ordinanza 11 maggio 2006, n. 199 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 17 maggio 2006, n. 20);Pres. Marini, Est. Silvestri; Soc. F.lli Piazza c. Comune Cesano Boscone; interv. RegioneLombardia. Ord. Giud. pace Milano 7 giugno 2005 (G.U., 1 a s.s., n. 51 del 2005)Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 10 (OTTOBRE 2006), pp. 2627/2628-2633/2634Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23202008 .
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2627 PARTE PRIMA 2628
I
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 1 I maggio 2006. n. 199 [Gazzetta ufficiale. I'1 serie speciale. 17 maggio 2006. n.
20): Pres. Marini. Est. Silvestri: Soc. F.lli Piazza c. Comune
Cesano Boscone; interv. Regione Lombardia. Orci. Giud. pace Milano 7giugno 2005 (G.U.. I'1 s.s.. n. 5 I del 2005).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Lombar
dia — Commercio — Orario di apertura degli esercizi —
Obbligo di chiusura domenicale — Inosservanza — So
spensione dell'attività di vendita — Questione manife
stamente inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3, II.
41. 117: d.leg. 31 marzo 1998 n. I 14. riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'art. 4. 4°
comma. 1. 15 marzo 1997 n. 59. art. 11:1. re». Lombardia 24
marzo 2004 n. 5. modifiche a leggi regionali in materia di or
ganizzazione. sviluppo economico e territorio. Collegato or
dinamentale 2004, art. 7).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Lombar
dia — Commercio — Orario di apertura degli esercizi —
Obbligo di chiusura domenicale — Inosservanza — San
zioni pecuniarie — Questione manifestamente infondata
di costituzionalità (Cost., art. 3. 11.41. 117: d.leg. 31 marzo
1998 n. 114. art. 11:1. reg. Lombardia 24 marzo 2004 n. 5. art. 7).
E manifestamente inammissibile, per difetto di rilevanza, la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, 2° comma. I. reg. Lombardia 24 marzo 2004 n. 5. nella parte in cui san
ziona con la sospensione dell'attività di vendita l'inosservan
za del divieto di apertura domenicale, in riferimento agli art.
3. II. 41 e ì 17 Cost. {I) E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 7. 1° comma. I. reg. Lombardia 24 marzo 2004 n. 5. nella parte in cui prevede sanzioni pecuniarie per l'inosservanza del divieto di apertura domenicale, in riferi mento agli art. 3. 11 e 117 Cost. (2)
II
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 24 giugno 2005. n. 243 (Gazzetta ufficiale. I'1 serie speciale. 29 giugno 2005. n.
26): Pres. Contri. Est. Flick: Consorzio operatori Grand'Affi
Shopping e altri (Avv. L. Manzi) c. Provincia di Verona: in terv. Regione Veneto (Avv. Bertolissi. A. Manzi). Ord. Tur Veneto 14 maggio 2003 (G.U.. I'1 s.s.. n. 37 del 2003).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Veneto —
Commercio — Orario di apertura degli esercizi — Dero
ghe — Individuazione delle «città d'arte» — Criteri —
Questione manifestamente inammissibile di costituzionali tà (Cost., art. 3. 97, 117: I. reg. Veneto 28 dicembre 1999 n. 62. individuazione dei comuni a prevalente economia turistica e delle città d'arte ai fini delle deroghe agli orari di vendita, art. 3).
(1-6) La Corte costituzionale rileva, nell'ordinanza 199/06. come, a
seguito della revisione del titolo V della Costituzione, la materia «commercio» rientra nella competenza esclusiva residuale delle regioni (art. 1 17. 4° comma. Cost.), per cui le disposizioni contenute nel d.leg. I 14/98 si applicano solo alle regioni che non abbiano emanato una pro pria legislazione nella suddetta materia.
In ordine all'obbligo di chiusura domenicale per gli esercizi com merciali ed alla possibilità di prevedere una deroga allo stesso, v. Cons. Stato, sez. V. 5 aprile 2005. n. 1548. Foro it.. Rep. 2005. voce Com mercili (disciplina del), n. 53. secondo cui il comune individua i giorni e le zone del territorio nei quali gli esercenti possono derogare all'ob
bligo di chiusura domenicale e festiva e. nell'esercitare tale potestà, deve ricomprendere nelle deroghe anche le domeniche e le festività del mese di dicembre: Tar Veneto, se/. III. 17 giugno 2004. n. 2144. iti.. Rep. 2004. voce cit.. n. 40. commentata da Littazi. in Guida al dir.. 2004. fase. 34. 95. secondo cui. ai fini del controllo del rispetto degli orari del gestore di un esercizio congiunto di culi center e attività commerciali di tipo diverso è sufficiente la distinta separazione delle attività svolte nell'esercizio, dovendosi peraltro individuare a tali fini l'attività prevalente, onde non consentire di avvalersi di un esercizio «misto» per eludere l'obbligo di chiusura domenicale: Tar Piemonte.
li. Foro Italiano — 2006.
