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ordinanza 11 febbraio 2004; Pres. Vendittelli Casoli, Rel. Converso; F. Cipolla (Avv. G. Cipolla)c. Portolese (Avv. Giordano)Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 3 (MARZO 2004), pp. 881/882-887/888Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199490 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE D'APPELLO DI TORINO; ordinanza 11 febbraio 2004; Pres. Vendittelli Casoli, Rei. Converso; F. Cipolla (Avv. G. Cipolla) c. Portolese (Avv. Giordano).
CORTE D'APPELLO DI TORINO;
Avvocato — Tariffa professionale — Inderogabilità — Con
correnza — Rimessione alla Corte di giustizia (Trattato Ce, art. 10, 81, 82, 234).
Va rimessa alla Corte di giustizia delle Comunità europee la
questione pregiudiziale se il principio della concorrenza si
applichi anche ali 'offerta dei servizi legali; se detto principio impedisca l'inderogabilità assoluta dei compensi forensi, e se riconosca alle parti la possibilità di definire, con effetto vin
colante, la remunerazione dell'avvocato. (1)
(1) L'ordinanza in epigrafe interviene su un tema, quello della re
golamentazione nel settore delle professioni liberali, più che mai al centro del dibattito, specie a seguito della recentissima Relazione sulla concorrenza nei servizi professionali (in <http://europa.eu.int/comm/ competition/liberal_professions/final_communication_it.pdf>) presen tata dalla commissione europea il 9 febbraio scorso, con la
quale gli Stati membri sono stati invitati ad eliminare, entro il 2005, tutte le restrizioni — in primis, la fissazione dei prezzi e i divieti di
pubblicità — che impediscono la concorrenza (in particolare per cate
gorie professionali quali gli avvocati e gli architetti), ad eccezione di
quelle chiaramente giustificate da motivi di interesse pubblico [per aver contezza dell'attualità e della delicatezza della questione rappresentata dal rapporto tra tariffe professionali e diritto antitrust, si segnalano, nella giurisprudenza comunitaria più recente, i casi Arduino e Wouters (Corte giust. 19 febbraio 2002, causa C-35/99 e causa C-309/99, Foro ir., 2002, IV, 186, con nota di S. Bastianon, alla quale si rinvia anche
per i riferimenti dottrinari e giurisprudenziali). In ambito interno, v. in vece Cass. 7 marzo 2003, n. 3432, e Trib. Trento 9 maggio 2002, id., 2003, I, 1759, con nota di S. Bastianon; in dottrina, si segnala il re cente contributo di A. Berlinguer, Professione forense, impresa e con correnza, Milano, 2003].
La vicenda da cui trae origine l'intervento in esame è di un'assoluta
semplicità: in vista di una controversia, l'avvocato aveva richiesto (e ottenuto) una certa somma come pagamento anticipato della prestazio ne professionale, dichiarandola esaustiva di tutte le spese e dei com
pensi a venire; sennonché, a composizione stragiudiziale avvenuta (senza l'intervento del legale), la parte, vistasi recapitare una parcella dalla quale la suddetta somma era semplicemente detratta, si rifiutava di provvedere al pagamento del residuo. I giudici della Corte d'appello di Torino, chiamati a pronunciarsi sull'inderogabilità delle tariffe fo rensi, allineano un centinaio di precedenti per ricostruire la giurispru denza della Suprema corte e ricavarne il principio di diritto secondo il
quale l'inderogabilità del compenso per l'avvocato genera la nullità di
qualsiasi accordo di contenuto diverso — anche se si tratta di conven zione individuale — e vincola il giudice nella liquidazione delle spese di lite. Significativamente, alla luce del suddetto excursus giuris prudenziale, i giudici rilevano, tra l'altro, che il principio di inderoga bilità del compenso è mirato a prevenire la concorrenza tra gli avvocati: una finalità chiaramente stridente con il diritto comunitario, il quale considera anzi la concorrenza fra avvocati un elemento caratterizzante la professione ed essenziale sia per la trasparenza del mercato dei ser vizi professionali sia per la garanzia del consumatore (cfr. § 31-33 della Relazione sulla concorrenza nei servizi professionali, cit.: «Prezzi fissi o prezzi minimi sono gli strumenti normativi atti ad avere gli effetti più dannosi sulla concorrenza, in quanto smantellano o riducono seria mente i vantaggi che ai consumatori possono derivare dai mercati con correnziali. Secondo alcune associazioni professionali, i prezzi fissi co stituiscono un meccanismo per garantire prezzi bassi. Tuttavia la teoria economica suggerisce che, in un mercato per il resto concorrenziale, è
improbabile che la regolamentazione dei prezzi garantisca prezzi infe riori ai livelli concorrenziali. Le associazioni professionali hanno inol tre argomentato che i prezzi fissi proteggono la qualità dei servizi. Tuttavia i prezzi fissi non possono impedire a professionisti senza scru
poli di offrire servizi di qualità scadente. Né li disincentivano a ridurre la qualità e i costi. Inoltre esiste una varietà di meccanismi meno re strittivi che consentono di mantenere la qualità e di proteggere i con sumatori. Ad esempio le misure intese a migliorare la disponibilità e la
qualità delle informazioni sui servizi professionali possono aiutare i consumatori a prendere decisioni di acquisto più informate»; v., altresì, il 'considerando' n. 6 della direttiva 16 febbraio 1998 n. 98/5, volta a facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica).
