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obiettivo ecentrato Contratto...

Date post: 25-Feb-2019
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È stata una trattativa lunga e sofferta quella per il rinnovo del ccnl del legno-arredo, un rinnovo che riguarda circa 370 mila addetti. Iniziata il 28 novembre 2012 e conclusa dopo quasi dieci mesi, subendo due interruzioni da parte di Federlegno seguite dalla mobilitazione e da uno sciopero nazionale, ora l’ipotesi di accordo è al vaglio delle assemblee dei lavoratori che entro il 30 ottobre dovranno esprimere il loro voto nelle assemblee. Insomma, tutt’altro che una passeggiata, come racconta Marinella Meschieri, segretario nazionale Fillea Cgil. “È stata una trattativa lunga, complicata, con vari stop e momenti di forte tensione, inserita dentro a un quadro di crisi pesante per il settore e per tutta la filiera delle costruzioni. Sapevamo bene che quel quadro di crisi non poteva restare fuori della porta di questa trattativa, non doveva condizionarla e soprattutto non poteva essere la causa, o l’espediente, per aggredire e indebolire l’impianto dei diritti dei lavoratori e il potere di acquisto dei salari. Credo che, grazie al lavoro di squadra e alla forte tenuta unitaria delle organizzazioni sindacali, questo obiettivo sia stato raggiunto ampiamente, con importanti risultati sia sul piano normativo e dei diritti che sul piano della difesa dei salari”. Dunque, in sintesi: incremento salariale di 86,00 euro a parametro 100 (AE1), di 115,24 a parametro 134 (AE4/ AS1), con decorrenza 1° aprile 2013, 1° aprile 2014 e 1° aprile 2015; esclusa qualunque discriminazione salariale o normativa per i neoassunti; regolato l’apprendistato per i giovani tra i quindici e i diciannove anni e stabilite per quello professionalizzante percentuali di conferma più elevate di quelle previste dalla legge (il 30 per cento nelle imprese fino a dieci lavoratori e il 50 per cento in quelle oltre i dieci addetti); introdotta l’aspettativa non retribuita di un anno in caso di patologie molto gravi; istituito un fondo di sanità integrativo il cui costo (10 euro), a carico delle imprese, incrementa l’integrazione economica per i lavoratori delle imprese che non hanno contrattazione aziendale, che passa da 8 a 13 euro; introdotti i temi della responsabilità sociale e della legalità con la definizione di una carta dei valori; istituita una commissione ad hoc per approfondire il tema delle molestie e del mobbing sul luogo di lavoro, con l’obiettivo di arrivare a definire un codice di condotta. Racconta Marinella Meschieri: “Ci eravamo posti l’obiettivo di non arretrare sui diritti, di implementare la contrattazione di secondo livello e di rafforzare il ruolo del contratto nazionale e delle Rsu, in particolare sull’organizzazione del lavoro. Puntavamo a relazioni sindacali più avanzate sul futuro del settore – lavorare sulla qualità delle produzioni, sugli investimenti, sulla responsabilità sociale di impresa, eccetera – e a proporre regole comuni per affrontare la crisi, ad esempio sull’utilizzo di tutti gli ammortizzatori sociali per tutelare l’occupazione e le professionalità, la stabilizzazione dei rapporti di lavoro. Crediamo di aver raggiunto i nostri obiettivi e di aver portato a casa un ottimo risultato, seppure con le necessarie mediazioni e nonostante un atteggiamento della controparte incoerente e contraddittorio, in alcuni momenti addirittura imbarazzante”. Imbarazzante fin dal primo giorno, quel 28 novembre in cui Federlegno si presentò alla trattativa con una propria contro-piattaforma, come ricorda la sindacalista: “In tanti anni che faccio contrattazione non mi era mai capitato di iniziare una trattativa così, con una piattaforma della controparte. Dopo quattro incontri, abbiamo avuto il primo stop da parte di Federlegno che sui capitoli dell’orario di lavoro e dell’apprendistato pretendeva da un lato mano libera sugli orari di lavoro e dall’altro di rendere ordinario il lavoro straordinario, di incrementare la precarietà e ridurre eccessivamente le retribuzioni per gli apprendisti. La reazione del sindacato non si è fatta attendere: assemblee in tutta Italia, stato di agitazione e sciopero nazionale, che ha visto una partecipazione oltre ogni aspettativa, come ricorda la dirigente Fillea: “Perché i lavoratori e le lavoratrici hanno capito che se perdi un diritto oggi, sarà molto difficile recuperarlo domani. È grazie a quella mobilitazione e all’unità tra i sindacati che siamo riusciti a superare tutte le difficoltà, anche quelle che hanno portato all’ennesima, repentina sospensione del tavolo, avvenuta alla fine di luglio, quando ormai pensavamo tutti che la trattativa si sarebbe chiusa prima della pausa estiva. Ancora una volta lo scoglio è stato quello della flessibilità, con una proposta irricevibile di Federlegno che introduceva norme che avrebbero precarizzato ulteriormente i rapporti di lavoro. Ma anche qui ha prevalso il buonsenso, e i lavoratori finalmente possono avere il rinnovo del contratto”. Soddisfazione anche da parte del segretario generale Walter Schiavella. “Abbiamo finora chiuso quattro contratti nazionali, laterizi e manufatti, cemento, lapidei e ora quello del legno, raggiungendo accordi puliti, che non intaccano i diritti, proteggono il potere d’acquisto dei salari e non discriminano i neoassunti. Resta il tavolo per il rinnovo del ccnl dell’edilizia, che sta proseguendo con grande fatica il percorso. E anche qui, come in tutti gli altri tavoli, il leitmotiv è sempre lo stesso: il tentativo da parte delle associazioni datoriali di dare una risposta alla crisi attraverso una riduzione dei costi del lavoro e dei diritti. E proprio come ha tentato di fare Federlegno con la proposta di discriminazione salariale per gli apprendisti, Ance e Coop chiedono la modifica strutturale all’istituto dell’Anzianità professionale edile, che di fatto si tradurrebbe in una perdita immediata e insostenibile di salario. Proposta irricevibile, per cui ci auguriamo che anche sul tavolo dell’edilizia prevalga il buon senso.” Barbara Cannata I. R. al numero 35/2013 di Rassegna Sindacale Speciale Contratto Legno-Arredo e obiettivo centrato Parla Marinella Meschieri segretario generale Fillea Nonostante la crisi e grazie alla mobilitazione dei lavoratori e alla tenuta unitaria dei sindacati raggiunti importanti risultati. Walter Schiavella: ha prevalso il buon senso, quello che servirà anche sul tavolo dell’ultimo contratto che resta, l’edilizia. Fillea01-Legno_ok 30/09/13 14:57 Pagina 1
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Èstata una trattativa lungae sofferta quella per ilrinnovo del ccnl dellegno-arredo, un rinnovo

