ordinanza 11 gennaio 2005, n. 1 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 19 gennaio 2005, n. 3);Pres. Onida, Est. Bile; Lunel e altri c. Inail (Avv. La Peccerella). Ord. Trib. Trento 29 aprile 2003(G.U., 1 a s.s., n. 36 del 2003)Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 3 (MARZO 2005), pp. 651/652-653/654Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200199 .
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PARTE PRIMA 652
condanna per i delitti di cui agli art. 81, 314, 2° comma, e 323
c.p. (divenuta definitiva successivamente alla sua proclamazio ne);
che il rimettente motiva la rilevanza della questione osser
vando come la norma impugnata —
soppressiva del delitto di
peculato d'uso dal novero delle cause ostative alla candidatura
ed al mantenimento della carica eventualmente conseguita (salvo il caso in cui la pena irrogata superi i sei mesi) — sia applica bile nella regione siciliana nonché nel giudizio in corso dinanzi
a lui, non perché retroattiva, ma in quanto espressione di un
nuovo parametro cui il legislatore àncora il giudizio di indegnità
rispetto alla conservazione della carica; che la non manifesta infondatezza deriverebbe dall'evidente
difetto del necessario requisito della sussistenza del «caso
straordinario di necessità ed urgenza», non rilevabile dal pre ambolo del decreto legge, riguardante problemi di funzionalità
degli enti locali e non già la materia elettorale, non suscettibile,
peraltro, di essere regolata attraverso la decretazione d'urgenza, come risulta dall'art. 15, 2° comma, lett. b), 1. 23 agosto 1988 n.
400; che è intervenuto il presidente del consiglio dei ministri, rap
presentato e difeso dall'avvocatura generale dello Stato, solle
citando la restituzione degli atti al giudice rimettente, alla luce
della sopravvenuta legge di conversione 28 maggio 2004 n. 140
e concludendo per l'inammissibilità, ovvero per l'infondatezza
della questione, in ragione della finalità dell'impugnato decreto, asseritamente volto a superare alcune difficoltà interpretative ed
applicative relative all'art. 58 t.u. cit.; che nel giudizio davanti a questa corte si sono costituite nu
merose parti del giudizio a quo\ che il ricorrente ha sostenuto l'identità del contenuto precet
tivo della norma impugnata rispetto a quello risultante dalla
legge di conversione, chiedendo la declaratoria d'infondatezza
sulla base del carattere d'indispensabilità posseduto dalla de
cretazione d'urgenza quando occorra colmare con immediatezza
un vuoto normativo e per la discrezionalità politica sottesa alla
relativa valutazione; che i controricorrenti hanno preliminarmente eccepito l'i
nammissibilità della questione per l'inapplicabilità della norma
nel giudizio a quo, in quanto essa riguarderebbe solo chi fosse
in carica al momento della sua entrata in vigore e non chi fosse
già decaduto di diritto, come il ricorrente, concludendo quindi
per l'infondatezza della questione. Considerato che, secondo la Corte di cassazione, l'impugnata
norma del d.l. n. 80 del 2004, nel sottrarre il delitto di peculato d'uso dal novero delle previsioni ostative alla candidatura di
sindaco e comunque dalle cause di decadenza dalla carica, ove
sia passata in giudicato la sentenza di condanna successiva
mente all'elezione, difetterebbe in modo evidente del requisito della straordinaria necessità e urgenza, con conseguente viola
zione dell'art. 77, 2° comma, Cost.; che, successivamente all'emissione dell'ordinanza di rimes
sione, il citato decreto legge è stato convertito nella 1. 28 mag
gio 2004 n. 140; che con tale legge sono state apportate modificazioni al testo
del decreto e sono state altresì enunciate le ragioni dell'emana
zione della norma censurata; che è, pertanto, necessario disporre la restituzione degli atti
alla corte rimettente per un nuovo esame della rilevanza della
questione. Per questi motivi, la Corte costituzionale ordina la restituzio
ne degli atti alla Corte di cassazione.
di condanna non definitiva per uno dei reati indicati dall'art. 73 d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309, senza attribuire alcun significato all'eventuale ri conoscimento delle circostanze attenuanti dell'aver agito per motivi di
particolare valore morale o sociale o della lieve entità del fatto addebi
tato, v. Corte cost. 15 febbraio 2002, n. 25, id., 2002,1, 942, con nota di richiami, commentata da Pezzella, in Dir. e giustizia, 2002, fase. 9, 41.