Da queste considerazioni i giudici torinesi traggono spunto per solle vare una questione pregiudiziale e rimettere all'interpretazione della Corte di giustizia il quesito relativo all'applicabilità dei principi del di ritto antitrust all'offerta dei servizi legali, chiedendo, più nel dettaglio, se detto principio impedisca l'inderogabilità assoluta dei compensi fo rensi e comporti, invece, per le parti, la possibilità di definire, con ef fetto vincolante, la remunerazione dell'avvocato. [G. Colangelo]
Il Foro Italiano — 2004.
1. - Premesso, in fatto: che nel mese di marzo 1991, Rosaria
Portolese, Alberto Careri e Marianna Rinaldis, nonché Domeni co e Carmelo Rinaldis, si rivolsero all'avv. Federico Cipolla per iniziare un processo contro il comune di Moncalieri, onde otte nere la corresponsione dell'indennità per l'occupazione d'ur
genza non seguita dal provvedimento di espropriazione, dispo sta dal comune con un unico provvedimento del sindaco, e rela tiva a terreni fra di loro confinanti di proprietà dei suddetti; che, in particolare, l'occupazione era parziale, ad eccezione di mq 165, per un fondo della superficie di mq 1835 di proprietà della
Portolese, totale per un altro fondo in comproprietà dei Rinaldis e per un terzo in comproprietà dei Rinaldis-Careri; che l'avv.
Cipolla ricevette tutti e cinque i clienti in un'unica sessione (te ste Domenico Rinaldis), esprimendo un unico parere giuridico, e, pur trattandosi di una situazione giuridica comune a tutte e
cinque quelle persone, ritenne opportuno redigere tre distinti atti di citazione, anziché uno solo, iscrivendo a ruolo del Tribunale di Torino tre distinti processi, con i nn. r.g. 4396/91; 4397/91; 4398/91; che, durante la sessione anzidetta, l'avv. Cipolla avrebbe chiesto ed ottenuto, pur non garantendo l'esito positivo della causa, il pagamento anticipato della prestazione professio nale nella somma di lire 1.850.000 da ciascuna delle tre parti, somma che sarebbe stata «esaustiva di tutto indipendentemente dall'esito della causa» (testi Marianna Rinaldis e Alberto Care
ri; senza ricordo dell'importo versato, Domenico Rinaldis; con il ricordo di aver avuto la richiesta di una somma, Carmelo Ri
naldis), mentre, secondo una dipendente dello studio dell'avv.
Cipolla, che non risulta esser stata presente all'incontro, «l'avv.
Cipolla chiede 'sempre' una somma iniziale a titolo di anticipo, che noi chiamiamo in studio 'fondo' alla quale segue poi una
parcella definitiva» (teste Alessandra Di Gioia); che detta som ma fu sicuramente e pacificamente versata dalla Portolese; che all'udienza del 22 maggio 1991, dinanzi al giudice istruttore, l'avv. Cipolla chiese la riunione dei tre processi per ragioni di connessione oggettiva, ciò che il giudice dispose, dopo aver di chiarato la contumacia del comune di Moncalieri; che la contro versia si risolse in seguito mediante una transazione avvenuta senza l'intervento del difensore, ad opera diretta di una delle
parti, l'ing. Carmelo Rinaldis; che in forza di dette transazioni, una per ciascuna proprietà, il comune di Moncalieri corrispose somme varie «a titolo di indennità definitiva per l'acquisizione da parte della città di Moncalieri delle aree» (premessa e art. 1
del contratto rogito notaio Revigliono 27 ottobre 1993, n.
