ordinanza 1° febbraio 2006, n. 34 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 8 febbraio 2006, n. 6);Pres. Marini, Est. De Siervo; Soc. Highlander c. Agenzia delle entrate di Caltanissetta; Soc. Stame altri c. Agenzia delle entrate - ufficio di Borgo San Lorenzo; interv. Pres. cons. ministri(Avv. dello Stato). Ord. Comm. trib. prov. Caltanissetta 13 luglio 2004 e Comm. trib. prov.Firenze 7 febbraio 2005 (G.U., 1 a s.s., ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 5 (MAGGIO 2006), pp. 1281/1282-1291/1292Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23203212 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
getti titolari delle potestà legislative in contestazione (ex pluri mis, sentenze n. 378 del 2005; n. 196 del 2004, Foro it., 2005,1,
327, e n. 338 del 2003, id., 2004,1, 342). 3. - L'eccezione d'inammissibilità della questione, sollevata
dalla resistente provincia di Bolzano, non può essere accolta.
Secondo la giurisprudenza di questa corte, deve essere dichia
rata inammissibile una questione avente ad oggetto un'intera
legge quando le censure adeguatamente motivate riguardino solo singole disposizioni, mentre quella indirizzata all'intero te
sto normativo si presenti del tutto generica (sentenza n. 94 del
2003, id., 2003, I, 1308). La corte ha precisato, inoltre, che l'i
nammissibilità è esclusa quando dal ricorso dello Stato è possi bile individuare con chiarezza le norme sulle quali si appuntano le singole censure (sentenza n. 74 del 2004, id., 2004,1, 1334).
Nel caso di specie, il ricorso statale contiene una motivazione
sintetica, ma non generica, della censura rivolta all'intera legge
provinciale, e passa inoltre ad illustrare una serie di specifiche,
presunte violazioni di norme costituzionali o interposte, da parte di singoli articoli della legge medesima. Non ricorrono pertanto le condizioni per dichiarare l'inammissibilità della questione.
4. - Nel merito, la questione è fondata.
4.1. - L'esame di tutte le disposizioni della legge provinciale
impugnata porta alla conclusione che il legislatore provinciale ha inteso sostituire alla normativa statale vigente in materia di
divieto di fumo nei locali chiusi una propria disciplina, mag
giormente adatta, secondo l'assunto della resistente, alle caratte
ristiche ed alle esigenze della provincia di Bolzano. Questa corte ha però chiarito che, in materia di divieto di fumo, viene
in rilievo «un bene, quale la salute della persona, ugualmente
pregiudicato dall'esposizione al fumo passivo su tutto il territo
rio della repubblica: bene che per sua natura non si presterebbe ad essere protetto diversamente alla stregua di valutazioni diffe
renziate, rimesse alla discrezionalità dei legislatori regionali» (sentenza n. 361 del 2003, ibid., 2317).
Dalla natura di principi fondamentali delle norme dirette a
prevedere, sanzionare e far rispettare il divieto di fumo deriva
che le regioni non possano introdurre proprie discipline alterna
tive a quella statale, ancorché ritenute, da ciascuna di esse, giu stificate da particolari esigenze territoriali.
La specialità dell'autonomia delle province di Trento e Bol
zano non rileva al fine di allargare la sfera legislativa delle stes
se in confronto a quella delle regioni a statuto ordinario, giacché la normativa oggetto della questione di costituzionalità ricade, secondo la stessa prospettazione della resistente, nelle materie
«esercizi pubblici» e «igiene e sanità» (art. 9, nn. 7 e 10, dello
statuto speciale), entrambe attribuite alla competenza legislativa concorrente delle predette province. Risulta peraltro evidente
che la prevalenza, nella classificazione, debba spettare alla ma
teria «igiene e sanità», per la sicura finalizzazione del divieto di
fumo alla tutela della salute dei non fumatori. La collocazione
delle norme sul divieto di fumo tra i principi fondamentali —
operata da questa corte con riferimento al 3° comma dell'art.
117 Cost, per le regioni di diritto comune — deve quindi rite
nersi valida anche nei confronti della provincia di Bolzano, con
riferimento all'art. 9 dello statuto speciale della regione Trenti
no-Alto Adige. 4.2. - L'esame delle singole disposizioni oggetto di censure
specifiche da parte del presidente del consiglio dei ministri con
ferma la qualificazione della legge impugnata come alternativa
alla disciplina statale.
Gli art. 1 e 2 ridefiniscono l'ambito di operatività del divieto, sostituendo all'espressione contenuta nella legge statale («locali chiusi aperti ad utenti o al pubblico»: art. 51, 1 comma, lett. a, 1. n. 3 del 2003) la diversa dizione «locali chiusi, aperti al pub blico».
L'art. 5, 1° comma, modifica l'entità della sanzione per i tra
sgressori al divieto, aumentandola nel minimo e nel massimo
(da euro 27,5 a euro 275) rispetto a quella fissata dall'art. 51,5°
comma, 1. n. 3 del 2003 (da euro 25 a euro 250), prima dell'au
mento apportato dall'art. 1, comma 189, 1. 30 dicembre 2004 n.
311 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e plu riennale dello Stato -
Legge finanziaria 2005). L'art. 6, pur facendo salvo il disposto dell'art. 730, 2° com
ma, c.p., estende, rispetto alla normativa statale, l'area delle
condotte sanzionabili in via amministrativa a quelle di chi vende
o somministra tabacco a persone minori di anni sedici, preve dendo peraltro una sanzione del tutto nuova nel minimo (euro
li. Foro Italiano — 2006.
50), rispetto sia alla legge statale sia alla stessa legge provin ciale.
L'art. 9 proroga di sei mesi, rispetto al termine statale, la data
di entrata in vigore del divieto per le aree dei locali chiusi «nelle
quali non vengono somministrati pasti ed in quelli in cui l'area
per la somministrazione di pasti non è separata, mediante pareti a tutta altezza e larghezza e con gli accessi esistenti, dall'area in
cui non vengono somministrati pasti». 5. - Le norme appena indicate si pongono tra loro in un rap
porto di stretta concatenazione, tale da far emergere l'organicità della disciplina provinciale, sorretta da motivazioni sociali e
politiche, evidenziate dalla difesa della resistente, sulle quali non spetta a questa corte dare valutazioni. Tuttavia, la semplice constatazione di questa organicità, che tende a sostituire alla di
sciplina statale del divieto di fumo in locali chiusi un'altra, di
screzionalmente elaborata ed approvata dalla provincia di Bol
zano, rende inevitabile, ai sensi degli art. 9, n. 10, e 5 dello sta
tuto speciale della regione Trentino-Alto Adige, la dichiarazione
di illegittimità costituzionale dell'intera legge impugnata, stante
la natura dì principi fondamentali delle norme statali che si vor
rebbero sostituire.
Per questi motivi, la Corte costituzionale:
dichiara inammissibile l'intervento di Fausto Cirelli, in pro
prio e quale legale rappresentante del Coram (coordinamento
registri amministratori); dichiara l'illegittimità costituzionale della 1. prov. Bolzano 25
novembre 2004 n. 8 (tutela della salute dei non fumatori).