Sulle cause di ineleggibilità alla carica di sindaco, v., da ultimo, Cass. 14 febbraio 2003, n. 2195, Foro it., 2004, I, 836, con nota di ri
chiami, che ha ritenuto ineleggibile alla carica di sindaco di un comune del territorio in cui esercita le sue funzioni il giudice onorario presso il tribunale. [R. Romboli]
Il Foro Italiano — 2005.
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 11 gennaio 2005, n. 1 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 19 gennaio 2005, n. 3); Pres. Onida, Est. Bile; Lunel e altri c. Inail (Avv. La Pecce
rella). Ord. Trib. Trento 29 aprile 2003 (G.U., la s.s., n. 36
del 2003).
Infortuni sul lavoro e malattie professionali — Infortunio
«in itinere» — Sosta durante il percorso — Questione ma
nifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 30,
76; d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, t.u. delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali, art. 2; d.leg. 23 febbraio 2000 n. 38,
disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni
sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell'art. 55, 1°
comma, 1. 17 maggio 1999 n. 144, art. 12).
E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 2, 3° comma, d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124,
aggiunto dall'art. 12 d.leg. 23 febbraio 2000 n. 38, nella
parte in cui, secondo il giudice a quo, escluderebbe la tutela
assicurativa in caso di interruzione del normale percorso di
andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, in riferimento agli art. 3, 1° comma, 30, 2° comma, e 76
Cost. (1)
Ritenuto che il Tribunale di Trento — adito dai superstiti di
un assicurato deceduto nel percorso dal luogo di lavoro a casa, interrotto solo per una breve sosta — ha dichiarato, con ordi
nanza del 29 aprile 2003, rilevante e non manifestamente infon
data la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, 3°
comma, d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 (t.u. delle disposizioni
per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e
le malattie professionali), aggiunto dall'art. 12 d.leg. 23 feb
braio 2000 n. 38 (disposizioni in materia di assicurazione contro
gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), nella parte in
cui esclude dall'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni
sul lavoro e le malattie professionali gli infortuni in itinere in
ogni caso di interruzione non necessitata del normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro e
non solo quando l'interruzione determini l'insorgenza di una
situazione di rischio diversa da quella occasionata dallo svolgi mento delle mansioni lavorative, così da comportare il venir
meno dell'«occasione di lavoro» prevista dall'art. 2, 1° comma, citato d.p.r. n. 1124 del 1965;
che, secondo il giudice rimettente, la disposizione censurata
violerebbe l'art. 3, 1° comma, Cost, (in ragione dell'ingiustifi
(1) La Corte costituzionale risolve la questione attraverso l'inter
pretazione adeguatrice della norma denunciata, ricordando in motiva zione la propria sentenza 10 maggio 2002, n. 171, Foro it., 2003, I, 3259, e 2004, I, 26, con nota di V. Ferrari, con la quale ha affermato che «presupposto esclusivo per la configurabilità dell'obbligo assicura tivo è l'esposizione al rischio».
Afferma l'irrilevanza della sosta intermedia nel tragitto in cui si veri fichi l'infortunio in itinere. Cass. 19 aprile 1995, n. 4346, id., Rep. 1995, voce Infortuni sul lavoro, n. 77. Sulla ricomprensione nella co
pertura assicurativa delle soste del lavoro per soddisfare elementari esi
genze di vita, v. Cass. 2 febbraio 1988, n. 956, id.. Rep. 1988, voce cit., n. 83.
Nel senso che è irrilevante il grado maggiore o minore dell'esposi zione al rischio che implica l'«occasione di lavoro» nella configurazio ne dell'infortunio in itinere, essendo il limite della copertura assicura tiva costituito esclusivamente dal «rischio elettivo», v. Cass. 11 dicem bre 2003, n. 18980, id., Rep. 2003, voce cit., n. 51. E sulla definizione di «rischio elettivo» come scelta arbitraria del lavoratore, il quale crei ed affronti volutamente, in base a ragioni od impulsi personali, una si tuazione diversa da quella inerente alla sua attività lavorativa, v. Cass. 8 settembre 2003 n. 13110, ibid., n. 52.
Sull'indennizzabilità in ogni caso dell'infortunio in itinere occorso nell'uso di mezzo di trasporto pubblico in orari confacenti con l'orario di lavoro, cfr. Cass. 19 gennaio 1998, n. 455, id., 1998, I, 781, con os servazioni di V. Ferrari. Mentre sull'indennizzabilità dell'infortunio in
itinere, quando l'uso dell'automezzo privato sia necessitato per la per manenza del lavoratore sul luogo di lavoro dopo la fine del proprio tur no, v. Cass. 18 luglio 2002, n. 10468, id., Rep. 2002, voce cit., n. 87.
