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Gino Sabatini Odoardi Vario ART Ostia, 2008 Senza titolo, 2010 Senza titolo, 2010 Senza titolo, 2010 Francesco Poli Senza titolo, 2008 L’Enigma di Isidore Ducasse, 2005 Senza titolo, 2008 (Part.) Senza titolo, 2008 Senza titolo con fantasmi, 2007 Senza titolo con fantasmi, 2007 Senza titolo, 2010 Senza titolo, 2004 Si beve tutto ciò che si scrive, 2002 Gino Sabatini Odoardi Senza titolo con ciotola, 2007 Legno, ciotola in alluminio, smalto Vario
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Vario ART Gino Sabatini Odoardi
Transcript

Gino Sabatini OdoardiIl silenzio assordante degli oggetti

The deafening silence of the objects

Gino Sabatini Odoardi (Pescara 1968)

“Termoformatura in polistirene” è la definizione tecnica del procedimento sfruttato da Gino Sabatini Odoardi per realizzare gran parte dei suoi lavori. E’ una tecnica molto usata nel campo del packaging per la protezione e preser-vazione di ogni genere di prodotti e oggetti, che vengono messi sotto vuoto attraverso una ricopertura in plastica perfettamente aderente alle forme. In questo modo gli oggetti (se la plastica non è trasparente) diventano invisibili e solo le loro impronte, i loro calchi in rilievo emergono in superficie.« Nei primi anni’90 – dice l’artista – ho iniziato i primi esperimenti in sotto-vuoto con dei tentativi non sempre riusciti. L’esigenza era quella di ‘ibernare’ frames di vita quotidiana. Il sottovuoto ha questa grande proprietà di con-gelare/surgelare, bloccare/fissare, imprigionare/immobilizzare, paralizzare, un corpo mediante la sottrazione di una condizione vitale: l’aria. Una sorta di morte momentanea ».Così descritta l’operazione sembra avere soprattutto valenze provoca-toriamente antivitalistiche, ma in effetti la questione è decisamente più problematica e carica di implicazioni estetiche che hanno a che fare con il fondamentale rapporto fra arte e vita, fra forma e contenuto. Con un artificio « plastico » tecnologicamente avanzato (rispetto alla tradizio-nale artigianalità artistica), Sabatini Odoardi porta a dei limiti estremi la con-dizione di esistenza degli oggetti che risultano così completamente estraniati dal mondo esterno di cui facevano parte. Questo straniamento li rende muti fantasmi di se stessi, annullando la loro funzione pratica all’interno di una enigmatica sospensione spazio-temporale.Paradossalmente il processo di « congelamento » avviene attraverso l’azione del calore che permette alla plastica di appropriarsi dell’anima formale delle cose sottostanti. Il risultato appare a prima vista caratterizzato da suggestioni neodadaiste e pop, per il tipo di materiale utilizzato e per il riferimento esplicito alle pratiche di confezionamento e imballaggio commerciali. Ma ciò che trasforma inesorabilmente questi lavori in qualcosa di altro, è l’azzeramento cromatico che crea un inquietante effetto di alienazione, che per contrasto innesca una riflessione critica sulla realtà quotidiana in cui siamo immersi, in partico-lare quella condizionata dall’ossessione bulimica del consumo indotta dal martellare della pubblicità. In altri termini, dunque, la fredda operazione di sottrazione di impatto fisico diretto, di messa sotto vuoto spinto di un ampio campionario di oggetti di varia provenienza, diventa un’ironica ma anche molto seria metafora che rimanda al vuoto di senso della nostra stessa società e dei suoi valori ideologici dominanti.[…] Nei suoi lavori l’artista ha inserito una grande quantità di oggetti (spesso creando, nello stesso pannello plasticato, delle combinazioni incongrue tipo quelle fra una biro e un limone, un microscopio e una scarpa, un statuetta di Cristo e una pipa ecc …) arrivando quasi a far credere di ambire a una defintiva e totalizzante termoformatura di tutto cio’ che ci circonda. Ma c’è un oggetto di uso quotidiano che fin dall’inizio lo ha affascinato per la sua assoluta funzione primaria. Si tratta del semplice bicchiere la cui identità è legata al fatto di essere un esempio emblematico della dialettica mai risolvi-bile definitivamente fra forma e contenuto, vuoto e pieno, negativo e positivo, dentro e fuori.

Francesco Poli

Thermomoulding in polystyrene is the technical definition of the process exploited by Gino Sabatini Odoardi to create most of his work. This technique is used in packaging to protect and preserve all kinds of products and articles; these are vacuum-packed in a plastic covering which adheres perfectly to the shapes. In this way the objects (if the plastic is not transparent) become invisible, and only their prints and relief casts appear on the surface. “In the early 90s”, says the artist, “I started my first experiments with vacuum; my attempts were not always successful. I wanted to hibernate “frames” of daily life. The vacuum has the remarkable ability to freeze/deep freeze, stop/fix, confine/block, paralyse a body by removing a vital element: air. A kind of momentary death.Described in this way, the whole operation seems to work provocatively against life, but in fact the issue is far more complex and reveals aesthetic involvements that have to do with the essential relationship between art and life, between form and content.Using a technologically advanced “plastic” device (compared to traditional arti-stic craftsmanship) Sabatini Odoardi takes to extreme limits the living condition of objects; in this way they become totally estranged from their world. This estrange-ment makes them silent shadows of themselves, nullifying their practical function within an enigmatic spatio-temporal suspension.Paradoxically, the process of ‘freezing’ occurs through the action of heat, thus allowing the plastic to take possession of the formal essence of the things insi-de. Considering the material used and the explicit reference to the wrapping and packaging in trade, at first sight the result suggests strong neo Dadaist and pop impressions. But what changes inexorably these works into something else is the total absence of colour, which creates a disturbing effect of alienation together with an opposing critical consideration about the daily reality in which we are immersed, particularly that bulimic consumer compulsion induced by the hammering effect of advertising. In other words, the impassive act of removing any immediate physical impact and of vacuum-packing a large variety of objects of various origins, beco-mes an ironic but also very serious metaphor which refers to the meaninglessness of society itself and its main ideological values.[...] The artist’s works include a large quantity of objects (often creating odd com-binations in the same plasticized panel, for example a ball point pen and a lemon, a microscope and a shoe, a figurine of Christ and a pipe etc..) almost suggesting an aspiration to a final and complete thermoforming of everything around us. But since the beginning he has been fascinated by an ordinary object for its essential function. It is the simple glass whose identity is a symbolic example of the never completely solved contrast between shape and content, empty and full, negative and positive, inside and out.

