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Numero monotematico sulla cooperazione internazionale · Gino Strada nasce a Milano dove consegue...

Date post: 30-Jan-2020
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Numero monotematico sulla cooperazione internazionale EDITORIALE Franco Gervasoni L’OSPITE Gino Strada LABORATORIO DI RICERCA Irene Guarneri Enrica Massardi Sergio Piasentin Lucia M. Bernhard Claudio Valsangiacomo SPAZIO THESIS Anna Piccaluga-Piatti Segnalazioni Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana Dipartimento sanità Rivista semestrale dell’Unità di ricerca del Dipartimento sanità della SUPSI ANNO 2 · SETTEMBRE 2010 SH 02
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Numero monotematico sulla cooperazione internazionale

EDITORIALEFranco Gervasoni

L’OSPITEGino Strada

LABORATORIO DI RICERCAIrene GuarneriEnrica Massardi Sergio Piasentin Lucia M. Bernhard Claudio Valsangiacomo

SPAZIO THESISAnna Piccaluga-Piatti

Segnalazioni

Scuola universitaria professionale della Svizzera italianaDipartimento sanità

Rivista semestrale dell’Unità di ricerca del Dipartimento sanità della SUPSI

ANNO 2 · settembre 2010

SH 02

Ricerca applicata e formazione in cammino fra territorialità e internazionalità

L’apertura internazionale costituisce uno degli obiettivi strategici della SUPSI per i prossimi 5 anni. Si tratta di un tassello importante nel processo di accademizzazione e di differenziazione da altre istituzioni formative di livello terziario.

Mantenendo saldo il legame con il nostro territorio di riferimento è per noi fondamentale coltivare anche questa dimensione e le linee di azione concrete ad essa associate, declinate coerentemente per ogni settore di attività. La mobilità accademica di docenti e studenti, la partecipazione a progetti internazionali, lo sviluppo di percorsi formativi con università straniere, il trasferimento dei nostri saperi pratici in altre regioni del mondo, sono alcuni fra i processi più significativi che devono accompagnare il nostro sviluppo futuro, sullo slancio di quanto già realizzato, in particolare negli ultimi 4-5 anni.Nei primi anni dalla nostra costituzione - ricordo che era il 1997 - avevamo prevalentemente pensato un nostro ruolo attivo nella comunità scientifica internazionale con la funzione di antenna per il trasferimento su scala locale del progresso scientifico globale. Progressivamente, ampliando il nostro portafoglio di competenze, ci siamo incamminati su due percorsi complementari che ci hanno permesso di acquisire sempre più reputazione e autorevolezza in un paesaggio accademico connotato da crescente complessità e concorrenzialità.Il primo percorso è stato quello della condivisione di attività formative e di ricerca con altri partner universitari questo ha condotto verso numerosi progetti su scala nazionale e internazionale con la partecipazione stabile a solide reti di collaborazione.Il secondo si è indirizzato verso l’applicazione contestualizzata in altri luoghi di conoscenze e competenze maturate in Ticino. I progetti di cooperazione e di sostegno allo sviluppo ne sono una significativa parte, in molteplici ambiti disciplinari quali la sostenibilità ambientale, la costruzione postcatastrofe, la tecnologia, la conservazione e restauro dei beni culturali, i settori sociale e sanitario. Ci hanno portato in tutto il mondo, dall’India ad Haiti, dal Nepal al Sudamerica, dalla Cina alle Isole Caraibiche.Consideriamo il sostegno allo sviluppo un dovere e una grande opportunità per le SUP, per la propria natura pragmatica e per la sensibilità di agire con un approccio locale a beneficio delle donne e degli uomini che vivono in uno specifico contesto.Riteniamo inoltre il costante confronto con altre realtà assolutamente imprescindibile per ognuno di noi e in particolare per le nostre studentesse e per i nostri studenti, per la maggior parte nati e cresciuti in Ticino. Le ricadute per coloro che vivono queste esperienze sono immediate. Didattica e ricerca ne sono profondamente arricchite e nel tempo ne beneficia tutto il contesto professionale di riferimento e la collettività più in generale.Il Dipartimento sanità della SUPSI, a quattro anni dalla sua costituzione, si sta muovendo con grande determinazione e qualità anche su questo fronte, cosciente dell’importanza di considerare la salute, come leggeremo più avanti nella rivista, quale valore e diritto universale.Le testimonianze dirette di esperti, docenti, ricercatrici, ricercatori, studentesse e studenti che hanno avuto la fortuna di vivere esperienze di apertura internazionale che animano il numero 2 di SH sono la più autentica conferma che ci motiva a proseguire il nostro cammino in questa direzione.

Franco GervasoniDirettore SUPSI

editoriale

Dipartimento sanità (DSAN)Galleria 2CH - 6928 Manno

RealizzazioneUnità di ricerca del DSAN

Hanno collaboratoL. M. BernhardA. CavicchioliF. GervasoniI. GuarneriE. Massardi

S. PiasentinA. Piccaluga-PiattiR. CrivelliC. Valsangiacomo

EDITORIALE .......................................................................................................2

L'OSPITELa nostra idea di pace .............................................................................. 4

LABORATORIO DI RICERCALe diverse declinazioni della cooperazione al Dipartimento sanità ......................................... 6

Stage e tesi di Bachelor in ambito di cooperazione internazionale: l’esperienza di una studentessa neo-laureata in fisioterapia .............................................................. 10

L’importanza dell’acqua nello sviluppo e nella cooperazione ................................................................................14

SPAZIO THESIS ..............................................................................................18

SEGNALAZIONI ............................................................................................19

sommario

l'ospiteLa nostra idea di pace

Gino StradaFondatore dell'ONG italiana Emergency

Emergency è un’ONG (Organizzazione Non Governativa) che si occupa prevalentemente di sostegno e cura alle vittime civili delle guerre, delle mine antiuomo e della povertà.Dal 1994 alla fine del 2009, Emergency ha curato 3.663.738

persone in quindici diversi paesi. In che cosa consiste il “modello Emergency”, come si differenzia il nostro approccio da quello di altre organizzazioni umanitarie? L’agire di Emergency è orientato su alcuni cardini fondamentali:La gratuità delle cure. Nei contesti in cui opera Emergency, afflitti da guerra e povertà endemica, la gratuità delle cure è l’unico modo per garantire l’equità nell’accesso alle strutture sanitarie. A fronte di strutture sanitarie pubbliche in cui si deve pagare per tutto - dalla visita al filo di sutura, dal cibo all’intervento chirurgico - Emergency fornisce cure completamente gratuite, assicurando anche ai più poveri il diritto alla cura. La neutralità dell’intervento. Tutte le strutture sanitarie di Emergency sono aperte a chiunque ne abbia bisogno, senza distinzione di razza, religione, sesso, opinioni politiche. La maggior parte dei pazienti ricoverati sono civili, ma naturalmente capita anche di ammettere combattenti, di uno schieramento o dell’altro. Nello scorso aprile, con l’assurdo arresto di tre collaboratori di Emergency in Afghanistan - poi rilasciati con tante scuse perché “completamente innocenti” - sui mezzi di comunicazione italiani si è aperto una sorta di dibattito sull’opportunità o meno di curare proprio tutti i feriti. Qualcuno ha accusato Emergency di avere curato combattenti talebani. Nei nostri ospedali in Afghanistan, almeno il 40% dei ricoverati ha meno di 14 anni (possiamo quindi escludere che siano talebani), il 20% sono donne (molto difficilmente sono combattenti), altri sono anziani o mutilati. Quindi i combattenti, di tutte le fazioni, sono una parte marginale dei nostri pazienti. Ma se la domanda specifica è “voi avete curato anche i talebani?”, allora la risposta non può che essere “Sì, è possibile: sicuramente avremo curato dei talebani”. Se togliamo i bambini e le donne, i mutilati e quelli che arrivano indossando la divisa dell’esercito afghano - che quindi sono ben riconoscibili come soldati - agli altri maschi adulti che arrivano sforacchiati da una pallottola in abiti civili, noi non chiediamo “ma tu da che parte stai ?”. Li curiamo e basta. Fare altrimenti non sarebbe possibile: sarebbe un tradimento del nostro dovere di curanti, delle convenzioni internazionali, del giuramento di Ippocrate, della civiltà. E sarebbe una grave violazione del principio di neutralità cui deve essere improntato ogni intervento in un contesto di guerra. Seguire questi principi ci ha consentito, in questi anni, di assistere bene e gratis milioni di persone che altrimenti non avrebbero avuto possibilità di essere curate: è la nostra idea di pace. La continuità: Emergency non effettua missioni “mordi e fuggi”, ma costruisce e gestisce strutture sanitarie pensate per durare nel tempo, che rimarranno alle autorità sanitarie locali anche quando Emergency avrà finito il suo intervento. A questo scopo, naturalmente, diventa fondamentale la formazione del personale locale, fino al raggiungimento della completa autonomia clinica.

