ordinanza 10 aprile 2003, n. 121 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 16 aprile 2003, n. 15);Pres. Chieppa, Est. Marini; Miculan e altra c. Inpdap e altri; interv. Pres. cons. ministri. Ord.Corte conti, sez. giur. reg. Sardegna, 9 maggio 2002 (G.U., 1 a s.s., n. 41 del 2002)Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2003), pp. 1957/1958-1959/1960Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198024 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
giugno 2001 n. 327, recante t.u. delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità). D'altro canto il tenore delle disposizioni denunciate non con
sente di applicare direttamente i principi già esistenti nell'ordi
namento e di fare riferimento al quadro normativo delle leggi statali in materia di proroga di vincoli urbanistici espropriativi ed indennizzabilità, come risultanti dalla sentenza di questa corte n. 179 del 1999 (Foro it., 1999, I, 1705), anche indipen dentemente dall'entrata in vigore dell'intervento legislativo statale contenuto nel citato t.u. sulle espropriazioni.
4. - La questione è fondata nei limiti appresso precisati. Occorre preliminarmente precisare che il problema della tem
poraneità e della conseguente indennizzabilità della protrazione dei vincoli urbanistici si può porre solo nei confronti dei vincoli
anzidetti in quanto preordinati all'espropriazione o sostanzial
mente ablativi. Restano, di conseguenza, fuori dai problemi enunciati di costituzionalità tutti gli altri vincoli attinenti a de
stinazioni non coinvolgenti l'esecuzione di opere pubbliche, ma
rimessi all'iniziativa (anche concorrente) dei singoli proprietari
(come il verde condominiale e gli accessi privati pedonali), trattandosi di vincoli meramente conformativi.
L'iter interpretativo della garanzia costituzionale in materia
di espropriazione ha portato a riconoscere il principio secondo
cui, per gli anzidetti vincoli (urbanistici) espropriativi, la reite
razione (o la proroga) comporta — oltre la temporaneità
— ne
cessariamente un indennizzo, diretto al ristoro del pregiudizio causato dal protrarsi della durata (sentenze n. 411 del 2001, id.,
2002,1, 2252; n. 179 del 1999, cit.). L'obbligo specifico di indennizzo deve sorgere una volta su
perato il primo periodo di ordinaria durata temporanea del vin
colo (nella specie, dieci anni, secondo la legge regionale denun
ciata, trattandosi di piano di edilizia popolare), da considerarsi
come periodo di franchigia da ogni indennizzo, quale determi
nato dal legislatore entro limiti non irragionevoli, riconducibili
alla normale sopportabilità del peso gravante in modo particola re sul singolo (sentenza n. 179 del 1999).
Deve essere, di conseguenza, tenuto distinto — rispetto alla
pretesa indennitaria — il profilo dell'ammissibilità e legittimità sia della reiterazione degli anzidetti vincoli in via amministrati
va, sia dell'ammissibilità sul piano costituzionale, entro i limiti della non irragionevolezza, di proroghe o di protrazioni di du
rata in via legislativa o di differenziazioni di durata per taluni
vincoli (sentenze n. 411 del 2001; n. 179 del 1999). Pertanto deve essere dichiarata l'illegittimità costituzionale
non dell'intero complesso normativo denunciato, che consente
la protrazione dei vincoli derivanti dalle previsioni degli stru
menti esecutivi, ma solo in quanto, per la generale indicazione
di persistente ulteriore efficacia dell'obbligo di osservare le
previsioni non attuate dello strumento di pianificazione urbani
stica, si riferisce anche a vincoli scaduti preordinati all'espro
priazione o sostanzialmente espropriativi senza previsione di
durata e di indennizzo.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti mità costituzionale del combinato disposto dell'art. 37, 5°
comma, 1. reg. Puglia 31 maggio 1980 n. 56 (tutela ed uso del
territorio) e dell'art. 17, 2° comma, 1. reg. Puglia 27 luglio 2001
n. 20 (norme generali di governo e uso del territorio), nella parte in cui si riferiscono a vincoli scaduti, preordinati all'espropria zione o sostanzialmente espropriativi, senza previsione di durata
e di indennizzo.
Il Foro Italiano — 2003.
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 10 aprile 2003, n. 121 (Gazzetta ufficiale, 1a serie speciale, 16 aprile 2003, n.
15); Pres. Chieppa, Est. Marini; Miculan e altra c. Inpdap e
altri; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Corte conti, sei. giur.
reg. Sardegna, 9 maggio 2002 (G.U., la s.s., n. 41 del 2002).