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Veneto —
Commercio — Orario di apertura degli esercizi — Dero
ghe — Individuazione dei «comuni ad economia prevalen
temente turistica» — Criteri — Questione inammissibile
di costituzionalità (Cost., art. 117: d.leg. 31 marzo 1998 n.
I 14. art. 12: I. reg. Veneto 28 dicembre 1999 n. 62. art. 2).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Veneto —
Commercio — Orario di apertura degli esercizi — Dero
ghe — Individuazione dei «comuni ad economia prevalen temente turistica» — Criteri — Questione infondata di co
stituzionalità (Cost., art. 3: d.leg. 31 marzo 1998 n. 114. art.
12; I. reg. Veneto 28 dicembre 1999 n. 62. art. 2).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Veneto —
Commercio — Orario di apertura degli esercizi — Dero
ghe — Individuazione dei «comuni ad economia prevalen temente turistica» — Criteri — Questione manifestamente
infondata di costituzionalità (Cost., art. 97: d.leg. 31 marzo
1998 n. 114, art. 12: I. reg. Veneto 28 dicembre 1999 n. 62.
art. 2).
E manifestamente inammissibile, per assenza di motivazione in
ordine alla rilevanza ed alla non manifesta infondatezza, la
questione di legittimità costituzionale dell'art. J I. reg. Ve
neto 28 dicembre 1999 n. 62. nella parte in citi fissa i criteri
per l'individuazione, da parte delle province, delle «città
d'arte». allo scopo di rendere possibile, per gli esercizi com
merciali ricadenti nel territorio di tali città, di effettuare l'a
pertura per la vendita, nel periodo dal 15 marzo al 4 novem
bre. anche nei giorni domenicali e festivi, in riferimento agli art. J. 97 e 117 Cost. (3)
E inammissibile, per carenza dei requisiti di chiarezza ed uni
vocità. la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 I.
reg. Veneto 28 dicembre 1999 n. 62. nella parte in cui fissa i
criteri per l'individuazione, da parte delle province, dei «co
muni ad economia prevalentemente turistica», allo scopo di
rendere possibile, per gli esercizi commerciali ricadenti nel
territorio di tali comuni, di effettuare l'apertura per la ven
dita. nel periodo dal 15 marzo al 4 novembre, anche nei gior ni domenicali e festivi, in riferimento all'art. 117 Cost. (4)
E infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2
I. reg. Veneto 28 dicembre 1999 n. 62. nella parte in cui fissa i criteri per l'individuazione, da parte delle province, dei
«comuni ad economia prevalentemente turistica», allo scopo di rendere possibile, per gli esercizi commerciali ricadenti
nel territorio di tali comuni, di effettuare l'apertura per la
vendita, nel periodo da! 15 marzo al 4 novembre, anche nei
giorni domenicali e festivi, in riferimento all'art. J Cost. (5) E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 2 I. reg. Veneto 28 dicembre 1999 n. 62. nella parte in cui fissa i criteri per l'individuazione, da parte delle province, dei «comuni ad economia prevalentemente tu
ristica», allo scopo di rendere possibile, per gli esercizi commerciali ricadenti nel territorio di tali comuni, di effet tuare l'apertura per la vendita, nel periodo dal 15 marzo al 4
novembre, anche nei giorni domenicali e festivi, in riferi mento all'art. 97 Cost. (6)
sez. I. 21 maggio 2002. il. 999. Foro it.. Rep. 2002. voce cit.. n. 86. cir ca l'autorizzazione assessorile all'apertura domenicale e festiva di esercizio commerciale per la vendita al minuto di generi di cui alla tab. XII (mobili): Tar Umbria 6 maggio 1997. n. 191. id.. Rep. 1998. voce cit.. n. 82. secondo cui possono beneficiare della deroga alla chiusura domenicale e t'estiva, i negozi specializzati nella vendita di mobili, con esclusione degli altri generi commerciali, ancorché affini, mentre alle attività commerciali con vendita in forma promiscua, fra le quali non sono ricomprese quelle di mobili, si applica la disciplina delle attività miste e quindi, per quanto concerne l'osservanza degli orari, il criterio dell'attività prevalente: Cons, giust. amili, sic., sez. riun.. 16 luglio 1996. n. 156/96. id.. Rep. 1997. voce cit.. n. 37. secondo cui il sindaco,
prima di poter derogare alla regola generale della chiusura domenicale, deve attivare una complessa procedura tendente alla ricognizione della situazione turistico-commerciale del territorio: Cons. Stato, sez. V. 26 novembre 1994. n. 1380. id.. 1995. III. 310. con nota di richiami, se condo cui l'impianto per la distribuzione di carburante inserito in un
ipermercato non può osservare gli orari di apertura previsti per que st'ultimo. salvo che si tratti di attività mista, cioè che le due attività co stituiscano un unico complesso aziendale facente capo ad uno stesso
imprenditore: Tar Veneto, sez. II. 24 febbraio 1988. n. 152. id.. Rep.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ì
Ritenuto che, con ordinanza depositata il 7 giugno 2005. il
Giudice di pace di Milano ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 I. reg. Lombardia 24 marzo 2004 n. 5
(modifiche a leggi regionali in materia di organizzazione, svi
luppo economico e territorio. Collegato ordinamentale 2004).