che riguarda circa 370 mila addetti.Iniziata il 28 novembre 2012 econclusa dopo quasi dieci mesi,subendo due interruzioni da partedi Federlegno seguite dallamobilitazione e da uno scioperonazionale, ora l’ipotesi di accordoè al vaglio delle assemblee deilavoratori che entro il 30 ottobredovranno esprimere il loro votonelle assemblee. Insomma,tutt’altro che una passeggiata,come racconta MarinellaMeschieri, segretario nazionaleFillea Cgil. “È stata una trattativalunga, complicata, con vari stop emomenti di forte tensione,inserita dentro a un quadro dicrisi pesante per il settore e pertutta la filiera delle costruzioni.Sapevamo bene che quel quadrodi crisi non poteva restare fuoridella porta di questa trattativa,non doveva condizionarla esoprattutto non poteva essere lacausa, o l’espediente, peraggredire e indebolire l’impiantodei diritti dei lavoratori e il poteredi acquisto dei salari. Credo che,grazie al lavoro di squadra e allaforte tenuta unitaria delleorganizzazioni sindacali, questoobiettivo sia stato raggiuntoampiamente, con importantirisultati sia sul piano normativo edei diritti che sul piano delladifesa dei salari”. Dunque, insintesi: incremento salariale di86,00 euro a parametro 100(AE1), di 115,24 a parametro 134(AE4/ AS1), con decorrenza 1°aprile 2013, 1° aprile 2014 e 1°aprile 2015; esclusa qualunquediscriminazione salariale o

normativa per i neoassunti;regolato l’apprendistato per igiovani tra i quindici e idiciannove anni e stabilite perquello professionalizzantepercentuali di conferma piùelevate di quelle previste dallalegge (il 30 per cento nelleimprese fino a dieci lavoratori e il50 per cento in quelle oltre idieci addetti); introdottal’aspettativa non retribuita di unanno in caso di patologie moltogravi; istituito un fondo di sanitàintegrativo il cui costo (10 euro),a carico delle imprese, incremental’integrazione economica per ilavoratori delle imprese che nonhanno contrattazione aziendale,che passa da 8 a 13 euro;introdotti i temi dellaresponsabilità sociale e dellalegalità con la definizione di unacarta dei valori; istituita unacommissione ad hoc perapprofondire il tema dellemolestie e del mobbing sul luogodi lavoro, con l’obiettivo diarrivare a definire un codice di condotta.Racconta Marinella Meschieri: “Ci eravamo posti l’obiettivo dinon arretrare sui diritti, diimplementare la contrattazione disecondo livello e di rafforzare ilruolo del contratto nazionale edelle Rsu, in particolaresull’organizzazione del lavoro.Puntavamo a relazioni sindacalipiù avanzate sul futuro delsettore – lavorare sulla qualitàdelle produzioni, sugliinvestimenti, sulla responsabilitàsociale di impresa, eccetera – e aproporre regole comuni peraffrontare la crisi, ad esempiosull’utilizzo di tutti gliammortizzatori sociali per tutelare

