella città”, gli chiese di realizzare un Mobile che avesse svolto la fun!zione di arco trionfale all’ingresso della città e che ne fosse divenuto il simbolo. Lo scultoreamericano rispose realizzando un bozzetto in lamiera, conservato all’interno della GalleriaCivica d’Arte Moderna di Spoleto, che venne ingrandito 27 volte, dando così origine al pri!mo di tanti Stabiles presenti oggi in molte città d’Europa e d’America. Il nome dell’operaderiva da quello di un duca longobardo che in una antica stampa è rappresentato con unacorona dalle punte aguzze che ricordano quelle dello Stabile spoletino.
SpoletoFestivalArt 2012
Spoleto 14
Spoleto Festival Art è una manife!stazione che consiste in un pre!
stigioso Premio assegnato in mag!gio e un grande Expo d'Arte con!temporanea che si svolge in settem!bre, ed è nato dall'idea del Prof.Lu!ca Filipponi, che si avvale di colla!boratori eminenti come quella del
Prof. Sandro Trotti. La forza della
manifestazione è la comunicazione,
che non solo permette di richiama!re molto pubblico, ma consente al!l'organizzazione di fare una scre!matura molto qualitativa a seguito
delle numerose richieste degli arti!sti di proporsi per l'Expo. Chiostro
di San Nicolò Via Gregorio Elladio
Spoleto (Pg), 28 settembre!1 otto!bre 2012: l'edizione 2012 dell'Expo di
Arte Contemporanea Spoleto Festi!val Art consacra la Manifestazione
come evento a carattere internazio!nale, in repentina ascesa nella qua!lità, nei numeri, nelle preferenze
della critica, dalla stampa, del pub!blico, dei collezionisti e degli espo!sitori. Oltre 1000 gli Artisti presen!ti, provenienti dai più diversi Paesi.
Il coinvolgimento delle realtà locali
insieme al contesto internazionale
degli artisti fornisce forza, sinergia,
idee e innovazione creando un abi!tat ideale e perfetto per l'Arte. Ogni
centimetro dell'Expo, qualsiasi
evento in programma è curato con
enorme scrupolo e meticolosità dal!l'organizzazione. E' questo che ren!de la perfezione del Chiostro !delle
altre location (Ex Museo Civico con
la storico!antologica del Maestro
Giuseppe Menozzi e il Teatrino del!le sei con l'antologica di Mario Pic!chi) abbiamo già avuto modo di
parlare ampiamente! unanimamen!te e indiscutibilmente, confermato
dai sensibilissimi visitatori ed espo!sitori. Nata dall'intuizione del
Prof.Luca Filipponi che si arricchi!sce quest'anno, terza edizione, della
preziosa collaborazione con il
Prof.Giammarco Puntelli*(1), tra i
massimi esperti internazionali d'Ar!te contemporanea. In esposizione
prevalentemente molte tele, scultu!re e installazioni molto ingegnose e
curiose.
Sul palcoscenico in grande evi!denza le tele del Maestro Menoz!
zi in un allestimento che percorre i
principali periodi di produzione
dell'Artista: Cavalieri dell'Apocalis!se, Evento e Tau. Il Maestro Giusep!pe Menozzi occupa gli spazi privile!giati dell'expo visti notevole talento
e affermazione. Una delle sue opere
del Tau andrà sul Catalogo interna!zionale d'arte Mondadori 2012 in
prima di copertina. Quest'opera è
stata esposta, insieme alle altre 70
tele della storico!antologica, in Mo!stra all'Ex Museo civico fino al 15 ot!
Il successo dello Spoleto Festival Art 2012
DI JACOPO FELICIANI
tobre 2012. Quest'anno l'Expo vede
dei preparatissimi critici che pro!pongono la selezione più rigorosa
dei propri artisti. E' il caso dei critici
d'Arte le Dr.sse Alessandra Lupo e
Sonia Terzino onnipresenti nei loro
stands e in tutti gli spazi espositivi
con la propria professionalità. Da ri!marcare "Bella da morire" la sedia
elettrica dell'Architetto Alessandro
Giorgi. Le sculture in pietra leccese
fissate con il latte della scultrice An!namaria Polidori, le opere del Pitto!re iraniano Ahmad Al Shahabi !arti!sta molto apprezzato a livello inter!nazionale attivo dal 1972, porta sulle
tele gli elementi della Cultura araba
fondendo Stilemi Orientali con
quelli Occidentali del Cubismo, del
Futurismo e delle Avanguardie eu!ropee, privilegiando il costante ri!chiamo alla fecondità! e del Pittore
us Evans, la triade della Polid'Arte.
Le ingegnose Sculture pirandelliane
di Guasca, l'opera sabbia colorata su
tavola di G.De Bartolo, i prestigio!sissimi spoletini Bizzarri (che ricor!da il Maestro Menotti) e Campus, la
Galleria Laudicina, i nudi della Pier!sigilli, le raffinate tele della Grey
Est, Michele Greco che rappresenta
lo zio, autore del Manifesto dello
SpoletofestivalArt 2012 e tanti altri.
Non passa inosservata neppure la
partecipazione del Pittore spoletino
*(1)Gianmarco Puntelli proviene dalla Città di Carrara (MS), Amante dell'Arte prima
che della critica, giornalista, docente di Storia dell'Arte all'Università di Zurigo e Ma-
ster Practitioner di PNL. Tra i suoi artisti spiccano i maggiori nomi dell'Arte contem-
poranea Antonio Nunziante, Luca Alinari, Marco Lodola, Bruno Donzelli, Moshkalo
Gennady, Giulio Greco, Giuseppe Menozzi, Alessandro Giorgi, Piero Guccione, Ago-
stino Bonalumi, Domenico Monteforte e Giampaolo Talani, poi Armando Xhomo,
Otello Ceccato, Salvo Lombardo, Salvatore Magazzini e tra i giovani Maestri Davide
Foschi, Elisa Donetti e Rubens Fogacci.
Spoleto 15
Luigi Piccioni. Con il grande ritorno alla sala espositiva OSMI delloscorso anno dopo un periodo diinattività di 15 anni, la partecipazione alla Biennale guidato dal Critico Alberto D'Attanasio, lo ritroviamo con i suoi studi sui materialiallo SpoletoFestivalArt. In questesue opere utilizza la schiuma poliuretanica espansa, acrilici e ferrospinato, uscendo ingegnosamente e completamente fuori deglischemi dalla pitturatradizionale. Piccioniha presentato le sueopere sia nello standdei sessanta artisti diMassimo Bigioni, Presidente del Festival dellaPace sia allo stand dellaprestigiosa galleria bolognese WikiArte. Dinotevole interesse lostand della BaronessaSoares che riunisce nelsuo Circolo milanesegrandissimi pittori internazionali, come delresto lo stand del Maestro scultore Ottaviani,Presidente del Festivaldi Salvador de Baia, conartisti tutti internazionali. Presenti anchestamperie, Editoria vocata e dedicata espressamente all'Arte.
Premio letterario, 29settembre ore 21:00
Teatro San Nicolò: unaconduzione davverocoinvolgente quella diRoberto Mattioli, mattatore del Premio Spoleto LetteralArt 2012 che ha scavatocon le sue domande audaci i premiati. Grande risalto per SimoneFagioli per le Poesie Inedite; curiosità del romanzo di Alfonso Marchese "La Grande beffa" che ripercorre un episodio storico del recente passato di Spoleto. Notevole interesse per il romanzo storico diAnnalisa Alfano che incrociava laStoria di Federico II nell'ideazionedella Città dell'Aquila con un personaggio inventato, Bonaventura.Ad animare ulteriormente la seratail Filosofo Valerio Giuffrè che conil suo saggio sull'Antimetafisica,
edito da Sì Edizioni, spaccava indue i consensi della platea. L'inversione filosofica instaurata dopo ipresocratici condannerebbero l'uomo alla sopraffazione rispetto alpotere, un tema non accettato datutti che ha infiammato la polemica. Molta attesa per la premiazionedel critico, saggista, narratore epoeta romano Claudio Angelini,
vincitore assoluto del LetteralArt2012 con il Libro "La Donna D'Altri" edito da Graus Editore. Nellasua veste di saggista ha presentatoin accattivante simpatia il propriolavoro in un finale che finisce comeconsuetudine peninsulare. Il sempre brioso Mattioli rilanciava ovviamente con le sue domande sempre molto piccanti e stimolanti; avvalendosi della collaborazione diuna valletta d'eccezione, l'atticeKrizia Scognamillo.
Live performances: Spoletofestivalart è stata anche l'occasione
di sperimentare dal vivo perfor
mances artistiche in diretta. Si sono avvicendate due live performinguna con due enormi tele nel pratodel chiostro, su cui il Maestro Ottaviani ha fissato i colori di importanti personaggi dello spettacoloBrasiliani davanti ai visitatori. Laseconda live performance riguardava il ritratto della splendida attriceEleonora Albrecht fissato anche
questo dallo stessoOttaviani. Un totaledi 10 minuti tondi peruna tela delle dimensioni 150x200, ripresoin diretta dalle telecamere di Tef e Sky conil commento dellagiornalista MartinaTimperi. La sfilata dimoda con abiti ispirati all'artista Mirò dipinti a mano e condotta da StefaniaMontori, dal titolo"Suggestioni e Armonie", è stata realizzatada Alessandra Cilentoe Nadia. Le 16 modelle tutte giovani e belle spoletine hannopreso completo possesso del Teatro a partire dal palcoscenico,scendevano le scalette per sfilare i capi insala lungo i corridoiin mezzo agli spettatori, con enorme disinvoltura e professionalità. La sfilataera intervallata dagliintermezzi coreografici del Tango argentino di Giovanni e Pa
trizia, professionisti del ballo sudamericano che insegnano nellaScuola di Colle Val d'Elsa, Oblivon.Tutto l'evento era stato precedutoda un concerto musicale. La visitainaugurale aveva enumarato tra leIstituzioni, il Presidente del Consiglio Comunale di Spoleto PatriziaCristofori e quello di Firenze Eugenio Giani, l'Ambasciatore dell'Iraqpresso la Santa Sede, grande appassionato d'Arte e insieme a MassimoBigioni artefici del Festival dellaPace. Interesse da parte della critica con la presenza di Giorgio Palumbi.
Spoleto16
L'interesse è sempre maggiore per!ché l'Arte contemporanea è con!
siderata sempre di più un settore al!ternativo d'investimento. A tirare di
più essenzialmente i nomi più presti!giosi in quanto gli investitori posso!no concentrare in pochi esemplari il
proprio patrimonio. Il successo che
sperimenta l'Arte contemporanea è
dovuto insomma all'attenzione sem!pre maggiore da parte di investitori
che cercano come soluzione l'acqui!sto dei talenti contemporanei come
alternativa d'investimento. Grandi
numeri continuano ad avere le prin!cipali mostre internazionali a partire
dalla più prestigiosa come Art Basel
partita negli anni '70, per proseguire
con le Internazionali italiane come la
Biennale di Venezia, di Firenze, l'Ex!po di Bologna, quello di Torino, Mi!lano, Bari, Padova, la quadriennale
di Roma e giungere alla più giovane e
dinamica SpoletoFestivalArt che si è
ricavato lo spazio dell'Expo di Firen!ze. Spoleto insomma è diventata una
tappa obbligata dell'Arte contempo!ranea (http://www. spoletofestiva!lart.com/). Il successo artistico della
manifestazione funziona come vola!no per l'economia della città perché
Spoleto nelle giornate dell'Expo ha
registrato un turismo di elevata qua!lità con enorme dinamica nei risto!ranti, locali, hotel, esercizi commer!ciali e nelle vie del centro. Per questi
motivi la vocazione Contemporanea
viene rilanciata ulteriormente dalla
coppia Puntelli!Filipponi, con un
nuovo progetto denominato in codi!ce "SIAF" che sta per Spoleto Inter!national Art Fair. Un percorso conti!
nuativo d'arte contemporanea in!centrato proprio in quella Spoleto
scelta da Menotti negli anni '60 che
proiettava nell'Autostrada Spoleto!Usa. Spoleto un volano d'attrazione
indiscutibilmente internazionale che
l'artista deve percorrere per il lancio
e utilizzare le location sussidiarie più
facoltose per la realizzazione defini!tiva dell'Artista. L'altro progetto è
quello di portare nelle piazze nel Ca!poluogo umbro dell'Arte e della Cul!tura il lavoro delle prestigiose azien!de di marmo di Carrara, dedicare
uno spazio alla Scultura contempo!ranea con l'esposizione di grandi
Maestri come Yoshin Ogata, Igor Mi!toraj, Aron Demetz, Alba Gonzales,
Mohammad Sazesh, Luciano Massa!ri, Luciano Preti…
Anno della Cultura Italiana in USAPromozione di Spoleto a New YorkSpoleto sarà protagonista a New York di una serie di iniziativeche rappresentano un'anteprima di quello che le Istituzioni italia-ne stanno preparando negli Stati Uniti per il 2013, anno dichia-rato dal Governo italiano "Anno della Cultura Italiana in USA". Sitratta di una notevole opportunità per promuovere le eccellenzedi Spoleto e del suo territorio in USA. La missione a New York èstata organizzata dall'ambasciata d'Italia a Washington, in colla-borazione con la Fondazione Villa Firenze, che ha organizzato aNew York una serie di iniziative promozionali di grande rilievo. Ilsindaco di Spoleto Daniele Benedetti porterà il saluto ufficialedella città di fronte ad una platea di circa 300 invitati selezionatidall'ambasciata. Seguirà la proiezione del film "Amalia al Ballo",opera di Gian Carlo Menotti, e il concreto del noto flautistaAndrea Griminelli. Si terrà poi al Columbus Circle, un incontro digala, per circa 200 VIP di New York, sotto il patrocinio
dell'Ambasciata d'Italia, alla presenza dell'ambasciatore ClaudioBisogniero e di molte personalità e autorità della metropoli ame-ricana. Sempre in questi giorni il sindaco Benedetti, accompa-gnato dal responsabile delle relazioni internazionali GilbertoGiasprini, incontrerà presso la sede del Consolato Generale diNew York il Console Generale e l'ambasciatore d'Italia.Parteciperà inoltre ad incontri ed azioni promozionali organizzatidalla Fondazione in collaborazione con un importante studio diPubbliche Relazioni della Grande Mela e con Amici Americanidel Festival e di Spoleto. Tutte le iniziative promozionali sonofinanziate dall'Ambasciata d'Italia e dalla Fondazione VillaFirenze, che, grazie ad azioni fund raising, hanno attivato varisponsor statunitensi ed italiani per finanziare gli eventi. Si trattadel secondo evento promozionale del territorio dello spoletino e,più in generale, di tutta l'Umbria realizzato dall'Ambasciatad'Italia e dalla Fondazione Villa Firenze dopo quello realizzato aWashington nel 2011, nel celebre centro - museo della stampa.
Consumare 17
Venerdì 3 Febbraio , a Milano, presso la sede dell'Unicredit leasing, l'Associa!zione di volontariato Jerry Essan Masslo , ha ricevuto il premio per il suo pro!getto " Vestiamo la Libertà", che sarà realizzato , con la collaborazione della
Coop Sociale " Nuovi Orizzonti", presso la Casa di Alice , bene confiscato alla
camorra, ed ora sede dell'osservatorio sul disagio, e presidio per donne vittime
di sfruttamento. A ricevere il premio il Presidente dell'Ass. Masslo, Renato Na!tale, e il Presidente della Cooperativa Altri Orizzonti, Anna Cecere.
Racconti di scelte differenti
Consumare18
Che bello interessarsi di qualcosa
di diverso dal solito tran!tran
della vita di ogni giorno dove ci so!no parecchi momenti di alienazione
dovuti, secondo me, alla meccani!cizzazione delle nostre esistenze.
