+ All Categories
Home > Documents > OK ARTE giugno-luglio 2011

OK ARTE giugno-luglio 2011

Date post: 26-Jan-2016
Category:
Upload: sergio-cuscuna
View: 221 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
Description:
OK ARTE giugno-luglio 2011
24
MAGAZINE GRATUITO DI ARTE E CULTURA Giu-Lug 2011 Anno X N.2 OK Museo Archeologico Quanti conoscono la storia più antica di Milano? Proba- bilmente pochi, ma una vi- sita al Museo Archeologico è l’occasione ideale per col- mare le proprie lacune. La fotografia in copertina del Museo è di Roberto Denti. Mimmo Paladino Monumentale ed enig- matica. Sono queste le due principali caratteristi- che della mostra dedicata ai primi 34 anni di attività di Mimmo Paladino. La mostra è ospitata fino al 10 luglio nel Palazzo Reale di Milano. 54° Biennale di Venezia Con il titolo di “ILLUMInazio- ni” e la curatela della critica Bice Curiger conta più di 80 paesi partecipanti. Padiglio- ne Italia: una sorta di cata- logazione di tutto quello che è arte dalla pittura alla gastronomia. Per informazioni e pubblicità: 347 4300482 [email protected] www.okarte.net
Transcript
Page 1: OK ARTE giugno-luglio 2011

M A G A Z I N E G R A T U I T O D I A R T E E C U LT U R A

G i u - L u g 2 0 1 1

A n n o XN . 2

OK

Museo Archeologico

Quanti conoscono la storia più antica di Milano? Proba-bilmente pochi, ma una vi-sita al Museo Archeologico è l’occasione ideale per col-mare le proprie lacune. La fotografia in copertina del Museo è di Roberto Denti.

Mimmo PaladinoMonumentale ed enig-

matica. Sono queste le due principali caratteristi-che della mostra dedicata ai primi 34 anni di attività di Mimmo Paladino. La mostra è ospitata fino al 10 luglio nel Palazzo Reale di Milano.

54° Biennale di Venezia

Con il titolo di “ILLUMInazio-ni” e la curatela della critica Bice Curiger conta più di 80 paesi partecipanti. Padiglio-ne Italia: una sorta di cata-logazione di tutto quello che è arte dalla pittura alla gastronomia.

Pe

r in

form

azio

ni e

pu

bblic

ità:

34

7 4

30

04

82

inf

o@

oka

rte

.org

ww

w.o

kart

e.n

et

Page 2: OK ARTE giugno-luglio 2011

OK

2

M I L A N O

Magnifica struttura, fra i suoi “studenti”Puccini, Ponchielli e Catalani

Il portone non viene aperto a tutti. Solo chi ha vera pas-sione, viene accolto in questo Istituto di Formazione

Musicale, che non ha pari in tutta Italia, e che, prenden-do per mano il futuro musicista, con altissima competen-za e professionalità lo conduce sino al conseguimento dei diplomi accademici di primo e secondo livello, corrispon-denti a lauree universitarie triennali e quinquennali. La stessa struttura è di per sé l’anticipazione dello spiri-to che aleggia all’interno: severamente morbida, grani-tica ma confortante, giusta per incutere quel sano senso di istintivo rispetto verso intelligenze accoglienti ma se-lettive e, perchè no, potenzialmente severe. Il progetto di attualizzazione del Conservatorio prende forma verso il 1803, in un periodo di false illusioni in cui si inneggia a Napoleone come all’alleato che scaccia l’austriaco inva-sore, e poco prima che questo sogno si disgregasse, as-sumendo le sembianze di una nuova sudditanza, questa volta di marchio francese. Ma in giro c’è tanta sete di cul-tura, sulla scia di un illuminismo che ha affascinato e con-tagiato oramai tutta l’Europa. Nel 1807 il Conservatorio vede la luce, nonostante la resa di Brentano de Grianty, suo promotore. In questi anni i musicisti di successo sono esclusivamente stranieri e su tutti troneggia un austriaco ardente e prolifico, un certo Amadeus Mozart, già defunto da più di 10 anni. La Scala di Milano non può seguitare a mettere in scena lavori di autori stranieri, ma ha bisogno di rappresentazioni frutto di artisti nostrani: il genio, si sa, non si crea, ma la tecnica e l’alta professionalità si possono coltivare e far fiorire. La grande Scala pretende nuovi talenti ed una scuola di mu-sica che li possa forgiare: il Conservatorio. L’idea origina-le del Grianty, Direttore dei Teatri, era quella di assimila-re il concetto di Conservatorio a quello di Orfanotrofio,

un luogo, cioè, in cui ospitare bimbi soli dando loro un’istruzione musicale unitamente a quella tradizional-mente scolastica, non tanto per amore verso il prossimo, ma, come documentano i resoconti del periodo, per di-

mostrare quanto fosse me-ritata la sua qualifica. Nel 1808, alla sua inaugurazio-ne, il Conservatorio ospi-ta 18 elementi, 12 maschi e 6 femmine, istruiti da 14 insegnanti, in un rappor-to allievo/docente qua-si di 1 a 1, tipico dei cura-ti insegnamenti artigianali di tradizione italiana, men-tre i corsi sono scomposti in 3 gradi, in un crescendo di difficoltà, che parte dal-lo studio del solfeggio per arrivare alla declamazio-ne, al ballo e, oltre ancora, allo studio della scena can-tata con accompagnamen-to orchestrale. Dono di Napoleone, l’an-no successivo, sono 12 Metodi in lingua france-se, in preziosa pelle e rifi-niti in oro, dei quali solo 3 saranno successivamen-te tradotti in italiano: quel-lo di canto, di clarinetto e di fagotto. Abitudine ita-liana è quella di insegna-re a voce, senza avvalersi di testi, o consultandoli il meno possibile. Poche nozioni e tanta

pratica, applicazione indefessa ed esecuzione fedele di quanto insegnato dal maestro. In questo periodo il Con-servatorio sembra quasi “spingere” l’allievo verso lo stu-dio della musica, più che prendere atto di esigenze di per-fezionamento da parte dell’alunno stesso. Sarà solo con Rossini e con gli altri grandi che lo seguiranno a ruota, come Donizetti e Puccini, che questa tendenza si inver-tirà. L’Italia vuole emergere e la musica è solo una delle tante aree di possibili successi. Il Conservatorio inizia ad assumere così un ruolo fonda-mentale, ascoltando le richieste di una nazione sempre più indipendentista e vogliosa di libertà culturali, socia-li e politiche, le stesse che stanno per portarla verso la sua tanto ambita Unità, in una fusione di ataviche esperienze e tradizioni fra nord e sud. Il Teatro alla Scala esige talenti ed il Conservatorio glieli dà, in un equilibrio perfetto tra domanda ed offerta. Nel 1816 la Biblioteca assume la qualifica di Archivio Mu-sicale della Lombardia, mentre nel 1850 viene fondato il Liceo Musicale. Sempre al passo coi tempi, il Conser-vatorio inaugura nel 1965 il corso di Musicologia e, nel 1969, quello di Composizione Elettronica. Attualmen-te 2 sono le sale del conservatorio: la Sala Verdi, o Sala Grande, e la Sala Puccini. La Sala Verdi nasce nel 1908 sul 1° chiostro di S. Maria della Passione. Bombardata nel 1943, viene ricostruita all’architetto Reggiori e successi-vamente restaurata, nel 2001, dall’architetto Cerri. La sua acustica viene considerata fra le migliori di Europa. La sala Puccini, inaugurata nel 1952, conta 450 posti ed è dedicata soprattutto ad iniziative didattiche e concerti pubblici. Ambedue le Sale sono disponibili per l’organiz-zazione di eventi corollario ai concerti. Il Conservatorio, magnifica struttura che si pregia di aver annoverato fra i suoi “studenti” personaggi come Pucci-ni, Ponchielli e Catalani, è oggi una delle più importanti al mondo per lo studio della musica, grande vanto di una Milano maestra di cultura e civiltà.

Milena Moriconi

Il Conservatorio di Milano

foto di Riccardo Mocci

Page 3: OK ARTE giugno-luglio 2011

3

OK

Museo Archeologico

Nel patrimonio museale l’intreccio di storia, civiltà e secoli che si rincorrono

Quanti, tra i lettori, conoscono dav-vero la storia più antica della cit-

tà in cui vivono, Milano? Probabilmente pochi, ma una visita al Museo Archeolo-gico sembra essere l’occasione ideale per colmare le proprie lacune.Riaperto di recente, lo scorso 20 aprile, e vestito a nuovo grazie a un ampliamen-to nell’adiacente palazzina di via Nirone, il museo civico del capoluogo lombardo è una vera scoperta, sia per la suggestione dei luoghi in cui è ospitato, sia per la ric-chezza delle sue collezioni.La sede attuale, inaugurata negli anni ses-santa del Novecento, si trova in corso Magenta, presso l’ex convento della chie-sa di San Maurizio, complesso architet-tonico costruito nell’VIII secolo e strut-turato secondo la consueta “enfilade” di spazi alternativamente coperti o all’aper-to, i chiostri.La chiesa adiacente– costruita su fonda-zioni medievali – risale al Cinquecento, come ci suggerisce il prezioso ciclo di af-freschi eseguiti da Bernardino Luini, ed è aperta al pubblico per la visita, ma non appartenente in maniera diretta al percor-so museologico.E lo stesso intreccio di storia, civiltà e se-coli che si rincorrono si riscontra anche

Paladino.In questo modo, la differenza tra antico e moderno non viene concepita come di-cotomia insanabile, ma come una neces-saria stratificazione storica che arriva sino a noi e si mostra in tutta la sua integra nu-dità, come dimostra anche il criterio adot-tato per l’esposizione delle collezioni.Nella prima parte dell’itinerario, quel-la di corso Magenta per intenderci, attra-versiamo le sale allestite secondo un per-corso temporale – a piano terra ci viene raccontata la storia di Milano tra il V se-colo a.C. e il V d.C., dalle origini celtiche al suo declino come città imperiale, men-tre nell’interrato le tecniche costruttive dell’edilizia milanese e la sua cultura ma-teriale, con un piccolo excursus sull’arte

vasive, disposte ordi-natamente, e di fondi e piedistalli dai colo-ri tenui.La scelta è perciò quella di un linguaggio semplice, orchestrato da pannelli didattici chiari e comprensibi-li: destinato agli stu-diosi e agli esper-ti così come agli amatori e agli ap-passionati, secon-do un principio de-mocratico di arte e cultura per tutti.In seguito alla recen-te riapertura del mu-seo abbiamo rivol-to alcune domande a Donatella Caporusso, Direttrice del Museo e Conservatore Re-sponsabile Civi-che Raccolte Ar-cheologiche di MilanoSC: Che cosa significa per lei la riaper-tura al pub-blico del Museo Arche-ologico, nel con-testo museale milane-se? DC: Sarà per i cittadini l’occasione di scoprire le origini di Milano e la ric-chezza delle collezioni ar-cheologiche della città.

SC: Quale tipo di allesti-mento si è preferito, an-che alla luce dell’importan-te ampliamento? DC: Un allestimento che permetta di ap-prezzare la qualità artistica dei reperti, ma nello stesso tempo di contestualizzarli nel-la loro cultura di appartenenza, in modo che anche i visitatori non esperti possa-no seguire e comprendere agevolmente

nel patrimonio museale, raccolto a parti-re dall’Ottocento e costantemente incre-mentato grazie a lasciti, cauti acquisti e premi seguiti a spedizioni archeologiche. Crescita che, d’altra parte, ha implica-to una naturale espansione verso un edi-ficio adiacente – collegato al primo con una passeggiata che incontra la torre po-ligonale romana, con affreschi del XIII-XIV secolo in dialogo serrato con l’ope-ra dell’artista contemporaneo Mimmo

il per-c o r s o espositivo.

SC: La restitu-zione di una par-te importante di arte e cultura cit-tadina ai milanesi, è coincisa con notevoli gesti di mece-natismo: come si inseriscono l’opera di Paladino e la donazione di Koelliker nel contesto preesistente? DC: Il museo è nato alla fine dell’Otto-cento proprio anche grazie alle donazio-ni di privati. Il generoso gesto di tali dona-zioni ribadisce l’importanza dell’apporto del singolo alla vita e all’arricchimento delle collezioni museali.

Museo Archeologico, Corso Magenta 15Apertura: mar - dom dalle 9 alle 17,30Ingresso: gratuito fino al 19 giugno

M I L A N O

Un tuffo nella Milano antica

di Israele e del Gandhara.La seconda, di via Nirone, viene invece mostrata per aree geografiche, suddivise a loro volta in nuclei tematici, dove la sto-ria viene a diretto contatto con la civiltà e il folclore: mentre il piano terra è riser-vato alle esposizioni temporanee e all’at-tività didattica, al primo piano si trova la sezione altomedievale, al secondo quella etrusca e al terzo la greca.La civiltà antica spalanca le braccia al vi-sitatore: occorre perciò lasciarsi guida-re all’interno di spazi in cui reperti anche molto differenti tra loro – sculture, sup-pellettili, oggetti di oreficeria, ma anche opere in ceramica – si sanno esprimere in maniera sintetica grazie a un allestimento razionale e coerente, fatto di teche non in-

Silvia Colombo

Page 4: OK ARTE giugno-luglio 2011

4

OK

nella Milano di Manzoni e Verdi

In occasione della mostra, abbiamo rivolto alcune domande a Sandrina Bandera, Soprintendente e Direttore della Pinacoteca di Brera

Qual è il vero significato de “Il bacio” di Hayez? L’addio all’amata del gio-

vane volontario che sta partendo per la guerra o il simbolo della nuova nazio-ne che è appena nata, grazie all’energia e all’amore delle giovani generazioni che avevano combattuto per la sua libertà? Qualunque sia il senso che vogliamo at-tribuire all’opera, questo capolavoro re-sta uno dei quadri più popolari e ripro-dotti di tutti i tempi. Non per nulla, anche nel 1859, appena tre mesi dopo la libe-

dente e Direttore della Pinacoteca e le ab-biamo rivolto alcune domande.La Mostra di Hayez si chiude con “Il Bacio”. Quanto è stata importante questa opera anche a livello popola-re nel sottolineare i valori del Risor-gimento?“Il Bacio” è un’opera importante che an-cora oggi viene considerata una specie di icona, soprattutto per la modernità di quell’atto che coglie un momento di in-timità tra due giovani, inconsueto per la

speranza e ricostruzione. Gli stessi, d’al-tra parte, che caratterizzarono i “Promes-si Sposi” del Manzoni, la storia d’amore di altri due giovani, Renzo e Lucia, che, dopo numerose vicissitudini, trova il suo lieto fine.Siamo, insomma, in pieno Romanti-cismo?Bisogna chiarire bene i termini. Il Ro-manticismo naturalmente favorisce at-traverso un linguaggio semplice la comu-nicazione al pubblico. E prelude, in certo qual modo, alla cosiddetta pittura di ge-nere che ha per soggetti scene ed eventi della quotidianità, ma Hayez, che aveva una formazione accademica, oltre all’at-tenzione ai concetti di naturalezza e sen-timento, che si esprimono attraverso un bacio passionale e carico di emotività, sa far emergere nel quadro il significato del contesto storico. Se osserviamo bene il suo sfondo, le scale e il capitello, ci tor-nano alla mente atmosfere di un’abbazia medioevale. Fu questo l’aspetto che colpì particolarmente Mazzini: il recupero da parte del pittore veneziano della nostra storia, soprattutto quella dei Comuni, nei quali si coltivavano quelle istanze di liber-tà e indipendenza da cui sarebbero scatu-riti gli ideali risorgimentali.Può sembrare strano che un auto-re come Hayez, accademico e clas-sicheggiante, abbia potuto cogliere aspetti tanto moderni ?Hayez era un grande conoscitore della pittura classica. Sapeva addirittura realiz-zare i colori da solo ed era affascinato da Tiziano, Paolo Veronese, Raffaello e Ca-nova. Ma era anche una persona estrema-mente attenta alla storia nazionale e che amava documentarsi. Ad esempio per re-