Francesco Poli(traduzione Barbara Elizabeth Lewis)

Si è diplomato al Liceo Artistico di Pescara e successivamente in Pittura all’Accademia di Belle Arti di L’Aquila. Negli anni del Liceo ha conosciuto il lavoro di Ettore Spalletti, docente di Discipline pittoriche. Durante gli studi accademici determinanti sono stati gli incontri con Fabio Mauri, docente di Estetica (con il quale è stato performer in “Che cosa è il fascismo” nel 1997 alla Kunsthalle di Klagenfurt in Austria e successivamente assistente), Jannis Kounellis (di cui è stato allievo nel 1998 all’Aquila nell’ambito del Seminario-Laboratorio curato da Sergio Risaliti) e Carmelo Bene che ha avuto la fortuna di incontrare nel gennaio del 1996 al Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea dell’Aquila e a cui ha dedicato nel Giugno 2002 la mostra personale dal titolo “A boccaperta”, al Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università “La Sapienza” di Roma. Artista poliedrico, ma con solidi riferimenti all’arte concettuale, ha al suo attivo un nutrito curriculum di mostre importanti, personali e collettive. La sua prima mostra è del 1984. Tra i vari premi: nel 1999 ha ricevuto da Alfred Pacquement (Centre George Pompidou) “Le prix des Jeunes Createurs” all’Ecole Nationale Supérieure des Beaux-Arts di Parigi, il primo Premio “David Molinari” istituito dall’Accademia di Belle Arti di Firenze, il riconoscimento a Roma (tra gli artisti già affermati in ambito nazionale) “Premio Unione Latina” 2003 e la Menzione Speciale del “Premio Celeste” 2005 di San Gimignano curato da Gianluca Marziani. Nel 2001 è stato invitato da Angela Vettese a prendere parte alla 52° edizione del Premio Michetti. Nel 2003 è uscita la sua monografia “Controindicazioni” in ed. Lithos, nella raccolta di saggi, documenti ed interviste “Artisticamente”, collana dell’Università “La Sapienza” di Roma. Nel 2005 ha esposto a Torino ad Artissima 12 il nuovo ciclo di lavori realizzati con l’innovativo processo della “Termoformatura”, in tale occasione è stato presentato il catalogo monografico “The White Album” a cura di Luca Beatrice. Nel 2006 nello spazio di Viafarini a Milano, ha par-tecipato al workshop con Antoni Muntadas curato da Gabi Scardi. Nel 2010 è uscito il suo grande volume monografico a cura di Francesco Poli e Massimo Carboni nelle ed. Logos. Vive e lavora ad Alanno (Pescara).

He graduated from the Liceo Artistico in Pescara and later in Painting from the Academy of Fine Arts in L’Aquila. When attending High School he met the work of Ettore Spalletti an Art teacher. During his studies at the Academy the encounters with Fabio Mauri, an Aesthetics teacher, have been very important (he worked as a performer with him in “What is fascism” in 1997 at the Kunsthalle of Klagenfurt in Austria and later as an assistant), Jannis Kounellis (he has been a student of his in 1998 in L’Aquila during a seminary-workshop edited by Sergio Risaliti) and Carmelo Bene whom he was lucky to meet in January 1996 at the Mu-seo Sperimentale of L’Aquila and to whom he has devoted a solo exhibition entitled “Open mouthed” in June 2002 at the Museo Laboratorio di Arte Contemporanea at the university “La Sapienza” in Rome. A versatile artist, but with solid references to the conceptual art, he has made lots of important exhibitions both solo and in group. His first exhibition was in 1984. Among the awards : in 1999 he received from Alfred Pacquement (Centre George Pompidou) “Le prix des jeunes créateurs” at the Ecole Nationale Supérieure des Beaux Arts in Paris, the first prize “David Molinari” found by the Academy of Fine Arts in Florence, a recognition prize in Rome (among the artists already famous nationwide) “Premio Unione Latina” in 2003 and the special mention of “Premio Celeste” 2005 of San Gimignano edited by Gianluca Marziani. In 2001 Angela Vettese has invited him to participate to the 52nd edition of Premio Michetti.In 2003 his monograph came out “Controindicazioni” edited by Lithos. It is a compilation of essays, documents and interviews “Artisticamente” book series of University “La Sapienza” in Rome. In 2005 he exhibited in Turin at Artissima 12 the new cycle of works done with the innovative process of the “Termoformatura” in this occasion his monograph catalogue “The White Album” edited by Luca Beatrice has been presented. In 2006 in the space of Viafarini in Milan, he took part into the workshop with Antoni Muntadas edited by Gabi Scardi. In 2010 Logos editions have released his great monographic book with critical essays by Francesco Poli and Massimo Carboni. He lives and works in Alanno (Pescara).