Sono un po' esagerato? Beh, il fatto
è che sono sempre più frequenti
quelle situazioni dove la nostra
umanità viene messa alla prova da
certe ossessioni convulsive che ci
spingono a consumare senza crite!rio ad esempio cibi che appagano
ossessivamente il palato, utili come
una droga per il drogato. Beh, pur!troppo sono un po' fuori da quel cir!cuito che vede in cose per me assur!de, come per esempio Eurochocola!te, quali esempi di sballo puramen!te epicureo. Che ci volete fare, quel!lo che ho fatto è un percorso perso!nale di autocoscienza che non può
essere insegnato e nemmeno indi!cato, ma semplicemente iniziato,
sperando che la piantina cresca sen!za incidenti, di fronte alle varie in!temperie e alla crudeltà del caso.
Questa giornata è
cominciata con
la bella presenza di
amici a me cari che
alla fine si sono uniti
alla comitiva e che
hanno reso la giorna!ta ancor più degna di
essere vissuta. Abbia!mo fatto compere in
quel di Castiglione
del Lago, sulle rive
del Lago Trasimeno,
domenica 14 Ottobre
2012, ultimo giorno
della manifestazione
Altrocioccolato, mes!sa in piedi e organiz!zata dalle Botteghe
del Mondo che operano nel Com!mercio Equo e Solidale; si Equo e
Solidale in quanto alla normale ne!cessità di consumare cibo a fini di
sostentamento si unisce anche una
eticità del normale rapporto acqui!rente!produttore che svicola dagli
odierni rapporti di sfruttamento
dell'uomo e della terra, ormai co!muni nell'economia mondiale, do!minata da multinazionali sempre
Una giornata ad AltrocioccolatoDI DANILO SANTI
più grandi e sempre più lontane da
considerazioni etiche.
La manifestazione che quest'anno
si intitola 'Si può fare … il lavoro
nella rete solidale' ha presentato
nella sua ultima giornata di domeni!ca un incontro aperto sullo stato
dell'economia solidale, presenti as!sociazioni e progetti che operano in
'zone di confine' quali Cerignola
con la coop Pietr di Scarto, Castel
Rosarno, Piana di Gioia Tauro. Arance etiche della Pianaper un futuro d!integrazione e solidarietà
A un anno e poco più dalla rivolta di Rosarno, nulla è sostanzial-
mente cambiato. Certo, gli africani presenti nella piana di Gioia
Tauro sono di meno. Certo, la militarizzazione ha fatto sì che ci
fosse qualche contratto di lavoro in più. Certo, a breve saranno
disponibili i container per 120 regolari, selezionati tra la massa di
almeno 800 lavoratori del continente nero. Ma la sostanza resta
uguale: 20, al massimo 25 euro al giorno per sgobbare al freddo
e all!umido, senza garanzia alcuna di essere retribuiti, e tornare
la sera in ricoveri di fortuna, malsani, privi di acqua ed elettricità,
con il rischio di essere sgomberati dalla polizia e se irregolari
addirittura arrestati. Una sostanza di sfruttamento e abbandono
ch!è l!altra faccia dei sette centesimi al Kg pagati dall!industria
del succo d!arancia, quella che assorbe l!80% dell!agrumicultura
pianigiana, o dei 20 centesimi offerti dalla Grande Distribuizone
Organizzata per le arance da tavola. E allora meglio non racco-
gliere, dice qualcuno. O ancora comprare direttamente il succo
o gli agrumi che arrivano al porto dal Brasile, da Israele, o dal
Marocco e poi rivenderli alle grandi catene. E infatti il lavoro
diminuisce e le condizioni di sfruttamento peggiorano man mano
che l!economia di questo territorio degrada. Meglio venderli, i
terreni, magari a qualche multinazionale che ci fa un inceneritore
o una centrale… Altro che agricoltura di qualità, altro che made
in Italy! Tanto, per i succhi vanno bene pure le arance alla dios-
sina e i grandi gruppi d!entrambi i settori possono continuare a
lucrare con la complicità d!affaristi locali e la protezione degli
"ndranghetisti. Noi non ci vogliamo stare. Per questo insieme ad
alcune realtà locali della solidarietà con gli immigrati abbiamo
deciso che bisogna rompere questo circolo vizioso, che dal
malessere crescente fa nascere il razzismo e mette poveri con-
tro poveri a nascondere le reali Abbiamo deciso di mettere i
poveri con i poveri e lottare: - Per il recupero dell!agricoltura,
quella sana, quella che si regge sui piccoli produttori, fondata sul
rispetto verso la terra e verso l!uomo.- Per la difesa del nostro
territorio, ch!è premessa indispensabile a qualunque sviluppo
sostenibile.- Per la solidarietà e l!accoglienza verso chi viene a
lavorare nella nostra terra e costituisce non solo una risorsa per
la sopravvivenza dell!economia rurale ma anche una grande
possibilità d!arricchimento umano e civile per un territorio sem-
pre più spopolato e impoverito. Per tutto questo abbiamo messo
insieme alcuni piccoli produttori della piana di Gioia Tauro, già da
tempo avviati a metodi di produzione biologici e fermi nel rifiuto
di qualunque sfruttamento dei lavoratori, siano italiani o immigra-
ti. E li abbiamo messi a confronto con chi da anni, a Rosarno e
dintorni, lotta a fianco dei lavoratori africani, in un contesto socia-
le a dir poco difficile. Abbiamo unito chi fino ad oggi ha resistito
da solo, per portare avanti un!altra possibilità di futuro nella
piana di Gioia Tauro.
Consumare 19
Volturno con la coop Altri Orizzonti
e l'ass. Jerry Essan Masslo per il pro!getto 'Vestiamo la Libertà', Ora
d'Aria Lab, Gioia Tauro, Rosarno con
l'ass. EquoSud e AfricaLabria per la
campagna SOS Rosarno.
Il tema principe di questa dodicesi!ma edizione di Altrocioccolato è
stata il Lavoro nelle Reti Solidali, co!me luoghi dove il rapporto lavoro!dignità umana viene proposto in
contesti 'difficili' quali in quei terre!ni e beni confiscati alle mafie
e nelle economie carcerarie e
di integrazione, disabilità ed
emarginazione, partendo
sempre dalla tutela dei diritti
dei produttori, fino a formare
le filiere della legalità ed
equo!solidali contro una so!cietà 'civile' ed 'istituzionale'
che invece 'rema' contro.
Ovviamente nella manifesta!zione non poteva mancare il
cacao, ma un cacao che ha un
sapore ben diverso dalla (per
esempio) diffusissima 'Nutel!la' in quanto portatrice di va!lori etici e solidali ben diversi
dal prodotto della multina!zionale, e valori anche saluti!stici che non sono frutto della
necessità di massimizzarne il
guadagno netto. Perché in fin
dei conti la parola Etica signi!fica anche questo, anche Sa!lute, e il prodotto che ne deri!
va è anche più buono al gusto e ….
semmai costasse un po' di più, impa!reremmo a consumarne meno e a
prediligere la qualitù, nonostante il
costo..
Mentre ce ne stavamo andando
sono intervenuti altri relatori
che ci hanno parlato della moneta
comparativa che deve soppiantare
l'Euro e della necessità di cambiare
l'attuale sistema perverso del debito
pubblico che, come un buco nero,
inghiotte miliardi e miliardi e non è
capace di creare sviluppo come in
passato. Tra me e me ho pensato che
è tutta colpa della crisi dell'attuale
sistema di Liberismo senza regole
che ha permesso ad enti privati, qua!li le Banche, anche le Banche Nazio!nali, controllate da capitali delle
Multinazionali e dalle Finanziarie e
di chissà quali altri enti, di impos!sessarsi della vita politica e di gestire
la nostra vita economica e sociale ....
Castel Volturno (Campania)con il progetto Vestiamo la Libertà, finanziato da UnicreditLeasing
La tanto vituperata, maltrattata, calpestata Castel Voltur-no; la città teatro della strage degli immigrati africani del2008 a opera di un commando camorristico, delle caveabusive di sabbia, della illegalità diffusa e dei continui dirittinegati ai suoi cittadini arriva a Milano ed è addirittura cele-brata e premiata. Protagonisti dell!evento ideato e sponso-rizzato dalla Unicredit Leasing, i volontari dell!associazioneJerry Masslo e gli immigrati che seguono i loro corsi e pro-getti di recupero e reinserimento sociale. La Unicredit lea-sing, infatti, sosterrà con un assegno da ottantamila euro ilprogetto “vestiamo la libertà”, che l!associazione di RenatoNatale e Anna Cecere portano avanti a “Casa Alice”, un be-ne confiscato alla mafia nel territorio di Castel Volturno eche da due anni è diventato un laboratorio sartoriale perdonne sottratte alla tratta degli esseri umani. Qui, nella co-smopolita costa della provincia di Caserta, dove si trovanoimmigrati provenienti da decine di Paesi dai quattro angoli
del mondo, quasi tutti sprovvisti di regolare permesso disoggiorno, si sta riuscendo nel miracolo di trasformarequello che per tanti è un problema in risorsa. Non a caso,il prodotto sartoriale confezionato a Casa Alice, che escedal villino gestito dalla Jerry Masslo col marchio “Made inCastel Volturno”, è stato molto apprezzato dai dipendentidella Unicredit, che in massa lo hanno votato e hanno per-messo che si aggiudicasse il premio in denaro. “Sostenerelo sviluppo dell!impresa sociale è fondamentale – ha sotto-lineato durante la premiazione Ivan Lo Bello, presidente diUniCredit Leasing – in quanto strumento di coesione dellecomunità e di rafforzamento della legalità. La lotta alla cri-minalità organizzata, infatti, non è solo compito degli orga-ni di polizia e della magistratura. Senza creare solidi argini,in primo luogo culturali, tra i cittadini, non riusciremo mai asconfiggere definitivamente le mafie che minacciano la cre-scita civile ed economica della nostra società”. La JerryMasslo, i suoi immigrati, ma tutta Castel Volturno, quellasana che ha voglia di fare muro e gruppo contro ogni tipodi sopraffazione, quella che non ha paura della condivisio-ne e del cosiddetto diverso, ringrazia.(Enzo Ammaliato)
Consumare20
“La pietra scartata dai costruttori èdiventata testata d'angolo" (Salmo117). Questo breve passo biblico racchiu!de in sé l'essenza dell'opera della no!stra cooperativa: dal 1996 lavoriamo
per rendere possibile e praticabile la
filosofia, molto pragmatica, che ri!siede nel nome che abbiamo scelto
per la nostra organizzazione: ridare,
nel nostro piccolo, dignità e diritti a
coloro ai quali sono stati tolti. Per
questo la "Pietra di Scarto" ha deciso
di intraprendere un cammino che ha
per interlocutori privilegiati gli
emarginati vicini e lontani, siano la!voratori sfruttati nell'emisfero de!predato del Mondo o uomini e donne
che quotidianamente ci capita di in!contrare sul nostro cammino. Il no!stro progetto vive della convinzione
di poter essere protagonisti del so!gno concreto del cambiamento so!ciale, passando attraverso l'econo!mia di giustizia, il diritto al lavoro e
l'integrazione sociale. Il Commercio
Equo e Solidale, l'inserimento lavo!rativo di uomini e donne normal!mente emarginati dal mondo del la!voro, l'attenzione ai migranti e ai lo!ro diritti violati rappresentano le pie!tre angolari del nostro agire, la no!stra voglia di esserci perché, anche a
Cerignola – luogo di lotte per la ter!ra, sfruttamento e battaglie sindacali
– un altro mondo sia possibile. Ecco
uno dei nostri prodotti: Vino Hiso
Telaray Rosso. Abbiamo scelto di
metterci in gioco, senza eroismi e
clamori, con l'amore per la nostra
terra e la serietà del lavoro quotidia!no. Lavoriamo con umiltà e respon!sabilità perché abbiamo avuto dei
maestri importanti. Hiso Telaray era
un giovane migrante albanese che si
ribellò al caporalato dei campi pu!gliesi, e fu per questo ucciso nel 1991
in provincia di Brindisi, poco distan!te da dove lavoriamo. Abbiamo toc!cato con mano la possibilità del cam!biamento. A Hiso e a tutti coloro che
non chinano la testa dinanzi all'arro!ganza mafiosa, dedichiamo questi vi!ni. (Emiliano Moccia)
“Hiso è stato riconosciuto vittima di
mafia” – ha spiegato qualche mese
fa a FrontieraTv Alessandro Leo,
presidente della cooperativa che
opera sui terreni confiscati alla Sa!cra Corona Unita nei comuni di Me!sagne, Torchiarolo e San Pietro Ver!notico " . “Viveva da un paio di anni
in Italia e si era sempre impegnato
nella raccolta dei frutti della terra.
Ma poi si ribellò, non volle più dare
parte della sua paga ai caporali. Pa!gò con la vita la sua scelta. Fu ucciso
da caporali albanesi aiutati da un
italiano. Entrarono di notte nella
sua abitazione di fortuna, un casola!re abbandonato nelle campagne
dell’Incoronata, e lo spararono". Hi!so aveva solo 22 anni quando è stato
ucciso nel settembre del 1999. “No!nostante le minacce, Hiso non ha
mai ceduto al ricatto dei caporali. A
lui e a tutti coloro che non chinano
la testa dinanzi all’arroganza mafio!sa, dedichiamo questo vino". Questa
la dedica riportata sull’etichetta del
vino realizzato dalla cooperativa
Terre di Puglia " Libera Terra su ter!reni confiscati a boss della Sacra Co!rona Unita. Ed anche a Cerignola, in
occasione del passaggio della Caro!vana Antimafia, si è parlato del!l’esperienza portata avanti dalla
cooperativa Pietra di Scarto che da
qualche anno gestisce un terreno
appartenuto al boss Rosario Giorda!no, arrestato nell’ambito dell’opera!zione ‘Cartagine’. Da quel terreno,
da quell’uliveto un tempo apparte!nuto alla mafia, oggi grazie al lavoro
degli operatori si produce la Bella di
Cerignola, venduta nel circuito
dell’Altro Mercato. Una risposta di
riscatto e di rinascita, di sviluppo
sociale ed economico. Al termine
dell’incontro, ‘Tracce di Cerignola’
resteranno nei ‘diari di bordo’ che la
Carovana raccoglie a conclusione
del suo viaggio di 96 giorni in giro
per l’Italia ed in altri Paesi europei.
Infine, un pezzo di stoffa con il no!me della città sarà aggiunto alla
bandiera della legalità democratica,
simbolo della Carovana.
