ordinanza 1° giugno 2000, n. 174 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 7 giugno 2000, n. 24);Pres. Mirabelli, Est. Capotosti; G.C. e altri c. Asl provincia di Varese; M.M. e altri c. Aslprovincia di Milano 1; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Pret. Varese 30 giugno 1998 e Pret.Milano-Abbiategrasso 14 settembre 1998 (G.U., 1 a s.s., n. 47 del 1998 e n. 18 del 1999)Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 9 (SETTEMBRE 2000), pp. 2419/2420-2425/2426Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197453 .
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2419 PARTE PRIMA 2420
tuzionale dell'art. 2 1. n. 45 del 1990 analoga a quella sollevata
dal Pretore di Bologna; che tuttavia, con riferimento alla mancata previsione di for
me di totalizzazione dei periodi assicurativi alternative alla ri
congiunzione onerosa — lamentata dalla parte privata —, la
citata sentenza n. 61 del 1999 ha dichiarato l'illegittimità costi
tuzionale degli art. 1 e 2 1. n. 45 del 1990, nella parte in cui
non prevedono, in favore dell'assicurato che non abbia matura
to il diritto ad un trattamento pensionistico in alcuna delle ge
Pertanto la totalizzazione consiste, essenzialmente, nel garantire al
lavoratore mobile quote — proporzionate all'anzianità (assicurativa e
contributiva) maturata presso ciascuna gestione — delle pensioni calco
late in base al regime vigente, alla data del pensionamento, presso la
gestione medesima (28). Peraltro, i costi aggiuntivi della totalizzazione per le gestioni interes
sate non possono risultare d'ostacolo all'operazione. Infatti, si tratta, per quanto si è detto, della «mancata sterilizzazio
ne» dei cosiddetti contributi silenti. E questi — in dipendenza della totalizzazione — risultano funzionali, appunto, alla inderogabile garan zia costituzionale di adeguatezza del trattamento pensionistico (ai sensi
dell'art. 38, 2° comma, Cost.) (29). Peraltro, l'attuazione del principio della totalizzazione non può esse
re affidata alla potestà statutaria e regolamentare degli enti previden ziali privatizzati.
11 monito della Corte costituzionale, infatti, è rivolto al legislatore e, comunque, esclude qualsiasi discrezionalità degli enti nell'attuazione di quel principio (30).
10. - In tema di ricongiunzione, poi, le esaminate pronunce d'inam missibilità riservano, in via esclusiva, alla discrezionalità del legislatore — previo bilanciamento tra gli interessi coinvolti, nel rispetto del cano ne di razionalità — ogni diversa e più equilibrata ripartizione dei costi
dell'operazione. Muovono, tuttavia, dal presupposto che le disposizioni impugnate
(art. 1 e 2 1. n. 45 del 1990) possano realizzare, talora, una «distribuzio ne non equilibrata ed irragionevole dei costi dell'operazione».
Compete, quindi, al legislatore colmare le lacune prospettate, ponen do a carico del lavoratore — anche in ossequio alle scarne indicazioni, che sembrano emergere dalle pronunce della Corte costituzionale — sol tanto l'onere della ricongiunzione, che risulti — ex post — funzionale e proporzionato al maggiore incremento del trattamento pensionistico, che ne derivi, rispetto a quello che può essere conseguito attraverso la totalizzazione gratuita (31).
(28) Proprio per questo la relazione al parlamento, di cui alla nota
1, ha motivatamente disatteso l'assunto — prospettato dai rappresen tanti dell'associazione degli enti previdenziali privati (Adepp), nel corso della procedura informativa ricordata nella stessa nota — che il tratta mento pensionistico, dovuto in dipendenza della totalizzazione, debba essere calcolato sulla base del criterio contributivo, essendo questo il criterio in vigore (ai sensi della 1. n. 335 del 1995) alla data di pubblica zione della stessa sentenza della Corte costituzionale — asseritamente irretroattiva — e, quindi, da applicare alla normativa deputata ad at tuare il monito della corte.
Invero, l'assunto disatteso — oltre a risultare in contrasto con le ar
gomentazioni assorbenti svolte nel testo — muove dai presupposti, pa lesemente erronei, di negare, da un lato, la retroattività delle pronunce di accoglimento della Corte costituzionale (in senso contrario, infatti, è la giurisprudenza consolidata: v. riferimenti a nota 20) e di affermare, dall'altro, la generale applicazione immediata del criterio contributivo di calcolo della pensione (in senso contrario, infatti, è la disciplina circa i tempi di applicazione del criterio contributivo di calcolo della pensio ne: v. l'art. 1, 6°, 12° e 13° comma, 1. n. 335 del 1995, che ha introdot to quel metodo).
(29) Nulla esclude, tuttavia, che — in funzione del ridimensionamen to di quei costi — il legislatore possa discrezionalmente introdurre dei
correttivi, purché non ne risulti il sacrificio di diritti garantiti costitu zionalmente.