68972/33536 quanto alla Portolese); che il comune versò, ri
spettivamente, alla Portolese, per l'espropriazione del comples sivo fondo di mq 1835 (art. 1), la somma di lire 101.709.720 (contratto citato), deliberò il pagamento per i medesimi titoli ad
Alberto Careri e Marianna Rinaldis della somma di lire
30.406.050, a Carmelo e Domenico Rinaldis della somma di lire 30.459.150 (così deliberazione del commissario straordinario
per la città di Moncalieri 1° ottobre 1993, n. 1118); che, succes
sivamente, con parcella in data 18 maggio 1995, l'avv. Cipolla richiese, detratta la somma suddetta, alla Portolese la cifra com
plessiva di lire 4.125.400 (euro 2.130,38), di cui lire 198.400 per esposti, lire 1.380.000 per diritti, lire 3.840.000 per onorari, lire 522.000 per maggiorazione ex art. 15 tariffa professionale, lire 82.508 per contributo previdenziale, oltre Iva per lire
799.000; che la Portolese rifiutò il pagamento della somma sud
detta; che il Tribunale di Torino, con sentenza 12-20 giugno 2003, n. 5150/03, dato atto del pagamento della somma di lire
1.850.000, respinse ogni ulteriore domanda dell'avv. Cipolla, a carico del quale pose le spese di lite; che avverso detta sentenza l'avv. Cipolla ha proposto appello con sei motivi; che —
per quanto qui rileva — con il quarto motivo di appello, parte ap pellante indica la tariffa forense da applicare in quella adottata dal Consiglio nazionale forense con deliberazione 30 marzo 1990 ed approvata con d.m. 24 novembre 1990 n. 392; che —
secondo parte appellante — il valore della causa della Portolese deve esser determinato nella misura pari a lire 156.538.800, im
porto ottenuto dalla somma di quanto riconosciuto in via tran
sattiva in favore della Portolese, dei fratelli Rinaldis e dei co
niugi Careri, dovendosi dunque applicare lo scaglione per un
valore compreso tra cento (euro 51.650) e duecento (euro 103.290) milioni di lire; che, con il quinto motivo, assume do versi ricalcolare i diritti in relazione allo scaglione tariffario ri
detto, superiore a quello applicato nella parcella posta a base del
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PARTE PRIMA 884
presente processo, aumentando gli onorari del quaranta per
cento, onde tener conto della presenza di due parti oltre la pri
ma, e liquidando gli onorari in misura prossima al massimo
della tariffa professionale, tenuto conto della asserita comples sità della situazione giuridica all'epoca della proposizione della
domanda, con un compenso spettante secondo la tariffa forense
di lire 5.463.333, da cui debbono detrarsi lire 1.500.000 già ver
sate in acconto, con un residuo debito attuale pari a lire
5.049.520, e così euro 2.607,86, oltre interessi legali maturati
dal 18 maggio 1995 al giorno del saldo, ed oltre gli interessi
anatocistici ex art. 1283 c.c. dal giorno 26 maggio 1998, data di
notifica della domanda giudiziale. 2. - Osservato, quanto al compenso dovuto in generale per il
contratto d'opera professionale, ed in ispecie all'avvocato:
che, in via generale, il compenso per il contratto d'opera pro fessionale è regolato dall'art. 2233 c.c., secondo il quale:
«Il compenso, se non è convenuto dalle parti e non può essere
determinato secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudi
ce, sentito il parere dell'associazione professionale a cui il pro fessionista appartiene.
In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata al
l'importanza dell'opera e al decoro della professione. Gli avvocati, i procuratori e i patrocinatori non possono, nep
pure per interposta persona, stipulare con i loro clienti alcun
patto relativo ai beni che formano oggetto delle controversie af
fidate al loro patrocinio, sotto pena di nullità e dei danni»;
che, secondo la costante giurisprudenza della Suprema corte
di cassazione, la norma pone una gerarchia delle fonti, nel senso
che il compenso convenuto fra le parti prevale sempre su quello derivato da altre fonti (così Cass. 14 dicembre 1983, n. 7374,
Foro it., Rep. 1984, voce Professioni intellettuali, n. 81; 30 ot
tobre 1996, n. 9514, id., 1997,1, 2179; 9 ottobre 1998, n. 10064, id., Rep. 1999, voce cit., n. 156; 1° febbraio 2000, n. 1094, id., Rep. 2000, voce cit., n. 153; 23 maggio 2000, n. 6732, ibid., n.
157; 28 gennaio 2003, n. 1223, id., Mass., 126; 29 gennaio
2003, n. 1317, ibid., 141), senza possibilità per il giudice di mo dificarlo (Cass. 22 novembre 1995, n. 12095, id., Rep. 1995,
voce cit., n. 150);
che, in ispecie, la professione di avvocato nella Repubblica italiana è regolata, fra le altre, dalla 1. 13 giugno 1942 n. 794, la
quale all'art. 24 dispone: «Gli onorari e i diritti stabiliti per le prestazioni dei procura
tori e gli onorari minimi stabiliti per le prestazioni degli avvo
cati sono inderogabili. Ogni convenzione contraria è nulla»; che da tale norma la giurisprudenza della Suprema corte ha
tratto i seguenti principi di diritto, che costituiscono l'odierno
diritto vivente:
A) Il principio di inderogabilità del compenso per l'avvocato
genera la nullità generale di qualsiasi accordo di contenuto di
verso, anche se si tratta di convenzione individuale (cfr. Cass. 7
giugno 1980, n. 3681, id., Rep. 1980, voce Avvocato, n. 170; 7
giugno 1980, n. 3684, ibid., n. 173; 13 giugno 1980, n. 3777, ibid., n. 176; 30 giugno 1980, n. 4113, id., 1980, I, 2751; 30 giugno 1980, n. 4114, id.. Rep. 1980, voce cit., n. 177; 12 di
cembre 1980, n. 6402, ibid., n. 183; 7 gennaio 1981, n. 106, id.,
Rep. 1981, voce cit., n. 123; 7 gennaio 1981, n. 107, ibid., n.