Cerignola (Puglia), la cooperativa sociale 'Pietra di Scarto'
Contraddizione 21
Dalla “triade” alla “diade”
il principio della “Contraddizione”
La conoscenza è un formidabile stru!mento di potere e le classi dominantinei secoli, anzi nei millenni, l’hannoscrupolosamente tenuta per se stesse,escludendone l’accesso alla classi domi!nate, o, al più, confezionando per que!ste ultime formule e conclusioni giàpronte, da assorbire rigorosamente sen!za comprenderle appieno e, dunque,senza poterle giudicare e all’occorrenzacriticare. Il progetto che motiva la rea!lizzazione di questa rivista marxista se!gue il primo insegnamento di Gramsci:rivolgersi all’intelligenza dei lavoratoriper aiutarli a prendere coscienza di sé,del loro valore storico, della loro funzio!ne nella vita e con essa dei loro diritti edei loro doveri. Istruirsi per capire, co!noscere per agire. Ci è stato più volte
criticato di utilizzare, per i nostri artico!li politici, economici e culturali in gene!re, materiali “popolari”, facilmente re!peribili in internet o in pubblicazioni divasta diffusione. Non è una critica; è laverità. Per i nostri interventi seguiamoconsapevolmente due criteri: fornire, eindicare per la ricerca, materiali di co!noscenza per la riflessione e il ragiona!mento senza proporre conclusioni; sce!gliere quindi fonti e materiali di facilereperimento e di semplice comprensio!ne. Non c’è argomento filosofico oscientifico che non possa essere tradot!to in termini, vocaboli e frasi, semplici ecomprensibili. “Popolarizzare” la cultu!ra, come insegnava Togliatti, per ren!derla realmente accessibile ai lavoratoriè un impegno difficilissimo; tuttavianon c’è argomento esposto in mille pa!role che non possa essere esposto con lastessa chiarezza in cento sole parole. Ci
proviamo. In questo articolo affrontia!mo un argomento apparentemente dialtissimo livello scientifico, ma che inrealtà è estremamente semplice e persi!no intuitivo, proprio perché è “reale”,cioè verificabile nella vita di ogni giornoda chiunque “senza presupporre la co!noscenza nemmeno dei concetti più ele!mentari” (Marx). Il tema che vogliamotrattare riguarda il passaggio dalla con!cezione sostenuta dalle classi dominan!ti della “triade”: ove “tesi” e “antitesi” siconciliano nella “sintesi”, alla concezio!ne del materialismo scientifico comuni!sta della “diade”: ove “tesi” e “antitesi”non si conciliano mai e generano la“contraddizione”. Qualcuno ora diràche ci siamo già “persi” nel progetto dipopolarizzazione. Non è così, o meglioconfidiamo che non sia così. Vi invitia!mo a voler proseguire nella lettura del!l’inserto sperando di avere ragione.
DI SANDRO RIDOLFI
Contraddizione22
Base (struttura)e sovrastruttura
Tesi, antitesi e sintesi
Prima di entrare nella discussione deltema dell’inserto occorre richiamareil “caposaldo” del pensiero scientificomarxista: la distinzione tra “base” e“sovrastruttura”, ove la “base” è ilmondo reale, quello dei rapporti didominio economici; la “sovrastruttu!ra” è il mondo delle idee, quello dellaelaborazione dei rapporti reali sotto!stanti. Il marxismo ci insegna che è lastruttura economica del mondo realea produrre le sue ideologie conformie che, conseguentemente, pretenderedi invertire l’ordine e ritenere chesiano le idee a caratterizzare la realtàeconomica, oltre ad essere scientifi!camente errato, è manifestamentestrumentale a voler inculcare nelleclassi dominate le idee di dominiodelle classi dominanti. “Tesi” e “anti!tesi” appartengono alla “base”, la“sintesi” appartiene alla sovrastruttu!ra; nel mondo “reale” c’è “contraddi!zione” e non “composizione” (sintesi).Ma “contraddizione” non vuol direnecessariamente “antagonismo”; tra“tesi” e “antitesi” c’è un rapporto dia!lettico di interscambio che fa della“contraddizione” tra i due opposti ilmotore dello sviluppo. Individuare la“contraddizione”, distinguerla nellesue diverse caratteristiche: universaleo particolare, principale o seconda!ria, e soprattutto distinguere l’ “anta!gonismo” (contro natura) dalla “con!traddizione” (naturale) è il percorsodi indagine e ragionamento che ci in!segna il materialismo scientifico.Avevamo scritto in un precedente in!serto (Centralismo Democratico, ot!tobre 2012) “La scienza e la praticacomunista non si pongono che unprincipio: armonizzare le contraddi!zioni che sono nella realtà materiale efarne fattore e motore stesso di cresci!ta della società degli uomini”. Entria!mo nel merito del tema seguendodue testi fondamentali “Materialismoed Empiriocriticismo” scritto nel 1908da Lenin, che rappresenta il saggiofondamentale dell’approccio comu!nista al mondo della scienza, e “Sullacontraddizione” scritto nel 1937 daMao, che rappresenta il testo più evo!luto e più divulgativo del pensieroscientifico comunista.
nenti della realtà materiale manterrà lapropria identità naturale. Non è ragio!nando sul grigio, o sull’alba!crepuscolo,o sul legame biologico o anche affettivogenitori!figli che si può modificare la re!altà. Per cambiare lo “stato di cose pre!sente” occorre agire sulle “cose” e nonsulle idee soggettive che possiamo averedelle “cose”. Se vogliamo combattere ilbuio occorre accendere la luce, se vo!gliamo far crescere l’essere umano dob!biamo operare sulle condizioni di con!testo materiali nelle quali si trova a vive!re. Cultura e ignoranza sono tesi e anti!tesi, ma la sintesi non è nella delega allepersone colte alla gestione delle cosecomplesse o difficili; la contraddizionesi combatte agendo sull’ignoranza per!ché si identifichi nella cultura di tutti ingrado di gestire anche le cose più difficili(“Noi insegneremo anche a una cuoca agovernare lo Stato” ha detto Lenin). Ric!chezza e povertà sono anch’esse tesi eantitesi, ma la sintesi non è né nella be!neficienza delle opere umanitarie, nénell’eliminazione della ricchezza conl’equa divisione della povertà; la con!traddizione si risolve con la creazione dialtra ricchezza per tutti (“Siate tutti am!ministratori, imparate ad amministrare,per dare al socialismo una base econo!mica” diceva ancora Lenin). La sintesi,dunque, è un’operazione ideologica chenega, o meglio opportunisticamentenasconde, la non conciliabilità della tesicon l’antitesi, cioè degli opposti, che so!no elemento naturale della realtà.
Il bianco e il nero sono gli opposti, l’unola tesi l’altro l’antitesi. Tra di loro c’è lavasta gamma dei grigi, ma il grigio nonè la sintesi del bianco e del nero, perchéquesti ultimi resteranno sempre netti edistinti e non si perderanno mai nel gri!gio; ma anche, in senso inverso, il bian!co e il nero non discendono dal grigio,bensì è il loro interscambio che generail grigio. Il grigio non è un colore natu!rale, ma è un’idea che nasce dalla(con)fusione del bianco e del nero. Ilgiorno e la notte sono gli opposti, tesi eantitesi; l’alba o il crepuscolo non sonola loro sintesi, né dall’alba o dal crepu!scolo nascono il giorno o la notte. L’in!terscambio tra giorno e note da vita al!l’alba e al crepuscolo. Maschio e femmi!na (termini scientifici e non sociali: uo!mo/donna) sono tesi e antitesi perché,benché nati da un identico percorso ge!nerativo, assumono caratteristiche deltutto diverse. I figli non sono la sintesidel maschio e della femmina, ma sonol’inizio di una nuova tesi e/o antitesi. Igenitori non si dissolvono nei figli per!ché mantengono una loro precisa iden!tità, così come i figli non sono la sommadei genitori perché a loro volta sviluppe!ranno una loro identità. Certamente ilbianco può essere scolorito dal nero, co!sì come il giorno scurito dalla notte e ifigli influenzati nella loro formazionedai genitori, ma ciascuno dei compo!
Contraddizione 23
La contraddizione è nella natura del!le “cose”, cioè è “universale” (“Non
esistono cose che non contengano
contraddizioni, senza contraddizioni
non esisterebbe l’universo” ha scritto
Mao); la contraddizione genera il
movimento e il movimento è il prin!cipio stesso della vita e dell’evoluzio!ne. Ma la contraddizione, come det!to più sopra, non significa necessa!riamente antagonismo, anzi l’oppo!sizione tra tesi e antitesi è indispen!sabile per dare vita al movimento e,
dunque, tra gli opposti c’è ad uno
stesso tempo contraddizione e unità;
l’uno non può esistere senza l’altro e
il loro insieme è il principio della vi!ta. La notte non può esistere senza il
giorno e il loro succedersi alimenta
la vita sul pianeta (prima non “era il
buio”, “non era” e basta, è stata la lu!ce a creare il buio e non l’opposto).
Maschio e femmina non possono esi!stere l’uno senza l’altro perché il loro
incontro (confronto!scontro) da luo!go alla vita. La contraddizione è però
anche “particolare” quando l’opposi!zione è destinata a essere superata
dall’assorbimento della tesi nell’an!titesi che diventano identità. La cul!tura è opposta all’ignoranza, ma la
trasformazione dell’ignoranza in cul!tura risolve la contraddizione ren!
dendo identici i due opposti. La ric!chezza è opposta alla miseria, ma an!che la miseria è destinata a scompa!rire nella ricchezza diffusa. L’opposi!zione in questo caso è transitoria o
contingente, genera un movimento
che finisce per risolverla. C’è poi la
contraddizione antagonista quando
tra i due opposti non solo non c’è
unità, ma neppure il progetto di
identità; gli opposti sono inconcilia!bili, tra i due c’è guerra e l’antitesi
prevarrà solo se avrà sconfitto e an!nullato la tesi. Malattia e salute sono
antagonisti e inconciliabili; la loro
opposizione genera la ricerca scien!tifica, lo stato sociale, ecc., ma la so!luzione è solo nella sconfitta della
malattia e quindi nella cancellazione
della contraddizione. Così conclude
Mao il suo saggio “Sulla contraddi!zione”: “La legge della contraddizione
inerente alle cose, cioè la legge del!l’unità degli opposti, è la legge fonda!mentale della natura e della società e
quindi anche del pensiero. Essa è l’op!posto della concezione metafisica del
mondo. La sua scoperta ha costituito
una grande rivoluzione nella storia
della conoscenza umana. Secondo il
materialismo dialettico, la contraddi!zione esiste in tutti i processi che si
verificano nelle cose oggettive e nel
pensiero soggettivo, essa percorre
tutti i processi dal principio alla fine:
in questo consiste il carattere univer!sale e assoluto della contraddizione.
Ogni contraddizione e ciascuno dei
suoi aspetti hanno le loro proprie ca!ratteristiche: in questo consiste il ca!rattere particolare e relativo della
contraddizione. In determinate con!dizioni gli opposti sono caratterizzati
dall’identità e quindi possono coesi!stere in un’entità unica e trasformar!si ciascuno nell’altro: questo è ancora
il carattere particolare e relativo della
contraddizione. Ma la lotta degli op!posti è ininterrotta; essa continua sia
quando gli opposti coesistono sia
quando stanno trasformandosi l’uno
nell’altro: questo è ancora il carattere
universale e assoluto della contraddi!zione. Quando studiamo il carattere
particolare e relativo della contraddi!zione, dobbiamo tener presente sia la
differenza fra la contraddizione prin!cipale e quelle secondarie, sia la diffe!renza fra l’aspetto principale e quello
secondario della contraddizione;
quando studiamo il carattere univer!sale della contraddizione e la lotta
degli opposti, dobbiamo tener presen!te le differenze fra le varie forme di
lotta; altrimenti gli errori sono inevi!tabili.”
La caratteristica qualificante del
marxismo!leninismo è di essere una
scienza politica, una scienza nata e
destinata ad indagare e apprendere i
meccanismi di funzionamento della
realtà per mutarla, “chiamiamo co!munismo – scrive Marx – il movimen!to reale che cambia lo stato di cose
presente”. La teoria del materialismo
scientifico è pratica di costruzione
della società comunista. Aprendo
questo inserto abbiamo detto che
l’argomento di cui volevamo parlare,
dietro l’apparenza di un complesso
ragionamento scientifico, in verità
riguardava una realtà estremamente
semplice perché concreta, visibile e
verificabile nella vita di ogni giorno
da chiunque “senza presupporre la
conoscenza nemmeno dei concetti
più elementari”. Ora proviamo a di!mostrarlo con alcuni esempi che po!tranno essere replicati fedelmente
nei più diversi casi della vita “reale”.
Faremo due esempi: la fabbrica e
l’ambiente, e una proposta!provoca!zione.
Contraddizione, unitàe antagonismo
Alcune applicazioniin concreto
Contraddizione24
La fabbricaViviamo in una società capitalistacaratterizzata da una contraddizione“universale”: la separazione tra i pro!prietari dei mezzi di produzione, icapitalisti, e gli addetti a quei mezzi,i lavoratori. Questa contraddizione èantagonista perché non solo è falsala pretesa ideologica della sintesi del“vivere civile” imposta dalle classidominanti per perpetuare il lorodominio, ma neppure è possibilel’unità degli opposti, perché la con!traddizione si risolverà solo con lacancellazione di uno dei due termi!ni, ovvero dell’unico possibile: i pro!prietari dei mezzi di produzione, iquali ultimi dovranno essere nellemani dei lavoratori. Questo peròpotrà avvenire solo quando i lavora!tori saranno in grado di prendere inmano e gestire efficacemente i mezzidi produzione. Qui nasce la contrad!dizione “particolare”. Tra “macchina”che affatica e a volte aliena il lavora!tore e il suo diritto alla qualità dellavita c’è contraddizione, ma il lavora!tore non potrebbe vivere senza illavoro, senza la macchina, quindi trai due opposti c’è anche unità. Questacontraddizione che non è destinata arisolversi con la distruzione dellamacchina, non si concluderà neppu!re con l’identificazione tra macchinae lavoratore; sarà dunque una con!traddizione permanente, rispettoalla quale si potrà e si dovrà agire sulmiglioramento della macchina e delsuo rapporto con il lavoratore. Eccoora un’applicazione concreta contin!gente del principio marxista!lenini!sta: la Fiat di Marchionne è una fab!brica “ignobile” sotto tutti i profili,qualità dell’ambiente di lavoro,negazione dei diritti del lavoro, sinoalla scarsa qualità dello stesso pro!dotto. La fabbrica è però lo strumen!to che consente di vivere ai lavorato!ri e alle loro famiglie. Marchionne vaabolito, la fabbrica va difesa. Se ilavoratori non sono ancora in gradodi prenderne il controllo e gestirla inuna società socialista, dovranno allo!ra difenderla fosse anche nelle manidel nemico di classe. In concreto, sesiamo in una società capitalista enon ne possiamo uscire (almeno perora), allora che ci siano i capitalisti,ma quelli veri, quelli che investono iloro capitali (“loro” anche se “legal!mente” rubati alla collettività che li
ha in realtà prodotti). I comunistinon opereranno mai per la distruzio!ne della fabbrica del loro padrone,ma dovranno difenderla, sostenerla,fare in modo che cresca e prosperi,fino a che non saranno in grado diappropriarsene. Questo non èopportunismo né socialdemocrazia,questa è la corretta applicazione deiprincipi sulla contraddizione: l’op!posizione capitale/lavoro è antago!nista, l’opposizione lavoro/qualitàdella vita è naturale e fa parte dell’in!finita evoluzione della vita.
L’ambienteLa crescita della qualità della vita diimmensi strati di popolazione mon!diale, da sempre condannati allapovertà più miserabile, richiedeconsumo di energie, questo consu!mo modifica l’ambiente vitale fino alrischio di comprometterlo. Tra qua!lità primaria della vita (alimentazio!ne, salute, istruzione, ecc.) e qualitàdell’ambiente c’è contraddizione,ma l’opposizione non è antagonista,bensì particolare. Per alimentaremoltitudini di uomini e sollevarlidalla miseria al benessere di una vitavivibile occorre bruciare fossili eforse anche ricorrere all’atomo.L’ambiente ne subisce indubbia!mente conseguenze gravi, a detta ditaluni persino devastanti, ma la con!traddizione non ha soluzione:occorre anzitutto bruciare per viveree poi progettare di vivere in un
ambiente risanato. I comunisti nonsi oppongono quindi ad un usodell’ambiente che dia priorità alladifesa della vita umana, ma cono!scono la contraddizione e lavoreran!no per superarla.