(30) Proprio per questo la relazione al parlamento, di cui alla nota 1, ha motivatamente disatteso l'assunto — prospettato dai rappresen tanti dell'associazione degli enti previdenziali privati (Adepp), nel corso della procedura informativa ricordata nella stessa nota — secondo cui non andrebbe trascurata la possibilità di rinviare alla potestà statutaria e regolamentare dei singoli enti, per l'adozione di quella innovazione normativa, sia pure sulla base di chiari ed univoci principi e criteri di rettivi enunciati dalla legge.
(31) In coerenza con la funzione comune — di concorrere, appunto, al finanziamento del trattamento pensionistico — l'onere della ricon
giunzione, sostenuto dal lavoratore, andrebbe assoggettato al medesimo
regime di deducibilità dal reddito imponibile, che è previsto per i con
II Foro Italiano — 2000.
stioni nelle quali è, o è stato, iscritto, in alternativa alla ricon
giunzione, il diritto di avvalersi dei periodi assicurativi pregressi nei limiti e secondo i principi indicati in motivazione;
che pertanto l'intervenuta innovazione rende necessario di
sporre la restituzione degli atti al giudice rimettente per un nuo
vo esame della questione, nel quadro complessivo della soprav venuta giurisprudenza della corte.
Per questi motivi, la Corte costituzionale ordina la restituzio
ne degli atti al Pretore di Bologna.
11. - Tuttavia, è la totalizzazione che — una volta generalizzata —
assicura la garanzia effettiva di adeguatezza della pensione (ai sensi del l'art. 38, 2° comma, Cost.) in favore dei lavoratori mobili.
Non può escludersi, quindi, che l'eventuale inerzia del legislatore —
nella conformazione del nostro ordinamento alla Costituzione — possa dar luogo, per quanto si è detto, ad una pronuncia autoapplicativa del la stessa Corte costituzionale (32) oppure, in alternativa, ad interpreta zioni adeguatrici dei giudici ordinari (33).
Il trattamento di miglior favore che la ricongiunzione può assicurare ai lavoratori medesimi — con onere a loro carico — esula, invece, da
qualsiasi garanzia costituzionale. Proprio per questo, resta affidato alla discrezionalità del legislatore.
Michele De Luca
tributi previdenziali (dall'art. 10, 1° comma, lett. e, d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, recante approvazione del t.u. delle imposte sui redditi).
In tal senso è l'indirizzo espresso dalla relazione al parlamento, di cui alla nota 1.
(32) V. riferimenti a nota 3.
(33) V. riferimenti a nota 4.
Michele De Luca
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 1° giugno 2000, n. 174
0Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 7 giugno 2000, n. 24); Pres. Mirabelli, Est. Capotosti; G.C. e altri c. Asl provin cia di Varese; M.M. e altri c. Asl provincia di Milano 1; in
terv. Pres. cons, ministri. Ord. Pret. Varese 30 giugno 1998
e Pret. Milano-Abbiategrasso 14 settembre 1998 (G.U., la
s.s., n. 47 del 1998 e n. 18 del 1999).
Sanitario — Personale sanitario convenzionato — Medici spe cialisti ambulatoriali — Compimento del cinquantacinquesi mo anno di età — Titolarità di trattamento di quiescenza per
rapporti pregressi — Prosecuzione del rapporto di lavoro —
Esclusione — Questione manifestamente infondata di costitu zionalità (Cost., art. 3, 4, 35, 36, 38; 1. 23 dicembre 1978
n. 833, istituzione del servizio sanitario nazionale, art. 48; 1. 30 dicembre 1991 n. 412, disposizioni in materia di finanza
pubblica, art. 4; d.leg. 30 dicembre 1992 n. 502, riordino del
la disciplina in materia sanitaria a norma dell'art. 1 1. 23 ot
tobre 1992 n. 421, art. 8; I. 27 dicembre 1997 n. 449, misure
per la stabilizzazione della finanza pubblica, art. 34).
È manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 34 I. 27 dicembre 1997 n. 449, nella parte in cui esclude la prosecuzione del rapporto di lavoro con i
medici specialisti ambulatoriali convenzionati, che abbiano
compiuto il cinquantacinquesimo anno di età e siano titolari di un trattamento di quiescenza per pregressi rapporti, in ri
ferimento agli art. 3, 1° e 2° comma, 4, 35, 36 e 38, 2° com
ma, Cost. (1)
(1) 1. - 1 giudizi, nel corso dei quali è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale, avevano ad oggetto l'annullamento dei prov vedimenti di revoca degli incarichi adottati, sulla base di quanto previ
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Ritenuto che il Pretore di Varese ed il Pretore di Milano, sezione distaccata di Abbiategrasso, in funzione di giudici del
lavoro, con ordinanze emesse rispettivamente il 30 giugno ed
il 14 settembre 1998, in giudizi aventi ad oggetto l'impugnazio ne di provvedimenti di revoca degli incarichi adottati da Asl
nei confronti di medici specialisti ambulatoriali convenzionati
con il servizio sanitario nazionale, hanno sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, 1° comma, 1. 27 dicem
bre 1997 n. 449 (misure per la stabilizzazione della finanza pub
blica), nella parte in cui esclude la prosecuzione del rapporto
sto dall'art. 34, 1° comma, 1. 449/97, dalle aziende sanitarie locali nei confronti di alcuni medici specialisti ambulatoriali convenzionati con il servizio sanitario nazionale.