per violazione degli art. 3, 11.41 e 117 Cost.;
che il rimettente premette di essere stato investito di un ricor
so ex art. 22 I. 24 novembre 1981 n. 689 (modifiche al sistema
penale), con cui la F.lli Piazza s.p.a. ha chiesto l'annullamento
di un'ordinanza mediante la quale il comune di Cesano Boscone
1989. voce cit.. il. 81. secondo cui il piano commerciale regionale ve neto per l'apertura dei negozi prevede, tra l'altro, che gli esercizi svol
genti in modo prevalente od esclusivo la vendita di dolciumi o gelati possano adottare lo stesso orario delle pasticcerie e delle rosticcerie, le
quali, a loro volta, non sono tenute ad osservare la chiusura domenica le. t'estiva ed infrasettimanale di mezza giornata, potendo invece sce
gliere l'orario più adatto al servizio svolto da ciascuna, osservando un'intera giornata di chiusura settimanale.
Sulla chiusura domenicale delle edicole e delle rivendite di giornali, v. App. Bologna 1° settembre 1989. id.. Rep. 1991. voce Stampa ed editoria, n. 25; Trib. Bologna 30 settembre 1986. id.. Rep. 1987. voce Commercio (disciplina del), n. 55. commentata da Clffaro. in Dir. in
formazione e informatica. 1987. 235. che ha ritenuto illegittimo, e
quindi disapplicabile dal giudice ordinario, il provvedimento del sinda co con il quale venga disposta la chiusura domenicale delle edicole dei
giornali. Per l'affermazione secondo cui l'art. 30 del trattato Cee va interpre
tato nel senso che il divieto ivi previsto non si applica ad una normativa nazionale di divieto d'apertura domenicale per i negozi del dettaglio, v. Corte giust. 16 dicembre 1992. causa C-306/88. Foro it.. Rep. 1995. voce Unione europea, n. 689. e 16 dicembre 1992. causa C-169/91. id.. 1993. IV. 132. con nota di richiami.
In proposito, v. pure Cons. Stato, sez. V. 6 dicembre 1999. n. 2065. id.. Rep. 2000. voce Commercio (disciplina del), n. 32. secondo cui
l'obbligo di chiusura domenicale degli esercizi commerciali non costi tuisce misura restrittiva o protezionistica ad ostacolo dello scambio e della circolazione dei beni e servizi — e. come tale, in violazione al l'art. 30 del trattato Cee — in quanto tale obbligo non provoca alcuna discriminazione, neppure dissimulata, tra prodotti nazionali ed altri; Cass. 4 novembre 1994. n. 9129. id.. 1994. I. 3000. con nota di richia
mi. commentate da Carboni;, in Corriere giur.. 1994. 1462. secondo
cui. posto che la legge riconosce alla pubblica amministrazione il pote re di ordinare la chiusura domenicale degli esercizi commerciali, l'au torità giudiziaria ordinaria difetta di giurisdizione riguardo al ricorso
per provvedimento cautelare atipico intentato da un'impresa che la
menti il contrasto della disciplina nazionale con le disposizioni comu nitarie in tema di libera circolazione delle merci.
Nel senso che. relativamente all'esercizio del potere amministrativo di disporre la chiusura domenicale degli esercizi commerciali è confi
gurabile a favore dei commercianti solo un interesse legittimo, onde
rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia in
cui si chiede ordinarsi al sindaco la disapplicazione delle relative di
sposizioni. v. Cass. 16 gennaio 1997. n. 424. Foro it.. 1997. I. 421. con nota di richiami.
Circa l'orario di apertura degli esercizi commerciali in località a
forte vocazione turistica, v. Cons. Stato, sez. V. ord. 12 febbraio 2002. n. 613. id.. Rep. 2002. voce cit.. nn. 83. 84. secondo cui l'esercente at tività commerciali può liberamente determinare l'orario di apertura e
chiusura del proprio esercizio a condizione che non superi comunque il limite delle tredici ore giornaliere e. in una località a forte vocazione turistica, è illegittimo il provvedimento limitativo di ordine permanente dell'orario di apertura di un esercizio commerciale assunto da un ente
locale, atteso che. per la tutela della quiete pubblica, sarebbe sufficiente un provvedimento inibitorio a carattere provvisorio; Tar Lazio, sez. II. 27 agosto 1984. n. I 188. id.. Rep. 1985. voce cit.. n. 55.
