ordinanza 11 marzo 1998; Pres. Dell'Acqua, Rel. Troja; Gambino e Ferlazzo (Avv. De Franchis) c.Tocco (Avv. Palazzolo)Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1998), pp. 2293/2294-2295/2296Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193147 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
non possa non ripercuotersi sul sistema delle preclusioni intro
dotte nel codice di procedura con la novella del 1990.
Sarebbe, infatti, paradossale che le preclusioni istruttorie aves
sero conseguenze vincolanti per le parti maggiori di quelle della
sentenza che definirà il giudizio. Sarebbe paradossale, cioè, che non fosse possibile dedurre
in giudizio fatti nuovi, superando il limite della preclusione istrut
toria, se i medesimi fatti sarebbero comunque deducibili addi
rittura dopo la chiusura del giudizio, superando il limite del giudicato.
8. - Se si ritenessero applicabili in toto anche ai giudizi di separazione e divorzio le norme relative alle preclusioni istrutto
rie, si arriverebbe al paradosso di non consentire di dedurre
dopo la scadenza dei termini di cui agli art. 183 e 184 c.p.c. il fatto, per esempio, che l'unico figlio di una coppia è decedu
to o è divenuto maggiorenne ed economicamente autosufficien
te, oppure, ancora a mero titolo di esempio, che il coniuge sul
quale si vuol fare gravare la maggior parte degli oneri di mante
nimento dell'altro coniuge e/o dei figli ha perduto il lavoro e
non ha più redditi, con la conseguenza di arrivare a una senten
za che regola situazioni inesistenti (o ne regola altre esistenti
sulla base di presupposti venuti meno) e che è modificabile,
l'indomani, con la celere procedura camerale, deducendo come
nuovo un fatto già verificatosi prima della pronuncia della sen
tenza medesima, ma dopo la scadenza dei termini di cui agli art. 183 e 184 c.p.c.
9. - Va poi aggiunto che una significativa parte della materia
oggetto del giudizio di separazione e divorzio è sottratta, sotto
il profilo sostanziale, alla disponibilità delle parti: per esempio, l'affidamento dei figli minori, gli oneri relativi al loro manteni mento e altro.
È evidente che, con riferimento alle disposizioni che riguar dano gli aspetti non disponibili della controversia, sui quali il
giudice ha poteri istruttori e decisori officiosi, non può ipotiz zarsi un rilievo delle preclusioni istruttorie qui in discussione.
10. - Dunque, deve dirsi che le preclusioni di cui agli art.
183 e 184 c.p.c. operano, nei giudizi di separazione e divorzio
soltanto limitatamente.
In particolare, esse non operano per nulla con riferimento
alla materia che, sotto il profilo sostanziale, è sottratta alla di
sponibilità delle parti. Mentre, con riferimento alla materia di
sponibile, operano soltanto nel senso della non allegabilità e
non deducibilità di prove relative a fatti avvenuti e suscettibili
di prova prima della scadenza dei termini di cui ai citati art.
183 e 184 c.p.c. Restando, invece, sempre deducibili, pur dopo la scadenza di quei termini, i fatti nuovi.
11.- Scardinato, per così dire, sia pure parzialmente, il deli
cato sistema di equilibrio del contraddittorio disciplinato dalle
norme fin qui citate, si pone il problema di evitare che la dedu
zione dei fatti nuovi si traduca in una — involontaria o fraudo
lenta — violazione delle norme sul contraddittorio.
La frode sarà agevolmente evitata con un rigoroso esame del
l'effettiva novità del fatto dedotto.
Mentre, per il resto, deve ritenersi che, in mancanza di speci fiche norme procedurali per queste fattispecie, non possa farsi
altro che assegnare alle parti un termine per prove e contropro
ve, che riproduca analogicamente il sistema di cui agli art. 183
e 184 c.p.c. 12. - Nel caso concreto qui in discussione, dunque, ammissi
bile deve ritenersi la produzione offerta da parte convenuta al
l'udienza del 10 marzo 1998.
