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Archiviata ormai anche questa magnifica estate, gli Amaldi-ni sono pronti a tornare sui banchi di scuola. Tra qualcu-
no che se ne va e molti nuovi arrivi è ufficialmente sorto un nuovo giorno per la nostra cara vecchia scuola. Come pro-messo è tornato anche L’Edoardo, il giornalino fatto da voi e per voi che anche quest’anno accompagnerà il vostro lavoro scolastico. Come ricorderete l’anno scorso alcuni Amaldini si sono lanciati nella nuova/vecchia impresa di pubblicare un periodico interno alla scuola e si sono riuniti in una piccola redazione la quale ha lavorato da Gennaio a Giugno (e anche d’estate) per diffondere, anche al di fuori del Liceo, i pensie-ri che sono scaturiti dalle menti degli instancabili studenti.C’è chi ha passato il testimone e ci ha lasciato verso oriz-zonti futuri e chi invece lo ha raccolto: in questo numero troverete articoli di alunni definibili come “veterani” affiancati a quelli di chi ha invece messo piede al Liceo per la pri-ma volta pochissime settimane fa.Nel frattempo, mentre i giorni scor-rono lenti in vista dell’attimo di respi-ro natalizio, si sono svolte le elezioni per i Rappresentanti della scuola nella Consulta Provinciale e sono in vista quelle per eleggere i Rappresentanti degli Studenti in Consiglio d’Istituto, alle quali verrà dedicato un numero spe-ciale nel mese di Novembre per farvi conoscere i candidati.
La redazione
In questo numero:Attualità 2
Attività e progettiScienzeCultura e SpettacoloSportLa pagina del Lama
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Attualità Una consUltazione sUlla libertà
Andrea Petriccioli 4aA
Io, Petriccioli Andrea, ho esposto lo svolgimento delle paradossali
elezioni per la Consulta provincia-le a un caro amico filosofo, che mi ha tenuto compagnia in numerose discussioni. Mi ha rimandato a un suo scritto che ha un po’ di anni, ma li porta assai bene (anzi sempre me-glio), dal titolo “On Liberty”. Ecco dunque il suo pensiero a ri-guardo.
Dato che la forza e il valore del giu-dizio umano dipendono interamente dalla sua proprietà di poter venire corretto quando è errato, esso è at-tendibile soltanto quando i mezzi per correggerlo sono tenuti costante-mente a disposizione. Consideriamo una persona il cui giudizio sia vera-mente degno di fiducia: come lo è di-ventato? Ha intuito che il solo modo in cui un uomo può in una certa misura avvicinarsi alla conoscenza complessiva di un argomento è ascol-tando ciò che ne dicono persone di ogni opinione, e studiando tutte le modalità secondo cui può essere considerato da ogni punto di vista. Nessuno è mai giunto alla saggezza in altro modo; né la natura dell’intel-letto umano consente altri modi di diventare saggi. La costante abitudi-ne a correggere e completare la pro-pria opinione confrontandola con le altrui non solo non causa dubbi ed esitazioni nel tradurla in pratica, ma
anzi è l’unico fondamento stabile di una corretta fiducia in essa; poiché, conoscendo tutto quello che può venir detto contro di noi, e avendo preso una posizione rispetto a tutti i nostri oppositori, abbiamo il diritto di considerare il nostro giudizio mi-gliore di quello di qualsiasi persona, o gruppo di persone, che non abbia seguito una procedura analoga.Tuttavia, se la nociva soppressione della libertà di parola si limitasse a lasciare gli uomini nell’ignoranza dei fondamenti di queste opinioni, la si potrebbe considerare un male intellettuale e non morale, che non diminuisce la validità delle opinioni in quanto elementi che influiscono sul carattere. Nella realtà però la mancanza di discussione non solo fa dimenticare i fondamenti di un’o-pinione, ma il suo stesso significato. Le parole che la esprimono non sug-geriscono più idee, o suggeriscono solo una piccola parte di quelle che comunicavano originariamente. Al posto di un concetto vigoroso e di una convinzione viva, restano sol-tanto poche frasi meccanicamente apprese; oppure, se resta qualcosa del significato, è solo l’involucro, e la profonda essenza si è persa. Non si rifletterà mai abbastanza sul grande capitolo della storia umana che que-sto fenomeno costituisce.