I
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 1° febbraio 2006, n. 34 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 8 febbraio 2006, n.
6); Pres. Marini, Est. De Siervo; Soc. Highlander c. Agenzia delle entrate di Caltanissetta; Soc. Stam e altri c. Agenzia delle entrate - ufficio di Borgo San Lorenzo; interv. Pres.
cons, ministri (Avv. dello Stato). Orci. Comm. trib. prov. Caltanissetta 13 luglio 2004 e Comm. trib. prov. Firenze 7
febbraio 2005 (G.U., la s.s„ nn. 6 e 22 del 2005).
Lavoro (rapporto di) — Lavoro irregolare — Sanzioni am
ministrative — Controversie — Giurisdizione delle com
missioni tributarie — Questione manifestamente inammis
sibile di costituzionalità (Cost., art. 24, 25, 102; d.l. 22 feb braio 2002 n. 12, disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all'estero e
di lavoro irregolare, art. 3; 1. 23 aprile 2002 n. 73, conversio
ne in legge, con modificazioni, del d.l. 22 febbraio 2002 n.
12, art. 1). Lavoro (rapporto di) — Lavoro irregolare — Sanzioni am
ministrative — Irrogazione — Questione manifestamente
infondata di costituzionalità (Cost., art. 24; d.l. 22 febbraio
2002 n. 12, art. 3; 1. 23 aprile 2002 n. 73, art. 1). Lavoro (rapporto di) — Lavoro irregolare — Sanzioni am
ministrative — Determinazione — Sopravvenuta dichia
razione di incostituzionalità — Restituzione degli atti al
giudice «a quo» (Cost., art. 3; d.l. 22 febbraio 2002 n. 12, art.
3; 1. 23 aprile 2002 n. 73, art. 1).
E manifestamente inammissibile — per non avere il giudice ri
mettente accertato la possibilità di seguire un'interpretazione costituzionalmente corretta — la questione di legittimità co
stituzionale dell'art. 3, 5° comma, d.l. 22 febbraio 2002 n. 12,
convertito, con modificazioni, nella l. 23 aprile 2002 n. 73, nella parte in cui attribuirebbe alla giurisdizione tributaria le
controversie aventi ad oggetto le sanzioni amministrative in
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PARTE PRIMA 1284
materia di lavoro irregolare comunque irrogate dagli uffici
finanziari, in riferimento agli art. 24, 25 e 102 Cost. ( 1 ) E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 3, 5° comma, d.l. 22 febbraio 2002 n. 12, convertito, con modificazioni, nella l. 23 aprile 2002 n. 73, nella parte in cui, nel disporre che l'agenzia delle entrate ir
roghi la sanzione di cui al 3° comma secondo le modalità
previste dal d.leg. 18 dicembre 1997 n. 472, esclude esplici tamente l'applicazione dell'art. 16, 2° comma, medesimo
d.leg., in riferimento all'art. 24 Cost. (2) A seguito della sentenza 12 aprile 2005, n. 144, con cui la Corte
costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalità parziale del
l'art. 3, 3° comma, d.l. 22 febbraio 2002 n. 12, convertito, con modificazioni, nella l. 23 aprile 2002 n. 73, vanno resti
tuiti al giudice a quo, ai fini di un nuovo esame della rilevan
za, gli atti relativi alla questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 3, nella parte in cui determina le modalità di
quantificazione della sanzione per l'impiego di lavoratori di
pendenti non risultanti dalle scritture o da altra documenta
zione obbligatoria, in riferimento all'art. 3 Cost. (3)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; ordinanza 10
febbraio 2006, n. 2888; Pres. Carbone, Rei. Picone, P.M.
Martone (conci, diff.); Indelicato (Avv. Savito) c. Agenzia delle entrate di Taranto e Min. economia e finanze (Avv. dello Stato). Regolamento di giurisdizione.
Tributi in genere — Lavoro irregolare — Sanzione ammini
strativa — Irrogazione da parte degli uffici finanziari —
Controversia — Giurisdizione delle commissioni tributa
rie (D.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al governo contenuta nel
l'art. 30 1. 30 dicembre 1991 n. 413, art. 2; 1. 28 dicembre
2001 n. 448, disposizioni per la formazione del bilancio an
nuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002), art.
12; d.l. 22 febbraio 2002 n. 12, art.^; 1. 23 aprile 2002 n. 73, art. 1).
Appartiene alle commissioni tributarie la giurisdizione sulle
controversie concernenti le sanzioni in materia di lavoro ir
regolare irrogate dall'ufficio periferico dell'agenzia delle
entrate. (4)
(1,4) I. - Se le sezioni unite mostrano di ignorare l'ord. 34/06 (e la coeva ord. 35/06, G.U.. 1J s.s., 8 febbraio 2006, n. 6, ove, sui medesimi
presupposti, viene parimenti dichiarata la manifesta inammissibilità di
analoga questione di costituzionalità), la Consulta non è da meno, omettendo di dar conto di Cass. 2888/06 nella sua successiva ord. 10 marzo 2006. n. 94. G.U., IJ s.s., 15 marzo 2006. n. 11, con la quale nuovamente respinge come manifestamente inammissibile la questione di legittimità della (ritenuta) attribuzione alle commissioni tributarie delle controversie sulle sanzioni per lavoro irregolare.
II. - Pur non potendosi ancora parlare di un vero e proprio contrasto tra le due corti (la Cassazione afferma la giurisdizione del giudice tri butario sulle sanzioni irrogate ai sensi dell'art. 3 d.l. 22 febbraio 2002 n. 12. laddove la Corte costituzionale si limita a rimproverare i giudici a quibus per non aver tentato un'interpretazione della normativa che la escluda), la lettura delle motivazioni induce a pensare che difficilmente le diverse posizioni potranno conciliarsi de plano.
III. - La manifesta inammissibilità della questione di costituzionalità discende per la Corte costituzionale — che fa all'uopo applicazione del suo consolidato orientamento, secondo cui il giudice è abilitato a solle vare la questione di legittimità costituzionale solo dopo aver accertato che sia impossibile seguire un'interpretazione costituzionalmente cor retta (v., ex plurimis, ord. 22 luglio 2005. n. 306, G.U., la s.s.. 27 luglio 2005, n. 30; 26 maggio 2005, n. 211, id.. 1° giugno 2005, n. 22; 30
gennaio 2003, n. 19, Foro it., Rep. 2003, voce Testimonianza penale, n. 55; 5 aprile 2002, n. 89. id.. Rep. 2002, voce Dibattimento penale, n. 69; 16 novembre 2001. n. 367, ibid., voce Insubordinazione, rivolta, n. 3; 3 novembre 2000, n. 466, id., 2001, I, 757) — da ciò che i giudici a
quibus non hanno tenuto nel debito conto «la natura tributaria del rap porto cui deve ritenersi imprescindibilmente collegata la giurisdizione del giudice tributario», fermandosi al «solo dato formale e soggettivo, relativo all'ufficio competente ad irrogare la sanzione» (in termini si mili, v. anche le ricordate ord. 35/06 e 94/06).
IV. - Dal canto suo, il principio di diritto che vuole che siano i giudi ci tributari a pronunciarsi sulle controversie in tema di sanzioni per
Il Foro Italiano — 2006.