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La qualità delle cure: Emergency si impegna a portare il massimo livello di cura e tecnologia possibile nei diversi contesti in cui opera, con un positivo effetto cascata anche sui sistemi sanitari locali (attraverso l’introduzione, ad esempio, di nuovi protocolli clinici, alta formazione dello staff locale, addestramento all’uso di nuove tecnologie..). Naturalmente, tutto va adattato allo specifico contesto: la tecnologia che si può portare nel Centro chirurgico di Kabul sarà diversa da quella che si può utilizzare nel Posto di primo soccorso di Anjuman, a 4.200 metri di altezza. L’eccellenza delle cure, oltre che un’ovvia ragione clinica, ha anche un forte significato culturale: perché il diritto alla salute sia davvero universale, e non privilegio di pochi, i progressi della scienza e della tecnologia medica devono essere messi a disposizione di tutti. Per quale motivo un bambino cardiopatico che nasce a Freetown, o a Khartoum, può sperare di essere curato solo per malaria e diarrea, quando avrebbe invece bisogno di un intervento di chirurgia cardiaca? La risposta, ovviamente, è che un motivo non c’è. E nell’ambito del Programma di Emergency in Sudan, ad esempio, facciamo entrambe le cose: curiamo la malaria, la diarrea, le otiti e tutte le altre classiche patologie dei paesi poveri nei Centri pediatrici che abbiamo costruito presso il campo profughi di Mayo e a Nyala, nel sud Darfur, ma curiamo anche le patologie cardiache nel Centro Salam di Cardiochirurgia di Khartoum: un centro di eccellenza in mezzo al deserto che ha tassi di mortalità in linea con i migliori centri di cardiochirurgia del mondo occidentale. I team presenti nelle varie strutture ospedaliere, sono composti da operatori sanitari (anestesisti, chirurghi, ortopedici, fisioterapisti, infermieri, farmacisti, ginecologi, pediatri), logisti e tecnici. Nell’ottica di uno standard qualitativo delle cure e della continuità della formazione professionale in loco, Emergency recluta costantemente professionisti della salute provenienti da tutto il mondo e da tutte le culture. Gli ospedali di Emergency sono luogo di crescita e di confronto in cui il proprio bagaglio professionale viene messo a disposizione dell’altro e contemporaneamente arricchito.

Gino Strada nasce a Milano dove consegue la laurea in medici-na presso l’Università Statale e successivamente si specializza in chirurgia d’urgenza. Come professionista pratica nel campo del trapianto di cuore fino al 1988, poi Gino Strada indirizza i propri interessi verso la chirurgia traumatologica e la cura delle vittime di guerra. Negli anni tra il 1989 e il 1994 lavora con il Comitato Internazionale della Croce Rossa in varie zone di conflitto: si sposta continuamente tra Pakistan, Etiopia, Perù, Afghanistan, Somalia e Bosnia-Erzegovina. Questa esperienza sul campo as-sieme alla sensibilità personale alimentano la motivazione, con un gruppo di colleghi, per fondare nel 1994 Emergency, Life Sup-port for Civilian War Victims, un’organizzazione internazionale, senza discriminazione politica, ideologica o religiosa. L’obiettivo dell’organizzazione è fornire assistenza alle vittime civili dei conflitti, menomate da ordigni bellici come le mine antiuomo, ma anche dalla malnutrizione e da mancanza di cure mediche, addestrare personale locale a far fronte alle necessità mediche, chirurgiche e riabilitative più urgenti e diffondere una cultura della pace. Tra i libri pubblicati “Pappagalli verdi: cronache di un chirurgo di guerra” (1999), “Buskashì. Viaggio dentro la guerra” (2002), “La guerra giusta” (2005, con Howard Zinn).

Fotografia in copertina di Lucia M.Bernhard

Le diverse declinazioni della cooperazione al Dipartimento sanità.The Various Facets of Cooperation within the Department of Health Sciences.

Irene Guarneri, Enrica Massardi e Sergio Piasentin. Abstract The Department of Health Sciences (DSAN), in line with federal mandate and SUPSI philosophy, provides and maintains the experience of international cooperation by supporting the Erasmus program, providing the possibility of carrying out one of the internships of the curriculum at an institution abroad. Since its first year, the department has put into effect the module of International Cooperation for all students interested in exploring issues related to the experience of travel which every process of cooperation symbolizes, especially when one’s frame of reference, in “other” contexts of training or clinical practice, is only one among the possibilities, and knowledge, premise systems or presumed competences require critical review. In 2008 the Mobility Service, available to students wishing to join a project of theoretical or practical clinical internship abroad, was activated.

IntroduzioneLa parola università deriva, come è noto, dalla parola universus, ed ha insiti i concetti di universalità del sapere e di collettività di apprendimento.L’università, intesa come istituzione accademica con fini didattici e scientifici che "consuma" e produce sapere, ricerca, tecnologia e professionalità, non poteva non approdare alla promozione dello scambio tra organizzazioni accademiche ed enti professionali di diversi paesi, di docenti, ricercatori e studenti per lo sviluppo del sapere su scala internazionale.In questo panorama si inscrivono le iniziative della SUPSI volte a favorire l’implementazione di progetti di internazionalizzazione della formazione e la conseguente mobilità. Anche il Dipartimento sanità (DSAN) fin dalla sua costituzione e dalla fase di concettualizzazione dei programmi didattici aveva recepito, insieme a tutte le altre indicazioni dettate dal mandato federale, la raccomandazione di provvedere alla realizzazione di questo particolare aspetto della formazione. E questo è stato uno degli elementi caldeggiati dalla commissione incaricata di procedere all’accreditamento dei Corsi di Laurea (CdL) del DSAN conseguito nel 2009.Al di là di quanto previsto dal programma ERASMUS, per il DSAN si sono aperti interessanti scenari di mobilità concernenti contatti e scambi tra organizzazioni, istituzioni e progetti di cooperazione allo sviluppo, nella prospettiva di un rafforzamento della collaborazione nella dimensione internazionale della formazione.Il dipartimento condivide la convinzione che si debba sostenere negli studenti la consapevolezza di appartenere ad una “comunità più grande” e che si possano alimentare