John Stuart Mill
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AttualitàUna sitUazione spinosa
Nicola Raineri
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Sono passati più di due anni dalla primavera araba, ma una
nazione non ha ottenuto i risulta-ti delle altre: la Siria. Questo pae-se affronta una guerra civile le cui perdite sono “incalcolabili” a detta degli ispettori ONU. Rastrellamenti, massacri, torture sono stati perpe-trati sia dal dittatore sia dai ribelli sull’inerme popolazione civile. E dopo tutto questo non solo il con-flitto non si allontana dalla fine, ma sta anche aumentando la sua inten-sità. Tutte le forze credono di po-tere ottenere una vittoria militare. I ribelli controllano Aleppo e tutta la zona nord-occidentale del pae-se. Assad mantiene il comando su Damasco, su Homs e sulle aree più economicamente sviluppate. Però è fuori dal ring che si concentra l’a-gitazione. Il dittatore può contare sull’appoggio di Russia, Cina, Iran, Venezuela ed Egitto. A sostenere i ribelli, invece, ci sono America, Re-gno Unito, Francia, Germania, Sud Africa e Arabia Saudita. Qui nasce un enorme problema. Non esiste un fronte di ribelli compatto. Le persone che si oppongono mili-tarmente al regime e che ricevono gli aiuti economici e militari ap-partengono a due fazioni distinte. Da un lato troviamo i nazionalisti, che si battono per ottenere un pa-ese sul modello occidentale (senza
esimersi dal compiere crimini con-tro l’umanità). Dall’altro gruppi di fondamentalisti legati ad al-Qaeda (gli stessi che stiamo combattendo in Afghanistan, per intenderci). Che senso ha finanziarli? Mentre noi ce lo domandiamo, il Mediterraneo si affolla di navi militari. Americani e Francesi, i maggiori sostenitori del-la guerra, hanno schierato le loro imbarcazioni dotate di potenti mis-sili a lunga gittata (con somma fe-licità delle aziende produttrici). Da soli, potrebbero sbaragliare l’esigua
flotta Siriana. Ma ci sono i russi a dar loro manforte. E come se non bastasse, la Cina, minacciando di interrompere la decennale strate-gia di neutralità, sta spostando nel Mediterraneo orientale una divi-sione della sua spaventosa flotta. In questa inquietante situazione, che ricorda tristemente l’estate del 1914, che posizione prenderà il no-stro paese?
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Attualità la tr asparenza dei r apporti in tempo di cris i
Giordano Lizzola 5aC
L’autismo è un disturbo delle funzioni cerebrali che riesce a rendere una per-
sona completamente estranea al mondo che la circonda. Chi ne è affetto ha grosse difficoltà a relazionarsi con altre persone e tende sempre di più a crearsi una pro-pria realtà. Di conseguenza è soggetto a stati emotivi e a reazioni, spesso violente, che non sono legate agli stimoli che riceve dall’ambiente circostante, ma agli stimoli percepiti dalla propria realtà.In Italia l’autismo è largamente diffuso e in forte crescita negli ultimi trent’anni, si stima che oltre quattrocentomila famiglie italiane abbiano a che fare con una perso-na autistica.In passato era spesso ed erroneamente confuso con un ritardo mentale, mentre ora si può diagnosticare intorno al terzo anno di vita, quando il bambino mostra difficoltà nel relazionarsi e si isola. Va da sé che la vita sociale e lavorativa di un indivi-duo autistico è fortemente ostacolata.>>La fragilità in tempo di crisiIn un tempo di crisi come quello che stia-mo vivendo le vite delle persone autistiche rischiano di essere accantonate nella loro solitudine e abbandonate.C’è bisogno di dare ancora più attenzioni alle fragilità in tempi difficili, perché per superarle non basta più essere in pochi, occorre aggregarsi e focalizzare le poche energie verso il ‘centro’, verso chi già era in una condizione di debolezza e ora lo è ancora di più.Non si parla solo di soldi e risorse, si tratta anche e soprattutto di umanità e di corre-sponsabilità: se ognuno si fa carico della sua quota di responsabilità e rispetta e tu-tela la vita degli altri per poterci convivere