13. - Nessun termine è necessario assegnare alle parti, perché il procuratore della ricorrente — che, come si è detto, si è limi
tato a rimettersi alle valutazioni del giudice istruttore in ordine
all'ammissibilità dei documenti in questione — non ha chiesto
di poter provare il contrario dei fatti nuovi dedotti dalla con
troparte, che ha affermato essere ininfluenti sulla decisione.
Lo stesso procuratore della ricorrente ha chiesto rinvio per
precisazione delle conclusioni.
Tale richiesta va accolta.
14. - Nessun altro mezzo istruttorio va assunto, infatti, e inam
missibile è la richiesta del procuratore del convenuto di ottenere
«termine per produrre ulteriori documenti in relazione all'inter
vento chirurgico subito da Pietro Leonardi». Si tratterebbe, in
fatti, di documenti relativi a un fatto già avvenuto, che il pro
curatore del convenuto avrebbe potuto e dovuto produrre insie
me agli altri di cui si è già detto sopra.
Il Foro Italiano — 1998.
TRIBUNALE DI PALERMO; ordinanza 11 marzo 1998; Pres.
Deix'Acqua, Rei. Troja; Gambino e Ferlazzo (Aw. De Fran
che) c. Tocco (Avv. Palazzolo).
TRIBUNALE DI PALERMO;
Possesso e azioni possessorie — Reintegra nei possesso — Man
cata o irregolare notifica del provvedimento — Reclamo —
Proponibilità (Cod. civ., art. 1140, 1160; cod. proc. civ., art.
669 terdecies).
È proponibile il reclamo contro un provvedimento possessorio
pur in assenza della notificazione del provvedimento stesso
ovvero qualora ne sia stata data mera comunicazione da par te della cancelleria, ovvero ancora in presenza di una notifica inidonea a far decorrere il termine per l'impugnazione (nella
specie, effettuata alla parte personalmente e non al procura tore costituito). (1)
(1) Non constano precedenti negli esatti termini. Nella motivazione della ordinanza si afferma che, ove si ritenesse
necessaria la notificazione del provvedimento cautelare al fine della de
correnza iniziale del termine per proporre reclamo (id est, ai fini della
proponibilità del reclamo) si porrebbero le due parti del giudizio caute
lare in una posizione di diseguaglianza processuale, poiché il soggetto a favore del quale è stata pronunciata l'ordinanza cautelare, non notifi
cando il provvedimento non soltanto non consentirebbe alla contropar te di proporre reclamo, ma addirittura potrebbe eseguire il provvedi mento stesso essendo in possesso di titolo esecutivo. Trib. Palermo pe rò non prende posizione circa la necessità della notifica ad istanza di
parte, limitandosi a ritenere insufficiente la mera comunicazione di can
celleria. La suddetta motivazione pare ispirarsi a quella dottrina (cfr.
CrviNiNi, in nota a Cass. 28 aprile 1994, n. 4106, e 19 febbraio 1994, n. 1640, cit. infra) secondo cui «non sembra ammissibile la rimessione
all'ufficio di un'attività da cui può derivare per la parte la perdita di
un diritto processuale». Nel limitrofo settore dei procedimenti camerali hanno affermato l'i
doneità della sola notificazione del provvedimento ad istanza di parte ai fini della decorrenza del termine breve di dieci giorni ex art. 739
c.p.c., le sezioni unite civili del Supremo collegio, intervenendo per sa
nare il contrasto giurisprudenziale fra Cass. 28 aprile 1994, n. 4106
e 19 febbraio 1994, n. 1640, Foro it., 1995, I, 3537, con osservazioni
di M. G. Civinini e nota di De Girolamo (cui si rinvia per la ricostru
zione degli orientamenti giurisprudenziali sulla decorrenza dei termini
in tema di proposizione del reclamo nei procedimenti camerali e per richiami di dottrina). Le sezioni unite 29 aprile 1997, n. 3670, id., 1997,
I, 3531, con nota di richiami, hanno chiarito che «nei procedimenti
(siano o no obiettivamente contenziosi) assoggettati al rito delineato
negli art. 737 ss. c.p.c., o in relazione ai quali sia prescritto che il loro
provvedimento decisorio possa essere impugnato col reclamo secondo
la disciplina di cui all'art. 739 c.p.c il termine per la proposizione del reclamo non può che decorrere dalla notificazione ... ad istanza
di una delle parti del procedimento . . .». Poiché al reclamo cautelare
si applica l'art. 739 c.p.c., il principio così affermato dalle sezioni unite
si estende anche al medesimo. In senso contrario, cfr. Trib. Torino 3 agosto 1995, ibid., 318, a
tenor del quale «il termine per la proposizione del reclamo in materia
cautelare decorre dalla comunicazione del dispositivo del provvedimen to a cura del cancelliere in quanto quest'ultimo "rientra senz'altro fra i soggetti titolari del potere di far decorrere il suddetto termine"».