Per ulteriori riferimenti, cfr. Cass. 9 giugno 2003, n. 9211, id., 2003, I, 2630, con nota di V. Ferrari, Infortunio «in itinere»: forza espansiva della norma ed interpretazione restrittiva del giudice, e 2004, I, 545, con istruzioni Inail.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
cato trattamento differenziato tra lavoratori infortunati in tali
circostanze rispetto agli altri assicurati rimasti vittime di infor
tuni parimenti accaduti in occasione di lavoro), l'art. 38, 2°
comma, Cost, (per la mancata previsione, in favore di lavoratori
infortunati pur sempre in presenza di un'occasione di lavoro, di
mezzi adeguati alle loro esigenze di vita) e l'art. 76 Cost, (non avendo il legislatore delegato rispettato il principio ed il criterio
direttivo fissato dall'art. 55, 1° comma, lett. u, 1. 17 maggio 1999 n. 144, recante la delega al governo per il riordino, tra
l'altro, della normativa che disciplina l'Inail, secondo cui la
specifica disposizione per la tutela dell'infortunio in itinere do
veva essere formulata recependo «i principi giurisprudenziali consolidati in materia»);
che — osserva il giudice rimettente — la giurisprudenza ave
va escluso l'indennizzabilità dell'infortunio solamente quando l'interruzione elettiva del percorso casa-lavoro (e viceversa) avesse avuto caratteri tali da determinare una situazione di ri
schio diversa da quella occasionata dallo svolgimento delle
mansioni lavorative, mentre al contrario l'art. 2, 3° comma,
d.p.r. n. 1124 del 1965 escluderebbe dalla tutela assicurativa gli infortuni in itinere in ogni caso di interruzione non necessitata
del normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione
a quello di lavoro;
che, nella specie, la questione è rilevante atteso che l'assicu
rato si era fermato per non più di cinque minuti presso un eser
cizio di ristoro situato sul tragitto lavoro-casa senza deviazione
alcuna e, ripreso il percorso verso la propria abitazione con la
propria autovettura, era uscito di strada, rimanendo vittima di un
incidente mortale; che si è costituito l'Inail chiedendo dichiararsi l'inammissi
bilità o la manifesta infondatezza della sollevata questione di
costituzionalità.
Considerato che il 3° comma dell'art. 2 d.p.r. 30 giugno 1965
n. 1124, quale introdotto dall'art. 12 d.leg. 23 febbraio 2000 n.
38, in forza della delega di cui all'art. 55, 1° comma, lett. u), 1.
17 maggio 1999 n. 144, nel definire i presupposti della fattispe cie dell'infortunio in itinere, che costituisce «un prolungamento dell'assicurazione cui il lavoratore sia soggetto in ragione della
natura o delle modalità delle mansioni dedotte nel contratto»
(sentenza n. 429 del 1990, Foro it., 1991, I, 25), esclude dalla
tutela assicurativa, quale eccezionale ipotesi di deroga al canone
generale dell'indennizzabilità, il caso di interruzioni o deviazio
ni a condizione che esse non siano affatto dipendenti dal lavoro
o che, comunque, non siano necessitate;
che, prima ancora di verificare la sussistenza di questa condi
zione negativa perché l'infortunio non sia indennizzabile, oc
corre che la soluzione di continuità nel tragitto compiuto dal la
voratore dalla propria abitazione al luogo di lavoro, e viceversa, abbia la connotazione e la consistenza di una vera e propria
«interruzione», per definire la quale occorre tener conto della
giurisprudenza ordinaria, tanto più che il legislatore delegato
(art. 55, 1° comma, lett. u, 1. n. 144 del 1999, cit.) ha posto, co
me specifico criterio direttivo per disciplinare l'infortunio in
itinere, proprio il recepimento dei principi giurisprudenziali consolidati in materia;
che l'esigenza del rispetto di tale criterio di delega (art. 76
Cost.) richiede di interpretare la disposizione censurata, posta dal legislatore delegato, in modo che sia in armonia con la giu
risprudenza in materia, secondo la quale una breve sosta, che
non alteri le condizioni di rischio per l'assicurato, non integra
l'ipotesi dell'«interruzione»; che questo orientamento giurisprudenziale, ben presente al
giudice rimettente, vale ad indirizzare verso l'interpretazione
adeguatrice della disposizione censurata, come anche la difesa
dell'istituto non manca di rilevare, e non già, come ritiene il
medesimo giudice, ad evidenziare un asserito, ma insussistente,
scostamento dal criterio direttivo da parte della stessa disposi zione ove letta — contraddittoriamente — in termini estensivi
della fattispecie esclusa dall'indennizzabilità; che l'interpretazione stretta dell'ipotesi dell'«interruzione» è
suggerita anche dalla tendenziale generalità della regola dell'in
dennizzabilità dell'infortunio in occasione di lavoro, onde la
prevista deroga ad essa non può che essere intesa restrittiva
mente; che infatti questa corte (sentenza n. 171 del 2002, id., 2003,1,
3259) ha in particolare affermato che «presupposto esclusivo
per la configurabilità dell'obbligo assicurativo è l'esposizione al
Il Foro Italiano — 2005.