129; 22 maggio 1981, n. 3361, ibid., n. 135; 23 maggio 1981, n. 3386, ibid., n. 136; 16 ottobre 1982, n. 5354, id., Rep. 1982, vo
ce cit., n. 112; 23 marzo 1983, n. 2037, id., Rep. 1983, voce cit.,
n. 132; 7 luglio 1986, n. 4434, id., Rep. 1986, voce cit., n. 85;
19 luglio 1986, n. 4673, ibid., n. 90; 28 aprile 1988, n. 3221, id., Rep. 1988, voce cit., n. 74);
B) II principio d'inderogabilità del compenso per l'avvocato
genera la nullità di qualsiasi accordo di contenuto diverso, an
che se stipulato con un ente pubblico (cfr. Cass. 19 febbraio
1981, n. 1043, id.. Rep. 1981, voce cit., n. 139; 13 giugno 1983, n. 4057, id.. Rep. 1983, voce cit., n. 131);
C) Il principio d'inderogabilità del compenso per l'avvocato
genera la nullità di qualsiasi accordo di contenuto diverso, an
che se stipulato con avvocati per una prestazione parasubordi nata (cfr. Cass. 23 marzo 1983, n. 2036, ibid., n. 133; 3 marzo
1988, n. 2246, id., Rep. 1988, voce cit., n. 75);
D) Il principio d'inderogabilità del compenso per l'avvocato
genera la nullità generale di qualsiasi accordo di contenuto di
verso, anche se sia riferito a processi ripetitivi o standardizzati
(cfr. Cass. 19 ottobre 1983, n. 6148, id., Rep. 1984, voce cit., n.
Il Foro Italiano — 2004.
115; 28 giugno 1984, n. 3814, ibid., n. 114; 5 giugno 1989, n. 2697, id.. Rep. 1989, voce cit., n. 72; 6 marzo 1999, n. 1912,
id.. Rep. 1999, voce cit., n. 188; 21 luglio 1998, n. 7144, id., Rep. 1998, voce cit., n. 170);
E) Il principio di inderogabilità del compenso per l'avvocato
è mirato a prevenire la concorrenza fra avvocati (cfr. Cass. 19
febbraio 1981, n. 1043, cit.; 4 luglio 1981, n. 4366, id., Rep. 1981, voce cit., n. 137; 18 maggio 1982, n. 3066, id., Rep. 1982,
voce cit., n. 109; 9 agosto 1982, n. 4459, ibid., n. Ili; 7 marzo
1983, n. 1680, id., Rep. 1983, voce cit., n. 122; 29 novembre
1988, n. 6449, id.. Rep. 1989, voce cit., n. 71; 1° dicembre
1995, n. 12421, id.. Rep. 1995, voce cit., n. 79; 21 luglio 1998, n. 7144, id.. Rep. 1998, voce cit., n. 170);
F) Il principio d'inderogabilità del compenso per l'avvocato
impedisce la rinunciabilità preventiva del compenso in misura
inferiore a quello previsto della tariffa professionale, anche in
caso di specifico accordo individuale, salvo casi eccezionali e
per interessi meritevoli di tutela; impedisce la rinuncia al com
penso maggiore di quello liquidato dal giudice e consente la
possibilità di richiedere un compenso maggiore rispetto a quello
già domandato (cfr. Cass. 10 maggio 1980, n. 3086, id.. Rep.
1980, voce cit., n. 151; 18 maggio 1982, n. 3066, id., Rep. 1982, voce cit., n. 109; 16 ottobre 1982, n. 5354, cit.; 13 giugno 1983, n. 4057, cit.; 6 luglio 1983, n. 4562, id., Rep. 1983, voce cit., n.
125; 7 luglio 1986, n. 4434, id., Rep. 1986, voce cit., n. 85; 19
ottobre 1992, n. 11448, id., Rep. 1992, voce cit., n. 89; 1° di
cembre 1995, n. 12421, id., Rep. 1995, voce cit., n. 79; 22 gen naio 1997, n. 621, id., Rep. 1997, voce cit., n. 107; 15 febbraio
1999, n. 1264, id., Rep. 1999, voce cit., n. 184); G) Il principio d'inderogabilità del compenso per l'avvocato
determina la sostituzione dell'accordo per un compenso in mi
sura inferiore a quello della tariffa professionale, con l'applica zione del minimo stesso (cfr. Cass. 1° dicembre 1995, n. 12421,
cit.); H) Il principio d'inderogabilità del compenso per l'avvocato
genera la modificazione della natura della somma versata dal
cliente da «saldo» in «acconto» rispetto a quanto disposto dalla
tariffa professionale (cfr. Cass. 16 ottobre 1982, n. 5354, cit.);
I) Il principio d'inderogabilità del compenso per l'avvocato
vincola anche il giudice nella liquidazione delle spese di lite
(cfr. Cass. 17 marzo 1981, n. 1550, id., Rep. 1981, voce cit., n.
142; 7 maggio 1981, n. 2977, ibid., voce Spese giudiziali civili, n. 43; 4 novembre 1983, n. 6505, id., Rep. 1983, voce Avvocato,
n. 121; 16 novembre 1984, n. 5831, iu Rep. 1984, voce cit., n.
117; 29 gennaio 1985, n. 515, id., Rep. 1 85, voce cit., n. 71 ; 26 febbraio 1986, n. 1213, id., Rep. 1986, vjce cit., n. 78; 6 aprile
1989, n. 1643, id., Rep. 1989 voce cit., n. 33; 9 ottobre 1990, n.
9935, id., Rep. 1991, voce Spese giudiziali civili, n. 17; 27 otto bre 1994, n. 8872, id., Rep. 1994, voce cit., n. 22; 20 febbraio
1998, n. 1767, id., Rep. 1998, voce Avvocato, n. 174; 10 no
vembre 1998, n. 11292, ibid., n. 187; 2 luglio 1999, n. 6816, id., Rep. 1999, voce Spese giudiziali civili, n. 43; 16 marzo 2000, n.