I
Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Calta
nissetta, con ordinanza del 13 luglio 2004, ha sollevato questio ni di legittimità costituzionale dell'art. 1, 3° e 5° comma (recte: art. 3, 3° e 5° comma), d.l. 22 febbraio 2002 n. 12 (disposizioni
urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di
attività detenute all'estero e di lavoro irregolare), convertito in
legge dall'art. 1 1. 23 aprile 2002 n. 73, in relazione agli art. 3, 24 e 25 Cost.;
violazioni alla normativa sul lavoro discende, nel pensiero della Su
prema corte, proprio dal fatto che le stesse — la cui natura tributaria è
peraltro espressamente esclusa — sono irrogate dall'agenzia delle en trate e che tanto basta — giusta l'art. 2, 1° comma, d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, a tenore del quale «appartengono alla giurisdizione tribu taria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e
specie comunque denominati (. . .), nonché le sovrimposte e le addizio nali. le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari» — a radicare la giurisdizione del giudice speciale tributario (nello stes so senso, nella giurisprudenza di merito, v. Comm. trib. prov. Ancona 15 luglio 2004, Dir. lav. Marche, 2004. fase. 4, 166. e, seppure impli citamente, Comm. trib. I grado Trento 30 luglio 2004. Foro it., Rep. 2004. voce Lavoro (rapporto), n. 1916; Comm. trib. prov. Bergamo 29
maggio 2004, ibid., n. 1912, e Corriere trib., 2004, 2846, con nota di Pino, Ancora dubbi sulla natura della sanzione contro il «lavoro nero»; Riv. giur. trib.. 2005, 189, con nota di Dominici, Giurisdizione tributa ria e irretroattività per la sanzione contro il lavoro sommerso; Comm. trib. prov. Genova 20 aprile 2004, Foro it., Rep. 2004, voce cit., n. 1337; Comm. trib. prov. Bologna 14 aprile 2004, ibid., n. 1913, e Cor riere trib., 2004, 2364, con nota di Dominici, Rischio d'incostituziona lità delle sanzioni tributarie per il lavoro sommerso: Comm. trib. prov. Savona 28 novembre 2003. Foro it.. Rep. 2004, voce cit., n. 1915, e Riv. giur. trib., 2004, 563, con nota di Pino, La sanzione amministrati va per l'utilizzo di lavoro irregolare; Dir. e pratica trib., 2004, 11. 1187. con nota di Granelli; Comm. trib. prov. Genova 23 marzo 2004. Foro it.. Rep. 2004, voce cit., n. 1338).
V. - Gli interrogativi aperti dalla sentenza della Suprema corte non finiscono però qui: pur nella consapevolezza che ci troviamo dinanzi ad un obiter dictum, è bene soffermarsi sul quel passo della motivazione ove la Cassazione, nel dare atto della «tendenza espansiva dell'ambito della giurisdizione tributaria», afferma che la stessa non incontrerebbe
«precisi limiti costituzionali, fatto salvo in ogni caso il principio di ra
gionevolezza». VI. - Nella sua perentorietà la tesi mostra di non considerare il dispo
sto dell'art. 102 Cost, ed il divieto, ivi sancito, di istituzione di giudici speciali. Vero è che tale norma deve essere letta alla luce della VI di
sposizione transitoria, sì che deve ritenersi (cfr. Corte cost., ord. 23
aprile 1998, n. 144, id., 1998, I, 3028, e Corriere trib., 1998. 1669. con nota di Glendi; Riv. giur. trib.. 1998, 607. con nota di Giorgetti) la le
gittimità costituzionale dell'ordinamento delle commissioni tributarie
(sia pure più volte riformate dopo l'entrata in vigore della Costituzio ne), ma il potere del legislatore ordinario di trasformarle, riordinarle o ristrutturarle nuovamente, anche nel funzionamento e nella procedura, non può essere esercitato al punto da snaturare (come elemento essen ziale e caratterizzante la giurisprudenza speciale) le materie attribuite alla loro competenza (v. Corte cost. 144/98, cit.).
VII. - Se così è. non solo la (ritenuta) attribuzione al giudice tributa rio delle sanzioni in materia di lavoro irregolare, ma anche la giurisdi zione (espressamente riconosciuta in capo a questo giudice dall'art. 3 bis d.l. 30 settembre 2005 n. 203, convertito, con modificazioni, nella 1. 2 dicembre 2005 n. 248) sulle controversie relative alla debenza del ca none per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui all'art. 63
d.leg. 15 dicembre 1997 n. 446 — la cui natura tributaria è stata sempre esclusa dalle stesse sezioni unite (v. Cass., sez. un., 21 gennaio 2005, n. 1239, Foro it., Mass., 88; ord. 17 marzo 2004, n. 5462, id., Rep. 2004, voce Tributi locali, n. 409; 19 agosto 2003, n. 12167, id., 2003, 1. 2584) —, del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue — che una consolidata giurisprudenza (v., ex plurimis, Cass., sez. un., 25 marzo 2005, n. 6418, id., Mass.. 399) esclude configuri, dopo il 3 ottobre 2000, un tributo comunale —, del canone per lo smaltimento dei rifiuti urbani — in relazione al quale le sezioni unite hanno di re cente espresso avvisi contrastanti (v. Cass., sez. un., ord. 15 febbraio 2006, n. 3274, Fisco 1, 2006, 2025. che nega che Io stesso abbia natura tributaria; contra, Cass., sez. un., 8 marzo 2006, n. 4895, ibid.. 2184, che invece la riconosce) —. del canone comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni non sembra perfettamente collimare con il dettato costituzionale.
Vili. - Sulla giurisdizione delle commissioni tributarie, v., per altri
profili. Cass., sez. un.. 10 agosto 2005. n. 16776. Foro it., 2006, i. 1123.
(2) La que 'ione di costituzionalità — che muoveva dalla constata zione che l'es! '• 'art. 16 d.leg. 18 dicembre 1997 n. 472 (a te
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
che il rimettente premette che il legale rappresentante di una
società in nome collettivo ha proposto opposizione avverso
l'avviso di irrogazione della sanzione, determinata in 66.518 eu
ro, emesso dall'ufficio delle entrate di Caltanissetta in data 27
settembre 2003, in applicazione dell'art. 1, 3° comma (recte: art. 3, 3° comma), d.l. n. 12 del 2002;
che tale sanzione era stata comminata in seguito ad un'ispe zione effettuata dall'Inps, nel corso della quale era stata accer
tata la presenza, nell'azienda, di tre lavoratori subordinati irre
golari; che il giudice a quo sostiene che l'art. 3, 3° comma, d.l. n. 12
del 2002, nel determinare le modalità di quantificazione della
sanzione per l'impiego di lavoratori dipendenti non risultanti
dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, sarebbe
in contrasto con l'art. 3 Cost., sia in quanto privo «di intrinseca
ragionevolezza», sia in quanto comporterebbe trattamenti san
zionatori diversi per situazioni identiche; che tale disposizione, nel rapportare l'entità della sanzione al
periodo compreso tra l'inizio dell'anno e la data della contesta
zione, sarebbe ingiustificatamente penalizzante per coloro nei
cui confronti la contestazione sia effettuata alla fine dell'anno
rispetto a coloro che abbiano ricevuto tale contestazione nei
primi mesi dell'anno;
che il rimettente rileva che il 5° comma della disposizione censurata attribuisce la competenza ad irrogare la suddetta san
zione all'agenzia delle entrate, la quale vi procede secondo le
modalità di cui al d.leg. 18 dicembre 1997 n. 472 (disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni
di norme tributarie, a norma dell'art. 3, comma 133, 1. 23 di
cembre 1996 n. 662), fatta eccezione per le previsioni dell'art.