Irene Guarneri ha conseguito la Laurea in Terapia Occupazionale (Ergoterapia) dopo essersi formata come Fisioterapista. Dopo un'esperienza ultraventennale come professionista e tutor per gli studenti delle scuole di formazione per fisioterapisti e terapisti occupazionali in Italia, da tre anni collabora con il DSAN in qualità di docente. Ha svolto un periodo di volontariato di circa 4 anni nel nord del Brasile all’interno di programmi di Cooperazione allo sviluppo in ambito sanitario-educativo.Sergio Piasentin ha conseguito la laurea in Teologia e in Scienze infermieristiche. Ha promosso progetti di cooperazione internazionale, partecipando attivamente in Egitto, Nicaragua e Brasile. Dalla nascita del DSAN collabora in qualità di docente presso il CdL in Cure infermieristiche. è responsabile del modulo Cooperazione internazionale.Enrica Massardi infermiera dal 1989, dopo anni di attività soprattutto nell’area critica e in gestione, decide di partire per l'Afghanistan e successivamente per la Sierra Leone, condividendo l’esperienza di progetti di cooperazione e sviluppo rivolti alle vittime della guerra. Dal 2008 collabora con il DSAN come responsabile della mobilità.

laboratorio di ricerca

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le attitudini volte al conseguimento della libertà di ogni popolo da ogni schiavitù ovvero libertà dall’ignoranza, dalle malattie, dalle disabilità e da ogni sorta di dipendenza, proprio in quanto istituzione di formazione che opera nell’ambito della prevenzione, promozione ed educazione alla salute, cura e riabilitazione.I Corsi di Laurea del DSAN, promuovendo una visione sistemica della realtà, si occupano della salute fisica delle persone strettamente correlata a quella psichica e relazionale, in quanto elementi che contribuiscono alla salute del corpo sociale così come la salute di quest’ultimo è imprescindibile perché si realizzi il benessere fisico, psichico e relazionale delle persone. Pertinente pare, quindi, al di là delle rispettive specificità dei moduli di pratica clinica, l’apertura alla conoscenza del resto del mondo con la proposta del Modulo Cooperazione Internazionale accanto ad altri percorsi formativi trasversali ai tre CdL dell’area comune Alterità identità e ruolo professionale, società e salute, in un ideale viaggio da sé al sé dell’altro … agli altri … al diverso da sé … che invita chi intende intraprendere questo viaggio ad accogliere il mondo che viene da noi, ancor prima di affacciarsi o muoversi verso il mondo altrui.

Modulo cooperazione internazionaleCon il modulo ci si è proposti di:•Approfondire la consapevolezza delle nostrerappresentazioni ampliando progressivamente la conoscenza di "sistemi di premesse" a volte molto diversi dai nostri, facendo esperienza in prima persona di come la conoscenza possa abbattere molte diffidenze e possa vincere molte paure.•Crearelecondizioniperchéchiarrivadanoipossaesprimere quali fossero le sue rappresentazioni e le sue aspettative prima di partire, e quale la realtà trovata.•Contribuire all’integrazione del diverso e/o dellostraniero non solo tra noi ma in noi.•Ampliare la nostra capacità di comprendere,rendendo abbastanza elastico il nostro sé, tanto da poter contenere - tenere dentro ed insieme -anche punti di vista molto diversi dai nostri senza rinnegare questi ultimi, quanto piuttosto lasciandosi interrogare - e magari sorprendere -

dai quadri di riferimento degli altri. In una continua contaminazione che non può non stimolarci, arricchirci, essere feconda e produrre nuovi pensieri e, perché no, un pensiero nuovo.•Collaborare, con scelte consapevoli ecomportamenti responsabili, al perseguimento del benessere delle persone e della società, non necessariamente partendo per altri paesi ma anche e proprio lì dove le circostanze ci hanno posti o dove abbiamo deciso di spendere la nostra esistenza. Consci che anche il nostro piccolo tassello può contribuire alla completezza ed alla bellezza del mosaico.•Favorire in chi parte, così come in chi ‘resta’, laconsapevolezza che in noi oltre a sentimenti di gratuità e slanci di altruismo possono convivere voglia di fuga da una quotidianità deludente, spesso povera di idealità, e desiderio di avventura.•Vigilareperchépartirenonsiauncercarerispostea personali frustrazioni, correndo il rischio di agire col piglio di chi pensa: “adesso vi faccio vedere io come si fa” in una sorta di "neo-colonialismo" culturale.

La domanda che introduce gli studenti al modulo e li accompagna lungo tutto il percorso è infatti la seguente: quali conoscenze, condizioni, attitudini, abilità ritieni necessarie per poter incontrare e “cooperare” con l’altro? Quali ritieni di possedere già e quali invece devi sviluppare?Durante l’ultimo incontro ogni studente, in una sorta di viaggio a ritroso attraverso i singoli momenti formativi, redige un elaborato di autovalutazione proprio in risposta a tale domanda. In questi primi anni il modulo è stato composto da due blocchi distinti: un ciclo di serate autunnali nelle quali si focalizza l’attenzione su una tematica (vedi immagine locandina). Nella prima edizione del 2008 ci si è centrati sul concetto di cooperazione internazionale osservata nella duplice prospettiva: sincronica, dal macro delle organizzazioni mondali al micro delle ONG ticinesi, e diacronica, dallo sguardo alla storia e ai miti passati fino alle sfide future che lo scenario presente ci lascia ipotizzare.L’edizione 2009 ha posto l’attenzione sulla sostenibilità e i molteplici punti di vista con cui è possibile osservarla. Alle serate seguono

due giornate di formazione che prevedono incontri con persone di diversa nazionalità e appartenenza. Scopo degli incontri è affinare la nostra sensibilità verso le rappresentazioni dell’altro. Non solo noi che ci immaginiamo l’incontro con l’altro lontano, ma noi stessi come i diversi visti dagli altri che vivono alle nostre latitudini, in un gioco infinito di specchi che restituiscono immagini di volta in volta distorte e sempre vere. La visione di filmati, di immagini, la partecipazione ad esposizioni su molteplici temi, ad esempio il tema dell’alimentazione nel mondo, arricchiscono l’offerta di contenuti volti a sviluppare un pensiero critico innanzitutto sul proprio modo di ragionare.I primi studenti di ritorno dai luoghi di stage all’estero ci hanno infatti confermato nei loro racconti quanto sia facile, se non si è costante-mente vigili e autocritici, scivolare nel ruolo in-gannevole e dannoso ma immediatamente gra-tificante dell’esperto europeo che aiuta. è comune a molti infatti pensare che cooperare equivalga ad “aiutare”.

Illuminanti a questo proposito le parole del teologo brasiliano Leonardo Boff “Se venite qui non è per fondare un movimento, ma per incorporarsi in qualche cosa che è già in corso. Si tratta di un atteggiamento di pace. Se venite per aiutare è meglio che non veniate. Lo fareste, bene o male, sempre secondo le vostre concezioni. Se venite per integrarvi, rafforzare le lotte, allora siete i benvenuti. Questa disposizione a veni-re come colui che impara è fondamentale. Essa permette un altro tipo di scambio di conoscenze e di culture a van-taggio di una visione più globale dell’esperienza di vita.” 1

laboratorio di ricerca

www.dsan.supsi.ch

Il Dipartimento Sanità della Supsi, all’interno del modulo didattico “Cooperazione internazionale” presenta un ciclo di serate a tema composte dalla visione di un film cui seguiranno riflessioni, discussioni e proposte di cambiamento con la partecipazione di ospiti particolarmente significativi. Il filo conduttore è rappresentato dal confronto tra il nostro stile di vita e quello di altri mondi alla luce del concetto di sostenibilità. Ci lasceremo guidare dalla curiosità di conoscere, ascoltare, osservare. Ascolteremo dalla voce di un testimone la ricchezza e la sapienza di “altre medicine” quali l’Ayurveda, sapere millenario sulla vita, la malattia e la cura. Esploreremo il tema attuale dell’acqua come bene e come diritto, alle nostre latitudini risorsa indiscussa, necessaria e quotidiana.Volgendo lo sguardo altrove osserviamo invece che la scarsità o l’inaccessibilità all’acqua limitano pesantemente la qualità di vita di milioni di uomini.Saremo provocati da nuovi sguardi a sfide antiche: l’accoglienza di chi lascia il proprio paese in guerra, la scommessa di ruoli creativi e nuovi spazi di cura a beneficio di chi in quello stesso paese è rimasto pagando prezzi altissimi.