La questione di legittimità costituzionale, risolta con la sent. 243/05
in epigrafe era già stata sollevata dallo stesso giudice a quo davanti alla
Corte costituzionale, la quale aveva restituito gli atti all'autorità rimet
tente per un riesame della rilevanza, a seguito della sopravvenuta modi
fica del parametro costituzionale invocato (ord. 7 maggio 2002, n. 166.
id.. Rep. 2003. voce Regione, n. 599). Il Tar Veneto, sez. III. ha ritenuto la disciplina regionale in tema di
orari di apertura dei negozi, di cui alla I. reg. Veneto 62/99, sanata a
seguito dell'entrata in vigore del nuovo titolo V della Costituzione,
trattandosi di materia di commercio e turismo, rimessa ora alla compe tenza esclusiva delle regioni a statuto ordinario (30 agosto 2002. n.
5049. ibid., n. 603. commentata da Gaz. in Rir. amm. Veneto. 2002.
238) ed ha altresì sollevato nuovamente l'eccezione di costituzionalità
(ord. 14 maggio 2003. n. 2753. Foro it.. Rep. 2003. voce cit.. n. 605) decisa dalla pronuncia in epigrafe.
li. Foro Italiano — 2006.
le ha ingiunto di pagare una sanzione amministrativa pecuniaria
irrogata per violazione dell'art. 11.4° comma, d.leg. 31 marzo
1998 n. 114 (riforma della disciplina relativa al settore del
commercio, a norma dell'art. 4. 4° comma. I. 15 marzo 1997 n.
59). correlato all'art. 7 citata I. reg. Lombardia n. 5 del 2004. in
quanto la società ricorrente — quale esercente l'attività di ven
dita al dettaglio (grande struttura) — non ha osservato la chiusu
ra domenicale dell'esercizio commerciale:
che. successivamente, la medesima società ricorrente ha pro
posto. sempre davanti al Giudice di pace di Milano, altre tre op
posizioni «in tutto identiche a quella di cui sopra, in quanto re
lative all'impugnazione di identiche violazioni amministrative
ancorché accertate in tempi successivi». Queste opposizioni so
no state tutte riunite dinanzi al giudice di pace rimettente in
quanto preventivamente adito:
che. prima di entrare nel merito della questione, il giudice a
quo sottolinea l'importanza di interpretare la normativa in mate
ria alla luce della recente evoluzione del sistema della distribu
zione. che ha visto la progressiva scomparsa dei tradizionali ne
gozi e il connesso incremento dei grandi centri commerciali, in
cui il pubblico è attratto, fra l'altro, «dalla flessibilità di orario»:
che. passando ai singoli motivi di censura, il rimettente evi
denzia. innanzitutto, il contrasto esistente tra la norma impu
gnata e il citato d.leg. n. 114 del 1998: in particolare, a detta del
giudice a quo. mentre quest'ultimo decreto ribadisce il principio della libertà di iniziativa economica di cui all'art. 41 Cost. —
«fissando come regola generale la libertà di orario di apertura e
limitandosi a prevedere la chiusura domenicale con una sanzio
ne economica e senza ulteriori misure limitative della libertà di
impresa» — la norma impugnata «non solo» aumenta la sanzio
ne amministrativa ma la differenzia nel suo ammontare «a se
conda della tipologia degli esercizi di vicinato, della struttura
media o grande dell'impresa commerciale» e prevede, in caso di
reiterazione, la sanzione della sospensione dell'attività di ven
dita; che. in particolare, il Giudice di pace di Milano osserva come
la norma impugnata si ponga in contrasto con l'art. 3 Cost., in
quanto sanzionerebbe «gravemente gli operatori commerciali
della regione Lombardia in ordine a quei medesimi fatti che
possono essere ovviamente commessi in altre regioni per le
quali vigono le meno severe sanzioni del d.leg. n. 114 del
1998»; che il principio di eguaglianza sarebbe inoltre violato dalla
previsione di «sanzioni pecuniarie progressivamente crescenti in
relazione alla tipologia dell'esercizio commerciale»; una siffatta
norma darebbe vita, a detta del rimettente, ad «una ingiustificata discriminazione del trattamento sanzionatorio in relazione a
contravvenzioni del tutto identiche». A tal proposito, secondo il
giudice di pace, il criterio in parola sarebbe irrazionale, in
quanto non si comprenderebbe perché «debba essere più grave la sanzione inflitta ad una grande impresa in un quartiere come