Hayez

alizzare la seconda versione dei “Vespri Siciliani” decide di partire per la Sicilia. Cerca di immergersi nel territorio, di co-glierne gli stimoli, ripercorre un cammi-no per conoscere a fondo il Paese. In altri termini, se vogliamo, anticipa, artistica-mente, la spedizione dei Mille. Certo, Ha-yez guarda alla pittura antica, ai modelli classici, ma tra i suoi personaggi storici o biblici c’è sempre un richiamo alla realtà dell’epoca. In alcune opere si possono ri-conoscere, infatti, i volti noti di esponenti politici sostenitori del Risorgimento. An-che nei numerosi ritratti di personaggi del suo tempo riconosciamo lo stile accade-mico che fa campeggiare la figura, grazie a sfondi di tradizione classicheggiante, ri-tratta in modo aristocratico, cercando di valorizzarne lo sguardo e le fattezze, pur con qualche accenno alla quotidianità (la tabacchiera di Manzoni). Stile destinato a essere superato di lì a poco dalla pittura di genere, decisamente più verista e meno nobilitante.

razione dal dominio austriaco, per cele-brare l’avvenimento, quando l’opera ven-ne esposta, insieme a numerosi altre che raffiguravano le battaglie del Risorgimen-to, a Brera - che la ospiterà in modo de-finitivo dal 1886 - colpì immediatamen-te l’immaginario collettivo. Si tratta di un piccolo dipinto ma racchiude in sé una

pittura dei tempi, e perciò di grande ef-fetto sulla gente. Vorrei ricordare le circo-stanze in cui fu realizzato. Nel 1859, a Mi-lano si sentiva palpabile il sentimento di fierezza per la vittoria della II guerra di In-dipendenza e la popolazione aveva accol-to con grandi speranze unitarie l’ingresso di Vittorio Emanuele II, futuro Re d’Ita-lia. Tre mesi dopo a Brera si svolgeva la tradizionale mostra annuale all’interno dell’Accademia e si volle celebrare il par-ticolare momento (si erano appena con-cluse le 5 giornate) suggerendo agli ar-tisti che vi partecipavano di celebrare la liberazione della Lombardia e mettere in evidenza questo sentimento di unità che aleggiava nel Paese. Tutti i pittori realiz-zarono opere che raffiguravano battaglie risorgimentali o scene di eroismi. L’uni-co che si differenziò dagli altri fu proprio l’anziano Francesco Hayez, che aveva compreso che in quel momento la popo-lazione sentiva il bisogno di puntare sui sentimenti, di dare spazio ai giovani e alle loro speranze future. “Il Bacio” rappre-sentava in modo efficace questi ideali di

Francesco Hayez, Il bacio, 1859 olio su tela, cm 112 x 88 Milano, Pinacoteca di Brera

Francesco Hayez, Ritratto di Alessandro Manzoni, 1841olio su tela, cm 120 x 92,5 Milano, Pinacoteca di Brera

Hayez nella Milano di Manzoni e VerdiMilano, Pinacoteca di Brera12 aprile - 25 settembre 2011

incredibile forza evocativa che ha molto contribuito alla fama di Francesco Hayez, definito, anche da Mazzini, il maggiore artista del nostro Risorgimento.La Mostra di Brera su Hayez (aperta fino al 24 Settembre 2011), curata da Fernan-do Mazzocco, Isabella Marelli e Sandri-na Bandera, non poteva non avere, come suggello finale, quest’opera. Abbiamo in-contrato Sandrina Bandera, Soprinten-

Ugo Perugini

M O S T R E A M I L A N O

Page 5: OK ARTE giugno-luglio 2011

OK

5

fondazioni benefiche, attive nella città fin dal Cinquecen-to: oggi l’Azienda di Servizi “Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio” ne ha ereditato la storia e vanta un patrimonio artistico, storico e archivistico di enorme valore.Al fine di salvaguardare e divulgare la storia degli enti e della città che da cinque secoli ne è lo scenario, sono state profuse cospicue risorse, in primis attraverso la tutela de-gli archivi e, successivamente, con l’istituzione del Museo Martinitt e Stelline. Il museo individua come tema cultu-rale la fragilità umana, declinato attraverso lo studio di tutti i possibili temi e soggetti che sono correlati a questo argo-mento; la caducità, propria della natura umana, è indagata attraverso le vicende quotidiane, frequentemente adom-brate dalla storia dei potenti. Spesso, le narrazioni storiche, infatti, traboccano delle gesta di un’umanità influente, re-legando nell’oblio le vicende dei diseredati e delle perso-ne “comuni”: sebbene i beneficati siano più numerosi dei

Un contributo allo studio di un tema praticamente sconosciuto al pubblico generale: la fragilità umana

colo, lo scenario spaziale è principalmente legato alla cit-tà di Milano.Gli archivi storici delle aziende e degli istituti storico - cul-turali che tuttora caratterizzano il territorio milanese, sono la fonte attraverso cui il tema viene studiato e diffuso.È da questi archivi che è nato il Museo interattivo Marti-nitt e Stelline. Il Museo, infatti, compie una ricostruzione storica attra-verso le fonti d’archivio salvaguardando e divulgando il patrimonio culturale di numerose istituzioni milanesi. L’ampia partecipazione di soggetti, di natura eterogenea,

Il Museo Martinitt e StellineSecondo l’ICOM «il museo è un’istituzione perma-

nente senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo. È aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano le testimonianze materiali dell’umanità e del suo ambiente: le acquisisce, le conserva, le comunica e, soprattutto, le espone a fini di studio, educazione e di-letto.[…] ».Nel gennaio 2009 ha preso dunque vita, secondo queste semplici e al contempo innovative indicazioni, il Museo Martinitt e Stelline, unico nel suo genere a Milano.Museo storico, che parla della vita quotidiana dei milanesi attraverso gli occhi dei ragazzi e della ragazze orfane, ossia coloro che venivano denominati, simpaticamente dai cit-tadini, Martinitt e Stelline, appunto.I due orfanotrofi di Martinitt e Stelline sono antichissime

benefattori, tuttavia non hanno avuto quasi mai voce nel-la grande storia. Il Museo Martinitt e Stelline intende esattamente narra-re un fenomeno indagato dalla storiografia di settore, ma sconosciuto al grande pubblico: le vicende dell’umanità che ruota intorno agli enti assistenziali milanesi, tra XIX e XX secolo, attraverso documenti provenienti da numero-si archivi della città di Milano e della Lombardia.Si tratta di consegnare al grande pubblico la storia di sog-getti vulnerabili e le azioni, l’attivismo di una Milano bene-fica che da sempre sostiene le vicende dei cittadini meno abbienti. Specificamente, gli argomenti affrontati dal Mu-seo Martinitt e Stelline sono: le antiche e nuove povertà, la pedagogia e la didattica dall’800 ai primi del ‘900, l’educa-zione al lavoro, l’industria agli inizi del 900, il lavoro fem-minile, la filantropia. I temi affrontati hanno come limite cronologico il periodo compreso tra il XIX e il XX se-

legati a Milano permette di porre in risalto una metodo-logia lavorativa che mira a divenire una rete stabile per la produzione e divulgazione dei saperi e di sottolineare la peculiarità del territorio Milanese: una città che si è stori-camente qualificata come la capitale di uno sviluppo eco-nomico etico, capace di creare ricchezza e benessere per i suoi cittadini. È opportuno sottolineare che l’uso diversificato di regi-stri linguistici e di modalità d’approccio ai temi di ricer-ca, permette una diffusione capillare dei contenuti muse-ali presso fasce sempre più ampie della popolazione. Gli argomenti, ovvero i percorsi tematici, trattati nelle singo-le sale del Museo, attraverso percorsi multimediali e, so-prattutto, interattivi e coinvolgenti per il pubblico, rappre-sentano la vera portata rivoluzionaria data dalla nascita di questo Museo. Infatti, a differenza di qualunque museo storico assimi-labile a questo, la presenza dell’interazione sale museali-pubblico, permette di superare l’annoso problema della scarsa vitalità e diffusione della cultura d’archivio. Il Museo si candida a divenire un luogo d’eccellenza nel panorama culturale milanese perché, oltre ad assolvere a tutti i criteri di scientificità, divulgazione e conservazione, propri di ogni istituzione museale, ha la virtù di elimina-re ogni possibile barriera nei confronti del fruitore, attra-verso l’uso di allestimenti e installazioni quasi “viventi” . Il pregio dell’iniziativa consiste nella volontà di creare lin-guaggi alternativi ed attraenti, in grado di coinvolgere il vi-sitatore senza annoiarlo. Si tratta di un’operazione cultu-rale assolutamente innovativa, che oltrepassando l’acceso dibattito sul destino dei musei, sulla loro limitata fruizione e attrattività, mira ad illustrare un capitolo storico scarsa-mente contemplato (benefattori e assistenza nella Milano del XIX secolo), con l’obiettivo prioritario di rendere vita-le ed interessante per il grande pubblico una delle princi-pali fonti del sapere contemporaneo: l’archivio.

Dunque, grazie all’inesti-mabile dono che un singo-lo eccezionale filantropo ha fatto alla comunità isti-tuzione museale colma una grave lacuna ed incremen-ta lo studio di un tema pra-ticamente sconosciuto al pubblico generale: la fragi-lità umana.

M I L A N O

Cristina Cenedella Direttrice del Museo Martinit e Stelline

Page 6: OK ARTE giugno-luglio 2011

OK

6

Santa Maria della Passione

Discreta ma bellissima. Questa è la Milano di via Conservatorio, via Donizzetti e via Bellini dove

sorge la basilica di Santa Maria della Passione. La chie-sa stessa sembra aver ereditato quella discrezione e ri-servatezza ma anche un fascino senza tempo che carat-terizza le strade in cui è stata edificata.Seconda basilica della città per dimensioni dopo il Duomo, Santa Maria della Passione è dedicata all’amo-re e alla sofferenza di Cristo e Maria. La chiesa cinque-centesca sorge su un terreno dove un tempo esisteva una cappella nella quale si venerava un affresco della Pietà con la Madonna seduta ai piedi della croce e il Cristo morto disteso sulle sue ginocchia. Questo pic-colo edificio fu ampliato per volere di Daniele Birago e trasformato nell’ampia basilica che è oggi mantenendo il culto per la Vergine Addolorata. L’opera originaria, idea-ta da Giovanni Battagio, fu proseguita da C r i s t o f o r o Solari detto

Bella e discreta tra dipinti e concerti d’organo il Lombardino. Sua è anche la grandiosa cupola otta-gonale che realizzò nel 1530. Nel 1572 si procedette a un ampliamento della chiesa con le tre navate disegna-te da Martino Bassi. La facciata barocca è il frutto di numerosi interventi, da Martino Bassi e Matteo Rinaldi, che si prolungarono fino al secolo XVIII. Vi risaltano tre bassorilievi: al cen-tro la Deposizione della Croce, a destra la Flagellazio-ne e a sinistra la Corona di Spine. L’interno della chiesa è una vera e propria pinacoteca. Sono presenti opere di Crespi, Nuvolone, Peterzano, e molti altri. Sotto la volta ottagonale della cupola sono collocati gli otto quadri del ciclo illustrativo della Pas-sione di Cristo. Ma quello che forse colpisce di più en-trando nell’ottagono sono i due organi delle nicchie ai lati dell’altare maggiore. L’amore per la musica di San-ta Maria della Passione è anche testimoniato dalla sua partecipazione a Cantantibus Organis un calendario

di concerti d’organo che offre ad un pubblico di ap-passionati occasioni di ascolto del re degli stru-

menti. L’iniziativa che va da ottobre a lu-glio prevede appuntamenti musicali in

varie chiese e basiliche di Milano.

MUSEO DEL ‘900 IN PROGRESSDue nuove mostre: “Fuori!” e “Aldo Carpi”

Il Museo del 900 non smette di crescere. Lo fa propo-nendo due mostre che trattano temi opposti. La sezio-

ne Focus presenta il lavoro di Aldo Carpi e in particolare il quadro dal titolo “La mia famiglia”. Molti video ci rac-contano “Fuori !, Arte e spazio urbano dal 1968 al 1976” curata da Silvia Bignami e Alessandra Pioselli. Chiedia-mo al progettista degli allestimenti Fabio Fornasari: cosa l’ha ispirata riguardo al progetto dei nuovi spazi mo-stre che il Museo ha aperto di recente? In generale tutto il museo è concepito come una varia-zione sul tema dell’installazione d’arte. Lavora con le opere come all’interno di un’installazione che non si li-mita a esporre le opere ma assegna a loro un ruolo lun-

rare l’idea di un cinema continuo, un expanded cinema che riassembla le visioni in un continuo zapping spazia-le. Per la mostra di “Aldo Carpi” invece è la vita di una fa-miglia che si riassume in una music box, uno spazio mi-nimo che decostruisce. Come ha interagito a livello di progettazione con le opere che dovevano essere esposte? Prima idea è che lavorare con le opere d’arte è come la-vorare con le persone. Non sono inanimate. Nel senso che non sono inattive. Ciascuno di noi ha un ruolo nel-la vita degli altri e non si ha mai uno stesso ruolo per tut-ti. Così le opere. Esporre un’opera significa innanzitutto conoscerla, capire da dove viene e che lingua parla. Così ad esempio per le opere di Aldo Carpi. Non si tratta solo di pitture, o d’immagini di famiglia. Sono nell’insieme la famiglia di Aldo Carpi. In tutto quel lavoro e nel lavoro dei figli si ascolta qualcosa di speciale che racconta una qualità particolare del crescere insieme. Per questo una Music Box, una scatola sonora con la musica del figlio Fiorenzo Carpi, le illustrazioni di Pinin e gli esperimenti cinematografici di Cioni.Il lungo percorso espositivo di “Fuori!” è visibile dall’ester-no e permette un’interazione con l’interno del Museo. I passanti si troveranno coinvolti, inaspettatamente, in una commistione elettrizzante tra passato e presente.

