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ordinanza 1° febbraio 2006, n. 34 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 8 febbraio 2006, n. 6);...

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ordinanza 1° febbraio 2006, n. 34 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 8 febbraio 2006, n. 6); Pres. Marini, Est. De Siervo; Soc. Highlander c. Agenzia delle entrate di Caltanissetta; Soc. Stam e altri c. Agenzia delle entrate - ufficio di Borgo San Lorenzo; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato). Ord. Comm. trib. prov. Caltanissetta 13 luglio 2004 e Comm. trib. prov. Firenze 7 febbraio 2005 (G.U., 1 a s.s., ... Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 5 (MAGGIO 2006), pp. 1281/1282-1291/1292 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23203212 . Accessed: 25/06/2014 10:25 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.248.111 on Wed, 25 Jun 2014 10:25:31 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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ordinanza 1° febbraio 2006, n. 34 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 8 febbraio 2006, n. 6);Pres. Marini, Est. De Siervo; Soc. Highlander c. Agenzia delle entrate di Caltanissetta; Soc. Stame altri c. Agenzia delle entrate - ufficio di Borgo San Lorenzo; interv. Pres. cons. ministri(Avv. dello Stato). Ord. Comm. trib. prov. Caltanissetta 13 luglio 2004 e Comm. trib. prov.Firenze 7 febbraio 2005 (G.U., 1 a s.s., ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 5 (MAGGIO 2006), pp. 1281/1282-1291/1292Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23203212 .

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

getti titolari delle potestà legislative in contestazione (ex pluri mis, sentenze n. 378 del 2005; n. 196 del 2004, Foro it., 2005,1,

327, e n. 338 del 2003, id., 2004,1, 342). 3. - L'eccezione d'inammissibilità della questione, sollevata

dalla resistente provincia di Bolzano, non può essere accolta.

Secondo la giurisprudenza di questa corte, deve essere dichia

rata inammissibile una questione avente ad oggetto un'intera

legge quando le censure adeguatamente motivate riguardino solo singole disposizioni, mentre quella indirizzata all'intero te

sto normativo si presenti del tutto generica (sentenza n. 94 del

2003, id., 2003, I, 1308). La corte ha precisato, inoltre, che l'i

nammissibilità è esclusa quando dal ricorso dello Stato è possi bile individuare con chiarezza le norme sulle quali si appuntano le singole censure (sentenza n. 74 del 2004, id., 2004,1, 1334).

Nel caso di specie, il ricorso statale contiene una motivazione

sintetica, ma non generica, della censura rivolta all'intera legge

provinciale, e passa inoltre ad illustrare una serie di specifiche,

presunte violazioni di norme costituzionali o interposte, da parte di singoli articoli della legge medesima. Non ricorrono pertanto le condizioni per dichiarare l'inammissibilità della questione.

4. - Nel merito, la questione è fondata.

4.1. - L'esame di tutte le disposizioni della legge provinciale

impugnata porta alla conclusione che il legislatore provinciale ha inteso sostituire alla normativa statale vigente in materia di

divieto di fumo nei locali chiusi una propria disciplina, mag

giormente adatta, secondo l'assunto della resistente, alle caratte

ristiche ed alle esigenze della provincia di Bolzano. Questa corte ha però chiarito che, in materia di divieto di fumo, viene

in rilievo «un bene, quale la salute della persona, ugualmente

pregiudicato dall'esposizione al fumo passivo su tutto il territo

rio della repubblica: bene che per sua natura non si presterebbe ad essere protetto diversamente alla stregua di valutazioni diffe

renziate, rimesse alla discrezionalità dei legislatori regionali» (sentenza n. 361 del 2003, ibid., 2317).

Dalla natura di principi fondamentali delle norme dirette a

prevedere, sanzionare e far rispettare il divieto di fumo deriva

che le regioni non possano introdurre proprie discipline alterna

tive a quella statale, ancorché ritenute, da ciascuna di esse, giu stificate da particolari esigenze territoriali.

La specialità dell'autonomia delle province di Trento e Bol

zano non rileva al fine di allargare la sfera legislativa delle stes

se in confronto a quella delle regioni a statuto ordinario, giacché la normativa oggetto della questione di costituzionalità ricade, secondo la stessa prospettazione della resistente, nelle materie

«esercizi pubblici» e «igiene e sanità» (art. 9, nn. 7 e 10, dello

statuto speciale), entrambe attribuite alla competenza legislativa concorrente delle predette province. Risulta peraltro evidente

che la prevalenza, nella classificazione, debba spettare alla ma

teria «igiene e sanità», per la sicura finalizzazione del divieto di

fumo alla tutela della salute dei non fumatori. La collocazione

delle norme sul divieto di fumo tra i principi fondamentali —

operata da questa corte con riferimento al 3° comma dell'art.

117 Cost, per le regioni di diritto comune — deve quindi rite

nersi valida anche nei confronti della provincia di Bolzano, con

riferimento all'art. 9 dello statuto speciale della regione Trenti

no-Alto Adige. 4.2. - L'esame delle singole disposizioni oggetto di censure

specifiche da parte del presidente del consiglio dei ministri con

ferma la qualificazione della legge impugnata come alternativa

alla disciplina statale.

Gli art. 1 e 2 ridefiniscono l'ambito di operatività del divieto, sostituendo all'espressione contenuta nella legge statale («locali chiusi aperti ad utenti o al pubblico»: art. 51, 1 comma, lett. a, 1. n. 3 del 2003) la diversa dizione «locali chiusi, aperti al pub blico».

L'art. 5, 1° comma, modifica l'entità della sanzione per i tra

sgressori al divieto, aumentandola nel minimo e nel massimo

(da euro 27,5 a euro 275) rispetto a quella fissata dall'art. 51,5°

comma, 1. n. 3 del 2003 (da euro 25 a euro 250), prima dell'au

mento apportato dall'art. 1, comma 189, 1. 30 dicembre 2004 n.

311 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e plu riennale dello Stato -

Legge finanziaria 2005). L'art. 6, pur facendo salvo il disposto dell'art. 730, 2° com

ma, c.p., estende, rispetto alla normativa statale, l'area delle

condotte sanzionabili in via amministrativa a quelle di chi vende

o somministra tabacco a persone minori di anni sedici, preve dendo peraltro una sanzione del tutto nuova nel minimo (euro

li. Foro Italiano — 2006.

50), rispetto sia alla legge statale sia alla stessa legge provin ciale.

L'art. 9 proroga di sei mesi, rispetto al termine statale, la data

di entrata in vigore del divieto per le aree dei locali chiusi «nelle

quali non vengono somministrati pasti ed in quelli in cui l'area

per la somministrazione di pasti non è separata, mediante pareti a tutta altezza e larghezza e con gli accessi esistenti, dall'area in

cui non vengono somministrati pasti». 5. - Le norme appena indicate si pongono tra loro in un rap

porto di stretta concatenazione, tale da far emergere l'organicità della disciplina provinciale, sorretta da motivazioni sociali e

politiche, evidenziate dalla difesa della resistente, sulle quali non spetta a questa corte dare valutazioni. Tuttavia, la semplice constatazione di questa organicità, che tende a sostituire alla di

sciplina statale del divieto di fumo in locali chiusi un'altra, di

screzionalmente elaborata ed approvata dalla provincia di Bol

zano, rende inevitabile, ai sensi degli art. 9, n. 10, e 5 dello sta

tuto speciale della regione Trentino-Alto Adige, la dichiarazione

di illegittimità costituzionale dell'intera legge impugnata, stante

la natura dì principi fondamentali delle norme statali che si vor

rebbero sostituire.