Impiegato degli enti locali — Trattamento pensionistico —
Riscatto di corsi universitari — Criteri di calcolo — Que stione manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 38; r.d.l. 3 marzo 1938 n. 680, ordinamento della cassa
di previdenza per le pensioni agli impiegati degli enti locali, art. 69; d.leg. 30 aprile 1997 n. 184, attuazione della delega conferita dall'art. 1, 39° comma, 1. 8 agosto 1995 n. 335, in
materia di ricongiunzione, di riscatto e di prosecuzione vo
lontaria ai fini pensionistici, art. 2).
E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 69, 3° comma, r.d.l. 3 marzo 1938 n. 680, nella parte in cui prevede che la durata dei corsi universitari, ai fini del riscatto, si considera continuativa risalendo dal
conferimento della laurea, derivando da tale previsione la ri
duzione del periodo riscattabile, nel caso in cui tale periodo
venga a coincidere con la prestazione del servizio militare, in
riferimento agli art. 3 e 38 Cost. (1)
Ritenuto che, con ordinanza del 9 maggio 2002, la Corte dei
Conti, sezione giurisdizionale per la regione Sardegna, ha solle
vato, in riferimento agli art. 3 e 38 Cost., questione di legitti mità costituzionale dell'art. 69, 3° comma, r.d.l. 3 marzo 1938
n. 680 (ordinamento della cassa di previdenza per le pensioni
agli impiegati degli enti locali), applicabile ratione temporis nel giudizio a quo, «nella parte in cui stabilisce che la durata dei
corsi universitari o equiparati, ai fini del riscatto, si considera
'continuativa'»;
(1) Il giudice a quo rilevava come gli inconvenienti denunciati sono stati eliminati dall'art. 2, 2° comma, d.leg. 184/97, il quale non è appli cabile, ratione temporis, al giudizio a quo e produce, ad avviso del l'autorità giudiziaria rimettente, un'ingiustificata disparità di tratta
mento, fondata esclusivamente sull'elemento temporale. La Corte costituzionale richiama sul punto la propria giurisprudenza,
secondo cui un trattamento differenziato per la stessa categoria di sog getti. ma in momenti diversi nel tempo, non si pone in violazione del l'art. 3 Cost., perché lo stesso fluire del tempo costituisce un elemento diversificatore delle situazioni giuridiche (v. Corte cost. 28 novembre
2001, n. 376, Foro it., 2002, I, 1648; 8 giugno 2000, n. 178, id., Rep. 2000, voce Previdenza sociale, n. 742; 27 aprile 2000, n. 126, id., 2000, I, 3431, con nota di richiami, che ha dichiarato infondata la que stione di legittimità costituzionale dell'art. 53, 4° comma, d.leg. 12
maggio 1995 n. 198, nella parte in cui esclude dall'applicazione delle nuove disposizioni, ai fini dell'adeguamento dell'indennità di cui al l'art. 46 1. 10 maggio 1983 n. 212, come modificata dall'art. 12 1. 1° febbraio 1989 n. 53, gli appuntati scelti e i marescialli maggiori del l'arma dei carabinieri, entrambi ufficiali di polizia giudiziaria, che alla data del 31 agosto 1995 si trovavano nella posizione di ausiliaria).
La questione di legittimità costituzionale dell'art. 69, ultimo comma, r.d.l. 680/38, nella parte in cui, ai fini del riscatto degli anni del corso di laurea, dispone che per i dipendenti degli enti locali il calcolo venga effettuato dalla data di conferimento della laurea «all'indietro», mentre
per i dipendenti dello Stato la normativa vigente (art. 13 d.p.r. 1092/73) riconosce che il beneficio del riscatto decorra dalla data di iscrizione al
corso, era stata sollevata anche da Corte conti, sez. giur. reg. Campania, ord. 12 dicembre 1995, n. 81, id., Rep. 1996, voce Pensione, n. 115.
Nel senso invece della manifesta infondatezza della questione di le
gittimità costituzionale dell'art. 69 r.d.l. 680/38 che, contrariamente ai
dipendenti statali, calcola gli anni di studio per conseguire il diploma di laurea da parte dei dipendenti iscritti alla Cpdel partendo dalla data di
conseguimento del titolo e non da quella dell'iscrizione, v. Corte conti, sez. Ili, 20 dicembre 1993, n. 70113, id., Rep. 1994, voce cit., n. 152.
Per l'affermazione secondo cui, a seguito della modifica introdotta
dal d.leg. n. 184 del 1997 all'art. 69, 3° comma, r.d.l. n. 680 del 1938,
per le istanze di riscatto presentate successivamente alla data del 12 lu
glio 1997, il conteggio della durata del corso di laurea non si esegue a
partire dal conseguimento del titolo andando a ritroso, bensì a partire dall'immatricolazione al corso di studi universitari in avanti, per tutta
la durata del corso stesso, sempre che i relativi periodi non vadano a
sovrapporsi con i periodi coperti da iscrizione obbligatoria, v. Corte
conti, sez. giur. reg. Molise, 7 settembre 1999, n. 136, id.. Rep. 2000, voce cit., n. 99.