quello de quo (nel quale non esiste un problema di concorrenza
con la tradizionale bottega dei quartieri destinati all'abitazione)
rispetto al caso degli esercizi di vicinato»;
che il rimettente lamenta, inoltre, la violazione dell'art. 30
(oggi art. 28) del trattato istitutivo della Comunità europea, «co
stituzionalizzato attraverso il richiamo dell'art. 1 I Cost.». Al ri
guardo. la norma impugnata, sanzionando l'apertura domenicale
anche con la chiusura dell'esercizio, applicherebbe «un limite
non consentito» dal «principio della libera prestazione dei servi
zi» di cui al citato art. 30 (oggi art. 28):
che. secondo il Giudice di pace di Milano, la norma regionale
impugnata sarebbe in contrasto pure con l'art. 41 Cost., in
quanto, prevedendo la sanzione della chiusura dell'attività
commerciale, comprimerebbe la libertà di iniziativa economica,
la quale, secondo la norma costituzionale richiamata, «può esse
re limitata soltanto allorquando detta attività si svolga "in con
trasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicu
rezza, alla libertà, alla dignità umana'»;
che. infine, sarebbe rinvenibile una violazione dell'art. 117
Cost., il quale, a detta del rimettente, imporrebbe al legislatore
regionale «di essere coerente con i principi fondamentali di
unità dell'ordinamento e di coordinamento degli interessi parti colari delle regioni con il preminente interesse generale dello
Stato». Secondo il giudice ci quo. tale contrasto sarebbe ravvisa
bile «nel fatto che mentre per lo Stato l'apertura domenicale
può dar luogo soltanto a modeste sanzioni pecuniarie, per la re
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PARTE PRIMA
gione Lombardia tale fatto dà luogo a quella gravissima sanzio
ne della sospensione della libertà di iniziativa economica»:
che il rimettente conclude osservando che proprio perché il
presente giudizio risulta «incentrato sulla eccepita illegittimità incostituzionale delle disposizioni di cui all'art. 7 1. reg. 24
marzo 2004 n. 5 non può essere definito indipendentemente dal
l'anzidetta questione di costituzionalità»:
che con atto di intervento depositato fuori termine si è costi
tuita in giudizio la regione Lombardia.
Considerato che. con ordinanza depositata il 7 giugno 2005. il
Giudice di pace di Milano ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 I. reg. Lombardia 24 marzo 2004 n. 5
(modifiche a leggi regionali in materia di organizzazione, svi
luppo economico e territorio. Collegato ordinamentale 2004).
per violazione degli art. 3. 11.41 e 117 Cost.;
che. preliminarmente, è inammissibile l'intervento in giudizio della regione Lombardia, in quanto effettuato oltre il termine
stabilito dall'art. 4 delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale:
che la censura di costituzionalità riguardante il 2° comma
dell'art. 7 1. reg. Lombardia n. 5 del 2004 è manifestamente
inammissibile per difetto di rilevanza, in quanto tale norma non
deve essere applicata nel giudizio a quo, come si evince dall'or
dinanza di rimessione, da cui risulta che oggetto del giudizio stesso sono soltanto i ricorsi avverso le sanzioni pecuniarie pre viste dal 1° comma dell'art. 7 e non già avverso la sanzione
della sospensione dell'attività di vendita prevista dal citato 2°
comma, non applicata nelle fattispecie sottoposte al giudice ri
mettente:
che la censura relativa al 1° comma del medesimo art. 7 I.
reg. Lombardia n. 5 del 2004 è. invece, manifestamente infon
data:
che. infatti, a seguito della modifica del titolo V della parte seconda della Costituzione, la materia «commercio» rientra
nella competenza esclusiva residuale delle regioni, ai sensi del
4° comma dell'art. I 17 Cost.:
che. pertanto, il d.leg. 31 marzo 1998 n. 114 (riforma della
disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'art. 4, 4° comma. 1. 15 marzo 1997 n. 59). di cui il giudice rimettente
lamenta la violazione, si applica, ai sensi dell'art. I. 2° comma, I. 5 giugno 2003 n. 131 (disposizioni per l'adeguamento del
l'ordinamento della repubblica alla 1. cost. 18 ottobre 2001 n.