Calendario SerateMEDICINA E CURE SOSTENIBILIfilm Ayurveda. Arte di vivere, arte di guarire (Pan Nalin, India/Svizzera/Germania 2001)partecipa Ludovico Guarneri, autore del libro La cosa più stupefacente al mondo. Avventure di un malato esperto

SOSTENIBILITÀ DEL DIRITTODI VIVERE IN PACEfilm Cose di questo mondo (Michael Winterbottom, Gran Bretagna 2003)partecipa fra Martino Dotta, SOS Ticino, Soccorso Operaio Svizzero

AMBIENTE E SOSTENIBILITÀfilm FLOW For Love Of Water (Irena Salina, Usa 2008) partecipa Isabella Medici, Helvetas - Associazione svizzera per la cooperazione internazionale.

COOPERAZIONE SOSTENIBILEPROBLEMI ANTICHI, RISPOSTE NUOVEfilm Clown in Kabul (Enzo Balestrieri, Stefano Moser, Italia 2002) partecipa Ginevra Sanguigno, attrice, ballerina,mimo, clown, collaboratrice di Patch Adams,autrice del libro Il corpo che ride

11 / 11 / '09 17.00 - 20.00

18 / 11 / '0917.00 - 20.00

25 / 11 / '0917.00 - 20.00

9 / 12 / '0917.00 - 20.00

Cooperazione Internazionale

Sguardi dell’altro mondo.

SUPSI · Dipartimento Sanità · Galleria 2 · CH-6928 Mannowww.dsan.supsi.ch · tel. +41 (0)58 666 64 00 · per info: [email protected]

Fotografie gentilmente concesse da Equinotio.com elisa&leonardo modena-conte bellinzona-switzerland

Cena "sostenibile"A conclusione dell’ultima edizione del modulo gli studenti che vi hanno preso parte, in sostituzione della tradizionale cena natalizia del dipartimento, sono stati invitati a preparare una cena multietnica aperta a tutti. Molti degli studenti hanno potuto attingere alle tradizioni famigliari; diversi di loro sono Ticinesi ma di famiglie, a loro tempo, immigrate o sono essi stessi provenienti da diverse parti del mondo. Le pietanze e le bevande sono state preparate in sintonia con la sensibilizzazione promossa durante il modulo in particolare sul tema dell’ecologia e dell’emergenza idrica, all’insegna della “sobrietà felice”. Ai partecipanti alla cena si è chiesto un libero contributo finalizzato a sostenere il progetto Azione Fraternità con l’Africa promosso dalla ONGs Azione per un Mondo Unito (www.amu-it.eu). L’idea è stata accolta e portata avanti con particolare entusiasmo perché il progetto sostiene, con borse di studio, studenti dell’Africa Subsahariana. Da sottolineare, nell’ottica della Cooperazione allo Sviluppo, che i neo-laureati aiutati si impegnano ad esercitare la professione acquisita per almeno cinque anni nel proprio paese.

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Il servizio mobilità al DSAN Attivato nel 2008 inizialmente per gli studenti. In futuro sarà incrementata l’offerta orientata anche a docenti e ricercatori.Nello specifico del programma Erasmus si sono presi i contatti e raggiunti poi gli accordi bilaterali per favorire gli scambi legati ai differenti CdL con altre università europee. Nel campo della cooperazione allo sviluppo si è iniziato a conoscere diverse realtà di ONG sia a livello del nostro territorio ticinese, che nella vicina Insubria, per approdare poi ad una collaborazione significativa, nel rispetto dei valori delle "mission" delle associazioni, ma anche dei criteri che il DSAN

ritiene indispensabili per offrire un luogo di stage di qualità. All’interno dei CdL è garantito e auspicato lo svolgimento di almeno uno stage fuori Ticino, della durata minima di 3 mesi, nel quinto semestre, con le finalità di:•consentireaglistudentidieffettuareesperienzeformative presso Università partner o di pratica clinica all’estero in ambito socio-sanitario;•svilupparecompetenze relazionali,professionalie tecniche applicandole in contesti connotati da elevata interculturalità;•apprendere dalla condivisione e scambio cheva oltre lo specifico professionale, attingendo dal vissuto quotidiano a sostegno della reciprocità.

1 Citato nel sito dell’ong nostra partner AMCA: http://www.amca.ch/volontari.html (25 agosto 2010)

ERASMUS

Accordi attualiUniversità degli studi di Pavia-ItaliaUniversità degli studi di Padova-ItaliaEscola Superior Saùde Ribeiro Sanches-PortogalloFH Campus Wien-Austria.Daugavpils University-Lettonia.

Studenti partiti1 CdL Cure Infermieristiche-Portogallo-AA 09/10

Studenti accolti1 CdL Fisioterapia-Lettonia-AA 09/10

Studenti in arrivo1 CdL Fisioterapia-Italia-AA 10/11

STAGE MOBILITà

Accordi attualiOakhaven Hospice-Inghilterra

Studenti in partenza1 CdL Cure Infermieristiche-AA 10/11

ONG

Collaborazioni avviate"DEDOME" Amici di don Franck (www.dedome.org)Progetti educativi e sanitari. Togo.

AMCA Associazione di aiuto medico al Centro America (www.amca.ch)Progetti sociosanitari. Nicaragua, San Salvador, Guatemala, Chiapas e Cuba.

OVCI Organismo di Volontariato per la Cooperazione Internazionale la Nostra Famiglia (www.ovci.org)Progetti di riabilitazione e formazione.Ecuador, Brasile, Sudan, Cina, Palestina, Marocco.

MISSIONE POSSIBILE (www.missionepossibile.com) Progetti umanitari educativi e sociosanitari.Haiti, Myanmar, Laos e Cambogia.

Studenti partitiAA08/09 2 CdL Cure Infermieristiche-Dedomè-TogoAA09//102 CdL Cure Infermieristiche-AMCA-Nicaragua1 CdL Ergoterapia-AMCA-Nicaragua1 CdL Fisioterapia-OVCI-Ecuador

Studenti in partenzaAA10/113 CdL Cure Infermieristiche-AMCA-Nicaragua2 CdL Cure Infermieristiche-Dedomè-Togo2 CdL Cure Infermieristiche-Missione Possibile-Cambogia1 CdL Fisioterapia-OVCI-Ecuador 1 CdL Ergoterapia-OVCI-Marocco

Stage e tesi di Bachelor in ambito di cooperazione internazionale: l’esperienza di una studentessa neo-laureata in fisioterapia. Internships and Bachelor's Thesis in the Field of International Cooperation: The Experience of a Newly-Graduated Student in Physical Therapy

Lucia M. Bernhard

Abstract In the caring professions, it is of vital importance to be able to ensure attitudes and skills/specific professional techniques which include an understanding of man, while at the same time going be-yond the pathology, and considering the human being in his global individuality and environment. The possibility of carrying out a formative internship in the sphere of international cooperation has facilitated the acquisition of knowledge, as well as allowing the taking of an important step towards the development of a professional role. Alongside reflections, personal interests and attitudes are accrued towards a broader understanding of physical disability, its consequences and its significance in an environment of the southern hemisphere of the world. Knowledge and developed skills have been acquired in the pediatric area in order to promote an assumption of rehabilitation which takes into account important cultural differences, available resources, and economic, social and family hardships.