in modo serio e profondo, trova la forza di mettersi concretamente in gioco. Trova la forza di mostrare il proprio lato fragile e di metterlo a disposizione di chi è costretto a mostrarlo.Chi si mostra nella sua umanità riesce non solo a guardare più profondamente gli al-tri, ma anche a scoprire meglio se stesso. Il rapporto diretto con le persone fragili è forse l’esperienza più arricchente che esi-sta: si guarda l’altro e ci si lascia guardare, ci si immedesima e ci si guarda dentro con altri occhi, e viceversa.La chiave della convivenza forse sta pro-prio nella disponibilità a rivelarsi agli altri, nella trasparenza dei rapporti.>>L’autismo in tempo di crisiAl giorno d’oggi la terapia per curare l’au-tismo è solo una e si chiama ABA (Applied Behaviour Analysis) e consiste in una serie di programmi comportamentali intensivi. Purtroppo ha anche un costo molto eleva-to.Sfogliando La Stampa trovo un bellissimo articolo: “Dieci ragazzi autistici sulle orme di Mogol e Battisti”. Da Roma fino all’Um-bria, dieci ragazzi autistici con i loro padri cavalcano in sei tappe, ispirandosi ad una celebre cavalcata compiuta quarantatre anni fa da Mogol e Battisti.Ecco i padri che mostrano la loro umanità, che hanno il coraggio di mettersi in gio-co e di cavalcare (chi meglio chi peggio) a fianco dei propri fragili figli. Padri che hanno agito là dove le istituzioni non han-no fornito assistenza. Come dice Gianluca Nicoletti, padre e giornalista, “hanno forse per la prima volta capito di essere al centro di un’impresa”, hanno capito che c’era una missione e per compierla occorrevano le
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Attualitàloro scelte e la loro volontà. Per procedere hanno dovuto necessariamente instaurare un rapporto con il tutor che li affiancava, ma anche con il sottostante cavallo.Sei tappe per scoprire le persone, gli anima-li, la natura, la forza dei legami e la necessi-tà dei rapporti. Le difficoltà non sono certo poche, ma cavallo, assistente, genitore e ragazzo collaborano in diversa misura per non interrompere la marcia.I ragazzi hanno l’occasione di uscire dal frastuono e dallo stress cittadino per sco-prire il silenzio o i pochi e semplici suoni della natura, possono trovare un contatto con la realtà partendo dalle sue forme più semplici.Il racconto tappa per tappa di Gianluca è molto toccante e a volte commovente. Mi ha colpito in particolare questa frase: “tra i ragazzi, qualcuno che so bene che non ha mai parlato, quando è in sella canta”.Quello che canta è probabilmente il suo di-ritto a essere felice, la sua giusta pretesa di essere sereno e di vedere la strada davanti a sé più piacevole e praticabile se percorsa con qualcuno, non da solo.Gianluca si preoccupa per il figlio Tomma-so, perché quello con il padre non sia l’u-nico legame che lo accompagni nella vita: in un futuro verrà a mancare e Tommaso dovrà capire di essere un adulto.Iniziative di questo genere si moltiplicano col tempo sul territorio italiano. A Roma nelle acque del mare di Nettuno, skipper professionisti e ragazzi autistici hanno cooperato per gareggiare nella rega-ta “Al vento per un sorriso”.Terapie in acqua, tennis e calcio sono già nel mirino dell’associazione Divento gran-de onlus, l’associazione che ha promosso la
regata.Lo sport può giocare un ruolo chiave nella cura all’autismo. Richiede concentrazione e una forte dimensione fisica, che permet-tono al ragazzo di mantenere un rapporto stretto e continuo con l’ambiente circostan-te.