l’occupazione e le professionalità,la stabilizzazione dei rapporti dilavoro. Crediamo di averraggiunto i nostri obiettivi e diaver portato a casa un ottimorisultato, seppure con lenecessarie mediazioni enonostante un atteggiamentodella controparte incoerente econtraddittorio, in alcunimomenti addiritturaimbarazzante”. Imbarazzante findal primo giorno, quel 28novembre in cui Federlegno sipresentò alla trattativa con unapropria contro-piattaforma, comericorda la sindacalista: “In tantianni che faccio contrattazionenon mi era mai capitato diiniziare una trattativa così, conuna piattaforma della controparte.Dopo quattro incontri, abbiamoavuto il primo stop da parte diFederlegno che sui capitolidell’orario di lavoro edell’apprendistato pretendeva daun lato mano libera sugli orari dilavoro e dall’altro di rendereordinario il lavoro straordinario,di incrementare la precarietà eridurre eccessivamente leretribuzioni per gli apprendisti.La reazione del sindacato non siè fatta attendere: assemblee intutta Italia, stato di agitazione esciopero nazionale, che ha vistouna partecipazione oltre ogniaspettativa, come ricorda ladirigente Fillea: “Perché ilavoratori e le lavoratrici hannocapito che se perdi un dirittooggi, sarà molto difficilerecuperarlo domani. È grazie aquella mobilitazione e all’unitàtra i sindacati che siamo riusciti asuperare tutte le difficoltà, anchequelle che hanno portatoall’ennesima, repentina

sospensione del tavolo, avvenutaalla fine di luglio, quando ormaipensavamo tutti che la trattativasi sarebbe chiusa prima dellapausa estiva. Ancora una volta loscoglio è stato quello dellaflessibilità, con una propostairricevibile di Federlegno cheintroduceva norme che avrebberoprecarizzato ulteriormente irapporti di lavoro. Ma anche quiha prevalso il buonsenso, e ilavoratori finalmente possonoavere il rinnovo del contratto”.Soddisfazione anche da parte delsegretario generale WalterSchiavella. “Abbiamo finora chiusoquattro contratti nazionali, laterizie manufatti, cemento, lapidei eora quello del legno,raggiungendo accordi puliti, chenon intaccano i diritti, proteggonoil potere d’acquisto dei salari enon discriminano i neoassunti.Resta il tavolo per il rinnovo delccnl dell’edilizia, che staproseguendo con grande fatica ilpercorso. E anche qui, come intutti gli altri tavoli, il leitmotiv èsempre lo stesso: il tentativo daparte delle associazioni datoriali didare una risposta alla crisiattraverso una riduzione dei costidel lavoro e dei diritti. E propriocome ha tentato di fareFederlegno con la proposta didiscriminazione salariale per gliapprendisti, Ance e Coopchiedono la modifica strutturaleall’istituto dell’Anzianitàprofessionale edile, che di fatto sitradurrebbe in una perditaimmediata e insostenibile disalario. Proposta irricevibile,per cui ci auguriamo cheanche sul tavolo dell’ediliziaprevalga il buon senso.”

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MarinellaMeschieri

segretario generale Fillea

Nonostante la crisi e grazie alla mobilitazione dei lavoratori e alla tenuta unitaria dei sindacati raggiunti importanti risultati. Walter Schiavella: ha prevalso il buon senso,quello che servirà anche sul tavolo dell’ultimo contratto che resta, l’edilizia.

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DIRITTI DIINFORMAZIONE/FORMAZIONEPROFESSIONALELe informazioni verranno fornitenei gruppi che occupano più di200 dipendenti (prima 250). Tra idiritti di informazione sia a livellodi gruppo che aziendale sonostati inseriti: la responsabilitàsociale d’impresa; le tipologied’impiego (C/T, part-time, ecc.),la struttura occupazionalescomposta per sesso e classi dietà nonchè i livelli di salario aparità di mansione e le mansioni.le aziende, in merito allaformazione professionale, all’atto della partecipazione ad un bando di Fondimpresa,informeranno le RSU.

CARTA DEI VALORIIl testo è importante perchédelinea un percorso da fareassieme, imprese e organizzazionisindacali. Infatti si riconosce che laresponsabilità sociale dell’impresaè un elemento importante anche alfine di affrontare processi diriorganizzazione, ristrutturazioniaziendali e per avviare buonepratiche con l’obiettivo disalvaguardare i livellioccupazionali anche attraversol’utilizzo di tutti gli ammortizzatorisociali e percorsi formativi. Sonostati inseriti concetti quali: legalità,integrità, lotta all’evasione fiscale– alla corruzione, tuteladell’ambiente.

TUTELA DELLA DIGNITÀPERSONALE DEILAVORATORISi conferma che sul luogo dilavoro deve essere assicurato ilRISPETTO della dignità dellapersona in ogni suo aspetto.Verrà costituita una commissioneparitetica che dovrà definire i

codici di condotta in caso dimobbing e/o molestie sessualientro gennaio 2014.

ORARIO DI LAVOROL’orario di lavoro settimanale èpari a 40 ore. Le aziendepotranno prevedere unaarticolazione dell’orario di lavorodiversa, che può risultare ancheda una media plurisettimanalenell’arco massimo di dodici mesiprevio accordo con le RSU o, in loro assenza con leOrganizzazioni sindacali.L’incontro dovrà avvenire entro 7giorni dalla richiesta aziendale. Èprevista una maggiorazione parial 10% a partire dalla 43° ora. Leparti a livello aziendale previoaccordo, potranno stabilire oltreche i periodi con prestazionilavorative superiori alle 40 ore,anche quelli di recupero.