IntroduzioneLa scelta di effettuare lo stage del quinto semestre nell’ambito della Cooperazione Internazionale nasce dall’opportunità offerta dal Dipartimento sanità della SUPSI agli studenti interessati ad un’esperienza formativa all’estero.A tale scelta si accompagna un impulso motivazionale personale alimentato da diversi fattori che insieme hanno contribuito a voler fare questa esperienza. Ad accrescere l’interesse verso tale opportunità, è stato prima di tutto il desiderio di conoscere e vivere in prima persona in contesti e situazioni che mettono alla prova se stessi, le proprie abitudini e le capacità personali e professionali. In secondo luogo c’era il volere di incontrare l’uomo nella sua diversità, di vedere e toccare con mano i bisogni di persone immerse in realtà che si allontanano da quelle che accompagnano noi ogni giorno.Se tali riflessioni, miste a impulsi a cui non sempre si riesce ad attribuire un significato, possono essere nate dalla semplice idea di viaggio, si sono successivamente convertite in qualcosa di legato alla propria identità professionale, alla relazione e alla funzione di aiuto che questa ricopre. Si tratta, in fondo, di conoscere l’uomo. C’è stato probabilmente il desiderio di farlo sotto un altro punto di vista rispetto a ciò che si è appreso attraverso la formazione ed insieme a ciò la voglia di sapere in che modo e con quali attitudini la professione possa essere messa in pratica e contribuire al miglioramento delle condizioni sociali e di salute delle popolazioni in paesi del sud del mondo.

Lucia M. Bernhard dopo il conseguimento della maturità liceale e due anni di formazione in agronomia presso l’Università degli studi di Perugia, si è iscritta al corso di laurea in fisioterapia (2007) presso la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana. Ad agosto 2010 ha concluso la formazione con il conseguimento del Bachelor of Science SUPSI in fisioterapia.

laboratorio di ricerca

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Aspettative ed esperienza realeDi fronte all’ignoto la mente immagina, si sviluppano pensieri, nascono domande. Di fronte a qualcosa da scoprire si creano aspettative. Legate ad una prima esperienza in un paese del sud del mondo esse si aggrovigliano attorno a diversi aspetti che, dapprima difficilmente distinguibili, si uniformano attorno alle informazioni che si riescono a raccogliere e si completano con l’immaginazione.Dopo un incontro informativo ed un colloquio con la responsabile del Servizio Risorse Umane di OVCI (Organizzazione di Volontariato per la Cooperazione Internazionale), disponibile ad accogliere studenti in formazione, si sono raccolte le prime informazioni riguardo ai valori, alle attività, ai progetti dell’organizzazione in Italia e nel mondo.Ad Esmeraldas (Ecuador), dove si è realizzata l’esperienza, OVCI è attiva dal 1994 e lavora per migliorare la vita dei bambini e giovani disabili sviluppando attività di sensibilizzazione e sostegno nei quartieri più disagiati della provincia. Ciò avviene in collaborazione con la Scuola di educazione speciale Juan Pablo II e il Centro di Riabilitazione “La Nuestra Familia” (LNF) presso il quale si è effettuato lo stage.Alla ricerca di altre informazioni relative al contesto allargato (la città e l’omonima provincia di Esmeraldas) le poche ma rilevanti suggestioni ricavate prima di partire descrivono: “La città fondata nel 1526 è diventata ben presto la capitale della provincia verde dell’Ecuador che produce banane, cacao, caffè, tabacco, olio di palma e numerosi frutti tropicali. Esmeraldas non offre niente di particolarmente interessante e rappresenta di fatto un’occasione mancata ... è sorta unicamente una raffineria e ci si ritrova solo con un porto in perdita e malaria dappertutto. L’umidità imbeve i corpi e i tristi tropici trasudano noia. La costa di Las Palmas è ridotta a una discarica. Durante il giorno l’atmosfera è fantastica. La popolazione locale è molto ospitale e comunicativa e di maggioranza nera. Gli scippi e le aggressioni sono all’ordine del giorno”. 1

Le paure e i dubbi iniziali erano legati prevalente-mente all’inserimento in un ambiente lavorativo nuovo attraverso una prima esperienza in un ambito,

quello pediatrico, non ancora conosciuto. Altre perplessità erano connesse alla lingua straniera e all’effettiva acquisizione di conoscenze, nonché all’accompagnamento pedagogico. Tutto ciò ha contribuito a creare l’immagine di una realtà che sarebbe rimasta lontana dalla quotidianità e che avrebbe potuto rendere piuttosto difficoltoso l’adattamento e l’inserimento nel contesto.Le aspettative si sono poi confrontate con la realtà: Il Centro Riabilitativo LNF, moderno e ben attrezzato, si occupa del trattamento di più di duecento bambini affetti da patologie neurologiche e ortopediche, di età compresa tra i pochi mesi ed i sedici anni. LNF offre servizi di fisioterapia, terapia occupazionale, logopedia, psicomotricità, assistenza sociale e visite mediche settimanali (da parte di un pediatra) e mensili (da parte di un oculista e un neurologo). Un’ottima collaborazione personale e professionale si è ben presto instaurata con le tre fisioterapiste ecuadoriane con le quali si è lavorato a stretto contatto fin dall’inizio, favorendo un rapido inserimento nell’organizzazione giornaliera del team e nell’acquisizione dell’autonomia nei trattamenti riabilitativi. Ciò che rimane uno degli aspetti più rilevanti e caratterizzanti dell’esperienza è l’essersi confrontati e immersi in una cultura che si discosta per diversi aspetti da quella conosciuta. I concetti di educazione e di crescita del bambino sono molto diversi dal “nostro” come è diverso il concetto di vita: le attenzioni dei famigliari (spesso madri molto giovani con più figli non di rado senza marito) verso i figli, anche se non disabili, sono limitate. L’attività

1 Le Routard. 2007. Ecuador e Galapagos. Edizione Hachette Livre. Milano: Touring editore srl.

terapeutica si è dunque accompagnata ad una educazione al genitore rispetto all’importanza della riabilitazione domiciliare quotidiana dei bambini, dell’alimentazione, dell’istruzione e della salute. Si è anche presentata l’occasione di condurre un momento di formazione, rivolto a promotori della salute che operano nelle zone rurali della provincia, sul tema della presa a carico della disabilità motoria in contesti di vita quotidiana.

Progetto lavoro di tesiIn relazione alla possibilità di indagine e di approfondimenti tematici che tale esperienza offriva, si è sviluppata la seguente tesi di Bachelor: “Studio retrospettivo sull’efficacia della presa a carico riabilitativa in soggetti affetti da piede torto congenito. Indagine svolta presso il centro “La Nuestra Familia” di Esmeraldas (Ecuador)”.Il tema analizzato è il risultato di un percorso iniziato da una riflessione rispetto alle possibilità di approfondimento di diversi ambiti in un contesto del sud del mondo. L’iniziale conoscenza deficitaria della realtà in cui si andava a operare ha portato a dover raccogliere informazioni più approfondite che potessero aiutare ad indirizzare gli interessi personali verso un reale oggetto di studio. L’obiettivo di rispondere a necessità ed interessi personali attraverso il lavoro di tesi ha voluto affiancarsi all’intento di poter rispondere ai bisogni del Centro de Rehabilitación “La Nuestra Familia”, approfondendo ed analizzando una patologia molto frequente in tale contesto: il piede torto congenito (PTC).Il PTC è una tra le più frequenti malformazioni del sistema muscoloscheletrico che porta a disabilità

motoria 2. Tale patologia, che si ac-compagna a un notevole interesse riabilitativo, è la seconda più frequente presso il Centro, dopo l’ampia varietà di esiti di paralisi cerebrale infantile, e la prima di interesse ortopedico.