3), soltanto alle regioni che non abbiano emanato una propria
legislazione nella suddetta materia, mentre la regione Lombar
dia ha già provveduto a disciplinare in modo autonomo la mate
ria stessa:
che. come questa corte ha statuito, la regione, in quanto tito
lare della potestà legislativa sostanziale in una determinata ma
teria, possiede anche la competenza a prevedere le sanzioni pel le ipotesi di violazione delle norme regionali emanate in detta
materia (ex plurimis, sentenze n. 106 del 2006: e n. 63 del 2006. Foro ir.. 2006. I. 1276):
che. alla luce della normativa costituzionale prima richiamata, la diversificazione delle legislazioni regionali in una materia
appartenente alla competenza residuale delle regioni non solo non è in contrasto con la Costituzione, ma rappresenta una con
seguenza naturale delle sue stesse disposizioni: che la previsione del 1° comma dell'art. 7 citata 1. reg. di san
zioni pecuniarie progressivamente crescenti in relazione alla ti
pologia e alle dimensioni degli esercizi commerciali non è pale semente irragionevole, ma, al contrario, risponde ad una evi
dente necessità di diversificare le sanzioni stesse in rapporto alle
differenze di mole, di struttura, di organizzazione e di funzio
namento esistente tra i vari esercizi di vendita (sentenze n. 176
del 2004. id.. 2004. I. 2975. e n. 59 del 1975. id.. 1975, I. 1330): che il richiamo, contenuto nell'ordinanza di rimessione, al
l'art. 30 (oggi art. 28) del trattato che istituisce la Comunità eu
ropea è inconferente rispetto all'oggetto del presente giudizio,
perche' — come chiarito dalla costante giurisprudenza della
Corte di giustizia delle Comunità europee — non si applica alle
norme nazionali che vietino l'apertura domenicale degli esercizi commerciali al minuto.
Visti gli art. 26. 2° comma. 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9. 2°
comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale:
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legit
li Foro Italiano — 2006.
timita costituzionale dell'art. 7, 2° comma. I. reg. Lombardia 24
marzo 2004 n. 5 (modifiche a leggi regionali in materia di orga nizzazione. sviluppo economico e territorio. Collegato ordina
mentale 2004). sollevata, in riferimento agli art. 3. 11.41 e 117
Cost., dal Giudice di pace di Milano con l'ordinanza indicata in
epigrafe: dichiara la manifesta infondatezza della questione di legitti
mità costituzionale dell'art. 7. 1° comma. 1. reg. Lombardia n. 5
del 2004. sollevata, in riferimento agli art. 3. 11 e I 17 Cost., dal
Giudice di pace di Milano con l'ordinanza indicata in epigrafe.
II
Diritto. — I. - II Tar Veneto dubita, in riferimento agli art. 3.
97 e 117 Cost., della legittimità costituzionale degli art. 2 e 3 1.
reg. Veneto 28 dicembre 1999 n. 62 (individuazione dei comuni
a prevalente economia turistica e delle città d'arte ai fini delle
deroghe agli orari di vendita). L'art. 2 fissa i criteri per l'indivi
duazione — da parte delle province, cui tale funzione è delegata dall'art. 1 stessa legge
— dei comuni a prevalente economia tu
ristica. stabilendo, in particolare, che possono essere identificati
come tali solo i comuni situati in territorio montano, litoraneo,
lacuale, termale, con almeno millecinquecento posti letto in
strutture alberghiere ed extra alberghiere: analogamente, l'art. 3
stabilisce i requisiti per l'individuazione delle città d'arte. En
trambe tali qualificazioni — comuni «ad economia prevalente
mente turistica» e «città d'arte» — risultano finalizzate all'ap
plicazione delle deroghe agli orari degli esercizi commerciali,
previste dall'art. 12 d.leg. 31 marzo 1998 n. 114 (riforma della
disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'art. 4.
4° comma. 1. 15 marzo 1997 n. 59): con conseguente possibilità,
per gli esercizi commerciali ricadenti nel territorio di tali comu
ni o città, di effettuare l'apertura per la vendita, nel periodo dal
15 marzo al 4 novembre, anche nei giorni domenicali e festivi.
Secondo il giudice a quo. le disposizioni censurate contraste
rebbero. in primo luogo, con l'art. 117 Cost., in quanto la fissa
zione di regole e limiti in tema di orari e giorni di apertura di
esercizi commerciali, incidendo sulla libertà di iniziativa eco
nomica. verrebbe ad interferire su una materia, quale la tutela
della concorrenza, riservata alla competenza esclusiva dello
Stato.
Le medesime disposizioni violerebbero, poi. l'art. 97 Cost.,
giacché i criteri previsti ai fini del riconoscimento della qualità di comune «ad economia prevalentemente turistica», risultando
del tutto incongrui ed irragionevoli, contrasterebbero con il
principio di buon andamento della pubblica amministrazione e
con quello di «proporzionalità dell'azione amministrativa».
Sarebbe infine violato l'art. 3 Cost, sotto vari profili: per la
disparità di trattamento tra comuni ubicati in zone montane, lito
ranee. lacuali e termali e tutti gli altri, che vedrebbero preclusa la possibilità di essere individuati quali comuni ad economia
prevalentemente turistica: per l'irragionevole impossibilità di ri
ferire il requisito dei posti letto ad un ambito territoriale più
ampio di quello comunale; per la violazione del principio del
l'affidamento. in quanto, dall'applicazione delle norme censu
rate. risulterebbe pregiudicata la posizione di comuni che, in
precedenza e per lungo tempo, erano stati considerati territori a
prevalente economia turistica ed i cui esercizi commerciali ave
vano. pertanto, beneficiato della deroga dell'apertura festiva e
degli orari.