APPRENDISTATOPROFESSIONALIZZANTE(giovani da 17 o 18 a 29 anni)Abbiamo migliorato la legge,prevedendo il 30% di conferme

nelle imprese sotto i 10dipendenti (non prevista dallalegge), portato al 50% da subitola percentuale di conferma perquelle superiori a 10 dipendenti(la legge prevede il 30% dasubito e il 50 da giugno 2015).

APPRENDISTATO PER LA QUALIFICA E IL DIPLOMA(giovani dai 15 ai 25 anni)Gli apprendisti saranno assuntinel livello di appartenenza con unsalario che va dal 65% e arriveràall’85%. La percentuale diconferma è quella prevista dalla legge.

CONTRATTI A TERMINE E SOMMINISTRAZIONELe aziende potranno assumere almassimo il 25% dei lavoratori atermine e/o somministrati. Il 25% comprende sia i contratticon le causali sia quelli senza. A livello aziendale, ove se neravvisi la necessità e, previoaccordo con le RSU, lapercentuale potrà esseresuperiore e si potranno definirele ipotesi per le quali siapossibile il ricorso a questicontratti senza l’indicazione dellacausale. Si sono definite lefattispecie dei contratti senzacausali per i lavoratori“svantaggiati” ad es. quelli in cig,disoccupati con più di 50 anni,ecc.. Previo accordo con le RSU,sarà possibile prolungare ladurata di questi contratti, inserirealtre fattispecie e eventualiulteriori riduzione degli intervallitemporali tra un contratto atermine e l’altro.

MALATTIAI lavoratori affetti da neoplasie,patologie gravi accertate hannodiritto, su loro richiesta, ad unperiodo di aspettativa nonretribuita pari a 365 giorni dicalendario – che si aggiungono alperiodo di conservazione delposto di lavoro.

QUOTA CONTRATTOAi lavoratori non iscritti alsindacato si chiede un contributo pari a € 25 da versarecon la retribuzione del mese di novembre.

PREVIDENZAINTEGRATIVAL’aliquota pari al 1,30% che leaziende versano al fondoattualmente, verrà aumentatanelle seguenti misure: 0,10% dal 1/01/2014 (1,40%); 0,20% dal 1/01/2015(1,60%); 0,20%

dal 1/01/2016 (1,80%). L’aliquotaa carico dei lavoratori rimarràquella attuale pari all’1,30%. Su un salario lordo mensile –AS1 – ciò equivale indicativamentea: € 22,32 al mese nel 2014,a € 26,15 al mese nel 2015 e a € 30,20 al mese nel 2016.

SANITÀ INTEGRATIVAFeneal Filca Fillea hannocostituito il fondo sanitariointegrativo nazionale “ALTEA”.Da gennaio 2014 i 10 euro perl’adesione al fondo di ciascunlavoratore / lavoratrice sonointeramente a carico dell’azienda.

I vantaggi: rimborso di tickets sanitari, visite, etc. Il tutto SENZA SPENDERENULLA. Previste assemblee per illustrare ai lavoratori ed alle lavoratrici vantaggi,prestazioni, modalità di adesione al fondo.•

IL TESTO DELL’ACCORDOIN SINTESI

IL WELFARE CONTRATTUALE DI SETTORE

Prima tranche Seconda tranche Terza tranche Totale1-4-2013 1-4-2014 1-4-2015 AUMENTO

24,00 30,00 32,00 86,0028,56 35,70 38,08 102,3430,36 37,95 40,48 108,7932,16 40,20 42,88 115,2433,60 42,00 44,80 120,4035,40 44,25 47,20 126,8537,20 46,50 49,60 133,3040,80 51,00 54,40 146,2044,40 55,50 59,20 159,1046,80 58,50 62,40 167,7049,20 61,50 65,60 176,3050,40 63,00 67,20 180,60

Gli arretrati salariali da aprile ad agosto 2013 saranno corrisposti alle seguentiscadenze: 1 mensilità a ottobre 2013, una a novembre 2013 e 3 a maggio 2014.

CATEGORIA

AE1AE2AE3

AE4/AS1AC1/AS

AS3AC3/AC2/AS4

AC4AC5AD1AD2AD3

AUMENTI SALARIALI

LE REGOLE

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U na débâcle. Scorrendocifre e percentuali dellegno-arredo, è il primocommento da faresull’andamento del

settore, che sta vivendo da tempo uncrollo senza precedenti, al pari ditutto il mondo delle costruzioni.Stando alle previsioni, anchequest’anno la produzione chiuderàcon il segno meno davanti (- 4,5%)rispetto al risultato ottenuto nel2012, mentre dallo scoppio dellacrisi in poi, vale a dire dal 2008 adoggi, si sono persi già 68.000 posti dilavoro (sul totale di 380.000 addetti),in conseguenza della chiusura dioltre 14.000 aziende (rispetto alle100.000 complessive). Per saperne dipiù abbiamo esaminato da vicino lerealtà e i distretti industriali piùimportanti sul territorio.