Clara Bartolini

M I L A N O

Anna Guainazzi

go una lunga strada che attraversa l’edificio. Come fosse un campionario di spazi. La strada attraversa spazi di dif-ferente dimensione, con differenti qualità ma che si acco-munano in una relazione di sguardi con l’esterno. Le due mostre al piano terra che sono state aperte a metà aprile sono due mostre che non avevano nulla in comune. Ciò che le accomuna è l’approccio: due installazioni che mo-strano due condizioni differenti della vita umana: lo spa-zio pubblico e il privato. Per “Fuori!” il tema è lo spazio urbano che viene investito dall’attività degli artisti. Fare convivere dieci proiezioni video più un’installazione di diapositive in un unico spazio mi ha permesso di elabo-

Page 7: OK ARTE giugno-luglio 2011

7

OK

MIMMO PALADINO

I trent’anni di attività artistica del maestro campano, milanese d’adozione, in mostra a Palazzo Reale fino al 10 lugliono delle sale di Palazzo Reale, dove le 50 opere – che annoverano 30 dipinti di grandi dimensioni, sculture e installazio-ni –, attraverso l’uso del colore e dei sim-boli, delineano un panorama carico di fa-scino alquanto enigmatico, su cui l’artista non sembra voler diradare le nubi svelan-done il significato. In questo senso si pos-

sono interpretare le tante opere senza ti-tolo e quella che – pur appropriandosi con i propri incastri di un’intera parete di 8 metri di larghezza per circa la metà di altezza – è destinata a non averne uno né oggi, né in futuro essendo stata etichetta-ta dall’artista con la dicitura “Non avrà ti-tolo”. A sgombrare il dubbio sulla volon-tà di non offrire una chiave di lettura alle proprie opere, ci pensa Paladino stesso. Nel catalogo della mostra, alla domanda del curatore Fabio Arensi circa i simboli e i segni contenuti nelle opere, l’artista ri-sponde: «se ne adopero, talvolta, non ne conosco assolutamente il significato: li avrò visti, li avrò immaginati». E incalza-to su come i visitatori dovrebbero osser-vare i suoi lavori, Paladino non ha dubbi: «Per quello che sono».Tra le tante opere esposte, a differenziar-si e a meritarsi una citazione è quella più piccola e meno invadente. Esposta al cen-tro di una sala spoglia – con una sedia, qualche schizzo tracciato a mano sulle pa-

reti e una lampadina che pende dal soffito – “Silenzio, mi ritiro a dipingere un qua-dro” irradia tutto il suo fascino, catalizzan-do l’attenzione sul momento che segna l’inizio del percorso artistico sintetizzato nelle sale di Palazzo Reale. Un’affascinan-te avventura iniziata negli anni Sessanta e accelerata dal fermento culturale milane-se quando Paladino, negli anni Settanta, si trasferì all’ombra della Madonnina per iniziare la sua scalata nel mondo dell’arte. Un’ascesa realizzata con successo. La sala dedicata all’installazione dei Dormien-ti, trentadue sculture circondate da una

Simone Macchi

Monumentale ed enigmatica. Sono queste le prime due caratteristiche

della mostra dedicata ai primi 34 anni di attività di Mimmo Paladino, ospitata fino al 10 luglio a Palazzo Reale, che colpisco-no il visitatore. Caratteristiche ben evi-denti nell’opera simbolo dell’esposizione che fa bella mostra di sé “en plein air”, in-castonata tra il Duomo e Palazzo Reale. Quella montagna di sale (35 metri di dia-metro e 10 metri di altezza), che tante po-lemiche – film già visto in occasione delle discussioni scatenate dal dito di Cattelan – ha suscitato prima della sua definitiva collocazione.«La Montagna – secondo l’artista cam-pano, milanese d’adozione – ha bisogno di un luogo pieno di gente, è un’opera popolare, non ha paura del confronto». Nel proporla ai milanesi Paladino affer-ma: “mi sono molto divertito in questi 20 giorni di preparazione perchè ho tro-vato persone straordinarie che mi han-no fatto ripetere l’esperienza rinascimen-tale quando gli operai lavoravano con gli architetti” e prevede: «accadranno delle cose magiche». Quindici anni fa in piaz-za del Plebiscito a Napoli fu così. Prima di essere cancellata dai fuochi d’artificio di capodanno, Nino D’Angelo tenne un concerto sulla sua cima e, prima ancora, in moltissimi vi si arrampicarono per re-cuperare un po’ di sale, materia dal forte sapore scaramantico.Gesti che Paladino interpretò come «una specie di appropriazione dell’opera da parte della comunità». Appropriazio-ne che è avvenuta anche a Milano, dove se la maggior parte delle persone finora si è accontentata di “appropriarsene” osser-vandola con curiosità o usandola come sfondo per il proprio ritratto, una picco-la minoranza si è spinta oltre. Alcuni tep-pisti, nel corso delle feste rossonere per la vittoria del tricolore, hanno danneggiato i cavalli che punteggiano di nero il cando-

A me i vostri occhire del sale. Un atto estremo e condanna-bile, ma purtroppo destino non inusua-le per le opere d’arte, soprattutto, esposte nei luoghi aperti. Basti pensare che anche la blindatissima Gioconda di Leonardo nel 1956 fu vittima di un attacco con l’aci-do e dopo pochi mesi fu colpita con un sasso. L’atto di vandalismo può dunque essere portato a testimonianza di come quell’enorme ed enigmatico accumulo di sale sappia non lasciare indifferenti, cattu-rando lo sguardo dei passanti. Realizzan-do l’obiettivo di ogni opera d’arte: uscire dall’ombra per brillare di luce propria.Situazione che si ripete anche all’inter-

composizione eco-acustica creata dal giovane musicista David Monacchi volu-to fortemente dal maestro, lascia incanta-tati per l’atmosfera suggestiva. L’ospitali-tà del piano nobile del sancta sanctorum meneghino dell’arte – un riconoscimen-to offerto raramente ad artisti contempo-ranei e in particolare a quelli italiani – e la possibilità di modificare il profilo “oro-grafico” del cuore di Milano sono segni tangibili di come Paladino oggi rappre-senti una figura di riferimento del mon-do artistico contemporaneo. Mimmo Paladino, La Montagna di Sale - Milano, Piazzetta Reale, 2011, © Lorenzo Palmieri

Silenzioso mi ritiro a dipingere un quadro, Olio su tela, cm 70 x 50, 1977

Mimmo Paladino al lavoro; © Peppe Avallone

M O S T R E A M I L A N O

Page 8: OK ARTE giugno-luglio 2011

OK

8

Giò Ponti Nell’edilizia il materiale più importante è l’arte

“Amate l’architettura, la antica, la moderna. Amate l’architettura per quel che di fantastico, avventuroso e solenne ha creato -ha inventato- con le sue forme astratte, allusive e figurative che incentrano il nostro spirito, scenario e soccorso della nostra vita”

PIERO MANZONI

Il 12 agosto 1961 – mentre l’Europa si spaccava in due con l’inizio dell’edificazione del muro di Berlino – in

quel di Albisola Marina, alla Galleria Prescetto, Piero Manzoni tirò fuori il proprio coniglio dal cilindro.In occasione della vernice di una sua personale, espose per la prima volta la sua opera più famosa e famigerata: la “Merda d’artista”. Tirata in novanta copie, la creazione fu presentata racchiusa in scatolette di latta recanti, oltre al nome, la seguente dicitura in italiano, tedesco, francese e inglese: «Conte-nuto netto gr. 30, conservata al naturale, prodotta ed in-scatolata nel maggio 1961». Il prezzo fissato per i 90 ba-rattoli, rigorosamente nume-rati, corrispondeva al valore corrente dell’oro. Quello che in altre epoche – a seconda del contesto storico e socia-le – sarebbe stato scambiato per una goliardata, un’offesa al pubblico pudore o sem-plicemente uno scherzo di cattivo gusto, venne inter-pretato come un gesto di rottu-ra con la tradizione artistica in voga. Non ci volle alcuna interpretazione per intuire come l’esposizione di una siffatta opera simboleggiasse anche la degenerazione e decadenza dell’arte moderna. La pro-vocazione colse nel segno, ma forse lo fece fin troppo bene. Invece di far riflettere fin dove si potevano spingere i confini tra ciò che era considerato arte e quelli che era-no semplici prodotti dell’ingegno, la “Merda d’autore” si impose come oggetto di culto. Le scatolette di Manzoni,

Un re Mida sui generis

Quella sopra è una delle affermazioni di Giò Ponti che introduce alla conoscenza di questo architet-

to che, oltre a essere uno dei primi architetti globali del Novecento, con edifici realizzati e progettati in Italia e in Europa, ma anche in paesi extraeuropei, è stato anche un designer riconosciuto a livello internazionale quanto un noto teorico e critico dell’architettura. Alla sua curiosità e al suo genio si devono le nascite di “Domus” e “Stile”. Maestro indiscusso dell’architettura, primo direttore ar-tistico della Triennale con Sironi, sua è la Prima Mostra Triennale di Milano nel 1933 e il coordinamento di mol-te delle edizioni successive. Ancor oggi il suo “lascito in-discusso” aleggia negli spazi della Triennale. “Giò Pon-ti, come dice Davide Rampello, è stato il riferimento più alto di tutto il ‘900 italiano per la complessità che ha svi-luppato, per ridondanza progettuale, lui era un fiume in piena. Sfido a trovare un altro architetto che si sia interes-sato di tutte le cose di cui si è interessato lui, che ha creato le cose che ha creato lui, che ha mosso imprese. Uno che si è misurato con tutti i materiali possibili, dalla ceramica alla porcellana, dal legno al ferro, e che alla fine per cita-re le sue parole ha affermato che “nell’edilizia il materiale più importante è l’arte”. Milano è privilegiata attraverso alcuni modelli di studio e/o disegni relativi al primo edi-ficio per la società Montecatini (1936-1938), alla Torre

oggi, sono conservate nelle principali collezioni artisti-che ed esposte nei grandi musei d’arte moderna, come la Tate Modern di Londra. E, visto che un buon metro per giudicare il valore di un’opera – giusto o sbagliato che sia – è osservarne il valore commerciale, non si può negare il fatto come Manzoni sia stato il primo uomo a trasfor-mare la merda in oro. Meglio di un mago e degli alchimi-

sti che invece di cercare nei propri scarti s’incaponirono con la pietra filo-

sofale. Il 23 maggio 2007 nelle sala della casa d’aste Sotheby’s – poche ore prima che il Milan si vendicasse con il Liverpool per la sconfitta in quel di Istan-bul due anni prima – un colle-zionista si aggiudicò l’esempla-re numero 18 per un quarto di milione di euro (per i mania-ci della precisione, 124mila €). Cifra record per una del-

le novanta opere, più che dell’ingegno, dell’intestino dell’artista. Anche se questo

punto è controverso perché se si tiene fede alla testimonian-

za di Agostino Bonalumi, amico dell’arti-sta, le famigerate porzioni da trenta grammi non sareb-bero di “produzione manzoniana” ma semplicemente di gesso. Manzoni, dunque, sarebbe stato un falsario di se stesso. Se così fosse come la prenderà quel fantomatico collezionista che ha investito duecentocinquanta milio-ni delle vecchie lire in quella che pensava essere una ca-gata d’autore e si ritrova tra le mani un oncia di dozzina-le gesso?

Pirelli (1956-1961), alla Chiesa progettata per l’ospedale San Carlo (1961-1965), tra gli altri. Tutte “creazioni” che faranno parte di itinerari proposti alla città. Non manca-no i suoi apporti architettonici in Italia e all’estero, con particolare riferimento alla Finestra arredata, un nuovo tipo di serramento realizzato tra il 1953 e il 1954, inte-so come un omaggio a Philip Johnson. La seconda tap-pa nella conoscenza di Giò Ponti e il rapporto con la ma-nifattura Richard-Ginori è al Grattacielo Pirelli, ove sono esposte ceramiche e disegni che celebrano la creatività e la versatilità attraverso alcune delle serie più note come La conversazione classica, Le mie donne, La venatoria.Alla Triennale e al Pirellone dal 6 maggio al 24 luglio 2011

Pittori piuttosto pittoreschi

Massimo Zanicchi

Giuliana de Antonellis

M I L A N O

Page 9: OK ARTE giugno-luglio 2011

OK

9

Francesca Bellola

I ritratti di Michel Compte

Sono le parole dell’attrice Geraldine Chaplin, ritratta più volte da Michel Compte, celebrato in un’ampia

rassegna alla Triennale dal 10 maggio al 3 luglio 2011.Karl Lagerfeld fu il primo a fiutare il talento di Compte alla fine degli anni settanta e a sradicarlo dalla Svizzera per affidargli le campagne pubblicitarie di Chloè e di Un-garo. Il fotografo, rigorosamente autodidatta, da allora inizia la grande scalata verso le riviste glamour e le passe-relle di tutto il mondo. Ed è subito successo.

mo nella sua ricerca della perfezione stilistica, una spic-cata sensibilità ed una capacità introspettiva meno nota. Questi fotogrammi indagano sull’intimità dell’univer-so femminile a testimonianza di un periodo storico con-temporaneo. Tra gli ambienti più interessanti dell’espo-sizione segnaliamo una saletta dove si trovano venti collage, ognuno composto da provini fotografici di di-versi rullini per dimostrare la complessità del lavoro pri-ma di raggiungere lo scatto definitivo come solo i grandi maestri sanno fare.

Tre i vocaboli per definire il gran-

de evento artistico che ha preso il via il 31 di maggio alla Rotonda della Besana (fino al 9 ottobre) e alla rinno-vata Fabbrica del va-pore (fino 8 gennaio 2012): rosso, monu-mentale, percetti-vo. Sono gli elementi identificativi dell’arti-sta indiano Anish Ka-poor. Nello spazio “cattedrale” della Fabbrica del Vapore è istallata una gi-gantesca opera site-specific. Si tratta di un grosso volume in acciaio lungo 60 metri e alto 8 percorribile anche dai visitatori. L’opera verrà coperta progressivamente da una montagna di terra rossa di circa 160 metri cubi. La Ro-tonda della Besana ospita invece una selezione di opere tra cui My Red Homeland, 2003, una monumentale in-stallazione formata da cera rossa disposta in un immen-so contenitore circolare e composta da un braccio me-tallico connesso ad un motore idraulico che gira sopra un asse centrale, spingendo e schiacciando la cera in un lento e silenzioso atto infinito di creazione e distruzione. Non mancheranno altre note opere in acciaio C-Curve, 2007; Non Object (Pole), 2008; Non Object (Door), 2008; Non Object (Plane), 2010 solo per citarne alcune. Ancora però le sorprese non sono finite sempre a partire dal 31 maggio, in occasione della Biennale, nella Basilica di San Giorgio Maggiore a Venezia, sarà presentata l’ope-ra Ascension del 2003 già esposta in Brasile e in Cina.