2. - Nessuno specifico argomento è svolto con riferimento al
l'art. 3 1. reg. Veneto n. 62 del 1999: tale norma è. infatti, men
zionata solo una volta nella motivazione — e non anche nel di
spositivo — dell'ordinanza di rimessione, la quale svolge argo
menti esclusivamente in ordine all'impugnativa dell'art. 2 della
medesima legge regionale, in coerenza, d'altra parte, con il
contenuto dei ricorsi oggetto del giudizio a quo. La questione relativa all'art. 3 di detta legge deve pertanto ritenersi manife
stamente inammissibile.
3. - Anche la questione relativa all'art. 2 medesima legge è
inammissibile, con riferimento al parametro di cui all'art. 117
Cost.
II giudice rimettente prospetta tale questione in modo con
traddittorio. ritenendo possibili due distinte e contrapposte lettu
re del parametro costituzionale considerato, senza peraltro risol
vere tale antinomia ermeneutica attraverso una scelta argomen
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
tata: e. anzi, sollevando la questione essenzialmente ai fini dello
scioglimento dell'alternativa stessa.
Per un verso, infatti, il giudice a quo afferma che la tutela
della concorrenza «viene certamente in rilievo in relazione alla
libertà di iniziativa economica», così prospettando l'indissolu
bile correlazione che legherebbe ogni fenomeno incidente sulla
libertà di iniziativa economica alla materia della tutela della
concorrenza, nella quale lo Stato ha potestà legislativa esclusi
va. a norma dell'art. 117. 2° comma, lett. e). Cost. Per un altro
verso, tuttavia, lo stesso tribunale rimettente asserisce, subito
dopo, che tale tesi «parrebbe provare troppo», implicando una
eccessiva restrizione dell'ambito della competenza residuale
delle regioni. Tale contrastante quadro interpretativo deve essere necessa
riamente risolto dal giudice rimettente, assegnando un preciso
significato non soltanto alla norma di legge oggetto di censura,
ma anche a quella di rango costituzionale che si assume a para metro. prima di prospettare un problema di conformità della
prima alla seconda. La questione deve essere dichiarata pertanto in parte qua inammissibile per carenza dei requisiti di chiarezza
ed univocità del relativo quesito. 4. - La questione è poi infondata con riferimento ai vari pro
fili che evocano un contrasto con l'art. 3 Cost.
In proposito, giova rilevare come la normativa regionale cen
surata tragga origine e fondamento dalla disposizione contenuta
nell'art. 12 d.leg. 31 marzo 1998 n. 114. la quale stabilisce che.
entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore di esso, le
regioni «individuano i comuni ad economia prevalentemente tu
ristica. le città d'arte o le zone del territorio dei medesimi» nei
quali gli esercizi commerciali possono esercitare la facoltà di
determinare liberamente gli orari di apertura e di chiusura e pos sono derogare dall'obbligo di chiusura domenicale e festiva
dell'esercizio. La regione Veneto, in attuazione di tale prescri zione. ha emanato la legge regionale oggetto della presente que stione. prevedendo in essa (art. 1) la delega alle province per l'individuazione dei comuni a prevalente economia turistica e
delle città d'arte, con le modalità ed i criteri indicati negli art. 2
ss. medesima legge. Ciò premesso, non appare fondata la censura di violazione
dell'art. 3 Cost, sotto il profilo della disparità di trattamento tra
comuni ubicati in zone montane, litoranee, lacuali e termali e
quei comuni che. pur potendo vantare il carattere prevalente mente turistico delle rispettive economie, si trovino diversa
mente ubicati. In proposito, va ribadito che rientra nella discre
zionalità del legislatore la valutazione finalizzata a differenzia
re. sulla base di criteri generali, la composita realtà territoriale,
ai fini dell'attribuzione di specifiche qualificazioni della stessa,
sia pure con il consueto, generale limite della non palese arbitra
rietà ed irragionevolezza. D'altra parte, «essendo qualsiasi di
sciplina destinata, per sua stessa natura, ad introdurre regole e.
dunque, ad operare distinzioni, qualunque normativa positiva finisce per risultare necessariamente destinata ad introdurre, nel
sistema, fattori di differenziazione» (v. sentenza n. 89 del 1996.
Foro it.. Rep. 1996. voce Corte costituzionale, n. 73. e voce Mi
sure cautelari personali, n. 314). Ne consegue che l'apodittica censura circa la disparità di trattamento tra comuni, avanzata dal
rimettente, omette di considerare che i criteri dettati dalla norma —
per il riferimento ad una collocazione del territorio comunale
in zone, quali quelle montane, litoranee, lacuali e termali, cer
tamente rivelatrici di una vocazione turistica; nonché per il va
lore attribuito, nel medesimo senso, ad una significativa ricetti
vità alberghiera — non soltanto non risultano discriminatori o
arbitrari, ma neppure appaiono improntati ad una intrinseca pa lese irragionevolezza. Peraltro, il tribunale rimettente —
più che
dimostrare l'asserita irragionevolezza della norma — nel pro
spettare la censura travalica in apprezzamenti che sconfinano
nel merito delle opzioni legislative, contrapponendo, ai criteri
dettati nella norma censurata, canoni e valutazioni che esulano,
evidentemente, da profili di legittimità costituzionale.