In ordine alla riscattabilità a fini pensionistici, ai sensi dell'art. 69
r.d.l. 680/38, del periodo di studio universitario o di corsi ritenuti «di
grado universitario», v. Corte conti, sez. giur. reg. Emilia-Romagna, 18
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1959 PARTE PRIMA 1960
che, ad avviso del rimettente, il calcolo continuativo del pe riodo di durata legale del corso universitario, effettuato a ritroso
dalla data del conseguimento della laurea, così come previsto dalla norma impugnata, comporterebbe di fatto un'arbitraria ri
duzione del suddetto periodo che venga temporalmente a coin
cidere con la prestazione del servizio militare; che, viceversa, l'art. 2, 2° comma, d.leg. 30 aprile 1997 n.
184 (attuazione della delega conferita dall'art. 1, 39° comma, 1.
8 agosto 1995 n. 335, in materia di ricongiunzione, di riscatto e
di prosecuzione volontaria ai fini pensionistici), emanato al fine
di riordinare, armonizzare e razionalizzare la disciplina dei di
versi regimi anche in materia di riscatto del corso di studi, non
porrebbe alcuna condizione o limitazione riguardo alle modalità
di calcolo degli anni del corso di laurea né richiederebbe, in
particolare, la continuatività del periodo considerato; che sussisterebbe, pertanto, disparità di trattamento — a pa
rità di ogni altra condizione — tra chi -abbia presentato domanda
di pensionamento nel vigore della vecchia normativa e chi, in
vece, l'abbia presentata dopo l'entrata in vigore del menzionato
d.leg. n. 184 del 1997; che analoga, ingiustificata, disparità di trattamento si verifi
cherebbe sia tra i dipendenti delle Asl e la generalità dei dipen denti statali, sia tra gli stessi dipendenti delle Asl, in relazione al
periodo in cui abbiano svolto il servizio militare; che è intervenuto in giudizio il presidente del consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello
Stato, concludendo per la declaratoria di non fondatezza della
questione; che, ad avviso della parte pubblica, nessuna lesione del prin
cipio di eguaglianza potrebbe ravvisarsi nella diversità di disci
plina tra la vecchia e la nuova normativa in tema di riscatto del
corso legale di laurea, in quanto il fluire del tempo di per sé co
stituisce — secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale — elemento differenziatore delle situazioni giuridiche, tale da
escludere la loro comparabilità; che questa corte avrebbe, sotto altro aspetto, già affermato —
proprio in tema di riscatto — che non sono discriminatorie nor
me che, pur prevedendo criteri differenziati di computo del pe riodo di studio, assicurino comunque lo stesso beneficio;
che, in ogni caso, sia la norma impugnata sia il d.leg. n. 184 del 1997 prevederebbero la possibilità di riscatto dei periodi
corrispondenti alla durata legale dei corsi di laurea solo in quan to i medesimi periodi non siano già coperti da contribuzione.
Considerato che — ad avviso del rimettente — la norma im
pugnata sarebbe fonte di ingiustificata disparità di trattamento in danno dei dipendenti degli enti locali cessati dal servizio
prima dell'entrata in vigore del d.leg. n. 184 del 1997, ed insie me lesiva dell'art. 38 Cost., nella parte in cui prevede che la du
rata dei corsi universitari, ai fini del riscatto, si considera conti
nuativa risalendo dal conferimento della laurea, derivando da tale previsione la riduzione del periodo riscattabile, nel caso in
cui tale periodo venga a coincidere con la prestazione del servi zio militare;
che, per quanto riguarda il parametro di cui all'art. 38 Cost., è sufficiente osservare che, in materia di anzianità convenzionale,
quale è quella derivante dal riscatto degli anni di studio, deve riconoscersi al legislatore un'ampia discrezionalità, con il solo limite della non arbitrarietà, che sicuramente non può dirsi vio lato dalla previsione che il periodo utile ai fini del riscatto sia considerato continuativo;
che quanto, invece, alla denunciata disparità di trattamento ri
spetto all'art. 2, 2° comma, d.leg. n. 184 del 1997, non applica
novembre 1999, n. 864, ibid., n. 92, circa il corso di studi seguito nel l'istituto superiore di educazione fisica di Bologna per conseguire il relativo diploma; sez. giur. reg. Campania 14 marzo 1996, n. 34, id., Rep. 1997, voce cit., n. 122, circa il diploma di terapista della riabilita zione, purché conseguito al termine di un corso di livello universitario; sez. giur. reg. Emilia-Romagna 27 febbraio 1996, n. 84, id., Rep. 1996, voce cit.. n. 129, circa il diploma di abilitazione all'esercizio professio nale di ostetrica, conseguito presso la scuola universitaria di ostetricia di Bologna; sez. giur. reg. Lombardia 21 giugno 1994, n. 100, id.. Rep. 1995, voce cit., n. 144, circa il diploma di ostetrica, rilasciato da scuola di tipo universitario.
