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ordinanza 10 settembre 2003; Pres. ed est. Sciaccaluga; Soc. Borsalino (Avv. Occhionero, Giavotti,...

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ordinanza 10 settembre 2003; Pres. ed est. Sciaccaluga; Soc. Borsalino (Avv. Occhionero, Giavotti, Gastini) c. Soc. Satinine Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 10 (OTTOBRE 2003), pp. 2825/2826-2829/2830 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23198721 . Accessed: 25/06/2014 00:09 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.79.40 on Wed, 25 Jun 2014 00:09:59 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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ordinanza 10 settembre 2003; Pres. ed est. Sciaccaluga; Soc. Borsalino (Avv. Occhionero,Giavotti, Gastini) c. Soc. SatinineSource: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 10 (OTTOBRE 2003), pp. 2825/2826-2829/2830Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198721 .

Accessed: 25/06/2014 00:09

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

somma di lire 64.288.255 con gli interessi pattuiti dal 22 gen naio 1996 mentre Nigri Gabriele a quella di lire 40.000.000, li

mi(ta)ti alla fideiussione prestata». 3a. - In contrasto con tale motivazione, il dispositivo della

sentenza «condanna Nigri Orlando e Nigri Gabriele a corri

spondere alla Banca della Valle d'Aosta s.p.a. rispettivamente la

somma di lire 64.288.255 con gli interessi pattuiti dal 22 gen naio 1996 al saldo e di lire 40.000.000 con gli interessi pattuiti dal 22 aprile 1996».

Sussiste pertanto un evidente contrasto tra motivazione e di

spositivo del capo impugnato della sentenza, che non comporta nullità della sentenza ex art. 360, n. 4, c.p.c., ovvero per inido

neità a consentire l'individuazione del comando concreto del

giudice (ex art. 156, 2° comma, c.p.c.), nel qual caso l'eventuale

nullità non darebbe comunque luogo a rimessione al primo giu dice attesa la tassatività delle ipotesi di rimessione previste dal

l'art. 354 c.p.c. (cfr. Cass. 15 novembre 2000, n. 14788, id.,

Rep. 2000, voce Sentenza civile, n. 46; 26 aprile 2002, n. 6119,

id., Rep. 2002, voce Appello civile, n. Ili) ma contraddittorietà

del solo capo impugnato della sentenza stessa, ex art. 360, n. 5,

c.p.c. (cfr. Cass. 11 giugno 1992, n. 7173, id., Rep. 1992, voce

Sentenza civile, n. 25) ed ultrapetizione, per essere stata pro nunciata una condanna al pagamento complessivo di un importo

superiore a quello dedotto in causa con il ricorso per decreto in

giuntivo. La Banca della Valle d'Aosta aveva infatti ivi dedotto

che il debito di Nigri Orlando (debitore principale) ammontava

a «lire 66.788.255, in virtù dello scoperto di cui al contratto di

conto corrente» e che «con la lettera datata 15 dicembre 1993, il

sig. Gabriele Nigri si costituiva fideiussore solidale del predetto

debitore, fino alla concorrenza dell'importo di lire 40.000.000».

3b. - Poiché la fideiussione non può eccedere ciò che è do

vuto dal debitore principale (ex art. 1941 c.c.) e l'obbligazione solidale (ex art. 1944 c.c.) del fideiussore rafforza il vincolo ob

bligatorio (ex art. 1294 c.c.) nell'ambito della medesima presta zione (ex art. 1292 c.c.), senza aggiungersi alla prima, ne con

segue che i sig. Nigri Orlando e Nigri Gabriele non devono ri

spettivamente lire 64.288.255 e lire 40.000.000, per un totale di

lire 104.288.255 oltre accessori, ma che il debito complessivo è

pari (detraendo dalle originarie lire 66.788.255 quanto già per cetto in corso di causa dalla Banca della Valle d'Aosta), a lire

64.288.255 e che tale somma è dovuta, fino alla concorrenza di

lire 40.000.000 in solido tra Nigri Orlando e Nigri Gabriele e

per l'eccedenza, pari a lire 24.288.255, non garantita da fideius

sione (ex art. 1936 c.c.), dal solo debitore principale Nigri Or

lando, così riformandosi il capo impugnato della sentenza di

prime cure.