Ostia, 2008

Senza titolo, 2010

Senza titolo, 2010

Senza titolo, 2010 Senza titolo, 2008

Senza titolo con fantasmi, 2007

Senza titolo con fantasmi, 2007Senza titolo, 2008Senza titolo, 2006

Senza titolo, 2008

(Part.) Senza titolo, 2008

L’Enigma di Isidore Ducasse, 2005

Senza titolo, 2010

Senza titolo, 2002/2009

Si beve tutto ciò che si scrive, 2002

Senza titolo, 2004Vario ART

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iRestauri

Infrastrutture culturali

Manifestazioni musicali

Convegno Italia- Serbia

VARIO ART 48X67 Gino Sabatini Odoardi.indd 1 14/04/11 10:23

Gino Sabatini OdoardiIl silenzio assordante degli oggetti

“Termoformatura in polistirene” è la definizione tecnica del procedimento sfruttato da Gino Sabatini Odoardi per realizzare gran parte dei suoi lavori. E’ una tecnica molto usata nel campo del packaging per la protezione e preser-vazione di ogni genere di prodotti e oggetti, che vengono messi sotto vuoto attraverso una ricopertura in plastica perfettamente aderente alle forme. In questo modo gli oggetti (se la plastica non è trasparente) diventano invisibili e solo le loro impronte, i loro calchi in rilievo emergono in superficie.« Nei primi anni’90 – dice l’artista – ho iniziato i primi esperimenti in sotto-vuoto con dei tentativi non sempre riusciti. L’esigenza era quella di ‘ibernare’ frames di vita quotidiana. Il sottovuoto ha questa grande proprietà di con-gelare/surgelare, bloccare/fissare, imprigionare/immobilizzare, paralizzare, un corpo mediante la sottrazione di una condizione vitale: l’aria. Una sorta di morte momentanea ».Così descritta l’operazione sembra avere soprattutto valenze provoca-toriamente antivitalistiche, ma in effetti la questione è decisamente più problematica e carica di implicazioni estetiche che hanno a che fare con il fondamentale rapporto fra arte e vita, fra forma e contenuto. Con un artificio « plastico » tecnologicamente avanzato (rispetto alla tradizio-nale artigianalità artistica), Sabatini Odoardi porta a dei limiti estremi la con-dizione di esistenza degli oggetti che risultano così completamente estraniati dal mondo esterno di cui facevano parte. Questo straniamento li rende muti fantasmi di se stessi, annullando la loro funzione pratica all’interno di una enigmatica sospensione spazio-temporale.Paradossalmente il processo di « congelamento » avviene attraverso l’azione del calore che permette alla plastica di appropriarsi dell’anima formale delle cose sottostanti. Il risultato appare a prima vista caratterizzato da suggestioni neodadaiste e pop, per il tipo di materiale utilizzato e per il riferimento esplicito alle pratiche di confezionamento e imballaggio commerciali. Ma ciò che trasforma inesorabilmente questi lavori in qualcosa di altro, è l’azzeramento cromatico che crea un inquietante effetto di alienazione, che per contrasto innesca una riflessione critica sulla realtà quotidiana in cui siamo immersi, in partico-lare quella condizionata dall’ossessione bulimica del consumo indotta dal martellare della pubblicità. In altri termini, dunque, la fredda operazione di sottrazione di impatto fisico diretto, di messa sotto vuoto spinto di un ampio campionario di oggetti di varia provenienza, diventa un’ironica ma anche molto seria metafora che rimanda al vuoto di senso della nostra stessa società e dei suoi valori ideologici dominanti.[…] Nei suoi lavori l’artista ha inserito una grande quantità di oggetti (spesso creando, nello stesso pannello plasticato, delle combinazioni incongrue tipo quelle fra una biro e un limone, un microscopio e una scarpa, un statuetta di Cristo e una pipa ecc …) arrivando quasi a far credere di ambire a una defintiva e totalizzante termoformatura di tutto cio’ che ci circonda. Ma c’è un oggetto di uso quotidiano che fin dall’inizio lo ha affascinato per la sua assoluta funzione primaria. Si tratta del semplice bicchiere la cui identità è legata al fatto di essere un esempio emblematico della dialettica mai risolvi-bile definitivamente fra forma e contenuto, vuoto e pieno, negativo e positivo, dentro e fuori.

Francesco Poli

Ostia, 2008

Senza titolo, 2010

Senza titolo, 2010

Senza titolo, 2010

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Senza titolo, 2008

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The deafening silence of the objectsThermomoulding in polystyrene is the technical definition of the process exploited by Gino Sabatini Odoardi to create most of his work. This technique is used in packaging to protect and preserve all kinds of products and articles; these are vacuum-packed in a plastic covering which adheres perfectly to the shapes. In this way the objects (if the plastic is not transparent) become invisible, and only their prints and relief casts appear on the surface. “In the early 90s”, says the artist, “I started my first experiments with vacuum; my attempts were not always successful. I wanted to hibernate “frames” of daily life. The vacuum has the remarkable ability to freeze/deep freeze, stop/fix, confine/block, paralyse a body by removing a vital element: air. A kind of momentary death.Described in this way, the whole operation seems to work provocatively against life, but in fact the issue is far more complex and reveals aesthetic involvements that have to do with the essential relationship between art and life, between form and content.Using a technologically advanced “plastic” device (compared to traditional arti-stic craftsmanship) Sabatini Odoardi takes to extreme limits the living condition of objects; in this way they become totally estranged from their world. This estrange-ment makes them silent shadows of themselves, nullifying their practical function within an enigmatic spatio-temporal suspension.Paradoxically, the process of ‘freezing’ occurs through the action of heat, thus allowing the plastic to take possession of the formal essence of the things insi-de. Considering the material used and the explicit reference to the wrapping and packaging in trade, at first sight the result suggests strong neo Dadaist and pop impressions. But what changes inexorably these works into something else is the total absence of colour, which creates a disturbing effect of alienation together with an opposing critical consideration about the daily reality in which we are immersed, particularly that bulimic consumer compulsion induced by the hammering effect of advertising. In other words, the impassive act of removing any immediate physical impact and of vacuum-packing a large variety of objects of various origins, beco-mes an ironic but also very serious metaphor which refers to the meaninglessness of society itself and its main ideological values.[...] The artist’s works include a large quantity of objects (often creating odd com-binations in the same plasticized panel, for example a ball point pen and a lemon, a microscope and a shoe, a figurine of Christ and a pipe etc..) almost suggesting an aspiration to a final and complete thermoforming of everything around us. But since the beginning he has been fascinated by an ordinary object for its essential function. It is the simple glass whose identity is a symbolic example of the never completely solved contrast between shape and content, empty and full, negative and positive, inside and out.