Anish Kapoor a Milano Le moltiplicazioni della realtà

Mariantonia Ronchetti

Kapoor considera, per sua stessa ammis-sione, il colore rosso come “un mezzo di investigazione emo-zionale” e la cera, un elemento malleabi-le in continuo dive-nire. L’acciaio, come materiale dominan-te e le gigantesche di-mensioni delle sue opere, creano un con-tinuo gioco di richia-mi e un nuovo modo

di concepire lo spazio e l’arte in esso inserita, falsando la percezione della realtà. Le sculture in lucido metallo ri-flettono, scavano, colorano e moltiplicano ciò che le cir-conda in una molteplicità di direttrici, diventano gigan-teschi caleidoscopi. L’osservatore, stupefatto rimane immediatamente imbrigliato da queste nuove dimensio-ni. Inizialmente la sensazione è quella di sentirsi perso, confuso senza riferimenti, come sospeso in uno spazio senza equilibrio. In seguito, l’adattamento alla moltiplica-zione delle angolazioni, dei punti di vista, creano il coin-volgimento nella nuova “dimensione Kapoor”.Rotonda della Besana – via Enrico Besana,12 31 maggio - 9 ottobre 2011Fabbrica del Vapore – via Procaccini, 431 maggio – 8 gennaio 2012Orari: lunedì 14.30 – 19.30. Da martedì a domenica 9.30-19.30, giovedì e sabato 9.30-22.30

“E’ un cavaliere errante della fotografia: un vagabondo, un avventuriero, un nomade con la macchina fotografica”

Giorgio Armani, W Magazine, 1992, 150 x 70 cm© Michel Comte Estate / I-Management SA

Carla Bruni, Vogue Italia, 1996, 120 x 120 cm© Michel Comte Estate / I-Management SA

Frank Zappa, Private Sitting, 1989, 30 x 30 cm© Michel Comte Estate / I-Management SA

M O S T R E A M I L A N O

Compte si destreggia da Parigi a New York con gran-de classe e professionalità. “Michel Compte. Crescen-do Fotografico”, titolo della mostra curata da Walter Kel-ler e ideata da Serena Baccaglini e Francesca Silvestri, ripercorre gli anni ottanta-novanta, quelli delle superdi-ve come Sharon Stone, dei musicisti del calibro di Miles Davis e delle top model inossidabili quali Carla Bruni.Divenuto un brand internazionale grazie anche alle sue doti, in un ambiente competitivo come quello della moda, ha fotografato moltissimi personaggi famosi.Il percorso espositivo al primo sguardo, tra le 87 imma-gini di personaggi celebri immortalati dall’obiettivo di Compte, può apparire un palcoscenico troppo patinato e se vogliamo, effimero. Se ci soffermiamo invece davanti ad alcuni ritratti come quello dell’artista Louise Bourgeois, ad esempio, notia-

Page 10: OK ARTE giugno-luglio 2011

10

OKI N E V I D E N Z A

Tina Parotti Simbolica ed essenziale

Artista poliedrica e gallerista affermata, Tina Parotti è conosciuta dal pubbli-

co oltre che per i suoi lavori, che si esten-dono dalla pittura alla grafica alla poesia, anche per il suo spazio espositivo “Galle-ry House” di Arconate (MI) che ospita, ol-tre alla sua collezione permanente, artisti affermati ed emergenti tra i più innovativi ed interessanti del panorama contempo-raneo. Nelle opere della Parotti, sulla scia del post-modernismo, emerge una sor-ta di “ripensamento” tecnico/concettua-le dei movimenti storici dell’arte, che non rientra tuttavia nel citazionismo, ma anzi

sviluppa una pittura istintuale ed emozio-nale, al contempo spaziale ed esplorativa, simbolica ed essenziale. I suoi lavori risultano squillanti e dina-mici, costruiti sull’associazione di forme e cromie; seppur tematicamente eclettici i suoi dipinti rimangono fedeli alla visio-ne del dato reale che la Parotti ha acquisi-to nell’arco della sua ricerca. Da quest’ul-tima nascono non solo dipinti su tela, ma anche complementi ed oggetti d’auto-re ispirati dalla natura circostante che le valgono il consenso di pubblico e criti-ca, nonché numerose partecipazioni ad eventi e mostre nazionali ed internazio-

Mario Bernardinello Una vita dedicata all’Arte

Mario Bernardinello vanta una car-riera quarantennale davvero sfol-

gorante. Nel 2009 infatti, le sue opere sono state battute all’Asta da Christie’s, prima casa d’Aste internazionale, presso l’Hotel Gallia di Milano insieme a quel-le di illustri maestri tra i quali Hans Har-tung, Arnaldo Pomodoro, Emilio Tadini, Marco Lodola. I fondi raccolti sono sta-ti devoluti in beneficenza alla Fondazio-ne Champion for Children a favore dei bambini abruzzesi delle zone colpite dal recente terremoto.

Presidente del Circolo Artistico Cultura-le Milanese e membro della Permanente, Bernardinello è tra i componenti di spic-co del transvisionismo, un movimento nato nel 1995, allo scopo di “vedere che cosa ci sia al di là della materia e che la ma-teria stessa e il gesto con cui viene tratta-ta guidano a vedere, a percepire, a parte-cipare”. Bernardinello è stato insignito di importanti onoreficenze. Tra le numero-se e prestigiose partecipazioni ad eventi e mostre nazionali ed internazionali di Ber-nardinello, ricordiamo quelle più recen-ti a Palazzo dei Normanni a Palermo, al

Roberta Musi - Franco TarantinoI due artisti uniti per l’Aeronautica

Franco Tarantino vanta una collabora-zione quarantennale con l’Aeronau-

tica Militare. Negli anni ‘70, infatti, Ta-rantino instaurò con il generale Pisano, Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, un prezioso rapporto lavorativo che pro-segue ancor oggi attraverso il supporto dei successivi generali che nel frattempo si sono susseguiti. Molte sono le opere di Tarantino presenti negli spazi prestigiosi del Comando 1^R.A. - Istituto Medico Legale e Aeroporto di Milano-Linate.

segne”. L’opera, ricca di simbologie vecchie e nuove, è realizzata appositamente per l’occasione dai due artisti. In essa si spri-giona un forte dinamismo dovuto a spira-li di colore che spingono in alto la scena, at-traverso una sequenza cronologica di una formazione del PAN e la immettono, suc-cessivamente, in un mondo che inneggia al “passato”: Pegaso, con le sue ali svolazzanti e le mongolfiere che si innalzano colorate e festose nel cielo dimostrano la temerarie-tà dei nostri predecessori alla costante ri-cerca di imitare gli uccelli. Nella comples-sità della composizione, vive un costante e gioioso movimento che richiama l’opero-sità dell’uomo alla ricerca di sempre nuo-ve interessanti esperienze. Sullo sfondo le Frecce Tricolore volteggiano e rafforzano il legame tra il passato e il mondo attuale tec-nologico. Nel dipinto, il genio di Leonar-do da Vinci osserva lo svolgersi del sogno umano del volo che aveva particolarmente a cuore come testimoniato dalle sue paro-le: “Una volta che avrete imparato a volare, camminerete sulla terra guardando il cielo perché è là che siete stati ed è là che vorre-te tornare”. Musi e Tarantino sono stati in-vitati dall’Aeronautica, durante una recente manifestazione, ad esporre parte della loro produzione all’Ottagono, prestigiosa “lo-cation” che attualmente ospita il Cacciato-re di Stelle di Paladino.

con la quale collabora attivamente da anni, a raggiungere un ulteriore traguardo: la splendida opera (300 X 215 cm.) intitola-ta “Le-ali nel tempo” (vedi foto) sarà dona-

ta dal Gen. Nello Barale al nuovo Coman-dandante la 1^R.A., il quale la collocherà, in tenuta stabile, nel palazzo, il 7 settembre 2011 in occasione “del passaggio delle con-

nali. Tra questi ricordia-mo la personale di apri-le allo Spazio Arte di Gavi (AL), la collettiva di maggio “Among the serious playful, things” alla Onishi Gallery di New York e la colletti-va “Sconcerti” a Quin-to Cortile (MI) in pro-gramma per i prossimi 13 e 14 giugno. www.tinaparotti.com [email protected]. 3382105247

Museo San Matteo di Pisa e al Circolo della Stampa di Mi-lano. L’artista presenterà la sua ultima produzio-ne in una mostra inti-tolata “Astratto caldo” il prossimo settem-bre-ottobre in data da stabilire, presso lo spazio Atelier al Mu-seo della Permanen-te di Milano.

Musi e Tarantino all’Ottagono, Foto di Paolo Manusardi

Le ali del tempo, acrilico su tela, 210 X 300 cm, Foto di Paolo Manusardi

“Una volta che avrete imparato a volare, camminerete sulla terra guardando il cielo perché è là che siete stati ed è là che vorrete tornare”

Ha realizzato, inoltre, cartelle di grafica per i personaggi di passaggio dal Coman-do di Regione ed un francobollo per la Zecca di Stato sui Caduti di Kindu. Ora l’artista si appresta, insieme alla po-liedrica ed intraprendente Roberta Musi

F.B.

Carla Ferraris

Page 11: OK ARTE giugno-luglio 2011

OK

11

Maurizia D’Ippolito

Introduce l’artista il critico Sa-brina Sottile: “Qualcuno ha

detto che l’opera d’arte deve es-sere “euritmica”; tutti i suoi ele-menti infatti devono comporsi in un insieme secondo un rap-porto costante che obbedisce a leggi precise. Ci deve essere cioè un certo equilibrio fra le parti; una particolare armonia tra la forma e il colore; una simmetria di equivalenti attraverso il qua-le esprimere al meglio la propria creatività.Queste osservazioni sembrano rivivere pienamente nei lavori di Maurizia D’ippolito. L’artista di Latisana è stata per me una vera e propria scoperta; un’esplosio-ne di luci, colori e forme espres-sive in perfetto equilibrio. Le

Dalle mille stagnole policrome che l’artista recupera scartando cioccolatini, caramelle o altro, nascono delle vere e proprie opere d’arte

senza mai addormentarsi. Perdersi in un mondo irreale fatto di emozioni e sensazioni a fior di pelle”. L’artista ha partecipato a numerose esposizioni collettive e persona-li, tra le quali ricordiamo: la 1° e la 2° edizione di Cittadel-la arte in fiera di Sarzana (SP) rispettivamente nel 2009 e nel 2010, Artisti migliori italiani a Villa Panfili - Roma. Tra le più recenti manifestazioni segnaliamo Torino Arte 150 e Sanremo sotto le stelle. Il prossimo appuntamen-to di Maurizia D’Ippolito sarà presso il Caffè Letterario di Pordenone dove presenterà le sue opere in una mostra personale dal 1 al 31 luglio 2011.

Pier Domenico Magri

Pier Domenico Magri ha alle spalle un considerevo-le numero di prestigiose mostre istituzionali pubbli-

che. Recentemente ha presentato in collaborazione con lo studio Art-Action di Milano, una ventina di opere nel-la mostra personale intitolata “Solo Scudo” al Castello di Belgioioso con la presentazione e testo critico a cura di Giacomo Prati della Soprintendenza ai Beni Culturali di Milano. Magri espone dal 7 giugno al 30 agosto 2011, nella prestigiosa sede di Palazzo Recalcati presso il famo-so ristorante l’Assassino di Milano in compagnia di artisti

settecentesca della sca-linata d’ingresso.Ristorante l’Assassino Palazzo Recalcati, Milano, Via Cornaggia (angolo Via Amedei)

Inaugurazione 7 giugno dalle 18,30 alle 20.00www.art-action.it [email protected]

Palazzo Recalcati, storica dimora nobiliare milanese recentemente restaurata, ospita le opere dell’artista

del calibro di Mimmo Rotella e Osvalda Pucci.La mostra itinerante è curata da Azzurra Casiraghi e Brasilia Pellegrinelli, accreditate consu-lenti d’arte di Milano e titolari dello studio d’arte Art-Action.La location, situata nella stori-ca dimora nobiliare milanese di Palazzo Recalcati di via Ame-dei, 8 all’interno della cerchia delle mura romane del capo-luogo lombardo costruito alla fine del Quattrocento, è stata recentemente restaurata secon-do i canoni più moderni di ten-

denza artistica e di design per i quali la città di Milano si è dimostrata sensibile. La struttura originale dell’edi-ficio fu ampliata tra la fine del ‘600 e la prima parte del XVIII° secolo per poi subire un’imponente opera di re-stauro durante gli anni ‘20. Riportato all’antico splendo-re da un ulteriore intervento di ripristino nel 1997, Palaz-zo Recalcati conserva intatti particolari architettonici di pregio come la corte porticata bramantesca e la ringhiera

Quadratura murale, 100 x 100 cm - olio su tela, 2010

Quadratura murale, 70 x 100 cm - olio su tela, 2010

Quadratura murale, 80 x 80 cm - olio su tela, 2011Quadratura murale, 100 x 100 cm - olio su tela, 2011

opere che hanno suscitato in me questa forte emozione, senza nulla togliere alle pregevoli figure di stampo cubi-sta che l’artista propone su tele ad olio di medio e gran-de formato, sono i paesaggi di media e piccola grandezza; vere chicche che l’artista compone con grande creatività a mo’ di raffinati puzzle di carta. Dalle mille stagnole policrome che l’artista recupera scartando cioccolatini, caramelle o altro, nascono così

delle vere e proprie opere d’arte, piccoli capolavori dalla cromia cangiante. Quelli proposti dall’artista, eseguiti con grande manualità, sono paesaggi geome-trici dai contorni ben definiti, che sembra-no modificare la loro intensità se cambia il punto di osservazione. Essi non sono riconducibili a luoghi reali, ma sono luo-ghi dell’anima; percorsi emozionali mol-to personali, all’interno dei quali è possi-bile riconoscere e ritrovare il quotidiano, fatto di mille sfumature e sensazioni. Guardare le opere di Maurizia D’Ippoli-to significa dunque perdersi in un mon-do fatto di pace e tranquillità; i suoi pa-esaggi inanimati invitano alla riflessione e all’ascolto di suoni e voci che esisto-no solo nell’immaginario e che, proprio per questo, sono in grado di evocare in chi li guarda emozioni e sentimenti per-si nella memoria. La sensazione è quella di viaggiare senza mai spostarsi, sognare

I N E V I D E N Z A

Page 12: OK ARTE giugno-luglio 2011

12

OK

Il nuovoOKTerre Vulnerabili

A growing exhibition

Fabrizio Gilardi

Ok Arte festeggia il suo 10° anniversario cambiando look!

La cover è completamente rinnovata, così come la nuova veste grafica per

un taglio editoriale sempre più mirato a valorizzare la Cultura e i Tesori

nascosti del nostro Paese, a partire dalle tradizioni

più suggestive del territorio.

La rivista “OK ARTE” è leggibile anche sul portale

www.okarte.net www.okarte.it

di ampia visibilità visitato da migliaia di visitatori ogni giorno.

Sul portale trovi l’elenco dei punti di distribuzione delle copie.

Un vero e proprio “Compagno di Viaggio

nel mondo dell’Arte”tel. 347-4300482 [email protected]

La luna è arrivata all’ultimo quarto ha compiuto il suo ciclo per riprendere

poi, daccapo, una nuova fase. Quella in corso all’Hangar Bicocca è la quarta “tranche” di un unico progetto di Chiara Bertola curato in collaborazione con Andrea Lissoni, intitolato “Terre vul-nerabili” che ha preso avvio nel mese di ot-tobre del 2010 e che ha visto, nel suo in-sieme, la partecipazione di una trentina di artisti italiani e stranieri, scelti tra i più rap-presentativi giovani emergenti e tra i più significativi nomi affermati da tempo. Il sottotitolo della rassegna, “A growing exhibition” (una mostra in divenire), ci suggerisce una modalità scelta, che è an-che uno dei concetti alla base di questa rassegna. Alla prima delle quattro fasi, hanno infat-ti preso parte 15 artisti, cui si sono pro-gressivamente aggiunti altri a ogni fase successiva, che ha visto così aumentare il numero delle opere e degli artisti in espo-sizione. Anche molte delle singole opere si sono evolute nel corso del progetto gra-zie a interventi degli artisti, nati da scam-bi di vedute tra gli ope-ratori stessi, ma anche tenendo conto delle osservazioni dei visi-tatori. Il progetto ten-ta di mettere in rilie-vo aspetti che possono essere positivi nel con-cetto di vulnerabili-tà, per esempio il dare importanza a chi o alle cose che a prima vista ne hanno poca e quin-di sono per certi aspet-ti le più vulnerabili ma, visti da un’altra ango-

lazione, sono i più importanti, poiché pos-sono far crollare tutta la catena. Un altro esempio è il mettere in rilievo che la vulnerabilità può essere anche permea-bilità al mondo, quindi all’altro così come alla conoscenza.Terre Vulnerabili si trasforma, per un’ulti-ma volta, mostrandosi interamente nello spazio “alto” dell’Hangar intorno alle set-te torri opera di Anselm Kiefer, che occu-pano in permanenza la parte centrale del salone accogliendo ulteriori quattro nuo-ve opere: quelle di Alberto Tadiello, di Pascale Marthine Tayou e di Nari Ward appositamente realizzate e quella di Ro-man Ondák inedita in Italia. Ne vede al-cune trasformarsi ancora (Bruna Esposi-to, Margherita Morgantin) altre crescere oppure sciogliersi (rispettivamente Ludo-vica Carbotta, Adele Prosdocimi e Inver-nomuto), altre ancora sommarsi ad altre preesistenti molte infine muoversi e ri-combinarsi fra loro in nuove ed inaspetta-te configurazioni.Dal 6/5 al 17/7/2011

CHIAR DI LUNARistorante

E’ possibile gustare oltre ai deliziosi piatti tipici della casa, delle originali e squisite pizze

Pizze FilosofichePizza Pitagora Il padre del più famoso tra i teoremi, era un convinto

vegetariano. La pizza a lui dedicata ha i colori della Pianura della Verità. Potrete trovarvi il verde del paté di olive, il bianco della mozzarella e l’arancione delle carote.