3040, id., Rep. 2000, voce cit., n. 37; 18 ottobre 2001, n. 12741,
id., Rep. 2001, voce cit., n. 10; 1° agosto 2002, n. 11483, id.,
Rep. 2002, voce cit., n. 41; 9 aprile 2003, n. 5581, id., Mass.,
480; 23 agosto 2003, n. 12413, ibid., 1198); L) Il principio d'inderogabilità del compenso per l'avvocato
stabilito dall'art. 24 1. n. 794 del 1942 si estende anche alle di
sposizioni contenute in altri provvedimenti normativi, quale la
tariffa professionale (cfr. Cass. 6 maggio 1985, n. 2854, id.,
Rep. 1985, voce cit., n. 27);
M) Il principio d'inderogabilità del compenso per l'avvocato
genera la nullità del contrario accordo, a differenza di quanto accade per altri professionisti, per cui pure sia prevista l'indero
gabilità della tariffa professionale, come ad esempio ingegneri ed architetti (cfr. Cass. 19 ottobre 1988, n. 5675, id., Rep. 1988,
voce Professioni intellettuali, n. 83; 26 ottobre 1992, n. 11625,
id., Rep. 1992, voce cit., n. 77; 23 maggio 2002, n. 7538, id., Rep. 2002, voce cit., n. 106);
AO II principio d'inderogabilità del compenso per l'avvocato
genera la nullità del contrario accordo, a differenza di quanto accade per altri professionisti, senza che ciò violi il principio di
parità di cui all'art. 3 Cost. (cfr. Cass. 3 marzo 1988, n. 2246,
id., Rep. 1988, voce Avvocato, n. 75);
O) Il principio d'inderogabilità del compenso per l'avvocato
comprende sia i diritti che gli onorari (cfr. Cass. 21 febbraio
1995, n. 1875, id., Rep. 1995, voce cit., n. 83);
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
P) Il principio di inderogabilità del compenso per l'avvocato, di cui all'art. 24 1. n. 794 del 1942 si applica anche alle «presta zioni extragiudiziali»; sono «giudiziali» anche prestazioni estra
nee al giudizio (cfr. Cass. 7 febbraio 1987, n. 1259, id., 1987,1, 2164; 12 febbraio 1988, n. 1519, id., Rep. 1988, voce cit., n. 77; 3 luglio 1991, n. 7275, id., Rep. 1991, voce cit., n. 61; 6 settem
bre 1991, n. 9381, ibid., n. 75; 1° marzo 1994, n. 2034, id.. Rep. 1994, voce cit., n. 107; 6 agosto 1997, n. 7223, id., Rep. 1997, voce cit., n. 138; 6 marzo 1999, n. 1912, cit.; 13 aprile 2001, n.
5566, id., Rep. 2001, voce cit., n. 145);
Q) Il principio d'inderogabilità del compenso per l'avvocato, di cui all'art. 24 1. n. 794 del 1942 si applica anche al rimborso
forfetario per le spese generali di cui all'art. 15 della tariffa pro fessionale, pur se a domanda dell'interessato (cfr. Cass. 24 gen naio 1995, n. 803, id., Rep. 1995, voce cit., n. 90; 20 novembre
1998, n. 11736, id., Rep. 1999, voce cit., n. 179; 6 marzo 1999, n. 1912, cit.; 23 gennaio 2002, n. 738, id., 2002,1, 1556);
R) Il principio d'inderogabilità del compenso per l'avvocato
deve essere applicato con riferimento al valore del processo, ed
ove non sia possibile indicare sin dall'inizio il quantum debea
tur, esso è fissato dal valore della transazione che abbia even
tualmente concluso la controversia (cfr. Cass. 6 dicembre 2002, n. 17354, id., Rep. 2002, voce cit., n. 178);
S) Il principio di inderogabilità del compenso per l'avvocato, in caso di unico avvocato che difenda più parti, comporta l'e
ventualità dell'aumento del venti per cento degli onorari sulla
parcella base, ma solo nei confronti della controparte soccom
bente, così come la riduzione in caso di manifesta sproporzione fra valore e prestazioni (cfr. Cass. 29 maggio 1991, n. 6061, id.,
Rep. 1991, voce cit., n. 58; 16 luglio 1994, n. 6700, id.. Rep. 1994, voce cit., n. 86; 13 febbraio 1999, n. 1216, id., Rep. 1999, voce cit., n. 202; 6 dicembre 2002, n. 17354, id., Rep. 2002, vo
ce Spese giudiziali civili, n. 44; 3 settembre 2003, n. 12840, id.,
Mass., 1253). 3. - Considerato, quanto alla tariffa professionale forense:
che, in generale e quella qui applicabile di cui al d.m. 24 no
vembre 1990 n. 392 (ali. A), essa è strutturata su tre categorie di
compensi; le spese o esposti, costituiti dalle somme concreta
mente sborsate dall'avvocato nello svolgimento dello specifico contratto d'opera professionale, soggette a prova della loro sus
sistenza, voce per voce; i diritti, cioè i compensi spettanti per lo
svolgimento di specifiche attività previste dalla tariffa profes sionale (ad es.: il deposito di ciascun atto in cancelleria; il ritiro
di ciascun atto dalla cancelleria; la richiesta di notifica; la lettu
ra della relata di notifica, ecc.), secondo una minuta parcellizza zione dell'attività professionale, che prescinde, tuttavia, da ogni attività professionalmente rilevante, la quale è, invece, compen sata con gli onorari, che considerano l'attività intellettuale pro fessionalmente qualificante (ad es.: lo studio della controversia, la consultazione con il cliente, la ricerca dei documenti, ecc.);
che vi è, inoltre, il rimborso delle spese generali, di cui al
l'art. 15 della tariffa professionale, il quale remunera i costi
dello studio, è calcolato in percentuale fissa (dieci per cento) sulla somma di diritti ed onorari, ed è dovuto sulla sola base
della richiesta dell'avvocato, esonerato da una specifica prova (Cass. 24 gennaio 1995, n. 803, id., Rep. 1995, voce Avvocato, n. 90);
che sono coperti dal principio della inderogabilità i diritti, gli onorari e il rimborso delle spese generali;
che si tratta di compensi cumulabili fra di loro, e così — a ti