Francesco Poli(traduzione Barbara Elizabeth Lewis)

Senza titolo, 2008Senza titolo, 2006

Senza titolo, 2008

(Part.) Senza titolo, 2008

L’Enigma di Isidore Ducasse, 2005

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Senza titolo con fantasmi, 2007

Senza titolo con fantasmi, 2007

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Gino Sabatini OdoardiIl silenzio assordante degli oggetti

The deafening silence of the objects

Gino Sabatini Odoardi (XXXX (XX) 19XX)

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Termoformatura in polistirene è la definizione tecnica del procedimento sfruttato da Gino Sabatini Odoardi per realizzare gran parte dei suoi lavori. E’ una tecnica molto usata nel campo del packaging per la protezione e preservazione di ogni genere di prodotti e oggetti, che vengono messi sotto vuoto attraverso una rico-pertura in plastica perfettamente aderente alle forme. In questo modo gli oggetti (se la plastica non è trasparente) diventano invisibili e solo le loro impronte, i loro calchi in rilievo emergono in superficie.« Nei primi anni’90 – dice l’artista – ho iniziato i primi esperimenti in sottovuoto con dei tentativi non sempre riusciti. L’esigenza era quella di ‘ibernare’ frames di vita quotidiana. Il sottovuoto ha questa grande proprietà di congelare/surgelare, bloccare/fissare, imprigionare/immobilizzare, paralizzare, un corpo mediante la sottrazione di una condizione vitale: l’aria. Una sorta di morte momentanea ».Così descritta l’operazione sembra avere soprattutto valenze provocatoriamente antivitalistiche, ma in effetti la questione è decisamente più problematica e carica di implicazioni estetiche che hanno a che fare con il fondamentale rapporto fra arte e vita, fra forma e contenuto. Con un artificio « plastico » tecnologicamente avanzato (rispetto alla tradizionale artigianalità artistica), Sabatini Odoardi porta a dei limiti estremi la condizione di esistenza degli oggetti che risultano così completamente estraniati dal mondo esterno di cui facevano parte. Questo straniamento li rende muti fantasmi di se stessi, annullando la loro funzione pratica all’interno di una enigmatica sospensio-ne spazio-temporale.Paradossalmente il processo di « congelamento » avviene attraverso l’azione del calore che permette alla plastica di appropriarsi dell’anima formale delle cose sottostanti. Il risultato appare a prima vista caratterizzato da suggestioni neodadaiste e pop, per il tipo di materiale utilizzato e per il riferimento esplicito alle pratiche di confezionamento e imballaggio commerciali. Ma ciò che trasforma inesorabil-mente questi lavori in qualcosa di altro, è l’azzeramento cromatico che crea un inquietante effetto di alienazione, che per contrasto innesca una riflessione critica sulla realtà quotidiana in cui siamo immersi, in particolare quella condizionata dall’ossessione bulimica del consumo indotta dal martellare della pubblicità. In altri termini, dunque, la fredda operazione di sottrazione di impatto fisico diretto, di messa sotto vuoto spinto di un ampio campionario di oggetti di varia provenienza, diventa un’ironica ma anche molto seria metafora che rimanda al vuoto di senso della nostra stessa società e dei suoi valori ideologici dominanti.

[…] Nei suoi lavori l’artista ha inserito una grande quantità di oggetti (spesso cre-ando, nello stesso pannello plasticato, delle combinazioni incongrue tipo quelle fra una biro e un limone, un microscopio e una scarpa, un statuetta di Cristo e una pipa ecc …) arrivando quasi a far credere di ambire a una defintiva e totalizzante termoformatura di tutto cio’ che ci circonda. Ma c’è un oggetto di uso quotidia-no che fin dall’inizio lo ha affascinato per la sua assoluta funzione primaria. Si tratta del semplice bicchiere la cui identità è legata al fatto di essere un esempio emblematico della dialettica mai risolvibile definitivamente fra forma e contenuto, vuoto e pieno, negativo e positivo, dentro e fuori.