Per questi motivi, la Corte costituzionale:

dichiara inammissibile l'intervento di Fausto Cirelli, in pro

prio e quale legale rappresentante del Coram (coordinamento

registri amministratori); dichiara l'illegittimità costituzionale della 1. prov. Bolzano 25

novembre 2004 n. 8 (tutela della salute dei non fumatori).

I

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 1° febbraio 2006, n. 34 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 8 febbraio 2006, n.

6); Pres. Marini, Est. De Siervo; Soc. Highlander c. Agenzia delle entrate di Caltanissetta; Soc. Stam e altri c. Agenzia delle entrate - ufficio di Borgo San Lorenzo; interv. Pres.

cons, ministri (Avv. dello Stato). Orci. Comm. trib. prov. Caltanissetta 13 luglio 2004 e Comm. trib. prov. Firenze 7

febbraio 2005 (G.U., la s.s„ nn. 6 e 22 del 2005).

Lavoro (rapporto di) — Lavoro irregolare — Sanzioni am

ministrative — Controversie — Giurisdizione delle com

missioni tributarie — Questione manifestamente inammis

sibile di costituzionalità (Cost., art. 24, 25, 102; d.l. 22 feb braio 2002 n. 12, disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all'estero e

di lavoro irregolare, art. 3; 1. 23 aprile 2002 n. 73, conversio

ne in legge, con modificazioni, del d.l. 22 febbraio 2002 n.

12, art. 1). Lavoro (rapporto di) — Lavoro irregolare — Sanzioni am

ministrative — Irrogazione — Questione manifestamente

infondata di costituzionalità (Cost., art. 24; d.l. 22 febbraio

2002 n. 12, art. 3; 1. 23 aprile 2002 n. 73, art. 1). Lavoro (rapporto di) — Lavoro irregolare — Sanzioni am

ministrative — Determinazione — Sopravvenuta dichia

razione di incostituzionalità — Restituzione degli atti al

giudice «a quo» (Cost., art. 3; d.l. 22 febbraio 2002 n. 12, art.

3; 1. 23 aprile 2002 n. 73, art. 1).

E manifestamente inammissibile — per non avere il giudice ri

mettente accertato la possibilità di seguire un'interpretazione costituzionalmente corretta — la questione di legittimità co

stituzionale dell'art. 3, 5° comma, d.l. 22 febbraio 2002 n. 12,

convertito, con modificazioni, nella l. 23 aprile 2002 n. 73, nella parte in cui attribuirebbe alla giurisdizione tributaria le

controversie aventi ad oggetto le sanzioni amministrative in

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PARTE PRIMA 1284

materia di lavoro irregolare comunque irrogate dagli uffici

finanziari, in riferimento agli art. 24, 25 e 102 Cost. ( 1 ) E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu

zionale dell'art. 3, 5° comma, d.l. 22 febbraio 2002 n. 12, convertito, con modificazioni, nella l. 23 aprile 2002 n. 73, nella parte in cui, nel disporre che l'agenzia delle entrate ir

roghi la sanzione di cui al 3° comma secondo le modalità

previste dal d.leg. 18 dicembre 1997 n. 472, esclude esplici tamente l'applicazione dell'art. 16, 2° comma, medesimo

d.leg., in riferimento all'art. 24 Cost. (2) A seguito della sentenza 12 aprile 2005, n. 144, con cui la Corte

costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalità parziale del

l'art. 3, 3° comma, d.l. 22 febbraio 2002 n. 12, convertito, con modificazioni, nella l. 23 aprile 2002 n. 73, vanno resti

tuiti al giudice a quo, ai fini di un nuovo esame della rilevan

za, gli atti relativi alla questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 3, nella parte in cui determina le modalità di

quantificazione della sanzione per l'impiego di lavoratori di

pendenti non risultanti dalle scritture o da altra documenta

zione obbligatoria, in riferimento all'art. 3 Cost. (3)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; ordinanza 10

febbraio 2006, n. 2888; Pres. Carbone, Rei. Picone, P.M.

Martone (conci, diff.); Indelicato (Avv. Savito) c. Agenzia delle entrate di Taranto e Min. economia e finanze (Avv. dello Stato). Regolamento di giurisdizione.

Tributi in genere — Lavoro irregolare — Sanzione ammini

strativa — Irrogazione da parte degli uffici finanziari —

Controversia — Giurisdizione delle commissioni tributa

rie (D.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al governo contenuta nel

l'art. 30 1. 30 dicembre 1991 n. 413, art. 2; 1. 28 dicembre

2001 n. 448, disposizioni per la formazione del bilancio an

nuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002), art.

12; d.l. 22 febbraio 2002 n. 12, art.^; 1. 23 aprile 2002 n. 73, art. 1).

Appartiene alle commissioni tributarie la giurisdizione sulle

controversie concernenti le sanzioni in materia di lavoro ir

regolare irrogate dall'ufficio periferico dell'agenzia delle

entrate. (4)

(1,4) I. - Se le sezioni unite mostrano di ignorare l'ord. 34/06 (e la coeva ord. 35/06, G.U.. 1J s.s., 8 febbraio 2006, n. 6, ove, sui medesimi

presupposti, viene parimenti dichiarata la manifesta inammissibilità di

analoga questione di costituzionalità), la Consulta non è da meno, omettendo di dar conto di Cass. 2888/06 nella sua successiva ord. 10 marzo 2006. n. 94. G.U., IJ s.s., 15 marzo 2006. n. 11, con la quale nuovamente respinge come manifestamente inammissibile la questione di legittimità della (ritenuta) attribuzione alle commissioni tributarie delle controversie sulle sanzioni per lavoro irregolare.

II. - Pur non potendosi ancora parlare di un vero e proprio contrasto tra le due corti (la Cassazione afferma la giurisdizione del giudice tri butario sulle sanzioni irrogate ai sensi dell'art. 3 d.l. 22 febbraio 2002 n. 12. laddove la Corte costituzionale si limita a rimproverare i giudici a quibus per non aver tentato un'interpretazione della normativa che la escluda), la lettura delle motivazioni induce a pensare che difficilmente le diverse posizioni potranno conciliarsi de plano.

III. - La manifesta inammissibilità della questione di costituzionalità discende per la Corte costituzionale — che fa all'uopo applicazione del suo consolidato orientamento, secondo cui il giudice è abilitato a solle vare la questione di legittimità costituzionale solo dopo aver accertato che sia impossibile seguire un'interpretazione costituzionalmente cor retta (v., ex plurimis, ord. 22 luglio 2005. n. 306, G.U., la s.s.. 27 luglio 2005, n. 30; 26 maggio 2005, n. 211, id.. 1° giugno 2005, n. 22; 30

gennaio 2003, n. 19, Foro it., Rep. 2003, voce Testimonianza penale, n. 55; 5 aprile 2002, n. 89. id.. Rep. 2002, voce Dibattimento penale, n. 69; 16 novembre 2001. n. 367, ibid., voce Insubordinazione, rivolta, n. 3; 3 novembre 2000, n. 466, id., 2001, I, 757) — da ciò che i giudici a

quibus non hanno tenuto nel debito conto «la natura tributaria del rap porto cui deve ritenersi imprescindibilmente collegata la giurisdizione del giudice tributario», fermandosi al «solo dato formale e soggettivo, relativo all'ufficio competente ad irrogare la sanzione» (in termini si mili, v. anche le ricordate ord. 35/06 e 94/06).