16, 2° comma, medesimo decreto; che tale previsione, oltre a porsi in contrasto con l'art. 7 1. 27
luglio 2000 n. 212 (disposizioni in materia di statuto dei diritti
del contribuente), violerebbe l'art. 24 Cost., dal momento che,
irragionevolmente, non consentirebbe all'interessato di cono
scere i dati di fatto e gli atti giustificativi della contestazione, incidendo in tal modo sul diritto di difesa;
che la disposizione censurata violerebbe, inoltre, l'art. 25
Cost., «laddove attribuisce la competenza per la irrogazione della sanzione all'ufficio delle entrate», dal momento che tale
sanzione, benché autonoma, sarebbe riconducibile alla «viola
zione di norme previdenziali e sul lavoro» per le quali è prevista la diversa competenza del giudice ordinario del lavoro, con la
conseguenza che si determinerebbe una «indebita sottrazione
del trasgressore al giudice naturale all'uopo già costituito»; che l'attribuzione della cognizione delle relative controversie
alle commissioni tributarie determinerebbe, altresì, un'ulteriore
violazione dell'art. 24 Cost., dal momento che nei procedimenti avanti a tali giudici sarebbe vietato dedurre prove testimoniali
(art. 7 d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, recante «disposizioni sul
processo tributario in attuazione della delega al governo conte
nuta nell'art. 30 1. 30 dicembre 1991 n. 413») e non sarebbe
nore del quale l'atto di contestazione della violazione deve indicare, a
pena di nullità, i fatti attribuiti al trasgressore, gli elementi probatori, le norme applicate, i criteri che ritiene di seguire per la determinazione delle sanzioni e della loro entità nonché i minimi edittali previsti dalla
legge per le singole violazioni) alla materia delle violazioni per lavoro
irregolare costituisse un'irragionevole limitazione del diritto di difesa — viene risolta dalla corte osservando come la stessa, da una parte, ri
sponda all'esigenza di semplificazione del procedimento di irrogazione della sanzione, e, dall'altra, si giustifichi alla luce del fatto che gran parte degli elementi che di regola sono portati a conoscenza del desti natario tramite l'atto di contestazione sono da quello già conosciuti, per essere emersi nel corso dell'ispezione svolta dagli organi accertatori
nei locali dell'azienda e per essere documentati nel relativo verbale.
(3) Con sentenza 12, aprile 2005, n. 144, che sarà riportata in un
prossimo fascicolo, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma «nella parte in cui non ammette la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successi vamente al 1° gennaio dell'anno in cui è stata constatata la violazione», sul rilievo che il meccanismo di tipo presuntivo previsto dalla norma
censurata, con finalità di ulteriore inasprimento della sanzione, deter
mina la lesione del diritto di difesa e l'irragionevole equiparazione, ai
fini dell'applicazione della sanzione, di situazioni tra loro diseguali, con riferimento a soggetti che utilizzano i lavoratori irregolari da mo
menti diversi e per i quali la constatazione della violazione sia, in ipo tesi, avvenuta nella medesima data. [M. Annecchino]
Il Foro Italiano — 2006.
consentito produrre atti e documenti non esibiti in sede di conte
stazione o di redazione del verbale ispettivo (art. 32, 3° comma,
d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, recante «disposizioni comuni in
materia di accertamento delle imposte sui redditi»); che il rimettente, infine, ritiene che le questioni prospettate
siano rilevanti ai fini della decisione del ricorso oggetto del giu dizio a quo;
che è intervenuto nel giudizio il presidente del consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello
Stato, che ha eccepito, innanzitutto, l'inammissibilità delle que stioni sollevate dalla Commissione tributaria di Caltanissetta, sia perché essa avrebbe omesso di ricostruire i fatti di causa, con conseguente carenza di motivazione sulla rilevanza della
questione, sia in quanto le censure prospettate sarebbero del
tutto generiche, poiché prive di «qualsiasi concreta motivazione
in ordine alla non manifesta infondatezza della questione»; che, nel merito, l'avvocatura osserva in primo luogo che la
previsione di una sanzione ulteriore, dotata di adeguata forza
dissuasiva, sarebbe giustificata sia dall'esigenza di favorire
l'emersione del lavoro irregolare che avrebbe effetti negativi sulla tutela dei diritti fondamentali costituzionalmente garantiti, sia dalla necessità di contrastare un fenomeno che, attraverso
l'evasione fiscale e contributiva, determina l'indebolimento del
meccanismo di finanziamento ed erogazione dei servizi pubblici e di assistenza fiscale;
che il meccanismo di quantificazione della sanzione previsto dall'art. 3, 3° comma, d.l. n. 12 del 2002 consentirebbe di ov
viare alle difficoltà di individuazione degli esatti termini tempo rali del rapporto lavorativo irregolare e di neutralizzare condotte
elusive e che, comunque, il legislatore avrebbe ampia discrezio
nalità nella determinazione delle sanzioni;
che, conseguentemente, le censure relative all'art. 3, 3° com
ma, sarebbero infondate; che infondata sarebbe, altresì, la lamentata violazione del
l'art. 24 Cost, ad opera dell'art. 3, 5° comma, il quale riguarde rebbe soltanto il momento dell'irrogazione della sanzione e sa
rebbe giustificato da un'esigenza di snellezza, in considerazione
del fatto che, comunque, la violazione sarebbe già stata accer
tata, nei suoi elementi dì fatto, dalla contestazione contenuta nel
verbale che costituirebbe «l'unico fondamento dell'atto sanzio
natorio» e che sarebbe già noto alla parte; che anche la censura sollevata in relazione all'art. 25 Cost,
sarebbe destituita di ogni fondamento, dal momento che il legis latore potrebbe liberamente individuare l'organo amministrativo
competente alla irrogazione delle sanzioni, mentre il regime delle impugnazioni sarebbe conseguente a tale individuazione;
che, nel caso di specie, la scelta del legislatore non sarebbe
palesemente illogica e, d'altra parte, anche nel giudizio avanti
alle commissioni tributarie, così come avanti al giudice ordina
rio, il cittadino godrebbe delle garanzie connesse al diritto di di
fesa; che la Commissione tributaria provinciale di Firenze ha sol