L'identità della norma impugnata (art. 34 1. 449/97) e la parziale comunanza delle norme costituzionali che i giudici rimettenti hanno ri tenuto essere state violate (art. 3, 1° e 2° comma, 4, 35 e 38, 2° com
ma, ed anche 36, secondo il Pretore di Milano) hanno suggerito l'op portunità della trattazione congiunta dei ricorsi.
L'art. 34, cit., al 1° comma dispone che:
a) gli specialisti ambulatoriali a rapporto convenzionale, medici ed
appartenenti ad altre professionalità sanitarie, che alla data del 31 di cembre 1997 svolgano esclusivamente attività ambulatoriale con incari co non inferiore a ventinove ore settimanali nell'ambito del servizio sanitario nazionale e che a tale data non abbiano superato i cinquanta cinque anni di età, siano inquadrati, con decorrenza dal 1° luglio 1998, a domanda ed anche in soprannumero, nel primo livello dirigenziale, con il trattamento giuridico ed economico previsto dal contratto collet tivo nazionale;
ti) gli specialisti ambulatoriali che, alla data del 31 dicembre 1997
abbiano almeno cinquantacinque anni di età, mantengano il precedente incarico di medicina ambulatoriale, a condizione che non si trovino in trattamento di quiescenza per pregressi rapporti e che, se titolari anche di altro tipo di convenzioni con il servizio sanitario nazionale, vi rinunzino entro il 1° marzo 1998;
c) gli specialisti ambulatoriali a rapporto convenzionale, che alla da ta del 31 dicembre 1997 non siano in possesso dei requisiti innanzi indi
cati, mantengano i rapporti di convenzione acquisiti e che le ore già
coperte dal personale inquadrato siano rese indisponibili; d) gli specialisti ambulatoriali, che presentino domanda, avendo ma
turato i requisiti richiesti successivamente al 31 dicembre 1997, siano annualmente inquadrati a decorrere dal 1° luglio 1999 e fino al 31 di
cembre 2003. In ogni caso, ai sensi del 3° comma, «dal 1" luglio 1998 cessano
i rapporti convenzionali con gli specialisti ambulatoriali di cui al 1°
comma che, avendone titolo, non abbiano presentato domanda d'in
quadramento». La norma è stata censurata, in particolare, nella parte in cui prevede
che gli specialisti ambulatoriali che, alla data del 31 dicembre 1997 ab biano superato i cinquantacinque anni di età, mantengano il precedente incarico di medicina ambulatoriale, a condizione che non si trovino
in trattamento di quiescenza per pregressi rapporti (v. punto sub ti). II. - La corte ha ritenuto l'infondatezza delle censure mosse dai giu
dici rimettenti. In particolare; 1) è stata esclusa la violazione dell'art. 3 Cost.
La fissazione di un limite legale di età per la prosecuzione del rappor to convenzionale, in presenza delle condizioni previste, non determina una «ingiustificata disparità di trattamento», non soltanto rispetto agli altri sanitari convenzionati con il servizio sanitario nazionale, ma anche
rispetto ai medici specialisti ambulatoriali che siano in possesso di re
quisiti diversi (e cioè che siano di età superiore a cinquantacinque anni ovvero che non fruiscano di un trattamento di quiescenza ovvero che
non siano titolari di altro tipo di convenzioni ovvero, in caso di titolari
tà, che abbiano rinunziato nel termine previsto ovvero ancora che siano
di età inferiore a cinquantacinque anni). La «distinzione introdotta tra gli specialisti ambulatoriali convenzio
nati, ai fini delia prosecuzione del rapporto di lavoro, in relazione all'e
tà ed alla titolarità di un trattamento di quiescenza», «non appare priva di ragionevole giustificazione», in quanto ispirata alle esigenze di mi
gliore funzionalità del servizio, che presiedono al processo di graduale revisione del regime delle convenzioni (introdotto dall'art. 48 1. 23 di
cembre 1978 n. 833 ed in via di esaurimento, in virtù di quanto dispo sto dall'art. 4, 7° comma, 1. 30 dicembre 1991 n. 412 e successivamente
dagli art. 8 ss. d.leg. 30 dicembre 1992 n. 502 e successive modificazioni). Sul tema, v. Dalfino, Da! convenzionamento all'accreditamento isti
tuzionale, in Foro it., 1999, I, 2931.
In motivazione sono richiamate Corte cost., ord. 16 aprile 1998, n.