tolo di esempio, tratto da questo caso — quando furono eseguite le tre iscrizioni a ruolo suddette, ciò avvenne contemporanea mente, com'è dimostrato dalla sequenza continua dei numeri del
ruolo generale, il che comporta per l'avvocato i seguenti com
pensi: il rimborso delle materiali spese anticipate (carta, scrittu
ra, ecc.), il diritto di collazione dell'atto, e cioè la rilettura dello
stesso dopo la stampa; il diritto per la formazione del fascicolo; il diritto per la domanda introduttiva del giudizio; il diritto per l'autentica della firma del cliente; il diritto per l'iscrizione a
ruolo; il diritto per la consultazione con il cliente; il diritto per il
deposito dell'atto in cancelleria; l'onorario per lo studio della
controversia; l'onorario per la consultazione con il cliente; l'o
norario per la ricerca dei documenti (pur se forniti direttamente
dal cliente), l'onorario per la preparazione dell'atto introduttivo; il rimborso per le spese generali pari al dieci per cento della
somma di diritti ed onorari; che la somma complessiva di tutte queste voci è relativa a
Il Foro Italiano — 2004.
ciascuno dei tre atti di citazione anzidetti, e quindi deve essere
triplicata, pur se si trattasse — in ipotesi -— di atti identici;
che i diritti sono in misura fissa, ragguagliata al valore del
processo, determinato secondo classi di valore; che gli onorari sono stabiliti fra un minimo ed un massimo
sempre ragguagliati al valore del processo, determinato secondo
classi di valore; che detto meccanismo determina un progressivo aumento dei
diritti e degli onorari minimi in relazione alla classe di valore, a
prescindere dalla effettiva complessità e difficoltà della contro
versia.
4. - Rilevato, quanto alla natura dell'avvocato secondo il di
ritto comunitario, che la Corte di giustizia Ce (Corte giust. 19 febbraio 2002, causa C-35/99, Arduino, id., 2002, IV, 187) ha
affermato che l'avvocato, in ispecie italiano, in quanto profes sionista costituisce una impresa, secondo la nozione autonoma
propria del diritto comunitario, e la tariffa professionale è for
mata dalla deliberazione del Consiglio nazionale forense, che
costituisce una «organizzazione di categoria», sempre secondo
il diritto comunitario, ed è recepita, previo un controllo, che de ve essere non formale, dal ministro della giustizia con un pro
prio decreto ministeriale.
5. - Ritenuto, quanto al diritto di concorrenza comunitario:
che il diritto comunitario espressamente considera la concor
renza fra avvocati quale elemento caratterizzante la professione, come emerge dal 'considerando' n. 6 della direttiva 16 febbraio
1998 n. 98/5/Ce, direttiva del parlamento europeo e del consi
glio volta a facilitare l'esercizio permanente della professione di
avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata
acquistata la qualifica, secondo il quale «un'azione comunitaria
è giustificata anche dal fatto che alcuni Stati membri già con
sentono ad avvocati provenienti da altri Stati membri di eserci
tare attività professionali, sotto forma diversa dalla prestazione di servizi, sul proprio territorio con il loro titolo professionale
d'origine; che, tuttavia, negli Stati membri che riconoscono tale
diritto le modalità del suo esercizio sono profondamente diverse
in relazione, ad esempio, al campo di attività e all'obbligo di
iscrizione presso le autorità competenti; che una siffatta dispa rità di situazioni dà luogo a disparità di trattamento e a distor sioni della concorrenza fra gli avvocati degli Stati membri e co
stituisce un ostacolo alla loro libera circolazione; che solo una
direttiva che stabilisca le condizioni per l'esercizio della profes sione, sotto forma diversa dalla prestazione di servizi, da parte
degli avvocati che esercitano la loro attività con il loro titolo
professionale di origine, è in grado di risolvere questi problemi e di dare, in tutti gli Stati membri, identiche possibilità agli av
vocati ed agli utenti del diritto»; che anche la direttiva 8 giugno 2000 n. 2000/3 I/Ce, direttiva
del parlamento europeo e del consiglio relativa a taluni aspetti
giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particola re il commercio elettronico, nel mercato interno (direttiva sul
commercio elettronico), concernendo «qualsiasi servizio pre stato dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica, me
diante apparecchiature elettroniche di elaborazione (compresa la
compressione digitale) e di memorizzazione di dati, e a richiesta
individuale del destinatario dei servizi» ('considerando' n. 17). include necessariamente anche l'attività forense, com'è dimo
strato dall'art. 5, 1° comma, lett./), che fa obbligo al prestatore di indicare «l'ordine professionale o istituzione analoga, presso cui il fornitore sia iscritto; il titolo professionale e lo Stato
membro in cui è stato rilasciato; un riferimento alle norme pro fessionali vigenti nello Stato membro di stabilimento nonché le
modalità di accesso alle medesime»; che la riferibilità di tale di
rettiva agli avvocati è confermata dall'art. 8, 1° comma, della
medesima direttiva, secondo il quale l'offerta del servizio ben
può venire «da chi esercita una professione regolamentata»,
qual è quella dell'avvocato; che la direttiva complessivamente ed univocamente presuppone un'offerta concorrenziale; che