LombardiaIl nostro viaggio inizia in Brianza,dove c’è da sempre la filieradell’arredo per antonomasia. Lungola cosiddetta statale del mobile, la“36” da Milano a Lecco-Como, sonoallocate 4.000 imprese che dannolavoro a 15.000 persone (equivalentiai tre quarti dei lavoratori nellaregione), per un fatturato che siaggira sui 3 miliardi (dati 2012).“Quel polo – afferma Ivan Comotti,segretario della Fillea lombarda –rappresenta per noi il termometrodello stato di salute del territorio,così come la Fiera internazionale delmobile di Milano è il cuore pulsantedel nostro comparto a livellomondiale, nonché l’indicatore piùattendibile del trend in corso. In talecontesto, la crisi ha colpito duro,evidenziando nodi, ritardi edisfunzioni di un tessuto produttivopolverizzato che nella maggior partedei casi delle aziende che hannochiuso non ha saputo adeguarsi alnuovo, incapace di aggiornarsi sottoil profilo dell’offerta, delladistribuzione, della ricerca edell’innovazione tecnologica,finendo con il soccomberesopraffatto a competitors stranierisempre più agguerriti”. Malgrado ilricorso costante agli ammortizzatorisociali (passati dalle 252.827 ore di

cig nel periodo gennaio-agosto 2008a quasi 5 milioni e mezzo solo neiprimi otto mesi di quest’anno) abbiaalleviato, dal lato occupazionale, iproblemi di molte realtàimprenditoriali, i nuovi colossi cinesie indiani, più Ikea, spadroneggianonelle fasce medio-basse del mercato.Ma sta perdendo colpi pure il“manifatturiero del lusso”. Unavertenza-simbolo, tuttora in corso, èquella della Novem di Bagnatica(Bergamo), multinazionale tedesca(con altri dieci stabilimenti nelmondo) specializzata nellacostruzione di interni in legno perautomobili di alta gamma, che nel2012, di fronte alla fuoriuscita dialcuni modelli produttivi di auto, hadeciso di delocalizzare parte dellaproduzione delle macchine di lussoin Cina, con l’avvio di procedure dimobilità per 130 dipendenti senza ilricorso agli ammortizzatori sociali,portando lo stabilimento dai 290 agliattuali 160 addetti. Contrari ailicenziamenti, sindacati e Rsuaziendali hanno proposto contratti disolidarietà per quarantotto mesi. Suposizioni retrive, azienda eConfindustria non li hanno accettatie dopo un’intensa fase di lotta si èarrivati a un accordo con una nuovaformula di ammortizzatore, la “cig insolidarietà” fra tutti i componentidell’organico, che contempla sei oreper turno più altre due di cassa. “Loscambio tra minor lavoro e piùoccupazione ci ha consentito direcuperare quaranta lavoratori perun anno – rileva Comotti –,dimostrando che se si contrattal’organizzazione del lavoro,soprattutto durante i periodi di crisi,le risposte occupazionali arrivano. Ladiscussione con il gruppo si èspostata sul nuovo piano industriale,che dovrebbe portare nel nostroauspicio al riassorbimento di unanovantina di persone: da maggio adoggi ne abbiamo già recuperatequasi la metà, per via di alcunispostamenti produttivi che l’aziendaha fatto. Per la Lombardia la perditadel manifatturiero di qualità non èsolo un problema sindacale, chemette in discussione l’ossaturaproduttiva della regione, ma è anche

un problema di istituzioni e diterritorio. Perciò abbiamo coinvoltotutti i soggetti pubblici affinchécostringano la multinazionale a nonabbandonare l’Italia. In generale, sulmercato del legno di alta gammascontiamo gravi ritardi. Lì, inparticolare, il know how si misura suqualità e trasformazione delprodotto, sull’economia di scala e lacapacità di fare rete fra imprese, cioèproprio su quelli che sono i nostrimali più gravi, che si chiamanopolverizzazione produttiva,frammentazione distributiva, serviziinadeguati. E lo si vede soprattuttosu quest’ultimo terreno, dove ilcliente oggi vuole essere seguito intutte le sue specifiche esigenze,anche dopo la consegna delprodotto. E lì che si gioca laconcorrenza, ed è ciò che manca allamaggior parte delle nostre piccoleaziende. Così come complementareai nuovi andamenti di mercato è ilpoter disporre di una formazioneprofessionale adeguata: anche suquel terreno dobbiamo colmare ungap considerevole”.