IV. - Dal canto suo, il principio di diritto che vuole che siano i giudi ci tributari a pronunciarsi sulle controversie in tema di sanzioni per

Il Foro Italiano — 2006.

I

Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Calta

nissetta, con ordinanza del 13 luglio 2004, ha sollevato questio ni di legittimità costituzionale dell'art. 1, 3° e 5° comma (recte: art. 3, 3° e 5° comma), d.l. 22 febbraio 2002 n. 12 (disposizioni

urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di

attività detenute all'estero e di lavoro irregolare), convertito in

legge dall'art. 1 1. 23 aprile 2002 n. 73, in relazione agli art. 3, 24 e 25 Cost.;

violazioni alla normativa sul lavoro discende, nel pensiero della Su

prema corte, proprio dal fatto che le stesse — la cui natura tributaria è

peraltro espressamente esclusa — sono irrogate dall'agenzia delle en trate e che tanto basta — giusta l'art. 2, 1° comma, d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, a tenore del quale «appartengono alla giurisdizione tribu taria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e

specie comunque denominati (. . .), nonché le sovrimposte e le addizio nali. le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari» — a radicare la giurisdizione del giudice speciale tributario (nello stes so senso, nella giurisprudenza di merito, v. Comm. trib. prov. Ancona 15 luglio 2004, Dir. lav. Marche, 2004. fase. 4, 166. e, seppure impli citamente, Comm. trib. I grado Trento 30 luglio 2004. Foro it., Rep. 2004. voce Lavoro (rapporto), n. 1916; Comm. trib. prov. Bergamo 29

maggio 2004, ibid., n. 1912, e Corriere trib., 2004, 2846, con nota di Pino, Ancora dubbi sulla natura della sanzione contro il «lavoro nero»; Riv. giur. trib.. 2005, 189, con nota di Dominici, Giurisdizione tributa ria e irretroattività per la sanzione contro il lavoro sommerso; Comm. trib. prov. Genova 20 aprile 2004, Foro it., Rep. 2004, voce cit., n. 1337; Comm. trib. prov. Bologna 14 aprile 2004, ibid., n. 1913, e Cor riere trib., 2004, 2364, con nota di Dominici, Rischio d'incostituziona lità delle sanzioni tributarie per il lavoro sommerso: Comm. trib. prov. Savona 28 novembre 2003. Foro it.. Rep. 2004, voce cit., n. 1915, e Riv. giur. trib., 2004, 563, con nota di Pino, La sanzione amministrati va per l'utilizzo di lavoro irregolare; Dir. e pratica trib., 2004, 11. 1187. con nota di Granelli; Comm. trib. prov. Genova 23 marzo 2004. Foro it.. Rep. 2004, voce cit., n. 1338).

V. - Gli interrogativi aperti dalla sentenza della Suprema corte non finiscono però qui: pur nella consapevolezza che ci troviamo dinanzi ad un obiter dictum, è bene soffermarsi sul quel passo della motivazione ove la Cassazione, nel dare atto della «tendenza espansiva dell'ambito della giurisdizione tributaria», afferma che la stessa non incontrerebbe

«precisi limiti costituzionali, fatto salvo in ogni caso il principio di ra

gionevolezza». VI. - Nella sua perentorietà la tesi mostra di non considerare il dispo

sto dell'art. 102 Cost, ed il divieto, ivi sancito, di istituzione di giudici speciali. Vero è che tale norma deve essere letta alla luce della VI di

sposizione transitoria, sì che deve ritenersi (cfr. Corte cost., ord. 23

aprile 1998, n. 144, id., 1998, I, 3028, e Corriere trib., 1998. 1669. con nota di Glendi; Riv. giur. trib.. 1998, 607. con nota di Giorgetti) la le

gittimità costituzionale dell'ordinamento delle commissioni tributarie

(sia pure più volte riformate dopo l'entrata in vigore della Costituzio ne), ma il potere del legislatore ordinario di trasformarle, riordinarle o ristrutturarle nuovamente, anche nel funzionamento e nella procedura, non può essere esercitato al punto da snaturare (come elemento essen ziale e caratterizzante la giurisprudenza speciale) le materie attribuite alla loro competenza (v. Corte cost. 144/98, cit.).

VII. - Se così è. non solo la (ritenuta) attribuzione al giudice tributa rio delle sanzioni in materia di lavoro irregolare, ma anche la giurisdi zione (espressamente riconosciuta in capo a questo giudice dall'art. 3 bis d.l. 30 settembre 2005 n. 203, convertito, con modificazioni, nella 1. 2 dicembre 2005 n. 248) sulle controversie relative alla debenza del ca none per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui all'art. 63

d.leg. 15 dicembre 1997 n. 446 — la cui natura tributaria è stata sempre esclusa dalle stesse sezioni unite (v. Cass., sez. un., 21 gennaio 2005, n. 1239, Foro it., Mass., 88; ord. 17 marzo 2004, n. 5462, id., Rep. 2004, voce Tributi locali, n. 409; 19 agosto 2003, n. 12167, id., 2003, 1. 2584) —, del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue — che una consolidata giurisprudenza (v., ex plurimis, Cass., sez. un., 25 marzo 2005, n. 6418, id., Mass.. 399) esclude configuri, dopo il 3 ottobre 2000, un tributo comunale —, del canone per lo smaltimento dei rifiuti urbani — in relazione al quale le sezioni unite hanno di re cente espresso avvisi contrastanti (v. Cass., sez. un., ord. 15 febbraio 2006, n. 3274, Fisco 1, 2006, 2025. che nega che Io stesso abbia natura tributaria; contra, Cass., sez. un., 8 marzo 2006, n. 4895, ibid.. 2184, che invece la riconosce) —. del canone comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni non sembra perfettamente collimare con il dettato costituzionale.

Vili. - Sulla giurisdizione delle commissioni tributarie, v., per altri

profili. Cass., sez. un.. 10 agosto 2005. n. 16776. Foro it., 2006, i. 1123.