L’approfondimento della patologia esaminata sia dal punto di vista anatomo-patologico, sia dal punto di vista riabilitativo e chirurgico, messa in relazione agli aspetti culturali, al contesto e alle risorse, ha permesso di poter individuare parametri di valutazione pertinenti, efficaci e che fornissero valide informazioni al fine di poter effettuare uno studio di follow up dei soggetti che hanno ricevuto untrattamentochirurgicoe/oriabilitativoalCentroLa Nuestra Familia. La considerazione della specificità del contesto è un elemento che ha caratterizzato lo studio sia sul piano metodologico sia per quanto concerne l’identificazione degli strumenti di misura e degli outcome utilizzati per il follow-up. I parametri identificati e utilizzati sono stati: - impronta della pianta del piede - foto e video - intervista sottoposta al caregiver.La raccolta dei dati è stata completata presso il Centro LNF ed in alcuni casi a domicilio. La scelta di recarsi a domicilio nasce da reali difficoltà, di carattere prevalentemente economico, di alcune famiglie nel dover affrontare le spese di trasporto per raggiungere il Centro. Ciò ha altresì permesso di avere un adeguato numero di soggetti ai fini dello studio. Vedere e conoscere in prima persona le condizioni abitative, l’ambiente familiare e sociale ed in parte i problemi reali legati al soddisfacimento di bisogni quotidiani, ha reso possibile una più adeguata analisi del contesto e contribuito ad una più reale ed accurata interpretazione dei risultati. L’intento dello studio è anche stato quello di voler fornire uno strumento valutativo utilizzabile in futuro nello specifico contesto e riportare le riflessioni e le considerazioni che hanno contribuito alla realizzazione dello stesso.

Formazione personaleL’inserimento nelle attività specifiche del Centro e in un nuovo ambiente socio culturale ha favorito la crescita di capacità organizzative, relazionali e professionali inizialmente inaspettate.

laboratorio di ricerca

2 Penny, J. Norgrove. 2005. The Neglected Clubfoot. Techiniques in Orthopaedics (Philadelphia) 20 (2): 153-166.

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è stato interessante conoscere il funzionamen-to di un’organizzazione non governativa, ricono-scendone e condividendone i valori, sentirsi par-te di un progetto di cooperazione internazionale comprendendone gli obiettivi, la realizzazione ed il funzionamento.La collaborazione con un progetto di Riabilitazione su Base Comunitaria è riuscita a valorizzare e a meglio far comprendere il concetto di riabilitazione tale come esso si propone: una stategia che promuove le uguaglianze di opportunità, la riduzione della povertà e l’integrazione sociale delle persone con disabilità per migliorare le condizioni di vita delle persone nei “Paesi in Via di Sviluppo”.3

Da ciò è nato un serio e meditato interesse verso un coinvolgimento, attraverso l’attività professionale, in progetti di cooperazione internazionale. Questi sono impregnati di valori da riconoscere e trasmettere. Riescono a risvegliare una sensibilità umana che lascia in coloro che vi partecipano, un’impronta indelebile tale da consentire di superare i pregiudizi culturali che spesso albergano in ciascuno di noi. La costante attività riflessiva, l’accettazione di situazioni spesso problematiche, la difficoltà di poter attribuire senso a episodi e circostanze di vita reale con cui si è venuti a diretto contatto hanno quotidianamente fatto parte dell’esperienza. Quando l’esperienza induce un cambiamento, è stata vissuta.

Apprendimenti realizzati“Il vedere non è comunque sufficiente. Quando un professionista vede una nuova situazione come si-mile a qualche elemento del proprio repertorio, acquisisce un nuovo modo di vederla e una nuova possibilità di agire in essa, ma l’adeguatezza e l’utilità del suo nuovo punto di vista devono ancora essere scoperte durante l’azione. La riflessione nel corso dell’azione implica necessariamente l’esperimento”. 4

Ciò è riconducibile a qualsiasi esperienza che venga vissuta consapevolmente e che porta ad un appren-

dimento. L’esperienza dello stage presso il Centro Ri-abilitativo per bambini e ragazzi disabili “La Nuestra Familia” ad Esmeraldas, è riuscita a dare un contribu-to formativo importantissimo al fine di promuove-re una crescita personale e professionale ma anche umana in senso stretto.Gli apprendimenti realizzati in ambito pediatrico sono stati numerosi: trattamenti riabilitativi specifici per bambini con ritardi nello sviluppo psicomotorio (in particolare sindrome di Down, esiti di paralisi cerebrale infantile, spina bifida), stimolazione precoce, trattamenti pre e post operatori del piede torto congenito, applicazioni di gessi, somministrazione e adattamenti di ortesi specifiche per l’arto inferiore, tecniche di mobilizzazione, rinforzo, allungamento per problematiche neurologiche e ortopediche (artrogriposi, tibia vara, scoliosi ecc.).La partecipazione a diversi corsi organizzati settima-nalmente dal Centro ha inoltre permesso l’approfon-dimento di alcune tematiche quali l’educazione dei famigliari, l’autismo, la riabilitazione psicomotoria, la fisioterapia respiratoria in ambito pediatrico.Gli apprendimenti teorico-pratici in ambito fisiotera-pico si sono quindi accompagnati allo sviluppo di com-petenze professionali e personali, di abilità e attitudini necessarie a favorire l’inserimento in un contesto del sud del mondo, di lingua spagnola, in cui povertà, di-sagi, mancanza di risorse si mescolano ai sorrisi di una popolazione afroamericana di cui si apprezza la voglia di vivere e la semplicità che sempre l’accompagna.

3 ILO, UNESCO, WHO. 2004. Joint Position Paper. CBR: A Strategy for Rehabilitation, Equalization of Opportunities, Poverty Reduction and Social Inclusion of People with Disabilities.4 Schön, D. A. 1993. Il professionista riflessivo. Per una nuova epistemologia della pratica professionale. Bari: Edizioni Dedalo

Fotografie di Lucia M.Bernhard

Nato nel 1962, sposato con una figlia e un figlio, Biologo, laurea (1985) e dottorato (1990) presso ETH di Zurigo. Dopo un decennio di ricerca nei settori agrobiologico e biomedico è stato attivo in Ticino in seno al Dipartimento della sanità e della socialità. Dal 2007 è attivo presso la SUPSI come ricercatore senior, responsabile dell’Ufficio di coordinazione della KFH per lo sviluppo e la cooperazione e del Centro competenza radon. Collabora con il Dipartimento federale degli affari esteri e con agenzie dell’ONU come consulente in missioni umanitarie e di cooperazione allo sviluppo occupandosi di problematiche legate alla salute pubblica (acqua e prevenzione delle malattie infettive).

laboratorio di ricerca L’importanza dell’acqua nello sviluppo e nella cooperazione The Importance of Water in Development and Cooperation

Claudio Valsangiacomo

Abstract Water represents the very first emergency during most of humanitarian crises. Water is the source of life, but it is also the main carrier of infectious gastrointestinal diseases, which hold primacy among the causes of death worldwide: according to the World HealthOrganization, diarrhea is the leading cause of death among children. Access to safe water and sanitation are also part of the eight Millennium Development Goals set by the UN in the attempt to eradicate poverty. This essay draws from a recent humanitarian mission which took place during the floods in Pakistan on behalf of Swiss Humanitarian Aid, the operative branch of the Federal Department of Foreign Affairs.