4. - In punto spese il collegio osserva quanto segue. L'errore del primo giudice è stato in parte indotto dal tenore

letterale del decreto ingiuntivo, che ingiungeva ai sig. Nigri, senza distinguere la posizione del debitore principale e quella del fideiussore di pagare alla Banca della Valle d'Aosta «soli

dalmente la somma di lire 66.788.255, quanto al sig. Orlando

Nigri, e la somma di lire 40.000.000. quanto al sig. Gabriele

Nigri». Ne consegue che — avendo la Banca della Valle d'Aosta in

primo grado ottenuto una condanna all'evidenza esuberante, nella misura di due terzi, rispetto a quanto dovutole, restando in

ordine alla stessa parzialmente soccombente — appare confor

me a giustizia compensare per due terzi le spese di lite già li

quidate e poste a carico dei sig. Nigri in primo grado, ponendo a

carico degli stessi il residuo terzo.

Il Foro Italiano — 2003.

TRIBUNALE DI ALESSANDRIA; TRIBUNALE DI ALESSANDRIA; ordinanza 10 settembre

2003; Pres. ed est. Sciaccaluga; Soc. Borsalino (Avv. Oc

chionero, Giavotti, Gastini) c. Soc. Satinine.

Arbitrato e compromesso — Arbitrato rituale — Ricusazio

ne di arbitro — Estremi — Fattispecie (Cod. proc. ci v., art.

51,815).

In relazione a procedimento arbitrale rituale instaurato dal

concessionario di marchio nel settore dei prodotti cosmetici

nei confronti del licenziatario dello stesso marchio per farne accertare inadempimenti contrattuali, sussistono gravi ragio ni di convenienza per ricusare quale arbitro l'avvocato che

abbia svolto attività di consulenza a favore non solo di sog

getto in conflitto di interessi con la parte istante ma anche del

medesimo destinatario della domanda di arbitrato. (1)

Premesso: che in data 21 dicembre 1994 la ricorrente stipula va contratto con Satinine s.p.a., avente sede in Milano, via G.

Watt, civico n. 13, avente ad oggetto l'utilizzo del nome e del

marchio Borsalino nel settore dei profumi; che tra le parti, in seguito, insorgeva controversia in merito

all'esecuzione del contratto sia in riferimento alla condotta te

nuta nei confronti di Borsalino s.p.a., sia in riferimento all'atti

vità svolta da Satinine s.p.a. nei confronti di terzi; che in conseguenza la ricorrente promuoveva, sulla scorta

dell'art. 22 del contratto stesso, giudizio arbitrale ai fini della

soluzione della controversia medesima nominando quale proprio arbitro l'avv. Fausto Bellato, del foro di Alessandria, altresì in

vitando controparte alla nomina di altro componente il collegio arbitrale;

che pertanto Satinine s.p.a., con atto notificato in data 5 mag

gio 2003, nominava quale proprio arbitro l'avv. Pierluigi Sama

rotto, del foro di Milano, con studio in Milano, via Vittor Pisani,

civico n. 16, informando propria controparte che il nominato ar

bitro risulta far parte dello studio Pirola, Pennuto, Zei & asso

ciati, il quale si è occupato della stesura dei contratti della Sati

nine s.p.a.; che Borsalino s.p.a., in esito alla nomina così effettuata da

controparte, adiva quest'ufficio ai fini della proposizione di

istanza di ricusazione del nominato arbitro avv. Pierluigi Sama

rotto nella controversia tra la stessa insorta e Satinine s.p.a. de

ducendo a sostegno della propria istanza la ricorrenza nella fat

tispecie delle ipotesi previste ai nn. 1 e 4 dell'art. 51,1° comma,

c.p.c., nonché 2° comma, stessa disposizione, altresì chiedendo

che in accoglimento del ricorso venisse designato altro arbitro

in sostituzione del ricusato;