Francesco Poli

Thermomoulding in polystyrene is the technical definition of the process ex-ploited by Gino Sabatini Odoardi to create most of its work. This technique is used in packaging to protect and preserve every kind of products and articles; these are vacuum packed in a plastic covering which sticks perfectly to the shapes. In this way the objects (if the plastic is not transparent) become invisi-ble, and only their prints and relief casts appear on the surface. “In the first 90s, says the artist, I started my first experiments with vacuum; my attempts were not always successful. I wanted to hibernate “frames” of daily life. The vacuum has the remarkable ability of freezing/deep freezing, stopping/fixing, confining/blocking, paralysing a body by removing a vital ele-ment : the air. A kind of momentary death.Described in this way, all the operation seems to be against life in a provoca-tive way, but in fact the question is far more problematic and shows aesthetic involvements that have to do with the essential relationship between art and life, between form and content.Using a technologically advanced “plastic” device (compared to the traditional artistic craftsmanship) Sabatini Odoardi takes to extreme limits the living con-dition of objects; in this way they become totally estranged from their world. This estrangement makes them silent shadows of themselves, nullifying their practical function within an enigmatic spatio-temporal suspension.Paradoxically, the process of ‘freezing’ occurs through the action of heat, thus allowing the plastic to take possession of the formal essence of the things in-side. Considering the material used and the explicit reference to the wrapping and packaging in trade, at first sight the result shows strong neo Dadaist and pop impressions. But what changes inexorably these works into something else is the total absence of colour, which creates a worryingly effect of alie-nation together with an opposite critical consideration about the daily reality in which we are immersed, particularly that bulimic consumer compulsion induced by the hammering of advertising. In other words, the cool operation of removing any physical immediate impact and of vacuum packing a large variety of objects of various origins, becomes an ironic but also a very serious metaphor which refers to the meaningless of the society itself and of its main ideological values.[...] In his works the artist inserted a great deal of objects (often creating odd combinations in the same plasticized panel, for example a ball point pen and a lemon, a microscope and a shoe, a figurine of Christ and a pipe etc..) almost suggesting to aspire to a final and complete thermoforming of everything around us. But since the beginning he has been fascinated by an ordinary object for its absolutely important function. It is the simple glass whose identity is a symbolic example of the never completely solved contrast between shape and content, empty and full, negative and positive, inside and outside.

Francesco Poli

Si è diplomato al Liceo Artistico di Pescara e successivamente in Pittura all’Accademia di Belle Arti di L’Aquila. Negli anni del Liceo ha conosciuto il lavoro di Ettore Spalletti, docente di Discipline pittoriche. Durante gli studi accademici determinanti sono stati gli incontri con Fabio Mauri, docente di Estetica (con il quale è stato performer in “Che cosa è il fascismo” nel 1997 alla Kunsthalle di Klagenfurt in Austria e successivamente assistente), Jannis Kounellis (di cui è stato allievo nel 1998 all’Aquila nell’ambito del Seminario-Laboratorio curato da Sergio Risaliti) e Carmelo Bene che ha avuto la fortuna di incontrare nel gennaio del 1996 al Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea dell’Aquila e a cui ha dedicato nel Giugno 2002 la mostra personale dal titolo “A boccaperta”, al Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università “La Sapienza” di Roma. Artista poliedrico, ma con solidi riferimenti all’arte concettuale, ha al suo attivo un nutrito curriculum di mostre importanti, personali e collettive. La sua prima mostra è del 1984. Tra i vari premi: nel 1999 ha ricevuto da Alfred Pacquement (Centre George Pompidou) “Le prix des Jeunes Createurs” all’Ecole Nationale Supérieure des Beaux-Arts di Parigi, il primo Premio “David Molinari” istituito dall’Accademia di Belle Arti di Firenze, il riconoscimento a Roma (tra gli artisti già affermati in ambito nazionale) “Premio Unione Latina” 2003 e la Menzione Speciale del “Premio Celeste” 2005 di San Gimignano curato da Gianluca Marziani. Nel 2001 è stato invitato da Angela Vettese a prendere parte alla 52° edizione del Premio Michetti. Nel 2003 è uscita la sua monografia “Controindicazioni” in ed. Lithos, nella raccolta di saggi, documenti ed interviste “Artisticamente”, collana dell’Università “La Sapienza” di Roma. Nel 2005 ha esposto a Torino ad Artissima 12 il nuovo ciclo di lavori realizzati con l’innovativo processo della “Termoformatura”, in tale occasione è stato presentato il catalogo monografico “The White Album” a cura di Luca Beatrice. Nel 2006 nello spazio di Viafarini a Milano, ha par-tecipato al workshop con Antoni Muntadas curato da Gabi Scardi. Nel 2010 è uscito il suo grande volume monografico a cura di Francesco Poli e Massimo Carboni nelle ed. Logos. Vive e lavora ad Alanno (Pescara).

He graduated from the Liceo Artistico in Pescara and later in Painting from the Academy of Fine Arts in L’Aquila. When attending High School he met the work of Ettore Spalletti an Art teacher. During his studies at the Academy the encounters with Fabio Mauri, an Aesthetics teacher, have been very important (he worked as a performer with him in “What is fascism” in 1997 at the Kunsthalle of Klagenfurt in Austria and later as an assistant), Jannis Kounellis (he has been a student of his in 1998 in L’Aquila during a seminary-workshop edited by Sergio Risaliti) and Carmelo Bene whom he was lucky to meet in January 1996 at the Mu-seo Sperimentale of L’Aquila and to whom he has devoted a solo exhibition entitled “Open mouthed” in June 2002 at the Museo Laboratorio di Arte Contemporanea at the university “La Sapienza” in Rome. A versatile artist, but with solid references to the conceptual art, he has made lots of important exhibitions both solo and in group. His first exhibition was in 1984. Among the awards : in 1999 he received from Alfred Pacquement (Centre George Pompidou) “Le prix des jeunes créateurs” at the Ecole Nationale Supérieure des Beaux Arts in Paris, the first prize “David Molinari” found by the Academy of Fine Arts in Florence, a recognition prize in Rome (among the artists already famous nationwide) “Premio Unione Latina” in 2003 and the special mention of “Premio Celeste” 2005 of San Gimignano edited by Gianluca Marziani. In 2001 Angela Vettese has invited him to participate to the 52nd edition of Premio Michetti.In 2003 his monograph came out “Controindicazioni” edited by Lithos. It is a compilation of essays, documents and interviews “Artisticamente” book series of University “La Sapienza” in Rome. In 2005 he exhibited in Turin at Artissima 12 the new cycle of works done with the innovative process of the “Termoformatura” in this occasion his monograph catalogue “The White Album” edited by Luca Beatrice has been presented. In 2006 in the space of Viafarini in Milan, he took part into the workshop with Antoni Muntadas edited by Gabi Scardi. In 2010 Logos editions have released his great monographic book with critical essays by Francesco Poli and Massimo Carboni. He lives and works in Alanno (Pescara).