In senso parzialmente contrario, cfr. Trib. Bologna 5 luglio 1995,
ibid., 319, che fa decorrere il termine per il reclamo dalla comunicazio
ne quando vi sia un solo legittimato al reclamo, e dalla notifica quando i legittimati siano più di uno.
Quanto all'applicabilità dell'art. 327 c.p.c. (termine lungo per l'im
pugnazione) al reclamo contro un provvedimento cautelare, cfr. Trib.
Asti 10 giugno 1996, id., Rep. 1996, voce Procedimenti cautelari, n.
113, secondo cui in caso di omessa notificazione dell'ordinanza cautela
re il reclamo va proposto a pena di decadenza nel termine di un anno
dalla pubblicazione della stessa; si veda altresì Cass. 25 febbraio 1987, n. 1982, id., Rep. 1987, voce Matrimonio, n. 185, e 20 maggio 1985,
n. 3080, id., 1986,1, 747, sull'applicabilità dell'art. 327 c.p.c. in ipotesi di procedimenti camerali in cui sono dedotti diritti soggettivi o status
ed ove siano mancanti la comunicazione o la notificazione del provve dimento da impugnare.
Vedi altresì Trib. Reggio Emilia 26 gennaio 1996, id., 1996, I, 1434,
che ha ritenuto inammissibile il reclamo incidentale tardivo proposto dal ricorrente nei confronti dell'ordinanza di parziale accoglimento del
la domanda cautelare sia perché il termine previsto dall'art. 669 terdecies
è perentorio sia in quanto non sussiste una diversa previsione normati
va non essendo applicabile in via analogica l'art. 334 c.p.c. In dottrina, cfr. Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile,
Napoli, 1996, 724: «il reclamo andrà . . . proposto a pena di decadenza
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2295 PARTE PRIMA 2296
Preliminarmente deve esaminarsi la questione relativa alla tem
pestività o meno del reclamo proposto da Gambino Giuseppe e Ferlazzo Iolanda, sollevata dall'od; na reclamata la quale, asserendo di aver notificato a controparte l'ordinanza pretorile il 28 novembre 1997, ha dedotto che il reclamo, depositato il
16 dicembre 1997 e cioè oltre il termine perentorio previsto dal
l'art. 739, 2° comma, c.p.c., deve ritenersi inammissibile.
Va rilevato tal proposito che la notificazione dell'ordinanza
pretorile reclamata, effettuata dalla Tocco ai coniugi Gambino
Ferlazzo personalmente e non già al procuratore costituito (art. 170 c.p.c.), non può ritenersi idonea a far decorrere il termine
di dieci giorni previsto per la proposizione del reclamo.
Né può ritenersi che, in assenza della notificazione dell'ordi
nanza de qua, il suddetto termine possa decorrere dalla comu
nicazione (peraltro, non integrale) effettuata dalla cancelleria.
Ed invero dal richiamo effettuato dall'art. 669 terdecies c.p.c. all'art. 739, 2° comma c.p.c. deriva che il reclamo avverso i
provvedimenti cautelari deve essere proposto «nel termine pe rentorio di dieci giorni . . . dalla notificazione» dell'ordinanza.
Avendo infatti la tutela cautelare natura contenziosa, non può,
invero, realizzarsi l'ipotesi di un reclamo avverso un provvedi mento cautelare dato nei confronti di una sola parte, proposto nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del decreto.
Il riferimento contenuto nell'art. 739, 2° comma, c.p.c. alla
notificazione dell'ordinanza quale dies a quo per la decorrenza
del termine per proporre il reclamo, impone le seguenti conside
razioni.