che in esito all'istanza così proposta, all'udienza del 20 giu

gno 2003, innanzi il giudice delegato dott. Diego Gandini, veni

vano convocati e uditi, sulla scorta dei poteri istruttori di cui al

l'art. 815, 2° comma, c.p.c., il legale rappresentante della ricor

rente Borsalino s.p.a., il ricusando arbitro avv. Pierluigi Sama

rotto, nonché, in qualità di informato sui fatti, il dott. Mario

Usellini, quale amministratore delegato e vicepresidente della

licenziataria Satinine s.p.a. all'epoca dei fatti per cui è instau

randa procedura arbitrale; che in quella sede il giudice delegato, in esito all'audizione

delle convocate persone informate sui fatti, autorizzava deposito di memorie da parte della ricorrente e di Satinine s.p.a. quali

integrazioni informative rilevanti ai sensi e per gli effetti di cui

(1) Per un'ipotesi di ricusazione quale arbitro di un avvocato dello Stato per gravi ragioni di convenienza, Trib. Torino 14 gennaio 2002, Foro it., 2002,1, 1614, con richiami e nota di G. Scarselli, ricordata ed esaminata in motivazione; adde, con specifico riguardo alla ricusazione

degli arbitri rituali. Cass. 22 febbraio 2000, n. 1989, id., 2001, I, 1352, con osservazioni di C.M. Barone, e 1645, con nota dì G. Scarselli, nonché Cass. 16 maggio 2000, n. 6309, id., Rep. 2001, voce Arbitrato, n. 180 (annotata da Longo, in Riv. arbitrato, 2001, 435, e da Villa, in

Riv. dir. proc., 2002, 307). Si diffonde, inoltre, di recente, sulla ricusa

zione degli arbitri rituali, anche Mandrioli, Diritto processuale civile,

Torino, 2003, III, 366-368, testo e note. Le gravi ragioni di convenienza sono state configurate come legitti

mo motivo di ricusazione del giudice da Corte cost. 14 luglio 2000, n.

283, Foro it., 2001, I, 2442, con osservazioni di G. Di Chiara, dichia

rativa dell'incostituzionalità dell'art. 37, 1° comma, c.p.p. «nella parte in cui non prevede che possa essere ricusato dalle parti il giudice che, chiamato a decidere sulla responsabilità di un imputato, abbia espresso in altro procedimento, anche non penale, una valutazione di merito

sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto».

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2827 PARTE PRIMA

all'art. 815, 2° comma, c.p.c., dipoi rimettendo innanzi questo ufficio la causa per la decisione.

Osserva: (Omìssis). Dal tenore letterale del ricorso emergono

pertanto, come ragioni di ricusazione, principalmente i motivi

indicati dall'art. 51, 1° comma, nn. 1 e 4, nonché 2° comma, medesima norma, c.p.c., ovverosia l'interesse nella causa o in

altra vertente su identica questione di diritto e l'aver dato consi

glio nella stessa, altrimenti emergendo gravi ragioni di conve

nienza.

Sennonché, come dall'ampia istruzione dall'ufficio condotta

udendo il ricusando e il dott. Usellini quale persona informata, nessuna delle ragioni specificamente enumerate al 1° comma

dell'art. 51 citato sono in effetti emerse.

Al contrario, si è potuto difatti riscontrare che l'avv. Sama

rotto risulta essere collaboratore non associato dello studio Pi

rola. Pennuto e Zei, di Milano (che nell'attuale fattispecie non è

difensore della Satinine s.p.a., la stessa essendo rappresentata nell'instauranda vertenza arbitrale dall'avv. prof. Floridia), che

lo stesso non ha partecipato in alcun modo alla stesura del con

tratto con Borsalino s.p.a., per cui sarà causa, che lo stesso mai

è intervenuto in precedenti vertenze emerse con Borsalino s.p.a. medesima.