Pizza Cartesio All’insegna del rigoroso dualismo, la Pizza Cartesio separa il corpo dalla mente, ovvero il pomodoro dalla mozzarella. E nutre il primo con del grana e la seconda con delle noci, la cui forma ricorda quella del cervello umano.

Pizza Kant Gialla come la luce che illumina la mente, la pizza Kant un delizioso mix di mozzarella, grana, crema di mais e peperoni gialli! Consigliata a tutti i

sostenitori della ragion pura!

Pizza Nietzsche Una pizza dai sapori forti, così come forte e decisa la Volontà di Potenza di cui parlava uno tra i più eccentrici filosofi di tutti i tempi.

Pomodoro, mozzarella, uovo, pecorino, lardo: una pizza per veri Super-uomini

Chiar di Lunachiuso martedì e mercoledì

via Gandolfi, 12 24042 Capriate S. Gervasio (Bergamo)

tel: 02 9091110 www.chiardiluna.it [email protected]

M O S T R E A M I L A N O

Sala Verdi del ConservatorioVia Conservatorio, 12 – Milano

Teatro Dal VermeVia San Giovanni Sul Muro, 2 – Milano

Per informazioni e prenotazioni: Serate Musicali Uff. Biglietteria

tel. 02-29409724 dal lun. al ven. 10– 17 mail: [email protected]

sito: www.seratemusicali.it

Pascale Marthine Tayou, Plastic Bags

Serate Musicali

Page 13: OK ARTE giugno-luglio 2011
Page 14: OK ARTE giugno-luglio 2011

14

OK

Dietro la luce, il pensiero:Continua il successo dell’artista triestino che, attraverso l’uso della fotografia digitale, sta raccogliendo consenso e interessi crescenti da parte della critica e del pubblico La fotografia per Silvio Balestra è esclu-

sivamente un mezzo per esprimere la propria espressività interiore. Ecco perché hanno scarsa rilevanza l’oggetto inquadra-to, la sua forma, i suoi contorni. Mentre, assurge a un ruolo fondamentale la luce, la sua presenza contrastata, i vuoti e i pieni che si creano, e, con essa, la possibilità di cogliere, quasi, con l’allegoria di trasparen-ze e opacità, il pensiero nel suo formarsi, la delicata e sensibile rete delle sinapsi che reagisce ai continui stimoli sensoriali. Se analizzare le opere di Balestra porta a qualche considerazione filosofica non deve stupire, in quanto alla base della sua ricerca, a detta dello stesso autore, si collo-cano i concetti di spazio, tempo e vita che rappresentano i principi primi sui quali gli studiosi del pensiero di ogni epoca hanno orientato la propria interpretazione della realtà. Se andiamo a fondo nella riflessione, ci ac-corgiamo che questi tre principi si reggo-no su un elemento semplice: il divenire. E, alla fine, è proprio il divenire, e la neces-sità di coglierne l’essenza primaria, “l’atto puro”, come suggerirebbe Aristotele, quel-lo che spinge l’artista a travalicare ogni li-mite del “pensabile” a livello razionale per affrontare sfide orientate - e sono proprio le parole di Balestra – verso “una visione superiore del tutto, dell’infinito, dell’im-possibile”.Ma divenire è movimento. Come co-

glierlo, allora, nel suo farsi ricorrendo a un ‘operazione come quella artistica che, comunque la si guardi, resta statica, fini-ta, contingente, senza correre il pericolo di snaturarlo, banalizzarlo? Qui a Balestra viene in aiuto la forza dinamica ed evoca-tiva della luce ed emerge in modo chia-ro la capacità di coglierne tutta l’essenza, mettendola in continuo, assillante contra-sto con la sua assenza, il nero incombente, che sovrasta e angoscia.Quello che ne risulta è un doloroso “chia-roscuro” che è contemporaneamente “in-treccio vitale di desiderio e razionalità”. Quello che, in altri termini, è la stessa con-dizione umana, combattuta tra l’ansia di comprendere e la paura dell’ignoto. Si evi-denziano nel ciclo Beats (antitesi) mini porzioni di luci bianche, riposte in geome-trie spaziali ben delineate nella loro essen-za, apparentemente statiche ma sospese in un equilibrio composito di straordinaria vibratilità nello spazio. E per Balestra, il compito che si assume la luce è anche quello di essere portatrice di speranza, ricordo, sensualità, evoluzione. Capace di compiere il miracolo dell’equi-librio, dell’armonia tra forze opposte. E qui torna alla mente il concetto di “sino-lo” aristotelico, l’unione dei due elementi, materia e forma, materia e spirito, che ca-ratterizzano l’essenza della natura umana. Questi continui sconfinamenti filosofici sono d’obbligo. Balestra è stimolato ed incuriosito dall’os-servazione degli effetti del passare del tem-po sulle cose, sulle persone, sull’ambiente. D’altra parte, è lo stesso artista che, sof-fermandosi su alcune sue opere intitola-

Silvio Balestra

Chi si appresta a compiere un fantastico viaggio nel mondo di Balestra è atteso da un compito di astrazione in certi casi non semplice, ma assolutamente indispensabi-le per poter cogliere tutte le sfumature di

to quello dei Galleristi che ha suggellato in modo molto prestigioso una consolidata presenza nel mondo della nuova arte foto-grafica. Le sue opere fotografiche vengono ampiamente riconosciute anche a livello

dal ciclo “Spirit & MMatter , Night & Day “

cupa bensì occupa solamente di fluire in-condizionatamente”. In che modo cercare di decrittare un’ope-ra come quella di Balestra se non attraver-so le categorie del pensiero, visto che è il pensiero nella sua cangiante metamorfosi ciò che si vuole cogliere, per così dire, “in corpore vili”?

una provocazione autenticamente intel-lettuale.Di questo, ormai da tempo, la critica e il pubblico si sono accorti. Uno dei più re-centi riconoscimenti gli è stato assegnato alla Fiera di Parma 2011, dove, oltre a esse-re stato finalista per il premio della critica con la computer grafica, gli è stato attribui-

dal ciclo “Spirit & Matter”

te Spirit & Matter, rivela: “Il tempo, questa fantastica e deleteria unità di misura che passa incessantemente e costantemen-te non si ferma mai di fronte a nulla; non guarda in faccia a nessuno, non si preoc-

I N E V I D E N Z A

Page 15: OK ARTE giugno-luglio 2011

15

OK

Dietro la luce, il pensiero:

“Il tempo, questa fantastica e deleteria unità di misura che passa incessantemente e costantemente non si ferma mai di fronte a nulla”

Ugo Perugini

cerca - e dinamiche emotive, tutt’altro che scontate. Ancora una volta, in queste ope-re troviamo il contrasto bianco e nero con presenze di rosso e altri colori che però non alterano il valore della scala cromati-ca complessiva. Sembrano una variante controllata e non invadente. Particolarmente suggestivi cer-ti effetti tridimensionali, impronte legger-

Balestramente rilevate, cascami di graffiti attira-ti da invisibili calamite, florilegi abnormi, coralli neri, e il contrasto, nell’anomia complessiva, di forme geometriche varie che si ripetono come simulacri di lonta-ne certezze. Come fare, anche qui, a non ricordare certi richiami alla filosofia pitagorica? Il processo, però, nel caso di Balestra appa-re capovolto. Il significato della realtà non lo si com-prende rendendola misurabile e numera-bile come avrebbero voluto i seguaci della scuola di Pitagora. Al contrario, sono i numeri che, spoglia-ti della loro apparente inequivocabilità, sono in grado di richiamare la complessi-tà della vita. Sanno ricondurre a quell’equilibrio, a quell’armonia, così precari e affascinanti, tra gli opposti in perenne contrasto, che danno il senso alla nostra esistenza e alla nostra faticosa ricerca interiore.www.silviobalestra.com [email protected]

internazionale; recentemente per il secon-do anno consecutivo Balestra è stato insi-gnito del prestigioso “Merit Award B&W contest 2011” della patinata rivista califor-niana “B&W magazine” dedicata al mon-do della fotografia in bianco e nero. D’altra parte, il lavoro di Balestra non si ferma qui. Anche nella computer grafica vera e pro-pria il processo di affinamento delle risor-se alle quali l’artista attinge si è fatto ancor più raffinato, al limite della sfida. Il ritorno di questo termine non è per nulla casua-le! Chi può pensare che attraverso l’uso di Microsoft® Excel®, programma che ha la funzione di semplice foglio di calcolo, sia possibile arrivare a rappresentare immagi-ni di una sconcertante efficacia espressiva attraverso un uso attento e stilisticamen-te controllato del “mousepainting? Ba-lestra lo fa. Riesce a realizzare, attraverso un’elaborazione visiva di sequenze nume-riche apparentemente insignificanti, ipo-tesi di nuovi mondi comunicativi, carichi di messaggi - per quanto celati dietro una subliminalità che impone una costante ri- dal ciclo BEATS

dal ciclo SPIRIT & MATTER

I N E V I D E N Z A

Page 16: OK ARTE giugno-luglio 2011

OK

16

Maurizio Bono Quando l’Informatica diventa Arte

La computer grafica in mostra alla galleria Il Borgo

Sabrina Falzone

Nato a Palermo nel 1970, Maurizio Bono attualmen-te vive e lavora a Sciacca, in provincia di Agrigento,

dove svolge l’attività professionale di ingegnere. Si è av-vicinato all’arte in età adulta con lo studio delle belle arti ma è da quaranta anni che possiede una passione atavica per il disegno e per ogni espressione legata alla scrittura creativa. Perché Maurizio Bono non si ferma all’informa-tica e al disegno. Egli apprezza anche gli aspetti letterari della creatività che rintraccia anche nella scrittura, in te-sti poetici, aforismi e racconti “non sense” sempre dota-ti di inaspettata ironia. In questo modo l’autore dimostra il suo incondizionato amore verso la lettura a completa-mento dell’espressione della riflessione interiore, già ini-ziata con lo studio dell’immagine e della sua manipola-zione.Tra le esperienze professionali di Bono maturate nel pas-sato occorre annoverare l’insegnamento di Decorazio-ne all’Accademia di Belle Arti “Eleonora d’Aragona” di Sciacca in Sicilia dal 2007 al 2010.Da qualche anno Maurizio Bono è impegnato nella re-alizzazione di composizioni miste fondate sulla combi-nazione dell’immagine fotografica con il disegno, per le quali si avvale dell’ausilio di “software” specialistici.Nell’universo visivo dell’artista siciliano il disegno si illu-mina di nuove direzioni formali nella fusione con la foto-

grafia, due strumenti che riflettono il passaggio tecnolo-gico dalla tradizione alla computer graphica, dalla storia dell’arte alla sua rivoluzione culturale.Le opere di Maurizio Bono trattano questo delicato ar-gomento con inedita sobrietà creativa ed inaspettata im-mediatezza visiva, che contraddistinguono una perso-nalità capace di esprimersi attraverso la dirompenza del colore e l’originalità del soggetto rappresentato. Talvol-ta i pannelli di Bono rappresentano l’intreccio di sentieri

differenti, un crocevia di strade che condu-cono all’universo vi-sionario della psiche umana.L’ermetismo grafico è celebrato dalla presen-za costante di elemen-ti simbolici ed emble-mi più o meno visibili che costituiscono il linguaggio artistico di Maurizio Bono. La sovrapposizione di simbolismi gene-ra un affascinante co-dice comunicativo da decifrare. Proprio per queste ragioni lo sti-le dell’artista può es-sere considerato enig-matico.

Nella simbologia “chisciottesca” si ritrovano alcuni dei suoi moduli ricorrenti come le stesse fessure, indican-ti l’auspicio del superamento di ogni chiusura verso il mondo. Sono segni che vibrano di sensazioni oniriche e dialogano nell’intensità di un cromatismo saturo di con-trapposizioni tonali, giocando sul valore coloristico del-le cangianze. Spesso l’atmosfera caliginosa è complice di questo gioco cromatico e in questo tipo di ricerca artisti-ca enfatizza l’emozionalità del colore, la fierezza della for-ma e l’intensità nella poesia del contrasto.Ci si perde nell’incanto dello spazio, inghiottito dall’im-ponenza del microcosmo. Esso diviene asse portante e al tempo stesso scenario monumentale del suo filone cre-ativo, catturando lo sguardo dell’osservatore e intrappo-landolo nel dettaglio visivo.Non è sempre semplice riuscire ad uscirne, ritornando alla realtà perché le opere di Maurizio Bono riescono a creare profonde prospettive verso l’interiorità.Sleeper, 125 x 100 cm

Nautilus, 120 x 90 cm

Ptrolio, 60 x 90 cm

Notte, 135x75 cm

Prospettive interioriMostra personale di Maurizio BonoVernissage: martedì 5 luglio ore 18

Dal 5 al 19 luglio 2011a cura di Sabrina Falzone

Galleria Il BorgoCorso San Gottardo 14, Milano

Orari: da martedì a venerdì ore 16-19; sabato h.10-12

Chiuso lunedì e festiviIngresso libero

(Si ringrazia Sanja Kocman per la collaborazione)

[email protected]

I N E V I D E N Z A

Page 17: OK ARTE giugno-luglio 2011

17

OK

Mostra d’Arte Contemporanea presso la chiesa antica dei SS. Marco e Gregorio a Cologno Monzese dal 7-5-2011 al 15-5-2011 organizzata dall’Associazione

Amici dell’Arte e promossa dai curatori Donato Carissimo e Carlo Catiri.Con “Contemporanea 2011”, l’Associazione Amici dell’Arte si propone di dare avvio a un appuntamento periodico con l’arte contemporanea, proseguendo l’intenso lavo-ro di promozione culturale sul territorio di Cologno Monzese che ha già dato vita a diverse mostre. Sono sedici gli artisti che attestano quella straordinaria vitalità dell’at-tività creativa che l’Associazione A.A. con “Contemporanea11”, vuole raccogliere, va-lorizzare e far conoscere innescando un dialogo proficuo tra fruitori e artisti, tra arti-sti e critici, tra artista e artista.Durante il periodo espositivo, oltre alla presentazione del catalogo, una conferenza dal titolo “Il Mestiere dell’Arte” ha significato il senso dell’esposizione e indicato la direzione dell’operazione culturale che ha coinvolto gli artisti: Bonfanti, Di Battista, Epifania, Fornai, Gagliardi, Galli, Lombardi, Lux, Maggia, Nones, Nucci, Pettinato, Ri-torno, Rossetti, Scotti e Tramontin. Sicuramente durante la conferenza, le problematiche proposte dagli artisti in esposizione hanno trovato il giusto contesto per prendere spessore. In particolare si è voluto evidenziare come risulta sempre più difficile e problematico affrontare il tema dell’ar-tisticità e definirne la sua sostanza costitutiva. Delimitare il campo di azione della creatività e fissare delle regole interpretative sembra oggi più incerto e indeterminato. Eppure è sempre più urgente per l’Arte, ritrovarsi, sentirsi parte di un sistema e signifi-care la propria esistenza in modo tangibile. Il Mestiere dell’Arte è un mestiere difficile ed il percorso che lo accompagna è tanto affascinante quanto misterioso e nella sua unicità si deve individuarne il valore assoluto. Questa è una ricerca che deve unire, in perfetto equilibrio, speculazione teorica e pratica realizzativa. Tale bipolarità, che da sempre accompagna il lavoro dell’artista, caratterizza l’esito finale dell’opera, che si configura come un in-sieme di forze dinamiche e contrastanti che si esprimono attraverso forme e colori in espansione. La creatività, nella sua libertà assoluta, deve comunque manifestarsi in una forma attrattiva o repulsiva, ma sempre coinvolgente che trasformi comunque le dinamiche tradizionali della comunicazione. Sostituire cioè il flusso lineare da oggetto a soggetto nel più interattivo azione-rea-zione con una simbiosi perfetta tra manifestazione e coscienza. Allora l’opera d’arte si potrebbe definire come una tensione. Una specie di campo magnetico che attrae le nostre capacità percettive, possedendo in sé la potenza per trasformare semplici impul-si sensoriali in elaborati concetti astratti per la nostra mente e l’energia per infondere sottili e profonde emozioni per il nostro in-conscio.