>>La situazione bergamascaMercoledì 28 agosto la Provincia ha appro-vato (dopo molti rinvii e il rischio di uno stop) il “Progetto Sollievo Autismo”: verrà mantenuto lo stanziamento annuale di set-tantaseimila euro allo Spazio Famiglia per le attività legate all’autismo.Per l’area autismo dal 2009 ad oggi è stato versato mezzo milione di euro tra formazio-ne operatori e contributi alle varie realtà.Le attività realizzate sono innumerevoli e assicurano assistenza in quasi ogni momen-to della giornata della persona autistica, coinvolgendo attivamente e formando la famiglia.Spazio Famiglia della Provincia di Berga-mo è una delle realtà più avanzate a livello nazionale, finalmente un vanto positivo per i bergamaschi, meno timidi e socialmente riservati di quanto ci dipinga l’immaginario collettivo.
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L’accoglienza è un modo per far sentire a proprio agio
i nuovi arrivati al Liceo ese-guendo delle attività di gruppo come, per esempio, dei giochi a scopo conoscitivo con i quali i ragazzi possono cominciare a confrontarsi e a rispettarsi. Que-ste attività vengono svolte nelle proprie classi con la supervisio-ne di due studenti di quinta. Ov-
viamente non si eseguono tutte le attività il primo giorno, anche perché non ci sarebbe tempo sufficiente, ma vengono distri-buite in diversi giorni nell’arco della prima settimana. Il primo giorno dell’anno scolastico i ra-gazzi hanno preso visione di un film adattissimo alla loro età: Freedom Writers, tratto da una
storia vera. Il secondo giorno gli alunni si sono recati nelle loro aule dove hanno partecipato a un gioco per conoscersi meglio. Lo stesso giorno gli alunni di quinta hanno accompagnato i ragazzi a visitare i locali della scuola mostrandone: i labo-ratori, le aule di informatica e il bar scolastico, spiegando quali sono le attività che si
svolgono nelle diverse aule. Nei giorni seguenti comincia-no anche le lezioni, durante le quali si ripassano gli argomenti delle scuole medie. Ovviamen-te gli studenti sanno che l’anno non sarà tutto così, ci saranno i compiti e le ore di studio a casa completamente diverse da quelle che si svolgevano quan-do si era ancora alle medie.
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Insomma, l’accoglienza non è solo un momento di divertimen-to, ma è anche un modo per rendere più facile e piacevole il passaggio dalle medie alle supe-riori. Nel programma dell’acco-glienza c’è anche un incontro nel quale viene spiegata la storia del paese dove gli alunni frequente-ranno a scuola durante i cinque anni di Liceo. Alcuni ritengono sia stata una bella iniziativa, so-prattutto perché gli studenti di quinta sono molto disponibili verso i nuovi arrivati, illustran-do qual è il metodo migliore per avanzare negli anni senza essere rimandati o addirittura bocciati. Inoltre viene svolto un incontro con un ragazzo o una ragazza che si è diplomato all’Amaldi.Una delle cose che continuano a essere ripetute sia dai docenti sia dagli alunni più grandi è che non basta stare attenti in classe e prendere appunti, ma bisogna rielaborarli a casa e impegnar-si almeno due ore al giorno.Alcune studentesse di prima han-no parlato di un lato negativo e di uno positivo dell’accoglienza:da un lato speravano di conosce-
re meglio i propri compagni, ma dall’altro hanno incontrato do-centi disponibili e bravi.Un’altra ragazza ha espresso un buon giudizio sul film proposto durante le attività di accoglienza, trovandolo molto commovente. Il film di quest’anno raccontava di una classe di una scuola ameri-cana dove i ragazzi litigavano tra di loro causando molti problemi alla scuola e alla città dove viveva-no. La loro professoressa cercava di far cessare queste guerre inuti-li organizzando incontri, visite e consegnando loro dei quaderni dove scrivere tutto quello che vo-levano, bastava che lo facessero tutti i giorni.Le cose iniziarono a migliorare. Il film si conclude con una lotta gli per tenere la professoressa per tutti gli anni successivi.Infine vorrei dire che l’accoglien-za è stata una bella esperien-za, probabilmente irripetibile e emozionante ed è anche così che dovrebbe essere, per dimostrare che la scuola dove gli studenti an-dranno non è una cosa noiosa e priva di interessi.