VenetoSalta subito agli occhi che tuttal’industria del mobile veneta, untempo assai fiorente, si regge oggigrazie alle esportazioni, ancora increscita. I dati 2013 lo confermano:55.000 i lavoratori (rispetto ai 67.000nel 2008) e 8.500 le imprese (unmigliaio in meno di cinque anni fa,perlopiù in grossa difficoltà, con ilfatturato complessivo precipitato dioltre il 30 per cento) operanti su unmercato interno completamentefermo, segnato dal blocco totaledell’edilizia, e nel quale per ilprossimo futuro non si intravvedonosegnali di ripresa. Moltiplicate senzasosta le ore di cig: dalle 360.000 nel2008 ai 36 milioni toccati a fine 2012,ossia mille volte tanto nell’arco diquattro anni. “Sul pianooccupazionale – sostiene LeoZucchini, segretario della Filleaveneta – l’incremento negli anni pre-crisi aveva coinciso con una fortecrescita della forza lavoro femminile,che, di contro, è stata la prima adessere poi licenziata e spazzata via

all’atto del calo della produzione,tanto che oggi registriamo quasi il 20per cento in meno di donne nelsettore. Invece, per quanto riguardale aziende, proseguono incessanti lechiusure, con i fallimenti che sonoall’ordine del giorno. Ma quel che èpeggio è che non si registranoaperture di nuove realtà produttive.Questo trend attiene in particolare aldistretto tradizionale del mobile,quello di Treviso, dove abbiamodavvero toccato il fondo. Invece, neldistretto del mobile in stile di Veronae Padova, prevalentementeartigianale, con un grandissimonumero di imprese al di sotto deidieci dipendenti, oltre il 70 per centodelle cinquecento realtà esistenti è ingravi condizioni, soprattutto nellazona del Basso Veronese,specializzato in lavorazioni come lalucidatura dei mobili, una faseproduttiva importantissima chetende ormai ad essereesternalizzata”. Al contrario, asalvarsi e a resistere sono quellepoche realtà medio-grandi – nonsuperano il 15 per cento del totale –che hanno investito per tempo inprocessi di ristrutturazione e diriorganizzazione, specializzandosi intermini di trasformazione delprodotto e puntando sull’estero, inparticolare su Estremo Oriente,Russia, ex repubbliche sovietiche epaesi arabi, rispondendo all’altadomanda di prodotti italiani finitiproveniente da quei paesi. “I temivincenti – spiega Zucchini – sono laqualità e la sostenibilità ambientale:se mancano le relative certificazioni,il prodotto all’estero non si vende.Per questo bisogna puntare sulpiano delle risorse, e sarebbe unascelta imprenditoriale da fare,accompagnata da una politicaindustriale ad hoc da parte delleistituzioni. Così come un’altrabattaglia da portare avanti è quelladell’attestazione del marchio diqualità dei nostri distretti, cheattualmente manca e che potrebbepermettere di innalzare laproduzione, assicurandol’espansione dei nostri prodotti suimercati”. Un esempio significativo dipolitica vincente arriva dal gruppo

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diROBERTO GRECO

VIAGGIO TRA LE REALTÀ DEL SETTORE

Ancora in piedigrazie all’exportI marchi storici

quasi tuttiin difficoltà:

nel complesso, dal 2008 ad oggi

persi 68 mila postidi lavoro con

la chiusura di 1.400 aziende

sul territorio. Ma nel 2014 si

potrebbe invertireil trend negativo

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M. C

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Battistella di Pieve di Soligo(Treviso), specializzato in soggiornie camerette. Dal 2009 ha optato perl’export, riuscendo ad attraversare ilcampo minato della crisi senza doverricorrere neanche a un’ora di cig peri suoi trecento dipendenti.

Friuli Venezia GiuliaÈ un’emorragia continua nei duedistretti che costituiscono la spinadorsale del settore in Friuli VeneziaGiulia: quello del mobile diPordenone e quello della sedia diManzano (Udine), ambedue toccatipesantemente dalla crisi. Dei 30.000occupati tra industria e artigianatodel 2008, ne restano 23.000 e leperdite sono ripartite fra i duedistretti (3.500 unità a Manzano e3.000 a Pordenone). Nello stessoarco di tempo è fallita unamoltitudine di imprese:impressionante è il dato relativo aldistretto della sedia, dove delledodici realtà più grandi con oltrecento addetti, esistenti nel 2000, nesopravvive solo una, la Caligari, cheannovera una componenteimpiegatizia assai alta. Altroindicatore che sottolinea la gravitàdella crisi, la cig, schizzata al 41 percento in più nell’ultimo anno. “Lasituazione è oltremodo pesante –conferma Villiam Pezzetta, segretariodella Fillea friulana –, perché alledifficoltà produttive si sono aggiuntiostacoli finanziari, che hanno creatoproblemi nel pagamento dellespettanze a lavoratori e fornitori. Conla globalizzazione prima e la crisipoi, ambedue i distretti sono finiticon il ‘culo per terra’, perché sonovenute a galla tutte le carenze e leinadeguatezze che li caratterizzanoda sempre, come l’incapacità di fareaggregazione fra imprese, l’assenzadi una politica di marketing, l’averpuntato su prodotti a basso costoanziché di qualità, eccetera In più,prima dava una mano la svalutazionedella vecchia moneta e la pocaconcorrenza estera si riflettevasull’andamento dei prezzi e sul costodella manodopera. Poi è cambiatotutto, e la polverizzazione delleaziende è stata micidiale, aggravandoil quadro: si sono salvate solo lepoche imprese attrezzate, che hannoinnovato, allargando anche lagamma dei loro prodotti”. Unesempio virtuoso è la Moroso diTavagnacco (Udine), che producedivani e arredi di gran livello, benposizionata in Europa, tanto daaprire show room pressochéovunque, e presente anche negli Usagrazie a una buona politica dimarketing. “Questo ha permessoall’azienda di mitigare gli effetti dellacrisi – osserva Pezzetta –,mantenendo inalterata la propriaforza lavoro e riuscendo a dare pergiunta ai 120 dipendenti italiani unpremio di risultato legato agliobiettivi di produzione. È il frutto diuna gestione oculata, che ha saputoincrementare la percentuale dellavoro all’estero, investendovifortemente fin dall’inizio. Tutte coseche non hanno saputo fare altriimprenditori che hanno chiuso,anche se le potenzialità per unaripartenza ci sarebbero, soprattuttonel comparto del legno puro, che haprospettive di ripresa. Il guaio è cheper il momento non si muove nulla,perché nessuno se la sente più diinvestire”.