In primo luogo, deve ritenersi che la notificazione del prov vedimento cautelare si ponga come un atto giuridicamente ne
cessario al fine di far decorrere il termine per la proposizione del reclamo e ciò sia nell'ipotesi di provvedimento reso fuori
udienza sia nell'ipotesi di provvedimento comunicato dalla can
celleria o emanato in udienza alla presenza delle parti. La notificazione dell'ordinanza, determina giuridicamente la
decorrenza dei termini per proporre il giudizio di controllo ef
fettuato da parte di un giudice diverso da quello che lo ha ema
nato, previsto dall'art. 669 terdecies c.p.c.
Tuttavia, nell'ipotesi in cui tale notificazione manchi del tut
to ovvero, come nel caso in esame, non sia validamente effet
tuata e dunque non penda ancora alcun termine, appare del
tutto ingiustificato che il soggetto nei confronti del quale sia
stato pronunciato un provvedimento di reintegra non possa, pri ma della notificazione del provvedimento (che potrà, peraltro non venire mai effettuata), reclamare il provvedimento fin dalla
pubblicazione dello stesso.
Diversamente operando, infatti, e cioè ritenendo necessaria
la notificazione del provvedimento cautelare per far decorrere
il termine, si porrebbero le due parti del giudizio cautelare in
una posizione di evidente diseguaglianza processuale, atteso che il soggetto a favore del quale è stata pronunciata l'ordinanza
cautelare (ad esempio di reintegra nel possesso) non notificando
il suddetto provvedimento da un lato non consentirebbe alla
controparte di proporre reclamo dall'altro potrebbe eseguire nei
confronti di quest'ultimo il provvedimento stesso essendo in pos sesso di un titolo esecutivo.
Dalle considerazioni fin qui svolte deve ritenersi che, in as
senza della notifica dell'ordinanza pretorile o in presenza di una
notifica non validamente effettuata, sin dal momento della pub blicazione dell'ordinanza è possibile chiedere il controllo del prov vedimento pretorile iniziando il procedimento di cui all'art.
669 terdecies c.p.c. Il reclamo proposto, deve dunque, ritenersi proponibile. Nel merito deve rilevarsi che il reclamo è infondato e deve
essere rigettato. (Omissis)
entro il termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione dell'ordi nanza (avendo la tutela cautelare natura di tutela contenziosa, non po trà mai verificarsi l'ipotesi ... di provvedimento cautelare 'dato in con fronto di una sola parte')». Secondo l'a. è inapplicabile l'art. 327 c.p.c. poiché il reclamo non può esser considerato come impugnazione in sen so tecnico. Cfr. altresì Saletti, Appunti sulla nuova disciplina delle misure cautelari, in Riv. dir. proc., 1991, 379, secondo cui la comunica zione e la notificazione sono da ritenersi equipollenti.
Il Foro Italiano — 1998.
TRIBUNALE DI SALERNO; sentenza 26 febbraio 1998; Pres.
ed est. Vaiitutti; Enel (Aw. Baratta, De Santis, Orlan
do) c. Soc. Doddato (Avv. Punzi).
TRIBUNALE DI SALERNO;
Procedimenti cautelari — Inefficacia — Provvedimento emesso
dal collegio in sede di reclamo — Competenza del medesimo
collegio (Cod. proc. civ., art. 669 bis, 737). Procedimenti cautelari — Giudice competente individuato in se
de di ricorso — Giudizio di merito iniziato avanti a giudice diverso — Inefficacia del provvedimento (Cod. proc. civ., art.
669 bis).