(2) La que 'ione di costituzionalità — che muoveva dalla constata zione che l'es! '• 'art. 16 d.leg. 18 dicembre 1997 n. 472 (a te

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

che il rimettente premette che il legale rappresentante di una

società in nome collettivo ha proposto opposizione avverso

l'avviso di irrogazione della sanzione, determinata in 66.518 eu

ro, emesso dall'ufficio delle entrate di Caltanissetta in data 27

settembre 2003, in applicazione dell'art. 1, 3° comma (recte: art. 3, 3° comma), d.l. n. 12 del 2002;

che tale sanzione era stata comminata in seguito ad un'ispe zione effettuata dall'Inps, nel corso della quale era stata accer

tata la presenza, nell'azienda, di tre lavoratori subordinati irre

golari; che il giudice a quo sostiene che l'art. 3, 3° comma, d.l. n. 12

del 2002, nel determinare le modalità di quantificazione della

sanzione per l'impiego di lavoratori dipendenti non risultanti

dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, sarebbe

in contrasto con l'art. 3 Cost., sia in quanto privo «di intrinseca

ragionevolezza», sia in quanto comporterebbe trattamenti san

zionatori diversi per situazioni identiche; che tale disposizione, nel rapportare l'entità della sanzione al

periodo compreso tra l'inizio dell'anno e la data della contesta

zione, sarebbe ingiustificatamente penalizzante per coloro nei

cui confronti la contestazione sia effettuata alla fine dell'anno

rispetto a coloro che abbiano ricevuto tale contestazione nei

primi mesi dell'anno;

che il rimettente rileva che il 5° comma della disposizione censurata attribuisce la competenza ad irrogare la suddetta san

zione all'agenzia delle entrate, la quale vi procede secondo le

modalità di cui al d.leg. 18 dicembre 1997 n. 472 (disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni

di norme tributarie, a norma dell'art. 3, comma 133, 1. 23 di

cembre 1996 n. 662), fatta eccezione per le previsioni dell'art.

16, 2° comma, medesimo decreto; che tale previsione, oltre a porsi in contrasto con l'art. 7 1. 27

luglio 2000 n. 212 (disposizioni in materia di statuto dei diritti

del contribuente), violerebbe l'art. 24 Cost., dal momento che,

irragionevolmente, non consentirebbe all'interessato di cono

scere i dati di fatto e gli atti giustificativi della contestazione, incidendo in tal modo sul diritto di difesa;

che la disposizione censurata violerebbe, inoltre, l'art. 25

Cost., «laddove attribuisce la competenza per la irrogazione della sanzione all'ufficio delle entrate», dal momento che tale

sanzione, benché autonoma, sarebbe riconducibile alla «viola

zione di norme previdenziali e sul lavoro» per le quali è prevista la diversa competenza del giudice ordinario del lavoro, con la

conseguenza che si determinerebbe una «indebita sottrazione

del trasgressore al giudice naturale all'uopo già costituito»; che l'attribuzione della cognizione delle relative controversie

alle commissioni tributarie determinerebbe, altresì, un'ulteriore

violazione dell'art. 24 Cost., dal momento che nei procedimenti avanti a tali giudici sarebbe vietato dedurre prove testimoniali

(art. 7 d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, recante «disposizioni sul

processo tributario in attuazione della delega al governo conte

nuta nell'art. 30 1. 30 dicembre 1991 n. 413») e non sarebbe

nore del quale l'atto di contestazione della violazione deve indicare, a

pena di nullità, i fatti attribuiti al trasgressore, gli elementi probatori, le norme applicate, i criteri che ritiene di seguire per la determinazione delle sanzioni e della loro entità nonché i minimi edittali previsti dalla

legge per le singole violazioni) alla materia delle violazioni per lavoro

irregolare costituisse un'irragionevole limitazione del diritto di difesa — viene risolta dalla corte osservando come la stessa, da una parte, ri

sponda all'esigenza di semplificazione del procedimento di irrogazione della sanzione, e, dall'altra, si giustifichi alla luce del fatto che gran parte degli elementi che di regola sono portati a conoscenza del desti natario tramite l'atto di contestazione sono da quello già conosciuti, per essere emersi nel corso dell'ispezione svolta dagli organi accertatori

nei locali dell'azienda e per essere documentati nel relativo verbale.

(3) Con sentenza 12, aprile 2005, n. 144, che sarà riportata in un

prossimo fascicolo, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma «nella parte in cui non ammette la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successi vamente al 1° gennaio dell'anno in cui è stata constatata la violazione», sul rilievo che il meccanismo di tipo presuntivo previsto dalla norma

censurata, con finalità di ulteriore inasprimento della sanzione, deter

mina la lesione del diritto di difesa e l'irragionevole equiparazione, ai

fini dell'applicazione della sanzione, di situazioni tra loro diseguali, con riferimento a soggetti che utilizzano i lavoratori irregolari da mo

menti diversi e per i quali la constatazione della violazione sia, in ipo tesi, avvenuta nella medesima data. [M. Annecchino]

Il Foro Italiano — 2006.

consentito produrre atti e documenti non esibiti in sede di conte

stazione o di redazione del verbale ispettivo (art. 32, 3° comma,

d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, recante «disposizioni comuni in

materia di accertamento delle imposte sui redditi»); che il rimettente, infine, ritiene che le questioni prospettate

siano rilevanti ai fini della decisione del ricorso oggetto del giu dizio a quo;

che è intervenuto nel giudizio il presidente del consiglio dei

ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello

Stato, che ha eccepito, innanzitutto, l'inammissibilità delle que stioni sollevate dalla Commissione tributaria di Caltanissetta, sia perché essa avrebbe omesso di ricostruire i fatti di causa, con conseguente carenza di motivazione sulla rilevanza della

questione, sia in quanto le censure prospettate sarebbero del

tutto generiche, poiché prive di «qualsiasi concreta motivazione

in ordine alla non manifesta infondatezza della questione»; che, nel merito, l'avvocatura osserva in primo luogo che la

previsione di una sanzione ulteriore, dotata di adeguata forza

dissuasiva, sarebbe giustificata sia dall'esigenza di favorire

l'emersione del lavoro irregolare che avrebbe effetti negativi sulla tutela dei diritti fondamentali costituzionalmente garantiti, sia dalla necessità di contrastare un fenomeno che, attraverso

l'evasione fiscale e contributiva, determina l'indebolimento del

meccanismo di finanziamento ed erogazione dei servizi pubblici e di assistenza fiscale;

che il meccanismo di quantificazione della sanzione previsto dall'art. 3, 3° comma, d.l. n. 12 del 2002 consentirebbe di ov

viare alle difficoltà di individuazione degli esatti termini tempo rali del rapporto lavorativo irregolare e di neutralizzare condotte

elusive e che, comunque, il legislatore avrebbe ampia discrezio

nalità nella determinazione delle sanzioni;

che, conseguentemente, le censure relative all'art. 3, 3° com

ma, sarebbero infondate; che infondata sarebbe, altresì, la lamentata violazione del

l'art. 24 Cost, ad opera dell'art. 3, 5° comma, il quale riguarde rebbe soltanto il momento dell'irrogazione della sanzione e sa

rebbe giustificato da un'esigenza di snellezza, in considerazione

del fatto che, comunque, la violazione sarebbe già stata accer

tata, nei suoi elementi dì fatto, dalla contestazione contenuta nel

verbale che costituirebbe «l'unico fondamento dell'atto sanzio

natorio» e che sarebbe già noto alla parte; che anche la censura sollevata in relazione all'art. 25 Cost,

sarebbe destituita di ogni fondamento, dal momento che il legis latore potrebbe liberamente individuare l'organo amministrativo

competente alla irrogazione delle sanzioni, mentre il regime delle impugnazioni sarebbe conseguente a tale individuazione;

che, nel caso di specie, la scelta del legislatore non sarebbe

palesemente illogica e, d'altra parte, anche nel giudizio avanti

alle commissioni tributarie, così come avanti al giudice ordina

rio, il cittadino godrebbe delle garanzie connesse al diritto di di

fesa; che la Commissione tributaria provinciale di Firenze ha sol

levato questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, 3°

comma, 1. n. 73 del 2002 (recte: dell'art. 3, 3° comma, d.l. n. 12

del 2002), in relazione agli art. 25 e 102 Cost.;