Parallelamente, però, è emerso come il ricusando arbitro ab

bia in effetti partecipato, quale collaboratore dello studio asso

ciato indicato, ad una serie di consulenze (con terminologia an

glosassone riassumibili nel c.d. due diligence) inerenti varie o

perazioni commerciali da Satinine s.p.a. poste in essere dal

l'anno 2001 ad oggi, in particolar modo con riferimento all'a

nalisi della situazione contrattuale di società acquisende con

«propri» terzi sì da valutare la situazione economico-contrat

tuale delle stesse e la conseguente convenienza dell'acquisto. Non solo: all'interno di questa complessa e delicata operazione di consulenza, importante rilevanti risvolti di responsabilità pro fessionale, l'avv. Samarotto risulta essersi occupato dell'acqui sizione da parte di Satinine s.p.a. di Soprani s.r.l., ora dalla stes

sa controllata, ed in più di essersi occupato di ogni vicenda con

trattuale inerente la Soprani s.r.l. medesima, in particolar modo

circa i contratti di licenza del marchio, i contratti su estero ed il

ramo abbigliamento, in siffatta ipotesi venendo quindi ad opera re per conto di Satinine s.p.a., con l'acquisita, direttamente nella

redazione delle clausole contrattuali.

L'unico episodio di diretto intervento nei rapporti con Borsa

lino s.p.a., invece, l'avv. Samarotto sembra averlo posto in esse re in sede richiesta di esame di un testo di fideiussione bancaria

predisposta da Banca popolare commercio ed industria s.c.r.l. (da rilasciare a garanzia del pagamento a Borsalino s.p.a. di una

tranche del risarcimento a cui Satinine s.p.a. era stata condan

nata in esito ad un primo procedimento arbitrale); intervento poi non verificatosi in quanto declinato l'invito da parte del richie

sto in ragione dell'opportunità, evidenziata dallo stesso, di sot

toporre l'esame al legale assistente la parte nella controversia. Vero è pertanto che. nella concreta fattispecie, nessuna delle

circostanze numericamente elencate sembra sussistere in quanto né il ricusato arbitro nella causa è da ritenere abbia attuale inte resse (le sue mansioni esaurendosi nella collaborazione con lo studio Pirola. Pennuto, Zei ed associati in relazione ai rapporti di Satinine s.p.a. con terzi, in particolar modo con Studio Sopra ni s.r.l.), né si può ritenere vi abbia dato consiglio, questo uffi cio non potendo pervenire ad una pronuncia di accertamento in merito alla sussistenza della circostanza stessa in primo luogo perché l'«aver dato consiglio» deve riferirsi indubbiamente alla causa in corso, cosa che manifestamente non appare agli atti, in secondo luogo perché, anche qualora si volesse estendere il contenuto della norma a ricomprendere i consigli eventualmente dati ad una delle parti nella materia da cui in seguito il conten zioso prende spunto, nessuna prova è emersa, ma anzi risulta

esclusa, circa un intervento dell'avv. Samarotto nell'interpreta zione o nell'applicazione del contratto concluso in data 21 di cembre 1994 tra Satinine s.p.a. e Borsalino s.p.a., nemmeno per il perìodo intercorso dal 2001 ad oggi (in precedenza alcun rap porto tra i summenzionati risultando mai intercorso).

Si impone pertanto all'attenzione del giudicante la necessità, sulla scorta della richiesta complessivamente avanzata dall'o dierna ricorrente, di riconsiderare l'esistenza delle cause che le

gittimino la ricusazione del nominato arbitro sotto differente

profilo.

Il Foro Italiano — 2003.

E nessun dubbio interpretativo, da questo punto di vista, può sussistere in ordine al potere del giudice investito della questio ne, di indagare intorno all'esistenza sostanziale delle cause di

ricusazione dedotte in istanza. L'art. 815 codice di rito, difatti, sulla scorta del disposto di cui al suo 2° comma, dispone che «la

ricusazione è proposta mediante ricorso al presidente del tribu

nale indicato nell'art. 810, 2° comma, entro il termine perento rio di dieci giorni dalla notificazione della nomina o dalla so

pravvenuta conoscenza della causa di ricusazione». Nessun

riferimento precipuo viene pertanto fatto alla disposizione del

l'art. 52 c.p.c. come necessitante l'indicazione dei motivi speci fici su cui il ricorso si fonda. Nonostante questo, appare quan tomeno però evidente la necessità dell'allegazione di parte in

ordine ai motivi di ricusazione dedotta, allegazione altresì da

intendersi evasa qualora nei fatti addotti siano rilevabili nella

sostanza le ragioni che la parte stessa indica a sostegno della

propria istanza, ininfluente la specifica letterale enumerazione

degli articoli di legge posti a riferimento.