CONTEMPORANEA11

Donato Carissimo e Carlo Catiri

Il Duomo di LodiUn inno al patrono San Bassiano

Bassiano, un nome veramente poco diffuso, forse qualcuno non sa nep-

pure che possa essere un nome di battesi-mo. Ma basta avvicinarsi al territorio del lodigiano e sicuramente capiterà di in-contrare più di un nonno Bassiano e Bas-sano nella versione più popolare.San Bassiano è il patrono di Lodi e, come spesso accade, il protettore diventa parte integrante e fondamentale nella vita del-la città. Di richiami al Santo Patrono è pieno il Duomo di Lodi.La Cattedrale nasce con la costruzione della nuova Lodi. Dopo la distruzione di Lodi Vecchio ad opera dei Milanesi nel 1158, Federico Barbarossa sponsorizza la costruzione della nuova città. E a testi-monianza della continuità fra i due centri urbani, inizia la costruzione del Duomo con l’utilizzo di pietre di Lodi Vecchio. Nel 1163 vengono traslate anche le spo-glie del Santo Patrono dalla Basilica di San Bassiano di Lodi Vecchio alla nuova Cattedrale.Di richiami al Santo è piena la Chie-sa, dalle reliquie situate in un altare otto-centesco della cripta ai numerosi affre-schi, alla bellissima statua duecentesca in rame dorato posta accanto al terzo pila-stro di sinistra che in origine era situata in un’edicola della facciata, dove ora invece è collocata una copia in bronzo, risultato degli ultimi restauri effettuati fra il 1958 e il 1964.La facciata è asimmetrica per la presenza del campanile, caratterizzata da una serie di aperture di epoche diverse, da una cor-nice di archetti e dall’edicola con la statua del Patrono. La Chiesa nella sua struttura è immagine e simbolo della Gerusalem-me Celeste e il simbolismo è rappresen-

tato proprio dal portale. Le sculture risalenti agli anni 1180-85, comprendono due leoni stilofori del protiro scolpiti mentre prendono uno un’aquila col serpente e l’altro un agnello. Nella lunetta il Cristo in trono che sem-bra voglia esprimere il suo potere celeste sul destino dell’uomo; il fedele varca la

soglia ed entra.Si trova in un ampio interno, suddiviso da importanti pilastri cilindrici a tre navate a sistema alternato.Il Duomo, dedicato all’Assunta, contiene importanti affreschi in onore della Ma-donna come il “Trittico” di Alberto Piaz-za, numerose “Madonne in trono” e una

serie di piccole “Madonne del latte” di pit-tori anonimi.E’ certamente una Cattedrale da visitare, tra le più vaste della Lombardia, ricca di opere, testimone del percorso che la sua costruzione e restauro ha avuto attraver-so i secoli.

Ivana Metadow

I T I N E R A R I I N L O M B A R D I A

Page 18: OK ARTE giugno-luglio 2011

18

OK

Ti piace ?Puoi assicurarti l’invio a casa dei prossimi numeri

della rivista. Il costo della copia e della spedizione è di complessivi 4 euro. Puoi effettuare prenotazioni della rivista

e donazioni con un bonifico a favore dell’Associazione culturale OK ARTE, Banco di Brescia -

IBAN IT16Y0350001604000000013222 specificando nella casuale:

Desidero ricevere i prossimi X numeri di OK ARTE a questo indirizzo: Nome, Cognome, Città, Cap, Indirizzo.

Informazioni e chiarimenti scrivendo a [email protected] - tel. 3397684287

OK

Silvio Pellico & Cristina Archinto Trivulzio Amore nell’800 tra Risorgimento, Poesia, Letteratura e Musica-Madrigale-Notte di Novelli sogni “Conforterò le tue notti, allontanerò il buio che ancora avviluppa il sonno. Svaniranno gli incubi e i ricordi antichi che ancora tormentano il tuo animo e avremo notti limpide e chiare. Notti di baci, d’amplessi e di novelli sogni”

do Rossi di Vandorno il suo amore per la Marchesina Trivulzio, che nel 1819 ha solo vent’anni: non voglio più amare - se posso – Disgraziatamente v’è quella compagna delle passeggiate mie solitarie, quella fanciulla di 20 anni, quella che mi porgeva il latte, dopo averlo libato colle sue labbra – la sua immagine è qui, pro-fondamente scolpita…Nel novembre dello stesso anno, Cristi-na sposerà il Conte milanese Giuseppe Archinto, innamorato, ma geloso e pos-sessivo. Sarà Vincenzo Monti a scrivere il componimento per il loro matrimonio, intitolato “Il ritorno d’amore al cespuglio delle quattro rose”. Fu la musica ad unir-li, lui era stato allievo del musicista Ales-sandro Rolla e Cristina era un’apprezza-ta musicista, infatti la vediamo nel ritratto del 1824 con il figlio Luigi, accanto alla propria arpa. Silvio Pellico, nato a Saluz-zo nel 1789, visse a Lione, ma durante il periodo Napoleonico, nel 1809, raggiun-se la famiglia a Milano per presentarsi

mo successo con la Francesca da Rimini, ma iscrivendosi alla carboneria, divente-rà ben presto bersaglio della censura au-striaca. Arrestato il 13 ottobre del 1820 e condotto in carcere, prima a Santa Mar-gherita, poi ai Piombi di Venezia ed infi-ne in Moravia nello Spielberg, sarà gra-ziato solo nel 1830. Nonostante le cattive condizioni fisiche e morali riprenderà la sua attività letteraria a Torino e nel 1832 pubblicherà “Le mie Prigioni”, suscitan-do ovunque simpatie per l’Italia ed odio contro lo straniero. Morirà nel 1854.La relazione con Cristina fu caratterizza-ta da un lungo epistolario e dopo ben 17 anni dal loro primo incontro, anteceden-

te l’arresto di Silvio, Cristina rammarica che lui non le abbia confessato i propri sentimenti. Solo nel 1847, anno nel qua-le pubblica una raccolta di dieci compo-nimenti intitolata “Poesie inedite” gli co-municherà l’annullamento del proprio matrimonio, con la speranza di un futu-ro insieme. La partenza (madrigale)L’alba era chiara/Quando partii cara/Mi era la città che lasciai,/ma mi attende-va l’amore/A lungo sognato e il cuore/Mi tremava nel petto e piansi/Lacrime di gioia e di speranza/ e colle mani bagnate accarezzai/infine il tuo viso e baciai i tuoi limpidi occhi.Cristina teme però, che la presenza dell’ex marito a Torino possa turbare la loro sere-nità; inoltre il figlio Luigi, nel 1848, com-batte sulle barricate a Milano e Cristina si vede costretta a scrivere al Conte Archin-to per perorare la causa del figlio ed il di-ritto che lui abbia idee contrarie alle sue. Altre relazioni furono attribuite al Pellico, come quella con Juliette Colbert, mar-chesa di Barolo, ma alcuni affermano che il vero amore di Silvio fu proprio Cristi-na, nonostante Vincenzo Gioberti in al-cuni scritti, sostiene che il matrimonio tra i due sia discutibile, perché lei sareb-be alle seconde nozze. ….Desidero che il matrimonio di Sil-vio Pellico non si avveri, perché Silvio è buono e non merita di diventar la favola dell’universale opinione.Questo scritto di riferisce alla chiacchie-re che circolavano a Torino circa l’immi-nente matrimonio di Silvio e Cristina(da Lettere inedite di V. Gioberti e l’on. abate G. Napoleone Monti, Roma 1936)

Clara Terrosu

E’ una poesia romantica della marche-sina milanese Cristina Trivulzio, alla

quale Silvio Pellico dedica alcuni versi in una cantica intitolata Le Chiese: “E in un talun di quegli alberghi santi/Una donna io vedea ch’erami stella;/E a lei movendo i guardi miei tremanti,/S’umiliava mia ra-gion rubella/Mi parea ch’a me un angio-

lo davanti/Stesse per me pregando, e al-lora in quella/Amica del Signor ponendo io speme/Ah,sì, diceva in ciel vivremo in-sieme!”Silvio Pellico confida all’amico Ferdinan-

alla visita di leva. Sarà scartato, ma entre-rà in contatto con la migliore cultura della società e con intellettuali come il Fosco-lo che formeranno il gruppo “Il Concilia-tore”. Appassionato di teatro otterrà il pri-

M I L A N O

Prigione dei Piombi, Venezia

Page 19: OK ARTE giugno-luglio 2011

19

OK

Il Sacro Monte di VaralloUn percorso didattico destinato ad illustrare ai fedeli

in modo chiaro ed univoco la storia della vita di CristoLo si definirebbe un presepe a primo

impatto, un luogo in cui l’arte fon-de le sue massime espressioni di scultu-ra, architettura e pittura all’interno di un paesaggio naturale caratterizzato da grot-te e folta vegetazione. Le prime cappelle erano costruzioni molto semplici che ri-prendevano nei modelli architettonici e nei materiali utilizzati le caratteristiche ti-piche della Valsesia. Nasce così il complesso del Sacro Mon-te di Varallo, ideato e realizzato alla fine del XV secolo da padre Bernardino Cai-mi con l’intento di riprodurre realistica-mente i luoghi della Palestina, testimoni della vita di Cristo, permettendo a tut-ti coloro che non avevano le possibilità di intraprendere un viaggio, un’immer-sione nella realtà della Città Santa. Era la risposta ad un esigenza popolare, alla sete di conoscenza che poco a poco sta-va coinvolgendo anche le classi meno ab-bienti della popolazione che, nonostante le limitazioni culturali, volevano avvici-narsi più concretamente alla storia, alla

fede, alla figura di Gesù. La naturalezza e l’aspetto evocativo iniziale dettato dal-la semplicità vengono arricchiti nel pri-mo ‘500 da Gaudenzio Ferrari, che diede un ruolo sempre maggiore alla scena sa-cra all’interno delle cappelle e organizzò il racconto focalizzando l’attenzione sul-le sculture a grandezza naturale che nar-ravano il tema principale mentre i dipinti e gli affreschi sulle pareti completavano la scena facendo da supporto e contestua-lizzando ogni avvenimento. L’artista con-centra la sua attenzione su personaggi tratti dalla vita di tutti i giorni, raffigurati dettagliatamente e con estremo realismo per favorire l’immedesimazione.La prima svolta a livello contenutistico avviene nel tardo ‘500 quando le onda-te della Riforma arrivarono a farsi sentire anche in Italia e si fece man mano più im-pellente l’esigenza di catalizzare l’attenzio-ne della gente, investendo nella struttura per darle più organicità e consequenziali-tà logica oltre all’intento educativo e for-mativo di importanza fondamentale che

venne perseguito con l’aggiunta di ulte-riori cappelle e la trasformazione della maggior parte di quelle esistenti. L’inte-ro complesso venne riprogettato dall’ar-chitetto Galeazzo Alessi per iniziativa di Giacomo D’Adda che volle sostenere il progetto portando avanti l’eredità morale della famiglia Scarognini da sempre coin-volta in iniziative artistiche. Il progetto dell’Alessi introdusse una raf-finata cultura del tardo Rinascimento dal forte impatto visivo e scenografico che modifica il significato del Sacro Mon-te voluto da Bernardino Caimi: ai sacri luoghi si sovrappone la Nuova Gerusa-lemme intesa quale città ideale; reinter-pretazione in cui si insinua la voglia di rinnovamento e la tensione verso il ri-torno ad una purezza più evangelica. In questo stesso periodo si colloca l’inter-vento dell’arcivescovo Carlo Borromeo che, catturato dalla particolare bellezza ed unicità del luogo, avrebbe voluto por-tare numerosi esperti teologi e architetti per mettere in ordine il percorso ed i “mi-steri”. Le sue indicazioni tornarono utili al vescovo di Novara, Carlo Bascapè, sotto il quale il carattere deciso della Controri-forma emerse dominante. Egli trasformò

il complesso religioso in un percorso di-dattico destinato ad illustrare ai fedeli in modo chiaro ed univoco la storia della vita di Cristo, sottoponendo i contenuti religiosi ad un rigido controllo, secondo i canoni del Concilio di Trento conclusosi nel 1563. Il vescovo interagiva con gli ar-tisti e la fabbriceria, guidava la trama degli episodi da mettere in scena nelle singole cappelle, chiedeva che fossero chiamati a lavorarvi artisti di “qualità”.L’intento pedagogico si evidenzia in par-ticolar modo sulla scelta di cosa dovesse essere raffigurato in ogni cappella. La fla-gellazione, la salita al Calvario, la crocifis-sione, la deposizione nella sindone, sono tutti temi rappresentati con estremo rea-lismo e accento marcato su espressioni di dolore, sofferenza evidenziando la gran-diosità e la pesantezza della condanna in-flitta a Cristo come se fosse tramite tutto quel travaglio culminato sulla croce che avesse avuto un senso la sua morte. Nes-sun accenno alla resurrezione: la poten-za salvifica di Dio che opera nel mondo e vince l’ingiustizia, l’umiliazione, la catti-veria e il male e ristabilisce Gesù alla de-stra del padre ridandogli vita per sempre.