Ostia, 2008

Senza titolo, 2010

Senza titolo, 2010

Senza titolo, 2010 Senza titolo con ciotola, 2007

Senza titolo, 2008

Senza titolo con fantasmi, 2007

Senza titolo con fantasmi, 2007Senza titolo, 2008 Senza titolo, 2008

L’Enigma di Isidore Ducasse, 2005

Senza titolo, 2010

Senza titolo, 2002

Si beve tutto ciò che si scrive, 2002

Senza titolo, 2004

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Vario ART

Gino Sabatini Odoardi (Pescara 1968)

Si è diplomato al Liceo Artistico di Pescara e successivamente in Pittura all’Accademia di Belle Arti di L’Aquila. Negli anni del Liceo ha conosciuto il lavoro di Ettore Spalletti, docente di Discipline pittoriche. Durante gli studi accademici determinanti sono stati gli incontri con Fabio Mauri, docente di Estetica (con il quale è stato performer in “Che cosa è il fascismo” nel 1997 alla Kunsthalle di Klagenfurt in Austria e successivamente assistente), Jannis Kounellis (di cui è stato allievo nel 1998 all’Aquila nell’ambito del Seminario-Laboratorio curato da Sergio Risaliti) e Carmelo Bene che ha avuto la fortuna di incontrare nel gennaio del 1996 al Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea dell’Aquila e a cui ha dedicato nel Giugno 2002 la mostra personale dal titolo “A boccaperta”, al Museo Labo-ratorio di Arte Contemporanea dell’Università “La Sapienza” di Roma. Artista poliedrico, ma con solidi riferimenti all’arte concettuale, ha al suo attivo un nutrito curriculum di mostre importanti, personali e collettive. La sua prima mostra è del 1984. Tra i vari premi: nel 1999 ha ricevuto da Alfred Pacque-ment (Centre George Pompidou) “Le prix des Jeunes Createurs” all’Ecole Nationale Supérieure des Beaux-Arts di Parigi, il primo Premio “David Molinari” istituito dall’Accademia di Belle Arti di Firenze, il riconoscimento a Roma (tra gli artisti già affermati in ambito nazionale) “Premio Unione Latina” 2003 e la Menzione Speciale del “Premio Celeste” 2005 di San Gimignano curato da Gianluca Marziani. Nel 2001 è stato invitato da Angela Vettese a prendere parte alla 52° edizione del Premio Michetti. Nel 2003 è uscita la sua monografia “Controindicazioni” in ed. Lithos, nella raccolta di saggi, documenti ed interviste “Artisticamente”, collana dell’Università “La Sapienza” di Roma. Nel 2005 ha esposto a Torino ad Artissima 12 il nuovo ciclo di lavori realizzati con l’innovativo processo della “Termoformatura”, in tale occasione è stato presentato il catalogo monografico “The White Album” a cura di Luca Beatrice. Nel 2006 nello spazio di Viafarini a Milano, ha partecipato al workshop con Antoni Muntadas curato da Gabi Scardi. Nel 2010 è uscito il suo grande volume monografico a cura di Francesco Poli e Massimo Carboni nelle ed. Logos. Vive e lavora ad Alanno (Pescara).

He graduated from the Liceo Artistico in Pescara and later in Painting from the Academy of Fine Arts in L’Aquila. When attending High School he met the work of Ettore Spalletti an Art teacher. During his studies at the Academy the encounters with Fabio Mauri, an Aesthetics teacher, have been very important (he worked as a performer with him in “What is fascism” in 1997 at the Kun-sthalle of Klagenfurt in Austria and later as an assistant), Jannis Kounellis (he has been a student of his in 1998 in L’Aquila during a seminary-workshop edited by Sergio Risaliti) and Carmelo Bene whom he was lucky to meet in January 1996 at the Museo Sperimentale of L’Aquila and to whom he has devoted a solo exhibition entitled “Open mouthed” in June 2002 at the Museo Laboratorio di Arte Contemporanea at the university “La Sapienza” in Rome. A versatile artist, but with solid references to the conceptual art, he has made lots of important exhibitions both solo and in group. His first exhibition was in 1984. Among the awards : in 1999 he received from Alfred Pacquement (Centre George Pompidou) “Le prix des jeunes créateurs” at the Ecole Nationale Supérieure des Beaux Arts in Paris, the first prize “David Molinari” found by the Academy of Fine Arts in Floren-ce, a recognition prize in Rome (among the artists already famous nationwide) “Premio Unione Latina” in 2003 and the special mention of “Premio Celeste” 2005 of San Gimignano edited by Gianluca Marziani. In 2001 Angela Vettese has invited him to participate to the 52nd edition of Premio Michetti.In 2003 his monograph came out “Controindicazioni” edited by Lithos. It is a compilation of es-says, documents and interviews “Artisticamente” book series of University “La Sapienza” in Rome. In 2005 he exhibited in Turin at Artissima 12 the new cycle of works done with the innovative process of the “Termoformatura” in this occasion his monograph catalogue “The White Album” edited by Luca Beatrice has been presented. In 2006 in the space of Viafarini in Milan, he took part into the workshop with Antoni Muntadas edited by Gabi Scardi. In 2010 Logos editions have released his great monographic book with critical essays by Francesco Poli and Massimo Carboni. He lives and works in Alanno (Pescara).