5. - La questione è manifestamente infondata con riferimento
all'art. 97 Cost.
Questa corte ha ripetutamente affermato che la violazione del
principio di buon andamento della pubblica amministrazione —
richiamato dal rimettente unitamente a quello, di non chiara
prospettazione, di «proporzionalità dell'azione amministrativa» — non può essere invocato se non per l'arbitrarietà e la manife
sta irragionevolezza della disciplina denunciata: sotto questo
li. Foro Italiano — 2006.
profilo, l'art. 97 Cost, si combina con il riferimento all'art. 3
Cost, ed implica lo svolgimento di un giudizio di ragionevolez za sulla lesse censurata (v. sentenze nn. 63 e 306 del 1995. iti.
1995. I. 3626. e id., 1996. I. 803: n. 250 del 1993. id.. 1995. I. 734).
Il Tar Veneto, denunciando il contrasto della disciplina cen
surata con il principio di buon andamento dell'amministrazione,
si limita ad addurre il difetto della ragionevolezza e della «coe
renza interna» della stessa, senza tuttavia chiarire come tali cen
sure — illustrate, poi. sotto il profilo della presunta violazione
dell'art. 3 Cost. — finiscano per rifluire, nei caso concreto, sul
contenuto particolare dell'organizzazione della pubblica ammi
nistrazione e sul principio di buon andamento dell'azione am
ministrativa che la ispira. Peraltro, alla luce di quanto sopra già evidenziato, nel caso in esame i limiti imposti alla discreziona
lità del legislatore dall'art. 97 Cost, non sono stati superati, atte
so che la disciplina legislativa denunciata non attribuisce un ar
bitrario privilegio ad alcuni comuni, né appare manifestamente
irragionevole. Per questi motivi, la Corte costituzionale:
I ) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di le
gittimità costituzionale dell'art. 3 1. reg. Veneto 28 dicembre
1999 n. 62 (individuazione dei comuni a prevalente economia
turistica e delle città d'arte ai fini delle deroghe agli orari di
vendita), sollevata, in riferimento agli art. 3. 97 e 117 Cost., dal
Tar Veneto, con l'ordinanza di cui in epigrafe; 2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 2 medesima legge, sollevata, con la citata ordi
nanza. in riferimento all'art. 117 Cost.;
3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzio
nale del medesimo art. 2 sollevata, con la citata ordinanza, in ri
ferimento all'art. 3 Cost.;
4) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legit timità costituzionale del medesimo art. 2 sollevata, con la citata
ordinanza, in riferimento all'art. 97 Cost.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 14 aprile 2006. n. 156 (Gazzetta ufficiale, I" serie speciale. 19 aprile 2006. n.
16); Pres. Marini. Est. Saulle; Pres. cons, ministri (Avv.
dello Stato Salvatorelli) c. Regione Friuli-Venezia Giulia
(Aw. Falcon).
Friuli-Venezia Giulia — Immigrazione — Interventi per
minori stranieri non accompagnati — Svolgimento da par
te degli enti locali di compiti istruttori in procedimenti ri guardanti stranieri — Questioni infondate di costituzio
nalità (Cost., art. 117; 1. reg. Friuli-Venezia Giulia 4 marzo
2005 h. 5. norme per l'accoglienza e l'integrazione sociale
delle cittadine e dei cittadini stranieri immigrati, art. 16. 21 ).
Sono infondate le questioni eli legittimità costituzionale degli art. 16, 3° comma, e 21, 1° comma, lett. f), /. reg. Friuli
Venezia Giulia 4 marzo 2005 n. 5, nella parte in cui prevedo no. in materia di immigrazione, interventi per i minori stra
nieri non accompagnati e lo svolgimento di compiti istruttori
da parte degli enti locali nell'ambito dei procedimenti per il
rilascio e il rinnovo dei permessi di soggiorno e delle carte di
soggiorno, nonché di richiesta di nidla-osta a! ricongiungi
mento. in riferimento all'art. 117, 2° comma, lett. a) e b).
Cost. ( I )
( I ) Con la sentenza in epigrafe, la corte conferma la ricostruzione già fornita relativamente al riparto eompetenziale tra Stato e regioni in te
ma di immigrazione (recti'. nella materia costituita dall'endiadi «immi
grazione» e «condizione giuridica» degli stranieri extracomunitari). A
tal proposito, viene in rilievo Corte cost. 22 luglio 2005. n. 300. Foro
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