La politicaPotremmo andare avanti con tantialtri esempi di applicazione concretadel materialismo scientifico, dellascienza comunista, alla vita realeattuale; proponiamo l’inizio di unultimo esempio lasciando ai lettori ilcompito, se vorranno, di portarlo atermine. La politica, intesa comeinvasione da parte di quel che restadei partiti degli apparati della pub!blica amministrazione ha oramaisuperato i limiti estremi della stessadecenza. La politica, quella politica,indubbiamente e giustamente èsporca e rischia di sporcare chi vi siavvicina. Politica partitica e politicaintesa come partecipazione consape!vole di tutti i cittadini alle sorti dellapropria comunità sono tesi e antite!si; tra di loro non c’è possibilità disintesi, ma solo opposizione inconci!liabile, cioè antagonista. Uno dei dueopposti deve dunque essere soppres!so. Che fare? Rinunciare al diritto dipartecipare alla amministrazionedella nostra società e lasciarla nellemani dei politici attuali? I comunistinon debbono farlo anche a costo disporcarsi le mani. E i cittadini ingenere?
Insieme 25
La cosiddetta “malattia mentale”
I luoghi di cura “alternativi”
Quando si sente parlare di Comunità
terapeutiche, il pensiero va subito alla
droga, ai suoi devastanti effetti, alle
possibili cure e alle Comunità terapeu!tiche storiche per il "recupero dei tossi!codipendenti ": Muccioli, don Picchi
etc.Ma esistono altri tipi di Comunità
terapeutiche che non arrivano ad essere
rappresentate sui media e non sono
presenti quindi nell'immaginario col!lettivo. Le Comunità Terapeutiche per
la cura del disagio psichico più o meno
grave ( la cosiddetta malattia mentale)
sono fra queste e rappresentano una re!altà grandissima ma misconosciuta.
Nessuno vuole far sapere che è in cura
psichiatrica, che è "matto" o che lo è
stato. Ragione per la quale di questa
possibilità di cura, molto diffusa, ma
non conosciuta, se ne ha notizia solo a
margine del discorso della chiusura dei
manicomi, della legge 180, di Franco
Basaglia. Eppure esistono luoghi alter!nativi ai ricoveri ospedalieri (TSO;
SPDC) e all'internamento nei nuovi
manicomi ( case di cura neuropsichia!triche chiuse in alcune delle quali
spesso ancora si fa ricorso agli elettro!shock e a terapie farmacologiche che
mineralizzano la persona).Le Comuni!tà terapeutiche per la terapia del disa!gio psichico sono luoghi di vita aperti
nei quali, in regime di assoluta condivi!sione del progetto di cura, ci si sperime!ta in un cammino di crescita e di uscita
dai fantasmi e dalle angoscie di essere
portatori di un male inguaribie e di un
handicap esistenziale insuperabile.
Certo è un percorso difficile e spesso
doloroso, ma "insieme è più facile" po!trebbe essere il motto delle Comunità
terapeutiche di qualsiasi tipo. E questo
motto è particolarmente adatto al lavo!ro che si fa nelle Comunità terapeuti!che per la cura del disagio psichico/ma!lattia mentale. Matto non è chi soffre di
problemi psicolgici anche gravi. Matti
ci si diventa se alle nostre richieste di
aiuto non viene data alcuna risposta. E
la risposta non può essere l'interna!mento alienante in luoghi chiusi dei
quali non si possiede la chiave. Nelle
Comiunità terapeutiche ( almeno di
quelle che io conosco e voglio rappre!sentare), le porte dell'ingresso e del!l'uscita sono sempre aperte ...si sta den!tro se ci si vuol stare!
DI GIAMPIERO DI LEO
Presidente FENASCOP
Federazione Italiana Strutture
Comunitarie Psicosocioterapeutiche
Insieme26
Che cosa è una comunità te!rapeutica?
Chi può entrare in comunità?Quanti tipi di Comunità cisono?
Quanto costa?
Cosa prevede il program!ma terapeutico?
Il concetto originario corretto è "terapiadella comunità" o "nella" comunità. Dal punto di vista legale, secondo la vi!gente normativa sanitaria, la Comunitàterapeutica è una tipologia di presidiosanitario residenziale extraospedaliero,alternativo cioè al ricovero ospedaliero. La terapia di comunità si colloca in unospazio intermedio fra l'istituzione ospe!daliera e quella familiare. Di qui derivache i luoghi di cura collocati nella co!munità dei cittadini vengano definitianche "strutture intermedie". Secondola normativa nazionale vigente nelleComunità terapeutiche vengono eroga!te prestazioni di prevenzione, cura eriabilitazione. I ricoveri, volontari e ob!bligatori, per gli stati di crisi e di acuziedevono invece essere fatti nei presidipsichiatrici ospedalieri: Servizi Psichia!trici di Diagnosi e Cura e cliniche psi!chiatriche autorizzate.
Lazio n.ro 1224 del 27/3/85 e regola-menti applicativi del 27/6/85).! NelleComunità terapeutiche con approcciopsicoterapeutico sono inseriti, aseconda della tipologia del program-ma, pazienti giovani e meno giovani,per i quali le ASL chiedono un pro-gramma di cura e riabilitazione fina-lizzato ad un cambiamento, che sianoin grado di utilizzare le varie tecnichedi terapia verbale, individuale e digruppo, e che siano in grado di gestireil quotidiano attraverso modalità rela-zionali non sostanzialmente disturba-te. !La normativa Regionale escludeche nella C.T. possano essere effet-tuati ricoveri coatti, i ricoveri perpatologie organiche, o conseguenti adabusi di sostanze tossiche, e i ricoveriper patologie geriatriche. !LeComunità con approccio psicotera-peutico (ai sensi del Decreto legislati-vo del 16/9/99 n.229 art. 3 septies)sono di due tipi:! a)- la Comunità tera-peutica (C.T.) per la cura, il recupero ela prevenzione degli esiti negativiinvalidanti !; b)- la ComunitàRiabilitativa Residenziale (C.R.R.) perla individuazione e il contenimentodegli esiti degenerativi invalidanti
Bisogna distinguere fra le varie tipolo-gie di residenzialità psichiatrica cosicome sono regolamentate dalle nor-mative nazionali e regionali. Questeprevedono, accanto alle Comunitàterapeutiche vere e proprie, ancheComunità riabilitative, Comunitàalloggio, Case famiglia, Residenzialitàprotette e protratte ecc. (vediDeliberazione Consiglio Regionale del
Le rette sono stabilite dalla Regione diappartenenza: occorre informarsipresso i Servizi Dipartimentali diSalute Mentale. Nelle Comunità dellaReverie non sono accolti pazientipaganti privatamente, ma solo quelliinviati dalle ASL che garantiscono ilpagamento della retta.
I programmi terapeutici delleComunità della Reverie sono articola!ti e modulati sui bisogni dei pazientiaffidatigli in cura. Al programma dibase comune a tutte le comunità siaggiungono i programmi relativi allospecifico terapeutico delle comunitàstesse. Tutti i programmi sono fonda!mentalmente autogestiti dagli opera!tori addetti all'assistenza terapeuticaalla persona, unitamente ai loro affi!dati in cura: gestione della casa, deglispazi personali, della persona,ecc. Queste attività, distribuite nel!l'arco della giornata,occupano soltan!to una parte del tempo a disposizio!ne. L'altra parte del tempo, la più con!sistente, è dedicata alle attività tera!peutiche ad orientamento psicologicoe psicoterapico, individuali e di grup!po. Una terza parte è dedicata alleattività artistiche e creative, nonchéalle attività ludico!sportive. I tempi direlax e di riposo completano la gior!nata. I tempi morti, non significativi,a differenza di come avviene negliospedali e nelle cliniche psichiatri!che, sono occasionali e marginali. Gliinterventi terapeutici e riabilitativi simisurano non tanto e non soltantonella quantità, ma nella loro qualitàintrinseca e nella possibilità della lorointegrazione con tutti gli aspetti dellavita comunitaria. Non sono interventia pioggia (tutti insieme in un perio!do) o a cascata (uno dopo l'altro maslegati fra di loro), ma un insieme di
Al dottor Di Leo, che è anche il fondatore e diret!tore delle più conosciute Comunità terapeutichein psichiatria del Lazio (quelle della Reverie), ab!biamo fatto alcune domande, le più frequenti cheusano fare i famigliari e i sofferenti psichici chechiedono di entrare in Comunità; il dott Di Leo ciha invitato a visitare il sito della Reverie dal qualeabbiamo estratto le FAQ, cioè le domande più fre!quenti che vengono fatte agli operatori incaricati divalutare le domande di ingresso. Le risposte riguar!dano la Reverie, ma anche la maggiorparte delleComunità terapeutiche in psichiatria: quelle, natu!ralmente, che operano con una metodologia che haalla base interventi di tipo psicologico!psicotera!peutico e non solo ed esclusivamente interventi ditipo medico!farmacologico.
Insieme 27
Le professionalità coinvolte nello
svolgimento del processo terapeuti!co, sono quelle previste dal D.P.R.
7/4/94 sulle attività sanitarie. Fra
queste, nella evoluzione del model!lo psico!socio!terapeutico della
Reverie, si sono affermate princi!palmente quelle attinenti alle capa!cità a sostenere psicologicamente la
persona sofferente di disturbi psi!chici e con problematiche derivate
esistenziali. Principalmente, dun!que, psicologi ed educatori profes!sionali; a tutti è richiesta, più che la
capacità e facilità di fare le cose,
una formazione psicodinamica e /o
psicoterapeutica, e comunque la
capacità di utilizzare un linguaggio
comune (di tipo psicodinamico) e
di assumere un atteggiamento
interpretativo. Le competenze psi!chiatriche e quelle infermieristiche
sono presenti ma stanno sullo sfon!do, pronte ad intervenire nei
momenti programmati (per fasce o
al bisogno). Il consulente psichia!tra, oltre alla valutazione della
patologia, che è alla base della scel!ta del percorso terapeutico, gestisce
la terapia farmacologia e mantiene
il rapporto con il Servizio inviante
attraverso periodiche relazioni psi!chiatriche.
Gli inserimenti nelle C.T. avvengo!no con il consenso del paziente e
dell'équipe del Servizio di Salute
Mentale competente per territorio.
Questo significa che bisogna essere
un assistito ASL per usufruire delle
Comunità Terapeutiche della Reve!rie. Occorre anche che il Servizio di
Salute Mentale sia disponibile a fare
l'invio in Comunità. Le Famiglie de!vono operare affinché il Servizio, at!traverso il referente psichiatrico che
ha in cura il paziente, sia convinto
dell'utilità della cura in ambiente
comunitario e deliberi di conse!guenza l'inserimento e il pagamento
della retta.
Se previsto nel progetto terapeutico,
perché ritenuto utile ai fini della evo!luzione della cura, sono possibili
rientri periodici in famiglia e incon!tri programmati in Comunità.
La Legge di riforma psichiatrica vieta i
Trattamenti Sanitari Obbligatori
(TSO) nei Servizi e presidi sanitari ex!traospedalieri. I ricoveri di urgenza,
coatti o disposti dalle Autorità sanita!rie, devono avvenire nei Servizi Psi!chiatrici Ospedalieri o nelle Strutture
autorizzate. Nelle C.T. non si fanno ri!coveri ma inserimenti volontari. La
"convinzione" non può essere un im!posta: le équipe del Servizio inviante e
quelle delle Comunità operano in sin!tonia e in appoggio alla famiglia per
spiegare e far comprendere la necessi!tà ma anche l'utilità di una separazio!ne temporanea . L'inserimento avver!rà comunque gradualmente per dare
modo di conoscere l'ambiente della
comunità e chi vi risiede, dando al con!tempo modo ai residenti di conoscere
chi chiede di entrare. Questo richiede
un tempo più o meno lungo in cui l'af!fidato in cura e la famiglia, saranno as!sistiti anche domiciliarmene.
In Italia il diritto alla cura è sancito
dalla Costituzione. Il diritto alla cu!ra, perché sia reale, comporta il di!ritto alla libera scelta del medico e
del luogo di cura. In psichiatria il di!
Chi lavora in comunità?
E' possibile scegliere una Co!munità al posto di un'altraproposta dal Servizio?
Come fare per ottenere l'au!torizzazione all'inserimento?
E' possibile ricoverare di for!za mio figlio in comunità ? Senon vuole essere ricoverato,come faccio a convincerlo ?
Potrò vedere mio figlio dopoche è entrato in comunità?
azioni terapeutiche significative lega!te fra loro dalla presenza continua di
osservatori che ne colgono il signifi!cato profondo e lo riportano alla ela!borazione e alla integrazione dei
momenti di confronto collettivo, ope!rativo e dinamico. Anche gli operato!ri terapeutici possono essere portato!ri di loro dinamiche personali, perciò
gli stessi si sottopongono con cadenze
regolari alla supervisione di un esper!to in dinamiche gruppali ad orienta!mento psicoanalitico, esterno
all'Associazione.
ritto alla libera scelta è stato confer!mato da varie leggi (fra le quali:
Legge 180/78, 833/78) ed è stato re!centemente ribadito dal DPR del
14/1/97 e dal Decreto legislativo 229
del 19/6/99, art. 8 bis. Nonostante
questo, spesso ci si sente rispondere
che, in presenza di analoga struttu!ra pubblica, non può essere eserci!tato il diritto di libera scelta rispetto
ad altra struttura privata autorizza!ta e/o accreditata. Naturalmente va
valutata la qualità della struttura
suggerita; nel caso però si preferisca
la Comunità liberamente scelta, bi!sognerà operare per ottenere l'auto!rizzazione, utilizzando gli strumen!ti che la ragione o le norme ci met!tono a disposizione.
Insieme28
I tempi della cura in Comunità sono
direttamente proporzionali ai tempi
della mancata cura, o della cura
inefficace, precedenti all'ingresso in
comunità e alla cronicizzazione dei
sintomi che durante questo periodo
è avvenuta. Più lungo è stato il pe!riodo di sofferenza prima dell'in!gresso in Comunità e più lungo è il
tempo di recupero. Più profonde so!no le ferite inferte dalla inefficacia
delle cure nel periodo precedente
l'ingresso in Comunità, più difficile
sarà recuperare tutta l'invalidità che
il periodo di sofferenza ha causa!to. La sofferenza psichica presa agli
esordi ha un esito favorevole. La
malattia mentale cronicizzata con!sente spesso solo recuperi parziali:
in questo caso si lavora per stabiliz!zare la situazione ed evitare esiti de!generativi ancora più invalidanti. La
normativa della Regione Lazio pre!vede due tipi di esito: 24/36 mesi
per la C.T. e tempi più lunghi, legati
alla evoluzione del progetto tera!peutico, per la C.R.R. Normal!men!te i tempi di cui sopra ci vogliono
tutti.
Tenuto conto di quanto detto so!pra, quello che ci si deve aspettare
se la terapia fa il suo corso, è ciò
che è previsto nel progetto tera!peutico: a) il recupero, più o meno
completo, degli esiti negativi inva!lidanti; b) il contenimento degli
esiti degenerativi invalidanti; c) il
rientro in famiglia; d) il rientro non
protetto sul territorio; e) il rientro
protetto in strutture residenziali ti!po casa famiglia o gruppo apparta!mento. Avere chiaro il possibile
obiettivo su cui mirare, permette di
rendere più efficiente il processo di
cura ed evita illusioni e possibili
dolorose disillusioni. Per questo, il
primo contatto e i colloqui clinici
di valutazione che preludono all'in!gresso sono di fondamentale im!portanza.
La collaborazione con l'équipe tera!peutica del Servizio inviante è di fon!damentale importanza. Le normative
prevedono che le procedure di ingres!so e di dimissione siano concordate
con il paziente, gli eventuali referenti
familiari e il Servizio di salute mentale
che fa l'invio.