che il rimettente riferisce di essere chiamato a decidere sul ri

corso proposto dal legale rappresentante e dal socio ammini

stratore di una società in nome collettivo avverso l'atto con cui

l'agenzia delle entrate di Borgo San Lorenzo aveva irrogato la

sanzione amministrativa di euro 23.361,98, in ragione dell'im

piego di lavoratori dipendenti non risultanti dalle scritture ob

bligatorie e la cui presenza era stata riscontrata nei locali dell'a

zienda nel corso di un'ispezione svolta da ispettori dell'Inps; che gli opponenti, oltre a contestare la nullità dell'atto impu

gnato per insussistenza del presupposto impositivo, hanno ecce

pito l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, 3° comma, d.l. n. 12

del 2002, per violazione degli art. 3 e 27 Cost., nonché il difetto

di giurisdizione delle commissioni tributarie;

che, ciò premesso, il giudice a quo sostiene che la sanzione

prevista dalla norma in questione sarebbe correlata ad una

«violazione di natura contributiva/lavorativa» la cui contesta

zione sarebbe affidata agli organi preposti ai controlli in materia

fiscale, contributiva e del lavoro, mentre competente ad irrogare la sanzione sarebbe l'agenzia delle entrate;

che, tuttavia, tale ufficio non sarebbe in grado di definire e

motivare alcuni aspetti rilevanti della sanzione, quali il calcolo

del costo del lavoro e l'inquadramento contrattuale del lavorato

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PARTE PRIMA

re sulla cui base è quantificata la sanzione, che sarebbero decisi

da un altro organo, con conseguente lesione del diritto di difesa

del ricorrente e impossibilità per la commissione tributaria «di

svolgere la propria funzione»; che queste «disfunzioni» sarebbero conseguenza del fatto che

alle commissioni tributarie verrebbero assegnate competenze in

contrasto con quelle loro proprie che sarebbero di natura esclu

sivamente tributaria;

che, infatti, se, da un lato, l'art. 2 d.leg. n. 546 del 1992 indi

ca quale oggetto della giurisdizione tributaria anche le sanzioni

amministrative «comunque irrogate» da uffici finanziari, d'altro

canto — ad avviso del rimettente — ciò dovrebbe valere solo

per le sanzioni «attinenti e/o correlate alla materia tributaria che

rappresenta l'area caratteristica ed esclusiva della giurisdizio ne»;

che il superamento di tale limite determinerebbe la violazione

del principio del giudice naturale precostituito per legge sancito

dall'art. 25 Cost, e del divieto di istituire giudici speciali posto dall'art. 102 Cost., secondo quanto chiarito anche da questa corte con l'ordinanza n. 144 del 1998 (Foro it., 1998, I, 3028), la quale avrebbe affermato che i giudici tributari costituiscono

«organi speciali di giurisdizione» preesistenti all'entrata in vi

gore della Costituzione e che il legislatore può sottoporre a revi

sione, modificandone anche le competenze, «purché resti fermo

il nocciolo originario delle competenze stesse e cioè quelle in

materia tributaria»; che è intervenuto in giudizio il presidente del consiglio dei

ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello

Stato, che ha eccepito l'inammissibilità della questione, dal

momento che il rimettente non avrebbe previamente accertato

l'impossibilità di dare della disposizione censurata una inter

pretazione diversa e costituzionalmente corretta;

che, in ogni caso, sostiene la difesa erariale, la questione avrebbe ad oggetto una norma già dichiarata costituzionalmente

illegittima dalla corte con la sentenza n. 144 del 2005.

Considerato che la Commissione tributaria provinciale di

Caltanissetta censura l'art. 3, 1° e 5° comma, d.l. 22 febbraio

2002 n. 12 (disposizioni urgenti per il completamento delle ope razioni di emersione di attività detenute all'estero e di lavoro ir

regolare), convertito in legge dall'art. 1 1. 23 aprile 2002 n. 73; che la Commissione tributaria provinciale di Firenze, pur

censurando formalmente l'art. 3, 3° comma, medesimo decreto,

tuttavia, sostanzialmente denuncia il 5° comma di tale articolo,

dal momento che lamenta l'attribuzione all'agenzia delle entrate

della competenza ad irrogare la sanzione da essa prevista; che, pertanto, stante la parziale identità delle questioni pro

spettate dai rimettenti, deve essere disposta la riunione dei rela

tivi giudizi; che entrambi i giudici a quibus, dalla attribuzione all'agenzia

delle entrate della competenza ad applicare la sanzione per

l'impiego di lavoratori irregolari prevista dall'art. 3 d.l. n. 12

del 2002, deducono la conseguenza che sussisterebbe la giuris dizione del giudice tributario a conoscere delle controversie

concernenti tale sanzione, dal momento che l'art. 2 d.leg. 31 di

cembre 1992 n. 546 (disposizioni sul processo tributario in at

tuazione della delega al governo contenuta nell'art. 30 1. 30 di

cembre 1991 n. 413), così come modificato dall'art. 12 1. 28 di

cembre 2001 n. 448 (disposizioni per la formazione del bilancio

annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002), at

tribuirebbe a tale giudice la cognizione delle controversie con

cernenti «le sanzioni amministrative comunque irrogate da uffi

ci finanziari»; che, tuttavia, i rimettenti affermano espressamente che la san

zione introdotta dal d.l. n. 12 del 2002 sarebbe connessa a viola

zioni di norme previdenziali e del lavoro, e pertanto, essi stessi

sembrano escludere che detta sanzione inerisca alla materia dei

tributi;

che, addirittura, la Commissione tributaria provinciale di Fi

renze richiama la giurisprudenza costituzionale concernente la

giurisdizione tributaria e, specificamente, l'ordinanza n. 144 del

1998 nella quale questa corte, pur riconoscendo al legislatore, con riguardo alle giurisdizioni speciali preesistenti alla Costitu

zione, il potere discrezionale di «sopprimerle come di trasfor

marle e riordinarle, o di ristrutturarle nuovamente, anche nel

funzionamento e nella procedura», ha individuato, quale limite a

tale potere quello di «non snaturare (in quanto elemento essen

ziale e caratterizzante della giurisdizione speciale) le materie

Il Foro Italiano — 2006.