Emilia RomagnaAspettando Godot, che in questocaso significa la ripresa dell’edilizia.È quello che attende il settore dellegno-arredo emiliano, che staattraversando un periodo nero, conla perdita di oltre il 10 per centodella forza lavoro dallo scoppio dellacrisi (dai 17.000 addetti del 2008 agliattuali 15.000), malgrado il massiccioricorso alla cig. I comparti più colpitisono quelli degli imballaggi e diporte e infissi, dove non si contanopiù i processi di ristrutturazione, lecrisi di liquidità, le procedure

concorsuali e gli esuberi strutturali,che spesso superano la metà degliorganici aziendali. Ma in gravidifficoltà c’è anche il distretto delmobile imbottito (Forlì e Faenza),penalizzato dalla concorrenza alribasso sui prezzi a discapito dellaqualità del prodotto. Ed è in fortesofferenza, con aziende che hannochiuso i battenti o stanno per essererilevate dalla concorrenza straniera(Cina), a causa del mercato ormaisaturo, persino la nautica da diporto(da Forlì a Cattolica), un tempo fioreall’occhiello del settore per l’altaredditività delle aziende e la grandeprofessionalità degli addetti. “Lamaggior parte delle crisi aziendali –commenta Luigi Giove, segretariodella Fillea Emilia Romagna – sonolegate alla dinamica negativa che hacolpito l’edilizia residenziale e pertrovare una via d’uscita moltiimprenditori avrebbero bisogno diaprire nuovi canali commerciali,magari all’estero, anche se per ilmomento una simile eventualità èassai difficile. Nella cooperazione,che costituisce da sempre una fettaimportante del nostro apparato

produttivo, si stanno studiandoprocessi di fusione e di aggregazionetra imprese per essere più grandi ecompetitive sul mercato”. C’è ancheperò chi dalla crisi è uscitoaddirittura più forte: è il caso di Atl, ilgruppo forlivese di divani, che loscorso anno si è trasferito a Faenza,salvando la metà (120 dei 240complessivi) dei posti di lavorodell’ex Omsa (che producono oracomponenti per divani anziché calzee collant), oltre alla conferma deipropri dipendenti e alriassorbimento del personaleprecario (per un totale di 450 unitàin organico). Una favola a lieto fine,sancita da un accordo raggiunto coni sindacati e la Regione. “L’aziendaha fatto un cospicuo investimento –precisa Giove – che ha permesso diindustrializzare una produzione inprecedenza artigianale, finendoaddirittura con il triplicarla. Tuttociò, puntando sull’incremento dellaproduttività anziché sulla riduzionedel costo del lavoro, accompagnatada risorse soprattutto nel campodella formazione”.

MarchePassata la bufera, la situazione oraappare stabile e si parla di concretesperanze di ripresa nel 2014. È ilprofilo del distretto dell’arredamento

pesarese, passato nell’ultimoquinquennio da 17.000 a poco più di13.000 addetti, e da 4.000 impresealle attuali 3.200. “Dopo anni di calooccupazionale ininterrotto – sostieneFausto Vertenzi, segretario dellaFillea Marche –, siamo arrivati a unpunto fermo: degli oltre 4.000esuberi accumulati in precedenza,un migliaio sono finiti in mobilità,2.600 sono ancora in cig, mentre 600li abbiamo salvati ricorrendo aicontratti di solidarietà, che hannopermesso di proteggere un pezzo dioccupazione”. Ad essere i più colpitidalla crisi sono stati i grandi marchistorici delle cucine, come Imab,Febal e Berloni, sia pure ognuno constorie differenti. Alla Scavolini,invece, l’esito è stato oltremodopositivo, grazie a una massicciapolitica di investimenti intrapresa findagli anni precedenti alla crisi, apartire dal 2006. “Il gruppo –sottolinea Vertenzi – ha puntato dasubito su progettazione, design,ricerca e know how, per un totale di40 miliardi di risorse, pari al 10 percento del suo fatturato. Sono statiintrodotti processi di automazione in