I programmi delle Comunità tendono
alla riacquisizione delle capacità non ag!gredite dalla malattia. Spesso si avviano
o si riavviano programmi di studio o di
piccola professionalizzazione. La Comu!nità non ha però la competenza delle
agenzie sociali che svolgono questa fun!zione. Queste Agenzie Sociali sono inve!ce in contatto con i Servizi Sociali della
ASL. Per questo è necessario mantenere
il contatto con il Servizio di Salute Men!tale di provenienza anche quando si è
usciti dai programmi della Comunità.
Per quanto possibile, le tipologie di in!tervento sono raggruppate per program!mi affini. Oltre alla distinzione per pre!visione d'esito, gli assistiti sono divisi per
fasce d'età e per complessità della pato!logia: sono comunque tutti pazienti con
patologia psichica (cioè non organica
oppure dovuta ad abusi o dipendenza da
droghe, o a demenza senile).
I programmi della Comunità si giova!no delle risorse individuali e sociali
che non si sono perse con la "malattia":
amici, famiglia e territorio, se ben uti!lizzati, sono una risorsa importante
per il buon esito della terapia
Solo se il progetto terapeutico lo pre!vede, specialmente nelle fasi di prepa!razione all'uscita e in esecuzione di
progetti di reinserimento.
E' importante capire che i referenti sa!nitari del paziente sono i medici e gli
assistenti sociali del Servizio di salute
mentale di appartenenza. Presumibil!mente questa appartenenza terapeuti!ca dura più a lungo di quella che si crea
con l'ingresso in Comunità. La comu!nità opera su delega del Servizio di Sa!lute mentale competente per territorio
del paziente. E' necessario quindi te!nere informato con continuità il Servi!zio sull'evoluzione del percorso tera!peutico anche quando si sarà lasciata
la Comunità.
Quanto tempo una personadovrà trascorrere in comu!nità?
Una volta terminato il percor!so terapeutico in comunitàcosa dobbiamo aspettarci?
Che rapporti avete con glioperatori del DSM?
Come sono i ragazzi in comu!nità? Che problemi hanno?
Troverò lavoro stando in co!munità? Riprenderò gli studi?
Che rapporti dobbiamo averenoi con gli operatori delDSM?
Si può uscire quando si vuoledalla C.T.?
Quando si entra in comunità èvero che si perdono i contatti ?
Lodare 29
“O io m’inganno, o rara è nel nostro secolo quella persona lodata generalmente, le cui
lodi non sieno cominciate dalla sua propria bocca. Tanto è l’egoismo, e tanta l’invidia e
l’odio che gli uomini portano gli uni agli altri, che volendo acquistar nome, non basta
far cose lodevoli, ma bisogna lodarle, o trovare, che torna lo stesso, alcuno che in tua
vece le predichi e le magnifici di continuo, intonandole con gran voce negli orecchi del
pubblico, per costringere le persone sì mediante l’esempio, e sì coll’ardire e colla perse!veranza, a ripetere parte di quelle lodi. Spontaneamente non isperare che facciano mot!to, per grandezza di valore che tu dimostri, per bellezza d’opere che tu facci. Mirano e
tacciono eternamente; e, potendo, impediscono che altri non vegga. Chi vuole innalzar!si, quantunque per virtù vera, dia bando alla modestia. Ancora in questa parte il mondo
è simile alle donne: con verecondia e con riserbo da lui non si ottiene nulla.”
Leopardi, Pensieri, XXI
T E A T R O… cioè?
auto!intervista di Roberto Ruggieri
Lodare30
Perché ha voluto porre in aper!tura il pensiero leopardiano?.Il motivo si chiarirà mi auguro nel cor!so del nostro colloquio. Non c’è nullada spiegare, sono le cose a parlare dasole, non sarebbe piacevole dover darespiegazioni in merito a ciò che si fa, aipropri pensieri, dover dare chiarimentiin merito alla scelta di un colore anzi!ché di un altro, o di un gesto, di una no!ta, un’espressione ecc.. La confessioneè insita in ciò che si fa. Proverò ad allar!gare il tiro, lei mi dirà se è criptico ilmio ragionamento. L’immagine artisti!ca non cede alle analisi: se si trova unsenso univoco, una rigida interpreta!zione concettuale in merito a ciò che siè visto, allora il risultato è che l’imma!gine diventa un simbolo e il simbolo in!vecchia appena lo si decifra. Tanti spet!tatori sono tornati a vedere le mie per!formance ed è sempre parso loro che
queste esprimessero ogni volta,di sera in sera, cose assoluta!mente diverse; ciò era dovuto alfatto che ogni volta venivanopercepite in modo del tutto nuo!vo. L’opera va apprezzata a mo!do proprio, come parte della verità, ov!vero esiste indipendentemente da ciòche le attribuiscono da una parte l’au!tore e dall’altra lo spettatore. Se lo do!vrebbero ricordare i critici, ogni voltache scrivono e sentenziano. I discorsiche vertono sulla comprensione sonoper me ingenui, portano con sé unapercezione utilitaristica dell’arte. Poi!ché ognuno è inevitabilmente tenden!zioso, ossia difende la propria personaleverità, trasferisce questa tendenziositàanche nella valutazione dell’opera d’ar!te, adattandola ai propri bisogni vitali;comincia a interpretarla conforme!mente al proprio ‘tornaconto’. Ponel’opera dentro il proprio contesto esi!
stenziale, la collega alle proprie formuleinterpretative: non dimentichiamo chei grandi esempi d’arte sono ambivalentia priori e si prestano alle più svariate in!terpretazioni. E’ per questo che resisto!no al fluire del tempo, rimanendo persecoli oggetto di studi, interpretazionie riadattamenti. L’opera esprime la vita,non la simboleggia, non esprime unconcetto cifrato, pone problemi di altocalibro. Ed è anche per questo motivoche le arti andrebbero socialmente di!fese e incentivate, anche e soprattuttoin tempi bui come il nostro, anzichéumiliate o ignorate. Engels diceva chequanto più è nascosto il punto di vistadell’autore meglio è per l’opera d’arte.
Pubblichiamo in questo numero la prima parte dell’intervista(“autointervista” come l’ha qualificata l’autore) che ha cortese!mente rilasciato Roberto Ruggieri alla nostra rivista. Nel pros!simo numero pubblicheremo la seconda parte, sperando cheanche per i numeri successivi Roberto Ruggieri vorrà continua!re la collaborazione con la nostra pubblicazione. Vogliamo rin!graziare sinceramente Roberto Ruggieri per il suo contributoche si pone in piena sintonia con lo spirito della nostra rivistadi diffondere tra i nostri cittadini elementi di conoscenza,spunti di approfondimento, ma anche informazioni sulla ric!chezza del grande patrimonio culturale della nostra Regione,ricordando che è patrimonio comune di tutti i suoi cittadini
Roberto RuggeriDocente di teatro dal 1971, è stato pioniere in Umbria dellasperimentazione teatrale a partire dai primi anni Settanta.Risalgono a questo periodo i suoi interessi per l!antropologiateatrale (ha promosso con l!Istituto di Antropologia culturaledell!Università di Perugia i primi seminari in Italia di antropo-logia e pedagogia teatrale negli anni 1981/82) ed è stato tragli anni Settanta e Ottanta uno degli esponenti di spicco alivello nazionale della corrente teatrale definita “Terzo teatro”.Promotore, regista e direttore artistico, dal 1976 al 1985, delTeatro Studio 3 di Perugia è stato autore e regista di spetta-coli teatrali che gli hanno fatto meritare segnalazioni per ilPremio Ubu come gruppo sperimentale dell!anno, comemigliore spettacolo dell!anno, come migliore allestimento tec-nico, per la migliore nuova attrice e migliore disegno luci.Docente/formatore e direttore di corsi, seminari e laboratorisull'arte dell'attore a partire dal 1976, oltre che promotore diincontri pedagogici con numerose personalità teatrali di rilie-vo internazionale, ha organizzato e diretto festival e rassegne
teatrali ed è stato promotore e direttore artistico dal 1990 adoggi dei corsi teatrali biennali di qualificazione professionalepromossi per conto della Comunità Economica Europea,della Regione dell!Umbria, della Provincia di Perugia e delT.S.U. – Teatro Stabile dell!Umbria. Dal 1985 al 2004 coordi-natore didattico, docente in corsi universitari di educazione eformazione teatrale e di tirocinio per studenti dell!Universitàdegli Studi di Perugia, è stato coordinatore e docente di corsiteatrali per Performers all!Università “La Sapienza” di Roma.Autore e regista di progetti teatrali anche in contesti interna-zionali, è stato progettista, docente e coordinatore artisticodel progetto triennale “Verso una compagnia teatrale atipica”promosso dalla psichiatria umbra in collaborazione con ilTeatro Stabile dell!Umbria e con l!Odin Teatret (Holstebro,Danimarca) diretto da Eugenio Barba. Attualmente, dal 1985,direttore artistico del C.U.T. di Perugia., ha tracciato una viaoriginale in ambito performativo definita da lui “Via psiconau-tica”. Insegna attualmente anche al Teatro LiricoSperimentale di Spoleto.
Lodare 31
Partiamo allora dall’attualità e
da lei… Lei, oggi.
Oggi penso al teatro da una certa di!stanza, avendo maturato la decisione
pressappoco un anno fa di ritirarmi in
sordina dalle scene, dopo oltre 40 anni
di esperienze teatrali. Finendo per fa!vorire un ricambio, mi son guardato
intorno in cerca di ‘predestinati’. Lo
sguardo, sinceramente un po’ sconfor!tato e sgomento, è presto tornato in!dietro verso il C.U.T.: lì, tra i miei ex al!lievi, ho trovato qualcosa di interessan!te, più che fuori. Al C.U.T. attualmente
mi sto esclusivamente limitando a
svolgere attività di docenza, quando ce
ne viene data l’opportunità, visto che
tutte le attività che promuoviamo sono
sempre gratuite, intendo dire sia per i
giovani allievi attori che per gli spetta!tori, ed è sempre più difficile trovare
adeguati sostegni economici per sop!perire alle uscite. Quella della gratuità
è stata una scelta maturata fin dall’ini!zio, dai primordi di vita del C.U.T.. Mi
sono autorottamato da solo, nel 2011,
prima che questa sgraziata espressione
si diffondesse attraverso il rozzo lin!guaggio politico, e l’ho fatto pubblica!mente (al Festival di Spoleto) elaboran!do una performance (Fade out), back!stage d’autore in dissolvenza (sottoti!tolo dell’opera). La diffusa distrazione
dell’ambiente ha favorito l’operazione
che è avvenuta tra l’indifferenza gene!rale dei colleghi e il silenzioso sollievo,
neanche tanto malcelato a dire il vero,
da parte di assessori alla cultura che si
son ben guardati dall’approfondire la
questione. Come si sa i posti che si libe!rano sono graditi non solo nell’auto!bus, ma anche e forse più in ambito po!litico e artistico dove spesso possono
prevalere sentimenti non proprio ele!vati. D’altronde non è da oggi che ciò
avviene; temo che avverrà sempre, chi
vivrà vedrà... Questa condizione tutta!via mi dà oggi la possibilità di espri!mermi con la necessaria libertà senza
esser mosso in difesa d’alcuno e senza
peli sulla lingua. I tabù vanno abbattuti
quando è il momento e il momento mi
sembra arrivato da tempo.
Bene. Cercherò di approfittarne
allora. Che riflessioni va facen!do, che cosa vede da così distan!te? Come le sembra lo stato del!le cose nel teatro e in particolare
in Umbria?
La condizione non è certo esaltante.
Forse la mia è una lettura desolata,
ma è la condizione del teatro e della
vita nel suo complesso a non sem!brarmi confortante. Non ci sono
grandi distinzioni da fare tra quello
che avviene in Umbria e ciò che ac!cade nel resto del Paese.Vuole sape!re la prima riflessione? E’ interna al
mestiere. Un po’ di male ce lo stia!mo facendo da soli. Prima dobbia!mo guardarci dentro. Stiamo sem!pre più assistendo a un fenomeno
veramente preoccupante, che Mario
Ferrero, scomparso da poco, uno dei
più grandi registi italiani del dopo!guerra, docente dell’Accademia na!zionale e docente anche presso il
C.U.T. di Perugia per quasi 20 anni,
definiva con tono pacato, rasse!gnato e preoccupato: ‘abusivismo’.
Profilo del C.U.T.Il C.U.T. – Centro Universitario Teatrale di Perugia, costi-
tuito a Perugia nel 1963 (nel 2013 compirà 50 anni di vita
istituzionale), si è andato qualificando negli anni come
Centro alternativo di pedagogia e di ricerca teatrale e
come tale è attualmente accreditato dal Teatro Stabile
dell!Umbria, che l!ha scelto come partner in ATS per la for-
mazione di quadri artistici, e da: Comune di Perugia,
Provincia di Perugia e Regione Umbria che lo hanno sele-
zionato come Agenzia per la formazione e il perfeziona-
mento professionale; dalla Comunità Economica Europea,
dal Ministero del lavoro e da Istituti Universitari italiani,
Accademie teatrali e Centri di ricerca nazionali ed interna-
zionali. Dal 1985, con la direzione artistica del regista
Roberto Ruggieri - che da oltre 40 anni si occupa di peda-
gogia e formazione teatrale - il C.U.T. si è specializzato,
in linea con i fini indicati nel proprio statuto, nel “produrree diffondere la cultura teatrale e più in generale lo studiodell!arte teatrale in ogni sua forma improntando la propria
attività a un rigoroso impegno culturale attraverso spetta-coli, saggi, corsi di integrazione didattica, laboratori diricerca teatrale, eventi teatrali ed una attività pedagogicafacente capo a una Scuola di teatro articolata in corsi dieducazione e formazione teatrale propedeutici e di spe-cializzazione” (art. 1). In particolare dal 1989 in sintonia
con la Regione Umbria, attraverso l!utilizzazione del
Fondo Sociale Europeo, ha dato il via tra i primi in Italia
all'attività di formazione professionale regionale di quadri
artistici (Alta formazione) gestendo corsi biennali di alta
qualificazione professionale per attori e dal 2003 corsi di
aggiornamento e di perfezionamento professionale per
attori/performers in collaborazione con il Teatro Stabile
dell!Umbria. Ha collaborato con Accademie teatrali euro-
pee (polacche, russe, danesi, olandesi e inglesi) e ha par-
tecipato a partire dal 1963 a prestigiosi festival internazio-
nali. Ha promosso, curato e partecipato a convegni, labo-
ratori, progetti pilota e seminari anche di levatura interna-
zionale.