In altre parole: se dall'enunciazione delle circostanze di fatto

poste a fondamento della domanda risulta enucleabile l'oggetto della stessa come riconducibile alla previsione normativa gene rale, nulla quaestio in ordine alla differente qualificazione giu ridica operata del giudice, purché nella concreta fattispecie sus

sista corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, altrimenti la

pronuncia essendo viziata per ultrapetizione. La regola qui enunciata, d'altra parte, e come sottolinea at

tenta dottrina, si riconduce espressamente alla disciplina del

l'art. 112 c.p.c. (sia che la si riferisca, in conformità alla rubrica

della norma stessa, propriamente al «principio della corrispon denza tra chiesto e pronunciato», sia che la si riferisca al princi

pio della disponibilità dell'oggetto del processo ad opera della

parte) e si sostanzia in ciò che il potere di determinare l'ambito

dell'oggetto del processo, in modo vincolante per il giudice,

spetta a chi propone la domanda, il quale lo esercita con la pro

posizione stessa, ma più precisamente soltanto con quella parte dell'atto medesimo nella quale egli afferma o allega i fatti co

stitutivi e lesivi, escluso viceversa ogni rilievo, sotto questo pro filo, a quella parte dell'atto in cui quei fatti sono riferiti alle

norme giuridiche. Tutto questo in pratica significa quindi che il giudice deve

giudicare su tutti i fatti che sono allegati od affermati nella do

manda, e solo su quelli (iudex secundum alligata indicare de

bet)', ma a quei fatti può applicare le norme di diritto che ritiene

le più adeguate, siano o non siano indicate nella domanda, es

sendo ancora, ed a maggior ragione, libero di interpretarle nel

modo che ritiene più corretto, sia o non sìa stata quell'interpre tazione, prospettata dalle parti (per il principio secondo il quale iura novit curia).

Da diversa angolazione, vi è poi da sottolineare come il 1°

comma dell'art. 815 disciplini la possibilità, per la parte, di ri

cusare l'arbitro che essa, naturalmente, non abbia nominato, per i motivi indicati nell'art. 51: nessun riferimento è pertanto ef fettuato in ordine alla differenziazione, operata da detta norma

richiamata, tra le ipotesi specificamente di cui al 2° comma, casi in cui esistono gravi ragioni di convenienza per le quali al giu dice è concessa la facoltà di astenersi (2° comma), ed i casi spe cificamente elencati ai nn. da 1 a 5 del 1° comma, cui corri

sponde al contrario il diritto-dovere per il giudice stesso di aste nersi. Distinzione che risulta di fondamentale importanza in or dine alla possibilità di ricusazione riconosciuta alla parte in base alla sussistenza dei motivi di cui al 1° comma, non riconosciuta,

viceversa, per le ragioni eventuali di cui al cpv., dal precipuo

disposto dell'art. 52 c.p.c. Ora: il generico richiamo alle ipotesi di astensione del giudice,

altro significato non può avere se non la possibilità della parte, in sede di arbitrato, e stante la sua natura di giudizio operato da

giudice non tecnico, di ricorrere per la ricusazione dell'arbitro anche in costanza delle sole gravi ragioni di convenienza che nel

giudizio ordinario legittimano unicamente il giudice ad astenersi

(conforme Trib. Napoli 8 marzo 1996, Foro it.. Rep. 1997, voce

Arbitrato, n. 168; 4 aprile 1996, id., Rep. 1996, voce cit., n. 91;

più diffusamente, Trib. Torino 14 gennaio 2002, id., 2002, I,

1614, ove espressamente, e prescindendosi dalle specifiche moti vazioni in fatto caratterizzanti il caso specifico, si sottolinea: «Sussistono gravi ragioni di convenienza per ricusare quale ar bitro un avvocato dello Stato, nominato tale da un collega in una