levato questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, 3°
comma, 1. n. 73 del 2002 (recte: dell'art. 3, 3° comma, d.l. n. 12
del 2002), in relazione agli art. 25 e 102 Cost.;
che il rimettente riferisce di essere chiamato a decidere sul ri
corso proposto dal legale rappresentante e dal socio ammini
stratore di una società in nome collettivo avverso l'atto con cui
l'agenzia delle entrate di Borgo San Lorenzo aveva irrogato la
sanzione amministrativa di euro 23.361,98, in ragione dell'im
piego di lavoratori dipendenti non risultanti dalle scritture ob
bligatorie e la cui presenza era stata riscontrata nei locali dell'a
zienda nel corso di un'ispezione svolta da ispettori dell'Inps; che gli opponenti, oltre a contestare la nullità dell'atto impu
gnato per insussistenza del presupposto impositivo, hanno ecce
pito l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, 3° comma, d.l. n. 12
del 2002, per violazione degli art. 3 e 27 Cost., nonché il difetto
di giurisdizione delle commissioni tributarie;
che, ciò premesso, il giudice a quo sostiene che la sanzione
prevista dalla norma in questione sarebbe correlata ad una
«violazione di natura contributiva/lavorativa» la cui contesta
zione sarebbe affidata agli organi preposti ai controlli in materia
fiscale, contributiva e del lavoro, mentre competente ad irrogare la sanzione sarebbe l'agenzia delle entrate;
che, tuttavia, tale ufficio non sarebbe in grado di definire e
motivare alcuni aspetti rilevanti della sanzione, quali il calcolo
del costo del lavoro e l'inquadramento contrattuale del lavorato
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PARTE PRIMA
re sulla cui base è quantificata la sanzione, che sarebbero decisi
da un altro organo, con conseguente lesione del diritto di difesa
del ricorrente e impossibilità per la commissione tributaria «di
svolgere la propria funzione»; che queste «disfunzioni» sarebbero conseguenza del fatto che
alle commissioni tributarie verrebbero assegnate competenze in
contrasto con quelle loro proprie che sarebbero di natura esclu
sivamente tributaria;
che, infatti, se, da un lato, l'art. 2 d.leg. n. 546 del 1992 indi
ca quale oggetto della giurisdizione tributaria anche le sanzioni
amministrative «comunque irrogate» da uffici finanziari, d'altro
canto — ad avviso del rimettente — ciò dovrebbe valere solo
per le sanzioni «attinenti e/o correlate alla materia tributaria che
rappresenta l'area caratteristica ed esclusiva della giurisdizio ne»;
che il superamento di tale limite determinerebbe la violazione
del principio del giudice naturale precostituito per legge sancito
dall'art. 25 Cost, e del divieto di istituire giudici speciali posto dall'art. 102 Cost., secondo quanto chiarito anche da questa corte con l'ordinanza n. 144 del 1998 (Foro it., 1998, I, 3028), la quale avrebbe affermato che i giudici tributari costituiscono
«organi speciali di giurisdizione» preesistenti all'entrata in vi
gore della Costituzione e che il legislatore può sottoporre a revi
sione, modificandone anche le competenze, «purché resti fermo
il nocciolo originario delle competenze stesse e cioè quelle in
materia tributaria»; che è intervenuto in giudizio il presidente del consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello
Stato, che ha eccepito l'inammissibilità della questione, dal
momento che il rimettente non avrebbe previamente accertato
l'impossibilità di dare della disposizione censurata una inter
pretazione diversa e costituzionalmente corretta;
che, in ogni caso, sostiene la difesa erariale, la questione avrebbe ad oggetto una norma già dichiarata costituzionalmente
illegittima dalla corte con la sentenza n. 144 del 2005.
Considerato che la Commissione tributaria provinciale di
Caltanissetta censura l'art. 3, 1° e 5° comma, d.l. 22 febbraio
2002 n. 12 (disposizioni urgenti per il completamento delle ope razioni di emersione di attività detenute all'estero e di lavoro ir
regolare), convertito in legge dall'art. 1 1. 23 aprile 2002 n. 73; che la Commissione tributaria provinciale di Firenze, pur
censurando formalmente l'art. 3, 3° comma, medesimo decreto,
tuttavia, sostanzialmente denuncia il 5° comma di tale articolo,
dal momento che lamenta l'attribuzione all'agenzia delle entrate
della competenza ad irrogare la sanzione da essa prevista; che, pertanto, stante la parziale identità delle questioni pro
spettate dai rimettenti, deve essere disposta la riunione dei rela
tivi giudizi; che entrambi i giudici a quibus, dalla attribuzione all'agenzia
delle entrate della competenza ad applicare la sanzione per
l'impiego di lavoratori irregolari prevista dall'art. 3 d.l. n. 12
del 2002, deducono la conseguenza che sussisterebbe la giuris dizione del giudice tributario a conoscere delle controversie
concernenti tale sanzione, dal momento che l'art. 2 d.leg. 31 di
cembre 1992 n. 546 (disposizioni sul processo tributario in at
tuazione della delega al governo contenuta nell'art. 30 1. 30 di
cembre 1991 n. 413), così come modificato dall'art. 12 1. 28 di
cembre 2001 n. 448 (disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002), at
tribuirebbe a tale giudice la cognizione delle controversie con
cernenti «le sanzioni amministrative comunque irrogate da uffi
ci finanziari»; che, tuttavia, i rimettenti affermano espressamente che la san
zione introdotta dal d.l. n. 12 del 2002 sarebbe connessa a viola
zioni di norme previdenziali e del lavoro, e pertanto, essi stessi
sembrano escludere che detta sanzione inerisca alla materia dei
tributi;
che, addirittura, la Commissione tributaria provinciale di Fi
renze richiama la giurisprudenza costituzionale concernente la
giurisdizione tributaria e, specificamente, l'ordinanza n. 144 del
1998 nella quale questa corte, pur riconoscendo al legislatore, con riguardo alle giurisdizioni speciali preesistenti alla Costitu
zione, il potere discrezionale di «sopprimerle come di trasfor
marle e riordinarle, o di ristrutturarle nuovamente, anche nel
funzionamento e nella procedura», ha individuato, quale limite a
tale potere quello di «non snaturare (in quanto elemento essen
ziale e caratterizzante della giurisdizione speciale) le materie
Il Foro Italiano — 2006.