128, id.. Rep. 1998, voce Sanitario, n. 35, e Giur. costit., 1998, 1017, nonché 30 luglio 1997, n. 293, Foro it., 1999, I, 2175, nel senso della
manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del
l'art. 2, 4° comma, 1. 549/95, nella parte in cui stabilisce che il rappor to tra le aziende sanitarie locali ed i medici di medicina generale ed
Il Foro Italiano — 2000.
di lavoro con i medici specialisti ambulatoriali che abbiano com
piuto il cinquantacinquesimo anno di età e siano titolari di un
trattamento di quiescenza per pregressi rapporti, in riferimento
agli art. 3, 1° e 2° comma, 4, 35 e 38, 2° comma, Cost.;
che, ritenuta la giurisdizione dell'a.g.o. e la competenza del
giudice del lavoro in ordine alle controversie sottoposte al loro
esame, i giudici rimettenti sostengono che la fissazione di un
limite legale di età per la prosecuzione del rapporto convenzio
nale, in presenza delle condizioni previste dalla norma impu
gnata, determinerebbe un'ingiustificata disparità di trattamento
i pediatri di libera scelta, convenzionati con il servizio sanitario nazio
nale, cessa al compimento del settantesimo anno di età, in riferimento, rispettivamente, agli art. 3, 1° comma, 4, 32, 33, 5° comma, 97 Cost, e agli art. 4 e 35 Cost.
Nel senso che rientra nella discrezionalità legislativa, fermo il limite
generale per ogni intervento normativo della ragionevolezza, come svol
gimento dell'art. 3 Cost., la differenziazione del trattamento economico di categorie prima egualmente retribuite, nonché la possibilità che nel l'ambito del pubblico impiego siano attribuite voci retributive o inden nità particolari in materia uniforme per personale appartenente a figure e livelli differenti, v. Corte cost. 17 marzo 1998, n. 63, id., 2000, I, 41, sul trattamento economico dei sovrintendenti della polizia di Stato e degli ispettori; 21 marzo 1997, n. 65, id., Rep. 1997, voce Pubblica
sicurezza (amministrazione della), n. 5, sull'equiparazione economica delle funzioni dei sottotenenti della guardia di finanza con quelle dei
vice commissari della polizia di Stato.
2) Del pari si è affermata l'insussistenza della violazione degli art. 4 e 35 Cost.
Il primo riguarda «precipuamente l'accesso al mercato del lavoro» e non offre una garanzia costituzionale in ordine alla conservazione
del posto di lavoro, ove siano intervenuti, come nel caso di specie, mu
tamenti nelle situazioni giuridiche ed economiche su cui il rapporto di lavoro risulti fondato.
Cfr., in tal senso, Corte cost. 30 luglio 1997, n. 293, cit., e ord. 7 novembre 1994, n. 380, id., Rep. 1995, voce Previdenza sociale, n.
733, e Giur. costit., 1994, 3433 (richiamate in motivazione). Inoltre, da ultimo, Corte cost. 20 luglio 1999, n. 330, Foro il., 2000,
I, 1364, che richiama il su indicato principio in motivazione e che, nella
specie, ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, 3° comma, 1. 23 dicembre 1994 n. 724, nella parte in cui stabilisce la sospensione, a decorrere dal 1° gennaio 1996, della corre
sponsione dell'indennità di tempo pieno, limitatamente al quindici per cento del suo importo, per il personale dipendente dal servizio sanitario
nazionale, che esercita l'attività libero-professionale all'esterno delle strut ture sanitarie pubbliche, sollevata in riferimento agli art. 3, 4 e 36 Cost.
La seconda disposizione enuncia un principio generale di tutela del
lavoro, riservando al legislatore ordinario l'emanazione della concreta
disciplina diretta alla sua protezione. La norma censurata non impedisce agli specialisti ambulatoriali di
esercitare l'attività libero-professionale, né di accedere ai nuovi rapporti fondati sull'accreditamento istituzionale e sulla remunerazione a tariffa
delle prestazioni rese (cfr. l'art. 8 quater d.leg. 502/92, cit., introdotto
dal d.leg. 229/99). Sul punto, v. Corte cost., ord. 18 luglio 1997, n. 254, id., Rep. 1997,
voce Riscossione delle imposte, n. 203; 25 novembre 1993, n. 419, id.,
1994, I, 693 (anch'esse richiamate in motivazione). 3) L'art. 34 1. 449/97 non è stato ritenuto in contrasto neanche con
l'art. 36 Cost., «in quanto la garanzia di un trattamento retributivo sufficiente ad assicurare un'esistenza libera e dignitosa si riferisce ai
rapporti di lavoro subordinato, mentre l'attività svolta dagli specialisti ambulatoriali convenzionati con il servizio sanitario nazionale, pur pre sentando profili di parasubordinazione, si inquadra in un rapporto di
prestazione d'opera professionale». Cfr. Corte cost. 31 marzo 1994, n. 115, ibid., 2656; 19 gennaio 3993,
n. 7, id., Rep. 1993, voce cit., n. 122, e Giust. civ., 1993, I, 870 (richia mate in motivazione).