Erika R. Cerboni

I T I N E R A R I C U LT U R A L I I N V A L S E S I A

Page 20: OK ARTE giugno-luglio 2011

20

OK

54° BIENNALE di VENEZIAPadiglione Italia: una sorta di catalogazione nazionale di tutto quello che è arte, tra pittura, scultura, fotografia, ceramica, costume, gastronomia...

museo della mafia di Salemi opera del ge-niale Inzerillo, sia “l’arte non è cosa nostra”. Intendendo che il contemporaneo debba essere salvato dalle cosche e coschette che lo dominano e che limitano la libertà im-ponendo alla ribalta i soliti nomi.La scelta – come chiunque può capire - è coraggiosa, inusuale e titanica, ma è an-che la più utile per avere una visione del-la produzione artistica, non forzatamente ed unicamente filtrata dal gusto persona-le del critico o del curatore, poiché, come La 54esima Esposizione Internaziona-

le d’Arte di Venezia, cioè la Bienna-le, è un unicum imperdibile. E questo, per un motivo preciso: l’affidamento del Padi-glione Italia a Vittorio Sgarbi. Per chi co-nosce la complessa macchina della Bien-nale questa nostra affermazione potrebbe apparire come un’eresia: d’altronde l’espo-sizione, la più importante esposizione d’arte del mondo - quest’edizione dal ti-tolo “ILLUMInazioni” è sotto la curatela della critica svizzera Bice Curiger - conta più di 80 paesi partecipanti e ci si aspet-ta un affluenza di oltre i 400mila visitato-ri e come al solito un’eco mondiale. Eppu-re, tutto questo rischia di essere messo in ombra dal piccolo Padiglione Italia, rinato

dalle ceneri del Padiglione Italiano, e dila-tatosi all’infinito, appunto per desiderio di Sgarbi, prima ancora che nella superficie espositiva nel senso che il critico ferrarese gli ha voluto attribuire. Il fatto è che questa 54esima edizione cade giusto nel 150esi-mo dell’Unità di Italia e la cosa ha permes-so di immaginare per l’occasione una sorta di catalogazione nazionale di tutto quello che è arte, tra pittura, scultura, fotografia, ceramica, costume, gastronomia...Due edizioni fa gli artisti invitati al Padi-glione Italia furono appena due (Vezzoli e Penone), la scorsa edizione una ventina, quest’anno solo a Venezia più di 200. Ma oltre a Venezia, Sgarbi ha progettato “padi-glioni Italia” sparsi in tutte le regioni, talvol-ta anche due per regione, che dovrebbero far lievitare il numero di artisti invitati a cir-ca duemila. E come se non bastasse, sono stati ipotizzati ottantanove “padiglioni Ita-lia” in tutte le sedi degli istituti di cultura all’estero per ospitare i nostri artisti che la-vorano oltre frontiera e che saranno colle-gati a Venezia con altrettanti monitor; un padiglione a Venezia viceversa per gli ar-tisti stranieri che operano nel nostro pae-se; e infine un padiglione per i giovani del-le venti Accademie di Belle Arti d’Italia. A latere una serie di iniziative, dalla mostra a Ca d’Oro di De Dominicis fino all’esposi-zione di tremila prosciutti culatelli, passan-do per la segnalazione con appositi cartelli di decine di siti d’arte sparsi per la Peniso-la che dovrebbero far da “pendant” al padi-glione lagunare.Di fatto, Sgarbi si è dimesso da curatore, affidando a duecento intellettuali e uomi-ni di cultura la scelta dei pittori da invita-re e anche nei padiglioni regionali le liste sono state demandate a commissioni che comprendevano scrittori, giornalisti, mu-sicisti, pubblicitari… Con l’attenzione che non ci fosse neppure un critico, poi-ché Sgarbi individua nel cosiddetto “cu-rator” il responsabile della perdita di cre-atività di un settore in cui è impossibile deviare dal mainstream e combattere le potenti lobby che si sono formate e domi-nano il mercato, imponendo tristemen-te il solito stile e i medesimi artisti. Non è un caso che il titolo della mostra di Sgar-bi, prendendo spunto dalla presenza nel Padiglione Italia di una ricostruzione del

dicevamo, gli invitati sono stati selezionati da grandi personalità di riconosciuto pre-stigio internazionale a cui è stato chiesto di indicare un artista che abbia avuto una ri-levanza nel primo decennio di questo mil-lennio, dal 2001 al 2011. Una rappresenta-zione caleidoscopica che non si limita alle scelte dei critici e non segue le tendenze delle gallerie, ma alimenta lo straordina-rio connubio tra arte, letteratura, filosofia, come dichiarato da Sgarbi: “L’obiettivo – ha spiegato - è il risarcimento del rappor-to fra letteratura, pensiero, intelligenza del mondo e arte, chiedendo, non a critici d’arte, neppure a me stesso, quali siano gli artisti di maggiore interesse, ma a scritto-ri e pensatori, il cui credito è riconosciuto per qualunque riflessione essi abbiano fat-to sul nostro tempo’.Dalla A di Accardi Carla passando per la la D di Dorfles Gillo, la F di Frangi Gio-vanni, la P di Alessandro Papetti, la R di Enrico Robusti, si arriverà alla V di Lu-ciano Ventrone e alla Z di Zanta Marco: alla fine, come una sorta di vocabolario dell’arte italiana, un catalogo di 1500 pagi-ne raccoglierà il lavoro di tutti questi arti-sti. Alcuni famosi e celebrati (Kounellis e la Beecroft e Chia), altri di buon livello, al-tri infine completamente sconosciuti ma il cui valore andrà ora saggiato.

Georges de Canino, particolare di “Golem” acrilico su tela, cm. 210 x 270, anno 2011

Pier Paolo Ramotto, Scendeva puro sulla neve...Giove - Padiglione Italia - Regione Umbria

Enrico Robusti, tragico destino di una gallinella ripiena,

olio su tela - Venezia Padiglione Italia - Arsenale

Cinzia Chiari

M O S T R E I N I T A L I A

Page 21: OK ARTE giugno-luglio 2011

OK

21

Roberto LucatoVilla Benzi Zecchini ha accolto

l’eredità dei suoi “cattivi” maestri

Si è conclusa con grande successo di pubblico e criti-ca il 1° maggio la mostra antologica d’arte contem-

poranea -Roberto Lucato e i suoi “cattivi” maestri- che si è tenuta dal 16 aprile presso Villa Benzi Zecchini con il Patrocinio della Fondazione Villa Benzi Zecchini e del Comune di Caerano San Marco.La Fondazione Villa Benzi Zecchini registra il pienone per l’inaugurazione di questo evento culturale dedicato al confronto tra l’artista veneto Roberto Lucato e i mag-giori esponenti dell’arte contemporanea della seconda metà del XX secolo: Schifano, Mambor, Biggi, Pozzati, Emblema e Celiberti, i cosiddetti “cattivi” maestri di Ro-berto Lucato.Le prestigiose sale espositive della villa hanno accol-

to l’eredità artistica di celebri autori, a testimonianza dell’avanguardia italiana del dopoguerra, e in questa cor-nice espositiva il percorso sulle opere di Roberto Luca-to ha evidenziato in maniera tangibile le contraddizioni del nostro tempo, le sue aberranti conseguenze sul gene-re umano non solo nella sua collettività ma anche sul sin-

golo individuo. Sono tele che si ri-volgono al sociale, che gridano la disperazione del crollo di valori a cui tutti noi abbiamo assistito con trop-pa passività.Lucato ci incita a prendere in mano questi valori e ad avere il coraggio di opporsi a questa mera situazione so-cio-politica, portando il nostro con-tributo di “uomini pensanti”. Il suo è un appello di aiuto al mondo, un mondo che si può cambiare insie-me con la volontà di ognuno. Un applauso meritato a Roberto Luca-to e ai suoi pensieri.Ricordiamo gli appuntamenti dell’artista appena conclusi: dal 13 al 20 maggio Prebiennale di Vene-zia 2011 presso Scoletta di San Gio-vanni Battista (Campo della Brago-

ra) e al Palazzo Barolo di Torino dal 20 al 31 maggio per la rassegna d’arte contemporanea “Torino Arte 150” de-dicata all’Unità d’Italia.

www.robertolucato.itwww.villabenzizecchini.it

staccare la spina 50 x 70 cm, 2009 applicazioni e olio su tela

Sabrina Falzone

Meridiano Acqua Meridiano Fuoco

Non solo Biennale di VeneziaA Venezia, il cosiddetto “chilometro dell’arte” nel Sestie-

re di Dorsoduro - che si estende a partire dal Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Ca’ Pesaro fino a Punta della Dogana, comprendendo lì Accademia di Belle Arti, il Museo Guggenheim, il Museo Vedova, i Magazzini del Sale, la Collezione Pinault a Punta della Dogana - ospi-terà un importante evento artistico e culturale, L’esposi-zione internazionale d’arte, Meridiano Acqua Meridiano Fuoco. L’evento sperimenta il superamento dei confini ol-tre il sottile legame tra acqua e fuoco quali elementi legati da un nesso che li pone in posizione intermedia tra gli op-posti complementari, terra e aria. Essi hanno sempre sti-molato attività culturali e artistiche dalla forte connotazio-ne simbolica. Tale connotazione potrebbe essere ricercata nell’elementarità fluida e trasparente, diafana e purificato-ria propria dell’acqua che nei suoi riflessi è suscitatrice di sogni ed evasioni, o nella rovente e sfavillante luminosità e arsura catartica del fuoco. Proprio da questo differenziarsi e quasi contrapporsi, i due elementi traggono una recipro-ca vitalità che si traduce in stimolo creativo. La mostra si svolge dal 5 giugno al 30 settembre 2011 in concomitanza con la Biennale di Venezia - Arti Visive e avrà la propria sede principale ai Magazzini del Sale, nel-lo storico Magazzino Gardini, affascinante sede della Re-ale Società Canottieri Bucintoro 1882 (Presidente Lucia Diglio, Vice Presidente Silvano Seronelli), unico Magazzi-

no del Sale con una struttura a tre “ponti”, quasi l’interno di una nave, Società che collaborerà all’evento promosso da Art&fortE (con il suo eclettico Presidente-professioni-sta-artista Piergiorgio Baroldi), con la sua Sezione Cultura Bucintoro Cultura – Art&salE (della quale Baroldi è an-che responsabile). Nelle immediate adiacenze, altre mo-stre, di alto profilo quali “Salt of the Earth”, alla Fondazione Vedova il Padiglione della Biennale Arti Visive della Cata-logna e delle Isole Baleari, L’evento promosso dall’Acca-demia di Belle Arti di Venezia, l’Evento Collaterale della Biennale di Venezia “The future of a promise” con la parte-cipazione di artisti dei Paesi Arabi, co-organizzato da Edge of Arabia e Bucintoro Cultura-Art&salE. Fra le opere esposte ai Magazzini del Sale evidenziamo il nuovo e sensazionale Mostro della Laguna, un’opera uni-ca nel suo genere, lunga più di 6 metri è realizzata in ac-ciaio inox e vetro, come narrato da Alberto Toso Fei, viag-giatore, giornalista ed esperto di storia veneziana, sulla base di un’antica leggenda. Splendida la GRU ART dora-ta e decorata realizzata sul pontile esterno dei Magazzini del Sale da PG Baroldi (nella foto). A Palazzo Ca’ Zanardi, nella sua prestigiosa sede multifunzionale, al piano nobile, la seconda location individuata per la mostra verrà espo-sta la sezione Meridiano Fuoco dove gli artisti sperimen-tano i percorsi roventi, di sfavillante luminosità e catartica arsura di cui il fuoco è causa ma anche effetto.

Gli artisti invitati sono Gianmaria Potenza, Ferruccio Gard, Piergiorgio Baroldi, Adolfina de Stefani e Antonel-lo Mantovani, Luigi Ballarin, Andrea Giorgi, Gerardo Di Salvatore, Resi Girardello, Daniela Grifoni, Ruggero Mag-gi, Lughia, Anna Santinello, Susanna Viale, Piero Ronzat, Lucio e Cesare Serafino, Vincenzo Vanin, Grieco Eleo-nora, Ornella Piluso – topylabrys, Giannino Ferlin, Luca Dall’Olio, Il Mostro della Laguna con Simona M. Favrin, Nicola Moretti, Jean Blanchaert (consulente culturale), Alberto Toso Fei (consulente storico).In contemporanea, nello spazio espositivo di Art&fortE LAB di Ca’ Zanardi, si terrà anche l’esposizione suggesti-va del nuovo PADIGLIONE TIBET, per il quale anche è previsto un grande interesse di pubblico e di critica.Durante i quattro mesi di durata dell’evento, nelle sedi del-lo stesso si terranno inoltre altre manifestazioni.www.meridianoacquameridianofuoco.it

M O S T R E

Page 22: OK ARTE giugno-luglio 2011

OK

22

Professione: reporter, film antonioniano datato 1975, rappresenta forse l’opera più riuscita, o per meglio

dire matura e consapevole, sulla condizione contempo-ranea della società occidentale, quella che meglio regi-stra la sua profonda crisi e le sue vane glorie.Si seguono le vicende di David Locke, reporter anglo-americano che, scoperta la morte di tale Robertson, fa-coltoso trafficante d’armi a lui somigliante e preceden-temente intervistato in un’albergo in mezzo al deserto africano, stanco di un’esistenza vuota perchè senza veri affetti e perchè si trova ad essere soltanto spettatore di ciò che mostra (è la presupposta “oggettività” del suo lavoro a rivendicarlo), decide di prendere il suo posto nel mon-do e cercare di trovare quindi un ruolo attivo, un’utilità alla sua vacua esistenza(Robertson armava la mano ai ri-belli di un Fronte di Liberazione africano), ma poi si ri-trova cosciente dell’inutilità del suo atto, scoprendo l’im-possibilità di annullare il proprio essere semplicemente scambiando un paio di carte d’identità. La maturità stilistica del “Reporter” consiste proprio nel fecondarsi continuativamente di interrogativi, facendo della sua ricerca cinematografica ed esistenziale un sen-tiero senza direttive nè punti d’approdo. Ed ecco saltare agli occhi la differenza tra Antonioni e tutti gli altri: egli è infatti consapevole della sua inconsapevolezza, come in-dividuo e come artista, di fronte al mondo e al suo in-vincibile mistero, alla sua ineludibile distanza rispetto all’uomo; quindi utilizza il meccanismo-cinema per do-

Professione:ReporterIl documentario al quadrato

Luca Impellizzeri

cumentare il documentario, per farsi reporter del suo reporter, per porre la giusta (forse) domanda e non per az-zardare risposta, per fare della mac-china da presa il “giudice terzo” del film. E mentre a molti cineasti italia-ni dell’epoca riuscivano film perchè dicevano (i “politici” Rosi, Petri, Ma-selli ecc.), il “Reporter”, ad Antonio-ni, riuscì così tanto perchè interro-gava e si interrogava. La crisi sociale, secondo Antonioni, parte dalla crisi dell’individuo, e all’approfondimen-

to di quest’ultima vuole fermarsi, poichè non c’è modo di esprimere le cause di ciò che è inesprimibile, come non sappiamo fino in fondo i fini e le cause della natura che tanto ci affascina ma che altrettanto sa rivelarsi tanto indifferente alle sorti dell’uomo.Antonioni vuole interrogarsi ed interrogare sul cinema e sull’esistenza, anche in veste di uomo che si esprime at-traverso il cinema; vuole interrogare l’esistenza attraver-so il suo cinema; un’interrogazione che risiede nell’atto visivo stesso, ed il famoso piano sequenza di sette minuti che quasi esplica e riassume tutto l’accaduto toglie il fiato e ne è, in tal senso, esempio lampante.