Senza titolo, 2010

Senza titolo, 2002/2009

Si beve tutto ciò che si scrive, 2002

Senza titolo, 2004

Senza titolo-1 7 24/01/11 11:21

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Disegno, 2010

Enzo De Leonibus / Le ragioni del cuore Heart’s reasons

Quando arte e vita si incontrano, spesso sembrano produrre effetti opposti. Ad esem-pio, stando alle vicende delle avanguardie storiche, assistiamo alla formazione di una polarità fra esasperato individualismo e azione collettiva (ultimamente, con sempre più chiari intenti di analisi e critica sociale). In sintesi, da una parte troviamo l’estremismo narcisistico della Body Art; dall’altra, l’assunzione della realtà come repertorio creativo (Happening, Situazionismo, ecc.).Non scopriamo nulla di nuovo, se diciamo che questa è una dicotomia del tutto fittizia, e che si risolve in unità nella figura dell’artista. Nel primo caso, con maggiore incidenza fisica (all’estremo, con vere e proprie modificazioni anatomiche). Nel secondo, invece, grazie al suo ruolo di catalizzatore, ad un tempo regista e attore, colto nell’atto di cam-biare una situazione data (anche in funzione direttamente politica).Esiste però una terza via. È il modello duchampiano, che sta comunque all’origine di tutte queste pratiche. Si tratta, in pratica, dell’applicazione di una matrice artistica al tessuto esistenziale dell’autore nella sua integrità. Non sempre, però, è una scelta. Più spesso è un imperativo che dalla sfera estetica si allarga a quella etica, della condotta personale. In tal caso, allora, diventa una condizione definitiva, inappellabile, ineludibile.Enzo De Leonibus si trova esattamente in quest’ultima situazione. Da diversi anni, ormai, le sue esperienze artistiche travalicano i confini che dovrebbero dividere i due territori. Tuttavia, niente gli è più estraneo del decadentismo di D’Annunzio. L’illustre conterraneo, infatti, puntava a fare della propria vita un’opera d’arte, esemplare per originalità, ricchezza, varietà. Per Enzo De Leonibus, al contrario, è più corretto par-lare di “opera-mondo”. La sua poetica, effettivamente, incontra la vita vissuta, ma la trasforma in un universo stereometrico, dove l’identità di pensiero e azione artistica è applicata alla quotidianità. Il che, ripetiamo, non significa estetizzare la vita. Né, tanto meno, rappresenta l’irruzione della realtà nell’opera. È, invece, un tipo di progettualità basata su principi artistici, che indirizza (o fagocita) ogni attività, si tratti di oggetti propriamente artistici, di iniziative curatoriali o vicende personali. In sintesi, è la rea-lizzazione di un’opera – colta nel suo farsi – su scala esistenziale, la cui conclusione, probabilmente, si prolungherà ben oltre la vita stessa dell’autore.Non essendoci soluzione di continuità nel corpus delle opere, non ha nemmeno più senso erigere steccati fra i diversi linguaggi. Sculture, foto, video, infatti, rispondono solo ad una suprema istanza di chiarezza. Enzo De Leonibus, che appartiene all’antica aristocrazia artigianale, padroneggia le tecniche e, di volta in volta, impiega quella più idonea a manifestare il suo doloroso bisogno di realismo. (È, questo del realismo, un argomento su cui ritorneremo più avanti. Per ora, ci basti sapere che De Leonibus è da sempre fedele ad un assunto di “oggettività” alieno da ogni astrazione puramente formalistica.)Personalmente, considero AMORE MIO una pietra miliare nel percorso di Enzo De Leonibus. Perché condensa tutti gli aspetti di cui abbiamo parlato finora. È una instal-lazione video che assume una realtà di fatto, tangibile, come campo di riferimento. Mo-stra un’iconografia familiare, ma ha un valore metaforico così intenso, che la proietta direttamente nell’empireo della poesia.Secondo il progetto originale, AMORE MIO è costruito intorno ad una grande proie-zione a parete, coronata, a terra, da una decina di monitor. Le immagini, nel buio, trasmettono il palpitante silenzio di alcuni cuori malati, ripresi nel corso di operazioni cardiache. La modificazione ambientale, provocata dall’intrinseca solennità dell’opera, si trasmette al nostro apparato percettivo. Restiamo sospesi, quasi incantati fino allo smarrimento, in un vortice di tessuti vibranti, di fibre e colori saturi.Pur essendo un’opera ricca di pathos, comunque, non c’è uno sviluppo narrativo. Ri-

correndo a categorie abusate, potremmo dire che AMORE MIO rientra nell’ambito della “rappresentazione”, più che in quello della “comunicazione”. È un simbolo, non un’al-legoria. Durante la visione, infatti, veniamo trasportati nel flusso della vita. Nell’essenza universale della vita. Non si tratta di un’allusione a qualche vita emblematica, partico-larmente esemplare, da magnificare al mondo intero. È invece, una sintesi rigorosa, lucida fino alla crudeltà, dell’esistenza. Anzi, dell’Esistenza.Il cuore, dunque. Per i poeti romantici (e tutta la melassa consumistica) è la sede degli affetti. Per gli scienziati è un muscolo retrattile, centro della circolazione sanguigna. Per i mercanti di organi, un articolo in catalogo fra tanti. Ma per gli altri, è l’organo vitale per antonomasia. Ecco dove comincia la ricerca di Enzo De Leonibus. Da quel dato comune che unisce tutta l’umanità. Senza distinzione di razza, ceto, religione.Però, trattandosi di un artista della sua levatura, non possiamo limitarci al messaggio esteriore, di ecumenica uguaglianza fra tutti i popoli della terra. Per Enzo De Leonibus, come abbiamo anticipato, il dato di partenza è sempre oggettivo. Qui si tratta della rap-presentazione – quanto mai “realistica” – del nostro apparato vitale. La riproduzione, cioè, della struttura anatomica che rivela l’identità di tutti gli appartenenti al genere umano. E l’immagine di ritorno, mediata dall’arte, ci restituisce una sorta di ritratto collettivo dell’umanità. (E del ritratto ha tutte le caratteristiche. Dalla somiglianza fi-sionomica alla compostezza compositiva. Dal contegno araldico alla lugubre capacità profetica.)A ben vedere, proprio di questo si tratta. Quelle che separano i popoli sono divisioni culturali, barriere artificiali. Il cercare la base di un possibile equilibrio (tra i conflitti bellici, economici, politici) dovrebbe partire esattamente da qui, dalla nostra natura, anonima perché assoluta. Dal cuore, infine. Perché, come diceva già Pascal: “Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce.”