L'art. 36 Cost., secondo la giurisprudenza costituzionale, «garantisce al lavoratore una retribuzione che, nella sua globalità, gli assicuri un'e sistenza libera e dignitosa, cosicché la riduzione di una singola compo nente della retribuzione non può, di per sé sola, costituire una lesione
della disposizione costituzionale» (v., in questo senso, Corte cost. 20
luglio 1999, n. 330, cit.; 19 gennaio 1995, n. 15, Foro it., 1995, I,
1419, e Giust. costit., 1995, 2095, con nota di Verde; 28 aprile 1994, n. 164, Foro it., 1994, I, 1647; 14 gennaio 1986, n. 1, id., 1986, I, 2392).
Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, il rapporto in
tercorrente tra le Usi ed i medici convenzionati esterni va inquadrato nell'ambito del lavoro c.d. parasubordinato e si configura quale rap
porto di prestazione d'opera professionale, caratterizzato, ai sensi del
l'art. 409, n. 3, c.p.c., da una collaborazione continuativa e coordinata.
In tal senso, v., da ultimo, Cass., sez. un., 22 novembre 1999, n.
813/SU, id., Mass., 1177. Nel senso che il conferimento di incarico professionale a tempo de
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2423 PARTE PRIMA 2424
non solo rispetto agli altri sanitari convenzionati con il servizio
sanitario nazionale, ma anche rispetto ai medici specialisti am
bulatoriali di età superiore a cinquantacinque anni che non frui
scano di un trattamento di quiescenza e non siano titolari di
altro tipo di convenzioni, o che, se titolari delle stesse, vi abbia
no rinunziato nel termine appositamente previsto, nonché ri
spetto a quelli di età inferiore a cinquantacinque anni; che la norma censurata, ad avviso dei giudici a quibus, risul
terebbe lesiva anche del diritto al lavoro dei professionisti inte
ressati, i quali non potrebbero dedicarsi alla libera professione senza risentire negativamente della facoltà, riconosciuta ai citta
dini, di rivolgersi gratuitamente, per le medesime prestazioni, al servizio sanitario nazionale o a specialisti ambulatoriali con
venzionati; che l'individuazione della mera titolarità del trattamento di
quiescenza quale causa di risoluzione del rapporto di lavoro, non accompagnata dalla fissazione della sua misura, pregiudi cherebbe il diritto degli specialisti ambulatoriali ad un tratta
mento pensionistico adeguato alle loro esigenze di vita, che non
potrebbe ritenersi sufficientemente garantito da quello matura
to al cinquantacinquesimo anno di età;
che, ad avviso del Pretore di Milano, la norma impugnata contrasterebbe anche con l'art. 36 Cost., in quanto al compi mento del cinquantacinquesimo anno di età i medici specialisti ambulatoriali convenzionati si trovano nell'impossibilità di con
seguire sia il trattamento di quiescenza in qualità di dipendenti del servizio sanitario nazionale, sia la pensione di anzianità cor
risposta dall'Enpam;
che, in entrambi i giudizi, è intervenuto il presidente del con
siglio dei ministri, con il patrocinio dell'avvocatura generale dello
Stato, ed ha eccepito l'infondatezza della questione, sostenendo
che la determinazione dei requisiti per la definizione del tratta
mento riservato ai medici specialisti ambulatoriali convenziona
ti costituisce il frutto di una scelta discrezionale del legislatore, conforme ai principi costituzionali e razionale sul piano logico
sistematico; che non si sono invece costituite le parti dei giudizi principali. Considerato che le questioni di legittimità costituzionale han
no entrambe ad oggetto l'art. 34, 1° comma, 1. n. 449 del 1997, il quale disciplina l'inquadramento a domanda, nel primo livel
lo dirigenziale del servizio sanitario nazionale, degli specialisti ambulatoriali a rapporto convenzionale che, alla data del 31
dicembre 1997, svolgessero esclusivamente attività ambulatoria
le con incarico non inferiore a ventinove ore settimanali e non
avessero ancora superato i cinquantacinque anni di età, dispo nendo la cessazione dei rapporti convenzionali nei confronti dei
professionisti che non siano in possesso dei requisiti indicati
oppure che, avendone titolo, non abbiano presentato domanda
di inquadramento; che entrambi i giudici a quibus censurano la norma impugna
ta per violazione degli art. 3, 1° e 2° comma, 4, 35 e 38, 2°
comma, ed il Pretore di Milano anche per violazione dell'art.
36 Cost., nella parte in cui prevede che gli specialisti ambulato
riali che, alla data del 31 dicembre 1997, avessero almeno cin
quantacinque anni di età mantengono il precedente incarico di
medicina ambulatoriale a condizione che non si trovino in trat
tamento di quiescenza per pregressi rapporti; che l'identità della norma impugnata e la parziale comunanza
delle norme costituzionali invocate dai giudici rimettenti, non
terminato a medici convenzionati esterni, secondo modalità non con formi ai contratti collettivi nazionali non è idoneo a costituire valida mente il rapporto di lavoro né a trasformarlo in rapporto a tempo inde
terminato; pertanto, l'attività prestata dal professionista assume rile vanza soltanto nei limiti degli effetti che la legge riconosce al lavoro di fatto, v. Cass., sez. un., 18 dicembre 1998, n. 12712, id., 1999, 1, 1487, con nota di richiami alla quale si rinvia per ulteriori riferimenti sulla natura dei rapporti convenzionali di cui all'art. 48 1. 833/78.