attribuite alla loro rispettiva competenza», materie che, con ri
guardo al giudice tributario, sono state individuate in quelle ri
conducibili alle «controversie tributarie»; che i giudici a quibus hanno omesso di trarre da tali premesse
le dovute conseguenze interpretative, valorizzando, in particola re, la natura tributaria del rapporto cui deve ritenersi imprescin dibilmente collegata la giurisdizione del giudice tributario, e li
mitandosi, invece, a considerare il solo dato formale e soggetti
vo, relativo all'ufficio competente ad irrogare la sanzione;
che, in definitiva, i rimettenti non hanno compiuto il doveroso
tentativo di verificare la possibilità di seguire un'interpretazione diversa da quella da essi accolta e, pertanto, sono venuti meno
all'onere che incombe su ogni giudice di esplorare eventuali
interpretazioni conformi a Costituzione prima di sollevare que stioni di legittimità costituzionale davanti a questa corte;
che, alla luce di quanto precede, la questione concernente
l'art. 3, 5° comma, d.l. n. 12 del 2002, in relazione all'asserita
attribuzione alle commissioni tributarie della giurisdizione sugli atti di irrogazione delle sanzioni ivi contemplate, deve essere
dichiarata manifestamente inammissibile; che la Commissione tributaria di Caltanissetta ha, altresì,
sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, 3°
comma, d.l. n. 12 del 2002, in relazione all'art. 3 Cost., nella
parte in cui determina le modalità di quantificazione della san
zione per l'impiego di lavoratori dipendenti non risultanti dalle
scritture o da altra documentazione obbligatoria; che, successivamente all'ordinanza di rimessione, questa
corte, con sentenza n. 144 del 2005, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma «nella parte in cui non ammette la
possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha
avuto inizio successivamente al 1° gennaio dell'anno in cui è
stata constatata la violazione», affermando che il meccanismo di
tipo presuntivo previsto dalla norma censurata, con finalità di
ulteriore inasprimento della sanzione, determina la lesione del
diritto di difesa, in quanto preclude all'interessato ogni possibi lità di provare circostanze che attengono alla propria effettiva
condotta, idonee ad incidere sull'entità della sanzione che dovrà
subire, determinando, altresì, l'irragionevole equiparazione, ai
fini dell'applicazione della sanzione, di situazioni tra loro dise
guali, con riferimento a soggetti che utilizzano i lavoratori irre
golari da momenti diversi e per i quali la constatazione della
violazione sia, in ipotesi, avvenuta nella medesima data;
che, pertanto, con riguardo a tale questione, deve essere di
sposta la restituzione degli atti al giudice rimettente, per un
nuovo esame della rilevanza alla luce del mutato quadro norma
tivo; che la Commissione tributaria di Caltanissetta ha, infine, sol
levato, in relazione all'art. 24 Cost., questione di legittimità co
stituzionale dell'art. 3, 5° comma, d.l. n. 12 del 2002, nella
parte in cui — nel disporre che l'agenzia delle entrate irroghi la
sanzione di cui al 3° comma secondo le modalità previste dal
d.leg. 18 dicembre 1997 n. 472 (disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'art. 3, comma 133, 1. 23 dicembre 1996 n. 662) —
esclude esplicitamente l'applicazione dell'art. 16, 2° comma, medesimo decreto;
che il citato art. 16 disciplina il procedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative connesse a violazioni di norme
tributarie, prevedendo, al 2° comma, la necessità che l'organo
procedente effettui la previa notifica dell'atto di contestazione
della relativa violazione «con indicazione, a pena di nullità, dei
fatti attribuiti al trasgressore, degli elementi probatori, delle
norme applicate, dei criteri che ritiene di seguire per la determi
nazione delle sanzioni e della loro entità nonché dei minimi
edittali previsti dalla legge per le singole violazioni»; che l'esclusione dell'applicazione di tale disposizione, lungi
dal costituire un'irragionevole limitazione del diritto di difesa, trova la propria giustificazione nell'esigenza di semplificazione del procedimento di irrogazione della sanzione prevista dall'art.
3, 3° comma, d.l. n. 12 del 2002, nonché nella circostanza che
gran parte degli elementi che di regola sono portati a conoscen
za del destinatario tramite l'atto di contestazione, nel caso in
esame sono da quello già conosciuti, per essere emersi nel corso
dell'ispezione svolta dagli organi accertatori nei locali dell'a
zienda e per essere documentati nel relativo verbale;
che, pertanto, la disposizione censurata non determina alcuna
violazione del diritto di difesa, tenuto anche conto del fatto che
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
essa disciplina una fase; pre-giurisdizionale e non limita in alcun
modo il ricorso all'autorità giudiziaria avverso il provvedimento dì irrogazione della sanzione;
che, in conclusione, la questione si rivela manifestamente in
fondata.
Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°
comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi: dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legit
timità costituzionale dell'art. 3, 5° comma, d.l. 22 febbraio 2002
n. 12 (disposizioni urgenti per il completamento delle operazio ni di emersione di attività detenute all'estero e di lavoro irrego lare), convertito in legge dall'art. 1 1. 23 aprile 2002 n. 73, sol
levata, in relazione agli art. 24, 25 e 102 Cost., dalla Commis
sione tributaria di Caltanissetta e dalla Commissione tributaria
di Firenze, con le ordinanze indicate in epigrafe; dichiara la manifesta infondatezza della questione di legitti
mità costituzionale dell'art. 3, 5° comma, d.l. n. 12 del 2002,
sollevata, in relazione all'art. 24 Cost., dalla Commissione tri
butaria di Caltanissetta, con l'ordinanza indicata in epigrafe; ordina la restituzione degli atti alla Commissione tributaria di
Caltanissetta, limitatamente alla questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 3, 3° comma, citato d.l. n. 12 del 2002, solle
vata con l'ordinanza indicata in epigrafe.
II
Ritenuto in fatto. — 1. - Palma Indelicato, titolare della ditta
Pulimartina, propone istanza per il regolamento della giuris dizione in relazione al giudizio instaurato dinanzi al Tribunale
di Taranto — sede distaccata di Martina Franca — mediante
opposizione a ordinanza-ingiunzione n. RFKLS0600012 emessa
in data 7 luglio 2003 dall'agenzia delle entrate — ufficio di Ta
ranto.
2. - L'ingiunzione le era stata notificata per il pagamento di
7.122 euro a titolo di sanzione amministrativa irrogata per vio
lazione dell'art. 3, 3° comma, d.l. n. 12 del 2002, convertito in 1.
n. 73 del 2002, in conseguenza dell'accertamento, ad opera del
servizio ispezione dell'ufficio provinciale del lavoro di Taranto, che la dipendente Carmela Larucci non risultava registrata nelle
scritture obbligatorie. 3. - Riferisce la ricorrente che l'ordinanza-ingiunzione indi
cava la commissione tributaria competente per territorio quale
organo al quale avrebbe potuto essere proposta l'opposizione, ed anche il giudice adito aveva rigettato l'istanza di sospensio ne, motivando la decisione con riferimento ai dubbi circa la sua
giurisdizione. Domanda che sia dichiarata la giurisdizione ordi
naria, esulando la controversia dalla materia dei tributi e stante
la previsione di giurisdizione ordinaria di cui all'art. 18, 2°
comma, d.leg. n. 472 del 1997.
4. - Hanno resistito con controricorso l'agenzia delle entrate
di Taranto e il ministero dell'economia e delle finanze; il pub blico ministero ha concluso per iscritto per la dichiarazione
della giurisdizione del giudice ordinario.
Considerato in diritto. — 1. - Il d.l. 22 febbraio 2002 n. 12,
convertito, con modificazioni, in 1. 23 aprile 2002 n. 73, dispo sizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emer
sione di attività detenute all'estero e di lavoro irregolare, all'art.
3, 3° comma, dispone: «Ferma restando l'applicazione delle
sanzioni previste, l'impiego di lavoratori dipendenti non risul
tanti dalle scritture o altra documentazione obbligatorie, è altresì
punito con la sanzione amministrativa dal duecento al quattro cento per cento dell'importo, per ciascun lavoratore irregolare, del costo del lavoro calcolato sulla base dei vigenti contratti
collettivi nazionali, per il periodo compreso tra l'inizio dell'an
no e la data di constatazione della violazione».