L'acqua potabile in situazioni umanitarie“L’acqua è vita”, si tratta di un detto noto a tutti, si tratta di uno slogan che a furia di ripeterlo si è svuotato del suo profondo significato. Si tratta comunque di una sacrosanta verità, l’acqua sta alla base della vita del nostro pianeta. La mancanza d’acqua ha conseguenze catastrofiche sulla produzione di derrate alimentari, mentre l’eccesso di acqua provoca a volte catastrofi naturali non indifferenti. L’acqua è anche una derrata alimentare, senza dubbio la più importante, un essere umano deve consumare ogni giorno ca 3 litri di acqua per sopravvivere, la mancanza di questo bene prezioso porta alla morte in pochi giorni. L’acqua potabile purtroppo non è ancora alla portata di tutti, all’inizio del terzo millennio si calcolava che oltre un miliardo di persone non avessero accesso all’acqua potabile e che una porzione ancora più ampia della popolazione mondiale non avesse accesso ai servizi igienici. Questo porta ad una triste realtà: secondo l’Organizzazione mondiale per la sanità la prima causa di morte fra i bambini a livello mondiale è la diarrea. Una malattia banale che può essere combattuta nella maggior parte dei casi somministrando dell’acqua potabile, esente da contaminazioni fecali. Le diarree sono prevalentemente trasmesse per via feco-orale e l’acqua è il vettore principale. La contaminazione dell’acqua nei paesi in via di sviluppo è dovuta essenzialmente all’infiltrazione di materiale fecale proveniente da defecazione all’aperto nelle riserve di acqua potabile (pozzi, cisterne, sorgenti, reti di distribuzione idrica ecc.).

Analisi della torbidità dell'acqua in un campo di sfollati

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Disinfezione dell'acqua con il metodo SODIS: esposizione di bottiglie di PET per 6 ore al sole

Analisi microbiologica dell'acqua dopo 0-4 ore di esposizione al sole

Il diritto all'acqua risulta quale estensione del diritto alla vita affermato dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Esso riflette l'imprescindibilità di questa risorsa relativamente alla vita umana. "È ormai tempo di considerare l'accesso all'acqua potabile e ai servizi sanitari nel novero dei diritti umani, definito come il diritto uguale per tutti, senza discriminazioni, all'accesso ad una sufficiente quantità di acqua potabile per uso personale e domestico - per bere, lavarsi, lavare i vestiti, cucinare e pulire se stessi e la casa - allo scopo di migliorare la qualità della vita e la salute. Le Nazioni dovrebbero dare priorità all'uso personale e domestico dell'acqua al di sopra di ogni altro uso e dovrebbero fare i passi necessari per assicurare che questa quantità sufficiente di acqua sia di buona qualità, accessibile economicamente a tutti e che ciascuno la possa raccogliere ad una distanza ragionevole dalla propria casa.” (Ufficio dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, settembre 2007). Una recentissima risoluzione delle Nazioni Unite (29 Luglio 2010) dichiara per la prima volta nella storia il diritto all'acqua un diritto umano universale e fondamentale. (Sixty-fourth General Assembly Plenary 108th Meeting, 28 july 2010 General Assembly Adopts Resolution Recognizing Access to Clean Water, Sanitation). La Risoluzione sottolinea ripetutamente che l'acqua potabile e per uso igienico, oltre ad essere un diritto di ogni uomo, più degli altri diritti umani, concerne la dignità della persona, è essenziale al pieno godimento della vita ed è fondamentale per tutti gli altri diritti umani.Nel settembre del 2000, in occasione del Millennium Summit, le Nazioni Unite hanno ospitato nella sede di New York i leader di tutto il mondo. In questa occasione, tutti i paesi e le maggiori istituzioni per lo sviluppo hanno concordato una serie di obiettivi con traguardi ben definiti da raggiungere entro il 2015: gli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals). L’obiettivo numero 7 volto a garantire la sostenibilità ambientale prevede un punto volto a migliorare le condizioni relative all’acqua potabile e ai servizi igienici: “Punto 7.C Ridurre della metà, entro il 2015, la percentuale di popolazione senza un accesso sostenibile all'acqua potabile e agli impianti igienici di base”.

Nel 2008 una gravissima epidemia di colera con 100'000 casi e oltre 4'000 morti flagellò una nazione intera, lo Zimbabwe. L’epidemia scoppiò poco prima di Natale nella capitale Harare, le cui reti fognarie e di distribuzione dell’acqua potabile erano prive di manutenzione da decenni, si trattava di veri e propri “reti-colabrodo”. La diffusione fulminea della malattia fu promossa dall’infiltrazione di materiale fecale fognario nella rete di distribuzione di acqua potabile, non disinfettata a causa della mancanza di cloro. L’epidemia scoppiò in modo violento in ambiente urbano e fu poi esportata con i movimenti del periodo natalizio in tutto il paese, quindi pure nelle zone rurali. Solo nella primavera successiva l’epidemia fu arginata dalle autorità sanitarie locali con l’aiuto di organizzazioni umanitarie internazionali. Una realtà questa che non si scosta molto da quanto vivevamo nel nostro piccolo Ticino fino all’inizio del secolo scorso. Ricordiamo che le ultime epidemie di colera alle nostre latitudini furono registrate nella seconda metà dell’Ottocento, mentre l’ultima epidemia di tifo è segnalata a Coldrerio nel 1921. Le condizioni igieniche delle nostre economie domestiche migliorarono in modo significativo solo dopo la seconda guerra mondiale.

Le tecnologie di potabilizzazione dell’acquaLe tecnologie di potabilizzazione dell’acqua utilizzate in situazioni umanitarie sono spesso confrontate con contingenze locali limitanti. Le tecnologie utilizzate dai paesi industrializzati non sempre possono essere impiegate in situazioni di emergenza, e spesso, queste tecnologie presentano un livello di sostenibilità a medio e lungo termine non adeguato alle esigenze locali. Fra i metodi più utilizzati in situazioni di emergenza vi sono:•La disinfezione: prevalentemente con cloro. Clorazioni di grossi quantitativi (cisterne, tanks), clorazione a livello di economie domestiche (p.es. Acquatabs)• Il consiglio di bollire l’acqua. Si tratta spesso di un principio molto semplice ma non sempre praticabile. La mancanza di legno e il tempo necessario per questa operazione rendono spesso questo consiglio inefficace. Per una famiglia di 6 persone sono necessari ca 20 litri di acqua bollita al giorno, il quantitativo di combustibile necessario (spesso del legno) è il triplo di quanto normalmente utilizzato nelle economie domestiche per cucinare, il tempo necessario per l’approvvigionamento, la bollitura e il raffreddamento si pone spesso in conflitto con le attività domestiche della donna, principale, se non unica, attrice in questa pratica.•Visononaturalmentealtri metodi di approccio che fanno uso di tecnologie più sofisticate basate sulla filtrazione, ozonizzazione oppure trattamento con raggi ultravioletti. Queste tecnologie presentano però degli svantaggi per quanto riguarda la sostenibilità. Vi sono poi dei metodi estremamente semplici, applicabili anche a livello di economie domestiche,

che richiedono però uno sforzo comunicativo a livello comunitario e un grado di accettabilità da parte della popolazione non indifferente, pensiamo per esempio al metodo SODIS (Solar water Disinfection) messo a punto in Svizzera presso EAWAG (www.sodis.ch). Il metodo SODIS prevede l’esposizione di bottiglie di PET da 1.5 litri riempite con acqua trasparente per 6 ore al sole. Dopo questo intervallo di tempo i contaminanti batterici responsabili delle malattie gastroenteriche vengono eliminati. Si tratta di un metodo estremamente semplice ma difficilmente applicabile durante una crisi umanitaria dove si gioca contro il tempo.

Le attività implementate in PakistanLa stagione dei monsoni 2010 verrà ricordata a lungo nella storia del Pakistan come la peggiore a memoria d’uomo, vaste aree sono state inondate coprendo migliaia di ettari agricoli e causando centinaia di migliaia di senzatetto, oltre a circa 1600 morti. L’intervento umanitario internazionale è scattato sin dalle prime ore, cercando di far fronte ai problemi di alloggio (tende), alimentari, medici ma anche e soprattutto al problema relativo all’acqua potabile. Un grottesco paradosso quello dell’acqua potabile che manca durante un’inondazione!