Lodare32
E’ un fenomeno ormai dilagante,inarrestabile. Nel teatro contempora!neo, ma non solo, si assiste all’infla!zione dei mestieri di regista e di atto!re: al giorno d’oggi nella società dellospettacolo tutti s’improvvisano attori,tutti sono registi, tutti sono pedago!ghi, tutti ‘sanno tutto’. Così facendo,temo che il caos si vada diffondendo eche questo non favorisca buoniesiti. Ferrero ed io concordava!mo sull’analisi della situazionepur perseguendo sentieri artisti!ci diversi. Ci accomunava, credo,il rigore professionale nel lavoro.Abbiamo sempre condiviso laconvinzione che il rigore garan!tisse una certa dose di qualità.Le finanze pubbliche dovrebbe!ro essere destinate giustamentead offrire occasioni che accre!scano la qualità, a mettere incondizione di operare i soggettipiù interessanti, a individuare ea creare spazi espositivi perfor!mativi, a creare servizi di qualitàa favore delle strutture del terri!torio e dei singoli cittadini. Mabisognerebbe anche occuparsi dicontribuire ad affinare le sensi!bilità artistiche e culturali. Miviene da pensare che l’asticellaartistica si sia abbassata un po’troppo, ci si accontenti di poco,segno di una sorta d’intorpidi!mento sia sul versante degli ad!detti ai lavori che degli spettato!ri. Sovente anche questi ultimiinfatti, di fronte a risultati artisticinon proprio edificanti, si fanno vince!re dalla pigrizia che li assale, si lascia!no andare alla deriva, ‘consumando’ iprodotti, lasciandosi inglobare e cen!trifugare compulsivamente, semprepiù passivi: prevale la diffusa e super!ficiale frenesia generale della nostrasocietà, pur sapendo che così facendosi contribuisce a rinvigorire da unaparte e dall’altra il degrado sociale eculturale che è purtroppo davanti ainostri occhi. Insomma se ognuno la!vorasse un po’ più su di sé… Sono lecoscienze individuali di tutti noi, nes!suno escluso, che andrebbero rivisita!te. Ma questo non avverrà, si preferi!scono sempre le scorciatoie, pur dievitare le domande salienti. Prevalgo!no gli slogan, come adesso quello di‘Perugia capitale europea della cultu!ra’… Non so se mi viene da ridere o dapiangere…
In questo caos, ci sarà pure chine trae vantaggio…
Anche nell’ambiente teatrale rimango!no privilegi tipici di una casta, come intutti gli ambiti. Ma più che altro, comedire?, attiguamente all’ambito artistico.In questi ultimi decenni se si è verificatouno sbilanciamento egemonico è stato
a vantaggio di coloro che vengono im!piegati con il compito di occuparsi diproduzioni e distribuzioni teatrali e acurarne gli aspetti burocratici e ammi!nistrativi, a loro esclusivo favore mi ver!rebbe da dire. Sono più garantiti e rico!nosciuti per il lavoro che fanno, anchesindacalmente. Mi riferisco alle struttu!re professionali di una certa dimensio!ne naturalmente. Mi sembra evidenteche questo ‘ceto’ abbia preso il soprav!vento su quello artistico, rendendo que!st’ultimo paradossalmente sempre piùprecario, secondario, subalterno, mor!tificato a cedere, mi sembra, la propriaautonomia direttiva sia in campo eco!nomico che artistico. E’ chiaro che tuttala attività produttiva è condizionata nelbene e nel male dall’economia del mer!cato. I profitti e i contributi pubblicivengono impiegati soprattutto a prote!zione della macchina burocratica, am!ministrativa e organizzativa, apparendo
sempre più impegnata a difesa dei pro!pri privilegi, quelli che le sono rimasti,piuttosto che di quelli dei teatranti, iquali rischiano di diventare soltantomerce di scambio. Naturalmente nonvoglio nascondere le nostre responsabi!lità di teatranti, anzi, l’ho appena finitodi dire. Di fronte a queste contraddizio!ni la risposta di chi opera in questo me!
stiere, soprattutto se ‘abusivo’, èstata quella di accettare la logicapolitica e burocratica e, a forza diarrabattarsi qua e là, contribuirecosì facendo a confondere le ac!que, purché a vantaggio del pro!prio orticello. Si armeggia pre!tendendo favori, sovente rice!vendoli peraltro, ben acconten!tati non in virtù della propriaqualità,, ma in virtù dei martel!lanti arrabattamenti nei corridoidei Palazzi con la p maiuscola.Palazzi dove spesso imperanotra mille difficoltà politici attentiprincipalmente a difendere ipropri tornaconti elettorali ! eciò è comprensibile ma forse po!co assolvibile ! se necessario an!che in cerca di facili consensi, inmolti casi tuttavia carenti di pro!gettualità, preoccupati comequasi tutti gli amministratori digestire se stessi e il gramo bilan!cio esistente, distribuendo allafin fine pressoché in modo linea!re, a pioggia come si dice, le risi!cate risorse economiche, pen!sando più alla ‘quantità’ che alla
qualità, per cercare di accontentare tut!ti i soggetti, in numero questi ultimiogni anno crescente ma purtroppo inmodo inversamente proporzionale al!l’entità dei fondi destinati alla cultura,decurtati implacabilmente di anno inanno. Questo è ciò che fotografo quoti!dianamente. Tutto questo avviene sen!za applicare come si dovrebbe alcun cri!terio selettivo meritocratico e sconten!tando così facendo i più meritevoli.Non si tratta di fare antipolitica, comesi tende a dire in modo fuorviante, contoni e accenti un po’ rozzi e prevenuti: èla fotografia di ciò che vedo. Si potrebbetacere, e si tace purtroppo, spesso e vo!lentieri. Quindi, per rispondere alla suadomanda, vantaggi vengono tratti dapiù parti, a scapito però del valore arti!stico dei soggetti più meritevoli, sem!pre più indignati, del territorio e dei cit!tadini contribuenti.
(continua nel prossimo numero)
Autunno 33
In realtà, il fuoco fatuo non è un luccichio istantaneo; può brillare per dieci,venti, trenta secondi e addirittura, anche se di rado, diversi minuti; non produ!ce fumo; non incendia; non bruciacchia nemmeno le erbe secche sulle quali si
posa.
(Da J. L. Nancy, “Narrazioni del fervore. Il desiderio, il sapere, il fuoco”, Moret!ti&Vitali, Bergamo 2007, p. 44)
L’autunno d’oro
Autunno34
Vengono designate come "nin!fe" tutte quelle antiche divini!tà considerate, a torto, di gra!do inferiore, forse perché pri!mordiale, e immensa era con!siderata la fonte dei loro pote!ri. L'origine di tale poteresembrava attingere dalla forzadistruttrice degli elementistessi. Le ninfe, donne giovani,almeno nell'aspetto, perenne!mente in età da marito (qual!cuno non ha esitato a definirlezitelle), incarnazioni, diviniz!zazioni di una natura benignae maligna insieme, fonti dalleacque belle e incontaminate,oppure, come diremmo oggi,spiriti dei luoghi, quegli stessispiriti che ci permettono o me!no di sentirci a casa nostra in undeterminato posto e non in un al!tro, possiedono un volto terribilee uno apparentemente mansueto,"di contorno" alle divinità maggio!ri più "razionali". Le ninfe abitanosenza alcun ritegno i monti, le val!li, i boschi, i fiumi, i torrenti, le ac!que ferme, i mari, la terra, le grot!te, persino la pioggia, la nebbia,qualsiasi forma di vapore acqueo,le stelle e il cielo profondo. Dan!zando, cacciando, tessendo, can!tando, curando i propri misteri,
esse finiscono per occuparsi indif!ferentemente di ogni creaturamortale, vegetale, animale o uma!na, con estrema arbitrarietà. Sonolibere e potenti, capricciose e de!tentrici di una saggezza tanto anti!ca da essere persino antecedentealla nascita degli dèi così come ab!biamo imparato a conoscerli. In!fatti contro la loro furia amorosa eomicida, contro il loro potere vivi!ficante e salvifico, nemmeno gli dèipossono fare qualcosa. Certo, coltempo nel nostro immaginario esse
Se esistessero le ninfe dell’autunno
DI SARA MIRTI
si sono mutate in fate, in spiritellidispettosi e nulla di più, ma quan!do ancora gli uomini potevano udi!re la loro voce, erano talmente te!mute, che persino Socrate non di!mentica di rivolgere loro una pre!ghiera. Mentre oggi, in un periodoin cui dal nostro immaginario, dal!la nostra spiritualità sono volati viapersino gli angeli, lo stupore, "il ti!more e il tremore" verso il mondoche ci circonda sembrano essere ri!tornati di nuovo a quella naturache li aveva ispirati fin dall'inizio.
14 settembre
C'era una volta una bambina che viveva in una città con pochi alberi e non aveva mai visto l'autunno d'oro. Quando ne sentivaparlare, domandava a suo padre:- Ma è proprio d'oro? D'oro, d'oro, - rispondeva suo padre.E la bambina pensava: "Una volta andrò dove c'è l'autunno d'oro; prenderò un po' d'oro e mi comprerò sette bambole, una perogni giorno della settimana".Un'altra volta suo padre parlò dell'autunno d'oro e la bambina gli domandò:- Ma sei proprio sicuro che è tutto d'oro?- Tutto d'oro, tutto d'oro, - rispose suo padre.E la bambina pensò tra sé: "Una volta andrò dove c'è l'autunno d'oro; prenderò un po' d'oro e mi comprerò trenta bambole,una per ogni giorno del mese". E un'altra volta pensò: "Forse prenderò un po' più di quell'oro e mi comprerò 365 bambole, unaper ogni giorno dell'anno".
Autunno 35
O forse le ninfe, che erano e sono
perfettamente in grado di abitare
ogni singolo oggetto, ogni irregola-
rità del terreno, ogni differenza di
stato che attraversa la terra e i cor-
pi che su di essa vivono e si muo-
vono, vivono ancora, nascoste in-
sieme ai nostri pensieri più prezio-
si, celate nei dettagli che ormai
non notiamo più. Le mie ninfe pre-
ferite sono le Driadi, o Amadriadi
che dir si voglia, ninfe delle querce
o degli alberi più in generale. Le
Driadi non sono legate al tronco
da cui traggono la propria sussi-
stenza: nessun laccio, nessuna
specie d'incantesimo le imprigiona
(come invece accade nella selva dei
suicidi descritta da Dante) ai tron-
chi di cui sono anime e custodi;
soltanto esse sanno che vivranno
tanto a lungo quanto la pianta con
cui dividono la vita. Esse non sono
immortali (capita alle ninfe), ma
destinate a deperire. Per questo
ogni volta che arriva un nuovo au-
tunno non posso fare a meno di
pensare che questa e solo questa
sarebbe la stagione più adatta per
far rivivere le ninfe. È difficile resi-
stere alla tentazione di dare ad
ogni foglia caduta una personalità
propria, e, così facendo, attribuirle
un passo diverso di danza che dif-
ferenzia la sua caduta da quella di
qualsiasi altra. Nei canti partigiani
le "foglie tremule" erano paragona-
te alle vite ancora verdi dei giovani
impegnati nella resistenza, ancora
indecise se cadere o restare sul ra-
mo in attesa di tempi migliori, ma
purtroppo né allora né ora è mai
accaduto che una foglia potesse
tornare al suo posto una volta che
fosse giunta la propria ora per ca-
dere. Non c'è niente di più grade-
vole della sensazione sottile d'alle-
gria che danno i mucchi di foglie
accatastate a terra. Il loro colore
acceso, simile all'oro grezzo, brilla
in superficie alla minima presenza
di luce naturale o artificiale e, rin-
casando la sera, vedendone l'inizio
ma non scorgendone la fine, si po-
trebbe quasi scambiarli per dei
fuochi fatui, per delle pennellate
ancora incomplete di una realtà in-
tenta a rimescolare se stessa per
poter tornare a sorprendere tutti
in primavera. I cumuli di foglie la-
sciate ad ingiallire agli angoli delle
strade richiamano con il loro cre-
pitio il rumoreggiare di bambini
indisciplinati, l'immensa ricchezza
dello stare insieme, dell'avere
qualcuno con cui nascere, crescere
e cadere, sia pure in tempi diversi.
Il loro disporsi a strati sull'asfalto
sembra quasi voler attutire una
nostra eventuale caduta. Non vor-
rei correre il rischio di peccare
contro la mitologia, ma ugualmen-
te non posso fare a meno di chie-
dermi quali nomi avrebbero ora, in
un eventuale neodizionario mito-
logico, le ninfe delle foglie. Co-
munque sia credo che, in attesa di
esistere almeno ai nostri occhi, e
visto che novembre è un mese che
appartiene più ai morti che ai san-
ti, le ninfe dell'autunno non si of-
fenderanno se nel frattempo dare-
mo loro i nomi dei nostri cari.
Finalmente una domenica suo padre le disse: - Vieni, andiamo a vedere l'autunno d'oro.Il padre la portò fuori città, nei boschi, e non diceva nulla. La bambinaguardava incantata gli alberi dorati, tutti quei milioni emilioni e milioni di foglie color d'oro, gialle, rosse, giallo chiaro, giallo scuro, rosso chiaro, rosso scuro. Per tutta la giornata cam-minò nel bosco d'oro, giocando con le foglie, accarezzando i funghi e gli scoiattoli che venivano a prendere le noccioline dallasua mano. Ed era così contenta che si dimenticò delle sue sette bambole, delle trenta bambole, delle trecentosessantacinquebambole, perché ogni singola foglia le pareva più bella di tutte le bambole della terra.[…]
11, 30.
"Festa Autunno d'oro" delle terze classi. L'Autunno, "ossien", è femminile (da mettere tra le sorprese della lingua russa), perciòè una bambina che danza, spargendo foglie d'oro.
(Da G. Rodari, "Giochi nell'Urss. Appunti di viaggio”, Einaudi, Torino 1984, pp. 53, 56)
Autunno36
“L’ho trovata tra argento e rarità,
nella purezza della luce invernale
Una donna dipinta su una foglia.
Tratti sottili sulla superficie venata
In una cornice artigianale.
Questo non è il mio viso. Neppure sono
l’autrice.
In un giardino cade una foglia.
La Luna raffredda la sua ultima linfa.
S’asciuga il succo dell’estate nella luce stel!lata.
Là dentro una donna è prigioniera.
Questa non è morte. È terribile
sospensione di vita.
Voglio una poesia
dentro cui invecchiare. Voglio una poesia
in cui morire.
Voglio raccogliere
questo volto inaridito
come si prende uno storno dalla trappola
e restituirlo al suo elemento d’aria, di fine
così che l’Autunno
che un tempo fu
lo sguardo severo delle stelle,
Il cipiglio sul volto del giardiniere,
Il graduale brunirsi della distanza,
sarà
D’ora in poi un tenero crocchiare sotto i
piedi. Zigomi. Occhi. Sarà
una bocca che grida. Lasciami.
Lasciami morire.”
(Eavan Boland, da “Falene e altre poesie”,
Via del Vento Edizioni, Pistoia 1998, p. 23)
“Una donna dipinta su una foglia”
Ruggito 37
Kim Ki!duk è nato il 20 dicembre
1960 a Bonghwa, Sud Corea. Finita la
scuola dell'obbligo, a 11 anni è costret!to ad andare a lavorare come operaio
in fabbrica per sostentarsi fino a 20
anni; appena ventenne si arruola in
marina per un periodo di cinque an!ni. In quel periodo è colto da una crisi
religiosa: la sua strada incrocia quella
di una chiesa per non vedenti, con
l'intenzione di diventare predicatore.
La crisi religiosa termina con la par!tenza dalla Corea e nel 1990 si trasfe!risce a Parigi dove coltiva la sua pas!sione per la pittura e si mantiene ven!
Comunisti sulla lagunadue registi comunisti trionfano a Venezia 2012
dendo i suoi quadri, avvicinandosi
lentamente al cinema. Seppur privo di
preparazione accademica, muove i
primi passi come sceneggiatore. Il de!butto alla regia nel 1996 è con Croco!dile, ma il successo internazionale ar!riva soltanto nel 2000 con L'isola che
partecipa alla Mostra di Venezia. La
notorietà in occidente arriva con Pri!mavera, estate, autunno, inverno... eancora primavera, presentato in con!corso al Festival internazionale del
film di Locarno nel 2003 e capace di
ottenere notevoli risultati al botteghi!no nonostante la firma d’autore. Il
suo film successivo La samaritanapartecipa al Festival di Berlino del
2004 dove si aggiudica l'Orso d'Ar!gento per il miglior regista. Con Ferro3 ! La casa vuota vince il Leone d'Ar!gento ! Premio speciale per la regia al!la 61ª Mostra di Venezia ed è stato vo!tato miglior film dell'anno nella terza
edizione degli Italian Online Movie
Awards. Il dodicesimo film L'arco è
stato presentato al Festival di Cannes
2005. Nel 2012 vince il Leone d'Oro al!la 69/ma edizione della Mostra inter!nazionale d'arte cinematografica di
Venezia con il film Pietà.