tutto il ciclo, dalla lavorazione dellamateria prima al carico del prodottofinito. Il management ha poi credutonel fotovoltaico, rendendosi in talmodo autosufficiente dal punto divista energetico. Questo hapermesso, da un lato, diincrementare l’export, raggiungendonuovi mercati come Usa e Canada,dall’altro, ha compensato le ingentiperdite, circa il 40 per cento inmeno, registrate negli ultimi anni sulmercato interno”. Altri esempisignificativi di aziende che hannoresistito alla crisi, scommettendofortemente su qualità e innovazionetecnologica, sono Poltrona Frau eLube Marche, arrivando nel primocaso a produrre sedili anche permarchi al top come la Ferrari.Viceversa, chi non ha avuto ilcoraggio di cambiare ed è rimasto aguardare in attesa degli eventi oggisoccombe. Da questo punto di vistala vicenda della Berloni èemblematica: anni di agoniaininterrotta, tanto da finire inconcordato preventivo, con laperdita di metà organico (120 addettisul totale di 240), e a fine luglioscorso il passaggio di consegne dellamaggioranza delle azioni alla Hcg diTaiwan, una holding che spazia dalmobile all’edilizia fino allacomponentistica per le armi. Un

altro 44 per cento è in mano aIntermedia, un fondo finanziarioformato da banche e investitoriistituzionali, mentre dopo mezzosecolo di attività alla famiglia èrimasto in mano appena il 6 percento. Il relativo accordo con isindacati impegna per ventiquattromesi la nuova proprietà a un parzialeriassorbimento del vecchio organico.

PugliaIl dramma Natuzzi e non solo. Deidivani “made in Italy”, diventatifamosi in tutto il mondo, oggi restapoco o nulla, tanto che a propositodel distretto del salotto pugliese,dislocato tra Bari e le Murge, si parlaormai di settore desertificato e dinuove povertà per quel che riguardal’indotto, dove quasi tutte lemicroaziende, che davano lavorofino a 8.000 persone, sono statespazzate via e le uniche sopravvissutein pochi anni sono state assorbite daicinesi, oppure sono finite ad operareal ribasso presso marchi comeChateau d’Ax e Poltrone e Sofà. Ilcalo del “re del divano” è ininterrottodal 2006 ad oggi, sotto forma diminori volumi di prodotto e diconseguenza di occupati, mentre lascelta di delocalizzare risale a fineanni novanta, con l’apertura distabilimenti in Cina, Romania eBrasile. Crolla la domanda, scende ilfatturato e oggi Natuzzi dichiara 20milioni di perdite l’anno e gli addettisono ridotti in Italia a 2.900 (7.000 ingenerale nel mondo), con l’ultimopiano di riorganizzazione aziendaleaccompagnato da nuovi esuberi per1.726 unità tuttora in discussione altavolo del ministero dello Sviluppoeconomico. Il sindacato ha chiestoche torni in Italia parte delleproduzioni di medio-bassa gamma,per acquisire nel nostro paese unaqualità del prodotto superiore aquella fatta all’estero e di garantirecosì un recupero di lavoro per circaseicento operai. Ma la vertenza èoltremodo difficile, a causa della crisidel mobile imbottito diventatacronica. Un’ecatombe, chenell’ultimo decennio ha travolto piùdel 70 per cento delle imprese deldistretto (dalle 2.200 del 2002 alleattuali 500), con oltre 8.000 posti dilavoro perduti (su un totale di20.000). E chi sta in piedi ha avviatoprocedure di mobilità o utilizza aman bassa la cig in deroga.“Natuzzi èstato un miracolo vero e proprio –ricorda Silvano Penna, segretariodella Fillea pugliese –, se pensiamoche nel nostro territorio non ci sononeanche le strade adeguate a farpassare i tir per il trasporto delprodotto e alla pressoché totaleassenza dei collegamenti con porti einterporti. Divani&Divani haaccentrato tutto il distretto delmobile imbottito attorno a sé,bloccando lo sviluppo del comparto,impedendo alle altre imprese di faresquadra e di avviare lacommercializzazione del prodotto suscala nazionale o, meglio, di crearsisbocchi sui mercati esteri. Haimposto il contoterzismo, scaricandopoi, pur di salvarsi, tutti i costi sullepiccole imprese satelliti. E crollato,Natuzzi, ora inevitabilmente crollatutto”. Certo, ci sono anche delleeccezioni, come Max Divani diAltamura (Bari), piccola azienda dieccellenza con un suo mercato, oaltre realtà come Nicoletti e Calia, maquasi tutte le imprese medio-grandicon 80-100 addetti chiudono perchénon hanno più la capacità di restaresul mercato oppure perché finiscononel sommerso, lavorando al nero. E ilfuturo non si presenta certo menoarduo. “Ci aspettiamo una nuovafortissima riduzione di realtàimprenditoriali – conclude Penna –,anche perché ormai si vendonodivani e poltrone sottocosto a 700euro, destinazione Asia e Russia. Inprospettiva, dovrebbe rimanere unosparuto gruppo di imprese, in gradodi puntare sulla qualità conproduzioni di nicchia”. •

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