l'applicazione della direttiva agli avvocati e l'esigenza della
concorrenza fra di loro sono state ribadite dalla Corte di giusti zia Ce (Corte giust. 7 novembre 2000, causa C-168/98, Grandu
cato di Lussemburgo c. Parlamento europeo e Consiglio Ue, id.,
Rep. 2000, voce Unione europea, n. 915, § 62), secondo la
quale la «disparità di situazioni dà luogo a disparità di tratta
mento e a distorsioni della concorrenza fra gli avvocati degli Stati membri e costituisce un ostacolo alla libera circolazione»
degli stessi; che, d'altra parte, la naturale applicazione del prin
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PARTE PRIMA
cipio di concorrenza all'offerta di servizi delle professioni libe rali in genere (cfr. Corte giust. 12 settembre 2000, cause riunite C-180/98 e C-184/98, Pavel Pavlov e altri e Stichting Pensio
enfonds Medìsche Specialisten, id., 2002, IV, 144, § 93; quanto alla pubblicità comparata, quale elemento costitutivo della con
correnza, nel caso dei mandatari per i brevetti, Trib. I grado 28 marzo 2001, causa T-144/99, Istituto dei mandatari abilitati
presso l'Ufficio europeo dei brevetti c. Commissione Ce, id.,
Rep. 2002, voce cit., n. 1895, § 72) e legali in ispecie (cfr. Corte
giust. 19 febbraio 2002, causa C-309/99, Wouters c. Algemene Raad van de Nederlandse Orde van Advocaten, id., 2002, IV, 186), emerge ripetutamente dalla giurisprudenza comunitaria; che «Del resto, quando gli autori del trattato Ce hanno inteso sottrarre talune attività all'applicazione delle norme sulla con correnza o applicare ad esse un regime specifico, lo hanno fatto in modo esplicito. Ciò avviene per quanto riguarda la produzio ne e il commercio dei prodotti agricoli (art. 36 Ce) (sentenza della corte 30 aprile 1986, cause riunite 209/84, 210/84, 211/84, 212/84 e 213/84, Asjes, id., 1986, IV, 293) o per la produzione e il commercio di armi e materiali da guerra (art. 296 Ce)» (così Trib. I grado 28 marzo 2001, causa T-144/99, Istituto dei man datari abilitati presso l'Ufficio europeo dei brevetti c. Commis sione Ce, cit., § 67); che da tutto ciò deriva la diretta applicabi lità al sistema dei compensi per gli avvocati delle norme di cui
agli art. 81 e 82 del trattato Ce, essendo la concorrenza stru mento essenziale sia per la trasparenza del mercato dei servizi anche professionali, sia per la garanzia del consumatore, il quale possa, in qualche misura, superare la asimmetria di informazio ne comparando il servizio ed il costo relativo fra avvocati diver si (quanto alla asimmetria di informazione in relazione alle pro fessioni liberali: conclusioni 23 marzo 2000, in cause riunite da C-180/98 a C-184/98, Pavel Pavlov et alii c. Stichting Pensio
enfonds Medische Specialisten, avv. gen. Jacobs, § 86). 6. - Osservato, quanto alla compatibilità fra la normativa ita
liana ed il diritto comunitario:
che, come si è sopra illustrato, l'ordinamento italiano, secon do la norma effettivamente applicata, invece, mira dichiarata mente ad impedire qualsiasi concorrenza, remunerando in pari misura al minimo servizi anche qualitativamente assai diversi l'uno dall'altro, così da privilegiare, non la migliore qualità del servizio stesso, sibbene la mera appartenenza ad una categoria professionale regolamentata, anche se ciò possa ridondare a danno del consumatore;
che l'insegnamento della Corte di giustizia Ce ha chiarito come la norma da prendere in considerazione nell'ordinamento dello Stato membro sia non solo quella formalmente contenuta nella legge, ma soprattutto quella che sia effettivamente appli cata secondo il diritto vivente;
che, sulla base di tal principio, la Corte di giustizia Ce (Corte
giust. 9 dicembre 2003, causa C-129/00, Commissione c. Re
pubblica italiana, § 41) ha ritenuto essere in violazione del di ritto comunitario l'interpretazione giurisprudenziale di una leg ge nazionale, e così la norma effettiva risultante dalla giurispru denza, formata ad opera della Suprema corte di cassazione in materia di rimborso dei diritti incompatibili con il diritto comu nitario;
che, in generale, la Corte di giustizia Ce ha affermato essere in violazione del diritto comunitario, così da obbligare lo Stato membro al risarcimento del danno, anche la sentenza, pronun ciata da un giudice di ultimo grado, quando gli effetti di essa siano contrari al diritto comunitario (così Corte giust. 30 set tembre 2003, causa C-224/01, Gerhard Kòbler c. Repubblica d'Austria, id., 2004, IV, 4, § 50);
che, secondo tale insegnamento, questa corte ha raccolto
pressoché tutta la giurisprudenza formatasi in ordine al principio della inderogabilità delle tariffe professionali forensi, così da
porre in evidenza come la norma effettiva si caratterizzi sia per la più rigida tutela degli appartenenti all'ordine professionale forense, a differenza di quanto accade per altre categorie profes sionali; sia per l'espansività di detta tutela, ampliatasi dalle, previste dalla legge, «prestazioni giudiziali», anche alle «presta zioni extragiudiziali» e persino al rimborso per le spese genera li, che non sembrano aver riferimento con la remunerazione per l'attività professionale; sia per l'irrilevanza del contratto d'ope ra professionale, e quindi della remunerazione concordata, che
rappresenta pur sempre il principale strumento attuativo della concorrenza.