Comunicazione visiva ed emozionalità

Comunicare in moda-lità visuale è sempre

stato un bisogno per l’uo-mo fin da tempi remoti. Ricordiamo le scene di caccia e di vita quotidiana rappresentate sulle pareti delle caverne in cui l’uo-mo abitava. Le rappresen-tazioni miravano a fini di buon auspicio, ad un mi-glior perfezionamento delle strategie di caccia in gruppo e a raccontare le esperienze a chi non era presente. Ecco che il rap-presentare la scena servi-va anche come strategia per programmare la futu-ra azione. Da allora rap-presentare visivamente le esperienze dell’uomo è diventata sempre più una necessità tanto quanto la comunicazione verbale. Ogni individuo vive le proprie esperienze nel mondo, in modo personale, con le pro-prie emozioni e in assonanza alla propria personalità. Emozioni ed esperienze simili tra gli uomini, sono invece a volte molto diverse, nelle sfumature, a seconda della ca-pacità psicofisiche, culturali e intellettive dell’individuo.Per rappresentare le emozioni e le esperienze, impresa molto difficile, l’uomo utilizza il simbolismo, le forme (spigolose, curve carezzevoli, morbide), le figure, i pae-saggi, i colori (forti accesi, caldi, freddi, sfumati, trasparen-ti), i chiaro scuri, le figure allegoriche, il tutto per riusci-re a comunicare al meglio quei messaggi emozionali che desidera produrre e comunicare come suo estremo biso-gno interiore. A questo proposito, ci accorgiamo quan-to sia importante lo studio della psicologia della forma e del colore. Studi evidenziano come essi stimolino, trami-te i sensi e i processi mentali, veri e propri cambiamenti fisiologici nell’organismo, creando tensioni emotive, as-

sociazioni di pensieri e altre emozioni. La rappresenta-zione iconica ha anche una valenza ludica per il fruito-re, la sua espressività ha una valenza creativa, proiettiva, artistica, affettiva, inoltre, nell’elaborato l’intenzione co-municativa deve rispettare alcune direttive per la lettura delle immagini: codifica, decodifica, progettazione e l’in-terpretazione del messaggio visuale, al fine di comunica-re la stessa emozione di quella vissuta. Ecco che il pro-dotto dell’artista non è soltanto un complesso elaborato cognitivo ma diventa un prodotto anche dell’inconscio. L’esperienza di chi fruisce e di chi osserva sono governa-te da un’interazione di forze fisiche esterne e interne, as-similate, ordinate e plasmate secondo la propria perso-nalità.Ecco che l’emozione è la prima forza scatenante, elemen-to da cui tutti i processi della vita quotidiana che l’uomo affronta, vengono influenzati sia nelle decisioni, nei com-portamenti e nei rapporti.

CORSO BUENOS AIRES 4520124 MILANO

tel. 0229406125 fax 0229535031 email: [email protected]

www.cattolicamilano.it

ASSICURAZIONI IN TUTTI I RAMIPREVIDENZA COMPLEMENTARE

GESTIONE DEI SINISTRI

AGENZIA GENERALE DI MILANO LORETO

SPECIALIZZATA NELL’ASSICURARE MOSTRE E OPERE D’ARTE

Rubrica del Prof. Purpura

I N E V I D E N Z A

Page 23: OK ARTE giugno-luglio 2011

OK

23

Bar Il Cortiletto di Achille Cennami

all’interno dell’Accademia

di Brera

I N B R E V E

Le fabbriche dei sogniGli oggetti divenuti icone del “design”

In occasione del cinquantesimo anniversario del Salo-ne del Mobile il Triennale Design Museum dedica, dal

5 aprile 2011 al 26 febbraio 2012, la sua quarta edizio-ne agli uomini, alle aziende e ai progetti che hanno con-tribuito a creare il sistema del design italiano dal dopo-guerra a oggi.Attraverso una carrellata di oggetti diventati icone e nuo-vi che lo diventeranno si sviluppa un racconto che esalta la grande capacità e abilità dei designer italiani e stranie-ri che hanno contribuito con le loro “fabbriche” a rende-re importanti oggetti quotidiani e non. Il percorso della mostra è da un lato lo sviluppo di un pensiero teorico preciso e approfondito che deriva dal-

le riflessioni portate avanti dal curatore, Alberto Alessi, su questi temi negli ultimi anni, dall’altro una modalità di trattazione poetica, artistica e favolistica che attinge all’im-maginario di Lewis Carroll e Antoine de Saint-Exupéry.Il progetto di Martí Guixé è, infatti,concepito come una delle avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie: gli og-getti entrano in dialogo con i progettisti e le storie dei grandi uomini di impresa si intrecciano con le loro bio-grafie personali in un’atmosfera giocosa e ricca di emo-zioni e suggestioni. Un’occasione straordinaria per scoprire attraverso nuo-vi punti di vista alcuni fra i più celebri oggetti del Made in Italy. Giuliana de Antonellis

Catalogo Electa Foto di Marco Curatolo

Marilena Benini & Ornella BertoldiProsegue fino al 2 luglio 2011, presso Il Laboratorio

Sperimentale per le Arti Visive in via Plinio 46, la mostra di Marilena Benini e Ornella Bertoldi.Marilena Benini si laurea all’istituto Superiore per le In-dustrie artistiche di Urbino nel 1994. Attualmente insegna presso l’istituto di grafica Strocchi di Faenza. Le sue opere sono esposte presso le sedi di enti pubblici e gallerie in tutta Italia. Le opere di Marilena sono piccoli mondi collocati all’in-terno di scatole e cassetti recuperati dove troviamo dei collage polimaterici creati sempre con materiali di recu-pero, vecchie carte, fili di nylon. Grande magia e poesia avvolgono il fruitore in una fa-vola senza tempo espressa con una infinita elegante leggerezza.

Le sculture di Or-nella Bertoldi sono in terracotta leggermente colo-rate con engobbi (pigmenti di terra colorati). L’artista affronta tematiche legate al mondo

Valeria Modica

femminile. Le donne, con l’incarnato reso attraverso il biscotto (terracotta), trasudano erotismo e sensualità at-traverso sguardi e atteggiamenti maliziosi ma anche mol-to ironici e giocosi. Come le donne del nostro tempo, tal-volta tristi, ma con una prorompente fisicità sinonimo di forza di seduzione: la storia di tutte le donne nel loro pic-colo mondo fatto di ricordi speranze e attese.

Via Plinio 46, all’interno della galleria Milano Città Studi.Dal lunedi al sabato dalle ore 16 alle 19

Direttore responsabileAvv. Federico BalconiDirettore editoriale

Francesca BellolaProgetto Grafico e impaginazione

Kerr [email protected] - 028321963

Stampato dalla IgepVia Castelleone 152 CR

Testata OK ArteReg. Tribunale di Milano del 6 maggio 2008 n. 283

Informazioni e pubblicità

[email protected]

OK ARTE sede in c.so Buenos Aires 45

presso agenzia Cattolica

Hanno Collaborato:Clara Bartolini

Donato CarissimoCarlo Catiri

Cristina CenedellaErika R . Cerboni

Cinzia ChiariSilvia Colombo

Giuliana De AntonellisSabrina Falzone

Carla FerrarisFabrizio Gilardi

Alessandro GhezziAnna GuainazziLuca Impellizzeri

Simone MacchiIvana Metadow

Milena MoriconiUgo Perugini

Antonio PurpuraMariantonia Ronchetti

Clara TerrosuMassimo Zanicchi

StaffOK

Collabora con

per le tue comunicazioni utilizza:

L’Associazione Italian Art in the World - Onlus di Torino con il patrocinio della Regione Piemonte, della Provincia di Torino, del Comune di Vinovo, organizza la 4° Mostra collettiva di pittura paesaggi-stica denominata “Paesaggi e Vedute d’Italia” Specia-le Italia 150, che si svolgerà dal 22 settembre al 2 ot-tobre 2011, presso l’area espositiva denominata Ala Espositiva nel centro storico del Comune di Vinovo – Torino. Per informazioni e iscrizioni ASSOCIAZIONE ITALIAN ART IN THE WORLD - ONLUS email: [email protected] tel: 0114531915 - 3200921876

Paesaggi e Vedute d’Italia

OK

il portale www.okarte.net• (okarte.it, okarte.org) visitato da migliaia di visitatori al giornola newsletter di Ok Arte• inviata periodicamente a migliaia •di collezionisti, responsabili, addetti ed appassionati d’artel• a redazione di OKARTE come ufficio stampa per la stesura dei tuoi comunicati e la loro divulgazionela rivista OK ARTE• che garantisce grande visibilità e costi limitati alle spese di stampa

Scopri come associarti ad OK ARTE su www.okarte.net

o scrivi a [email protected]

Page 24: OK ARTE giugno-luglio 2011

24

OK

Guariento e la Padova “Carrarese”L’ambizioso progetto mette davanti agli occhi dello spettatore “un’eccellenza tutta Italiana”: la corte Carrarese e la vita raffinata che vi si conduceva analizzata in tutti i suoi aspetti

Il grande evento espositivo allestito a Pa-dova ripercorre il “secolo d’oro” dell’ar-

te patavina cominciando dall’epilogo. Gli

affreschi di Arpo Guariento alla Reggia, e poi Altichiero e Giusto de’ Menabuoi, chiudono il XIV secolo apertosi nel 1303 con Giotto ed il capolavoro degli Scrovegni. La grandezza della Signoria è raccontata per im-magini, come oggi o forse più di oggi, funzionali per rendere il valore di una città che con i suoi 40mila abitanti si era ve-nuta a connotare come metro-poli di rango europeo, sia per la sua produzione artistica, sia come una grande capitale della cultura. La mostra si organizza, attraver-so 10 sezioni, in diverse sedi espo-sitive: i Civici Musei agli Eremita-ni, Palazzo Zuckermann, il Museo Diocesano e la Casa del Petrarca ad Arquà. In quest’ultima è allestito un approfondimento sul Poeta e i suoi anni padovani. L’ambizioso progetto mette davanti agli occhi dello spetta-tore, quella che oggi potrem-mo definire “un’eccellenza tut-ta Italiana”: la corte Carrarese e la vita raffinata che vi si conduceva analizzata in tutti i suoi aspetti: la letteratura, i libri, la musica, la scienza, la scultura, le arti appli-cate la monetazione e la moda. Guariento, Mariantonia Ronchetti

il primo artista a ricoprire il ruolo di pitto-re di corte, decorò le tombe dei carraresi e

sodi esemplari della storia classica. In que-sto senso, l’episodio figurativamente più rilevante, è la decorazione della Sala de-

gli Uomini Illustri, forse iniziata dal-lo stesso Guariento, sulla falsariga del famoso De Viris Illustribus di Petrarca. L’artista sviluppò un lin-

guaggio personale che prendeva le mosse dall’esperienza giottesca e trovava continuo arricchimen-

to nei continui scambi con l’am-biente veneziano. Gli affreschi nella cappella priva-

ta rendono, forse più di ogni altro capolavoro, l’originalità del Guarien-

to, infatti, gli episodi, resi con numerosi particolari realistici, si sviluppano nel ge-nerale tono del raffinato linguaggio del gotico internazionale. Curiosa la copertura del soffitto che era decorato con una serie di tavole rappre-

sentanti gerarchie angeliche, che hanno giovato al Guariento l’appellativo di Pittore degli angeli.

Padova, 16 aprile – 31 luglio 2011

Civici Musei agli Eremitani,Palazzo Zuckermann, Museo Diocesano, Casa del Petrarca ad Arquà Petrarca

89° Festival all’Arena di VeronaIl prossimo 17 giugno si riaccende la

magica atmosfera del Festival lirico all’Arena di Verona, giunto alla sua 89° edizione: 6 titoli in scena fino al 3 settem-bre in un susseguirsi di 49 serate.L’89° Festival 2011 inaugura e conclu-de con due nuove produzioni, La Travia-ta di Giuseppe Verdi per la regia di Hugo de Ana e la direzione di Carlo Rizzi, e Ro-méo et Juliette di Charles Gounod, regista Francesco Micheli e direttore Fabio Ma-strangelo. Nel cuore del Festival gli alle-stimenti storici delle opere verdiane per la regia di Gianfranco de Bosio: Aida sarà di-retta dal M° Daniel Oren e Nabucco vedrà sul podio Julian Kovatchev.In programma anche le riprese de Il Bar-biere di Siviglia di Gioachino Rossini per la regia di Hugo de Ana e con il debutto “areniano” del giovane direttore veronese Andrea Battistoni, e de La Bohème di Gia-como Puccini, regia di Arnaud Bernard e direttore John Neschling.Accettando l’invito del Sindaco Fla-vio Tosi a celebrare a Verona la ricorren-za del 150° anniversario dell’Unità d’Ita-lia, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha manifestato la volontà di partecipare all’inaugurazione del 17 giu-gno. L’Orchestra ed il Coro dell’Arena con tutto il pubblico lo accoglierà sulle note dell’Inno di Mameli, per una serata indi-menticabile. In scena, come da tradizione, saranno protagoniste le voci più note del panorama lirico internazionale insieme agli attesi debutti di giovani artisti emer-genti. Dal 17 giugno per 9 serate si alter-neranno nel ruolo di Violetta Ermonela

Jaho e Inva Mula ne La Traviata, accanto agli Alfredo Francesco Demuro e France-sco Meli. Giorgio Germont sarà Vladimir Stoyanov, Gabriele Viviani e il debuttante in Arena George Gagnidze. Repliche: 24 giugno - 2, 12, 16, 21, 28 luglio - 4, 11 ago-sto. Segue con 15 spettacolari serate Aida, nello storico allestimento del 1913 di Et-tore Fagiuoli, che dal 18 giugno vedrà in scena nel ruolo di Aida Micaela Carosi, Amarilli Nizza, Hui He e Lucrezia Garcia, saranno Radamès Fabio Armiliato, Salva-tore Licitra, Carlo Ventre, Walter Fraccaro e Marcello Giordani. Repliche: 26, 30 giu-gno - 10, 13, 17, 19, 24, 26, 30 luglio - 7, 14, 28, 31 agosto - 3 settembre. Dal 25 giugno per Il Barbiere di Siviglia tanti artisti de-buttanti, a partire dall’attesissimo direttore

d’orchestra veronese Andrea Battistoni. La voce tenorile di Antonino Siragusa, “spe-cialista” del repertorio rossiniano nei pan-ni del Conte d’Almaviva, si darà il cambio con Lawrence Brownlee nel sedurre Alek-sandra Kurzak e Rocio Ignacio nel ruolo di Rosina, con l’intraprendente aiuto dei Figaro Aris Argiris e Dalibor Jenis. Repli-che: 1, 8, 14, 22, 29 luglio Il patriottico Na-bucco verdiano, proposto nella riedizione storica per i festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia, vedrà protagonisti dal 9 luglio nomi molto noti al pubblico arenia-no. Ambrogio Maestri, Marco Vratogna, Leonardo López Linares, George Gagni-dze si alterneranno nel ruolo di Nabucco, accanto alle celebri voci di Dimitra The-odossiou, Maria Billeri e Lucrezia Gar-

cia in Abigaille. Repliche: 15, 20, 23, 27 luglio - 5, 12, 21, 25 agosto - 1 settembre Dal 6 agosto le straordinarie voci di Fio-renza Cedolins e Marcelo Álvarez faran-no rivivere in Arena l’amore appassionato di Mimì e Rodolfo de La Bohème pucci-niana. Repliche: 13, 19, 26, 30 agosto - 2 settembre Il Festival lirico 2011 conclude-rà con l’opera dedicata alla storia d’amore veronese per eccellenza: Roméo et Juliet-te, sesto titolo d’eccezione in scena dal 20 agosto con i giovani emergenti Nino Ma-chaidze e Stefano Secco nei ruoli dei pro-tagonisti. Repliche: 24, 27 agosto

Biglietteria – Via Dietro Anfiteatro 6/B, Verona tel. 045 800.515, e-mail: [email protected], www.arena.it

la loro cappella privata presso la Reggia. Il programma decorativo, vedeva l’esaltazio-ne dei valori e delle gesta della Signoria la cui legittimazione avveniva attraverso epi-

Arena, fotografia di Tabocchini Gironella


Recommended