“In una società capitalista, il denaro inevitabilmente mette alla prova le persone, e al giorno d’oggi le persone sono osses!sionate dalla fantasia che i soldi possano risolvere tutto. Il denaro è il problema alla base della maggior parte degli episodispiacevoli che accadono al giorno d’oggi. In questo film, due persone che infliggono e subiscono punizioni legate al denaro,si incontrano, pur avendo poca probabilità di conoscersi, e formano una famiglia. E attraverso questa famiglia, arriviamoa comprendere quanto siamo complici di tutto ciò che accade nel corso della nostra vita. Finché le persone di quest’epocanon muoiono, il denaro continuerà a porci tristi domande. In definitiva, finiremo per essere una moneta agli occhi degli altrie per frantumarci sull’asfalto.”
KIM KI!DUK
Ruggito38
Ken Loach, all'anagrafe Kenneth Loachè nato a Nuneaton, Gran Bretagna, 17giugno 1936. Figlio di operai, ha dedi!cato tutta la sua opera cinematograficaalla descrizione delle condizioni di vitadella classe operaia. Ha fatto parte del!la corrente artistica inglese del Free ci!nema (i cui leader erano registi comeLindsay Anderson, Karel Reisz, JosephLosey e Tony Richardson), con film co!me Poor Cow e Kes. Nel 1961 iniziò a la!vorare come aiuto regista per la ABCTelevision. Passò poi alla BBC quandoquesta stava per lanciare il proprio se!condo canale. In questi anni ebbe ini!zio la sua collaborazione con Tony Gar!nett, produttore con il quale aveva incomune la cultura politica socialista.Con Garnett, Loach realizzò 10 episodidi The Wednesday Play, che in queglianni rivoluzionarono il genere deldramma televisivo britannico creandoil genere del docu!drama, che utilizza!va tecniche documentaristiche per rac!contare storie di fantasia, con l'obietti!
vo di creare consapevolezza politicanegli appartenenti alla classe operaia eal ceto medio. Questo spirito ha poi ca!ratterizzato tutta la sua ampia produ!zione successiva. I suoi primi film per ilcinema furono realizzati negli anni ses!santa. Gli anni settanta e ottanta nonsono stati caratterizzati per Loach dagrandi successi. Negli anni novanta,però, il regista britannico è tornato inauge, ed ha realizzato alcuni film disuccesso, apprezzatissimi dalla critica(tra questi Terra e libertà del 1995), eper tre volte è stato premiato al Festivaldi Cannes. Nel 1994 gli viene assegnatoil Leone d'Oro alla carriera al Festival diVenezia. Nel dicembre 2003 l'Universi!tà di Birmingham gli ha conferito unalaurea honoris causa in Lettere. Il 28maggio 2006 la giuria del Festival diCannes conferisce la Palma d'oro al suofilm Il vento che accarezza l'erba. Rice!ve l'Osella alla migliore sceneggiaturaper In questo mondo libero... alla Mo!stra del cinema di Venezia. Nel 2009
esce Il mio amico Eric. La pellicola vie!ne presentata al Festival di Cannes2009, aggiudicandosi il premio dellaGiuria Ecumenica. Nel 2010 esce Route
Irish (in Italia con il titolo L'altra veri!tà) presentato in concorso al Festival diCannes. Il film prende il nome dalla fa!migerata Route Irish: la strada più pe!ricolosa al mondo che congiunge l'ae!roporto di Baghdad con la greene zonedella capitale irachena. Sostenitore delmovimento politico Respect, a sinistradel New Labour di Blair. Attento osser!vatore della realtà internazionale è in!tervenuto di recente anche sulle vicen!de politiche italiane. È stato infatti (as!sieme a Noam Chomsky, Gino Strada,Marco Revelli, Giorgio Cremaschi edaltri), tra i firmatari di un appello di so!lidarietà nei confronti del senatore diRifondazione (ora Sinistra Critica)Franco Turigliatto, espulso dal suo par!tito per non aver votato i rifinanzia!menti alle missioni militari voluti dalsecondo governo Prodi.
"Ho debuttato da regista nel 1963, allora c'erano tante conquiste, i lavoratori
partecipavano alla gestione delle fabbriche. Poi la Thatcher ha spazzato via
tutto: si è perso il senso della comunità, e così adesso eccoci qui. Certo il cine!ma non può fare molto, è una piccola voce in un grande coro di voci. La situa!zione è terribile, ma ne possiamo uscire. Dobbiamo liberarci, impegnandoci
in prima persona, non delegando più le responsabilità ai politici legati a dop!pio filo al libero mercato. E mi raccomando, iscriviamoci ai sindacati...".
KEN LOACH
Inediti 39
C’era una volta una favola.
Sì, una favola, perché non vi piace una favola di una fa!vola? Beh, non è obbligatorio che la leggiate, ma io già
sento la vostra curiosità, la avverto con un prurito die!tro la testa e quindi non avete scelta. Insomma, bam!bini, la favola in questione era abituata a essere rac!contata. Da centinaia di anni volava di bocca in bocca,
di mamma in mamma, di nonna in nonna. E ogni vol!ta venivano aggiunti dei particolari, accadevano delle
cose nuove e la favola si allungava. Un giorno la favola
incontrò una favola scritta. La favola scritta se ne stava
tutta tranquilla sulla pagina di un libro aperto. “Orro!re!” esclamò la favola quando vide quell’interminabile
sequenza di segni sulla carta. “Ma che ti ha chiuso in
quella prigione?” La favola scritta si risentì molto, ma
con grande dignità, rispose: “Questa non è una prigio!ne, è un libro! Un libro di favole. Ce ne sono anche al!tre, sai? E sono tutte felici di essere scritte. Noi saremo
ricordate per sempre. Tu invece vivrai finché c’è qual!cuno che ti racconta, dopodiché addio!” La favola ci ri!mase molto male e cominciò a parlare con altre favole
scritte convincendole a lottare per la propria libera!zione. Era così convinta che un giorno fondò il fronte
di liberazione delle favole prigioniere. “Mettere una
favola sulla carta vuol dire uccidere la fantasia!” diceva
alle sue compagne. La favola riscosse molto successo
tra le favole scritte e riuscì a creare un grande movi!mento che prese subito piede e cominciò ad aumen!tare vorticosamente. Molte delle favole scritte abban!donarono le loro prigioni, i libri si svuotarono e i bam!bini trovarono al posto delle favole delle pagine bian!che. “Ben vi sta!” rideva la favola volteggiando nel cielo
come una farfalla. “Nessuno può intrappolare le favo!le! E questo vale per tutte le favole, quelle belle e quel!le brutte, quelle che vengono dal cuore e quelle che
vogliono insegnare le cose. Le favole non si possono
comprare e vendere. Le favole si raccontano.” Passa!rono molti anni e la favola cominciò a sentire la stan!chezza della vecchiaia. Aveva trasmesso alle sue ami!che il so"o del suo spirito indomabile ma ora sentiva
il bisogno di riposarsi. Cominciò a girare per trovare
un posto dove morire in pace ma i libri proprio non le
andavano giù, così, un bel giorno di maggio, davvero
ideale per raggiungere il paradiso incantato delle favo!le, la favola incontrò un bambino che amava le favole.
Le amava così tanto che, dal momento che non c’erano
più il libri di favole, le scriveva sul suo quaderno per
non dimenticarle. A questo punto la favola si arrese e
solo l’idea di non essere dimenticata la convinse a farsi
scrivere. La favola ebbe la sensazione di un grande be!nessere mentre il bambino la scriveva a mano sul suo
quaderno, chiuse gli occhi e si lasciò andare. La sua
non fu una rinuncia. Con la sua generosità impaziente,
dettata dall’amore per la libertà, aveva contribuito a
cambiare il mondo delle favole, infatti da quel giorno
le favole si possono scrivere, ma sempre con grande ri!spetto, senza avere la pretesa di intrappolarle, e chiun!que le racconti, può cambiarle, giocare con le parole,
allungarle o accorciarle. Le favole non diverranno mai
lettera morta, perché le favole sono vive!
Favole al
femminile
Il Libro delle “Favole al femminile” è pubblicato per intero,in digitale, nel nostro sito internet all!indirizzowww.piazzadelgrano.org, nella sezione Inediti
DI ISABELLA CAPORALETTI
La favola ribelle
Inediti40
Miwa e il mostro del lago
Miwa è una bella bambina che abita
vicino a un lago insieme ai genitori e
tanti animali. Miwa a volte gioca da!vanti alla sua casa, ma siccome è pic!cina, non le permettono di avvicinarsi
al lago. Il lago, si sa, è un po’ buono e
un po’ cattivo, dipende da come gli va.
Un giorno Miwa giocando con il suo
bambolotto preferito, si accorse di
una piccola coda sotto un sasso. Miwa
prese il sasso con la sua piccola mano
e lo alzò. Quello che c’era sotto sem!brava una lucertolina, ma a guardarla
bene era una lucertola molto strana.
Intanto aveva tutti i colori dell’arco!baleno e poi aveva uno strano modo
di guardare Miwa negli occhi. Sem!brava intelligente. Miwa la prese in
mano e la nascose sotto una piccola
tana ricavata da una buca nel ter!reno, coperta con un po’ di fo!glie. Nel pomeriggio Miwa
uscì di casa con la merenda,
sempre sotto l’occhio vigile
della mamma, ma la mam!ma non si preoccupò più di
tanto quando vide che la
bambina si era accucciata
vicino alla tana del picco!lo rettile. Quando Miwa
scoprì la tana dove aveva
fatto nascondere la lu!certolina, due occhietti
vispi la guardarono fissi
nei suoi. Miwa le diede
un pezzetto di pane ma
quella lo sputò, poi le die!de un pezzetto di prosciut!to. Quello sì che le piacque!
La bambina non esitò a darle
tutto il prosciutto del suo pa!nino in piccoli pezzetti, finché
non fu finito. E così andò avanti
per molti giorni, fino a che la lu!certolina non era divenuta grande
più di un gatto. Allora sì che era di"!cile nasconderla! La buca non bastava
più e Miwa la fece nascondere sotto
un grosso e fitto cespuglio. Un giorno
Miwa si mise a osservare quello strano
animale. Intanto era diventata
un’enorme lucertolona dai sette colo!ri dell’arcobaleno, poi, a guardare be!ne, aveva le ali! Miwa le fece una ca!rezza sul muso e due occhi profondi
come pozzi la fissarono. La lucertola
prese Miwa delicatamente per il
grembiule e se la mise in groppa. La
bambina si attaccò al collo iridescente
di quello che, ormai l’aveva capito, era
un drago e per la prima volta seppe co!sa significa volare. I due sorvolarono il
lago fino a che non divenne una mac!chia blu e Miwa con il vento nei capel!li rideva e si divertiva. A un certo pun!to scesero in picchiata fino a sfiorare
la superficie dell’acqua e Miwa si ritro!vò tutti i capelli bagnati ma il drago
subito la riportò verso il cielo e i capel!li furono subito asciugati dall’aria cal!da del pomeriggio. Quando atterraro!no il drago prelevò con la bocca la
bambina dalla sua groppa e, dopo
averla appoggiata delicatamente a ter!ra, le parlò.
“Sei davvero una bambina coraggiosa!
Allevare un drago in giardino non è
una cosa facile! E tu hai salvato Agatax
dalla morte. Mi hai dato il tuo cibo e
mi hai fatto le carezze, non hai avuto
paura del fatto che sono così diversa
da te.” Miwa non poteva credere alle
proprie orecchie. Quella lucertola che
lei aveva allevato a prosciutto, ma an!
che tonno, uova e pietanze varie, le
aveva parlato! Era una femmina e si
chiamava Agatax, e parlava! Passaro!no diversi mesi e Miwa ogni tanto an!dava a trovare il drago che aveva sca!vato una specie di caverna nella roc!cia, proprio in riva al lago. Un giorno,
Miwa non trovò la sua amica, ma non
fece in tempo a preoccuparsi neanche
un po’ che la vide volteggiare nel cielo
e atterrare a un passo da lei. “Miwa!” la
chiamò, “ho bisogno del tuo aiuto, de!vo fare una cosa!” “Cosa?” chiese Miwa
con le gambe che le tremavano. E’
normale che una bambina piccola ab!bia un po’ di paura. “Dovrai aiutarmi a
liberare le mie amiche Sarah e Rebec!ca che sono tenute prigioniere dagli
uomini malvagi!” “E come faccio?”
protestò Miwa “sono solo una bambi!na! Mica mi lasciano andare in giro
da sola!” “Oh, a questo si può ri!mediare! Fermerò il tempo! Noi
draghi siamo specialisti nel
fermare il tempo, non so sa!pevi?” “No che non lo sape!vo, sono una bambina pic!cola, devo ancora imparare
tutte le cose!” “Bene, allora
che hai deciso?” domandò
il drago guardandola con
i suoi occhi languidi ed
enormi. “Voglio aiutarti!”
proruppe Miwa tutto
d’un fiato. “Allora sali! Si
parte!” Si alzarono in volo
e nel giro di qualche mi!nuto non furono altro che
un puntino minuscolo nel
cielo blu. Arrivarono a un
vecchio castello e atterraro!no un po’ lontano per non
farsi vedere. I draghi erano
prigionieri in celle enormi con
le sbarre ed erano entrambi ac!cucciati con il muso a terra. Sem!
bravano deboli e malati. Le sbarre
erano forti e altissime e Agatax e Mi!wa, da sole, non l’avrebbero mai fatta.
Decisero di indagare e scoprirono che
la gran parte degli uomini viveva ri!dotta in povertà estrema. Non aveva!no da mangiare e da vestirsi, e nean!che i soldi per comprare le cose. Sco!prirono che gli uomini malvagi che te!nevano prigioniere le amiche di Aga!tax, erano un piccolo gruppo di perso!ne ricchissime e tutti gli altri così po!veri che non avevano neanche le scar!pe. I due draghi erano stati fatti pri!gionieri per essere venduti. Miwa e il
Inediti 41
drago si nascosero per riflettere e tro!vare un sistema per liberare i due dra!ghi, ma l’impresa era veramente dispe!rata. Quasi tutti gli uomini erano stati
resi schiavi, lavoravano in condizioni
disumane per un pezzo di pane secco
e molti si ammalavano e non potevano
essere curati. Miwa conobbe un bam!bino come lei, solo che lui era uno
schiavo. “Tu non sei come me!” le dice!va il ragazzino, “tu sei diversa, sei nata
libera!” Miwa lo guardò attentamente.
Aveva due mani, come lei, il naso, gli
occhi. Cercò di sbirciare sotto i lunghi
capelli perché magari poteva non ave!re le orecchie. Invece le aveva, spor!che, ma le aveva. Ma per quanto si
sforzasse le sembrava che il bambino
fosse proprio come lei. Aveva la pelle
un po’ più scura della sua, era un po’
più magrolino, certamente, ma per il
resto non c’erano grosse differenze.