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La libertà è un valore per la difesa del quale si sono, fin da tempi im-
memorabili, mosse rivolte e per il quale le più nobili persone sono state dispo-ste a morire. Agire, pensare, esprimersi senza costrizioni è una condizione che il nostro popolo si è guadagnato con le lacrime e che dovrebbe essere pronto a difendere strenuamente di fronte ad ogni minaccia. Ma mentre vediamo la
nostra libertà di cono-scere, di avere un’in-formazione corretta e onesta deflagrarsi sotto i colpi del bieco inte-resse della nostra classe politica, i nostri sguardi si volgono in un’altra di-rezione e lasciano che il
mondo si prenda gioco di noi. Il nostro sguardo è rivolto verso la porta di casa, attento alle minacce che potrebbero giungere da fuori del nostro giardino in ogni momento e per i motivi più di-sparati. Abbiamo paura di quello che sta all’esterno, e questa paura ci spinge in una direzione che non avremmo dovuto intraprendere.Un criminale, un terrorista, il vicino che non ci è mai stato troppo simpatico, potrebbero piombare in casa e puntarci un’arma alla gola pronti a minare le fon-damenta della nostra libertà. La paura di veder crollare tutto parla: “e se avessi anch’io una pistola? E se tutti avessero una pistola per difendersi?”. Le notizie delle stragi di follia come quella del ci-nema di Aurora dell’anno passato scor-rono davanti ai nostri occhi e pensiamo:
“io sono una persona migliore di lui, non commetterei mai una tale follia”.La voce della paura è la stessa che ha portato nel secolo scorso ad utilizzare una piccola e semplice formuletta come E=mc2 per creare la più potente delle armi conosciute e che oggi porta il gio-vane Cody Wilson ad utilizzare l’avanza-tissima stampa tridimensionale per cre-are una delle armi più note: la pistola.L’obiettivo di Wilson è quello di mettere chiunque nelle condizioni di prodursi in proprio un’arma funzionante. Il pro-getto della Liberator, così battezzata, sarà infatti scaricabile dal sito web della sua società. Fatta quasi completamente di plastica, è molto economica e, utiliz-zando una stampante 3D il cui prezzo sta progressivamente diventando abbor-dabile, sarà costruibile con pochi click.Finalmente abbiamo dato al terrorista, al criminale, al nostro vicino un po’ tocco la possibilità di entrarci in casa e puntarci alla gola quello che abbiamo creato per difenderci da lui. Ora siamo liberi, siamo più sicuri che le nostre paure erano fondate, che abbiamo fatto bene a non ascoltare i pochi detrattori che tentavano di fermarci.Chi è il folle? La voglia di remare contro ai governi che ormai non ci rappresen-tano non può passare attraverso questi mezzi. Il politico che si intasca i soldi potremmo essere noi e potremmo es-sere noi a puntare la pistola alla tempia del nostro vicino.Unica consolazione: questo “giocattolo” potrebbe sostituire le straricche indu-strie d’armi statunitensi.