4) La censura è infondata, infine, anche con riferimento all'art. 38, 2° comma, Cost., che sancisce il diritto dei lavoratori ad un'adeguata tutela previdenziale ed assistenziale.
La norma impugnata, infatti, non incide in alcun modo sulla titolari tà del trattamento di quiescenza spettante ai professionisti in questione, né prevede una riduzione della sua misura in dipendenza dell'ulteriore
svolgimento di attività lavorativa da parte del titolare, limitandosi a
disporre la risoluzione dei rapporti convenzionali in atto ed il venir meno del diritto al relativo compenso, non avente natura di prestazione previdenziale.
Il Foro Italiano — 2000.
che l'affinità delle argomentazioni svolte nelle ordinanze di ri
messione, rendono opportuna la trattazione congiunta delle que
stioni; che l'art. 34 1. n. 449 del 1997 disciplina i rapporti convenzio
nali costituiti a norma dell'art. 48 1. 23 dicembre 1978 n. 833
con i medici specialisti ambulatoriali, nel quadro del processo di revisione e superamento del regime delle convenzioni attuato
dall'art. 8 d.leg. 30 dicembre 1992 n. 502 e successive modifica
zioni, in conformità anche con il principio dell'unicità del rap
porto di lavoro con il servizio sanitario nazionale, introdotto
dall'art. 4, 7° comma, 1. 30 dicembre 1991 n. 412;
che nel quadro di tale disciplina, volta a ridurre il numero
delle convenzioni in atto per accelerare la transizione al nuovo
sistema disciplinato dagli art. da 8 bis a 8 octies d.leg. n. 502
del 1992, non appare priva di ragionevole giustificazione, in
quanto ispirata ad esigenze di migliore funzionalità del servizio, la distinzione introdotta tra gli specialisti ambulatoriali conven
zionati, ai fini della prosecuzione del rapporto di lavoro, in re
lazione all'età ed alla titolarità di un trattamento di quiescenza, sicché risulta infondata, sotto tale profilo, la denuncia di viola
zione dell'art. 3 Cost.;
che, per altro verso, non è possibile la comparazione con il
trattamento riservato ad altre categorie di professionisti con
venzionati, il cui rapporto di lavoro con il servizio sanitario
nazionale è assoggettato ad una disciplina organizzativa ed eco
nomica caratterizzata da una pluralità di elementi di differen
ziazione, correlati al luogo in cui viene resa la prestazione pro fessionale o alle modalità di espletamento della stessa, tali da
renderla incompatibile con quella alla quale sono sottoposti gli
specialisti ambulatoriali, la cui attività è contraddistinta dalla
natura pubblica delle strutture in cui sono destinati ad operare e dai profili di parasubordinazione che ne qualificano la presta zione professionale (cfr. ordinanza n. 128 del 1998, Foro it.,
Rep. 1998, voce Sanitario, n. 35; sentenza n. 293 del 1997, id.,
1999, I, 2175); che infondata risulta anche la censura riferita agli art. 4 e 35
Cost., in quanto la prima disposizione concerne precipuamente «l'accesso al mercato del lavoro» (cfr. sentenza n. 293 del 1997,
cit.; ordinanza n. 380 del 1994, id., Rep. 1995, voce Previdenza
sociale, n. 733), e non offre una garanzia costituzionale in ordi
ne alla conservazione del posto di lavoro, ove siano intervenuti, come nel caso di specie, mutamenti nelle situazioni giuridiche ed economiche su cui il rapporto di lavoro risulti fondato, men
tre la seconda enuncia un principio generale di garanzia del lavo
ro, riservando al legislatore ordinario la disciplina per la prote zione delle varie forme di attività lavorativa (cfr. ordinanza n.
254 del 1997, id., Rep. 1997, voce Riscossione delle imposte, nn.