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

controversia tra un'impresa privata e l'università degli studi, se

questi, come nel caso di specie, esercita la sua funzione noto

riamente e da lunghi anni in una città — Torino -— dove l'avvo

catura dello Stato è costituita da un numero esiguo di avvocati e

dove vi è presunzione certa che tra questi e il collega siano in

sorti dei rapporti, se non di amicizia e di frequentazione privata, sicuramente di lunga e quotidiana frequentazione per ragioni di

ufficio»), E la ratio legis, ad un attento esame degli istituti qui codici

sticamente recepiti, si appalesa evidente. Le ipotesi di ricusa

zione del giudice, infatti, si configurano nella loro essenza come

ipotesi di «sanzione» prevista dal codice di rito per il giudicante che. versando in condizione d'incompatibilità a svolgere il pro

prio ruolo (pertanto ponendo a rischio il fondamentale requisito

d'imparzialità che lo caratterizza), non ottemperi al proprio di

ritto-dovere di astenersi.

Diritto-dovere che precisamente in tale qualificazione appare

recepito a livello legislativo, in quanto posto ad arginare, da un

lato, la possibilità di esercizio non conforme agli obblighi della

funzione giudiziaria da parte dell'organo giudicante; dall'altro,

posto ad arginare simmetricamente la possibilità di indebita

pressione dei contendenti sulla funzione stessa, con irrimedia

bile compromissione di ogni garanzia processuale. D'altra parte, la contemporanea sussistenza in capo al mede

simo soggetto di situazioni giuridiche differenti (riconducibili,

per l'appunto, alle contrapposte categorie del «diritto» e del

«dovere»), si può verificare pacificamente in numerose posizio ni soggettive regolate all'interno dell'ordinamento giuridico, ed

in particolar modo in costanza della specifica situazione giuridi ca che si configura nel «potere» (cui si contrappone la «sogge

zione»), quale complesso coacervo di posizioni attive e passive che consentono ad un soggetto di agire entro la sfera giuridica di altro soggetto modificandone il contenuto e l'estensione.

E da questo punto di vista, il processo, come interazione di

più soggetti (attore, organo giudicante, convenuto, intervenien

ti), si palesa quale «luogo giuridico complesso» privilegiato nel

quale interagiscono le categorie «diritto-dovere», «potere

soggezione», «facoltà-onere» quali dalla teoria generale del di

ritto indicate.

Pertanto, all'indicata inottemperanza del giudice al dirit

to-dovere (costituente il suo «potere-facoltà») di astensione in

dicato dall'art. 51, 1° comma, c.p.c., si attaglia il simmetrico

dovere-diritto delle parti (in tal caso identificabile come loro

«potere-onere») di attivazione del meccanismo ricusatorio sì

da ovviare all'inerzia, in una situazione che potremmo definire

perfecta. Viceversa, in una situazione definibile minus quarti perfecta,

al «potere-facoltà» riconosciuto al giudice, in presenza delle ra

gioni di opportunità indicate al 2° comma della stessa norma di

legge, di astenersi dal conoscere della causa (per il quale, lo si

ripete, non è prevista in via surrogatoria facoltà alcuna in capo ai soggetti privati del processo), corrisponde una mera «sogge zione» delle stesse non altrimenti ovviabile.

E mentre in presenza delle ipotesi di cui al 1° comma dell'art.

51, a fronte della dichiarazione di astensione del giudice, conse

gue ipso facto la spogliazione da parte dello stesso del processo alla sua cognizione assegnato con conseguente riassegnazione ad altro giudicante da parte del dirigente l'ufficio, nei casi di cui

al 2° comma è riservata invece al dirigente stesso indagine di

screzionale in merito all'effettiva sussistenza delle differenti

circostanze addotte a fondamento della richiesta conseguendo

ne, in caso di valutazione positiva, pronunzia di autorizzazione

all'astensione.