Il successivo 4° comma stabilisce che «Alla constatazione
della violazione procedono gli organi preposti ai controlli in
materia fiscale, contributiva e del lavoro»; il 5° comma precisa che «Competente all'irrogazione della sanzione amministrativa
di cui al 3° comma è l'agenzia delle entrate. Si applicano le di
sposizioni del d.leg. 18 dicembre 1997 n. 472, e successive mo
dificazioni, ad eccezione del 2° comma dell'art. 16».
2. - L'oggetto della giurisdizione tributaria è definito dall'art.
2 d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, come sostituito dall'art. 12,
Il Foro Italiano — 2006.
2° comma, 1. 28 dicembre 2001 n. 448, nella parte che interessa, nel senso che appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le
controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie,
compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo
per il servizio sanitario nazionale, nonché le sovrimposte e le
addizionali, le sanzioni amministrative, comunque irrogate da
uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio.
3. - Il principio generale enunciato dalla giurisprudenza delle
sezioni unite della corte è che, in materia di sanzioni ammini
strative, la devoluzione alla giurisdizione delle commissioni tri
butarie è strettamente dipendente dalla natura della norma vio
lata e, dunque, dalla ricorrenza della competenza del giudice tributario a conoscere dell'obbligo o dovere la cui violazione dà
luogo alla sanzione (v. Cass., sez. un., n. 5040 del 2004, Foro
it., Rep. 2004, voce Tributi locali, n. 355). Natura tributaria non può certamente riconoscersi alla dispo
sizione in tema di registrazione dei lavoratori occupati, e ciò in
considerazione delle più generali finalità perseguite con i prov vedimenti volti a favorire l'emersione del lavoro irregolare, cui
l'obbligo di registrazione dei lavoratori impiegati è legato da
rapporto di strumentalità.
4. - E tuttavia, la sanzione amministrativa in questione, seb
bene non correlata al mancato pagamento o all'inosservanza di
un obbligo tributario, si aggiunge al sistema sanzionatorio con
tenuto nei d.leg. 18 dicembre 1997 nn. 471, 472 e 473. In rela
zione a tale sanzione sussiste la giurisdizione delle commissioni
tributarie, dal momento che, ai sensi dell'art. 3, 4° comma, d.l.
n. 12, sopra riportato, competente ad irrogare la sanzione è l'a
genzia delle entrate e viene perciò in considerazione la specifica
previsione di competenza del giudice tributario per «le sanzioni
amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari», come
recata dal novellato art. 2 d.leg. 546/92.
La norma, infatti, nella novellata formulazione esprime la re
gola secondo cui l'oggetto della giurisdizione tributaria si iden
tifica, in via principale, nei tributi di ogni genere e nelle corre
lative sanzioni, ma anche, in via residuale, con riferimento al
l'organo (agenzia delle entrate) che irroga una sanzione ammi
nistrativa in ordine ad infrazioni commesse in violazione di
norme di svariato contenuto, non necessariamente attinente a
tributi, come fatto palese dall'impiego del termine «comunque». 5. - Il richiamo operato dal 5° comma dell'art. 3 d.l. 12/02 al
d.leg. 472/92, letto alla luce della norma sopravvenuta sulla giu risdizione, conserva, quindi, inalterata la sua coerenza, laddove
rende applicabili le disposizioni generali sulle sanzioni ammini
strative in materia tributaria ad una fattispecie non caratterizzata
dalla commissione di un fatto in violazione di norme tributarie.
Mentre non rileva la previsione di cui all'art. 18, 2° comma, indicato decreto legislativo, nella parte in cui, per il caso di san
zioni relative a tributi rispetto ai quali non sussiste la giuris dizione delle commissioni tributarie, dispone che, contro il
provvedimento di irrogazione, «è ammesso, nel termine di ses
santa giorni dalla notificazione del provvedimento, ricorso am
ministrativo in alternativa all'azione avanti all'autorità giudizia ria ordinaria, che può comunque essere adita anche dopo la de
cisione amministrativa ed entro centottanta giorni dalla sua noti
ficazione». Infatti, da una parte, non sono più configurabili controversie tributarie sottratte alla cognizione delle commis
sioni tributarie; dall'altra, la giurisdizione ordinaria è stata spe cificamente esclusa per «le sanzioni amministrative, comunque
irrogate da uffici finanziari».
6. - Dell'indicato ius super\>eniens hanno già fatto applica zione le sezioni unite della corte, affermando la giurisdizione tributaria sulla controversia relativa al provvedimento di so
spensione dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività, emesso, in materia di Iva, ex art. 2 1. 26 gennaio 1983 n. 18, rilevando
che, in applicazione del nuovo testo dell'art. 2 d.leg. n. 546 del
1992, si deve affermare la devoluzione della causa alle commis
sioni tributarie, in ragione della sua inerenza a provvedimento sanzionatorio emesso da un ufficio finanziario, restando ultro
neo stabilire se fossero in precedenza comprese nella competen za del giudice tributario le sanzioni per violazioni della norma
tiva sullo scontrino fiscale, in relazione alla sua strumentalità ri
spetto agli obblighi riguardanti detta imposta (Cass., sez. un., n.
3877 del 2004, ibid., voce Tributi in genere, n. 1221). 7. - Del resto, anche la Corte costituzionale, con la sentenza
n. 144 del 2005, nel dichiarare parzialmente fondata la questio ne di legittimità del 3° comma dell'art. 3 d.l. 12/02 (per profili
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PARTE PRIMA
che non rilevano ai fini della giurisdizione), ha ritenuto che fos
se legittimato a sollevare la questione il giudice tributario che, in presenza di orientamenti difformi circa la sussistenza della
giurisdizione, abbia motivato in modo plausibile, risolvendo po sitivamente la questione dell'appartenenza della controversia
all'ambito della sua cognizione. 8, - Infine, va constatata la tendenza espansiva dell'ambito
della giurisdizione tributaria (che non incontra precisi limiti co
stituzionali, fatto salvo in ogni caso il principio di ragionevolez za), estesa dal legislatore, per ragioni di connessione in senso
ampio, a materie estranee alle imposte e tributi: l'intervento più recente è rappresentato dall'art. 3 bis d.l. 30 settembre 2005 n.
203, convertito in 1. 2 dicembre 2005 n. 248, che modifica l'art.
2 d.leg. 546/92 assegnando alla cognizione del giudice tributario
anche le controversie relative alla debenza del canone per l'oc
cupazione di spazi ed aree pubbliche, del canone per lo scarico e
la depurazione delle acque reflue e per lo smaltimento dei rifiuti
urbani, nonché le controversie attinenti l'imposta o il canone
comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni.
9. - Pertanto, va dichiarata la giurisdizione delle commissioni
tributarie a conoscere della controversia.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 1° febbraio 2006, n. 30 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 8 febbraio 2006, n.
6); Pres. Marini, Est. Flick; Pres. cons, ministri (Avv. dello
Stato Sica) c. Regione Abruzzo (Avv. Pasquali).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Abruzzo — Consulta regionale dell'immigrazione —
Composizione — Incostituzionalità (Cost., art. 117; 1. reg. Abruzzo 13 di
cembre 2004 n. 46, interventi a sostegno degli stranieri immi
grati, art. 20).