202, 203; sentenza n. 419 del 1993, id., 1994, 1, 693); che la norma censurata, d'altronde, si limita ad escludere la
prosecuzione dei rapporti convenzionali disciplinati dall'art. 48
1. n. 833 del 1978, e non incide quindi sul diritto degli specialisti ambulatoriali di esercitare l'attività libero-professionale, né esclu
de la possibilità di accedere, subordinatamente all'accertamento
dei requisiti prescritti dalle regioni a norma dell'art. 8 quater d.leg. n. 502 del 1992, ai nuovi rapporti fondati sull'accredita
mento istituzionale e sulla remunerazione a tariffa delle presta zioni rese;
che inconferente deve ritenersi il richiamo all'art. 36 Cost., in quanto la garanzia di un trattamento retributivo sufficiente
ad assicurare un'esistenza libera e dignitosa si riferisce ai rap porti di lavoro subordinato (cfr. sentenza n. 115 del 1994, ibid.,
2656; n. 7 del 1993, id., Rep. 1993, voce cit., n. 122), mentre
l'attività svolta dagli specialisti ambulatoriali convenzionati con
il servizio sanitario nazionale, pur presentando profili di para
subordinazione, si inquadra in un rapporto di prestazione d'o
pera professionale; che infondata risulta infine la censura riferita all'art. 38 Cost.,
in quanto la norma impugnata non incide sulla titolarità del
trattamento di quiescenza spettante ai professionisti in questio ne, né prevede una riduzione della sua misura in dipendenza dell'ulteriore svolgimento di attività lavorativa da parte del tito
lare, ma, disponendo la risoluzione dei rapporti convenzionali in atto, comporta soltanto il venir meno del diritto al relativo
compenso, non avente natura di prestazione previdenziale. Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°
comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 34, 1° comma, 1. 27 dicembre 1997 n.
449 (misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), solle
vate, in riferimento agli art. 3, 1° e 2° comma, 4, 35 e 38, 2° comma, Cost., dal Pretore di Varese, ed in riferimento agli art. 3, 1° e 2° comma, 4, 35, 36 e 38, 2° comma, dal Pretore
di Milano, sezione distaccata di Abbiategrasso, con le ordinan
ze in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 31 maggio 2000, n.
168 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 7 giugno 2000, n.
24); Pres. Mirabelli, Est. Ruperto; interv. Pres. cons, mini
stri. Ord. Giud. istr. Trib. Milano 4 dicembre 1998 e 23 apri le 1999, Giud. istr. Trib. Firenze 2 aprile (due) e 28 aprile
(due) 1999 (G.U., la s.s., nn. 9, 36, 37 e 39 del 1999).
Astensione, ricusazione e responsabilità del giudice — Ordinan
za successiva alla chiusura dell'istruzione — Incompatibilità del giudice con l'eventuale decisione di merito — Questione manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3,
24, 111; cod. proc. civ., art. 51, 186 quater).
È manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 51, 1° comma, n. 4, c.p.c., nella parte in
cui non prevede l'obbligo di astensione a definire la contro
versia con sentenza da parte del giudice che abbia già provve duto con l'ordinanza successiva alla chiusura dell'istruzione
ex art. 186 quater c.p.c., in riferimento agli art. 3 e 24 Cost. (1)
(1) L'ordinanza è riportata anche in Giust. civ., 2000, I, nn. 7-8, con nota di Tiscini, Nessuna incompatibilità per il giudice che ha pro nunciato ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. dall'emettere sentenza.
In margine alle ordinanze di rimessione, cfr. E.F. Ricci, Orienta
menti e disorientamenti sull'art. 186 quater c.p.c., in Riv. dir. proc., 1999, 1135; Consolo, Una benvenuta interpretazione costituzionalmen te orientata dell'art. 51, n. 4 (in relazione all'art. 28 statuto dei lavora
tori) ed i suoi limiti per i casi futuri, in Corriere giur., 2000, 56, e
Tiscini, Nuovi interventi della Corte costituzionale sul principio di ter
zietà del giudice, ibid., 47.
Sulla legittimità costituzionale dell'art. 186 quater c.p.c. la corte si era già pronunciata per altri aspetti con la sentenza 11 dicembre 1997, n. 385, Foro it., 1998, 1, 328, con nota di Scarselli, I! regime delle
spese nell'ordinanza successiva alla chiusura dell'istruzione. L'ordinanza in epigrafe si allinea alla più importante decisione assun
ta dalla Corte costituzionale con la sentenza 15 ottobre 1999, n. 387, id., 1999, I, 3441, con nota di Scarselli, La Consulta detta le nuove
regole sull'incompatibilità del giudice nel processo civile (cui si rinvia
anche per i precedenti in dottrina e giurisprudenza), la quale ha statuito
che sussiste l'incompatibilità del giudice a provvedere su connessi prov vedimenti civili solo se questi abbiano tra loro «carattere di autono
mia» e «contenuto impugnatorio»: si escludevano, così, e conseguente
mente, non soltanto le misure cautelari rispetto al giudizio di merito
(v. anche Corte cost. 7 novembre 1997, n. 326, id., 1998, I, 1007, con
nota di Scarselli, Terzietà del giudice e Corte costituzionale, e Giur.
it., 1998, 410, con nota di Consolo, Il giudice civile cautelare non di
viene in via generale incompatibile a statuire sul merito secondo la Con
sulta-, ma per i dubbi su tale esclusione, v. comunque Scarselli, La
Consulta detta le nuove regole sull'incompatibilità del giudice nel pro cesso civile, cit., 3447) ma anche i provvedimenti interinali che il giudi ce emani in corso di causa, quali appunto quello ex art. 186 quater
c.p.c., ovvero tutte le decisioni che non si collochino in diverse fasi
del giudizio e non stiano fra loro in rapporto impugnatorio (in questo
senso, v. ancora Scarselli, op. ult. cit., 3444); di tal che l'ordinanza in epigrafe appare offrire una decisione e una motivazione prevedibile e prevista (in questo senso anche Tiscini, Nessuna incompatibilità per
Il Foro Italiano — 2000.