attribuite alla loro rispettiva competenza», materie che, con ri

guardo al giudice tributario, sono state individuate in quelle ri

conducibili alle «controversie tributarie»; che i giudici a quibus hanno omesso di trarre da tali premesse

le dovute conseguenze interpretative, valorizzando, in particola re, la natura tributaria del rapporto cui deve ritenersi imprescin dibilmente collegata la giurisdizione del giudice tributario, e li

mitandosi, invece, a considerare il solo dato formale e soggetti

vo, relativo all'ufficio competente ad irrogare la sanzione;

che, in definitiva, i rimettenti non hanno compiuto il doveroso

tentativo di verificare la possibilità di seguire un'interpretazione diversa da quella da essi accolta e, pertanto, sono venuti meno

all'onere che incombe su ogni giudice di esplorare eventuali

interpretazioni conformi a Costituzione prima di sollevare que stioni di legittimità costituzionale davanti a questa corte;

che, alla luce di quanto precede, la questione concernente

l'art. 3, 5° comma, d.l. n. 12 del 2002, in relazione all'asserita

attribuzione alle commissioni tributarie della giurisdizione sugli atti di irrogazione delle sanzioni ivi contemplate, deve essere

dichiarata manifestamente inammissibile; che la Commissione tributaria di Caltanissetta ha, altresì,

sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, 3°

comma, d.l. n. 12 del 2002, in relazione all'art. 3 Cost., nella

parte in cui determina le modalità di quantificazione della san

zione per l'impiego di lavoratori dipendenti non risultanti dalle

scritture o da altra documentazione obbligatoria; che, successivamente all'ordinanza di rimessione, questa

corte, con sentenza n. 144 del 2005, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma «nella parte in cui non ammette la

possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha

avuto inizio successivamente al 1° gennaio dell'anno in cui è

stata constatata la violazione», affermando che il meccanismo di

tipo presuntivo previsto dalla norma censurata, con finalità di

ulteriore inasprimento della sanzione, determina la lesione del

diritto di difesa, in quanto preclude all'interessato ogni possibi lità di provare circostanze che attengono alla propria effettiva

condotta, idonee ad incidere sull'entità della sanzione che dovrà

subire, determinando, altresì, l'irragionevole equiparazione, ai

fini dell'applicazione della sanzione, di situazioni tra loro dise

guali, con riferimento a soggetti che utilizzano i lavoratori irre

golari da momenti diversi e per i quali la constatazione della

violazione sia, in ipotesi, avvenuta nella medesima data;

che, pertanto, con riguardo a tale questione, deve essere di

sposta la restituzione degli atti al giudice rimettente, per un

nuovo esame della rilevanza alla luce del mutato quadro norma

tivo; che la Commissione tributaria di Caltanissetta ha, infine, sol

levato, in relazione all'art. 24 Cost., questione di legittimità co

stituzionale dell'art. 3, 5° comma, d.l. n. 12 del 2002, nella

parte in cui — nel disporre che l'agenzia delle entrate irroghi la

sanzione di cui al 3° comma secondo le modalità previste dal

d.leg. 18 dicembre 1997 n. 472 (disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'art. 3, comma 133, 1. 23 dicembre 1996 n. 662) —

esclude esplicitamente l'applicazione dell'art. 16, 2° comma, medesimo decreto;

che il citato art. 16 disciplina il procedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative connesse a violazioni di norme

tributarie, prevedendo, al 2° comma, la necessità che l'organo

procedente effettui la previa notifica dell'atto di contestazione

della relativa violazione «con indicazione, a pena di nullità, dei

fatti attribuiti al trasgressore, degli elementi probatori, delle

norme applicate, dei criteri che ritiene di seguire per la determi

nazione delle sanzioni e della loro entità nonché dei minimi

edittali previsti dalla legge per le singole violazioni»; che l'esclusione dell'applicazione di tale disposizione, lungi

dal costituire un'irragionevole limitazione del diritto di difesa, trova la propria giustificazione nell'esigenza di semplificazione del procedimento di irrogazione della sanzione prevista dall'art.

3, 3° comma, d.l. n. 12 del 2002, nonché nella circostanza che

gran parte degli elementi che di regola sono portati a conoscen

za del destinatario tramite l'atto di contestazione, nel caso in

esame sono da quello già conosciuti, per essere emersi nel corso

dell'ispezione svolta dagli organi accertatori nei locali dell'a

zienda e per essere documentati nel relativo verbale;

che, pertanto, la disposizione censurata non determina alcuna

violazione del diritto di difesa, tenuto anche conto del fatto che

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

essa disciplina una fase; pre-giurisdizionale e non limita in alcun

modo il ricorso all'autorità giudiziaria avverso il provvedimento dì irrogazione della sanzione;

che, in conclusione, la questione si rivela manifestamente in

fondata.

Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°

comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte

costituzionale.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi: dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legit

timità costituzionale dell'art. 3, 5° comma, d.l. 22 febbraio 2002

n. 12 (disposizioni urgenti per il completamento delle operazio ni di emersione di attività detenute all'estero e di lavoro irrego lare), convertito in legge dall'art. 1 1. 23 aprile 2002 n. 73, sol

levata, in relazione agli art. 24, 25 e 102 Cost., dalla Commis

sione tributaria di Caltanissetta e dalla Commissione tributaria

di Firenze, con le ordinanze indicate in epigrafe; dichiara la manifesta infondatezza della questione di legitti

mità costituzionale dell'art. 3, 5° comma, d.l. n. 12 del 2002,

sollevata, in relazione all'art. 24 Cost., dalla Commissione tri

butaria di Caltanissetta, con l'ordinanza indicata in epigrafe; ordina la restituzione degli atti alla Commissione tributaria di

Caltanissetta, limitatamente alla questione di legittimità costitu

zionale dell'art. 3, 3° comma, citato d.l. n. 12 del 2002, solle

vata con l'ordinanza indicata in epigrafe.

II

Ritenuto in fatto. — 1. - Palma Indelicato, titolare della ditta

Pulimartina, propone istanza per il regolamento della giuris dizione in relazione al giudizio instaurato dinanzi al Tribunale

di Taranto — sede distaccata di Martina Franca — mediante

opposizione a ordinanza-ingiunzione n. RFKLS0600012 emessa

in data 7 luglio 2003 dall'agenzia delle entrate — ufficio di Ta

ranto.

2. - L'ingiunzione le era stata notificata per il pagamento di

7.122 euro a titolo di sanzione amministrativa irrogata per vio

lazione dell'art. 3, 3° comma, d.l. n. 12 del 2002, convertito in 1.

n. 73 del 2002, in conseguenza dell'accertamento, ad opera del

servizio ispezione dell'ufficio provinciale del lavoro di Taranto, che la dipendente Carmela Larucci non risultava registrata nelle

scritture obbligatorie. 3. - Riferisce la ricorrente che l'ordinanza-ingiunzione indi

cava la commissione tributaria competente per territorio quale

organo al quale avrebbe potuto essere proposta l'opposizione, ed anche il giudice adito aveva rigettato l'istanza di sospensio ne, motivando la decisione con riferimento ai dubbi circa la sua

giurisdizione. Domanda che sia dichiarata la giurisdizione ordi

naria, esulando la controversia dalla materia dei tributi e stante

la previsione di giurisdizione ordinaria di cui all'art. 18, 2°

comma, d.leg. n. 472 del 1997.

4. - Hanno resistito con controricorso l'agenzia delle entrate

di Taranto e il ministero dell'economia e delle finanze; il pub blico ministero ha concluso per iscritto per la dichiarazione

della giurisdizione del giudice ordinario.

Considerato in diritto. — 1. - Il d.l. 22 febbraio 2002 n. 12,

convertito, con modificazioni, in 1. 23 aprile 2002 n. 73, dispo sizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emer

sione di attività detenute all'estero e di lavoro irregolare, all'art.