Il Foro Italiano — 2004.
7. - Considerato:
che sulla tariffa professionale forense italiana la Corte di giu stizia Ce ha già pronunciato (Corte giust. 19 febbraio 2002, cau sa C-35/99, Arduino, cit.), ma considerando il particolare profilo costituito dal modo di formazione della tariffa professionale an
zidetta, in quanto emanata con atto del governo, su proposta della «organizzazione di categoria», ma senza considerare lo
specifico profilo della inderogabilità; che il principio di inderogabilità, invero, non deriva dalla ta
riffa professionale ma dalla legge, essendo la prima solo un mezzo attuativo della seconda;
che, di conseguenza, la citata sentenza della Corte di giustizia Ce non pronuncia in merito alla inderogabilità dei compensi, ed alla conformità di essa al diritto comunitario;
che, pertanto, pare non conforme al contenuto di quella sen
tenza, la decisione della Corte di cassazione, la quale, amplian do la portata della sentenza comunitaria oltre i limiti suoi propri, ha affermato il contrario (Cass. 7 marzo 2003, n. 3432, id., 2003,1, 1759).
8. - Ritenuto, quanto alla decisione del presente processo: che è fermo il principio per cui «secondo una costante giuris
prudenza, la corte, nell'ambito dell'applicazione dell'art. 234
Ce, non è competente a statuire sulla compatibilità di una norma nazionale con il diritto comunitario. La corte può tuttavia rica vare dal testo delle questioni formulate dal giudice nazionale, tenuto conto dei dati da questi esposti, gli elementi attinenti al
l'interpretazione del diritto comunitario onde consentire al detto
giudice di risolvere il problema giuridico sottopostogli (v., in
particolare, sentenza 3 marzo 1994, cause riunite C-332/92, C 333/92 e C-335/92, Eurico Italia e a., id.. Rep. 1994, voce cit., nn. 526, 534, 536)» (così Corte giust. 30 settembre 2003, causa
C-224/01, Gerhard Kobler c. Repubblica d'Austria, cit., § 60); che l'art. 24 1. 13 giugno 1942 n. 794 si applica «a tutto il terri torio di uno Stato membro, la detta misura statale può pregiudi care il commercio tra gli Stati membri ai sensi dell'art. 85, n. 1, del trattato (v., in tal senso, precitata sentenza Commissio
ne/Italia, punto 48)» (così Corte giust. 19 febbraio 2002, causa
C-35/99, Arduino); che la presente questione pregiudiziale interpretativa è posta
nel rispetto dei requisiti fissati dalla Corte di giustizia Ce (Corte giust. 8 maggio 2003, Gantner Electronic GmbH c. Basch Ex
ploitatie Maatshappij BV, § 34 e 37). 9. - Ritenuto, conclusivamente:
che deve questa corte d'appello sollevare una questione pre giudiziale interpretativa ai sensi dell'art. 234 del trattato Ce nei
seguenti termini:
«I) se il principio della concorrenza del diritto comunitario, di cui agli art. 10, 81 e 82 del trattato Ce si applichi anche all'of ferta dei servizi legali;
II) se detto principio comporti, o meno, la possibilità di con venire fra le parti la remunerazione dell'avvocato, con effetto
vincolante;
III) se comunque detto principio impedisca, o meno, l'inde
rogabilità assoluta dei compensi forensi»; che la questione anzidetta è essenziale per la decisione del
presente processo, poiché questa corte deve decidere — ove ri tenesse provato un accordo fra le parti sulla remunerazione del l'avvocato — se detto contratto sia, o meno, valido; se debba, o meno, essere sostituito dalla determinazione dei compensi se condo la tariffa professionale forense; se detti compensi siano o meno inderogabili.
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