La scelta operativa nel settore acqua del Corpo svizzero di aiuto umanitario durante il suo intervento in Pakistan ha focalizzato su aspetti di formazione (nella modalità "training of trainers"), procurando il materiale e le attrezzature necessarie. L’intervento ha coinvolto operatori locali responsabili dell’approvvigionamento idrico nei settori dell’analisi dell’acqua, della disinfezione dell’acqua e della pulizia dei pozzi, fonte principale di approvvigionamento locale, vedi Figure 3-6.

laboratorio di ricerca

Area urbana Area rurale

Proporzione della popolazione con accesso all’acqua potabile: 90% 95% 87%

Proporzione della popolazione con accesso ai servizi igienici: 45% 72% 29%

Situazione idrica in Pakistan rispetto agli Obiettivi del Millennio.

Campo di sfollati a Nowshera (ca 6.000 persone)

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Analisi dell’acquaIl parametro analitico più importante è il conteggio dei batteri indicatori di contaminazione fecale (Coliformi fecali e/o Escherichia coli), il livello di tolleranza è zero UFC/100 ml (Unità FormantiColonia). La presenza di batteri di questo tipo indica una contaminazione con materiale fecale, un potenziale rischio quindi per l’insorgere di malattie epidemiche come il colera, la shigellosi, la salmonellosi ecc.

Produzione di cloroLa difficoltà di reperire del cloro in situazioni di catastrofe può essere facilmente ovviata con l’uso di una semplicissima strumentazione a basso costo (ca. 300.- CHF) sviluppata in Svizzera (Antenna technologies) che permette di produrre del cloro attivo partendo dal semplice sale da cucina. Il principio di produzione è una semplice elettrolisi effettuata da due elettrodi allacciati ad un trasformatore di corrente (simile ai caricatori per telefonini). L’elettrolisi produce in un’ora una soluzione madre di un litro di cloro attivo sufficiente per disinfettare ben 4'000 litri di acqua, unica condizione; l’acqua deve presentare un livello di torbidità inferiore a 5 NTU (Nephelometric Turbidity Units).

Pulizia e disinfezione dei pozziI pozzi rappresentano la fonte primaria di acqua potabile in Pakistan. I pozzi sono generalmente poco profondi, vista la falda piuttosto superficiale, e sono spesso caratterizzati da rischi sanitari non indifferenti: latrine a meno di 10 m di distanza, animali domestici in prossimità del pozzo, infrastruttura poco stagna alle infiltrazioni superficiali, ecc. Nelle zone inondate queste infrastrutture, ognuna delle quali approvvigiona decine di persone, sono state contaminate con acque ad alto carico di contaminanti fecali. La contaminazione è essenzialmente dovuta alla pratica molto comune della defecazione all’aperto praticata in Pakistan, non solo dai bambini ma anche dagli adulti. La pulizia e disinfezione dei pozzi è codificata da procedure standard dell’Organizzazione mondiale della sanità.

La pulizia inizia con un riordino del perimetro circostante al pozzo (sgombro del materiale alluvionale), si procede poi ad una pulizia delle pareti interne ed alla rimozione di materiale ingombrante dall’interno del pozzo. Dopodiché viene installata una pompa ad immersione che funziona per ca 24 ore evacuando unicamente i primi 50 cm di acqua verso l’esterno. è assolutamente da evitare l’evacuazione di tutta l’acqua presente, ciò provocherebbe un collasso istantaneo della struttura, mancando la forza idraulica sulle pareti il materiale sabbioso presente sul fondo andrebbe a sostituire l’acqua evacuata e a danneggiare irrimediabilmente il pozzo. Dopo 24 ore di “lavaggio” l’acqua del pozzo risulta chiara e trasparente, a questo punto è possibile procedere alla disinfezione con uno shock di cloro. Dopo altri 2 giorni l’acqua del pozzo può essere di nuovo consumata. Nella regione di Peshawar (distretti di Chersadda e Nowshera, sui fiumi Kabul e Indus) la Direzione dello sviluppo e della cooperazione ha iniziato un programma di pulizia e disinfezione di 2'000 pozzi privati.

Pulizia e disinfezione di un pozzo

Livello dell’acqua indicato dal giovane sul tetto della casa

Fotografie di Claudio Valsangiacomo

Anna Piccaluga-Piatti

è possibile far convergere lo sviluppo di competenze specialistiche, relazionali, personali e metodologiche in una sola esperienza? La risposta è sì, e la chiave di questa possibilità è rappresentata dal concetto di contesto. Gli studenti del Dipartimento sanità si confrontano, durante la loro formazione, con i contesti sanitari più disparati, ognuno di questi

offre possibilità di sviluppo e di crescita personali e professionali. Ci sono contesti però che, più di altri, concedono allo studente delle esperienze estremamente arricchenti. Inserirsi in un contesto diverso, culturalmente e socialmente molto distante da quello in cui si è cresciuti, mette in difficoltà, destabilizza. Se è vero che “in ogni cultura esiste una distinzione fondamentale tra correttezza e scorrettezza, tra adeguatezza ed inadeguatezza delle azioni che si eseguono per compiere un determinato atto” (Mantovani 2005) 1, come è possibile compiere ricerche in contesti culturali significativamente molto lontani dal nostro? è possibile lavorare altrove con “evidenze scientifiche” sviluppate in occidente?La sfida è ardua ma alcuni studenti, con il sostegno dei loro direttori di tesi, hanno avuto il coraggio di provarci, mentre altri intendono compiere il passo a breve.Grazie alla collaborazione del Dipartimento sanità con Associazioni ed Enti attivi in ambito di Cooperazione internazionale, agli studenti del terzo anno dei percorsi di Bachelor in cure infermieristiche, ergoterapia e fisioterapia è offerta la possibilità di partire per periodi di stage all’estero di almeno tre mesi. Gli studenti che decidono di partire hanno l’opportunità di sviluppare in quel periodo, preparandosi anticipatamente, anche il loro lavoro di tesi.Fino ad oggi, i lavori effettuati in sede di stage all’estero affrontano temi legati a realtà contestuali che, seppur già trattati in sede d’aula in Ticino, devono venir ri-letti e ri-compresi alla luce della cultura in cui lo studente si è andato ad inserire. Ne è un esempio il lavoro sul piede torto (che viene ampiamente illustrato su questo numero di SH, nell’articolo di Lucia M. Bernhard), ma se ne potrebbero citare altri, come il lavoro di due studentesse in cure infermieristiche che, partite con AMCA (Associazione di aiuto medico al Centro America), hanno lavorato e contribuito ad avviare un progetto di educazione alimentare in Nicaragua, presso il centro educativo Barrilete de Colores.In merito ai progetti che invece devono ancora venir attuati, una studentessa del corso di laurea in fisioterapia ha espresso l’intenzione di recarsi in Ecuador per lavorare ad un progetto di educazione terapeutica interculturale al personale curante, ai famigliari e ai volontari che si occupano di bambini affetti da paralisi cerebrale infantile (PCI). Uno studente in cure infermieristiche si recherà in Togo e svolgerà una ricerca sul tema della promozione della salute mentre una studentessa in ergoterapia compirà uno stage in Marocco dove porterà avanti un progetto in merito alla formazione degli insegnanti per la presa a carico di bambini disabili. Per concludere, gli scenari esplorabili sono molteplici e certamente l’opportunità di partire e di affrontare lavori di tesi all’estero risulterà sempre più attrattiva. Sarà importante in questo senso mantenere uno sguardo aperto e comprendere da quale punto di vista si stia osservando il “problema”. Tutto ciò permetterà agli studenti del Dipartimento sanità di aprirsi dai “gusci delle loro competenze” (idem 92), e di mantenersi permeabili ad altre prospettive e realtà.

spazio thesis

1 Mantovani, Giuseppe. 2005. L’elefante invisibile. Firenze: Giunti.

19segnalazioni

1 Mantovani, Giuseppe. 2005. L’elefante invisibile. Firenze: Giunti.

SUP

SI–

LCV

www.dsan.supsi.ch


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