3, 3° comma, dispone: «Ferma restando l'applicazione delle

sanzioni previste, l'impiego di lavoratori dipendenti non risul

tanti dalle scritture o altra documentazione obbligatorie, è altresì

punito con la sanzione amministrativa dal duecento al quattro cento per cento dell'importo, per ciascun lavoratore irregolare, del costo del lavoro calcolato sulla base dei vigenti contratti

collettivi nazionali, per il periodo compreso tra l'inizio dell'an

no e la data di constatazione della violazione».

Il successivo 4° comma stabilisce che «Alla constatazione

della violazione procedono gli organi preposti ai controlli in

materia fiscale, contributiva e del lavoro»; il 5° comma precisa che «Competente all'irrogazione della sanzione amministrativa

di cui al 3° comma è l'agenzia delle entrate. Si applicano le di

sposizioni del d.leg. 18 dicembre 1997 n. 472, e successive mo

dificazioni, ad eccezione del 2° comma dell'art. 16».

2. - L'oggetto della giurisdizione tributaria è definito dall'art.

2 d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, come sostituito dall'art. 12,

Il Foro Italiano — 2006.

2° comma, 1. 28 dicembre 2001 n. 448, nella parte che interessa, nel senso che appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le

controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie,

compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo

per il servizio sanitario nazionale, nonché le sovrimposte e le

addizionali, le sanzioni amministrative, comunque irrogate da

uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio.

3. - Il principio generale enunciato dalla giurisprudenza delle

sezioni unite della corte è che, in materia di sanzioni ammini

strative, la devoluzione alla giurisdizione delle commissioni tri

butarie è strettamente dipendente dalla natura della norma vio

lata e, dunque, dalla ricorrenza della competenza del giudice tributario a conoscere dell'obbligo o dovere la cui violazione dà

luogo alla sanzione (v. Cass., sez. un., n. 5040 del 2004, Foro

it., Rep. 2004, voce Tributi locali, n. 355). Natura tributaria non può certamente riconoscersi alla dispo

sizione in tema di registrazione dei lavoratori occupati, e ciò in

considerazione delle più generali finalità perseguite con i prov vedimenti volti a favorire l'emersione del lavoro irregolare, cui

l'obbligo di registrazione dei lavoratori impiegati è legato da

rapporto di strumentalità.

4. - E tuttavia, la sanzione amministrativa in questione, seb

bene non correlata al mancato pagamento o all'inosservanza di

un obbligo tributario, si aggiunge al sistema sanzionatorio con

tenuto nei d.leg. 18 dicembre 1997 nn. 471, 472 e 473. In rela

zione a tale sanzione sussiste la giurisdizione delle commissioni

tributarie, dal momento che, ai sensi dell'art. 3, 4° comma, d.l.

n. 12, sopra riportato, competente ad irrogare la sanzione è l'a

genzia delle entrate e viene perciò in considerazione la specifica

previsione di competenza del giudice tributario per «le sanzioni

amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari», come

recata dal novellato art. 2 d.leg. 546/92.

La norma, infatti, nella novellata formulazione esprime la re

gola secondo cui l'oggetto della giurisdizione tributaria si iden

tifica, in via principale, nei tributi di ogni genere e nelle corre

lative sanzioni, ma anche, in via residuale, con riferimento al

l'organo (agenzia delle entrate) che irroga una sanzione ammi

nistrativa in ordine ad infrazioni commesse in violazione di

norme di svariato contenuto, non necessariamente attinente a

tributi, come fatto palese dall'impiego del termine «comunque». 5. - Il richiamo operato dal 5° comma dell'art. 3 d.l. 12/02 al

d.leg. 472/92, letto alla luce della norma sopravvenuta sulla giu risdizione, conserva, quindi, inalterata la sua coerenza, laddove

rende applicabili le disposizioni generali sulle sanzioni ammini

strative in materia tributaria ad una fattispecie non caratterizzata

dalla commissione di un fatto in violazione di norme tributarie.

Mentre non rileva la previsione di cui all'art. 18, 2° comma, indicato decreto legislativo, nella parte in cui, per il caso di san

zioni relative a tributi rispetto ai quali non sussiste la giuris dizione delle commissioni tributarie, dispone che, contro il

provvedimento di irrogazione, «è ammesso, nel termine di ses

santa giorni dalla notificazione del provvedimento, ricorso am

ministrativo in alternativa all'azione avanti all'autorità giudizia ria ordinaria, che può comunque essere adita anche dopo la de

cisione amministrativa ed entro centottanta giorni dalla sua noti

ficazione». Infatti, da una parte, non sono più configurabili controversie tributarie sottratte alla cognizione delle commis

sioni tributarie; dall'altra, la giurisdizione ordinaria è stata spe cificamente esclusa per «le sanzioni amministrative, comunque

irrogate da uffici finanziari».

6. - Dell'indicato ius super\>eniens hanno già fatto applica zione le sezioni unite della corte, affermando la giurisdizione tributaria sulla controversia relativa al provvedimento di so

spensione dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività, emesso, in materia di Iva, ex art. 2 1. 26 gennaio 1983 n. 18, rilevando

che, in applicazione del nuovo testo dell'art. 2 d.leg. n. 546 del

1992, si deve affermare la devoluzione della causa alle commis

sioni tributarie, in ragione della sua inerenza a provvedimento sanzionatorio emesso da un ufficio finanziario, restando ultro

neo stabilire se fossero in precedenza comprese nella competen za del giudice tributario le sanzioni per violazioni della norma

tiva sullo scontrino fiscale, in relazione alla sua strumentalità ri

spetto agli obblighi riguardanti detta imposta (Cass., sez. un., n.

3877 del 2004, ibid., voce Tributi in genere, n. 1221). 7. - Del resto, anche la Corte costituzionale, con la sentenza

n. 144 del 2005, nel dichiarare parzialmente fondata la questio ne di legittimità del 3° comma dell'art. 3 d.l. 12/02 (per profili

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PARTE PRIMA

che non rilevano ai fini della giurisdizione), ha ritenuto che fos

se legittimato a sollevare la questione il giudice tributario che, in presenza di orientamenti difformi circa la sussistenza della

giurisdizione, abbia motivato in modo plausibile, risolvendo po sitivamente la questione dell'appartenenza della controversia

all'ambito della sua cognizione. 8, - Infine, va constatata la tendenza espansiva dell'ambito

della giurisdizione tributaria (che non incontra precisi limiti co

stituzionali, fatto salvo in ogni caso il principio di ragionevolez za), estesa dal legislatore, per ragioni di connessione in senso

ampio, a materie estranee alle imposte e tributi: l'intervento più recente è rappresentato dall'art. 3 bis d.l. 30 settembre 2005 n.

203, convertito in 1. 2 dicembre 2005 n. 248, che modifica l'art.

2 d.leg. 546/92 assegnando alla cognizione del giudice tributario

anche le controversie relative alla debenza del canone per l'oc

cupazione di spazi ed aree pubbliche, del canone per lo scarico e

la depurazione delle acque reflue e per lo smaltimento dei rifiuti

urbani, nonché le controversie attinenti l'imposta o il canone

comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni.

9. - Pertanto, va dichiarata la giurisdizione delle commissioni

tributarie a conoscere della controversia.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 1° febbraio 2006, n. 30 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 8 febbraio 2006, n.

6); Pres. Marini, Est. Flick; Pres. cons, ministri (Avv. dello

Stato Sica) c. Regione Abruzzo (Avv. Pasquali).

Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Abruzzo — Consulta regionale dell'immigrazione —

Composizione — Incostituzionalità (Cost., art. 117; 1. reg. Abruzzo 13 di

cembre 2004 n. 46, interventi a sostegno degli stranieri immi

grati, art. 20).

E incostituzionale l'art. 20, 2° comma, lett. g) e jj. /. reg. Abruzzo 13 dicembre 2004 n. 46, nella parte in cui prevede che della consulta regionale dell'immigrazione facciano

parte un rappresentante dell'Inps designato in sede regio nale ed un rappresentante per ogni prefettura presente sul

territorio regionale. (1)

(1)1.- Con la sentenza in epigrafe, la corte conferma il principio se condo cui la previsione, da parte del legislatore regionale, della parte cipazione di soggetti statali ad organi istituiti dalla regione viola la

competenza esclusiva statale di cui all'art. 117, 2° comma, lett. g), Cost., in materia di «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali».

Nel medesimo senso, v. già Corte cost. 7 maggio 2004, n. 134, Foro it., 2004, I, 2982, con nota di richiami, commentata da Bonetti, in Re

gioni, 2004, 1164, e da Mezzacapo, in Guida al dir., 2004, fase. 20, 95, che si è pronunciata nel senso dell'incostituzionalità dell'art. 3, 3° comma, lett. d), e), j), g), 1. reg. Marche 24 luglio 2002 n. 11, nella

parte in cui prevedeva che del comitato dell'osservatorio regionale per le politiche integrate di sicurezza facessero parte i prefetti della regione o loro delegati, il procuratore generale della repubblica presso la Corte

d'appello di Ancona, il procuratore della repubblica presso il Tribunale di Ancona, il procuratore della repubblica presso il Tribunale per i mi norenni di Ancona.

II. - Per quanto attiene alla definizione della competenza statale in

questione, v. anche Corte cost. 3 novembre 2005, n. 405, G.U., la s.s., n. 45 del 2005, che ha dichiarato l'incostituzionalità degli art. 2, 3 e 4 1.

reg. Toscana 28 settembre 2004 n. 50, nella parte in cui prevedevano la costituzione obbligatoria dei coordinamenti (art. 2). disponevano che tali coordinamenti dovessero essere finanziati con il contributo degli iscritti agli ordini o collegi (art. 2), attribuivano ad essi funzioni già svolte dagli ordini o dai collegi (art. 3) e, infine, prevedevano che tali coordinamenti avessero un ruolo consultivo della regione (art. 4): ad

Il Foro Italiano — 2006.

Diritto. — 1. - La questione di legittimità costituzionale, sol

levata in via principale dal presidente del consiglio dei ministri, ha ad oggetto due specifiche disposizioni dettate dall'art. 20, 2°

comma, lett. g) e j), 1. reg. Abruzzo 13 dicembre 2004 n. 46, re

cante interventi a sostegno degli stranieri immigrati. L'art. 20 di

tale legge — le cui finalità, di carattere eminentemente sociale,

sono delineate nell'art. 1 — prevede l'istituzione, presso la

giunta regionale, di un organismo collegiale, denominato con

sulta regionale dell'immigrazione, al quale è demandato il com

pito di esprimere pareri e formulare proposte in ordine alle spe cifiche tematiche indicate nell'art. 22 medesima legge.

Le doglianze del ricorrente si concentrano sulla composizione di tale organo, giacché le disposizioni censurate prevedono che

della consulta facciano anche parte, rispettivamente, «n. 1 rap

presentante dell'Inps, designato dalla sede regionale» (lett. g), nonché «n. 1 rappresentante per ogni prefettura presente sul ter

ritorio regionale» (lett. j). Trattandosi, quindi, nel primo caso, del rappresentante di un ente pubblico nazionale designato dai

responsabili della relativa articolazione territoriale; e, nel se

condo caso, del rappresentante di un organismo facente parte dell'amministrazione dello Stato, ne deriverebbe — a detta dei

ricorrente — la violazione dell'art. 117, 2° comma, lett. g). Cost., il quale riserva alla legislazione esclusiva dello Stato il

compito di dettare norme in materia di ordinamento e organiz zazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazio

nali. 2. - La questione è fondata.

La normativa regionale impugnata dal governo, infatti, nel

prevedere — fra i componenti dell'organismo regionale di cui si

è detto — i rappresentanti di un ente pubblico nazionale e di una

articolazione della pubblica amministrazione, automaticamente

configura, in capo a tali rappresentanti, nuove e specifiche attri

buzioni pubbliche: quelle, appunto, relative all'espletamento delle funzioni connesse all'attività in concreto devoluta all'or

gano collegiale, in seno al quale gli stessi sono chiamati ad ope rare. Da ciò deriva, per quei pubblici dipendenti e per gli uffici

che essi sono chiamati a rappresentare, un'inevitabile alterazio

ne delle ordinarie attribuzioni svolte in seno agli enti di appar tenenza: con la conseguente compromissione del parametro in

vocato, che riserva in via esclusiva alla legislazione dello Stato

di provvedere in materia.

D'altra parte, ove alle regioni fosse riconosciuta l'incondi

zionata possibilità di attribuire legislativamente — in forma

autoritativa ed unilaterale — l'esercizio di funzioni pubbliche a

uffici dell'amministrazione dello Stato o ad enti pubblici nazio

nali, seppure in sede locale, ne verrebbe all'evidenza compro messa la stessa funzionalità ed il buon andamento; quest'ultimo

postula, infatti, un modello normativo unitario e coordinato, cui

riservare l'individuazione e l'organizzazione delle attribuzioni e

dei compiti demandati a quegli uffici o a quegli enti. Né può valere in senso contrario — come mostra di ritenere la regione resistente — la circostanza che, nella specie, si verserebbe in

un'ipotesi di mera collaborazione fra enti in quanto, da un lato, non sarebbe obbligatoria la partecipazione dei rappresentanti al

l'attività della consulta, né vi sarebbero conseguenze in ipotesi di loro mancata designazione; mentre, dall'altro lato, la natura

meramente consultiva di tale attività escluderebbe qualsiasi pos sibilità di «incidere su aspetti sottoposti a normazione statale».

Com'è agevole osservare, il primo rilievo si limita ad evocare

un profilo di mero fatto, il quale non incide sul nuovo compito

comunque demandato agli uffici coinvolti (designazione di un

rappresentante cui riservare quelle determinate funzioni) e sulle

funzioni attribuite al rappresentante, che evidentemente pre

avviso della corte, la dimensione nazionale dell'interesse pubblico e la sua infrazionabilità che caratterizza la normazione riguardante gli ordi ni e i collegi — finalizzato a garantire il corretto esercizio della profes sione a tutela dell'affidamento della collettività — richiede che sia lo Stato a prevedere specifici requisiti di accesso e ad istituire appositi enti pubblici ad appartenenza necessaria, cui affidare il compito di cu rare la tenuta degli albi nonché di controllare il possesso e la perma nenza dei requisiti in capo a coloro che sono già iscritti o che aspirano ad iscriversi.

III. - Con riferimento alla disciplina dell'immigrazione ed ai limiti entro i quali è ammissibile una normazione regionale, v. Corte cost. 22

luglio 2005. n. 300, Foro it., 2006, I, 350, con nota di richiami e nota di Passaglia.

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