Maurizio Coccia

Bagno per nuovi neogiacobini, 1985

Oasis for birds, 2005

When art and life meet, they often seem to produce opposite effects. For example, if we look at the historical avant-garde, we are witnessing the formation of a polarity between exaggerated individualism and collective action (most recently, with increasingly clear intentions to analysis and social critique). In short, on the one hand there is extremism narcissistic Body Art, on the other, the assumption of reality as a creative repertoire (Happenings, situations, etc.) Coccia.We are not discovering anything new, if we say that this is an entirely fictitious dicho-tomy, and that it is resolved in the unity of the artist - in the first case, with a higher physical incidence (in the extreme, with real anatomical changes), in the second case, due to his role as a catalyst, as both a filmmaker and actor, caught in the act of chan-ging a given situation (also in a directly political function).But there is a third way. Duchamp is the model, the origin of all these practices. It is, in practice, the application of an artistic matrix to the existential fabric of the author in his entirety. Not always, though, is there a choice. More often it is an imperative that the aesthetic sphere extends to ethical personal conduct. In this case, then, it becomes a permanent condition, final and inescapable.Enzo De Leonibus is located in the latter situation. For several years now, his artistic experiences have gone beyond the boundaries that should divide the two territories. However, nothing is more alien to him than the decadence of D’Annunzio. His illustrious fellow-countryman, in fact, aimed to make his life a work of art, exemplary in originality, richness and variety. For Enzo De Leonibus, by contrast, it is more correct to speak of “world-work.” His work indeed encounters real life, but transforms it into a stereometric universe, where the identity of thought and artistic action is applied to daily life. Which, again, does not mean aestheticising life. Nor, a fortiori, does it represent the intrusion of reality into the work. Instead, it is a type of project based on artistic prin-ciples, which directs (or absorbs) all activity, whether this be art objects, curatorial or personal affairs. In a nutshell, it is the realization of a work - captured in the making - on an existential level, the conclusion probably extending well beyond the life of the author.There being no interruption in the corpus of works, it does not even make sense to erect barriers between different languages. Sculptures, photographs, videos, in fact, serve only to a supreme instance of clarity. Enzo De Leonibus, who belongs to the ancient artisan aristocracy, masters the techniques and, in turn, uses the most appropriate one to express his painful need for realism. (It is this realism we will return to later. For now, we need to know that De Leonibus has always been faithful to an assumption of “objectivity” alien to any purely formalistic abstraction.)Personally, I consider MY LOVE a milestone in Enzo De Leonibus’s development, becau-se it condenses all the aspects so far discussed. It is a video installation that assumes a tangible reality as a reference field. It shows well-known iconography, but has such an intense metaphorical value that it is projected directly into the empyrean of poetry.According to the original project, MY LOVE was built around a large wall projection crowned, on the ground, by a dozen monitors. The images in the dark transmit the throbbing silence of the sick hearts of patients, filmed during heart surgery. The en-vironmental modification, caused by the intrinsic solemnity of the work is transmitted to our perception. We remain suspended, as if spellbound, in a swirl of vibrant fabrics, fibres and saturated colors.. Although it is a work full of pathos, however, there is no narrative development. Using oft-abused categories, we could say that MY LOVE is “representation” rather than “communication”. It is a symbol, not an allegory. While we admire, we are transported into the mainstream of life. The Universal essence of life. This is not an allusion to emblematic, particularly exemplary lives, to magnify to the whole world. Instead, it is a

rigorous, cruelly lucid synthesis of existence. Existence. The heart, then. For Romantic poets (and all consumer sugariness) it is the seat of the emotions. For scientists it is a muscle, the centre of blood circulation. For the merchants of organs, one of many items in the catalogue. But for others, is the vital organ par ex-cellence. Here’s where Enzo De Leonibus begins his research. From that common factor that unites all humanity. Without distinction of race, class or religion.However, as we are dealing with an artist of such stature, we cannot just accept the obvious message of ecumenical equality among all peoples of the earth. For Enzo De Leonibus, as we said earlier on, the starting point is always objective. Here is the “rea-listic” presentation of our living apparatus, the reproduction, that is, of the anatomical structure which reveals the identity of all members of the human race. And the image portrayed, mediated by art, gives us a sort of collective portrait of humanity (with all the features of a portrait - from facial resemblance to the composure of composition, from the heraldic attitude to the grim prophetic capacity.)On closer inspection, that’s just what it is. What separates peoples is cultural divisions, artificial barriers. The search for the possible basis of a balance (between economic and political wars) should start up right here, from our nature, which is anonymous because it is absolute. And also from the heart. Because, as Pascal said: “The heart has its reasons which reason knows not.”

Maurizio Coccia

Titolo titolo, 1993Amore mio, 2004

Enzo De Leonibus (Spoltore (PE) 1955)

Vive e lavora a Cappelle sul Tavo

Lives and works in Cappelle sul Tavo

Cuscino per il mio amore, 2006

Dono, 1993

Pozzo dell’anima, 2008

Dono, 1995

Nutrire e affilare la mente (particolare), 2007

Memoria dell’aria (particolare), 1995

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