E incostituzionale l'art. 20, 2° comma, lett. g) e jj. /. reg. Abruzzo 13 dicembre 2004 n. 46, nella parte in cui prevede che della consulta regionale dell'immigrazione facciano
parte un rappresentante dell'Inps designato in sede regio nale ed un rappresentante per ogni prefettura presente sul
territorio regionale. (1)
(1)1.- Con la sentenza in epigrafe, la corte conferma il principio se condo cui la previsione, da parte del legislatore regionale, della parte cipazione di soggetti statali ad organi istituiti dalla regione viola la
competenza esclusiva statale di cui all'art. 117, 2° comma, lett. g), Cost., in materia di «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali».
Nel medesimo senso, v. già Corte cost. 7 maggio 2004, n. 134, Foro it., 2004, I, 2982, con nota di richiami, commentata da Bonetti, in Re
gioni, 2004, 1164, e da Mezzacapo, in Guida al dir., 2004, fase. 20, 95, che si è pronunciata nel senso dell'incostituzionalità dell'art. 3, 3° comma, lett. d), e), j), g), 1. reg. Marche 24 luglio 2002 n. 11, nella
parte in cui prevedeva che del comitato dell'osservatorio regionale per le politiche integrate di sicurezza facessero parte i prefetti della regione o loro delegati, il procuratore generale della repubblica presso la Corte
d'appello di Ancona, il procuratore della repubblica presso il Tribunale di Ancona, il procuratore della repubblica presso il Tribunale per i mi norenni di Ancona.
II. - Per quanto attiene alla definizione della competenza statale in
questione, v. anche Corte cost. 3 novembre 2005, n. 405, G.U., la s.s., n. 45 del 2005, che ha dichiarato l'incostituzionalità degli art. 2, 3 e 4 1.
reg. Toscana 28 settembre 2004 n. 50, nella parte in cui prevedevano la costituzione obbligatoria dei coordinamenti (art. 2). disponevano che tali coordinamenti dovessero essere finanziati con il contributo degli iscritti agli ordini o collegi (art. 2), attribuivano ad essi funzioni già svolte dagli ordini o dai collegi (art. 3) e, infine, prevedevano che tali coordinamenti avessero un ruolo consultivo della regione (art. 4): ad
Il Foro Italiano — 2006.
Diritto. — 1. - La questione di legittimità costituzionale, sol
levata in via principale dal presidente del consiglio dei ministri, ha ad oggetto due specifiche disposizioni dettate dall'art. 20, 2°
comma, lett. g) e j), 1. reg. Abruzzo 13 dicembre 2004 n. 46, re
cante interventi a sostegno degli stranieri immigrati. L'art. 20 di
tale legge — le cui finalità, di carattere eminentemente sociale,
sono delineate nell'art. 1 — prevede l'istituzione, presso la
giunta regionale, di un organismo collegiale, denominato con
sulta regionale dell'immigrazione, al quale è demandato il com
pito di esprimere pareri e formulare proposte in ordine alle spe cifiche tematiche indicate nell'art. 22 medesima legge.
Le doglianze del ricorrente si concentrano sulla composizione di tale organo, giacché le disposizioni censurate prevedono che
della consulta facciano anche parte, rispettivamente, «n. 1 rap
presentante dell'Inps, designato dalla sede regionale» (lett. g), nonché «n. 1 rappresentante per ogni prefettura presente sul ter
ritorio regionale» (lett. j). Trattandosi, quindi, nel primo caso, del rappresentante di un ente pubblico nazionale designato dai
responsabili della relativa articolazione territoriale; e, nel se
condo caso, del rappresentante di un organismo facente parte dell'amministrazione dello Stato, ne deriverebbe — a detta dei
ricorrente — la violazione dell'art. 117, 2° comma, lett. g). Cost., il quale riserva alla legislazione esclusiva dello Stato il
compito di dettare norme in materia di ordinamento e organiz zazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazio
nali. 2. - La questione è fondata.
La normativa regionale impugnata dal governo, infatti, nel
prevedere — fra i componenti dell'organismo regionale di cui si
è detto — i rappresentanti di un ente pubblico nazionale e di una
articolazione della pubblica amministrazione, automaticamente
configura, in capo a tali rappresentanti, nuove e specifiche attri
buzioni pubbliche: quelle, appunto, relative all'espletamento delle funzioni connesse all'attività in concreto devoluta all'or
gano collegiale, in seno al quale gli stessi sono chiamati ad ope rare. Da ciò deriva, per quei pubblici dipendenti e per gli uffici
che essi sono chiamati a rappresentare, un'inevitabile alterazio
ne delle ordinarie attribuzioni svolte in seno agli enti di appar tenenza: con la conseguente compromissione del parametro in
vocato, che riserva in via esclusiva alla legislazione dello Stato
di provvedere in materia.
D'altra parte, ove alle regioni fosse riconosciuta l'incondi
zionata possibilità di attribuire legislativamente — in forma
autoritativa ed unilaterale — l'esercizio di funzioni pubbliche a
uffici dell'amministrazione dello Stato o ad enti pubblici nazio
nali, seppure in sede locale, ne verrebbe all'evidenza compro messa la stessa funzionalità ed il buon andamento; quest'ultimo
postula, infatti, un modello normativo unitario e coordinato, cui
riservare l'individuazione e l'organizzazione delle attribuzioni e
dei compiti demandati a quegli uffici o a quegli enti. Né può valere in senso contrario — come mostra di ritenere la regione resistente — la circostanza che, nella specie, si verserebbe in
un'ipotesi di mera collaborazione fra enti in quanto, da un lato, non sarebbe obbligatoria la partecipazione dei rappresentanti al
l'attività della consulta, né vi sarebbero conseguenze in ipotesi di loro mancata designazione; mentre, dall'altro lato, la natura
meramente consultiva di tale attività escluderebbe qualsiasi pos sibilità di «incidere su aspetti sottoposti a normazione statale».
Com'è agevole osservare, il primo rilievo si limita ad evocare
un profilo di mero fatto, il quale non incide sul nuovo compito
comunque demandato agli uffici coinvolti (designazione di un
rappresentante cui riservare quelle determinate funzioni) e sulle
funzioni attribuite al rappresentante, che evidentemente pre
avviso della corte, la dimensione nazionale dell'interesse pubblico e la sua infrazionabilità che caratterizza la normazione riguardante gli ordi ni e i collegi — finalizzato a garantire il corretto esercizio della profes sione a tutela dell'affidamento della collettività — richiede che sia lo Stato a prevedere specifici requisiti di accesso e ad istituire appositi enti pubblici ad appartenenza necessaria, cui affidare il compito di cu rare la tenuta degli albi nonché di controllare il possesso e la perma nenza dei requisiti in capo a coloro che sono già iscritti o che aspirano ad iscriversi.
III. - Con riferimento alla disciplina dell'immigrazione ed ai limiti entro i quali è ammissibile una normazione regionale, v. Corte cost. 22
luglio 2005. n. 300, Foro it., 2006, I, 350, con nota di richiami e nota di Passaglia.
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