Ritenuto che, nel corso di due processi civili, il g.i. del Tribu
nale di Milano — avendo pronunciato sulle rispettive istanze
di condanna del convenuto ai sensi dell'art. 186 quater c.p.c.
—, con altrettante ordinanze di identico contenuto, emesse il
4 dicembre 1998 (r.o. n. 83 del 1999) ed il 23 aprile 1999 (r.o. n. 429 del 1999), ha sollevato, in riferimento all'art. 24 Cost,
questione di legittimità costituzionale dell'art. 51, 1° comma, n. 4, c.p.c. «nella parte in cui non prevede l'obbligo di asten
sione del giudice che abbia, con ordinanza, deciso sull'istanza
ex art. 186 quater c.p.c.»; che il rimettente sottolinea come la giurisprudenza costituzio
nale abbia ripetutamente affermato (in particolare con la sen
tenza n. 326 del 1997, Foro it., 1998, I, 1007) la stretta funzio
nalità della denunciata norma rispetto al principio di imparzialità terzietà della giurisdizione, che risponde all'esigenza di proteg
gere il giudice del merito della causa dal pregiudizio effettivo, o anche solo potenziale, derivante da valutazioni da lui espresse in occasione di provvedimenti adottati in un momento prece dente, evitando che egli sia costretto, nel decidere, a ripercorre re l'identico itinerario logico precedentemente seguito, soprat tutto quando preesistono valutazioni di contenuto che cadono
sulla stessa res indicando, essendo medesimo l'ambito della pre cedente cognizione e quello della successiva;
che, secondo il rimettente, l'ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. si configura quale provvedimento a contraddittorio e cognizio ne pieni e ad istruttoria compiuta, dal contenuto decisorio ed
esecutivo, sicché — per il caso in cui il processo non si estingua e la pronuncia della sentenza non sia rinunciata — il giudice è tenuto a operare sulla medesima res iudicanda, esaminando
nuovamente gli stessi atti e lo stesso materiale probatorio in
base al quale ha emesso l'ordinanza; che dunque — sempre secondo il rimettente — appare logico
presumere che possa verificarsi una naturale tendenza a mante
nere, in sede di redazione della sentenza, il giudizio già espresso in altro momento decisionale; non potendosi ritenere che l'e
ventuale successiva precisazione delle conclusioni ed il deposito di comparse conclusionali possano efficacemente condizionare
la conclusione del giudizio ed influire sul meccanismo psicologi co che presiede alla formazione del convincimento del giudice;
che, nel corso di quattro procedimenti civili, il g.i. del Tribu
nale di Firenze — essendosi anch'egli già pronunciato sulle ri
spettive istanze di condanna ai sensi dell'art. 186 quater c.p.c.
—, con altrettante ordinanze di identico contenuto, emesse il
2 aprile (r.o. nn. 434 e 435 del 1999) ed il 28 aprile 1999 (r.o. nn. 433 e 484 del 1999), ha sollevato, in riferimento agli art.
3 e 24 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 51, 1° comma, n. 4, c.p.c., «nella parte in cui non prevede l'obbli
go di astensione dal pronunciare sentenza per quel giudice che
in ordine al medesimo oggetto si sia, nel merito, pronunciato su richiesta di ordinanza ex art. 186 quater c.p.c.»;
che — premesse considerazioni analoghe a quelle svolte dal
precedente rimettente in ordine agli effetti della c.d. «forza del
la prevenzione» sulla serenità del giudice, allorquando questi sia chiamato a ripercorrere il medesimo itinerario logico già in
precedenza seguito su una medesima res iudicanda — afferma
in particolare il rimettente che le motivazioni che hanno portato la Corte costituzionale (con la menzionata sentenza n. 326 del
1997) a dichiarare non fondata altra questione di legittimità co
stituzionale della stessa norma, nel caso di cognizione della cau
sa di merito da parte del giudice che abbia concesso una misura
cautelare ante causam, non possono valere per la soluzione del
la presente questione; che infatti, secondo il rimettente, le motivazioni svolte in tale
decisione circa la diversità di struttura, contenuto, finalità, am
bito di cognizione e valenza del materiale probatorio tra il pro
cedimento cautelare ante causam ed il successivo giudizio di me
rito, non possono valere nell'ipotesi del giudice che si sia co
il giudice che ha pronunciato ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. dall'e
mettere sentenza, cit.). In argomento, in giurisprudenza, da ultimo, v. Trib. Vigevano, ord.
13 luglio 1999, Foro it., 2000, I, 2361.
Più in generale, sul nuovo art. Ill Cost, e la terzietà del giudice nel processo civile, v. Scarselli, Il nuovo art. Ill Cost, e l'imparzialità del giudice nel processo civile, in Questione giustizia, 2000, 81 ss. [G.
Scarselli]
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