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Uno dei settori che ha risentito meno del periodo di crisi in cui
ci troviamo è sicuramente il settore dei Videogiochi. In generale la tec-nologia, sempre in progresso, sfor-nando durante tutto l’anno prodotti nuovi, di qualità e all’avanguardia si assicura sempre degli acquirenti. In più i giovani della nuova generazione sono molto attratti da questo tipo di prodotti e cercano sempre “il nuovo” e la costante uscita di nuovi model-li ogni 6 mesi per i telefoni e circa ogni 6 anni per le console fa aumen-tare i ricavi delle aziende produttrici. In particolare gli animi dei videogio-catori si stanno infiammando nell’ul-timo periodo in quanto l’eterna battaglia tra console continua soprat-tutto nei mesi antecedenti l’uscita delle console di ottava generazione: l’Xbox One che uscirà in Europa il 22 Novembre, la Playstation 4 che uscirà il 29 Novembre e la Wii U che è disponibile dal 30 Novembre 2012.
La sfida più eclatante è sicuramen-te tra la Sony e la Microsoft. Le due aziende sono in conflitto fin dal 2000 quando con l’uscita della prima Xbox si è profilato il principale contenden-
te all’impero dei videogiochi fino al-lora detenuta dalla Playstation. La bat-taglia continua e quest’anno si profila un acceso scontro in quanto il prezzo di uscita delle due principali conso-le avrà una differenza di 100 euro. Infatti la Play4 costerà 399 euro€me-ntre l’Xbox One 499 euro€. Le varie aziende hanno cercato di portare a sè nuovi clienti chiedendo ai produtto-ri di giochi di creare delle esclusive in modo da suddividere la clientela. Nonostante ciò i videogiocatori non si accontentano e richiedono alle console prestazioni sempre migliori in modo da rendere il “gaming” sem-pre più reale e fluido. Ormai manca-no pochi mesi all’uscita e la clientela sta già cominciando a farsi un’idea del prodotto grazie alle varie prove che hanno svolto i produttori all’E3, famosa organizzazio-ne che pre-senta giochi e piattaforme in uscita.
Le console sono pronte, molti giochi sono stati annunciati al lancio, quale sarà la scelta giusta? Bisogna scegliere quella che si avvicina di più alle pro-prie esigenze.
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Sport Un ricordo da record
Giulia Bombardieri 5aC
L’atletica in parte è fatta di gare veloci, anzi velocissime, tanto
che non fai in tempo a cambiare canale che tutti gli atleti sono già arrivati. E ormai siamo abituati a tutti i vari gesti di esultanza: i più stravaganti, i più popolari e i più imitati che l’atleta compie dopo aver tagliato il traguardo in testa. Soprattutto a quelli del campione, Usain Bolt, che con la sua veloci-tà da puma, detiene il record non solo della gara regina dell’atletica ma anche del suo doppio.
Ma su quelle piste rosse, in quelle classifiche mondiali dei migliori, é presente, indelebile, anche il nome di un grande italiano: Pie-tro Mennea.A quasi sei mesi dalla sua scom-parsa, infatti, l’Italia ha voluto celebrare uno dei suoi più gran-di campioni proprio nel 34esimo anniversario del suo record mon-diale a Città del Messico, il 12 set-
tembre.Un giorno in cui si sono riunite persone del mondo dell’atletica e non, per correre insieme sulle pi-ste di sessanta città italiane, senza
competizione, un duecento metri, la sua gara. Atleti e atlete di tutte le età si sono sfidati come simbolo di uno sporte leale, che unisce e che fa bene a noi e agli altri. Il rica-vato dalle iscrizioni alle gare è sta-to devoluto in beneficienza per la Fondazione Onlus Pietro Mennea, organizzazione voluta dal campio-ne azzurro ed impegnata in inizia-tive di solidarità sociale. Alla fine qui non si parla più di gare velo-ci e velocissime ma di una atleti-ca che è incontro e ricordo, ed è rendersi conto di avere alla spalle grandi campioni, che sono stati e saranno punto di riferimento per generazioni e soprattutto per altri sportivi che hanno fatto o faranno la storia dei record.
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ano. Alla richiesta di spiegazioni, afferm
a di sentirsi già in vacanza da un pezzo.
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