“Perché siamo diversi?” chiese Miwa
incuriosita. “Perché noi siamo schia!vi!” rispose il ragazzino come se fosse
una cosa ovvia. “E perché siete schia!vi?” insistette Miwa curiosa. “Perché i
Signori ci danno il cibo e noi dobbia!mo lavorare per loro!” disse il ragazzi!no. “E perché?” domandò Miwa. Il
bambino non sapeva più cosa rispon!dere, così prese Miwa per mano e la
portò a casa sua. Quando i genitori del
piccolo videro Miwa si spaventarono
ma il bambino, facendo l’occhiolino a
Miwa, spiegò che era solo una bambi!na curiosa, così accettarono di rispon!dere alle sue domande. “Miwa vuole
sapere perché siamo schiavi!” disse al
padre. “Beh, siamo schiavi perché i pa!droni ci comandano e noi dobbiamo
obbedire!” “Perché non vi comandate
voi?” L’uomo sgranò gli occhi. Era una
cosa che non aveva mai pensato. Non
aveva mai pensato che gli schiavi era!no molti di più dei Signori e se avesse!ro voluto, avrebbero potuto cacciarli
via dalla loro terra, riprendersela e tor!nare liberi. “Agatax e io dobbiamo li!berare i draghi!” disse Miwa allo schia!vo, “dovete aiutarci, da sole non ce la
faremo mai!” Miwa provò a convincere
gli uomini a ribellarsi. Ciascuno di loro
pensava per se stesso, senza preoccu!parsi di nessun altro. Ma è di"cile
quando si è schiavi pensare agli altri.
Quando una persona non ha da man!giare, cerca di trovare il pane e non gli
importa tanto della libertà propria, né
di quella di due draghi. Miwa tornò da
Agatax sconfitta, così Agatax cercò di
farsi ascoltare dagli uomini. Parlò loro
di un mondo giusto, un mondo senza
confini dove tutti gli uomini e gli ani!mali possano passeggiare in pace.
“Può esistere un mondo dove tutti
contribuiscono a creare ricchezza cia!scuno secondo le proprie possibilità e
poi la ricchezza viene ridata a ciascu!no secondo i propri bisogni? Un mon!do dove si comprano le medicine per
tutti e si mandano tutti i bambini a
scuola?”Gli uomini non volevano capi!re. Certo per realizzare un mondo così
occorreva lavorare tutti, e quei poveri!ni che da secoli erano schiavi, non vo!levano un lavoro da schiavi. Miwa
spiegò loro che se si fossero uniti sa!rebbero stati liberi e che potevano or!ganizzarsi perché il loro lavoro potes!se essere pagato e protetto dai pericoli.
Quando gli uomini capirono che i loro
sogni potevano avverarsi, nessuno riu!scì a fermarli. Cacciarono i governanti
e liberarono i due draghi. Erano due
creature maestose, una gialla e una
arancione. Grandi come un palazzo di
dieci piani e con le ali enormi come un
circo. Volteggiarono nel cielo azzurro
e si fermarono solo a ringraziare Mi!wa. “Ciao soldo di cacio!” la salutò Sa!ra. “Vieni a trovarci!” le gridò dietro
Rebecca. “Ogni volta che avrai bisogno
di me” le sussurrò Agatax all’orecchio,
devi solo chiamarmi. Ora ciao! E gra!zie!” Miwa tornò a casa credendo di
prendersi una sgridata ma nessuno si
era accorto di niente. Cenò come sem!pre e andò a dormire ma il giorno do!po rise a crepapelle fino alle lacrime.
Aveva sentito alla radio che un pesca!tore aveva intravisto un gigantesco
mostro del lago…
Inediti42
Viola esploratriceUn giorno, Viola, una vispa bambina ditre anni, prese il suo cappello da esplo!ratrice e andò in esplorazione. Duranteil viaggio incontrò la scimmia Berenice.“Ha! Ha! ha!” rise quella “Viola non èviola! Viola non è viola!” Viola ci rimasemolto male. Quella scimmia dispettosal’aveva portata in giro perché il suo no!me è anche quello di un colore. Certoche non è viola! Mica è un disegno! E’una bella bambina in carne e ossa. Lescimmie sono proprio antipatiche! Vio!la però non si fece scoraggiare dall’in!contro con la scimmia cattiva e conti!nuò il suo viaggio esplorativo. Dopoaver camminato un po’, incontrò lemargherite. “Ha! Ha! Ha!” risero quelle“Viola non è una viola! Violanon è una viola!” “E neancheuna margherita!” si arrab!biò Viola che cominciava astufarsi di incontrare sologente malvagia. Fece perandarsene quando una pic!cola margherita la chiamò.“Non farci caso!” le sussurrò“le mie compagne sono in!vidiose e cattive! Sono pian!tate per terra e guardanosolo in terra. Io invece, vorreitanto viaggiare, alzarmi da terra edesplorare il mondo”. “Beh puoi venirecon me!” esclamò Viola che aveva pro!prio voglia di stare in compagnia. Lamargherita si fece cogliere, raccoman!dando a Viola di fare attenzione a nondanneggiare la pianta e trovò posto tra icapelli della bambina che così divenneancora più bella. Continuarono il loroviaggio e a un certo punto incontraronola gatta Liquirizia. La gatta piangeva concerte lacrime così grosse che Viola si ba!gnò i piedi. “Perché piangi?” chiese Vio!la. “Piango perché il cane mi porta in gi!ro. Mi dice che non mi mangia per nonfarsi venire la bocca nera!” “Non piange!re gattina!” le mormorò Viola facendoleuna carezza, “hai un nome simpatico enon devi fare caso a quello che diconogli altri. Vuoi venire con noi? Stiamoesplorando il mondo…” La gattina si ag!gregò e tutti e tre continuarono il viag!gio. A un certo punto si fermarono e ri!masero a bocca aperta. Un grande arco!baleno si stagliava alto nel cielo blu. Co!me per magia il violetto scese dall’arco!baleno e prese Viola in braccio, senzadimenticare Margherita e Liquirizia.Volarono in alto nel cielo. Viola dovettetenere il cappello e Margherita per non
farli volare via ma non ebbe paura. Vola!rono sempre più in alto fino a raggiun!gere gli altri sei colori dell’arcobaleno e,da lassù, comodamente seduti sul viola,videro il mondo. Le persone erano pic!cole come formiche, le case, gli animali,tutto era così piccolo e così attaccato allaterra che Viola comprese quanto è im!portante vedere le cose da un altro pun!to di vista. Da lassù videro la scimmiaBerenice che mangiava le margherite esi arrabbiava con loro, saltellava, gridavae sbraitava, poi se la prendeva col canecattivo che non voleva uscire con lei.Viola, Margherita e Liquirizia sono an!cora lassù e non c’è verso di farle scende!re! Se aguzzate l’orecchio sentirete cheancora stanno ridendo a crepapelle!
Viola va al mareUn giorno Viola, armata di paletta e sec!chiello, andò al mare con i suoi genitori.Se ne stava tranquilla sulla spiaggia,quando vide in mezzo all’acqua un pe!sciolino nero. “Oh, che bel pesciolino,vieni che ti prendo!” gli disse. “Fossimatto!” rispose quello “non mi facciocerto prendere dai bambini! Piuttosto,sono io che devo farti venire con me!”“Perché dovrei venire con te?” chieseViola che in verità non aveva tanta vo!glia di tuffarsi. “Perché la Regina vuoleparlarti, perché sennò?” “Ah,” esclamòViola curiosa “e perché vuole parlarmi?”“Perché c’è un pericolo, è ovvio!” asserìcon fermezza il pesciolino. “E io che do!vrei fare?” domandò Viola incuriosita.“Devi aiutarci, mi sembra ovvio! Lo diceil protocollo!” “Il che?” Viola non capivabene il linguaggio del pesce, anche seormai, a tre anni e quasi mezzo, il suovocabolario era veramente molto piùnutrito di certe persone grandi… “Ohinsomma, quante domande! Lo sapevoio che non ti dovevo venire a chiamare,ma la Regina ha insistito tanto! Secondome sei troppo piccola per fare qualcosadi buono!” brontolò il pesce. Viola guar!
dò indietro, verso i suoi genitori. Stava!no sdraiati a leggere e in quel momentonon la guardavano, così, abbandonatisecchiello e paletta sul bagnasciuga, situffò dietro al piccolo pesce nero. Quan!do arrivarono dalla Regina, Viola dovet!te immergersi fino alla sua tana, ma sisa, gli umani non possono resistere pertanto tempo sott’acqua, così la Regina sisistemò sotto il pelo dell’acqua in modoche Viola potesse parlare senza proble!mi. La Regina era una piovra gigantescama Viola non ebbe paura perché si di!mostrò subito molto gentile. “Allora,Viola, mi sono decisa a chiedere il tuoaiuto perché abbiamo un serio proble!ma: tre tartarughe sono morte. Eranomolto giovani, non crediamo che fosse!
ro malate. Tu dovrai scoprireperché e dovrai aiutarci a ri!solvere questo problema!”Viola ci ragionò su. Di"cile,molto di"cile. Non sapevada che parte cominciare. Mala curiosità prevalse e promi!se che almeno ci avrebbeprovato. Il pesciolino nerol’accompagnò al largo e lìViola si accorse con grandetristezza che il mare era pie!
no di immondizia. Buste di pla!stica, tappi di bottiglia, bottiglie e botti!gliette di plastica, insomma una verapattumiera! Si accorse poi che il vento ele maree trascinano questa robaccia dal!le spiagge verso il largo, le tartarughemarine la confondono con le meduse ela mangiano, così, cercando di inghiot!tirla, muoiono affogate. Viola tornò dal!la Regina con una grande tristezza. Rac!contò quello che aveva visto. Era davve!ro impossibile fare qualcosa subito. LaRegina si occupò, con scarso successo,di insegnare alle tartarughe che non tut!to quello che fluttua in acqua si puòmangiare, ma Viola, quando tornò inspiaggia, cominciò a raccogliere tutta laplastica e a buttarla nel secchio dell’im!mondizia. Prima i bambini la guardava!no schifati, poi, però capirono che an!che se l’immondizia non è nostra, è no!stro il mondo, e quindi facciamo bene aripulirlo. Viola continuò imperterrita fi!no a quando la spiaggia non fu comple!tamente ripulita poi, guardò con tristez!za verso il mare, le sembrò di vedere untentacolo che la salutava, allora prese unimpegno solenne. Da grande avrebbefatto di tutto per far sparire le buste diplastica dalla faccia della terra. Chissà,amici, se ci riuscirà?
La Lista 43
a cura di SANDRO RIDOLFI
Le anime vergini degli uomini di campagna, quando si convincono di una verità, si sacrificano per essa,fanno tutto il possibile per attuarla. Chi si è convertito, è sempre un relativista. Preferisco che al mo!vimento si accosti un contadino più che un professore d'università. (Antonio Gramsci)
Giorio RaggiNato a Foligno nel 1951, proveniente da famiglia molto vicina alla diocesi, ha militato da gio!vane studente nel movimento cattolico della Gioventù Studentesca. Nella seconda metà de!gli anni settanta il Partito Comunista Italiano, che da sempre ha guidato l’AmministrazioneComunale di Foligno (tranne una breve parentesi di centrosinistra, democristiani e sociali!sti), compie una radicale involuzione a apre le porte, in particolare quelle degli incarichinell’amministrazione locale, a una nuova generazione di “non comunisti”. A meno di trentaanni Raggi diviene Sindaco della Città per il PCI, carica che lasciarà per iniziare una brillantecarriera lavorativa nell’impresa di distribzione alimentare Coop, della quale raggiunge, perindubbi meriti, il vertice. In questa nuova veste l’ex primo cittadino “mai comunista”, com!pleta la sua involuzione politica e da amministratore catto!comunista diviene semplicemen!te manager finanziario, più ancora che commerciale. Negli stessi anni, infatti, le Coop um!bre, poi fuse con quelle senesi, avevano completamente abbandonato la missione sociale disostegno alimentare alla vasta compagine dei lavoratori che le avevano fondate, per impe!gnarsi prevalentemente nel settore finanziario, avvalendosi di una speciale normativa checonsentiva a quel tipo di sostanziali spacci alimentari di funzionare come vera e propria ban!ca, intercettando grandi risorse finanziarie dai clienti, senza dover sottostare alle regole aagli oneri del sistema bancario. Forte della enorme disponibilità liquida proveniente da ver!samenti ancor più che da vendite, l’attuale Coop Centro Italia, gestisce oggi una grande im!presa finanziaria, immobiliare e commerciale, quest’ultima prevalentemente rivolta a unafascia medio alta di consumatori. Coerentemente con la sua natura imprenditoriale, lontanadalla politica militante e dal sociale, la Coop è recentemente entrata in conflitto con la stessadiocesi di Foligno querelandone il giornale, la Gazzetta di Foligno, colpevole di avere (inquesto, in verità, ricorrendo a termini scioccamente del tutto impropri ed inutili) pesante!mente criticato il capannone commerciale progettato nell’area dell’ex zuccherificio di pro!prietà della stessa Coop. Tipico della sua cultura squisitamente capitalista la Coop pretendedi “lavare l’offesa” subita con un congruo risarcimento economico; si parla di 100.000,00 eu!ro per due stupide parole di una piccola testata locale. Come dire: chi vuole intendere, in!tenda! Noi non intendiamo.
Catiuscia MariniNata a Todi il 25 settembre 1967, ha iniziato la sua attività politica nei movimenti giovaniligenericamente di sinistra, aderendo successivamente ai Democratici di Sinistra. Nel 1998 èstata eletta sindaco di Todi alla guida di una coalizione di centro!sinistra con il 53,7% dei vo!ti, riconfermata per un secondo mandato nel 2002 con il 63,8%. Alla scadenza del suo se!condo mandato, sindaco di Todi, roccaforte storica del Partito Comunista Italiano, vieneeletto niente meno che un fascista (ex Movimento Sociale Italiano e ora Partito della Liber!tà). Nonostante tale risultato disastroso dei quasi dieci anni di amministrazione di sinistra,Catiuscia Marini viene dapprima eletta al Parlamento Europeo (in realtà subentra al primoeletto passato al Parlamento Italiano) e poi, bucate le nuove elezioni europee del 2009, nel2010 viene eletta Presidente della Regione dell’Umbria per la coalizione di centro!sinistra,bruciando una imprbabile terza candidatura della governatrice uscente e le infondate am!bizioni di un genuino democristiano di montagna. L’anomalia della promozione di chi èstato capace di far perdere Comuni storici della sinistra comunista, in verità, non è isolatae anzi viene subito replicata con la nomina a segretario della presidenza regionale dell’exsindaco di Montefalco, Comune anch’esso perso dalla sinistra a favore di una coalizione dicentro destra praticamente inconsistente. Viene da pensare che la (con)fusione tra ex co!munisti ed ex democristian,i che ha dato vita al “mostro bicefalo” del Partito Democratico,ha visto trionfare il precetto cristiano dei “Beati gli ultimi che saranno i primi”, anche se inverità il riferimento evangelico era al regno dei cieli e non al governo regionale.
La lista” prosegue nei prossimi numeri
ex comunisti, mai comunisti, anti comunistila Lista
Il Piccolo Re Vigliacco
Il 28 settembre 1922 una banda di scalmanati armati di fucili da caccia, coltelli da cucina e forconi, tutti vestiti dinero come becchini, si era impantanata in un acquazzone alle porte di Roma. Re Sciaboletta (questo era il nomi!gnolo del “Re di stirpe guerriera” che si era fatto costruire una sciabola più corta a causa della “Sua Altezza”...)temé per il suo trono e aprì le porte al fascismo. 20 anni più tardi, dopo avere segretamente negoziato con i sicurivincitori l’armistizio che avrebbe fatto salvo il suo trono, nella stessa notte dell’8 settembre 1943 Re Sciabolettafuggì di nascosto verso il sud Italia già concquistato dagli alleati, abandonando Roma e l’Italia al massacro di altridue anni di quella guerra che, dopo l’Impero di Etiopia, gli era valsa la corona d’Albania. Tra le tante disgrazie chehanno nei secoli colpito in nostro Paese c’è stata anche quella della monarchia sabauda piemontese.