rischio», evidenziando «la tendenziale estensione della garanzia a tutti i soggetti che, per ragioni di lavoro intese in senso ampio, siano esposti ad un rischio obiettivamente riferibile alle lavora
zioni protette»; che quindi il giudice rimettente — affermando invece un'as
soluta equiparazione tra breve sosta e interruzione — muove da
un erroneo presupposto interpretativo; che pertanto la questione è manifestamente infondata.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife
sta infondatezza della questione di legittimità costituzionale
dell'art. 2, 3° comma, d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 (t.u. delle
disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni
sul lavoro e le malattie professionali), aggiunto dall'art. 12
d.leg. 23 febbraio 2000 n. 38 (disposizioni in materia di assicu razione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professiona
li), sollevata, in riferimento agli art. 3, 1° comma, 38, 2° com
ma, e 76 Cost., dal Tribunale di Trento con l'ordinanza indicata
in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 29 dicembre 2004, n. 427 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 5 gennaio 2005, n.
1); Pres. Onida, Est. Maddalena; Regione Emilia-Romagna
(Avv. Falcon, Mastragostino) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Mandò).
Demanio e patrimonio dello Stato — Istituzioni di assistenza
e beneficenza e enti religiosi con finalità umanitarie o cul
turali — Concessione o locazione a canone ricognitorio —
Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 117, 119; 1. 11 luglio 1986 n. 390, disciplina delle concessioni e delle locazioni di beni immobili demaniali e patrimoniali dello Stato in favore di enti o istituti culturali, degli enti pubblici territoriali, delle unità sanitarie locali, di ordini religiosi e de
gli enti ecclesiastici, art. 1, 4; 1. 27 dicembre 2002 n. 289, di sposizioni per la formazione del bilancio annuale e plurien nale dello Stato (legge finanziaria 2003), art. 80).
E infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
80, 6° comma, l. 27 dicembre 2002 n. 289, nella parte in cui
prevede che le istituzioni di assistenza e beneficenza e gli enti
religiosi che perseguono rilevanti finalità umanitarie o cultu
rali possono ottenere la concessione o locazione di beni im
mobili demaniali o patrimoniali dello Stato, non trasferiti alla
«Patrimonio dello Stato s.p.a.», né suscettibili di utilizzazione
per usi governativi, ad un canone ricognitorio determinato ai
sensi degli art. 1 e 4 l. 11 luglio 1986 n. 390, e successive
modificazioni, in riferimento agli art. 117, 2°, 3° e 4° comma,
e 119, 2° comma, Cost. (1)
(1) La Corte costituzionale fornisce l'interpretazione del nuovo art.
119, 6° comma. Cost, («i comuni, le province, le città metropolitane e
le regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i principi
generali determinati dalla legge dello Stato»), nel senso che lo stesso
non vieta allo Stato la gestione e l'utilizzazione, medio tempore, dei
beni oggetto dell'attribuzione, per cui, fino all'attuazione del disposto costituzionale, detti beni restano a tutti gli effetti nella piena proprietà e
disponibilità dello Stato, il quale incontrerà, nella gestione degli stessi, il solo vincolo delle leggi di contabilità e delle altre leggi disciplinanti il patrimonio mobiliare ed immobiliare statale. Con riguardo invece alla
supposta violazione della competenza regionale nella materia residuale
delle politiche sociali, la corte rileva come la disciplina impugnata co
stituisce una manifestazione del potere dominicale dello Stato di di
sporre dei propri beni e, come tale, non incontra i limiti della riparti zione delle competenze secondo le materie.
In ordine al potere statale di concessione di beni demaniali o patri
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