Tanto considerato, in materia di arbitrato, il mancato espresso richiamo all'art. 52 c.p.c. all'interno del successivo art. 815,

come già supra si adombrava, si giustifica appieno in conside

razione della differente qualità soggettiva dell'organo giudi cante: nel primo caso tecnico (incardinato all'interno dell'ordi

namento giudiziario ed ai poteri dallo stesso conferiti ai singoli

componenti), nel secondo no (e pertanto svincolato da ogni sog

gezione correlativa), ma egualmente vincolato (come terzo de

putato a risolvere controversie tra parti in lite) al necessario

principio d'imparzialità quale direttamente discendente dai fon

damenti del giusto processo recepiti a livello costituzionale al

l'art. 111 Cost, e permeanti di sé l'intero ordinamento giuridico.

Il Foro Italiano — 2003.

Dai principi tutti sin qui elaborati, e tenuto altresì conto, per

gli effetti di quanto supra evidenziato, del riferimento in ricorso

al 2° comma dell'art. 51 c.p.c. da parte ricorrente effettuato, ne

deriva quindi che il giudice investito della questione ben può ritenere motivi, dedotti nella loro gravità come non sufficienti

ad integrare le espressamente riconosciute ipotesi di ricusazio

ne, al contrario pienamente sufficienti ad integrare le gravi ra

gioni di convenienza autorizzanti l'astensione (senza lesione al

cuna del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato); con funzione che risulta appieno mirata a garantire il rispetto dei summenzionati fondamenti giuridici, devolvendosi all'auto

rità giudiziaria, di norma estromessa in presenza di compromis sione in arbitri del giudizio, il controllo circa le garanzie del

procedimento arbitrale stesso.

Nella fattispecie quivi dedotta a giudizio, la circostanza del

l'attività posta in essere dall'avv. Samarotto, quale collaborato

re dello studio associato, ma dallo stesso oltremodo condotta di

rettamente per Satinine s.p.a. nei confronti di Studio Soprani s.r.l., pur non «incarnando» quell'interesse nella causa o quel

consiglio nella stessa previsti all'art. 51, 1° comma, nn. 1 e 4,

c.p.c., come cause di ricusazione, ben può da sola integrare la

situazione di grave sconvenienza a che il ricusato prosegua nelle

funzioni conferitegli, sussistendo ragioni obiettive di compro missione della sua doverosa imparzialità. Compromissione che,

pur a fronte dell'indiscussa professionalità e serietà del ricusato,

devesi valutare con giudizio prognostico come potenzialità della

stessa ad arrecare, in astratto, danno ad uno dei compromittenti in arbitri.

In effetti, dall'istruttoria condotta, inequivocabilmente è

emerso come sussistente il conflitto d'interessi tra Borsalino s.p.a. e Studio Soprani s.r.l., in quanto la prima, concessionaria del

proprio marchio, contesta la violazione di varie clausole del

contratto stipulato con Satinine s.p.a., licenziataria, come da

questa applicate in ragione dei contratti dalla stessa stipulati con

terzi, in una vertenza che vede, a detta dell'odierna ricorrente, il

proprio marchio come sfavorito a vantaggio di altri concessio

nari tra cui, per l'appunto e soprattutto, Soprani s.r.l. Se di tali

inadempimenti il futuro collegio arbitrale dovrà occuparsi, ap

pare evidente come ragioni di convenienza impongano l'asten

sione dell'avv. Samarotto, intervenuto nella stipula dei contratti

con Soprani s.r.l., oltre che consulente (con ogni conseguenza in

ordine alla sua responsabilità deontologica), in sede di due dili

gence (come da locuzione anglosassone), di Satinine s.p.a. nel

l'acquisizione del controllo di altre società terze parimenti inte

ressate al mercato di prodotti cosmetici.

Sotto tale aspetto, pertanto, e richiamate le considerazioni in

diritto tutte precedentemente affrontate, fondato appare il ricor

so di cui in epigrafe come proposto da Borsalino s.p.a. così da

involverne in questa sede l'accoglimento, il tutto peraltro in

piena conformità all'art. 55 del codice deontologico degli avvo

cati, approvato con delibera 17 aprile 1997. (Omissis)

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