Sulla riscattabilità dei periodi di studio necessari per l'immissione in ruolo o per l'ammissione a concorsi o per lo svolgimento di funzioni nell'ambito del pubblico impiego, v. Corte cost. 9 maggio 2001, n. 113, id., 2002,1, 657, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 2003.
bile ratione temporis nel giudizio a quo, va considerato che — a
prescindere da ogni valutazione circa l'esattezza dell'interpreta zione che di tale norma il rimettente prospetta
— secondo la co
stante giurisprudenza di questa corte, di per sé non può contra
stare con il principio di eguaglianza un differenziato trattamento
applicato alla stessa categoria di soggetti, ma in momenti diversi
nel tempo, perché lo stesso fluire di questo costituisce un ele
mento diversificatore delle situazioni giuridiche (ex multis, sentenze n. 376 del 2001, Foro it., 2002, I, 1648; n. 178 del
2000, id., Rep. 2000, voce Previdenza sociale, n. 742; n. 126
del 2000, id., 2000,1, 3431); che la continuatività calcolata a ritroso risulti in un singolo
caso, come quello appunto sottoposto al giudice a quo, più
svantaggiosa di quella calcolata in avanti costituisce, poi, un in
conveniente di mero fatto in quanto tale irrilevante ai fini del
giudizio di costituzionalità; che la questione va pertanto dichiarata, sotto ogni profilo,
manifestamente infondata.
Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°
comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte
costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife
sta infondatezza della questione di legittimità costituzionale
dell'art. 69, 3° comma, r.d.l. 3 marzo 1938 n. 680 (ordinamento della cassa di previdenza per le pensioni agli impiegati degli enti locali), sollevata, in riferimento agli art. 3 e 38 Cost., dalla
Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione Sardegna, con l'ordinanza in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 1° aprile 2003, n. 104 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 9 aprile 2003, n. 14); Pres. Chieppa, Est. Amirante; Rigo (Avv. Berti) c. Regione Friuli-Venezia Giulia; Inps c. Bersano; interv. Pres. cons, mi
nistri (Avv. dello Stato Zotta). Ord. Trib. Trieste 9 ottobre
2001 e Trib. Ivrea 24 luglio 2001 (G.U., la s.s., nn. 17 e 25
del 2002).
Lavoro (rapporto di) — Tutela della maternità — Adozione — Riposi giornalieri — Applicabilità limitata al primo anno di età del bambino — Incostituzionalità (Cost., art. 3, 29, 30, 31, 37, 77; d.leg. 26 marzo 2001 n. 151, t.u. delle di
sposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell'art. 15 1. 8 marzo 2000 n.
53, art. 45). Lavoro (rapporto di) — Tutela della maternità —
Riposi giornalieri — Questione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 37; 1. 30 dicembre 1971 n. 1204, tutela delle la
voratrici madri, art. 10; 1. 9 dicembre 1977 n. 903, parità di
trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro, art. 6).
E incostituzionale l'art. 45, 1° comma, d.leg. 26 marzo 2001 n. 151 (t.u. delle disposizioni legislative in materia di tutela e
sostegno della maternità e paternità, a norma dell'art. 15 l. 8
marzo 2000 n. 53), nella parte in cui prevede che i riposi di
cui agli art. 39, 40 e 41 si applichino, anche in caso di ado
zione e di affidamento, «entro il primo anno di vita del bam
bino», anziché «entro il primo anno dall 'ingresso del minore
nella famiglia». (1) E inammissibile la questione di legittimità costituzionale del
l'art. 10 l. 30 dicembre 1971 n. 1204 (tutela delle lavoratrici
madri) e dell'art. 6 l. 9 dicembre 1977 n. 903 (parità di trat
tamento tra uomini e donne in materia di lavoro), in riferi mento agli art. 3 e 37 Cost. (2)
(1-2) Con la pronuncia in epigrafe (in relazione alla quale, per un pri mo commento, cfr. M. Tatarelli, Una disciplina con l'obiettivo di fa vorire lo sviluppo armonico e sereno dei minori, in Guida al dir., 2003, fase. 15, 61-63), la Corte costituzionale ribadisce che gli istituti dell'a
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