In ipotesi di contestazione di inefficacia del provvedimento cau
telare reso dal collegio in sede di reclamo, la competenza per la relativa pronuncia spetta al medesimo collegio, ed il giudi zio si svolge nelle forme della camera di consiglio. (1)
Pena l'inefficacia del provvedimento, il giudizio di merito che
segue la fase cautelare deve essere instaurato avanti il giudice individuato come competente nell'originario atto introdutti
vo, anche qualora il provvedimento sia stato concesso dal col
legio in sede di reclamo. (2)
Svolgimento del processo. — Con ricorso del 20 dicembre
1996 al Pretore di Salerno, sezione distaccata di Montecorvino
Rovella, la Doddato Federico & C. s.r.l. chiedeva emettersi i
(1-2) I. - Nella fattispecie il ricorrente ottiene dal pretore un provve dimento di urgenza che viene revocato all'udienza fissata per la compa rizione delle parti. Il soccombente propone pertanto reclamo al tribuna
le, il quale accoglie la domanda; nel frattempo la controparte aveva
presentato ricorso allo stesso tribunale per ottenere la declaratoria di inefficacia della misura cautelare emanata in sede di reclamo, sulla base della mancata proposizione del giudizio di merito avanti il giudice com
petente: colui a favore del quale era stato emesso il provvedimento d'ur
genza aveva infatti instaurato il suddetto giudizio avanti il tribunale anziché avanti il pretore, originariamente adito in primo grado. Il tri
bunale, previa affermazione della propria competenza a decidere sull'i
nefficacia, e precisando che in ipotesi di contestazione sulla relativa declaratoria deve pronunciarsi il collegio, ritiene che il giudizio di meri to deve essere instaurato avanti il pretore, dichiara l'inefficacia del prov vedimento e afferma l'applicabilità delle norme sui procedimenti in ca mera di consiglio.
In senso conforme alla sentenza in epigrafe, sulla competenza del tribunale a dichiarare l'inefficacia del provvedimento cautelare in caso di contestazione (e del giudice delegato al procedimento cautelare in caso contrario), cfr. Trib. Verbania 26 ottobre 1995, Foro it., Rep. 1996, voce Procedimenti cautelari, n. 61, 84, e Giur. it., 1996, I, 2, 669, con nota di Frus, Ancora sulla competenza del giudice che ha
pronunciato «ante causam» la misura cautelare-, in particolare, nell'ipo tesi di fissazione del termine per l'inizio del giudizio di merito superiore a trenta giorni ed in mancanza di tempestivo reclamo, cfr. Pret. Bari 5 agosto 1994, Foro it., 1995, I, 2621, con nota di Volpe, Il passaggio dal procedimento cautelare «ante causam» al giudizio di merito. Anche Pret. Torino 22 dicembre 1993, id., 1994, I, 1266 (con ampia nota di richiami anche di dottrina cui si rinvia per la sintesi degli orientamenti circa l'interpretazione delle espressioni dell'art. 669 novies c.p.c. «giu dice che ha emanato il provvedimento» e «ufficio giudiziario») afferma che in caso di contestazione fra le parti circa l'inefficacia della misura
cautelare, competente è, salvo impedimento, lo stesso giudice che ha emesso il provvedimento. Trib. Milano 8 novembre 1995, id., 1996, I, 1441, precisa invece che il ricorso per la pronuncia dell'inefficacia va presentato all'ufficio giudiziario individuato ex art. 669 ter, quater e quinquies, mentre il magistrato cui affidare la trattazione dovrà esser
designato dal capo dell'ufficio ex art. 669 ter, 4° comma. Sull'applica bilità delle forme della camera di consiglio al giudizio sulla declaratoria di inefficacia del provvedimento cautelare, cfr. Trib. Piacenza 5 settem bre 1995, ibid.
In senso contrario, Trib. Milano 10 maggio 1994, id., 1994, I, 2881, sostiene invece che il giudizio per la declaratoria di inefficacia in ipotesi di contestazione deve svolgersi con le forme del giudizio di cognizione ordinario.
In dottrina, in senso conforme, cfr. Attardi, Le nuove disposizioni sul processo civile, Padova, 1991, secondo cui è competente il collegio ove quest'ultimo abbia confermato il provvedimento in sede di reclamo.
Proto Pisani, Lezioni dì diritto processuale civile, Napoli, 1996, af ferma invece che, in linea di massima, giudice competente a dichiarare l'inefficacia è quello che ha emanato il provvedimento «o . . . che avrebbe dovuto concederlo in caso di provvedimento cautelare concesso in sede di reclamo».
II. - Non constano precedenti editi sulla seconda massima.
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